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FABIO SAITTA
Vicinanza alla prova e codice del processo amministrativo: l’esperienza del primo lustro*
SOMMARIO:1.Il «problema» dell’onere della prova (in generale). – 2. La «vicinanza alla prova» come criterio generale di distribuzione degli oneri probatori, correttivo costituzionalmente necessario della regola di giudizio ex art. 2697 c.c..
– 3. L’onere della prova nel codice del processo amministrativo: nulla di veramente nuovo. – 4. Processo amministrativo ed esigenze di ricerca della verità materiale: le ragioni di un giudice «attivo». – 5. Considerazioni conclusive: una corretta applicazione delle disposizioni codicistiche consente al giudice amministrativo di operare un equilibrato dosaggio degli oneri probatori; i veri problemi sono altri.
1. Il «problema» dell’onere della prova (in generale)
Così esordiva, in uno dei suoi ultimi scritti, Antonio Romano Tassone, mio compianto Maestro: «La redistribuzione delle attività processuali tra il giudice e le parti rappresenta, da sempre, uno dei capitoli più delicati, controversi e difficili della disciplina del processo, e queste complessità e multipolarità risultano ancora più evidenti se ci si riferisce ad un giudizio, quale quello che si svolge davanti al giudice amministrativo, tuttora contrassegnato, malgrado la recentissima codificazione, da numerose e non del tutto risolte ambiguità di fondo. Tra le quali, certo non ultima, spicca la problematica ascrizione di questo processo alla giurisdizione di diritto soggettivo – o meglio: l’incertezza circa il ruolo che in esso debba attribuirsi alla definizione dell’interesse pubblico sostanziale alla cui cura è rivolto il provvedimento impugnato –, questione che è immediatamente e profondamente implicata dal nostro discorso»1.
Andando più specificamente al tema della presente relazione, è noto a tutti che «il problema dell’onere della prova si presenta al giudice quando, al momento della decisione, di un fatto non sussista né la prova che è accaduto, né la prova che non è accaduto»2. Si tratta in sostanza del problema del fatto non provato e del c.d. «fatto incerto», da analizzare in un duplice aspetto: quale sia la parte onerata della prova di un determinato fatto controverso; a quale parte il giudice debba dare ragione qualora, nonostante le prove assunte in giudizio, ad iniziativa delle parti o d’ufficio, non si sia formato un preciso convincimento circa l’esistenza o meno del fatto controverso3.
Con riguardo a quest’ultimo aspetto, è noto che, vigendo il divieto di non liquet, lo strumento fornito al giudice dall’ordinamento per decidere anche quando sia rimasto in dubbio circa un fatto oggetto di prova rilevante ai fini della risoluzione della lite è rappresentato dall’onere della prova inteso come «regola di giudizio»: si allude sia all’art. 2697 c.c. – che, prevedendo un «onere di prova» per le parti del processo, «implicitamente distribuisce il rischio del mancato convincimento del giudice»4 – che ad altre disposizioni del codice di rito civile (ad es., gli artt. 112 e 277, che, «imponendo al giudice di pronunciare su tutte le domande, autorizzano l’illazione che tale obbligo comprenda necessariamente anche quello di emettere la pronunzia») e financo a norme di rango costituzionale, come gli artt. 24 e 101 della Carta, «dai quali emerge (anche) che i giudici verrebbero meno al precetto primario che li riguarda, ove rifiutassero di emanare decisioni e di dare, così, tutela ai cittadini»5. In virtù della «regola di giudizio», collegata all’onere della prova e desumibile dall’art. 2697 c.c., il giudice è obbligato a considerare come inesistente il fatto che non
* Relazione al Convegno su: «Il Codice del Processo Amministrativo a cinque anni dall’entrata in vigore: riflessioni e proposte» - Cosenza, 11 giugno 2015.
1 Poteri del giudice e poteri delle parti nel nuovo processo amministrativo, in Scritti in onore di P. Stella Richter, Napoli, 2013, I, 461.
2 F.TESAURO, Manuale del processo tributario, Torino, 2009, 174.
3 A.COLLI VIGNARELLI, Onere della prova e principio di acquisizione processuale, in Riv. dir. trib., 2013, 51.
4 S.PATTI, Prova – I) Diritto processuale civile, in Enc. giur., XXV, Roma, 1991, 9.
5 G.VERDE, Prova (dir. proc. civ.), in Enc, dir., XXXVII, Milano, 1988, 626.
sia stato pienamente provato (c.d. «fatto incerto»), dando conseguentemente torto alla parte che basava su quel fatto la propria pretesa.
