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IL DISEGNO DEI BAMBINI

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Academic year: 2022

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SARA DI FEBO

IL DISEGNO DEI BAMBINI

Un viaggio nel mondo delle emozioni del

bambino

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INDICE

INDICE:

CAPITOLO 1: INTRODUZIONE

CAPITOLO 2: INDICI DI LETTURA DEL DISEGNO CAPITOLO 3: IL SIGNIFICATO PSICOLOGICO DEI COLORI CAPITOLO 4.1: LO SCARABOCCHIO

DISORDINATO

CAPITOLO 4.2: LO SCAEABOCCHIO CONTROLLATO

CAPITOLO 4.3: STADIO DELLE FORME CAPITOLO 4.4: STADIO PRESCHEMATICO CAPITOLO 4.5: STADIO SCHEMATICO

CAPITOLO 4.6: STADIO DI REALISMO VISIVO CAPITOLO 5: DISEGNO DELLA FIGURA UMANA CAPITOLO 6: DISEGNO DELLA FAMIGLIA CAPITOLO 7: DISEGNO DELL'ALBERO

CAPITOLO 8: DISEGNO DELLA CASA

CAPITOLO 9: DISEGNO DEGLI ANIMALI CAPITOLO 10: DISEGNO DELLE FIGURE MECCANICHE

CONCLUSIONI

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CAPITOLO 1: INTRODUZIONE

In questo ebook parleremo del disegno dei bambini;

faremo come un piccolo viaggio nel mondo interiore del bambino, proprio perché il bambino disegnando comunica le sue emozioni e anche il suo carattere; da una parte infatti il bambino mostrerà nel disegno quello che più rimarrà stabile nella sua crescita, ovvero l'indole, il carattere, dall'altra ci mostrerà l'emozione e lo stato d'animo del momento.

Per fare tutto questo però il bambino ha bisogno di giocare liberamente, di scegliere spontaneamente di disegnare.

E' necessario distinguere il disegno in tre diversi contesti, soltanto il terzo sarà l'oggetto di questo ebook:

il primo è il disegno utilizzato come test, i test grafici proiettivi carta e matita: parliamo dei test per esempio della figura umana, o il test della famiglia, o il test dell'albero. Non si tratta appunto di questo,

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lasciamo il test ad un contesto più clinico, più strutturato, e quindi ad uno specialista;

parliamo poi del disegno con consegna: quindi una situazione, un setting meno strutturato, pensiamo ad una situazione scolastica; l'insegnante dà una consegna al bambino di disegnare; non si tratta sicuramente di un test, ma non si tratta neanche di una scelta libera del bambino. In questo caso il bambino è comunque condizionato nel gioco di disegnare, che quindi non diventa più tanto un gioco ma una richiesta e diventa anche condizionato rispetto all'oggetto da realizzare nel suo disegno.

Il terzo motivo per cui un bambino si può accostare al disegno è una scelta libera, una scelta in cui il bambino decide di comunicare attraverso l'espressione grafica, la realizzazione grafica delle sue emozioni, dello stato d'animo del momento, in cui inconsapevolmente mostrerà anche quello che è il suo modo di porsi e di relazionarsi nell'ambiente;

parliamo in questo caso di una comunicazione del bambino; comunicazione che possiamo leggere indipendentemente dal contesto in cui il bambino disegna, quindi non parliamo più di un contesto clinico o di valutazione, di un contesto strutturato come quello scolastico, ma parliamo di qualunque situazione in cui ci possiamo trovare in relazione con

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il bambino, più o meno strutturato più o meno spontaneo.

La lettura del disegno libero, ovvero la lettura del disegno del bambino (completamente libero), può essere quindi fatta consapevolmente da chiunque si relaziona con il bambino, a partire dal genitore o da un nonno, fino ad arrivare all’insegnante o al clinico.

Quali sono i contesti in cui possiamo leggere il disegno del bambino trovando una comunicazione non soltanto consapevole, che è di solito quella con cui il bambino si accosta al gioco del disegno, come per esempio realizzare un disegno per la mamma che rientra dal lavoro; ma trovare anche, attraverso una lettura consapevole degli indici di lettura, una comunicazione che è quella che il bambino comunica in modo inconscio?

Saranno contesti domestici, quotidiani, spontanei, o saranno contesti scolastici o contesti clinici o anche peritali - ovvero di valutazione delle capacità genitoriali - per esempio nei casi di separazione e divorzio o nelle valutazioni in cui si ipotizza un possibile abuso. In tutti i casi, ma soprattutto in questi ultimi casi, c'è bisogno assolutamente della formazione dell'operatore, c'è bisogno della supervisione, di un continuo aggiornamento e di grande esperienza; questo perché quando parliamo

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di disegn o in qualunque dei tre contesti prima specificati dobbiamo pensare che il disegno è sempre un atto proiettivo. Il bambino proietta il suo mondo interno, il suo stato d'animo, le sue emozioni sul foglio e la proiezione non finisce lì ma il lettore del disegno - che sia quindi in un contesto più spontaneo, quotidiano oppure strutturato come quello peritale o clinico, inizia egli stesso la sua proiezione prendendo in mano il disegno del bambino; infatti, se ci pensiamo bene, la prima cosa che facciamo davanti ad un disegno: lo guardiamo, se facciamo una piccola smorfia alla smorfia corrisponde un pensiero “che bello questo disegno”

oppure “che cosa mi fa pensare questo disegno”,

“che avrà fatto questo bambino”, e lì comincia la proiezione dell'operatore e proprio qui importante pensare quanto faccia la differenza il non accorgersi che la proiezione dell'operatore sia superiore alla proiezione che ha fatto il bambino sul disegno.

La proiezione del bambino è quella che conta, è la comunicazione del bambino importante e questa non deve essere confusa con le proiezioni che fa il lettore guardando il disegno, ecco perché è necessaria una preparazione approfondita e il prendere seriamente in considerazione quanto sia importante leggere il disegno dei bambini non

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soltanto facendosi trasportare dalle prime impressioni, ma seguendo degli indici di lettura.

Gli indici di lettura devono essere considerati nella loro globalità. proprio perché non si tratta di uno strumento strutturato, di un test statistico, e quindi il disegno libero acquista la sua validità soltanto se considerato globalmente.

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CAPITOLO 2: INDICI DI LETTURA DEL DISEGNO

Parliamo della possibilità di leggere in modo consapevole il disegno del bambino, andando al di là delle prime impressioni e delle nostre proiezioni.

In questo capitolo conosciamo gli indici di lettura:

per una questione didattica dobbiamo considerarli singolarmente, ma andranno valutati globalmente nella lettura del disegno del bambino.

La localizzazione nello spazio

Primo fra tutti tra gli indici è la localizzazione nello spazio; se prendiamo un foglio bianco dobbiamo pensare al foglio come ad una proiezione dello spazio vissuto del bambino.

Il bambino vive e si muove nello spazio che ha a disposizione, che è sia uno spazio fisico sia uno spazio relazionale, così come si muoverà disegnando sul foglio.

Possiamo dividere il foglio in quattro zone, in quattro parti, piegandolo a metà sia verticalmente sia

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orizzontalmente; possiamo quindi vedere se il bambino si è mosso liberamente con la matita e quindi con la sua mano ed il suo braccio sul foglio: se il bambino ha disegnato su tutte e quattro le zone del foglio possiamo presupporre che si sia mosso in modo libero, senza impedimenti emotivi o caratteriali all'interno dello spazio che ha a disposizione, se il bambino invece si è limitato ad esplorare soltanto parte del foglio allora dobbiamo soffermarci sul perché il bambino non si sia mosso liberamente; tutto questo però non è possibile farlo a posteriori, soltanto con un disegno in mano senza conoscere il bambino.

