• Non ci sono risultati.

Il codice del processo amministrativo e la tutela risarcitoria: lezione di un'occasione mancata. - Judicium

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "Il codice del processo amministrativo e la tutela risarcitoria: lezione di un'occasione mancata. - Judicium"

Copied!
29
0
0

Testo completo

(1)

www.judicium.it

IL CODICE DEL PROCESSO AMMINISTRATIVO E LA TUTELA RISARCITORIA:

LA LEZIONE DI UN’OCCASSIONE MANCATA

Gian Domenico Comporti Università degli Studi di Siena

SOMMARIO:1-La genesi dell’idea: una delega sorta quasi per caso. 2- L’attuazione delle delega. 3- L’ideologia del codice e i limiti culturali dell’operazione. 4- Il cuore del problema: le azioni colte in un’ottica appropriativa. 5- La pregiudizialità mascherata. 6- Il risarcimento nel cono d’ombra dell’ottemperanza. 7-La metafora energetica come via di uscita da una giustizia amministrativa in perenne transizione, all’insegna di una nuova “stella polare”: la satisfattività.

1- La genesi dell’idea: una delega sorta quasi per caso

Si sostiene da più parti che l’idea di una codificazione delle regole del processo amministrativo venga da lontano e che, soprattutto, sia il frutto consapevole del mutato ruolo della giustizia (e, segnatamente, di quella amministrativa) nell’attuale contesto socio-economico e sia, non a caso, maturata in coerenza con riforme che riguardano lo sviluppo economico, la semplificazione e la competitività del Paese, da una parte, ed il processo civile dall’altra.

Nessun dubbio circa la prima parte del discorso: l’idea non è nuova 1 e il codice appare il coronamento di un tentativo, più che di un progetto 2, sperimentato più volte nei decenni passati.

1 Indicazioni in tal senso sono fornite da A. PAJNO, La giustizia amministrativa all’appuntamento con la codificazione, in Dir. proc. amm., 2010, 122. Se intorno alla metà degli anni ’60, la presentazione in Parlamento di due disegni di legge sull’ordinamento e le attribuzione del Consiglio di stato e sull’istituzione dei tribunali amministrativi regionali, costituiva occasione per discutere dei problemi del processo amministrativo al IX° Convegno di Varenna, in occasione del quale veniva notata con soddisfazione l’assenza di una istanza riformista drastica e radicale, a vantaggio di “rimedi ad inconvenienti piuttosto limitati”, “specifiche migliorie per alcuni istituti”, congegni messi a punto per ovviare al principale difetto del processo amministrativo, individuato nella sua lentezza (E. GUICCIARDI, Relazione… sulle relazioni, in Problemi del processo amministrativo, Milano, 1964, 140-141), sul finire degli anni ’80 si giudicava ormai indifferibile “un sostanziale e innovativo intervento di riforma legislativa”, perché “solo con la legge è possibile canonizzare le conquiste, ascrivibili in gran parte alla stessa giurisprudenza ed alla dottrina, e nel contempo imprimere un impulso nuovo e più chiaramente orientato a quel fenomeno di trasformazione endogena che storicamente contraddistingue…l’evoluzione del processo amministrativo” (M. NIGRO, Crisi del giudizio di annullamento, prospettive e linee di tendenza del processo amministrativo, in Prospettive del processo amministrativo, a cura di L. MAZZAROLLI, Padova, 1990, 17; ancor prima, sulla stessa lunghezza d’onda si muoveva la Presentazione del tema del XXXI°

Convegno di Varenna, curata da F. LONGO, in Processo amministrativo: quadro problematico e linee di evoluzione.

Contributo alle iniziative legislative in corso, Milano, 1988, 9). Nel meditare sulle ragioni degli insuccessi registratisi a fare data dalla sollecitazione formulata da Scialoja nel 1909 alla costituzione di regolari tribunali amministrativi capaci di rendere una giustizia in linea con “la più elevata coscienza giuridica”, F. MERUSI, nella Premessa al volume curato con

(2)

www.judicium.it

Quanto invece alla pretesa organicità della manovra ed al valore simbolico del parallelo con la riforma del processo civile, occorre fare alcune precisazioni.

La delega non era prevista nell’originaria versione del disegno di legge recante «Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile», A.C. n. 1441-bis approvato dalla Camera il 2 ottobre 2008 e trasmesso al Senato il 6 ottobre 2008, che già a sua volta costituiva lo stralcio (avvenuto il 5 agosto 2008) della più complessiva manovra contenuta nel d.d.l. Tremonti, recante «Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, al competitivià, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria» e presentato alla Camera dei Deputati il 2 luglio 2008 (A.C. n. 1441). Essa compare quando il disegno di legge era già all’esame del Senato (A.S. n. 1082), grazie ad un emendamento (il n. 26.0.7, recante l’art.

26-bis rubricato: «Delega per il riassetto della disciplina del processo amministrativo presentato dal Governo») presentato ed illustrato dal Governo nella seduta del 26 novembre 2008, in sede referente, dinanzi alle Commissioni 1° (Affari Costituzionali) e 2° (Giustizia) riunite. L’esame di detto emendamento, accantonato nella seduta del 17 febbraio 2009, riprende nella medesima sede referente in apposita seduta che si tiene il 18 febbraio 2009. In quella occasione, il Senatore Bianco, tra gli altri, contesta subito la scelta dell’esecutivo di ricorrere all’istituto della delega legislativa, prevista oltre tutto da un emendamento, per la disciplina della delicata materia del processo amministrativo; rileva come la materia sia stata oggetto, ormai da anni, di interventi operati con legge ordinaria; sottolinea la genericità dei criteri direttivi ed invita il Governo a procedere quanto meno al coinvolgimento dei soggetti destinatari della riforma e delle Commissioni parlamentari competenti nella fase di elaborazione del testo. Si tratta di giudizi critici condivisi da altri Senatori (es. il Senatore Casson), i quali lamentano anche “l’assenza di un’adeguata istruttoria su tale riforma” (Senatore Carofiglio). Nella seduta del 24 febbraio 2009 l’emendamento è alfine approvato come art. 26-bis del disegno di legge (poi confluito nell’art. 45, collocato non nel capo sulla giustizia ma in quello dedicato al piano industriale della p.a., del testo approvato dal Senato il 4 marzo 2009 e trasmesso alla Camera il 7 marzo 2009; quindi riformulato dalla Camera ed approvato come art. 44 della legge 18 giugno 2009 n. 69).

Da questi cenni di cronaca parlamentare si trae, dunque, l’impressione che la spinta alla odierna codificazione sia sorta quasi in modo estemporaneo, per opera di “anonimi redattori” 3 e nel corso

G. SANVITI, L’ingiustizia amministrativa in Italia. Per la riforma del processo amministrativo, Bologna, 1986, 7, annotava sconsolato che “il maggior ostacolo alle riforme è…l’acquiescienza dei sudditi…che talvolta deriva anche da oppio culturale…”. Un compiuto esame dei vari tentativi di riforma del processo amministrativo dopo l’istituzione dei TAR può leggersi in V. CAIANIELLO, Manuale di diritto processuale amministrativo, Torino, 1994, 30; G. ABBAMONTE – R.

LASCHENA, Giustizia amministrativa, in Trattato di diritto amministrativo, diretto da G. SANTANIELLO, XX, Padova, 2001, 40.

