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DISTURBI MUSCOLO SCHELETRICI DI NATURA LAVORATIVA.
ISTRUZIONI OPERATIVE
Dr. Annamaria Vapori*DMSL – DISTURBI MUSCOLO SCHELETRICI DI NATURA LAVORATIVA
Si definiscono “disturbi muscolo scheletrici di natura lavorativa (DMSL)” le patologie a carico del sistema muscolo scheletrico e/o del sistema periferico causate o aggravate, nello svolgimento di una mansione lavorativa, da movimenti ripetitivi in combinazione con posture statiche prolungate e scorrette, nonché da stress meccanici, vibrazioni ed esposizione a basse temperature.
Conosciuti in letteratura anglosassone anche con il sinonimo “upper – extremity cumulative traume disorders” i DMSL hanno avuto negli ultimi due decenni un importante incremento di incidenza; recentemente è stato stimato che anche tra gli operatori sanitari dentali (OSD) una percentuale compresa tra il 54% e il 93% ne è interessata.
Le zone più colpite sono in ordine:
rachide cervicale 60%
rachide lombare 45%
* Dott.ssa in fisioterapia, Ausl di Bologna
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spalle 50%
polsi e mani 45%
gomiti 14%
arti inferiori 10%
A livello del rachide vengono prodotte contratture muscolari algiche molto dolorose con formazione di trigger points causati dalle posizioni statiche prolungate e scorrette con rotazione e flessione laterale del capo e del tronco per ottenere una soddisfacente visione del cavo orale.
E’ a questo punto che, come sopra detto, si creano sindromi miofasciali da trigger points distrettuali caratterizzate da dolore somatico profondo, disfunzione disabilità e fenomeni vegetativi di accompagnamento.
Il trigger points è un sito di iper irritabilità contenuto in un muscolo o nella sua fascia che evoca dolore in una area bersaglio (target) spesso distante dalla sede del T.P.
stesso.
E’ importante affinché non si verifichi questa situazione, ricreare una buona postura statica e dinamica in modo da minimizzare i fattori di rischio.
La postura è una complessa risposta sinergetica multidistrettuale di un sistema biologico senso – motorio che è il sistema corporeo ed è l’espressione funzionale – operativa – comunicativa del corpo.
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Non è facile in ogni situazione riuscire a mantenere una postura ideale perché essa non è una costante fissa, ma varia a seconda delle situazioni e delle attività che ci accingiamo ad affrontare e prevede una modulazione delle risposte motorie in base a quattro fattori fondamentali:
1) equilibrio statico e dinamico;
2) fattori bio – psico – sociali (la lombalgia stessa viene definita in letteratura patologia bio – psico – sociale);
3) risparmio energetico: modalità attraverso cui il sistema corporeo realizza il massimo risultato statico e dinamico con il minimo sforzo e dispendio energetico. Le disarmonie posturali fanno spendere più energie dei movimenti armonici e la capacità individuale di tolleranza si riduce;
4) entità delle perturbazioni interne ed esterne.
E’ a questo punto che si deve introdurre il concetto di schema motorio o immagine di sé per capire che alla base del movimento e di ogni nostro gesto esiste una modalità comportamentale molto complessa e pilotata dal sistema nervoso centrale e periferico.
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LO SCHEMA CORPOREO
Il dualismo filosofico conduce alla concezione di un "corpo strumento". La concezione occidentale dei rapporti tra anima e corpo e' erede della formulazione platonica di un dualismo radicale, distinguendo nell'essere due realtà sostanziali diverse (“l'uomo e' anima e corpo, ma e' l'anima che domina la parte principale, principio e fine”
“l'attenzione al corpo vizia il funzionamento dello spirito”).
La parte che aspetta al corpo in una concezione intellettualistica dell'educazione resta modesta e praticamente si risolve nella sola preoccupazione di preservare la salute ("tutto si riduce a un piccolo numero di regole facili da osservare: molta aria, molto esercizio, molto sonno, un regime semplice."). L'esercizio fisico si indirizzo' allora essenzialmente al lato biologico, animale dell'essere; e' la concessione minimalistica fatta al corpo. La spinta degli imperativi della vita ha avuto per base la necessita' della presa in considerazione del corpo. L'atto volontario esige un intervento corporeo sul mondo.