Considerando questo primo indice di lettura e andando poi a seguire con gli altri dobbiamo sempre pensare al bambino, la lettura migliore che possiamo fare del disegno parte dalla presenza mentre il bambino disegna; è una lettura che inizia dalla relazione che il bambino vive con noi e noi con lui mentre disegna, soltanto così possiamo effettivamente vedere se il bambino è stato libero nella sua realizzazione grafica, soltanto così possiamo limitare l'effetto delle nostre proiezioni sul disegno che potrebbero andare a coprire le proiezioni del bambino dopo la localizzazione nello spazio.

Le dimensioni del disegno

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Fino a circa sei anni il bambino tende a coprire tutto il foglio che ha a disposizione: un bimbo che sta bene nello spazio vissuto fino a 6 anni tenderà a disegnare figure che sono alte tanto quanto il foglio, anzi a tratti che vanno oltre il foglio.

Questo è il disegno di una bambina di 2 anni e 8 mesi, si tratta di un disegno molto grande; se pieghiamo il foglio in quattro parti possiamo vedere che la bambina ha disegnato su tutte le zone del foglio.

E' il disegno di una grande lumaca, non troveremo nella realtà una lumaca così grande: che cos'è la dimensione quindi per la bambina e per tutti i bambini in questo periodo?!

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La dimensione del disegno ha un valore affettivo ed emotivo: fino a 6 anni il bambino realizzerà le dimensioni delle figure con una valenza emotiva piuttosto che realistica, questo vale sia per singoli elementi disegnati sul foglio sia per gli elementi messi in relazione fra loro, come vedremo per esempio in seguito nel disegno della figura umana.

Se il bambino non si trova bene nello spazio vissuto, oppure possiamo pensare ad una sua caratteristica caratteriale, allora tenderà a non esplorare tutto lo spazio e vedremo infatti ad esempio una realizzazione di quest’altro tipo.

Si tratta del disegno di una bambina più o meno della stessa età, all'incirca tra i due anni e mezzo e tre anni: si

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può notare che a differenza del primo disegno la bambina non ha fatto un fiore molto grande, ma si è limitata a realizzare un fiore alto meno della metà inferiore del foglio, precisamente al centro del foglio;

questo ci fa pensare ad una sua caratteristica più che legata allo stato d'animo del momento ad una caratteristica caratteriale.

Se pensiamo, come abbiamo detto prima, al bambino che si muove nello spazio e al bambino che si muove sul foglio possiamo contestualizzare questo pensiero e possiamo fare quindi un esempio: pensiamo in un contesto scolastico al periodo dell'inserimento, periodo in cui il bambino entra in un ambiente nuovo, conosce persone nuove sia dei pari e quindi bambini come lui sia adulte e quindi i suoi insegnanti le sue maestre, e che cosa fa il bambino quando entra in questo ambiente nuovo? Resta all'ingresso, non esplora facilmente tutto lo spazio, sarà un bambino che resterà all'ingresso della stanza, all'ingresso facendo un parallelismo tra stanza e spazio grafico a disposizione, ovvero il foglio, all'ingresso, a sinistra del foglio.

Se questo modo di disegnare fosse legato soltanto all'emozione del momento, allora potremmo vedere nei disegni che seguiranno nel tempo un cambiamento, ovvero uno spostamento delle sue rappresentazioni grafiche più centrali e che

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tenderanno ad occupare tutto lo spazio, qui invece vediamo un disegno di una bambina che sappiamo non essere stato realizzato durante una fase di inserimento o durante un periodo critico di vita, dove per periodo critico intendiamo un periodo in cui è necessaria una ristrutturazione delle proprie abitudini e quindi delle proprie capacità emotive e relazionali di vivere in nuove situazioni - parliamo quindi di inserimento, o di nascita di un fratellino o situazioni critiche più spiacevoli, come per esempio il vissuto di una malattia.

Qui sappiamo di una bambina che realizza questo disegno in una qualunque giornata serena e la vediamo disegnare al centro del foglio, in basso;

pensiamo quindi che la bambina possa disegnare in questo modo perché tendenzialmente nello spazio vissuto e nel foglio tende ad occupare poco spazio, a relazionarsi soltanto con chi ha vicino a sé; sarà quindi una bambina tendenzialmente timida.

Ma come possiamo uscire da una ipotesi legata soltanto alla lettura di questo disegno per arrivare effettivamente ad una comprensione del vissuto di questa bambina?

Possiamo farlo solo conoscendo la bambina e avendo a disposizione più prodotti che si seguono nel tempo, saremo allora certi di questa lettura soltanto confrontando diversi disegni e guardando la bambina

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giocare con gli altri, fare esperienze e relazionarsi con noi.

La pressione sul foglio, l'impugnatura e i movimenti Altro indice di lettura è la pressione della penna o del colore sul foglio, pressione che va insieme all'impugnatura e ai movimenti, ai movimenti che il bambino compie sul foglio; questi tre indici di lettura pressione, impugnatura e movimenti devono essere considerati insieme: ad una impugnatura costretta si associa prevalentemente una pressione forte sul foglio, dei movimenti tendenzialmente ampi, vigorosi e tendenzialmente disordinati, che realizzeranno dei tratti prevalentemente spezzati, a punta; al contrario, un'impugnatura ergonomica - che è l'impugnatura tendenzialmente più semplice dello strumento e che tende a non sovraccaricare il braccio, il polso e la mano - si associa ad una pressione normale sul foglio. All'impugnatura ergonomica e alla pressione normale seguirà un tratto prevalentemente circolare; un tratto circolare prodotto con movimenti non vigorosi e disordinati come nel primo caso, ma sicuramente più controllati, consapevoli e più morbidi.

Ricapitolando, abbiamo visto la disposizione nello spazio, la dimensione, la pressione, l'impugnatura dello strumento, il tratto e quindi la linea prevalentemente

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curva o prevalentemente spezzata, e i movimenti del braccio e della mano.

Le esitazioni e le cancellature

Altro indice di lettura sarà costituito dalle esitazioni e dalle cancellature, che possono essere lette come tentennamenti nelle proiezioni che il bambino fa realizzando il suo disegno.

Il bambino disegnando sul foglio ha dei ripensamenti, delle esitazioni, sbaglia più volte, tutto questo può far pensare ad una tensione emotiva; per comprendere l'origine di questa tensione emotiva dobbiamo sempre, e non mi stancherò mai di ripeterlo perché è importantissimo, conoscere il bambino, altrimenti rischiamo di fare soltanto un gioco filosofico di proiezione massiccia del nostro modo di vedere il disegno, quindi del nostro mondo interiore e non del mondo interiore del bambino.

Le distorsioni

Oltre alle esitazioni e alle cancellature dobbiamo pensare alle distorsioni: distorsioni nella forma e nel colore.

Distorsioni nella forma: possiamo pensare ad una grande mano oppure ad una bocca sproporzionatamente grande rispetto al disegno del volto; che cosa potrà significare questa sproporzione nella grandezza?!

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Dipende molto dal contesto; se pensiamo ad una bocca grande e ad una mano grande in un contesto del disegno globale sereno con tutti gli altri indici che rimandano ad emozioni piacevoli allora possiamo pensare ad una mano accogliente, quindi di cui il bambino ha un'esperienza positiva, e ad una bocca altrettanto accogliente, che rimanda ad emozioni positive; al contrario, dobbiamo pensare una mano grande ed una bocca grande non così rinvianti ad un contesto positivo in un disegno che invece già dalla prima impressione ci fa pensare ad uno squilibrio emotivo.

Osserviamo un disegno di questo tipo:

Come nell'ultimo scenario che abbiamo descritto, parliamo di un disegno che a prima impressione del

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lettore non dà un'emozione piacevole, davanti ad un disegno del genere il lettore non farà nella maggior parte dei casi un sorriso, più che altro una smorfia ed un pensiero del tipo “mamma mia questa bimba cosa avrà disegnato?!”.