2 Così, invece, R. CHIEPPA, Il codice del processo amministrativo alla ricerca dell’effettività della tutela, in www.giustamm.it, 7/2010, che costituisce l’Introduzione del volume dello stesso A., Il codice del processo amministrativo. Commento a tutte le novità del giudizio amministrativo (D. lgs. 2 luglio 2010 n. 104), Milano, 2010, 1.

3 Come sono definiti da A. PAJNO, Il codice del processo amministrativo tra “cambio di paradigma” e paura della tutela, in Giornale dir. amm., 2010, 886.

(3)

www.judicium.it

di una più ampia ed articolata operazione riformista, a cui non si è sufficientemente raccordata 4. Appare inoltre chiaro che la relativa regia è stata curata da ambiti del Governo con la vicinanza del Consiglio di stato 5; che il medesimo Consiglio di stato si è riservato il preminente controllo della stesura dell’elaborato, affidato, dopo le modifiche apportate dalla Camera , non più al meccanismo delega al CdS+parere dello stesso 6 ma a quello 7: avvalimento del CdS+commissione a composizione mista e con limitati e selettivi apporti esterni 8 dallo stesso nominata e diretta.

La delega sembra più che altro il frutto di un’esigenza endogena al sistema della giustizia amministrativa, come tale sensibile più alle voci ed alle problematiche interne che non alle esogene aspirazioni di giustizia dei cittadini.

2) L’attuazione della delega

Dopo che il Governo ha deciso di avvalersi del Consiglio di Stato per la redazione del Codice, il Presidente del Consiglio di stato ha istituito una commissione speciale a composizione mista di cui hanno fatto parte: 14 magistrati del Consiglio di Stato, oltre al Presidente (Paolo Salvatore) ed al Presidente Coordinatore (Pasquale de Lise); 8 magistrati dei Tar; 2 magistrati della Corte di Cassazione; 1 Avvocato dello Stato; 14 Professori universitari e 3 Avvocati del libero foro, per un totale di 44 componenti 9.

La commissione si è insediata presso il Consiglio di stato il 29 luglio 2009 e, dopo avere sottoposto una prima bozza all’esame anche di alcuni organismi rappresentativi (Consiglio di Presidenza della Giustizia amministrativa, associazione dei magistrati amministrativi, CNF, Organismo unitario avvocatura, AIPDA, Associazione studiosi processo amministrativo, Società italiana avvocati

4 Oltre tutto, come notato giustamente da E. FOLLIERI, La natura giuridica dell’articolato provvisorio denominato codice del processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 2010, 367, appare singolare e certo non ottimale che nel corso della stessa legislatura, a poca distanza di tempo, siano state approvate tre manovre incisivie di riforma della giustizia amministrativa che non appaiono tra loro raccordate entro una visione organica e coerente (la legge n. 15 del marzo 2009 sull’azione collettiva per assicurare la correzione del malfunzionamento degli apparati; la legge n. 88 del luglio 2009 per il recepimento della direttiva ricorsi 2007/66/CE; la legge 69 del giugno 2009 che oltre alla delega in esame contiene anche un’inedita azione risarcitoria del danno da ritardo).

5 Di vicenda “domestica” ha parlato anche L. VIOLANTE, Magistrati, Torino, 2009, 132.

6 Sulle cui particolarità avevano espresso riserve critiche F. BIONDI – L. PLATANIA, Ma chi fa i decreti legislativi? Sui legami tra Consiglio di Stato ed esecutivo, in www.forumcostituzionale.it.

7 Non privo di particolarità subito segnalate da A. CORPACI, La delega per il riassetto della disciplina del processo amministrativo: opportunità e criticità, relazione al Convegno di studi organizzato dall’Associazione nazionale magistrati amministrativi su “La codificazione del processo amministrativo: riflessioni e proposte”, Siracusa, 30-31 ottobre 2009.

8 Sulla cui gradazione gerarchica, si veda M.OCCHIENA,Processoamministrativo: al via la mini-riforma, in Diritto e pratica amm., Il Sole-24 ORE, n. 7/8 - 2009, 13.

9 Più dettagliati dati e i nominativi dei componenti sono riferiti da R. CHIEPPA, Il codice del processo amministrativo, cit., 39-40.

(4)

www.judicium.it

amministrativisti), ha concluso i lavori in data 8 febbraio 2010, rimettendo al Governo un elaborato finale con nota del Presidente del Consiglio di stato del 10 febbraio 2010.

Il Governo ha fortemente rivisto il testo finale della commissione “d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze, al precipuo fine di non introdurre istituti che, anche indirettamente o mediatamente ed in prospettiva temporale di medio periodo, potessero essere suscettibili di determinare incrementi di oneri per la finanza pubblica” 10 e, il 16 aprile 2010, ha approvato una versione nuova di codice trasmessa poi in data 30 aprile 2010 al Parlamento (atto del Governo n.

212) per il parere delle Commissioni Giustizia e Affari costituzionali.

In Commissione Giustizia della Camera dei Deputati l’esame è iniziato il 9 giugno con la presentazione di una proposta di parere favorevole con condizione (differimento di 6 mesi dell’entrata in vigore) ed osservazioni che si incentravano su vari aspetti, tra cui quelli relativi alle azioni: introduzione della azione di accertamento, estensione dell’azione di condanna “anche al fine di ottenere la verifica della fondatezza della pretesa del ricorrente all’emanazione di un atto amministrativo”, rimodulazione dei rapporti tra impugnazione e risarcimento, con aumento del termine di decadenza da 120 a 180 gg. ed aumento del potere di valutazione del giudice in ordine alla circostanze di fatto ed il comportamento complessivo delle parti. Il 9 giugno è stata presentata dal gruppo del PD una alternativa proposta di parere e il 16 giugno è stato, infine, approvato un parere molto critico in cui si invoca l’introduzione delle azioni di accertamento, di quella alla condanna all’emanazione di un provvedimento favorevole “rispetto al quale sia stata accertata la fondatezza della pretesa, e non sussista la necessità di alcuna ulteriore attività valutativa da parte dell’amministrazione”, nonché il detto aumento dei termini per l’azione di risarcimento e l’incremento dei poteri di valutazione del giudice ai sensi dei principi generali dell’art. 1227 c.c. che impone di tenere conto di ciò che si sarebbe potuto evitare “usando l’ordinaria diligenza anche attraverso l’esercizio di ogni mezzo di tutela”. Significativamente, poi, nel dibattito è emersa la senzazione che si sia trattato di una occasione mancata (deputati Capano e Cavallaro) e che vi sia stata “un’inadeguatezza strutturale e un preordinato disegno di emanare…un combinato e non virtuoso disposto di norme «manifesto» che, nell’autoaffermazione della propria decisiva epocalità, si pongono in realtà come meri rappezzi o riordini, destinati ad effimera durata, di temi che meriterebbero ben altro incisivo e coraggioso intervento” (Cavallaro).