E' quindi importante considerare il proprio corpo come un organismo da ASCOLTARE E PERCEPIRE cercando di eliminare atteggiamenti e posture scorrette attraverso una esperienza personale che esplori le sensazioni, i meccanismi e le percezioni interne; a mettere in discussione e ricostruire LO SCHEMA CORPOREO già acquisito, l'immagine
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esterna e le abitudini neuromuscolari attraverso un contatto sempre più profondo con i propri desideri, sentimenti, bisogni e benessere psicofisico.
Prima di parlare in modo specifico dello "schema corporeo" mi sembra utile ribadire che l'organismo e' una struttura non decomponibile di comportamento le cui reazioni sono unificate e ordinate. Ogni individuo parla, si muove e sente in maniera differente, seguendo un'immagine che si e' costruito nel corso della sua vita. La nostra auto immagine e' più piccola di quanto potenzialmente potrebbe essere; la maggior parte delle persone usa solo una piccola parte dell'abilità potenziale, perché è abituata a pensare che l'immagine che ha di sé è quella che la natura le ha concesso mentre invece è il risultato della sua esperienza.
Questa nostra immagine e' condizionata in differenti gradi da eredità, educazione ed autoeducazione. Il nostro PSICOSOMA, essendo cosi influenzato continuamente da questi tre fattori, sviluppa una serie di abitudini fisiche, emotive ed intellettuali che sono pero' molte volte restrittive e impediscono all'individuo di fare un uso più' pieno di sé stesso.
I preconcetti, le abitudini che esistono sul piano somatico, esistono anche sul piano emotivo ed intellettuale; e' importante l'esplorazione e lo sviluppo dei nostri potenziali non usati e non conosciuti.
Con l'espressione "immagine del corpo umano" intendiamo il quadro mentale che ci facciamo del nostro corpo, vale a dire il modo in cui il corpo appare a noi stessi.
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Secondo Flach, ogni cambiamento nell'atteggiamento psichico provoca una variazione nella situazione dinamica nel suo complesso, che si avverte come una variazione nella tensione muscolare, una sollecitazione o un rilassamento.
Esiste una interazione molto stretta tra sequenza muscolare ed atteggiamento psichico.
Ogni emozione si esprime nel modello posturale del corpo e ogni atteggiamento espressivo e' collegato a variazioni caratteristiche di esso.
Ogni emozione cambia l'immagine corporea; il corpo si contrae quando si odia, diviene più rigido e i suoi contorni nei confronti del mondo sono marcati più nettamente.
Tutto ciò è legato all'inizio alle azioni dei muscoli volontari, ma vi possono anche essere elementi simpatici e parasimpatici. Espandiamo il nostro corpo quando ci sentiamo cordiali ed innamorati: apriamo le braccia, vorremmo rinchiudervi dentro l'umanità.
SCHEMA CORPOREO
Dire "immagine del corpo" e/o "schema corporeo" non fa assolutamente nessuna differenza nella misura in cui abbiamo precisato che si tratta di un modo di esprimere in due linguaggi diversi, l’uno psicologico, l’altro fisiologico, una sola e stessa realtà fenomenologica che è quella del "corpo proprio".
VARIE DEFINIZIONI DI SCHEMA CORPOREO
- Lo schema corporeo e' una intuizione di insieme o una conoscenza immediata che abbiamo del nostro corpo allo stato statico o in movimento, nel rapporto delle sue
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diverse parti tra loro e nei suoi rapporti con lo spazio circostante degli oggetti e delle persone.
- Lo schema corporeo e' l'immagine tridimensionale che ciascuno fa di sé stesso;
possiamo anche definirlo, come abbiamo già detto, "IMMAGINE CORPOREA" che non è quindi soltanto una sensazione, non e' semplicemente percezione sebbene ci provenga attraverso i sensi, ma comporta schemi e rappresentazioni mentali, pur non essendo semplicemente una rappresentazione.