Anche per quanto concerne l’altro aspetto, cioè la distribuzione del rischio della mancata prova, la soluzione accolta dal nostro legislatore si trova nell’art. 2697 c.c. e corrisponde – almeno di norma (si pensi alla distinzione tra attore in senso formale ed attore in senso sostanziale, ormai univocamente accolta in alcuni contesti, come il processo tributario e l’opposizione a decreto ingiuntivo) – alla contrapposizione che, nel processo, si instaura tra l’attore, che è tenuto a provare il fondamento della pretesa azionata, ed il convenuto, il quale, una volta provato tale fondamento, deve a sua volta fornire la prova degli eventuali fatti impeditivi, modificativi od estintivi del diritto vantato dalla controparte6.
La regola in esame, tuttavia, subisce delle limitazioni, delle deroghe conseguenti ad inversioni dell’onus probandi connesse a norme che prevedono presunzioni legali iuris tantum e, per quanto qui interessa, delle attenuazioni, rappresentate, da un lato, dal principio di acquisizione processuale – che, imponendo la valutazione delle risultanze probatorie a prescindere dalla parte che abbia introdotto i mezzi di prova7, funge da temperamento alla regola dell’onere della prova intesa in senso rigoroso8 – e, dall’altro, dalla predisposizione di sistemi probatori caratterizzati – come il processo amministrativo, ma anche quello civile del lavoro e quello tributario – dall’attribuzione all’organo giudicante di poteri istruttori esercitabili d’ufficio. Sistemi processuali, questi ultimi, nei quali peraltro la regola di giudizio fondata sull’onere della prova risulta comunque applicabile in tutti i casi in cui, nonostante i poteri di raccolta delle prove riconosciuti al giudice, il fatto da provare rimanga comunque incerto9.
2. La «vicinanza alla prova» come criterio generale di distribuzione degli oneri probatori, correttivo costituzionalmente necessario della regola di giudizio ex art. 2697 c.c.
Al modello racchiuso nel brocardo «onus probandi incumbit ei qui dicit» sembra contrapporsi – in realtà, come si dirà, si tratta di due criteri che possono tranquillamente convivere, ancorchè in posizione non equiordinata tra loro – quello basato sul criterio (o principio) della
«vicinanza alla prova», detto anche «della riferibilità» o «della disponibilità del mezzo», in virtù del quale «diventa onerato della prova il soggetto per cui la prova è più facile, cioè il soggetto più vicino alle fonti di prova»10.
Com’è stato recentemente notato, le posizioni di vicinanza e di lontananza – che esprimono, rispettivamente, la facilità di accesso e di fruizione di una prova e, simmetricamente, la difficoltà, se non la pratica impossibilità, di accedere all’effettiva dimostrazione di una pretesa – si delineano quasi sempre già sul piano sostanziale della fattispecie, salvo poi concretizzarsi nell’eventuale processo11. La lontananza, in particolare, può essere conseguenza della dipendenza da soggetti altri per l’accesso alla prova: si pensi al caso del fideiussore rispetto alle eccezioni del rapporto garantito ex artt. 1941 e 1945 c.c., laddove la lontananza, ove in fatto di misura segnata, rischia di rendere in
6 M. TARUFFO, Onere della prova, in Dig. disc. priv., Sez. civ., XIII, Torino, 1995, 69. Anche la giurisprudenza amministrativa è univoca nell’affermare che, ai sensi dell’art. 2697 c.c., i fatti estintivi, modificativi ed impeditivi vanno provati da chi ha interesse ad eccepirli: tra le più recenti, T.A.R. Sicilia-Catania, Sez. I, 27 marzo 2015, n. 902, in www.giustizia-amministrativa.it; Sez. III, 25 marzo 2015, n. 854 e 11 marzo 2015, n. 709, ibidem; T.A.R. Calabria- Catanzaro, Sez. II, 6 febbraio 2015, n. 242, ibidem.
7 C.SALTELLI, Art. 64, in G.LEONE –L.MARUOTTI –C.SALTELLI (a cura di), Codice del processo amministrativo, Padova, 2010, 608-609. In giurisprudenza, di recente, Cass. civ., Sez. III, 30 gennaio 2012, n. 1303, in Guida al diritto, 2012, n. 15, 68.
8 Su questi temi, amplius, S.A. VILLATA, Prova documentale e principio di acquisizione: un difficile connubio (specialmente) nel giudizio di appello?, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2006, 315 ss., spec. 317-318.
9 In tal senso, con specifico riguardo al processo amministrativo, F.BENVENUTI, Istruzione del processo amministrativo, in Enc. dir., XXIII, Milano, 1973, 207; contra, L.MIGLIORINI, Istruzione nel processo amministrativo, in Enc. giur., XVIII, Roma, 1990, 3.
10 F.P.LUISO, Diritto processuale civile, 6ᵃ ed., I, Milano, 2011, 258.
11 A.A.DOLMETTA –U.MALVAGNA, Vicinanza della prova e prodotti d’impresa del comparto finanziario, in Banca, borsa e tit. cred., 2014, 659.
duriorem causam la garanzia prestata e, per quanto qui d’interesse, al cittadino che provi inutilmente ad accedere ai documenti amministrativi nel ristretto termine a disposizione per l’eventuale ricorso giurisdizionale.