Dinanzi alla Commissione Affari costituzionali della Camera dei Deputati l’esame è iniziato il 20 maggio e terminato il 16 giugno con la formulazione dei seguenti rilievi: riconoscere

“espressamente la possibilità di proporre azioni idonee a soddisfare la pretesa fatta valere”; elevare a 180 gg. la decadenza per l’azione di risarcimento e “fare riferimento all’esperimento degli strumenti di tutela previsti dall’ordinamento, anziché alla sola impugnazione… Ciò al fine di non ampliare eccessivamente la differenziazione – suscettibile di tradursi in vizio di costituzionalità – rispetto al regime ordinario della responsabilità civile”. Nella stessa data, la 1° Commissione permanente del Senato della Repubblica, all’esito di un dibattito nel corso del quale sono state sottolineate (dal senatore Sanna) la “eccessiva cautela” dello schema ed il “sostanziale arretramento nella tutela degli interessi legittimi rispetto alla delega e alla proposta elaborata dalla commissione”, approva un parere con osservazioni critiche circa il superamento della sistematica delle azioni, “più aderente al principio di effettività della tutela giurisdizionale”, contenuto nello schema della commissione, suggerendo altresì l’eliminazione della impugnazione nel termine decadenziale degli

10 Come si legge nel comunicato del Consiglio dei Ministri n. 89 del 16 aprile 2010.

(5)

www.judicium.it

atti lesivi illegittimi valutabile ai fini dell’esclusione del risarcimento per concorso di colpa del danneggiato, “al fine di assicurare la piena esperibilità dell’azione di risarcimento in via autonoma”.

Il 15 giugno ha pronunciato un parere critico anche il Comitato per la legislazione (relatore Zaccaria).

Ciò nonostante, il testo originario è stato definitivamente approvato con lievi modifiche il 24 giugno 2010 ed emanato in data 2 luglio 2010 con il n. 104 (pubblicato nel supplemento ordinario della G.U. n. 148 del 7 luglio 2010 ed in vigore dal 16 settembre 2010).

I dati relativi alla vicenda attuativa della delega, rivelano dunque un atteggiamento di preordinata chiusura del Governo ad ogni apporto critico e costruttivo alla manovra: si consolida l’impressione di un’affrettata operazione elitaria e corporativa 11 e si affaccia l’ipotesi di una occasione mancata, accompagnata però da una consistente ed autorefenziale dose di celebrazione retorica.

3) L’ideologia del codice e i limiti culturali dell’operazione

Il nuovo Codice è stato definito come:

- un ponte tra le giurisdizioni, idoneo ad assicurare un più duraturo assetto a quel dialogo che ha avuto il più costruttivo momento di emersione nella pax concordata del 2006 12;

- un “vero e proprio spartiacque tra un passato di grande generosità ma anche di pesanti carenze e un futuro che vedrà sicuramente la Giustizia Amministrativa protagonista di rapporti indispensabili per uno sviluppo equilibrato e socialmente avanzato del Paese” 13; - una “pietra miliare” di significativo “valore simbolico”, in quanto idoneo a conferire alla

disciplina del processo amministrativo – dopo oltre 120 anni – “la stessa dignità formale degli altri rami dell’ordinamento processuale” 14.

Considerati i problemi sul tappeto ed il travagliato iter di approvazione, è da chiedersi se tali giudizi enfatici 15, espressi da autorevoli soggetti istituzionali che sono stati protagonisi della vicenda in esame, siano appropriati e comunque quale ne sia il significato.

11 C. E. GALLO, Il Codice del processo amministrativo: una prima lettura, in Urb. e app., 2010, 1015, parla di “opacità”

del percorso attuativo delle delega, che ha addensato sul testo finale “critiche e diffidenze… che si sarebbero potute evitare se si fosse prescelto un andamento più trasparente e formalmente partecipato”.

12 V. CARBONE, Relazione sull’amministrazione della Giustizia nell’anno 2009 del Primo Presidente della Corte di Cassazione, Roma, 29 gennaio 2010; Id., Un ponte tra le giurisdizioni, in Verso il codice del processo amministrativo, a cura di G. PELLEGRINO, Roma, 2010, 219.

13 P. SALVATORE, Relazione sull’attività della giustizia amministrativa del Presidente del Consiglio di Stato, Roma,11 febbraio 2010.

14 P. de LISE, Insediamento del Presidente del Consiglio di Stato, Roma, 22 settembre 2010; lo stesso Presidente ha parlato di “svolta epocale” in occasione del suo intervento al 56° Convegno di Varenna, La gestione del nuovo processo amministrativo: adeguamenti organizzativi e riforme strutturali, 23-25 settembre 2010, in www.federalismi.it, n.

18/2010.

15 Più moderato è apparso il tono della prima manualistica: cfr., per esempio, C. E. GALLO, Manuale di giustizia amministrativa, Torino, 2010, Premessa alla quinta edizione, ove si parla di un “momento importante” e di “un’opera meritoria”, non priva però di un’impronta notevolmente riduttiva delle ambizioni ed aspettative iniziali; A. TRAVI,

(6)

www.judicium.it

L’impressione è che simili testimonianze individuino la causa più prossima della manovra e la sua ratio: si tratterebbe, infatti, di un percorso che ha tratto origine dal serrato confronto tra giurisdizioni iniziato alla fine degli anni ’90 per effetto delle riforme del d.lgs. 80/98 e della sentenza n. 500/99 e che, dopo momenti di tensione vissuti a colpi di Sezioni Unite e Adunanze Plenarie ed alcuni tentativi neoconcordatari 16, vorrebbe elevare una certa visione delle forme di tutela nei confronti della pubblica amministrazione al rango di “diritto processuale” e consolidare il ruolo di protagonista assunto dal giudice amministrativo nell’attuale sistema socio-economico

“quale elemento di sviluppo e di competitività” 17. Con la conseguenza di sottrarre l’originario assetto procedurale del rito alla mutevole (ma anche non più controllabile) dialettica tra giurisdizioni ed isolarlo e rinchiuderlo in una fonte legislativa speciale che, per un verso, vale ad assicurare al processo amministrativo la sua “peculiarità nell’ambito delle discipline processuali”

18, per altro verso, si sottrae al controllo delle Sezioni Unite in punto di giurisdizione e si presta ad essere sindacata soltanto dalla Corte costituzionale.

Sotto questo profilo, se è vero che è allo scontro tra le giurisdizioni 19 che occorre risalire per comprendere appieno le ragioni della codificazione, appare chiaro che la stessa sembra segnata da un decisivo condizionamento di carattere ideologico e culturale 20. Del resto, come insegnano gli storici del diritto, scegliendo la via del codice non si fa mai qualcosa di innocuo, di puramente formale e limitato al piano tecnico delle fonti del diritto 21, ma si compie una scelta che ha precise motivazioni ed implicazioni ideologiche e culturali. Così, a fronte delle imbarazzanti domande della dottrina circa l’attualità della sottrazione al giudice ordinario di una giustizia amministrativa che,

Lezioni di giustizia amministrativa, Torino, 2010, il quale nella Avvertenza che apre la 9° edizione, oltre a notare “il beneficio rappresentato, per lo studio del processo amministrativo, dalla possibilità di disporre finalmente di una normativa più organica e puntuale”, sottolinea come il codice “appare ispirato a ragioni di continuità con la disciplina pregressa”; ; E. CASETTA, Manuale di diritto amministrativo, 12° ed., Milano, 2010, 754-755; G. CORSO,Manuale di diritto amministrativo, 5° ed., Torino, 2010, 472.