- Lo schema del corpo non è una percezione, bensì una rappresentazione di esso, in cui vengano a fondersi sempre nuovi dati sensoriali e questo spiega il fatto che non e' qualcosa di fisso ma in continua trasformazione. Noi riceviamo delle sensazioni, vediamo parti della superficie del nostro corpo, abbiamo impressioni tattili, termiche dolorose, sensazioni indicanti le deformazioni del muscolo e sensazioni di origine viscerale al di là di tutto questo vi è l’esperienza immediata di una UNITA' CORPOREA.
Lo schema corporeo non e' quindi qualcosa di fisso ma e' situato in un processo continuo di ampliamento e rimpicciolimento e noi traiamo piacere da questi suoi cambiamenti. L'immagine corporea cambia continuamente e noi vinciamo i limiti del corpo aggiungendo ad esempio maschere o capi di vestiario. Gli abiti sono solo infatti un metodo di trasformazione dell'immagine corporea.
Si può quindi asserire che una caratteristica dell'immagine corporea è la PLASTICITA’.
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Gli esseri umani sono costretti e legati dalle loro immagini corporee. Uno dei motivi della trasformazione e dell’abbigliamento è il desiderio di vincere la rigidità dell'immagine corporea; essa può essere trasformata dagli abiti ma e' anche possibile cambiare lo stesso corpo in quanto tale (buchi ai lobi, plastiche varie..) E' un gioco continuo col corpo e con l'immagine corporea.
Si può cercare di cambiare l'immagine corporea con ginnastica di ogni tipo. Si riesce infatti a dissolvere o indebolire la forma rigida del modello posturale del corpo con il movimento o la danza.
Quando ci si muove cambia il modello posturale del corpo, il vecchio schema rimane nello sfondo e su di esso ne viene costruito uno nuovo. Quando ci muoviamo ci stacchiamo dalla prima rappresentazione, finchè il corpo non ritorna in uno degli atteggiamenti primitivi. Il movimento, la danza è un metodo di cambiare l’immagine corporea e di allargarne la forma rigida.
In seguito all'esperienza vissuta dal corpo, un certo numero di automatismi incoscienti si acquisiscono e si strutturano con un contatto incessantemente rinnovato con il mondo esterno. Le posture adottate naturalmente non e' detto siano le più efficaci e le più economiche. La presa di coscienza globale del proprio atteggiamento come pure la migliore conoscenza dei dettagli di posizione segmentale, permetteranno di giungere ad una vera rappresentazione mentale dell'immagine del corpo, che diventa allora un modello cosciente.
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Attività di percezione del corpo proprio basata sull'interiorizzazione e facente appello ad una forma di attenzione incentrata sul corpo, che ci sembra essenziale sviluppare nell'essere umano. Un lavoro mirato sul corpo permetterà allo schema corporeo di non irrigidirsi in un certo numero di strutture efficaci perché abituali, ma di rappresentare una possibilità di strutturazioni posturali multiple suscettibili di permettere accomodamenti variati e di servire da punto di partenza per nuovi apprendimenti.
L’immagine corporea non è affermata come un alcunché di statico, ma anzi come costantemente soggetta ad un processo di strutturazione – destrutturazione - ristrutturazione, dalle prime età in avanti...è in perenne evoluzione.
TAPPE DELLO SCHEMA CORPOREO
L'immagine di sé e la percezione del proprio corpo che la sostanzia, non sono dei dati a priori, ma una acquisizione che realizza fra la nascita e il dodicesimo anno di età sia attraverso il movimento che attraverso il contesto delle afferenze propriocettive ed esterocettive. Si tratta, dunque, di un vero e proprio allenamento, orientabile verso determinati e precisi scopi.
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Bisogna stimolare la presa di coscienza di posizioni e movimenti, attraverso le afferenze propriocettive, che vanno ad integrare quell'immagine di sè in postura o in movimento che qui particolarmente ci interessa:
- rapporti fra i vari segmenti corporei
- rapporti fra il corpo e i suoi segmenti, lo spazio cenestesico (spazio occupato dal corpo e in cui il corpo stesso agisce) e il suolo.
