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I La relazione di cura e la mascherina

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Academic year: 2022

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r a p p o r t o m e d i c o - p a z i e n t e

42 n M.D. Medicinae Doctor - Anno XXVIII numero 1 - 2021

I

n questo tempo di pandemia le ma- scherine protettive sono entrate a far parte della nostra vita, diventan- do il simbolo visibile dell’emergenza. Un indumento da indossare che nasconde una porzione del volto, rendendo più dif- ficile riconoscere l’identità, dalla mimica facciale e dal labiale.

La mascherina è utilizzata come difesa e protezione, ma nello stesso momento mette in pericolo le percezioni e il senti- re l’altro nel momento della comunica- zione, e le emozioni giocano un ruolo fondamentale stravolgendo le scelte più pianificate. è evidente quanto sia neces- sario al medico, allo psicoterapeuta e a tutte le altre professioni di cura, poter di- sporre degli aspetti non verbali prove- nienti dal paziente per comprendere ma- lesseri talvolta indicibili a parole. Una mascherina può contaminare tutto ciò, e non permettere di creare un ponte tra il paziente e professionista.

þEvoluzione della relazione Non è difficile soffermarsi in questo pe- riodo di pandemia sugli sguardi del dolo- re, il momento dove si incrociano gli oc- chi, e in pochi secondi si invia un mes- saggio, intendo per sguardo del dolo- re quell’esatto momento in cui gli occhi si stringono lasciando trapelare una soffe- renza, prima ancora che la coscienza del- la persona la colga, o senza che la colga.

Una sofferenza muta, costretta da qual- che parte, come il rumore di una cascata impetuosa che avverti solo da lontano.

Tutto questo è celato da una mascherina.

Vorrei sottolineare quanto sia importan-

te sperimentare paura, emozione prima- ria, fondamentale per la nostra difesa e sopravvivenza: se non la provassimo non riusciremmo a metterci in salvo dai rischi. Quindi ben venga percepire pau- ra, perché ciò ci attiva. Ma se non riu- sciamo a gestirla percependo il Corona- virus (SARS-CoV-2) come un pericoloso predatore inarrestabile, rischiamo di at- tuare comportamenti impulsivi, frenetici e irrazionali controproducenti. Qui si passa spesso al panico o all’ansia gene- ralizzata, per cui un pericolo limitato e contenuto di contagio viene generalizza- to percependo ogni situazione come ri- schiosa ed allarmante.

è come se la mascherina fosse la corni- ce del nostro sguardo. Se la pensiamo come un impedimento, la nostra mente ci fa sobbalzare e rattristare, ma se la concepiamo in quest’altra accezione possiamo valorizzare la grandissima ca- pacità umana che da sempre tutti rac- contano dentro la bellezza dello sguar- do. Cambia il nostro paradigma e viene messo in risalto l’intensità degli occhi che sono la rappresentazione immedia- ta di tutte le emozioni che ci attraversa- no. La mascherina, quindi, risaltando lo sguardo, in realtà ci mette più a contatto con gli altri rispetto a prima.

L’importante è capire “chi sta control- lando che cosa”, come nelle dipenden- ze: sono ancora io a gestire e scegliere cosa fare, o sto attuando comporta- menti seguendo una massa di persone che sta facendo proprio quello che an- drebbe razionalmente evitato?

Allora, come sta cambiando la relazione

medico-paziente? Con il lockdown è sta- ta introdotta la consulenza online, utili a garantire il prosieguo del lavoro iniziato con i pazienti prima del Coronavirus per dare loro supporto nei giorni più difficili.

Ovviamente come ogni cosa questa modalità ha i suoi pro e i suoi contro e non tutte le attività hanno avuto la possi- bilità di utilizzarla. Tuttavia, laddove pos- sibile è un mezzo per rimanere accanto ai propri pazienti e non farli sentire ab- bandonati, creando un'ulteriore modifica nella loro normale quotidianità.

þConclusioni

Come tutti gli eventi avversi improvvisi, dopo una prima fase di shock c’è una re- azione e la positività di quest’ultima è commisurata alla creatività con la quale si riescono ad affrontare i problemi. La pan- demia se da un lato ha messo in discus- sione rapporti, evocato conflitti, indotto rotture familiari, dall’altro, è stata anche un’occasione per ripensare all’uomo, alla sua caducità, ai valori che contano davve- ro, al tempo sospeso, alla percezione di non possedere il controllo. Il tempo che stiamo vivendo lascerà un segno impor- tante nella storia, non solo per la pande- mia, ma anche per come le persone avranno saputo vivere il proprio tempo in un momento di grande precarietà.

Le mascherine sono entrate prepotentemente a far parte della relazione di cura, nascondendo una porzione del volto, rendendo più difficile riconoscere l’identità, dalla mimica facciale e dal labiale.

Ma risaltando lo sguardo in realtà possono mettere più in contatto con i pazienti rispetto a prima

Giuseppe Palermo - Psicologo, Psicoterapeuta Sistemico-Relazionale, Psiconcologo - Padova

La relazione di cura e la mascherina

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