16 Suggellati dalle ordinanze delle Sezioni Unite, 13 giugno 2006 nn. 13659, 13660 e 15 giugno 2006 n. 13911.

17 P. de LISE, La gestione del nuovo processo amministrativo, cit.

18 P. de LISE, Verso il codice del processo amministrativo, in www.giustizia-amministrativa.it, 28 aprile 2010.

19 Per una chiara enunciazione del carattere ideologico della contrapposizione, si veda da ultimo P. CARPENTIERI, Risarcimento del danno e provvedimento amministrativo, in Dir. proc. amm., 2010, 881, il quale giunge ad imputare alla Cassazione un pregiudizio di fondo costituito dalla “non compiuta metabolizzazione del superamento storico…del sistema della legge abolitrice del 1865…la non completa digestione della «morte» del sistema a giudice unico”

previsto da tale legge.

20 Sulla rilevanza di tali profili nell’approccio alle tematiche processuali, ha richiamato l’attenzione M.TARUFFO,Cultura e processo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2009, 70.

21 Il codice “non è la scelta occasionale di un legislatore più zelante”, ricorda P. GROSSI, Valore e limiti della codificazione del diritto (con qualche annotazione sulla scelta codicistica del legislatore canonico), in Jus, 2005, 350.

(7)

www.judicium.it

per quanto più effettiva, appare ormai poco coerente con il disegno costituzionale 22, e del sindacato sub specie di difetto di giurisdizione minacciato dalle Sezioni Unite 23, pare proprio che si sia cercato l’abbraccio della legge al duplice scopo:

a- di dimostrare a tutti, anche rispetto alle ripetute sollecitazioni provenienti dalla Corte Costituzionale e di Cassazione, il raggiungimento di una perfectio in termini di giurisdizione con piena parificazione al modello del giudice ordinario, che così perde di centralità 24; b- di rafforzare le mura della propria cittadella domestica e difenderla con lo strumento dotato

di maggiore rigidità formale rispetto alle consuete fonti dei dottori e giudici che appaiono meno controllabili, perché rispettivamente immerse in scuole e correnti o nell’atomismo delle fattispecie particolari.

Per riprendere le parole dello storico del diritto, l’operazione codificatoria appare “segnata da un sentimento di paura e da una necessità di difesa” 25, e si risolve nel chiudere entro una rigida

“armatura giuridica” un dibattico ultrasecolare.

Più che guardare al futuro, gettando le basi per lo sviluppo di una giurisprudenza in linea con l’evoluzione in atto del sistema pubblico (amministrazione e giustizia) e con le effettive aspirazioni di giustizia dei cittadini, sembra pertanto che si sia voluto in realtà chiudere i conti con il passato, compiendo la consolidazione 26 ed il salvataggio di un sistema che appariva ormai seriamente minacciato 27.

22 A. PROTO PISANI, Appunti sul giudice delle controversie fra privati e pubblica amministrazione, in Foro it. 2009, V, 371 ss.

23 Dopo la nota sentenza 23 dicembre 2008 n. 30254, in Foro it., 2009, I, 731, da ultimo le stesse Sezioni Unite, con ordinanza 2 luglio 2010 n. 15689, hanno cassato una sentenza del Consiglio di stato che aveva respinto una domanda di risarcimento sul presupposto che il relativo diritto avrebbe potuto prendere corpo concreto soltanto nel caso dell’annullamento in sede giurisdizionale dell’atto lesivo, ribadendo il seguente principio: “il giudice amministrativo rifiuta di esercitare la giurisdizione, e la sua decisione, a norma dell’art. 362 cod. proc. civ., comma 1, si presta a cassazione da parte delle Sezioni Unite quale giudice del riparto della giurisdizione, se l’esame del merito della domanda autonoma di risarcimento del danno è rifiutato per la ragione che nel termine per ciò stabilito non sono stati chiesti l’annullamento dell’atto e la consguente rimozione dei suoi effetti”.

24 Nella Relazione introduttiva generale all’atto governativo (A.S.) n. 212 si è esplicitato il proposito di realizzare un codice destinato “a collocarsi a fianco dei quattro codici fondamentali dell’ordinamento italiano”. Nel riprendere simili notazioni, il Presidente de Lise (nella citata relazione di Varenna) ha osservato che il Codice “intende sancire positivamente il nuovo ruolo della giustizia amministrativa, affermandone anche a livello simbolico la pari dignità rispetto a quelle civile e penale” (corsivi aggiunti).

25 P. GROSSI, op. cit., 358.

26 Così R. CAPONI, La riforma del processo amministrativo: primi appunti per una riflessione, in Foro it., 2010, V, 267. Di

“riordino… con aggiustamenti” si è pure parlato in Senato della Repubblica, Servizio per la qualità degli atti normativi, Il codice del processo amministrativo. Cenni introduttivi, Roma, 2010, 3.

27 Come sostenuto da L. MARUOTTI, Commento alle Disposizioni generali, in G. LEONE - L. MARUOTTI - C. SALTELLI, a cura di, Codice del processo amministrativo. D.lvo 2 luglio 2010, n. 104. Commentato e annotato con giurisprudenza, Padova, 2010, 13-14, l’attribuzione al giudice amministrativo della cognizione su ogni domanda risarcitoria consente l’esercizio

(8)

www.judicium.it

4) Il cuore del problema: le azioni colte in un’ottica appropriativa

Che quella appena indicata non sia solo una maliziosa impressione, o una anacronistica lettura frutto di dietrologia 28, può desumersi proprio con riferimento alla nuova disciplina delle azioni in generale e della tutela risarcitoria in particolare.

E’ noto che, in linea con il criterio direttivo 29 che prescriveva il riordino delle azioni “prevedendo le pronunce dichiarative, costitutive e di condanna idonee a soddisfare la pretesa della parte vittoriosa” (art. 44, comma 2, n. 4, legge n. 69/2009), le maggiori aspettative della riforma erano riposte proprio nella articolazione delle forme di tutela esperibili dinanzi al giudice amministrativo, nella consapevolezza della “ineffettività di un sistema imperniato sulla sola tecnica rimediale dell’azione di annullamento” 30 e della necessità di percorrere fino in fondo il cammino verso un processo capace di volgere la pure necessaria azione di verifica della legittimità dell’atto impugnato in effettivo “strumento di tutela del rapporto, di accertamento della spettanza del bene della vita al cittadino leso dalla azione amministrativa illegittima” 31. Rispetto alla, pure prudente 32, proposta di una funzione nomofilattica da parte del Consiglio di stato, senza “il rischio che vi siano due diritti viventi in potenziale o permanente conflitto tra loro…e senza timore si essere smentita dalla Corte di Cassazione”.

28 Come ipotizzato da P. de LISE, La gestione del nuovo processo amministrativo, cit., il quale peraltro adduce a sostegno di possibili diversi significati dell’operazione: per un verso, l’insufficienza ormai raggiunta dai tradizionali approcci ermeneutici e concordatari, così però dando ragione a chi, appunto, sostiene che la via del Codice sarebbe servita a uscire dalla prassi della dialettica tra giurisdizioni che era ormai arrivata ad un punto morto e non lasciava prefigurare possibili evoluzioni positive per soluzioni domestiche della giustizia amministrativa (es. la pregiudizialità);

per altro verso, fatti quali il contributo autorevole e condiviso manifestato con spirito istituzionale dai vari componenti della commissione speciale, contributo di cui nessuno ha motivo a dubitare ma che, anche a non volere considerare che a prevalere rispetto al contesto è pur sempre il testo in quanto dato oggettivo destinato a ricevere un significato da parte della comunità dei fruitori, oltre ad apparire meno condiviso di quanto non si voglia fare apparire (si ricordino almeno i severi giudizi critici espressi da F. MERUSI, In viaggio con Laband, in Giornale dir. amm., 2010, e dallo stesso Presidente Carbone , dinanzi alla Commissione Giustizia della Camera, contro l’assetto finale della pregiudizialità, che pure non pare molto distante dalla proposta originaria della Commissione), non è comunque riuscito a svincolare il disegno più modernista della giustizia amministrativa dai condizionamenti operati da una resistente élite conservatrice (ne dà atto M. CLARICH, Un corpus normativo dai contenuti innovativi che controbuisce alla certezza del diritto, in Il Sole 24 ORE – Guida al Diritto, n. 32/2010, 10).