- rapporti di mobilita' del corpo e dei suoi segmenti sui loro assi - presa di coscienza delle escursioni articolari.
Per concludere è importante sottolineare che le influenze vestibolari occupano un ruolo di primo piano nella strutturazione dello schema corporeo. Sono le uniche anche da cui ci può venire una percezione concreta ed immediata della fenomenologia relativa allo schema corporeo stesso.
Carichi e sovraccarichi sul disco intervertebrale: la causa più frequente di lombalgia
Per quanto riguarda la lombalgia, i fattori di rischio a cui è stato dato un particolare rilievo sono legati all’ambiente di lavoro, e la loro conoscenza ha reso possibili, in alcuni casi, interventi sull’ambiente stesso. Le attività lavorative più a rischio sono quelle che richiedono una prolungata posizione seduta e un maggiore impegno fisico in
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relazione al ripetersi di movimenti quali la rotazione e la latero-flessione, oltre al sollevamento di oggetti pesanti.
Queste situazioni a rischio sono schematicamente definibili come segue:
a) Attività fisica pesante: in relazione a variabili quali entità dei carichi sopportati, frequenza e durata dei movimenti di sollevamento, posizione del rachide durante il movimento. I lavori manuali prevedono infatti principalmente un carico durante il movimento. Si devono a Nachemson, un ortopedico svedese, alcuni fra i più approfonditi e completi studi in questo campo (Nachemson e Morris, 1964;
Nachemson, 1975). Egli ha concentrato fra l’altro l’attenzione sul ruolo del disco intervertebrale lombare quale causa più frequente di lombalgia nell’uomo.
Evidenze sperimentali dimostrano che l’area che riceve un minore quantitativo di sostanze nutritive, per problemi legati alla dinamica della diffusione degli ioni, è quella situata al limite posteriore fra il nucleo polposo e l’anello fibroso; d’altra parte è questa la zona del disco sottoposta a maggiori stress dal punto di vista bio-meccanico.
Con l’invecchiamento diminuisce la concentrazione di glucosoaminoglicani e la quantità di acqua all’interno del nucleo polposo, e questo causa la degenerazione discale e la diminuzione – fino alla perdita – della funzionalità dell’intero disco intervertebrale.
Lo stesso autore ha condotto uno studio sulle pressioni intervertebrali, sia in vitro, sia in vivo. Gli esperimenti su dischi sezionati dimostrarono che i nuclei polposi agiscono come un liquido, anche quando c’è evidenza di una leggera degenerazione. La
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pressione intradiscale dovuta alla resistenza delle fibre anulari è più grande della forza del carico applicato e, per effetto delle speciali caratteristiche meccaniche del disco, la tensione della forza elastica nella parte posteriore dell’anello fibroso è di 4 o 5 volte superiore rispetto alla forza applicata dal carico.
Misurando la pressione intradiscale, è possibile calcolare il carico approssimativo sui dischi lombari inferiori: in posizione eretta è di circa 70/80 kg per un soggetto di taglia normale.
Più importante ancora dell’esatto ammontare del carico (figura 1) è, però, il cambiamento della pressione dovuto ai diversi modi di applicare la forza (p.es. alle diverse posture adottate sollevando un peso).
Figura 1 - Pressioni intradiscali a livello L3-L4: modificazioni relative in differenti posizioni del tronco (da Nachemson).
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A fronte di un valore di pressione misurato sulla terza vertebra lombare uguale a 100 kg in posizione eretta, questo si riduce a 25 kg in posizione supina, per salire a 150 in posizione eretta con il busto inclinato in avanti, a 140 in posizione seduta.
La condizione di maggiore stress meccanico del disco si ottiene nell’atto di sollevare un peso con il busto piegato in avanti e le gambe distese (valore di 220 kg in posizione eretta e 285 in posizione seduta). Sollevando dei pesi in avanti, a circa 50 cm da terra, con la colonna vertebrale curva, si causa un aumento di pressione intradiscale notevolmente maggiore che con il sollevamento a gambe piegate. E’ stato altresì rilevato come un aumento della pressione intraddominale provochi un aumento di carico sulla colonna vertebrale lombare.