Ora, è di tutta evidenza che mettere sullo stesso piano, riservando loro il medesimo trattamento processuale, dei soggetti che si trovano in posizione nettamente diversa rispetto alle prove significa facilitare il soggetto che si trova più vicino alle prove stesse12. Ed è risaputo come, tradizionalmente, la vicinanza abbia giocato sempre a favore di chi la possiede: si pensi alla pubblica amministrazione, la quale, «rivestendo i panni di un soggetto forte (per certi versi, il soggetto più forte dell’intero ordinamento)», ha visto «la sua posizione sostenuta da un disegno complessivo di favor probatorio»13. Vien da pensare, oltre che al famigerato fermo amministrativo dei pagamenti14, al comportamento dell’I.N.P.S. che, assumendo di aver versato somme maggiori di quelle dovute, decurta per i successivi periodi temporali la pensione erogata, portando in compensazione il proprio presunto credito di restituzione dell’indebito e costringendo così il pensionato ad agire in giudizio: ebbene, in simili ipotesi, la giurisprudenza, chiamata a pronunciarsi sulla domanda di accertamento negativo dell’indebito, afferma che l’«inesistenza del diritto alla restituzione è solo il riflesso del diritto alla prestazione già conseguita», sicchè la prova – che è chiaramente prova dell’errore dell’I.N.P.S. – finisce per gravare interamente sul pensionato attore, che contesta la sussistenza di un diritto di ripetizione15.
Ebbene, nel processo, la vicinanza può costituire una regola probatoria idonea a contrapporre allo schema, evidentemente formale, dell’onere secondo allegazione di cui all’art.
2697 c.c., nel quale le parti restano identificate senza residui dalla posizione processuale che vanno ad assumere nel relativo giudizio, uno schema sostanziale nel quale, avendosi riguardo alla specifica realtà della fattispecie controversa, il carico probatorio viene ponderato «tenuto conto in concreto della possibilità per l’uno e l’altro soggetto di provare fatti e circostanze che ricadono nelle rispettive sfere d’azione»16.
Il principio di «vicinanza alla prova» (ma la Corte di cassazione parla indifferentemente di
«riferibilità» ovvero, al pari dell’art. 64 c.p.a., di «disponibilità» dei mezzi di prova17) costituisce uno strumento più evoluto, in quanto assiologicamente meglio orientato18 e non ordalico, di risolvere il problema del divieto di non liquet: la vicinanza, infatti, flessibile per propria natura, implica – ed al contempo rende possibile – che il giudice risolva comunque la lite senza ricorrere all’éscamotage di soluzioni preconfezionate ed astratte dalla fattispecie concreta configurato dal formalistico criterio di cui all’art. 2697 c.c., intrinsecamente inidoneo a selezionare il reale19.
Tale principio, dunque, si configura, da un lato, come un corollario dei doveri di correttezza, buona fede e diligenza nell’adempimento delle obbligazioni (artt. 1175, 1176, comma 2, e 1375 c.c.) e, dall’altro, come una derivazione del principio costituzionale del giusto processo e delle
12 A.A.DOLMETTA –U.MALVAGNA, op. cit., 661.
13 Sono parole di P. CENDON –P.ZIVIZ, L’inversione della prova nel diritto civile, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1992, 791.
14 Istituto, disciplinato dall’art. 69 r.d. n. 2440/1923, che consente alle amministrazioni statali di richiedere la sospensione di un pagamento richiesto sulla base di una presunta ragione di credito e che non presuppone necessariamente la prova certa della fondatezza della pretesa vantata dall’amministrazione, essendo sufficiente la ragionevole convinzione circa la sussistenza della medesima: ex multis, Cons. St., Sez. IV, 21 aprile 2010, n. 2271, in www.giustizia-amministrativa.it.
15 Così Cass., Sez. un., 4 agosto 2010, n. 18046, in Foro it., 2011, I, 506.
16 Così Cass., Sez. un., 30 ottobre 2001, n. 13533, in Danno e resp., 2002, 318, che costituisce la decisione capostipite dell’orientamento della Cassazione favorevole alla vicinanza.
17 Cfr., ad es., Sez. lav., 25 luglio 2008, n. 20484, in CED Cassazione, 2008.
18 Sul punto, si vedano gli interessanti spunti di G. VILLA, Onere della prova, inadempimento e criteri di razionalità economica, in Riv. dir. civ., 2002, 707.