La maggior parte delle volte che mostro questo disegno, le persone pensano che sia rappresentato un cimitero; per una maggiore chiarezza espongo un pochino il contesto in cui è stato prodotto questo disegno: si tratta del disegno di una mamma in cucina; la bambina ha disegnato un forno e questa che vediamo qui è una ringhiera, la ringhiera di un balcone della finestra che c'è in cucina. La bambina ha tre anni e disegna durante un'ora di gioco libero a scuola e poi regala il disegno all'uscita di scuola alla mamma; oltre a questo ovviamente la mamma riceve nel tempo altri disegni che più o meno riportano la stessa emozione vissuta dalla bimba. La bimba comunica una situazione di allarme alla mamma una situazione di allarme che la mamma vive tutta e che infatti si rivolge ad un clinico.

La bimba disegna la mamma, come vediamo c'è una mano molto grande - parlo soprattutto della mano perché abbiamo parlato delle distorsioni - e una bocca grande all'interno di un contesto con un colore nero (indice di lettura di cui non abbiamo ancora parlato e che vedremo a breve) e che rimanda emotivamente ad una situazione poco serena vissuta dalla bimba.

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In questo contesto così come l'abbiamo descritto, la bambina disegna una mano grande, una bocca grande, che possiamo ipoteticamente leggere come una mano non accogliente, ma una mano insieme alla bocca che destano qualche preoccupazione.

La bambina non ha vissuto relazioni soltanto di affetto con questa mano, ma anche reazioni aggressive da parte della mamma; parliamo però sicuramente di una situazione non preoccupante, non c'è alcuna situazione o trauma che sia eccessivamente preoccupante: la bambina infatti qui sta comunicando spontaneamente, perché si è accostata liberamente al gioco del disegno e spontaneamente ha disegnato questo disegno, volendo disegnarlo per la sua mamma; le ha regalato questo disegno, regalerà alla mamma altri disegni proprio come richiesta di una chiarezza, come a volerle dire: “Mamma!

facciamo qualcosa! Mamma! in qualche modo aiutami, perché io con te in questo periodo vivo soprattutto emozioni di questo tipo, reazioni di questo tipo!”

Quindi, da una parte pensiamo ad una mano grande in un contesto sereno, ad una bocca grande in un contesto sereno, dall'altra invece pensiamo ad una mano grande e ad una bocca grande in un contesto del genere, che rimandano quindi a vissuti relazionali spiacevoli; questa però rimane soltanto un'ipotesi, senza conoscere la bambina, senza conoscere la mamma, senza conoscere i vissuti relazionali della mamma con la bambina, la storia

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di queste due persone ed anche il contesto di vita, gli altri modi di esprimersi e di comunicare della bambina oltre al disegno, quindi i suoi comportamenti, le sue reazioni emotive, il suo modo di relazionarsi con gli altri, sia nella situazione domestica come quella per esempio rappresentata, sia nelle altre situazioni di vita normale; se non facciamo tutto questo la lettura del disegno che abbiamo appena fatto diventa soltanto e resta un'ipotesi da valutare, valida sicuramente a fini didattici, ma non di più.

Le parti mancanti

Oltre a questi indici di lettura restano le parti mancanti:

se un bambino finisce di disegnare lasciando delle parti mancanti nella sua rappresentazione grafica che cosa potrà significare?!

Non sempre la parte mancante sta a significare una proiezione di cui il bambino ha avuto paura, timore di disegnare; non sempre la parte mancante rimanda ad un'emozione spiacevole da evitare.

E' fondamentale vedere sempre il disegno nella sua complessità: se parliamo di un disegno molto ben strutturato, per esempio prodotto da un bambino piccolo, possiamo pensare - e possiamo capirlo sicuramente se siamo stati presenti mentre il bambino ha disegnato - che sia subentrata la stanchezza e quindi il bambino abbia lasciato incompleto il suo disegno,

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altrimenti possiamo pensare che il bambino aveva esaurito la sua esigenza di comunicare attraverso il disegno e quindi di proiettare sul foglio.

Soltanto se nel disegno tutti gli altri indici che abbiamo descritto portano ad una lettura preoccupante e quindi potrebbero rimandare ad una necessità di vedere e di conoscere il bambino sotto gli altri aspetti comunicativi, allora possiamo pensare alle parti mancanti come a delle emozioni evitate per paura, evitate perché faceva male ed era troppo anche rappresentarle in modo grossolano distorto come questa mano.

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CAPITOLO 3: IL SIGNIFICATO PSICOLOGICO DEI COLORI

Abbiamo parlato degli indici di lettura del disegno senza affrontare l'argomento dei colori perché vogliamo dedicargli un attenzione particolare, perché tra gli indici di lettura spesso è considerato come il più importante.

Chi si accosta quotidianamente al disegno dei bambini considera a volte erroneamente il colore come unico indice di lettura.

Il colore, l'utilizzo del colore, l'espressione del bambino nel suo disegno con i colori, va considerata come un indice di lettura della stessa importanza degli altri prima analizzati; è vero però che il colore salta subito all'occhio e quindi è possibile che ad una lettura superficiale, ingenua, vada a sostituire tutto il resto e che la comunicazione del bambino venga colta soltanto nell'espressione della tinta dell'emozione colorata data al disegno; tutto questo anche perché il nostro linguaggio è fatto di " emozioni a forma di colore", parliamo di “ rosso di rabbia” sono “ bianco di paura”, tutto questo può essere

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espresso dal bambino, ma non soltanto con i colori ma anche con il colore.

Approfondiamo qual è il significato psicologico del colore, prima però è bene fare una precisazione: sul significato psicologico non leggerete qui tutto ciò che comunemente leggiamo nei manuali senza avere alcuna formazione alla base; non perché i manuali dicano il falso, assolutamente, i manuali si basano su ricerche, parlano delle medie, di come comunemente la maggior parte dei bambini utilizzano i colori.

L'indice di lettura del colore, come tutti gli altri, va

"vestito addosso" al singolo bambino e non solo addosso al bambino, ma anche alla situazione in cui quel disegno viene realizzato; quindi, prendendo per buono, per valido, tutto ciò che leggiamo nei manuali, dobbiamo riflettere sullo specifico disegno che abbiamo davanti e che stiamo leggendo e quindi potremo attribuire il giusto significato al colore per quel disegno.

Tutto questo possiamo farlo soltanto conoscendo il bambino e avendo una formazione adeguata per

"leggere" i suoi disegni.

In primo luogo dobbiamo distinguere i colori tra primari e seconda ri: i colori primari esistono così in natura, si chiamano per questo primari, pensiamo al rosso, al blu, al giallo; i colori secondari sono invece i colori che vengono fuori quando il

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bambino mescola fra di loro i colori primari, per esempio, unendo due colori primari come il rosso e il giallo vien fuori il colore secondario dell'arancione.

Il bambino piccolo si esprime soprattutto con i colori primari, esprime le sue emozioni soprattutto con i colori primari, perché il colore primario veicola, comunica un'emozione vissuta in modo primitivo poco razionalizzato, molto istintivo.

Il bambino vive le sue emozioni senza una mediazione del pensiero, come tendenzialmente viviamo le emozioni, ma molto di più dell'adulto; non possiamo dire ad un bambino arrabbiato “aspetta, pensa un attimo, rifletti”; un bambino arrabbiato (ad es. perché l'amichetto gli ha rubato il gioco) non riflette, non riesce a pensare, ma assolutamente reagisce subito e la sua reazione sarà prevalentemente comportamentale, corporea, una reazione appunto aggressiva.

Crescendo il bambino riuscirà a vivere le sue emozioni in modo più maturo in modo da esprimerle con i colori, anche attraverso i colori secondari.

L'espressione delle emozioni attraverso i colori secondari sarà un espressione della maturità emotiva, l'intelligenza emotiva del bambino.