Figura 2 - Registrazione dinamica dell’andamento delle pressioni intradiscali a livello L3-L4:
A, soggetto che solleva un grave di 20 kg ad anche e ginocchia estese B, soggetto che solleva un grave di 20 kg ad anche e ginocchia flesse (da Nachemson).
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Nel sollevamento di un peso maggiore (per es. 20 kg o più, figura 2), il piegamento delle gambe non è sufficiente a contenere l’aumento della pressione del disco e della pressione intraddominale.
Sono stati testati anche i valori pressori in alcune situazioni fisiologiche quali colpo di tosse, risata, stato di tensione (figura 3) e durante alcuni esercizi fisici (figura 4): si può dire con certezza che il dolore aumenta con l’incremento del carico sulla colonna vertebrale.
Figura 3 – Pressioni intradiscali a livello L3-L4: modificazioni relative in differenti situazioni fisiologiche (da Nachemson).
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15 Figura 4 – Pressioni intradiscali a livello L3-L4: modificazioni relative durante esercizi fisici e manovre fisioterapiche (da Nachemson).
b) Attività sedentaria in correlazione al mantenimento di posture statiche: la posizione seduta per tempi prolungati con il dorso incurvato e le spalle anteposte (impiegato al computer, autista) aumenta il rischio di lombalgia.
Anche con una buona postura e una seduta ergonomica, la posizione seduta in attività che si ripetono per giorni, settimane ed anni non andrebbe tenuta per più di un’ora di seguito.
E’ difficile stare seduti con un buon allineamento vertebrale, per tre motivi principali:
1) la tendenza ad essere poco consapevoli della propria posizione;
2) il fatto di pensare che la posizione seduta debba essere passiva, cosa peraltro non vera visto che, come per la posizione eretta, c’è una attività posturale antigravitaria ed un continuo minimo movimento in funzione dell’attività che si deve svolgere;
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3) la frequente scarsa mobilità delle anche che rende scomodo sedersi sugli ischi e induce a sedersi sull’osso sacro, cioè in flessione di colonna.
c) Attività della vita quotidiana comportanti frequenti rotazioni, flessioni e latero flessioni eseguite in modo molto energico, che provocano microtraumi alle strutture articolari e al disco intervertebrale.
Sollevare o spostare pesi con movimenti di rotazione assiale del rachide espone i dischi a due fattori di stress:
- il primo è rappresentato dalla rotazione, che mette in tensione le fibre dell’anello fibroso, le quali assumono di conseguenza una direzione con obliquità contraria al senso della rotazione; il nucleo viene sottoposto a una pressione elevata e questa tensione aumenta proporzionalmente con il grado di rotazione;
- il secondo è dovuto alla pressione provocata dal peso, che in questo caso è lontano dal corpo.
Nei movimenti di flessione laterale, invece, la vertebra sovrastante si inclina verso il lato della flessione, mentre il nucleo polposo si sposta verso la convessità. Ne consegue che, trasportando asimmetricamente un peso, si provoca una pressione elevata e mal distribuita, causata non solo dal peso trasportato, ma soprattutto dalla contrazione muscolare unilaterale.
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d) Vibrazioni: l’esposizione dell’organismo a vibrazioni provoca una serie di microtraumi ripetuti al sistema artro-mio-fasciale.
Studi sulle vibrazioni del corpo umano hanno dimostrato che da seduto l’uomo ha una frequenza di risonanza (4/5 Hertz) vicina alle frequenze dei comuni mezzi di trasporto.
Una struttura che vibra alla sua frequenza di risonanza ha maggiori probabilità di subire lesioni; misurazioni in vivo (Nachemson, 1964) durante le vibrazioni hanno dimostrato che la pressione intradiscale aumenta; si ha inoltre una contrazione ciclica dei muscoli spinali che incrementa ulteriormente il carico sulla colonna vertebrale.