29 Giudicato “il criterio di delega più importante” da R. CHIEPPA, Il codice, cit., 6. Sottolinea altresì l’importanza dell’esplicito riferimento alle “azioni” ed alla “pretesa della parte vittoriosa”, quale “segno eminente del primato del principio di effettività della tutela”, A. PAJNO, Il codice del processo tra “cambio di paradigma” e paura della tutela, cit., 886-887.

30 P. de LISE, Verso il codice, cit. Problematica non nuova ben segnalata, nella seconda metà degli anni ’80, tra gli altri da: M. NIGRO, Crisi del giudizio di annullamento, prospettive e linee di tendenza del processo amministrativo, in Prospettive del processo amministrativo, cit., 18, e da F. MERUSI, Per una maggiore e migliore tutela di situazioni giuridiche soggettive mediante il processo amministrativo, ibid., 21.

31 P. SALVATORE, Relazione, cit..

(9)

www.judicium.it

della Commissione che prefigurava in modo un po’ didascalico ed illuministico un catalogo di cinque azioni (accertamento, silenzio, annullamento, condanna, adempimento; a parte venivano enunciate anche l’azione esecutiva e quella cautelare), il testo finale appare fortemente riduttivo, a seguito dell’espunzione delle azioni di mero accertamento e di adempimento 33.

In sostanza, il codice pare rimasto fedele al canone della tipicità delle azioni, seppure “moderata”

attraverso la previsione di alcuni correttivi che si innestano sull’assetto precedente introducendovi misurati elementi di elasticità 34. In questi termini può essere letto, per esempio, il delicato capitolo delle tutele in materia di contratti pubblici. Le azioni volte alla declaratoria di inefficacia del contratto ed al conseguimento dell’aggiudicazione e del contratto, più che eversive del sistema appaiono, infatti, come specificative della portata degli effetti ripristinatori e conformativi che sono propri dell’annullamento 35. La prima, più che di accertamento, assume natura costitutiva 36, in quanto si pone in linea di necessario collegamento e completamento con il pregiudiziale annullamento dell’aggiudicazione, provvedendo alla rimozione degli effetti già prodotti ed essendo soggetta ad una pluralità di parametri di apprezzamento da parte del giudice 37, al quale è in definitiva riservato il potere di modellarne l’incidenza sulla concreta vicenda negoziale 38. La

32 In questi termini M. CLARICH, Un corpus normativo dai contenuti innovativi che contribuisce alla certezza del diritto, cit., 10, ricostruisce l’atteggiamento prudente assunto sin dall’inizio dalla Commissione: “mantenere il tronco e i rami vitali del processo, con gli innesti necessari per rendere più incisiva la tutela”. A parere di chi scrive, peraltro, tali innesti si risolvevano in realtà in una serie di strumenti ancillari con funzione di supporto e specificazione di effetti di un’azione di annullamento che finiva per essere elevata a novello simbolo indefettibile del processo amministrativo.

Così, per fare degli esempi, l’azione di accertamento e quella di condanna generica erano sussidiarie, cioè esperibili solo per ottenere una tutela non conseguibile con il tempestivo esercizio di altre azioni; quella di adempimento era contestuale all’annullamento o al ricorso contro il silenzio, e quindi presupponeva il previo esercizio del potere o la formazione del silenzio; quella, infine, di risarcimento appariva impraticabile senza l’annullamento, come meglio sarà infra chiarito.

33 Drastico il giudizio a caldo di F. MERUSI, Intervento al Seminario su “La sistematica delle azioni nel nuovo processo amministrativo, Università Bocconi di Milano, 6 maggio 2010, in www.giustamm.it, 6/2010: “le azioni non esistono più”.

34 Cfr. in questi termini A. TRAVI, La tipologia delle azioni nel nuovo processo amministrativo, relazione al 56° Convegno di studi amministrativi su “La gestione del nuovo processo amministrativo: adeguamenti organizzativi e riforme strutturali”, Varenna, 23-25 settembre 2010.

35 A. TRAVI, ibid.

36 Tar Toscana, sez. I, 11 novembre 2010 n. 6579, chiarendo che l’annullamento dell’aggiudicazione “determina solo il sorgere del potere in capo al giudice di valutare se il contratto debba o meno continuare a produrre effetti”.

37 Secondo Cons. stato, sez. VI, 15 giugno 2010 n. 3759, “occorre in particolare tener conto dello stato di esecuzione del contratto, della possibilità per il ricorrente di conseguire l’aggiudicazione e subentrare nel contratto, degli interessi di tutte le parti”.

38 M. LIPARI, Il recepimento della “direttiva ricorsi”: il nuovo processo super-accelerato in materia di appalti e l’inefficacia “flessibile” del contratto nel d.lg. n. 53 del 2010, in Foro amm. – TAR¸ 2010, XCI; A. BARTOLINI, S. FANTINI, F.

(10)

www.judicium.it

seconda, esclusa la valenza sostitutiva che avrebbe richiesto (il mantenimento del)la sua qualificazione espressa in termini di giurisdizione di merito (ex art. 34, comma 1, lett. d, c.p.a.), si palesa come specificazione dell’effetto conformativo di un più articolato contenuto decisorio della sentenza di annullamento, destinata ad operare in due direzioni. Per un verso, come potenziamento delle capacità satisfattive dell’interesse pretensivo del ricorrente, ottenuto sottraendo alla disponibilità del giudice la fissazione delle regole per la riedizione del potere ed anticipando la concretizzazione della pretesa, per l’innanzi affidata al giudizio di ottemperanza, al giudizio di cognizione 39. Per altro verso, invece, come delimitazione della sua operatività nei limiti della domanda di parte e sempre che il vizio sanzionato non comporti l’obbligo della rinnovazione totale o parziale della gara 40.