Riusciamo a capire meglio questa riflessione parlando dei colori singolarmente.

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Oltre che parlare di colori primari ed i colori secondari, ci riferiamo ai colori come colori caldi e colori freddi; tra i colori primari abbiamo parlato del rosso e del giallo, sono colori caldi che per definizione vengono associati a personalità estroverse; un colore primario è il blu, il blu è un colore freddo che per definizione è associato a personalità introverse.

Il significato simbolico del rosso

Il colore rosso è il colore che in natura associamo a diversi elementi; associamo il rosso al fuoco e al sangue, in modo più simbolico, metaforico, associamo il rosso all'amore alla passione e i bambini graficamente colorano di rosso i cuoricini, per esempio per esprimere l'affetto in un disegno nei confronti della persona a cui vogliono regalare quel disegno.

Che cos'è però il rosso? Che cosa esprime il rosso?

Il rosso esprime l'intensità delle emozioni e l'intensità che il bambino vive nella sua espressione grafica, nel suo disegno; questa intensità sarà associata prevalentemente alla frustrazione, alla rabbia, oppure all'amore, alla serenità vissuta, in relazione alla globalità del disegno e all'elemento simbolico rappresentato.

Se il bambino disegna di rosso un fuoco non per forza questo fuoco sarà una manifestazione di rabbia, quindi un fuoco che distrugge; potrà essere per esempio il fuoco

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di un camino acceso, quindi un fuoco che riscalda. Il fuoco rosso quindi è la passione, alla passione verrà data frustrazione quindi rabbia, espressione di aggressività (un incendio, un fuoco che distrugge), oppure la piacevole esperienza di un fuoco che riscalda, il focolare per esempio, di cui parleremo nel disegno della casa e quindi della possibilità di riunirsi intorno ad un focolare, per parlare insieme quindi della possibilità del bambino di vivere il calore emotivo che rimanga appunto al colore rosso nella sua famiglia.

Rosso quindi non per forza è il colore della rabbia -

“sono rosso di rabbia” - ma sarà associato ad un emozione oppure all'altra in relazione al contesto globale del disegno, insieme a tutti gli altri indici di lettura.

Il significato simbolico del giallo

Il giallo è un colore primario, un colore caldo.

Il giallo - come il rosso - è il colore della vitalità, dell'intensità dell'espressione, ma più che a livello corporeo (come il rosso) e quindi istintivo, si tratta di una vitalità intellettuale, cognitiva; pensiamo per esempio al modo comune di dire “ho avuto un'idea”, “mi si è accesa una lampadina”. Il giallo appunto è la vivacità intellettiva, è la capacità del bambino di esprimere la sua vitalità attraverso il pensiero, la creatività cognitiva.

Il significato simbolico dell'arancione

L'arancione è un colore secondario, nasce unendo il rosso e il giallo.

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Con il rosso e il giallo abbiamo parlato di due tipi di vitalità da una parte quella più fisica veicolata dal rosso dall'altra quella più cognitiva veicolata dal giallo; ecco qui che l'arancione è il colore della “vitalità matura”, della maturità del bambino che sa adattare la sua creatività, la sua intensità nell'espressione, ai diversi contesti lì dove è richiesta una espressione intensa con il corpo; lì dove invece è richiesta un’espressione intensa cognitiva - pensiamo per esempio al contesto scolastico - il bambino creativo saprà esprimersi bene in palestra così come saprà esprimersi bene davanti ad un compito più cognitivo, come per esempio scrivere un tema.

Il significato simbolico del blu

Il blu è un colore primario, freddo; a differenza del rosso, è un colore che porta alla calma alla serenità.

Oltre che a livello psicologico è stato dimostrato che il blu produce dei tranquillanti chimici a livello cerebrale, quindi è provato che il blu è una tinta che porta alla tranquillità.

Pensiamo però al blu non soltanto come un colore steso senza alcuna forma: il bambino tenderà ad usare il blu per esprimere la calma? Dobbiamo considerare il contesto grafico in cui il bambino utilizza il blu.

Il blu porterà sicuramente calma?! Dipende; pensiamo in natura a quali sono gli elementi colorati, il cielo di

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notte oppure il mare.

Il mare: se il bambino disegna un mare calmo sicuramente starà esprimendo, manifestando la calma;

vedremo però se il bambino disegna un mare in tempesta ed è colorato di blu, non dobbiamo soltanto pensare all'indice di lettura del colore che rimanda alla calma, ma anche all'espressione simbolica del concetto del mare in tempesta; non sarà quindi un mare calmo, un blu che rimanda alla quiete; ancora, non dobbiamo soltanto riferirci all'espressione grafica del bambino.

Se chiediamo al bambino, per esempio, "cosa sta succedendo in questo disegno" e il bambino verbalizza anche un racconto che rimanda ad una sensazione di serenità e di calma, saremo certi di questa valenza emotiva del colore, ma se il bambino a quel disegno associa un racconto non altrettanto emotivamente tranquillo, non saremo certi di questa lettura psicologica del colore.

Tutto questo sta a significare che al significato psicologico del colore dobbiamo dare una lettura globale che rimanda non soltanto alla lettura fatta per ricerche da parte dei manuali, non soltanto alla lettura di noi operatori che leggiamo il disegno finito e prodotto dal bambino, ma dobbiamo restare sempre nella relazione:

nel momento in cui riesco ad essere effettivamente certo di quel significato simbolico del colore potrò effettivamente dargli quel significato, sempre associando

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il colore agli altri indici di lettura ed anche a qualcosa che è soggetto meno all'interpretazione di noi lettori, come per esempio un racconto verbale.

Il significato simbolico del viola

Il viola è un colore secondario che si ottiene dal rosso e blu.

Che cos'è il viola? Il viola - ci dicono i manuali - è il colore dei bambini inseriti in un contesto regolante, in un contesto socializzante. Perché? Pensiamo al primo contesto socializzante in cui viene inserito il bambino - la scuola - che può essere l'asilo nido o la scuola dell'infanzia; in questo contesto il bambino, che abbiamo detto si esprime molto a livello corporeo, esprime le sue emozioni, la sua vitalità, a livello comportamentale corporeo quindi con il rosso; al bambino viene chiesto - dalle regole e dalla routine scolastica - di attenersi a delle regole, quindi di calmarsi e di stare calmo, di esprimersi di più (per parlare con il linguaggio dei colori) con il blu;

il bambino media tra rosso e blu, mette il viola proprio perché non riesce ad essere soltanto blu, ma tempera la vitalità del rosso con la calma dei blu ed ecco che viene fuori questo viola.

Vien fuori - e si può meglio comprendere - la definizione “ il viola è il colore del bambino inserito in un contesto regolante”.

Il significato simbolico del marrone

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il marrone è il colore che in natura associamo alla terra e al tronco dell'albero, quindi alla corteccia; è il colore che simbolicamente rimanda quindi alla fertilità ,alla maturità proprio della terra e alla solidità della corteccia degli alberi; ecco perché i manuali parlano del marrone come “il colore della maturità e della solidità”. Il bambino tenderà ad utilizzare il colore marrone tendenzialmente quando inizierà a disegnare elementi naturali.

Il significato simbolico del nero

Il nero è un colore che desta molte preoccupazioni in chiunque si accosta alla lettura del disegno dei bambini.

Molto spesso un disegno colorato di nero è un disegno in cui tutti gli altri indici di lettura di cui abbiamo parlato perdono importanza, ma assolutamente non deve essere così.

Arriviamo quindi al colore nero, attribuendo il giusto valore all'interno del disegno: prima di tutto il nero come il rosso è un colore molto netto che ben si vede nel disegno dei bambini, perché il foglio che la maggior parte delle volte i bambini hanno a disposizione per disegnare è bianco, e il nero risalta molto bene sul bianco: un bambino che vuole esprimere bene la sua personalità si esprimerà col nero.