Esercizi finalizzati al mantenimento di una buona postura durante l’attività lavorativa
Esercizi di percezione corporea: la consapevolezza del proprio corpo è spesso limitata ai soli fatti dolorosi e si risolve nella sola preoccupazione di preservare la salute. E’ invece molto importante considerare il corpo come un organismo da ascoltare, attraverso un’esperienza personale che esplori le sensazioni, i meccanismi motori e statici e la percezione di sé, prendendo coscienza in modo globale della propria immagine corporea.
Gli errori nella percezione di sé sono il punto di partenza di qualsiasi lavoro sulla forma e sulle posizioni del corpo nello spazio; prendere coscienza di queste sensazioni è il
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primo problema che deve affrontare l’allievo quando comincia a lavorare, deve cioè
“sentire” propriocettivamente il proprio corpo:
· i rapporti fra i vari segmenti corporei;
· lo spazio cinestesico in rapporto al suolo;
· l’ampiezza delle escursioni articolari;
· le possibilità di mobilità globale del corpo.
Esercizi di basculamento pelvico e di respirazione: la respirazione è una funzione automatica regolata da meccanismi di tipo chimico e meccanico in relazione al sistema cardio-circolatorio, ma può essere anche una funzione volontaria in stretta connessione con la vita emotiva e psichica dell’individuo (figura 1).
Essa si adegua a tutti i movimenti del corpo, modificandosi continuamente e subendo le conseguenze di tutti gli atteggiamenti psichici e fisici. E’ necessario seguire la dinamica respiratoria distinguendo la fase inspiratoria e la fase espiratoria, chiarendo la sinergia esistente tra il diaframma e i muscoli addominali.
E’ importante sottolineare che una respirazione profonda e regolare migliora l’ossigenazione dei tessuti del corpo e permette di affrontare e superare meglio gli sforzi fisici; ha inoltre una notevole importanza, a livello psicologico, per favorire il rilassamento. La respirazione consigliata è di tipo toraco - addominale; si privilegia l’atto espiratorio e si tenta di ottenere un rilassamento psicofisico.
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La respirazione corretta e profonda facilita l’apprendimento e l’esecuzione del basculamento pelvico. Si tratta di un movimento di rotazione a carico del bacino, grazie al quale si diminuisce l’entità della curva lombare con conseguente riduzione delle sollecitazioni di taglio a livello di L4-L5; in questo modo si instaura una condizione di maggiore equilibrio del sistema osteo-mio-fasciale. Comprendere (sia cognitivamente, sia propriocettivamente) che il basculamento è un meccanismo protettivo della colonna lombare (figure 2 - 3).
L’obiettivo finale è quello di integrare la postura a bacino retroverso nello schema corporeo del paziente, attraverso la frequente assunzione di tale postura durante le attività della vita quotidiana. Il basculamento pelvico deve essere insegnato con gradualità: si propone in un primo tempo da supini, successivamente in posizione seduta, in posizione eretta e infine camminando.
Figura 1 - Esercizio di respirazione in postura psoas durante un corso Back School da me condotto presso l’ambulatorio della AUSL di Bologna. (da Vapori et al., 2000).
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20 Figura 2 - Esercizio di basculamento pelvico in postura supina durante un corso Back School da me condotto presso l’ambulatorio della USL di Bologna. (da Vapori et al., 2000).
Figura 3 - Esercizio di basculamento pelvico in postura seduta. (da Vapori et al., 2000).
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Postura Psoas mantenuta per circa quindici minuti: è questa la postura elettiva di riposo per il rachide in quanto i corpi vertebrali non sono sottoposti a un carico importante, e la flessione delle articolazioni coxo-femorali, a circa novanta gradi, determina la detensione dei muscoli ileo-psoas, maggiori responsabili dell’accentuazione della lordosi lombare. La contrazione di questi muscoli, a colonna lombare fissata, provoca la flessione del femore sul bacino, mentre a femore fissato avviene l’inverso, cioè l’azione traente si esercita sul rachide lombare, con conseguente incremento della lordosi (figura 4).
Figura 4 - Esercizio in postura psoas durante un corso Back school da me condotto presso l’ambulatorio della USL di Bologna. (da Vapori et al., 2000).