Per il resto, la sistematica del codice, pur facendo intravedere una “sequenza che muove dalle situazioni giuridiche, ai bisogni di tutela ad esse correlati, alle azioni ammissibili, ai corrispondenti tipi di sentenze”, continua a ruotare intorno al rimedio impugnatorio 41 e, al posto della disponibilità una effettiva pluralità di rimedi, presenta soltanto gli “indizi” 42 ed i “germi” 43 del loro possibile esercizio per via interpretativa. Germi che gran parte dei primi commentatori va tentando di depurare delle scorie patogene e di valorizzare in senso fisiologico, come previsioni in nuce di possibilità accennate e suscettibili di sviluppo grazie all’opera della dottrina ed all’attivismo della giurisprudenza amministrativa 44. Si sostiene così che non possa dirsi interrotta la strada per lo

FIGORILLI, Il decreto legislativo di recepimento della direttiva ricorsi: il nuovo rito in materia di appalti, lo standstill contrattuale e l’inefficaia del contratto, in Urb. app., 2010, E. FOLLIERI, I poteri del giudice amministrativo nel decreto legislativo 20 marzo 2010 n. 53 e negli artt. 120-124 del codice del processo amministrativo, in www.giustamm.it., 6/2010, esclude possa parlarsi di pregiudizialità in senso tecnico, perché l’inefficacia è effetto dell’annullamento e non può costituire un’autonoma domanda, e chiarisce bene che “il giudice conosce dell’esecuzione del contratto come fatto che gli consente una valutazione della fattispecie per stabilire le conseguenze dell’annullamento dell’aggiudicazione… La cognizione del contratto non è autonoma, è strettamente consequenziale all’annullamento degli atti amministrativi di scelta del contraente”. Tale legame di stretta dipendenza con l’annullamento implica, secondo i citati Autori, la non necessità di apposita domanda di parte in tal senso, essendo sufficiente chiedere l’annullamento e allegare i relativi motivi. Viceversa, un incidentale accenno alla necessità della domanda, seppure in relazione ad una vicenda anteriore all’entrata in vigore del d. lgs. n. 53/2010, è fatto da TAR Calabria, Catanzaro, sez.

II, 9 agosto 2010 n. 2234.

39 E. FOLLIERI, I poteri del giudice amministrativo, cit.

40 A. TRAVI, La tipologia delle azioni nel nuovo processo amministrativo, cit.

41 M. CLARICH, Azione di annullamento, Commento all’art. 29 del Codice del processo amministrativo, in www.giustizia- amministrativa.it, 15 luglio 2010.

42 Colti soprattutto da M. CLARICH, Le azioni, in Giornale dir. amm., 2010, 1124, al fine di valorizzare alcuni dati normativi testuali nella direzione del principio di atipicità delle azioni.

43 Come notato da R. CHIEPPA, Il codice, cit., 15.

44 Secondo M. CLARICH, op. ult. cit., 1128, “la disciplina incompiuta delle azioni e delle pronunce del giudice potrà essere ricondotta a sistema e valorizzata… ad opera della dottrina e della giurisprudenza”.

(11)

www.judicium.it

sviluppo del principio di atipicità delle azioni di recente affermato dalla giurisprudenza 45, apparendo probabile che l’azione di accertamento, “una delle pietre angolari su cui si è costruita l’autonomia disciplinare” del processo, continui a sopravvivere nel diritto vivente 46 oltre alle ipotesi codificate della declaratoria di nullità generale e speciale, cioè per violazione o elusione del giudicato (artt. 31, comma 4, e 114, comma 4). Si aggiunge anche che l’azione di adempimento può ritenersi in parte ammissibile ancora oggi come variante specifica di sentenze di condanna ammesse senza alcuna qualificazione restrittiva dall’art. 30, comma 1, ed idonee ad accogliere tutte le misure idonee a tutelare la situazione giuridica dedotta in giudizio ai sensi dell’art. 34, lett. c, c.p.a.47. Si tratta però di notazioni che appaiono condivisibili più per la nobile ratio ispiratrice che non nel merito, essendo indubbio che il segnale trasmesso dall’intera vicenda è, oltre che equivoco 48, anche preoccupante per almeno due ordini di motivi. In primo luogo, perché un riassetto normativo operato per mezzo di frammenti normativi, indicazioni indirette e tracce nascoste, suscettibili di essere colte soltanto all’esito di complesse analisi ermeneutiche, appare di problematica compatibilità con il principio del giudice (e del giudizio) precostituito per legge posto dall’art. 111 cost. 49 ed è destinato a tradire anche l’obiettivo minimo della chiarezza e certezza delle forme di tutela 50, che pure si continua a declamare come l’unico allo stato pienamente conseguito. In secondo luogo, perché comunque si ha consapevolezza della forza e del radicamento delle tesi che ancora oggi si oppongono alla evoluzione in senso moderno di un processo amministrativo che stenta a fuoriuscire dalla originaria matrice di tipo impugnatorio e cassatorio. Estremamente rivelatrice appare in proposito la circostanza che la principale azione di accertamento sopravvisuta, cioè quella di nullità, risulti assoggettata ad un termine di decadenza (di centottanta giorni).

Previsione che appare difficilmente comprensibile se si tiene conto che la domanda è volta alla

45 Cfr. in particolare Cons. stato, sez. VI, 9 febbraio 2009 n. 717, seguita da 15 aprile 2010 n. 2139; Cons. stato, Sez. IV, 4 maggio 2010 n. 2558 dà peraltro atto di un non ancora risolto contrasto giurisprudenziale (citando Cons. stato, sez.

IV, 13 gennaio 2010 n. 72). In dottrina, si leggano da ultimo: M. CLARICH – M. ROSSI SANCHINI, Linee evolutive del processo amministrativo: il lungo cammino (nonn ancora concluso) dal giudizio sull’atto al giudizio sul rapporto, in I tre assi, a cura di G. AMATO e R. GAROFOLI, Roma, 2010, 246; G. F. NICODEMO, La DIA è un provvedimento abilitativo a formazione tacita, in Giornale dir. amm., 2010, 798.

46 Così R. CAPONI, La riforma del processo amministrativo, cit., 271.

47 Cfr. M. A. SANDULLI, Anche il processo amministrativo ha finalmente un Codice, in Foro amm. – TAR, 2010, LXVII; R.

CHIEPPA, Il codice, cit., 172-173; M. CLARICH, op. ult. cit.; A TRAVI, Osservazioni generali, cit.; più dubitativa la posizione espressa dallo stesso A., La tipologia delle azioni nel nuovo processo amministrativo, cit.

48 R. CAPONI, La riforma del processo amministrativo, cit., 271.

49 Sulla portata della riserva di legge in materia processuale, ha richiamato l’attenzione A. TRAVI, La tipologia delle azioni, cit., ritenendo che “i poteri creativi del giudice, ove siano ancora ammessi, non possono e non devono toccare la disciplina del processo”.

50 Accenna giustamente a questi valori M. RAMAJOLI,Le tipologie delle sentenze del giudice amministrativo, in Il nuovo processo amministrativo, commentario sistematico diretto da R.CARANTA,Bologna, 2010, 580-581.

(12)

www.judicium.it

declaratoria della presenza di fatti impeditivi della efficacia che, ab origine e di diritto 51, escludono la effettività della fattispecie attizia 52. In tale ottica, si spiega del resto la rilevabilità d’ufficio da parte del giudice: trattandosi di fatti che operano in conseguenza di una previsione normativa, il loro effetto (estintivo, modificativo o impeditivo) si produce senza che sia necessario l’esercizio di alcun potere e, dunque, sul piano processuale, senza che la relativa rilevanza giuridica debbe essere intermediata da alcuna dichiarazione delle parti 53. Non si spiega, invece, anche in ragione della equivalenza che sotto il profilo qualitativo si registra tra la prospettiva dell’azione e quella dell’eccezione 54, la disparità di trattamento creata tra la posizione del ricorrente e quella dell’amministrazione resistente, che può chiedere senza limiti temporali la dichiarazione di inesistenza della situazione soggettiva fatta valere dall’altra parte.

In definitiva, da questi esempi si trae l’impressione che si continui ad intervenire sul versante delle tutele con lo sguardo rivolto al passato e che le poche aperture espressamente codificate siano il frutto di un “intento annessionistico” 55, risultando concepite per assicurare pienezza, cioè intangibilità, al potere del giudice che le eroga, anziché satisfattività al potere delle parti di postulare e strutturare giudizi in cui versare “un interesse concreto che aspira al suo riconoscimento” 56.