Quand'è che il nero può destare preoccupazioni e quindi possiamo dargli il significato psicologico comune di cui parlano molto i manuali, che è il significato psicologico culturalmente del lutto della perdita?

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Nero è il nero della notte, quindi il nero dell'oscurità e l'oscurità fa paura, fa paura tutto ciò che non si vede, che non conosciamo. Se pensiamo alla fisica, il nero assorbe tutta la luce e non rimanda all'esterno nulla, non rimanda nulla della luce, non rimanda alcun colore, assorbe tutti i colori e se i colori veicolano le emozioni, il nero si pensa tenga dentro di sé chiuse come con un coperchio tutte le emozioni.

Quando possiamo leggere questo significato psicologico nell'utilizzo del nero? Quando per esempio abbiamo visto la bambina tende a disegnare la mamma in questo modo, in un contesto del genere, un modo in cui le emozioni sono spiacevoli; vive un contesto relazionale preoccupante; però in questo caso la bambina ha utilizzato un colore che è il nero.

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Ancora più preoccupante sarebbe stato se non avesse utilizzato alcun colore.

Dunque il nero è preoccupante in un contesto del genere dove la bambina dà un segnale di allarme?

Oppure quando al colore nero e all'utilizzo del colore nero non si associa alcuna forma e parliamo quindi di uno scarabocchio, uno scarabocchio che però viene rappresentato e realizzato in un'età in cui il bambino ha ormai superato la fase tipica dello scarabocchio, l'età in cui oltre i tre anni tre anni e mezzo il bambino sa rappresentare elementi strutturati elementi simbolici ben riconoscibili condivisibili? Dunque il nero è sempre preoccupante? Assolutamente no; bisogna vedere il contesto generale del disegno, un contesto simbolico come questo del disegno o un contesto in cui si nota una regressione nella rappresentazione delle forme simboliche condivise.

Il significato simbolico del rosa

Anche il colore rosa come il nero suscita qualche preoccupazione, non però in tutti, soltanto nei disegni dei bambini, dei maschietti. Perché? Perché socialmente e culturalmente viene associato il colore rosa alla femminilità, perché alla femminilità culturalmente si associa la sensibilità.

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L'attribuzione del rosa alla femminilità è una questione puramente sociale, culturale, che possiamo far risalire agli anni '50, con il lancio sul mercato della bambola Barbie e il suo vestito rosa.

Prima di questo periodo, i colori non erano associati al genere maschile/femminile e in modo arbitrario, dettato semplicemente dalla moda, c'è stata questa attribuzione.

Addirittura, il rosa era riconosciuto come più vicino alla virilità, alla forza maschile, in quanto appartenente alla scala cromatica del rosso.

Possiamo quindi assolutamente sfatare questi miti e lasciare la possibilità di esprimere la sensibilità che veicola il rosa anche ai maschietti. Un bambino che utilizza il colore rosa è un bambino che molto probabilmente sta manifestando la sua sensibilità emotiva o sta rappresentando qualcosa che per lui dev'essere rosa, o ancora stara utilizzando il colore liberamente, senza attribuirgli un significato particolare.

Perché però sensibilità emotiva a livello psicologico? il rosa è un colore secondario, che deriva dal dall'unione del rosso con il bianco; il rosso appunto, la vitalità espressa in modo netto da parte del bambino, stemperata però con il bianco, dove il bianco culturalmente e socialmente è il colore della purezza, della purezza d'animo; ne deriva il rosa, il colore della sensibilità emotiva che nulla ha che fare con il femminile.

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Il significato simbolico del bianco

Il bianco esprime la purezza d'animo; parliamo di simboli come l'angioletto o culturalmente la vestina bianca del battesimo, il vestito bianco della sposa; però dov'è che troviamo il bianco nei disegni dei bambini?

Bianco è il foglio ed è lo spazio che il bambino ha a disposizione per disegnare; bianco resterà sul foglio tutto lo spazio che il bambino ha lasciato senza rappresentazione, quindi sarà lo spazio che il bambino lascia per gli altri, lo spazio libero in cui il bambino accoglie gli altri nelle sue esperienze, nelle sue relazioni.

Come abbiamo precedentemente detto, possiamo riaccennare alle dimensioni, quindi tendenzialmente un bambino fino ai 6 anni di età tenderà a prendere tanto spazio nel suo ambiente, tanto “spazio cognitivo” tanto

“spazio emotivo”; dai 6 anni circa in poi crescendo il bambino ridimensionerà le sue rappresentazioni lasciando più spazio grafico a disposizione, lasciando molta più disponibilità per le relazioni; tutto questo non perché il bambino sia un accentratore di attenzioni o un egoista ma perché tutto parte dallo sviluppo cognitivo il bambino.

Fino a circa i quattro anni il bambino cognitivamente non è capace di pensare che gli altri abbiano esigenze, pensieri e punti di vista diversi dai propri (Teoria della Mente); cognitivamente i bambini pensano che una persona appena entrata nella stanza dove sta giocando

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sappia e abbia visto tutto quello che è successo prima, quindi il bambino non è capace di lasciare agli altri la possibilità di avere un proprio punto di vista un proprio pensiero, di avere i propri tempi per esprimersi ed ecco anche perché - uscendo un po’ al di là dell'espressione grafica del disegno - i bambini a livello relazionale tendono a fare difficoltà ad aspettare il proprio turno in una fila, ad aspettare la mamma che gli chiede di farle finire una telefonata; c'è l'urgenza di esprimere una propria necessità, nell'urgenza dell'in consapevolezza che la mamma possa averne altre.

Il significato simbolico del verde

il verde è un colore secondario, è il colore realizzato dal bambino che unisce insieme il blu e il giallo; il verde è un colore molto comune in natura, è il colore del prato, è il colore della chioma dell'albero, è il colore dei boschi, è il colore che sarà prevalente nei disegni dei bambini che intorno ai 7 anni inizieranno a rappresentare elementi naturali, scenari comunemente vissuti.

Al verde psicologicamente si associa la quiete; il verde come calma, proprio perché se pensiamo anche alla nostra quotidianità pensiamo alla natura, al verde che fa parte della natura come pausa, pausa dai ritmi della quotidianità; pensiamo al prato verde su cui ci stendiamo sotto l'ombra per riposarci in una giornata di vacanza, pensiamo alla quiete e alla serenità che ci dà una passeggiata in campagna.

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Oltre però al significato psicologico degli elementi naturali che in natura sono verdi dobbiamo sempre pensare, come per tutti gli altri colori, alla rappresentazione grafica del bambino: non potremmo dare per esempio una valenza di quiete al colore verde se il bambino ha utilizzato il verde in uno scarabocchio, parlando dello scarabocchio in un’età di sviluppo della capacità grafica in cui questa espressione grafica è ormai superata e quindi un età in cui l'espressione dello scarabocchio può essere considerata come una regressione nell'espressione della forma simbolica.

Tutti i colori quindi, tutti i colori di cui abbiamo parlato, possono essere ben compresi come valenza psicologica all'interno del disegno così come gli altri indici di lettura con la stessa importanza che hanno gli altri indici di lettura.

Per leggere in modo completo un disegno possiamo ricapitolare quali sono i passaggi: devo conoscere il bambino, nella migliore delle ipotesi, essere presente mentre il bambino disegna sul foglio; sempre pensare al disegno completamente libero in cui il bambino sceglie liberamente di giocare attraverso i colori nella realizzazione sul foglio delle sue emozioni; soltanto se il bambino sceglierà liberamente di esprimersi attraverso il disegno, il

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disegno potrà essere una comunicazione e genuina da parte del bambino del suo mondo interiore.