19 L’esigenza che il giudice valuti caso per caso se realmente la parte ha fatto quanto era nelle sue possibilità e solo in caso affermativo supplisca alle lacune istruttorie acquisendo gli elementi necessari per giudicare fondata o meno la pretesa avanzata è ben evidenziata da N.SAITTA, Sul c.d. soccorso istruttorio nel procedimento e nel processo, in www.giustamm.it, n. 4/2013, § 3, ed in Scritti in onore del prof. F. Bassi, in corso di pubblicazione.
regole generali del codice di rito civile (in primis, il dovere di lealtà e probità di cui all’art. 88, inteso come onere delle parti, vicine alla fonte di prova, di collaborare allegando tempestivamente e nel rispetto delle regole di correttezza i mezzi istruttori, in un’ottica di economia processuale e di ragionevole durata del giudizio)20. Esso, quindi, «viene ad assumere il ruolo di correttivo (se non altro) delle applicazioni più rigide e pesanti del formalismo caratteristico della regola della prova secondo allegazione. Un ruolo, a nostro avviso, anzi necessario – sotto il profilo costituzionale, prima di tutto il resto – per combattere e smorzare le asprezze, in effetti notevoli, che il modello dell’onere viene propriamente a proporre»21.
A ben guardare, infatti, ancorchè il principio in esame sia, in primo luogo, «riconducibile all’art. 24 cost. che connette al diritto di azione in giudizio il divieto di interpretare la legge in modo da renderne impossibile o troppo difficile l’esercizio»22, non mancano collegamenti con le regole di eguaglianza di cui all’art. 3, in virtù delle quali a diversità di posizioni deve corrispondere un diverso trattamento normativo, e con il dovere di solidarietà economico-sociale di cui alla parte finale dell’art. 223.
Che si tratti di un principio che poggia su basi solide è, del resto, dimostrato dal fatto che esso, «sia pure con parsimonia», è «da sempre utilizzato» in giurisprudenza come criterio che, ancorchè sussidiario, risulta spesso decisivo a livello di controversia concreta24.
A tal riguardo, va, in primo luogo, segnalata la già citata sentenza capostipite del 2001, sulla distribuzione dell’onere della prova nel giudizio di risoluzione del contratto per inadempimento e/o risarcimento del danno, sentenza che, al fine di «non rendere eccessivamente difficile l’esercizio del diritto del creditore a reagire all’inadempimento», addossa al debitore, «nella cui sfera si è prodotto l’inadempimento e che è quindi in possesso degli elementi utili per paralizzare la pretesa del creditore», l’onere di provare l’esatto adempimento dell’obbligazione25.
V’è, poi, la costante giurisprudenza secondo cui, nei giudizi risarcitori inerenti alla responsabilità del medico e della struttura sanitaria, la difettosa tenuta della cartella clinica in violazione degli obblighi di diligenza professionale, lungi dall’«escludere la sussistenza del nesso eziologico tra la colposa condotta dei medici e la patologia», consente «il ricorso alle presunzioni»:
si osserva che ciò «avviene in ogni caso in cui la prova non possa essere data per un comportamento ascrivibile alla stessa parte contro la quale il fatto da provare avrebbe potuto essere invocato, nel quadro dei principi in ordine alla distribuzione dell’onere della prova e al rilievo che assume a tal fine la “vicinanza della prova”»26. Ed analoga differenziazione probatoria fondata sulla professionalità che distingue le parti in causa viene introdotta anche nella materia dei cc.dd.
contratti d’impresa (cioè, i contratti dell’impresa con i destinatari dei suoi prodotti)27.
20 M.DRAGONE, Le S.U., la “vicinanza alla prova” e il riparto dell’onere probatorio, in Resp. civ., 2008, 687 ss.
21 A.A.DOLMETTA –U.MALVAGNA, op. cit., 668.
22 Cass., Sez. un., 10 gennaio 2006, n. 141, in Giur. it., 2006, 1661, in punto di prova del requisito dimensionale ai fini della disciplina applicabile alla fattispecie di licenziamento senza giusta causa. Cfr., altresì, Sez. III, 11 maggio 2009, n.
10744, ivi, 2010, 1298; Sez. lav., n. 20484/2008, cit.. Il riscontro dell’incompatibilità tra una disciplina della prova che renda impossibile o troppo difficoltoso l’assolvimento del relativo onere ed il diritto di tutela della propria posizione di cui all’art. 24 Cost. si trova, però, già in Corte cost., 22 dicembre 1989, n. 568, in www.giurcost.org. In dottrina, di recente, E.BENIGNI, Presunzioni giurisprudenziali e riparto dell’onere probatorio, Torino, 2014, 14.
23 A.A.DOLMETTA –U.MALVAGNA, op. cit., 671. Nel senso che il potere istruttorio officioso consiste in un vero e proprio «soccorso che, ricorrendo certe condizioni, il giudice è tenuto a prestare non per il desiderio di beneficiare il destinatario di questo aiuto, ma per un dovere di solidarietà verso una parte «debole», che proprio per questa sua debolezza rischierebbe altrimenti di non potere ottenere giustizia», N.SAITTA, ibidem.
24 A.PROTO PISANI, Lezioni di diritto processuale civile, Napoli, 2012, 443.
25 Cass., Sez. un., nn. 13533/2001 e 141/2006, citt.
26 In tal senso, ex plurimis, Cass., Sez. un., 11 gennaio 2008, nn. 577 e 582 (in Resp, civ., 2008, 687, con nota di M.
DRAGONE, op. cit.), sulla prova del nesso causale tra emotrasfusione ed epatite C. Più recentemente, Sez. III, 5 novembre 2013, n. 24801, in Ragiusan, 2014, 357-358, 230.
