TAR Lombardia – Brescia- sez. I – sentenza del 6 maggio 2020 – n. 337 “Controversie in materia di acque pubbliche: giurisdizione del TSAP”
Le controversie sugli atti amministrativi in materia di acque pubbliche, ancorché non promananti da pubbliche amministrazioni istituzionalmente preposte alla cura degli interessi in materia, idonei ad incidere in maniera non occasionale, ma immediata e diretta, sul regime delle acque pubbliche e del relativo demanio, spettano alla giurisdizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche, ai sensi dell’ art. 143, comma 1, lett. a), del r.d. n. 1775 del 1933 , mentre sono devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie concernenti atti solo
strumentalmente inseriti in procedimenti finalizzati ad incidere sul regime di sfruttamento dell’acqua pubblica e del demanio idrico e adottati in preminente considerazione di interessi ambientali, urbanistici o di gestione del territorio .
Le controversie relative a provvedimenti amministrativi concernenti interventi edilizi realizzati in prossimità di corsi d’acqua di natura pubblica e nella fascia di rispetto dell’argine rientrano nella giurisdizione del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, venendo in considerazione situazioni incidenti in maniera diretta e immediata sulla regolamentazione delle acque pubbliche, con
conseguente diretta incidenza del provvedimento amministrativo sul regime delle stesse, la cui tutela ha carattere inderogabile in quanto informata alla ragione pubblicistica di assicurare la possibilità di sfruttamento delle acque demaniali e il libero deflusso delle acque scorrenti dei fiumi, torrenti, canali e scolatoi pubblici.
Pubblicato il 06/05/2020
N. 00337/2020 REG.PROV.COLL.
N. 00370/2014 REG.RIC.
SENTENZA
FATTO
1. Nel marzo del 1986 la società Marifin s.r.l. presentava al Comune di Calusco d’Adda
domanda di condono edilizio ex L. 47/1985 in relazione ad alcune opere abusive realizzate nel 1982 dalla propria dante causa in località Baccanello, consistenti tra l’altro della sistemazione del terreno e nel posizionamento di una recinzione in cemento armato sul mappale n. 1135, in prossimità del Torrente Re.
Interpellato dal Comune, l’Ufficio del Genio Civile rilevava una serie di sconfinamenti del muro di recinzione sul sedime del torrente di proprietà demaniale, ed evidenziava l’innalzamento della quota del terreno retrostante al muro, in violazione del vincolo idraulico di cui all’art. 96 lett. f) del
r.d. 25 luglio 1904 n. 523.
Preso atto di queste valutazioni del Genio Civile, il Comune, con provvedimento del 15 luglio 1997, respingeva la domanda di condono e con successiva ordinanza sindacale dell’8 agosto 1997 ingiungeva la demolizione delle opere abusive non condonabili.
2. Tali provvedimenti erano impugnati dalla Marifin s.r.l. davanti al TAR Milano, che con sentenza n. 2034/2012 del 18 luglio 2012 accoglieva il ricorso ritenendo sussistente il vizio di carenza di istruttoria dedotto dalla ricorrente, in particolare in considerazione della mancanza di riscontri oggettivi (“concreti rilievi o sopralluoghi”) degli asseriti sconfinamenti del muro di recinzione sul sedime demaniale dell’alveo del torrente, rilevando altresì come negli stessi provvedimenti impugnati l’amministrazione sembrasse affermare l’attuale inesistenza del corso d’acqua.
3. Il presente giudizio attiene ai provvedimenti assunti dal Comune di Calusco d’Adda e dalla Regione Lombardia all’esito del procedimento di riesame attivato dall’amministrazione comunale in esecuzione della predetta sentenza del TAR Milano. Il giudizio è stato introdotto dalla società Teknocard s.r.l., divenuta nelle more proprietaria del terreno e del muro di recinzione in questione con atto registrato il 1 ottobre 2013, per acquisto fatto dalla società Calcave s.r.l., a sua volta avente causa dalla Marifin s.r.l.
4. A seguito, dunque, della predetta sentenza del TAR Milano, il Comune di Calusco d’Adda riavviava il procedimento amministrativo sulla domanda di condono edilizio del 1986, richiedendo alla Regione Lombardia l’espressione del parere tecnico di competenza, trattandosi di opere interferenti con un corso d’acqua appartenente al “reticolo idrico principale”.