Poi inizia il lavoro dell'operatore, che è stato presente durante "il gioco del disegno", nella relazione, che conosce il bambino, e allora inizia la proiezione dell'operatore, proiezione che dobbiamo fare attenzione a non far diventare massiccia rispetto alle proiezioni che ha realizzato il bambino, questo anche attraverso una descrizione che, nei casi in cui si ritiene necessaria, viene chiesta al bambino attraverso domande indirette, come abbiamo prima accennato: “che cosa sta succedendo in questo disegno”; in questo modo il bambino verbalizza in modo consapevole le sue emozioni sul disegno.

Vediamo quindi la prima impressione che ci fa il disegno, dividiamo ad occhio il foglio in quattro parti e vediamo se il bambino si è espresso, si è mosso, senza esitazioni sull'intero spazio grafico a disposizione e poi iniziamo con la lettura degli altri indici: le dimensioni o di un solo elemento all'interno del foglio oppure dei diversi elementi che il bambino ha disegnato, quindi anche le dimensioni dei vari elementi il rapporto fra loro.

Poi pensiamo alla alle distorsioni, alle esitazioni, alle cancellature.

Abbiamo visto anche in presenza il bambino impugnare il colore, quindi potremo vedere l'impugnatura, se siamo stati presenti, altrimenti

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potremmo soltanto vedere a disegno fatto le linee prevalentemente curve oppure spezzate e la pressione sul foglio.

Questa lettura globale del disegno ci può portare ad una comprensione completa della comunicazione da parte del bambino con il "gioco del disegnare".

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CAPITOLO 4.1: LO SCARABOCCHIO DISORDINATO

A qualunque età il bambino si accosti a questo gioco dobbiamo conoscere lo sviluppo tipico della capacità grafico pittorica; in questo modo se un bambino per esempio di 8 anni produrrà uno scarabocchio e produrrà tendenzialmente soltanto scarabocchi, potremmo collocare lo scarabocchio in una fase dello sviluppo di questa capacità antecedente e quindi ipotizzare un disagio emotivo del bambino oppure un problema cognitivo quindi un ritardo cognitivo.

Per fare questo però dobbiamo assolutamente conoscere cronologicamente quali sono le tappe evolutive di questa abilità.

Prima di tutto dobbiamo dire che la capacità grafica è una capacità universale: lo sviluppo della capacità grafica è universale in quanto le ricerche hanno mostrato che i bambini alla stessa età in qualunque parte del mondo attraversano le stesse fasi di sviluppo.

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I bambini ad una stessa età qualunque sia la cultura in cui vivono tendono a disegnare nello stesso modo: i bambini per esempio tra i 12 e i 18 mesi in Italia, in America o in Africa realizzeranno scarabocchi, scarabocchi che avranno determinate caratteristiche che saranno le stesse in qualunque cultura.

Condizione essenziale perchè possa impugnare il colore è la maturazione del sistema nervoso centrale:

senza la maturazione del sistema nervoso non è possibile che il bambino impugni in modo corretto il colore, in modo da utilizzarlo adeguatamente allo scopo.

Intorno ai 12 mesi il bambino conosce questo nuovo gioco che è il disegno, un gioco costituito da colori, matite e fogli, ma non solo fogli: a quest'età qualunque supporto permette al bambino di sperimentare questi nuovi giochi e la prima attività che fa il bambino con questi nuovi oggetti, con questo nuovo gioco, è un'attività di scoperta.

Se abbiamo parlato di disegno come comunicazione del bambino, la comunicazione arriverà soltanto in seguito, all'inizio nelle prime fasi di sviluppo,

C'è la scoperta e lo stupore unito alla scoperta di un nuovo gioco: il bambino vuole capire tutto ciò che potrà fare con queste matite ed ecco perché tra i 12 e 18 e anche i 24 mesi il bambino tenderà a disegnare, a tracciare linee, su qualunque supporto trovi a disposizione, tavoli, un pavimento.

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In questa fase manca l' intenzione comunicativa del bambino: il bambino viene paragonato all'uomo primitivo e alla sua scoperta di poter disegnare sui muri delle caverne le giornate vissute; al bisogno figurativo che aveva l'uomo primitivo di realizzare immagini per esprimere il suo mondo interiore, per lasciare una traccia di sé; lo stesso bisogno figurativo ha il bambino, lo stesso stupore vive il bambino nella scoperta di questo nuovo gioco.

Qual è la prima fase di sviluppo che il bambino vive? E’

la fase dello scarabocchio disordinato, tra i 12 e 18 mesi il bambino produce dei primi segni sul foglio, questi segni prendono comunemente il nome di scarabocchio disordinato.

Il bambino ha un controllo quasi nullo dei movimenti della mano e del braccio sul foglio, questo perché non sa ancora coordinare i movimenti del braccio e non sa adattare i movimenti dell'arto allo spazio grafico a disposizione; questo vuol dire che tenderà ad utilizzare per esempio il braccio e la spalla e quindi a fare dei movimenti molto ampi rispetto allo spazio che ha a disposizione, di conseguenza tenderà ad uscire più volte con il colore dal foglio.

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Si chiama appunto scarabocchio disordinato perché notiamo delle linee disordinate che seguono direzioni diverse. Se osserviamo il bambino mentre scarabocchia vediamo come i suoi movimenti siano anch'essi disordinati: si tratta di movimenti non controllati, ampi e vigorosi.

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CAPITOLO 4.2: LO SCARABOCCHIO CONTROLLATO

Dopo lo scarabocchio disordinato abbiamo lo scarabocchio controllato, oppure anche scarabocchio ordinato: perché si chiama ancora scarabocchio però è ordinato? Perché non ci sono ancora dei segni simbolici condivisi, non possiamo riconoscere una palla, una casa, un omino, il bambino però inizia ad adattare il gesto allo spazio grafico a disposizione.

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A differenza infatti del disegno visto precedentemente, in questo scarabocchio il bambino non è uscito con il colore fuori dal foglio, ha poi iniziato un tentativo di chiusura delle linee; si può vedere che ha chiuso le linee e poi le ha colorate senza però alcuna intenzione di rappresentare oggetti riconoscibili.

Quali sono le caratteristiche dello scarabocchio che in un disegno già a prodotto sono difficili da riconoscere?

Sia lo scarabocchio disordinato sia lo scarabocchio controllato sono centrifughi e sono

omolaterali.

Cosa significa centrifughi? Il bambino tende a partire con i suoi movimenti dalla base del foglio per allontanarsi,

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quindi con una spinta centrifuga, con i movimenti del braccio, della mano e del polso.

Cosa significa omolaterali? I disegni, gli scarabocchi, tendono a disporsi sul foglio nello stesso lato su cui il bambino impugna prevalentemente il colore: se il bambino impugna prevalentemente con la mano destra il disegno sarà localizzato soprattutto alla destra del foglio, al contrario se il bambino impugna con la mano sinistra il disegno sarà localizzato sulla parte sinistra del foglio.

Sia in questo scarabocchio sia nello scarabocchio precedente tutto questo è poco visibile, e perché?!

In questa fase, nella fase dello scarabocchio, il disegno è soprattutto un gioco motorio: il bambino si muove intorno al foglio, vediamo infatti bambini che disegnano stando seduti, o bambini che disegnano stando in piedi, altri cambiano postura mentre disegnano, si siedono, si alzano, si alzano anche diverse volte, perché fanno cadere degli oggetti oppure concludono anche il disegno distesi sul pavimento; è un gioco motorio.

I bambini possono cambiare l'impugnatura del colore perché il bambino non ha ancora deciso con quale mano - destra o sinistra - impugnerà la penna, e il bambino potrà anche cambiare non solo la posizione del suo corpo intorno al foglio ma anche la posizione del foglio e quindi ruotarlo; ecco

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perché a scarabocchio fatto, realizzato, non si può capire bene l’omolateralità e la spinta centrifuga; si potrà capire tutto questo soltanto essendo presenti.