27 In argomento, da ultimo, A.A. DOLMETTA – U.MALVAGNA, «Vicinanza della prova» e contratti d’impresa, in www.apertacontrada.it (gennaio 2015).
In ambito di diritto bancario, merita di essere considerata la giurisprudenza che, discutendo attorno ad un rapporto di conto corrente, afferma che, essendo il titolare del conto stesso più vicino alla prova rispetto a colui che ha solo procura ad operare, è sul primo che incombe l’onere di provare gli avvenuti prelievi da parte del secondo28.
V’è, infine, la recente giurisprudenza tributaria che ha applicato il principio della vicinanza alla prova nelle controversie aventi ad oggetto il prezzo di trasferimento (c.d. transfer pricing), affermando che, benchè l’onere di provare l’esistenza della maggiore pretesa tributaria gravi in primis sull’amministrazione finanziaria, il contribuente, potendo, di norma, disporre di informazioni più approfondite e precise, non può limitarsi a dedurre il mero difetto di motivazione dell’atto impositivo, ma deve provare i fatti impeditivi, modificativi o estintivi della pretesa erariale29.
3. L’onere della prova nel codice del processo amministrativo: nulla di veramente nuovo Come abbiamo avuto modo di evidenziare pochi anni fa30, i primissimi commentatori sono stati pressochè unanimi nell’affermare che sul previgente sistema probatorio del processo amministrativo il codice ha inciso in modo molto limitato, anche perché ne è stata espunta la norma che, richiamando espressamente il principio dispositivo, affermava l’esistenza di un onere pieno della prova31. In sostanza, secondo la stragrande maggioranza della dottrina occupatasi del tema nei primi mesi successivi all’entrata in vigore del codice, la formula del principio dispositivo con metodo acquisitivo continua ancora a connotare il processo amministrativo32, atteso che, mentre si riconosce al giudice il potere d’ufficio di chiedere chiarimenti o documenti (art. 63, comma 1) e di acquisire informazioni (art. 64, comma 3), si limita l’onere della prova incombente sulle parti agli elementi di prova che si trovano nella loro disponibilità (art. 64)33.
28 Cass., Sez. III, 9 giugno 2010, n. 13825, in www.dirittoegiustizia.it. In termini analoghi, Trib. Ancona, ord. 28 gennaio 2015, in www.dirittobancario.it, che, sempre utilizzando la regola della vicinanza alla prova, giudicando su un’azione di ripetizione di indebito promossa da un cliente contro la propria banca, a fronte dell’incompletezza della documentazione del rapporto di conto corrente, ha applicato il principio del c.d. «saldo zero» in luogo del saldo (negativo) risultante dal primo estratto conto disponibile.
29 Comm. Trib. Reg. Lombardia, Sez. XIII, 10 luglio 2013, nn. 83 e 84, in Riv. giur. trib., 2014, 350 e 355, con commento di F.ROCCATAGLIATA, Nel transfer pricing opera la «vicinanza» della prova.
30 F. SAITTA, Onere della prova e poteri istruttori del giudice amministrativo dopo la codificazione, in www.giustamm.it, n. 7/2012, § 3; in Dir. e proc. amm., 2013, 93 ss., spec. 104-106; in Scritti in onore di P. Stella Richter, cit., I, 477 ss., spec. 486-488.
31 Per quest’ultima osservazione, cfr. R. GRECO, I poteri istruttori e di accertamento del giudice amministrativo (Relazione al Seminario su «Il giudice amministrativo e il codice del processo: la difficile sfida» - Roma, 27 maggio 2010), in www.giustizia-amministrativa.it, § 4; C.E.GALLO, I mezzi di prova e l’istruttoria (Relazione al Convegno su:
«Il primo codice del processo amministrativo» - Milano, 18-20 ottobre 2010), 2-3 del dattiloscritto.
32 Così S.CACACE, La ricorrenza “guicciardiana” ed il processo amministrativo tra “vetera et nova”. L’istruttoria (Intervento al Convegno su: «Tra patrimonio e processo. L’eredità scientifica di un nobile Maestro: a cent’anni dalla nascita e a quaranta dalla morte di Enrico Guicciardi» - Udine, 14 maggio 2010), in www.giustizia-amministrativa.it, § 5.