4.1. In data 1 luglio 2013 si svolgeva un sopralluogo congiunto tra l’Ufficio Tecnico comunale, i funzionari della Regione e un delegato della ditta Marifin (all’epoca ancora proprietaria del terreno), all’esito del quale era redatto dettagliato verbale, corredato da rilievi fotografici (doc. 4 Comune).
In detto verbale, si afferma, tra l’altro:
– che, nel secondo tratto esaminato, il muro di recinzione “si fonda direttamente nell’alveo attivo, ove abbiamo lo scorrimento delle acque durante gli eventi meteorici”; tale muro“ha modificato radicalmente la morfologia dei luoghi e alterato il regime idraulico del corso d’acqua, riducendone la sezione idraulica utile”;
– che “il muro non ha un andamento rettilineo ma segue grossolanamente il meandro disegnato dal corso d’acqua. In alcuni punti, anche in data odierna c’erano ristagni d’acqua sintomatici che il corso d’acqua è tuttora idraulicamente attivo”;
– che “detta muratura in cemento armato costituisce contenimento di una ricarica di terreno effettuata fino alla sommità della stessa (verso la proprietà MARIFIN s.r.l.), con variazione
dell’andamento naturale dei terreni adiacenti, in contrasto con i divieti di cui all’art. 96 R.D.
523/1904 e alle normative di Polizia Idraulica”;
– che nel terzo tratto esaminato, “risulta evidente come la costruzione del muro abbia alterato i profili e le morfologie naturali del torrente Re, che immediatamente a valle presenta un alveo attivo ben inciso e definito, lungo le cui sponde sono presenti modeste opere di arginatura ed alcuni fenomeni di erosione localizzata”;
– che, in conclusione, “l’alveo del torrente Re è idraulicamente attivo e morfologicamente evidente (…) eche “la realizzazione del muro ha alterato la morfologia dei luoghi preesistente riducendo la sezione idraulica utile”.
4.2. Gli esiti del sopralluogo erano recepiti dalla Regione Lombardia nel parere tecnico del 19 settembre 2013, nel quale, in sintesi:
– si confermava la funzionalità idraulica del Torrente Re, quale corso idrico principale di competenza della Regione Lombardia, identificato nell’Allegato A della d.g.r. n. IX/4287 del 25 ottobre 2012 con codice BG006, e già presente nell’Elenco delle Acque Pubbliche con codice 369;
– si evidenziava che il corso idrico era da ritenersi attivo, ancorchè privo di costante deflusso delle acque, alla stregua delle aste torrentizie che si attivano solo in occasione di eventi meteorici;
– si evidenziava, pertanto, il contrasto dell’opera con gli artt. 96 lett. f) e 97 del R.D. 523/1904,
norme considerate inderogabili dalla giurisprudenza.
4.3. Tale parere era trasmesso dalla Regione Lombardia al Comune di Calusco d’Adda, che acquisiva su di esso le osservazioni dell’interessata, sulle quali si pronunciava nuovamente la Regione con nota del 10 dicembre 2013, confermando il precedente parere negativo.
4.4. A conclusione del procedimento, il Comune di Calusco d’Adda adottava il provvedimento del 13 gennaio 2014 con cui negava il rilascio del condono, “non essendo ammissibile sanare dal punto di vista idraulico le opere di realizzazione del muro ed il conseguente riempimento del terreno con la modifica della sponda, poiché in contrasto con i divieti di cui agli artt. 96 lett. f) e 97 R.D.
25.07.1904 n. 523”.
5. Con ricorso notificato il 12-13 marzo 2014 e depositato il 10 aprile 2014 la società
Teknocard s.r.l. impugnava quest’ultimo provvedimento e ne chiedeva l’annullamento sulla base di un unico motivo, con cui deduceva, in sostanza, l’attuale inesistenza del Torrente RE e quindi l’illegittimità dell’atto impugnato per travisamento dei fatti e difetto di istruttoria, chiedendo
conclusivamente l’annullamento dell’atto impugnato previa ammissione di c.t.u. volta ad accertare lo stato dei luoghi, con particolare riferimento alla verifica dell’attuale esistenza o meno del corso d’acqua; produceva perizia di parte.
6. In giudizio interveniva volontariamente la Regione Lombardia, non evocata in giudizio dalla ricorrente, eccependo preliminarmente l’inammissibilità dell’impugnazione del parere negativo regionale del 9 dicembre 2013, quale atto presupposto del diniego comunale di condono, per mancata notifica del ricorso alla Regione; conseguentemente, eccepiva l’inammissibilità anche dell’impugnazione del diniego comunale di condono per mancata rituale impugnazione del parere regionale presupposto, non essendo più contestabile il merito idraulico del diniego. In subordine, nel merito, contestava il fondamento del ricorso e ne chiedeva il rigetto.