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CAPITOLO 4.3: STADIO DELLE FORME

La terza fase di sviluppo dell'attività grafico pittorica dopo lo scarabocchio disordinato e lo scarabocchio controllato si chiama stadio delle forme: il bambino inizia a realizzare delle prime forme indefinite.

E’ la fase in cui intorno ai 24-36 mesi il bambino associa anche alla realizzazione grafica l'espressione verbale, quindi il. bambino comunica non soltanto attraverso i suoi disegni - che sono ancora scarabocchi perché non sono ancora socialmente condivisi - ma associa delle espressioni verbali, la comunicazione verbale.

Nella relazione verbale con l'altro, queste forme indefinite pian piano prendono forme simboliche sociali che permettono la comunicazione appunto simbolica mediata anche dal linguaggio.

Possiamo fare un esempio osservando questo disegno:

lo scarabocchio di un bambino di due anni e due mesi.

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Bambino che ancora scarabocchia ma è sempre più capace di utilizzare questo nuovo strumento che è il colore, il colore insieme al foglio.

Perché il bambino diventa più capace di distinguere diverse linee? perché grazie allo sviluppo del sistema nervoso centrale il bambino coordina meglio i movimenti del braccio e della mano, adatta i movimenti allo spazio a disposizione e seguirà di più con lo sguardo i movimenti del suo braccio, inoltre aumenta anche la capacità di attenzione all'attività che sta svolgendo.

Cosa fa il bambino? E’ finita la fase di scoperta del nuovo strumento adesso, sa che i colori servono per

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tracciare dei segni sul foglio più o meno definiti.

Inizia la fase di scoperta della relazione tra movimenti diversi con tracciati diversi e impara a capire che ai suoi movimenti circolari della mano del braccio seguiranno delle linee circolari che comunemente prendono il nome di giruli o giri; capisce anche che a dei movimenti più lineari, che vanno per esempio dal basso verso l'alto ripetutamente, seguiranno delle linee spezzate e impara pian piano ad unire movimenti diversi - un giro, un movimento circolare con una linea - tutto questo in modo indefinito e nella relazione che questa espressione indefinita prende una forma condivisa.

Per esempio il bambino regala questo disegno alla mamma e la mamma gli dirà che è un bellissimo disegno e assocerà a questo disegno inconsapevolmente una forma simbolica.

Gli potrà dire per esempio che sono dei palloncini o che sono dei fiori “Che bello! hai fatto dei palloncini!”

Allora il bambino osserverà il disegno che ha fatto e capirà a posteriori, soltanto dopo aver prodotto il suo disegno, che i palloncini si possono disegnare in questo modo, vedrà che ha disegnato dei palloncini; ogni volta in seguito che vorrà disegnare dei palloncini tenderà a riprodurre questi movimenti e quindi queste linee.

Se la mamma invece gli dirà “Che bello! hai fatto dei fiori!” sempre a posteriori capirà che avrà fatto dei fiori e

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quindi la prossima volta che vorrà disegnare un fiore tenderà a riprodurre la stessa forma.

E’ così che nello stadio delle forme si inizia a dare un significato simbolico condiviso sia grafico sia verbale ai disegni e dallo scarabocchio si passa alle forme condivise, forme grafiche condivise.

Il bambino potrà disegnare una palla associando il suono “palla” al disegno, al tratto grafico “palla” e così via.

In questa fase questa esperienza di scoperta a posteriori di aver disegnato un simbolo condiviso prende il nome di realismo fortuito, perché casualmente, fortuitamente, il bambino ha dato grazie alla relazione con l'altro un significato realistico, simbolico, al suo scarabocchio.

In questo stesso stadio di sviluppo il bambino inizia anche a disegnare quella che sarà la figura più rappresentata l'omino, e il suo primo omino prende il nome di omino girino.

L'omino girino è formato graficamente da un girulo o giro, quindi un cerchio, a cui si uniscono 4 raggi, 4 raggi che saranno le braccia e le gambe.

L'omino girino ha la caratteristica di non essere ancora orientato sul foglio, quindi potremo vedere uno o più omini girini che hanno appunto la forma di un sole con quattro raggi collocati casualmente nel foglio.

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Un'altra espressione grafica comune nei bambini è la produzione per imitazione della scrittura degli adulti e prende il nome di grafismo scritturale:

In questo scarabocchio il bambino imita la scrittura degli adulti, mentre scrive come gli adulti verbalizza anche ciò che scrive, una lista della spesa o qualcosa che per gioco gli sta dettando la sua maestra, oppure la mamma, la nonna, e imita proprio il movimento che l'adulto produce da sinistra verso destra della scrittura;

sarà l'inizio della possibilità di leggere la localizzazione spaziale nei disegni, proprio perché a partire da questo momento il bambino inizierà gradualmente sempre a localizzare i suoi disegni, e da sinistra verso destra leggiamo simbolicamente la produzione grafica dei

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bambini come una proiezione senza esitazioni verso la crescita, l'esperienza, lo sviluppo da sinistra verso destra.

Come abbiamo detto prima nella disposizione dello spazio il bambino che resta a sinistra e all'ingresso della stanza (all'ingresso del foglio) piano piano cambierà la localizzazione nello spazio spostandosi verso destra e riuscendo a fare esperienza in tutto lo spazio a disposizione, e questo è appunto il grafismo scritturale, è la prima forma di imitazione della scrittura degli adulti.

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CAPITOLO 4.4: STADIO PRESCHEMATICO

Il quarto stadio di sviluppo dell'abilità grafico-pittorica prende il nome di stadio preschematico e abbraccia in media un’età che va dai 3 ai 6 anni del bambino.

Fra i tre e quattro anni il bambino inizia a disegnare in modo consapevole per comunicare qualcosa al suo interlocutore, all'adulto, per regalare una parte di sé all'adulto, e consapevolmente si accosta al disegno con l'intenzione di disegnare una qualunque forma condivisa che potrà essere un omino una casa un albero; però si scontra con alcuni problemi legati a questa fase di sviluppo, riesce per poco a rimanere attento all'attività che sta svolgendo quindi si distrae facilmente; non è ancora capace di coordinare a lungo i movimenti del braccio con il suo sguardo e quindi di seguire dall'inizio alla fine le sue linee, questo lo porta a - in generale - ad una incapacità di sintesi nella realizzazione delle forme.

Da qui deriva un problema relazionale che prende il nome di realismo mancato: se nella fase precedente il

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bambino a posteriori scopriva di aver disegnato un qualcosa di condiviso e viveva questa piacevole scoperta e questa conferma relazionale della sua capacità di disegnare, può vivere in questa fase successiva invece un fallimento nel capire che l'adulto, per esempio a cui regala il suo disegno, non capisce che cosa ha disegnato e si può esprimere in frasi del genere “Che bello! Cos'è?!” , esprimendo quindi un'ambiguità tra apprezzare la bellezza del disegno e non capire che cosa sia, perché appunto chiede cos'è, come si può ovviare a questo problema e quindi non andare a deludere il bambino a diciamo, in qualche modo, ad abbassare anche l'autostima, la consapevolezza della sua capacità, perché esperienze ripetute del genere possono portare il bambino a non accostarsi più al disegno, perchè sentendosi incapace il bambino potrebbe preferire di evitare di esprimersi e di giocare con i colori, preferendo appunto altre forme di comunicazione.

Si può chiedere, lì dove sembra necessario (perché non sempre serve sapere cos'è) si può chiedere in modo indiretto “Che bello! cosa sta succedendo? cosa stanno facendo?!”. In questo modo noi riusciamo a capire dal racconto del bambino cosa rappresenta il suo disegno e il bambino non capisce che fondamentalmente la nostra domanda deriva da un'incapacità sua di realizzare al meglio ciò che voleva.