33 C.E.GALLO, op. cit., 3-4; ID., Manuale di giustizia amministrativa, 5ᵃ ed., Torino, 2010, 220; D.DI CARLO, Artt. 63 e 64, in Codice del processo amministrativo, a cura di E. Picozza, Torino, 2010, 116 ss.; R.CHIEPPA, Il codice del processo amministrativo, Milano, 2010, 372; M. CLARICH, Le azioni nel processo amministrativo tra reticenze del Codice e apertura a nuove tutele, in www.giustizia-amministrativa.it (novembre 2010), § 4; G. D’ANGELO, L’istruttoria, in Foro it., 2010, V, 215 ss.; A.TRAVI, Considerazioni sul recente codice del processo amministrativo, in Dir. pubbl., 2010, 600-601, anche in nota 46; E. DE FRANCISCO, Il nuovo codice del processo amministrativo: il giudizio di primo grado, in PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, Il codice del processo amministrativo (Trascrizione delle lezioni in materia di decreto legislativo 2 luglio 2010 n. 104 tenutesi presso la Sala polifunzionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri nei mesi di novembre e dicembre 2010), in www.astrid-online.it, 76 ss.; F.G.
SCOCA, Artt. 63 e 64, in A.QUARANTA –V.LOPILATO (a cura di), Il processo amministrativo, Milano, 2010, 535 ss., il quale, dopo aver esordito affermando che «[f]inalmente, dopo circa 120 anni, il sistema probatorio si è adeguato alle esigenze di un processo dispositivo» e che «[l]a nuova disciplina della istruzione probatoria nel processo amministrativo modifica profondamente la disciplina pregressa» (ivi, 536), finisce per constatare che il sistema probatorio delineato dal codice risulta articolato, da un lato, sull’onere gravante sulle parti, e, dall’altro, su ampi poteri officiosi, per cui con la nuova disciplina non viene superata «(almeno apparentemente) la risalente ricostruzione del sistema probatorio proprio del processo amministrativo (sistema dispositivo con metodo acquisitivo), dato che l’onere della prova, posto a (totale)
Scendendo più nel dettaglio, in una delle più approfondite analisi della disciplina codicistica in tema di prove, si è detto che la disponibilità della prova, solennemente enunciata nell’art. 64, comma 2, «rimane comunque schiacciata dal principio di prova (che è la sua esatta negazione) riaffermato nel primo comma dell’art. 64 e dal potere acquisitivo del giudice ribadito nel terzo comma dello stesso art. 64». Si ritiene, in sostanza, che, «[i]ndipendentemente dal principio della
“parità delle armi” al giudice amministrativo sarebbe ancora consentito di trasferire la richiesta di prova dall’uno all’altro soggetto del rapporto controverso e distribuire diversamente l’onere della prova a seconda dell’andamento del processo»34. Secondo questa dottrina, peraltro, il concetto di
«disponibilità» enunciato dall’art. 64 c.p.a., consistendo in sostanza in un onere di allegazione della prova (comma 1) temperato dal potere del giudice di acquisire le informazioni ed i documenti che siano nella disponibilità dell’amministrazione (comma 3), non coinciderebbe con quello di prova
«onerata dalle parti» dell’art. 2697 c.c. e denoterebbe il malcelato intento di reintrodurre un libero apprezzamento della prova proprio del metodo acquisitivo e non di quello dispositivo35.
La situazione non muta volgendo lo sguardo alle prime pronunce giurisprudenziali, parimenti pressochè unanimi nell’affermare che anche dopo l’entrata in vigore del codice il sistema probatorio del processo amministrativo è fondamentalmente retto dal principio dispositivo con metodo acquisitivo36, che – secondo talune sentenze – ha trovato anzi ulteriori conferme37 e
«definitiva consolidazione»38. Del tutto isolate sono alcune sparute pronunce, secondo le quali, invece, l’avvento del codice avrebbe profondamente innovato in materia, assegnando essenzialmente alle parti il tema probatorio e vietando al giudice di supplire, con i propri poteri istruttori, agli incombenti gravanti sulle parti stesse39.
Pur essendo stati convinti sin dall’inizio che – come rilevato dalla surriportata dottrina - sulla disponibilità e sull’onere della prova «il codice pasticcia un po’»40, destabilizzando soprattutto la giurisprudenza41, abbiamo provato allora a ricomporre il mosaico facendo tesoro dell’esperienza
carico delle parti è coessenziale al modello del processo dispositivo, mentre la previsione di (rilevanti) poteri officiosi del giudice è tipica del modello del processo inquisitorio»; C.SALTELLI, op. cit., 592-593; E. CASETTA, Manuale di diritto amministrativo, 13ᵃ ed., Milano, 2011, 850; M.PROTTO, Le garanzie di indipendenza ed imparzialità del giudice nel processo amministrativo (Relazione all’Incontro su: «Le garanzie delle giurisdizioni» - Venezia, 7-9 aprile 2011), in www.grupposanmartino.it, § 5.4; C. LAMBERTI, Disponibilità ed onere della prova (Relazione al Convegno su: «La disponibilità della domanda nel processo amministrativo» - Roma, 10-11 giugno 2011), 16-17 e 21-23 del dattiloscritto; N.SAITTA, Sistema di giustizia amministrativa, 3ᵃ ed., Milano, 2011, 239-240; G.MANFREDI, Il regime probatorio nel codice del processo amministrativo, in Urb. e app., 2010, 478. In posizione in certo senso intermedia, A.