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Esercizi di allungamento in globalità della catena mio-fasciale posteriore: chiarire che ogni sottosistema corporeo a configurazione mista spaziale e funzionale (Saggini e Ridi, 2003) si influenza reciprocamente (figure 5 e 6).
Figura 5 - Esercizio di allungamento in globalità della catena mio-fasciale posteriore (da Vapori et al., 2000).
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23 Figura 6 - Esercizio di allungamento dei muscoli adduttori dell’arto inferiore e della catena mio- fasciale posteriore (da Vapori et al., 2000).
Esercizi di rinforzo muscolare: volti a migliorare selettivamente il trofismo dei muscoli deputati all’attuazione dei meccanismi protettivi della colonna vertebrale. E’ molto importante eseguirli lentamente, correttamente e soprattutto in contrazione isometrica, con tempi di tenuta progressivamente più lunghi (figura 7).
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24 Figura 7 - Esercizio di rinforzo per i muscoli quadricipiti in contrazione isometrica, in postura eretta (da Vapori et al., 2000).
CONSIGLI ERGONOMICI
a) In clinostatismo: le posizioni ideali per riposare sono il decubito supino e laterale, mentre bisogna evitare il decubito prono, in quanto si accentuano patologicamente le curve cervicale e lombare, con conseguente aumento della pressione intradiscale; nel caso si renda necessario assumere questa postura per tempi brevi, è opportuno posizionare uno o due cuscini sotto l’addome e un guanciale basso sotto al capo e spalle, al fine di ridurre le curve. Il letto deve rispondere a determinate caratteristiche: la rete e il materasso non devono cedere sotto il peso del corpo, costringendo la colonna vertebrale ad assumere posizioni di eccessiva flessione, ma nello stesso tempo non
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devono essere molto rigidi, in quanto vengono a crearsi siti di maggiore compressione osteo-mio-fasciale, che costringono a frequenti cambiamenti di posizione e ad una distribuzione disomogenea del peso corporeo.
b) In postura seduta: una postura seduta corretta è una situazione in cui il rachide è allineato e le curve mantengono un’ampiezza fisiologica. Sedersi in maniera corretta significa avere un buon appoggio ischiatico, anche e ginocchia flesse a novanta gradi, piedi ben appoggiati a terra (nel caso ciò non fosse possibile, è opportuno utilizzare un rialzo per i piedi). E’ fondamentale che la sedia abbia caratteristiche ergonomiche adeguate. Lo schienale deve essere comodo per sostenere bene il tratto lombare in modo da permettere il mantenimento di una lieve lordosi fisiologica; i braccioli sono utili per diminuire ulteriormente la pressione sui dischi intervertebrali e per rilassare braccia e spalle. Il piano del tavolo o della scrivania deve essere regolabile in altezza e avere un’inclinazione che consenta l’appoggio dei gomiti e degli avambracci per mantenere le spalle rilassate. Gli oggetti di uso più comune devono essere sufficientemente vicini per evitare frequenti inclinazioni laterali e torsioni del tronco. Può risultare utile mettere un cuscino a cuneo sotto i glutei e alle cosce, in modo da sollevare il bacino posteriormente e facilitare così l’inclinazione del busto in avanti.
c) In ortostatismo: assumere e mantenere la posizione corretta significa attuare la retroversione del bacino, percependo a livello propriocettivo, la contrazione muscolare dei glutei e degli addominali, le ginocchia in modica flessione e un buon allineamento
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vertebrale cervico-dorso-lombare. Si consiglia di tenere uno dei due arti inferiori flesso, sollevato e posto su un appoggio per creare una moderata flessione d’anca che consenta la detensione del muscolo ileo-psoas (vedi figura). Si deve evitare di mantenere a lungo il tronco flesso in avanti, come nell’atto di disegnare ecc., perché si determina un considerevole incremento della pressione intradiscale, con conseguente inversione della lordosi lombare.
Esempio di attività quotidiana in ortostatismo, svolta in modo errato (ipercifosi dorsale con arrotolamento anteriore dei monconi delle spalle) e in modo ergonomico, con un arto inferiore sollevato, flesso e posto su un appoggio per consentire la detensione del muscolo ileo-psoas (da Vapori et al., 2000).
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