7. La difesa di parte ricorrente replicava con memoria.
8. Si costituiva anche il Comune di Calusco d’Adda, depositando documentazione e resistendo al ricorso con memoria difensiva, eccependo preliminarmente il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, essendo la controversia devoluta alla cognizione esclusiva del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, nonché, in subordine, l’inammissibilità del ricorso per la mancata notifica dello stesso alla Regione Lombardia, pur in presenza di impugnazione del parere regionale del 10 dicembre 2013, quale atto presupposto del diniego di condono. In via ancora più gradata, la Regione contestava la fondatezza del ricorso, osservando come fosse pacifica la costruzione del muro di recinzione all’interno della fascia di servitù idraulica, soggetta a vincolo di inedificabilità assoluta, in violazione dell’art. 96 lett. f) del R.D. 523/1904, con la conseguente non condonabilità del manufatto ex art. 33 della L. 47/1985.
9. La difesa di parte ricorrente replicava con memoria, anche in punto giurisdizione, ribadendo la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo sulla controversia de qua, in quanto relativa a diniego di sanatoria edilizia.
10. Alla camera di consiglio decisoria del 22 aprile 2020, svolta secondo le modalità di cui all’art. 84 comma 5 d.l. n. 18/2020, la causa era trattenuta per la decisione.
DIRITTO
L’eccezione di difetto di giurisdizione formulata dall’amministrazione comunale è fondata e assorbente.
1. Con il provvedimento impugnato, l’amministrazione comunale ha negato la sanatoria del muro di recinzione realizzato nel 1982 dall’originaria proprietaria del terreno perché insistente all’interno della fascia di rispetto idraulica, soggetta a vincolo di inedificabilità assoluta, di cui all’art. 96 lett. f) del R.D. n. 523/1904, posta a tutela del Torrente Re, corso idrico principale identificato nell’Allegato A della d.g.r. n. IX/4287 del 25 ottobre 2012, e già presente nell’Elenco delle Acque Pubbliche. In particolare, l’art. 96 lett. f) del R.D. n. 523/1904 dispone che “Sono lavori ed atti vietati in modo assoluto sulle acque pubbliche, loro alvei, sponde e difese i seguenti: (…) f) le
piantagioni di alberi e siepi, le fabbriche, gli scavi e lo smovimento del terreno a distanza dal piede degli argini e loro accessori come sopra, minore di quella stabilita dalle discipline vigenti nelle diverse località, ed in mancanza di tali discipline, a distanza minore di metri quattro per le piantagioni e smovimento del terreno e di metri dieci per le fabbriche e gli scavi”.
3. Ciò posto, va osservato che, secondo consolidati principi giurisprudenziali, le controversie sugli atti amministrativi in materia di acque pubbliche, ancorché non promananti da pubbliche amministrazioni istituzionalmente preposte alla cura degli interessi in materia, idonei ad incidere in maniera non occasionale, ma immediata e diretta, sul regime delle acque pubbliche e del relativo demanio, spettano alla giurisdizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche, ai sensi dell’ art.
143, comma 1, lett. a), del r.d. n. 1775 del 1933 , mentre sono devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie concernenti atti solo strumentalmente inseriti in procedimenti
finalizzati ad incidere sul regime di sfruttamento dell’acqua pubblica e del demanio idrico e adottati in preminente considerazione di interessi ambientali, urbanistici o di gestione del territorio
(Cassazione civile, sez. un., 05/02/2020, n. 2710).
3.1. In particolare, la prevalente giurisprudenza afferma che le controversie relative a
provvedimenti amministrativi concernenti interventi edilizi realizzati in prossimità di corsi d’acqua di natura pubblica e nella fascia di rispetto dell’argine rientrano nella giurisdizione del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, venendo in considerazione situazioni incidenti in maniera diretta e immediata sulla regolamentazione delle acque pubbliche, con conseguente diretta incidenza del provvedimento amministrativo sul regime delle stesse, la cui tutela ha carattere inderogabile in quanto informata alla ragione pubblicistica di assicurare la possibilità di sfruttamento delle acque demaniali e il libero deflusso delle acque scorrenti dei fiumi, torrenti, canali e scolatoi pubblici.