Cosìcché, alla fine, la principale novità veramente apprezzabile, sul piano però dell’economia dei mezzi di tutela e della durata dei processi, appare l’ammissibilità del cumulo della domande connesse e della conversione dei riti (art. 32). Previsione che, per i condizionamenti sopra indicati, pare al momento destinata ad avere effetto solo con riferimento alle (in passato dibattute) ipotesi della domanda di risarcimento introdotta in sede di ottemperanza (art. 112, commi 3 e 4) e dell’impugnazione con motivi aggiunti del provvedimento sopravvenuto o dell’azione risarcitoria avanzate nel giudizio avverso il silenzio (art. 117, commi 5 e 6).

51 Ricorda A. PROTO PISANI, Appunti sulla tutela c.d. costitutiva (e sulle tecniche di produzione degli effetti sostanziali), in Riv. dir. proc., 1991, 94, che “le cause di nullità operano secondo lo schema norma-fatto-effetto”.

52 R. CAPONI, Azione di nullità (profili di teoria generale), in Riv. dir. civ., 2008, 77. In generale, sull’accertamento come

“attività giuridica di carattere assertorio” la cui funzione fondamentale è “la determinazione della norma concreta necessaria per risolvere un problema…di effettività dell’ordinamento giuridico”, si veda B. TONOLETTI, L’accertamento amministrativo, Padova, 2001, 83-84.

53 Cfr. A. PROTO PISANI, Appunti, cit., 69-71, che definisce la rilevabilità d’ufficio della rilevanza giuridica dei fatti modificativi impeditivo o estintivi allegati al processo come nient’altro “che la conseguenza del carattere di regola generale dello schema norma-fatto-effetto”. Nello stesso senso, R. CAPONI, Azione di nullità, cit., 101-102.

54 Cfr. I. PAGNI, Le azioni di impugnativa negoziale. Contributo allo studio della tutela costitutiva, Milano, 1998, 260 e 280 ss.

55 Per riprendere il giudizio critico formulato da F. LEDDA, La giurisdizione esclusiva del Consiglio di stato, in Scritti giuridici, Padova, 2002, 156, con riferimento ad una vicenda vissuta più nell’ottica della “determinazione della giurisdizione” che in quella della pienezza delle forme di tutela.

56 Secono la celebre, e sempre attuale, definizione di azione risalente a S. SATTA, Commentario al codice di procedura civile, I, Disposizioni generali, Milano, 1959, 46.

(13)

www.judicium.it 5) La pregiudizialità mascherata

Alla luce di quanto precede, la principale novità introdotta dal codice in tema di azione finisce per essere rappresentata dalla previsione dell’azione risarcitoria pura 57, legata all’impugnazione del provvedimento lesivo da una relazione di rilevanza 58.

Da più parti salutata come frutto di un “equilibrato contemperamento” tra le due opposte tesi dell’indifferenza-autonomia e della reciproca subordinazione o del “superamento regolato” della pregiudizialità 59, la versione codificata viene presentata come il frutto dell’intento conciliativo manifestato dai vertici delle due giurisdizioni superiori in occasione delle rispettive cerimonie di apertura dell’anno giudiziario 60 e, per mutuare le parole di uno dei protaginisti del presunto accordo, è in questi termini riassunta: “si ammette l’azione risarcitoria pura, cioè sganciata dall’impugnazione del provvedimento lesivo, ma la si assoggetta ad un breve termine di decadenza per non lasciare troppo a lungo l’amministrazione in uno stato di incertezza” 61. Più o meno simili le parole che si leggono nella relazione governativa allo schema di disegno di legge attuativo della delega: “si è optato per l’autonoma esperibilità della tutela risarcitoria per la lesione delle posizioni di interesse legittimo, prevedendo per l’esercizio di tale azione un termine di decadenza di quattro mesi – sul presupposto che la previsione di termini decadenziali non è estranea alla tutela risarcitoria, vieppiù a fronte di evidenti esigenze di stabilizzazione delle vicende che coinvolgono la pubblica amministrazione – e affermando l’applicazione di principi analoghi a quelli espressi dall’art. 1227 cod. civ. per quanto riguarda i danni che avrebbero potuto essere evitati mediante il tempestivo esperimento dell’azione di annullamento”.

In realtà, quanto alla pretesa origine concordataria della disciplina versata nell’attuale art. 30 c.p.a., giova considerare che nella sua Relazione sull’amministrazione della giustizia nell’anno 2009 il Primo Presidente della Corte di Cassazione ebbe a ritenere naturale che anche la tutela risarcitoria dell’interesse legittimo, come già quella demolitoria, fosse assoggettata ad una “specifica disciplina”, avendo però l’accortezza di precisare che la stessa non ne avrebbe dovuto frustrare “la stessa esperibilità e la necessaria autonomia” poiché, dinanzi al complessivo bagaglio di tutela offerto dall’ordinamento, deve essere “il cittadino leso a poter scegliere quale attivare”. Lo stesso Presidente, poi, in sede di audizione dinanzi alle commissioni parlamentari ha ritenuto inaccettabile e poco comprensibile la norma approvata dal Governo, in quanto: a) risulta ulteriormente ridotto il

57 Così si esprime la circolare n. 52/2010 dell’Avvocatura Generale dello Stato.

58 In questi termini definita, sulla scorta dell’analisi comparata di altri ordinamenti, da G. FALCON, La responsabilità dell’amministrazione e il potere amministrativo, in Dir. proc. amm., 2009, 264: “l’omissione dell’azione di annullamento non impedisce che si ottenga… il risarcimento del danno subito, ma comporta che dalla misura del risarcimento sia sottratta la quota di danno che il soggetto leso avrebbe potuto evitare… utilizzando il rimedio specifico”.

59 R. GAROFOLI, La pregiudiziale: per un superamento regolato, in Verso il codice del processo amministrativo, cit., 79. Di

“tiepido superamento della pregiudizialità” ha parlato R.CARANTA,Le controversie risarcitorie, in Il nuovo processo amministrativo, cit., 639.

60 Si veda quanto riferito da R. CHIEPPA, Il codice, cit., 190.

61 P. SALVATORE, Relazione, cit.

(14)

www.judicium.it

termine di decadenza, a fronte di un’azione sottoposta nel diritto vivente all’ordinario termine di prescrizione; b) si condiziona il riconoscimento della tutela “non già ad elementi di leale collaborazione ma alla formale previa proposizione di una diversa azione di annullamento” 62. Quanto poi alla pretesa autonomia, pare che la stessa sia di facciata 63 e risulti in realtà compromessa 64 da una serie di paradossi che colpiscono i vari elementi della rete di protezione 65 ideata in favore della parte pubblica.