CARBONE, Azione di adempimento, disponibilità della situazione giuridica e onere della prova (Intervento al Convegno da ultimo citato), § 2, secondo il quale il codice non disattende il sistema tradizionale, ma lo riconduce nei termini della sua originaria elaborazione: «non cioè come mero onere di allegazione, ma tuttavia nemmeno nel senso dell’asettica applicazione del principio dell’onere della prova»; L.GIANI, La fase istruttoria, in F.G.SCOCA (a cura di), Giustizia amministrativa, 4ᵃ ed., Torino, 2011, 361 e 365, la quale ravvisa una notevole attenuazione del metodo acquisitivo; V.
SALAMONE, Prime note illustrative del nuovo processo amministrativo dinanzi ai Tribunali amministrativi regionali, Palermo, 2010, 99, secondo cui l’art. 63 c.p.a. ha parzialmente modificato il sistema tradizionale improntato al metodo acquisitivo.
34 Così C.LAMBERTI, op. cit., 22.
35 C.LAMBERTI, op. cit., 24-25.
36 In tal senso, tra le tante, Cons. St., Sez. III, 14 giugno 2012, n. 3528, in www.lexitalia.it, n. 6/2012; Sez. VI, 2 febbraio 2012, n. 586, ivi, n. 2/2012; Sez. IV, 16 maggio 2011, n. 2955, in Foro amm. – CdS, 2011, 1518; T.A.R.
Campania-Napoli, Sez. V, 12 aprile 2011, n. 2079, in www.giustizia-amministrativa.it.
37 T.A.R. Puglia-Bari, Sez. III, 25 novembre 2011, n. 1803, in Foro amm. – TAR, 2011, 3635.
38 Così T.A.R. Lombardia-Milano, Sez. III, ord. 6 aprile 2011, n. 904, in www.lexitalia.it, n. 4/2011.
39 In tal senso, T.A.R. Campania-Napoli, Sez. VIII, 1 dicembre 2010, n. 26440, in www.lexitalia.it; in termini, T.A.R.
Sicilia-Catania, Sez. I, 1 agosto 2011, n. 2044, ivi, n. 7-8/2011; in Foro amm. – TAR, 2011, 2588; in Giurisd. amm., 2011, II, 1334.
40 C.LAMBERTI, op. cit., 23. Ancora più severo il giudizio di A.ROMANO TASSONE, op. cit., 467, il quale stigmatizza, in particolare, la «pessima redazione dell’art. 64 – il cui comma 3°, considerato isolatamente, parrebbe legittimare un intervento “acquisitivo” del giudice in realtà sostanzialmente inquisitorio, perché totalmente sganciato dalle prospettazioni dei contendenti».
41 G.TROPEA, Prime considerazioni sul principio di non contestazione nel processo amministrativo, anche alla luce delle sue recenti applicazioni giurisprudenziali, in Dir. proc. amm., 2012, 1158-1166.
processualcivilistica e della stessa giurisprudenza amministrativa formatasi sia prima che dopo l’entrata in vigore del codice42. Muovendo dal dato, a tutti noto, che la giustificazione originaria (e – come vedremo – tuttora dominante) del c.d. metodo acquisitivo fa leva proprio sulla disparità, quanto alla disponibilità delle prove, tra la parte pubblica e le parti private, per cui l’intervento officioso del giudice serve, sul piano processuale, a ristabilire l’equilibrio che, sul piano sostanziale, non sussiste43, tant’è che la giurisprudenza più recente formatasi prima dell’entrata in vigore del codice era assai chiara nell’affermare che, nelle ipotesi in cui siano nella disponibilità della parte interessata gli elementi di prova atti a sostenerne la domanda giudiziale, il principio dell’onere della prova ex art. 2697 c.c. conserva integro il suo valore44, abbiamo sostenuto che, a ben guardare, anche nel processo amministrativo non si fa altro che applicare il criterio della vicinanza alla prova45.
Ecco, allora, che la specialità del processo amministrativo è sembrata scolorirsi, nella misura in cui una siffatta operazione di riequilibrio dell’asimmetria tra le parti in ordine alla disponibilità del materiale probatorio è tutt’altro che ignota al nostro ordinamento, essendo stati introdotti analoghi meccanismi anche nel processo civile46. E’, d’altronde, di tutta evidenza che, nel processo amministrativo, data la sostanziale sperequazione che si riscontra nella disponibilità dei fatti acquisiti mediante il procedimento tra la parte pubblica e le altre parti che ad esso hanno partecipato, porre l’onere della prova sempre e comunque a totale carico del ricorrente equivarrebbe, in molti casi, a negare tutela alle situazioni giuridiche soggettive, sia di diritto soggettivo che di interesse legittimo, ancorchè del tutto fondate47. Ciò che è sicuramente vietato dall’art. 2 c.p.a., che, nel sancire il principio della parità delle parti nel processo, postula evidentemente una parità effettiva e non formale, che non potrebbe esserci se, pur in presenza di materiale istruttorio nella disponibilità esclusiva dell’amministrazione, si gravasse il privato di un onere pieno della prova48.