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Una forma tipica e ricorrente dello stadio preschematico è l'evoluzione dell' omino girino che prende il nome di omino testone:

l'omino cefalopode, ha una forma tipica che è quella di avere un grande testone ben definito con gli occhi e la bocca e così come l'omino girino solitamente ha 4 raggi, le braccia ai lati del testone e 2 raggi in basso a rappresentare le gambe.

Questo è un omino testone realizzato da un bambino di tre anni e due mesi; a differenza dell'omino girino che non è localizzato nel foglio, l'omino testone è ben posizionato sulla base del foglio, poggia sul foglio, è orientato.

Così come i bambini fino ai 6 anni, abbiamo detto, l'omino testone tende ad essere grande tanto quanto il

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foglio a disposizione.

Se vogliamo procedere con una lettura graduale osserviamo il disegno, possiamo dividere il foglio in quattro zone e vediamo come il bambino abbia realizzato il suo disegno sulle quattro zone del foglio, quindi possiamo ipotizzare che emotivamente si trovava in una situazione piacevole senza timore di fare esperienza sul foglio e nell'ambiente circostante e senza timore di esprimersi.

L’omino testone, oltre ad essere localizzato centralmente molto grande e nel foglio e quindi occupare tutte e quattro le zone e poggia sulla base del foglio, ha due braccia e due gambe; queste braccia e queste gambe possono finire senza piedi e senza mani, ma possono anche avere alla fine mani e piedi; come?

Possono prendere forme diverse o una manopolina realizzata appunto con dei segni circolari (i giruli o giri) o dei radiali ovvero con delle linee a forma di radiale che si uniscono in un solo punto oppure a forma di sole.

I piedi possono avere forma comunemente di manopolina appunto con dei giruli.

Cosa non deve mai mancare nell’omino testone? Non dovranno mai mancare nella testa gli occhi e la bocca. Ci saranno poi degli elementi aggiuntivi, come per esempio in questo caso il bambino ha rappresentato la barba,

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rappresentando quindi la barba di figure relazionali per lui molto importanti, il papà e il nonno di questo bimbo hanno infatti entrambi la barba.

Perché il bambino in questo periodo disegna l'omino testone? Perché disegna dell'omino tutto ciò che è di fondamentale importanza, ovvero disegna la testa con occhi e bocca, con cui pensa guarda conosce viene osservato, la bocca con cui comunica, mangia strilla e le braccia e le gambe con cui si relaziona, costruisce, fa esperienze e si muove nell'ambiente circostante.

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CAPITOLO 4.5: STADIO SCHEMATICO

La quinta fase di sviluppo dell’abilità grafico-pittorica prende il nome di stadio schematico:

intorno ai 6-7 anni il bambino costruisce grazie alle sue esperienze degli schemi grafici ben definiti e tende a riprodurli nei suoi disegni.

In questa fase arriva anche la realizzazione prima mancante della linea di base: come abbiamo visto infatti nell’omino testone, l'omino poggia sulla base del foglio, la base del foglio quindi corrisponde alla base su cui realizzare i disegni; intorno ai 6 anni invece il bambino realizzerà la linea di terra quindi una linea appena sopra la base del foglio su cui far poggiare i suoi disegni.

E’ vero anche però che relazionandosi con bambini anche più piccoli vediamo che questa linea di terra sembra essere graficamente prodotta anche da bambini più piccoli intorno ai 4-5 anni; è infatti una scoperta graduale: all'inizio i bambini imitano l'adulto, imitano i bambini un po’ più grandi, osservano questa linea che ancora ha un significato non definito, però è qualcosa di

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nuovo che attrae e quindi tendono a riprodurla senza però dargli il giusto significato simbolico; infatti vediamo qui sotto il disegno di una bambina di 4 anni.

La bambina sembra aver tracciato la linea di terra, in realtà questa linea di terra funge da linea di terra soltanto per il papà la mamma invece viene disegnata a cavallo della linea di terra. Si realizza una trasparenza proprio perché la linea di terra è stata realizzata dopo la mamma e il papà per fare in modo che il papà non fosse sopraelevato rispetto al disegno della mamma.

Osserviamo un secondo disegno:

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..

In questo secondo disegno, sempre di un'altra bambina di 4, anni sembra che ci sia la linea di terra; in realtà i disegni della mamma e del papà poggiano sulla linea di base e anche qui viene realizzata una trasparenza.

Vediamo cosa sono le trasparenze: le trasparenze sono delle particolarità grafiche che possiamo riscontrare nei bambini fino a circa nove anni; dopo i nove anni possiamo pensare - sempre conoscendo il bambino e valutando caso per caso - a un problema emotivo che porta appunto il bambino alla realizzazione della trasparenza, oppure ad un ritardo cognitivo.

Che cos'è la trasparenza nei bambini, in questa fase? E’ la realizzazione da un punto di vista cognitivo di qualcosa che conosco: “Anche se non si vede, ho bisogno di realizzarla graficamente

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proprio perché la conosco” e fa parte del cosiddetto realismo intellettuale o cognitivo tipico di questo stadio di sviluppo.

Per esempio: “Conosco la struttura dell'albero, so che l'albero ha le radici, non posso fare a meno di disegnare le radici anche se nella realtà queste non si vedono”;

quindi c'è una necessità cognitiva.

Sotto un altro aspetto invece posso disegnare in trasparenza qualcosa che ritengo importante, o nella mia vita quotidiana come per esempio nella realizzazione del disegno di una casa posso rappresentare in trasparenza l'interno, per esempio della cucina o della camera da letto che io ritengo importanti, che si vedono appunto in trasparenza attraverso i muri esterni della casa che ho disegnato; oppure un qualcosa che mi coinvolge molto a livello emotivo e non posso fare a meno di disegnare, come per esempio i bambini che aspettano un fratellino;

il bambino in attesa del fratellino vive una condizione emotiva molto forte e molto spesso non basta rappresentare il pancione della mamma, ma hanno bisogno di rappresentare un qualcosa, uno scarabocchio un girulo o un omino nella pancia della mamma; proprio perché la proiezione di questa emozione molto presente nel periodo di vita non si esaurisce nel disegno rappresentando soltanto ciò che si vede esternamente.

Poi, per quanto riguarda lo stadio schematico, assistiamo anche ad una convenzionalizzazione nell'uso

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del colore: proprio perché i bambini tendono a rappresentare schemi grafici ben definiti e quindi elementi naturali, elementi quotidiani comuni, come per esempio un prato, dei fiori, la casa, gli alberi, gli omini tenderanno ad utilizzare sempre di più i colori nel senso realistico piuttosto che come valenza psicologica e quindi ad utilizzare i colori in un modo schematico; tenderanno a fare il prato sempreverde, il sole sempre giallo o il tetto delle case sempre rosso.

Tutto questo porterà ad una sempre maggiore staticità e convenzionali d'azione nell'espressione grafica dei bambini.

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CAPITOLO 4.6: STADIO DI REALISMO VISIVO

L'ultimo stadio di sviluppo di cui parliamo è il realismo visivo.

Intorno agli 8-9 anni - parlando sempre per medie di età, perché dobbiamo sempre pensare all'individualità dello sviluppo e ad una espressione individuale e molto soggettiva nei disegni - comunque intorno a quest’età, dobbiamo pensare ad uno sviluppo graduale nella capacità del bambino di rappresentare la realtà: passiamo appunto dal realismo intellettuale o cognitivo che caratterizzava alla fase precedente al realismo visivo.

Il bambino avrà la maturità di capire che dovrà rappresentare la realtà così come si vede, la realtà fenomenica, e non la realtà come la conosce, e tenderà gradualmente a non realizzare più elementi in trasparenza.

Tutto questo lo porterà ad uniformare all'apparenza visivo fenomenica le sue rappresentazioni e lo porterà a realizzare gradualmente disegni in prospettiva appunto,

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