Il primo si annida nella formulazione dell’ultimo comma dell’art. 30 cit.: «Di ogni domanda di condanna al risarcimento di danni… conosce esclusivamente il giudice amministrativo». Si tratta di disposizione (unitamente a quella contenuta nell’art. 7, comma 4) che, a dispetto di quanto precisato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 204/2004, trasforma il risarcimento degli interessi legittimi da tecnica di tutela in materia di giurisdizione esclusiva. Operazione il cui unico effetto positivo potrebbe peraltro ravvisarsi nell’attribuzione di senso all’altrimenti incomprensibile rinvio testuale del principio dell’autonomia dell’azione di condanna, solennemente proclamato in apertura dell’articolato (art. 30, comma 1), ad una serie tassativa di ipotesi (“nei soli casi”) che in realtà non risultano enunciate, a parte quelle, appunto, figuranti nell’ambito della giurisdizione esclusiva 66. Ancora una volta, dunque, l’azione è colta nel cono d’ombra della giurisdizione e letta con le categorie che sono proprie di un apparato concettuale sviluppato per difendere e legittimare ambiti decisori più che per rispondere alla domanda di giustizia avanzata da chi ha subito un torto.

62 Così si legge l’intervento nel testo riferito dalla Senatrice Capano, nella seduta del 16 giugno 2010 della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati.

63 Cfr. A. PAJNO, Il codice del processo amministrativo, cit., 889, nonché M. CLARICH, Azione di annullamento, cit.

64 I rischi per “una reintroduzione surrettizia della regola della pregiudizialità” ed i dubbi circa “un sicuro avanzamento della tutela sul fronte del risarcimento dei danni da attività amministrativa illegittima” sono, da ultimo, evidenziati da P. CHIRULLI, voce Pregiudizialità amministrativa, in Dig. disc. pubbl., Aggiornamento, IV, Torino, 2010, 441.

65 Invocata da più parti allo scopo di non caricare la p.a. “di oneri economici eccessivi” (cfr. da ultimo R GAROFOLI, La pregiudiziale, cit., 94). Di segno diverso era il messaggio lanciato alla vigilia della sentenza 500 all’insegna della “rete di contenimento”, alla cui costruzione si riteneva di poter fare fronte affidandosi “ai vecchi e collaudati arnesi della disciplina codicistica” (F. D. BUSNELLI, Lesione di interessi legittimi: dal muro di sbarramento alla rete di contenimento, in Danno e resp., 1997, 274). All’indomani della citata sentenza, la stessa dottrina, nell’evocare una strategia adeguatrice dei suoi principi richiamava “la cernita degli interessi rilevanti ai fini risarcitori come un problema di adeguamento della regola dell’ingiustizia del danno alla peculiarità di tali interessi” e avvertiva con preoccupazione il rischio della formazione di un sistema differenziato autonomo di tutela risarcitoria (ID., Dopo la sentenza n. 500. La responsabilità civile oltre il muro degli interessi legittimi, in Riv. dir. civ., 2000, I, 339, 353, ove si cita in senso adesivo F.

BILE, La sentenza n. 500 del 1999 delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, in Resp. civ. prev., 1999, 905, il quale poneva il “problema dei limiti di tollerabilità di questa divaricazione”).

66 Non esistendo in effetti altri casi ipotizzabili, ed apparendo semmai il riferimento impreciso ai “casi” di cui allo stesso art. 30 da intendere come richiamo delle condizioni previste dalla stessa disposizione (come suggerito, in sede di esame dello schema di decreto legislativo, nel Dossier di documentazione n. 192 preparato dal Servizio Studi – Dipartimento giustizia della Camera dei Deputati).

(15)

www.judicium.it

Simile prospettiva si riflette immediatamente nella disciplina del computo del dies a quo del termine di decadenza dell’azione che, nel tentativo di tenere insieme i provvedimenti e i comportamenti amministrativi mediatamente riconducibili all’esercizio del potere che delimitano l’ambito della giurisdizione amministrativa ai sensi dell’art. 7, rischia di accomunare nello stesso meccanismo ipotesi assai diversificate come i danni discendenti direttamente dal(l’assetto di interessi definito nel) provvedimento ed i danni derivanti dal comportamento che precede o segue il provvedimento e spesso prescinde dal contenuto o dalla sorte dello stesso 67. In questo modo, tutto può essere ricondotto al provvedimento e si perpetua “il corto circuito logico-giuridico tra regole di validità e regole di comportamento” che costituiva uno dei profili più problematici della teorica della pregiudizialità 68. Esito che non può dirsi legittimato dalle aperture verso un’interpretazione in senso dinamico del criterio di riparto della giurisdizione che è dato leggere nella giurisprudenza costituzionale (sent. 191/2006) e della Corte di Cassazione. Le ordinanze pronunciate dalle Sezioni Unite nel giugno 2006, infatti, nel riconoscere che “spetta al giudice amministrativo disporre le diverse forme di tutela che l’ordinamento appresta per le situazioni soggettive sacrificate dall’esercizio illegittimo del potere”, e nel precisare che “tra queste forme di tutela rientra il risarcimento del danno”, avevano operato nella convinzione del corretto bilanciamento del valore della giurisdizione piena e quello “di una tutela sostanziale degli interessi legittimi non difforme da ogni altra situazione protetta in rapporto alla tutela risercitoria”, avendo cura di avvertire che, nell’esercizio di tale forma di giurisdizione, il giudice amministrativo avrebbe dovuto operare

“prescindendo dalle regole proprie della giurisdizione di annullamento” 69. Non si trattava, dunque, di una delega in bianco, ma di una sfida presidiata da ben precise condizioni operative. Sul presupposto della pari dignità vantata in ordine alla capacità di assicurare tutela piena alle posizioni soggettive vantate in riferimento alle manifestazioni del potere pubblico, si chiedeva al giudice amministrativo di offrire tecniche rimediali differenti e complete, spettando ai cittadini, in ossequio a noti principi costituzionali, “non solo di scegliere se chiedere tutela giurisdizionale, ma anche di scegliere di quale avvalersi tra le diverse forme di tutela apprestate dall’ordinamento” 70.

67 Si pensi ai vizi meramente formali o procedimentali, al comportamento scorretto che viola il legittimo affidamento dei soggetti coinvolti nell’azione, al danno da ritardo ed agli effetti prodotti da un atto favorevole illegittimo o erroneo (su cui si veda l’interessante sentenza di Cons. stato, sez. IV, 12 marzo 2010 n. 1467). Sulla necessità di tenere distinte le ipotesi dei danni da provvedimento e danni indiretti concorda larga parte della dottrina da ultimo citata, in senso adesivo, da P. CARPENTIERI, Risarcimento del danno e provvedimento, cit., 875, nota 20. Per lo sviluppo di tale prospettiva, si rinvia alla parte finale del lavoro.

68 Così P. CARPENTIERI, op. ult. cit., 874, seppure nell’ottica della conservazione della pregiudizialità amministrativa per i danni discendenti direttamente dagli effetti dell’atto.

69 Analogo avvertimento è dato leggere nella successiva ordinanza delle Sezioni Unite, 7 gennaio 2008 n. 35, che, nel richiamare i precedenti del giugno 2006, ha precisato: “siccome si deve escludere la necessaria dipendenza del risarcimento dal previo annullamento dell’atto illegittimo e dannoso, al giudice amministrativo può essere chiesta la tutela demolitoria e, insieme o successivamente, la tutela risarcitoria completiva, ma anche la sola tutela risarcitoria, senza che la parte debba in tale caso osservare il termine di decadenza pertinente all’azione di annullamento”.

70 Come da ultimo chiarito, in linea di continuità con la pregressa citata giurisprudenza, da Cass., Sez. Un., 28 dicembre 2008 n. 30254, in Foro it., 2009, I, 731, con note e osservazioni di A. TRAVI, R. CAPONI e A. PALMIERI.

Riferimenti

Documenti correlati