Questo stesso Tribunale ha avuto modo di affermare, in relazione a fattispecie analoga a quella qui in esame, che “Laddove venga rilevata la mancata osservanza, in caso di costruzioni o, come nella specie, di recinzioni, fisse o amovibili, delle distanze prescritte rispetto al canale o all’argine di un torrente o fiume, si prospetta una situazione incidente in maniera diretta e immediata sulla regolamentazione delle acque pubbliche, con conseguente diretta incidenza del provvedimento de quo sul regolare regime delle stesse, il che implica la giurisdizione del T.S.A.P., atteso il carattere inderogabile della tutela all’uopo apprestata dall’ordinamento” (T.A.R. Brescia, sez. II, 18/12/2017, n. 1460).
3.2. In senso analogo, sempre su fattispecie relative ad opere edilizie realizzate all’interno della fascia di rispetto idraulica: cfr. T.A.R. Lazio-Roma sez. III, 10/06/2019, n. 7558; T.A.R. Bologna, sez. I, 27/12/2011, n. 855; T.A.R. Trento, sez. I, 21/07/2016, n. 306; T.A.R. Catania, sez. III,
18/01/2016, n. 121; T.A.R. Firenze, sez. III, 26/09/2014, n. 1497; T.A.R. Torino, sez. I, 05/04/2013, n.
427; Consiglio di Stato, sez. V, 24/09/2010, n. 7102; Tribunale superiore delle acque pubbliche 10/06/2003, n. 87; Tribunale superiore delle acque pubbliche 15/10/1999, n. 121.
3.3. Nel caso di specie, si ricade appieno nell’ambito di applicazione dei principi sopra citati, dal momento che la controversia ha ad oggetto l’impugnazione del provvedimento comunale con cui è stata negata la sanatoria edilizia di una recinzione in cemento armato realizzata in violazione della fascia di rispetto idraulico di cui all’art. 96 lett. f) del R.D. 523/1904, con conseguente incidenza immediata e diretta del manufatto edilizio sul normale deflusso del corso d’acqua e, quindi, sul regime delle acque pubbliche; incidenza attestata dal verbale di sopralluogo del 1 luglio 2013, dove si afferma che il muro di recinzione “si fonda direttamente nell’alveo attivo, ove abbiamo lo
scorrimento delle acque durante gli eventi meteorici”; tale muro“ha modificato radicalmente la morfologia dei luoghi e alterato il regime idraulico del corso d’acqua, (…) riducendo la sezione idraulica utile”. A tale verbale hanno fatto seguito i pareri della Regione Lombardia del 19 settembre 2013 e del 10 dicembre 2013, contrari alla sanabilità del manufatto, ai quali si è infine uniformato il provvedimento comunale conclusivo di diniego del condono edilizio.
3.4. In coerenza con l’attribuzione della cognizione del giudizio al giudice specializzato va ulteriormente osservato che la risoluzione della presente controversia, nella misura in cui
presuppone l’accertamento dell’effettiva esistenza del Torrente Re – affermata dalle amministrazioni
resistenti sulla scorta degli accertamenti eseguiti, ma negata dalla parte ricorrente sulla scorta di perizia di parte – implica l’approfondimento e la risoluzione di problematiche di carattere non solo giuridico, ma involventi aspetti prettamente tecnici, rispetto ai quali la devoluzione della
controversia alla cognizione del Tribunale Superiore delle acque pubbliche appare confacente alla ratioistitutiva di tale giudice, nella composizione del quale confluiscono competenze e
professionalità non solo giuridiche ma anche tecniche, che la legge ha considerato necessarie per risolvere i problemi di elevata complessità tecnica posti dalla gestione delle acque pubbliche.
4. Alla stregua di tali considerazioni, impregiudicata ogni valutazione di merito di esclusiva competenza del giudice ad quem, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, dovendosi affermare la giurisdizione del Tribunale Superiore delle acque pubbliche, dinanzi al quale il giudizio potrà essere riproposto nei termini di legge.
5. Le spese di lite possono essere interamente compensate tra le parti attesa la natura della presente decisione e la peculiarità della vicenda esaminata.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara
inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, nei sensi e per gli effetti di cui in motivazione.
Spese di lite compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 22 aprile 2020 con l’intervento dei magistrati:
Angelo Gabbricci, Presidente
Ariberto Sabino Limongelli, Consigliere, Estensore Alessandra Tagliasacchi, Primo Referendario