Muovendo da questa impostazione, abbiamo, da un lato, dissentito dall’affermazione che metodo acquisitivo e principio di prova sono «l’esatta negazione del principio dispositivo»49 ed adombrato quel «doppio regime dell’istruttoria» (a seconda del tipo di azione – annullatoria ovvero risarcitoria - esperita) ad altri apparso inconcepibile50 e che, a nostro avviso, diventerebbe, invece, la conseguenza necessitata dell’applicazione del criterio della vicinanza alla prova; dall’altro, dubitato dell’effettiva portata innovativa di quella sparuta giurisprudenza che, mentre sembra predicare la definitiva scomparsa del metodo acquisitivo51, a ben guardare, laddove afferma che «il giudice non deve supplire con propri poteri istruttori ad incombenti cui la parte può diligentemente provvedere», non fa altro che applicare, forse inconsapevolmente, il criterio della vicinanza alla prova.
La lettura delle disposizioni codicistiche operata «a caldo» da dottrina e giurisprudenza prevalenti – secondo cui, in sostanza, nulla è cambiato – risulta confermata negli anni successivi, fino ai giorni nostri.
42 Cfr., se vuoi, F.SAITTA, op. cit., passim.
43 Per più puntuali indicazioni degli studiosi che possono ascriversi a tale indirizzo (in primis, ovviamente, F.
Benvenuti) e per l’illustrazione delle altre tesi in argomento, cfr. F.G.SCOCA, op. cit., 540 ss.
44 In tal senso, ex plurimis, T.A.R. Lombardia-Milano, Sez. III, 19 novembre 2008, n. 5442, in Urb. e app., 2009, 353, con commento di G.MANGIALARDI, L’onere della prova nel processo amministrativo.
45 Criterio non a caso espressamente richiamato in alcune pronunce: Cons. St., Sez. VI, 18 marzo 2001, n. 1672, in www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Sicilia-Palermo, Sez. II, 8 aprile 2011, n. 694, ibidem, entrambe in materia di risarcimento danni.
46 M.PROTTO, op. cit., § 5.4; E.DE FRANCISCO, op. cit., 79, il quale richiama gli artt. 421 e 548 c.p.c., rispettivamente, in materia di lavoro e di accertamento dell’obbligo del terzo.
47 E.DE FRANCISCO, ibidem.
48 C.E.GALLO, Manuale, cit., 219.
49 Così C.LAMBERTI, op. cit., 15-16.
50 Si allude sempre a C.LAMBERTI, op. cit., 31.
51 Cfr., in part., T.A.R. Campania-Napoli, Sez. VIII, n. 26440/2010, cit.
La giurisprudenza più recente, infatti, pur ribadendo che anche nel processo amministrativo vige il principio dell’onere della prova, stabilito in termini generali dall’art. 2697 c.c.52, continua a ritenere che l’applicazione del principio stesso presupponga che le parti abbiano la piena disponibilità degli elementi che possono provare la fondatezza dei loro assunti53 ed a giustificare, quindi, il temperamento di tale principio attraverso il c.d. metodo acquisitivo al fine di rimediare alla disuguaglianza di posizioni tra amministrazione e privati cittadini54.
La stessa giurisprudenza afferma, dunque, che la regola generale dell’onere della prova non può subire attenuazioni nelle controversie di natura patrimoniale, nelle quali sono azionati diritti soggettivi ed i mezzi di prova sono nella piena disponibilità del soggetto danneggiato55.
Non mancano, poi, sentenze che menzionano espressamente, come strumento idoneo a bilanciare la disparità sostanziale e processuale tra ricorrente ed amministrazione, il criterio che fa leva sulla riferibilità o vicinanza o disponibilità del mezzo di prova56.
In definitiva, secondo la giurisprudenza più recente, «il sistema probatorio nel giudizio amministrativo può ancora dirsi fondamentalmente retto dal principio dispositivo con metodo acquisitivo»57, che quindi «risulta confermato, con definitiva consacrazione, dal C.P.A.»58.
Per quanto concerne la dottrina, mi limito a constatare, con piacere, che anche chi mi ha preceduto oggi è del mio stesso avviso, avendo sostenuto, soltanto un paio d’anni fa, che, «a differenza dell’art. 2697 c.c., dall’art. 64 c.p.a. si ricava una correlazione, tipica del processo amministrativo, tra onere e disponibilità. L’onere cioè sussiste nei limiti della disponibilità e non oltre. […] In definitiva, il criterio di riparto dell’onere probatorio non è individuato in ragione di uno schema, precostituito ed astratto, incentrato sulla valenza dei fatti (costitutiva, ovvero modificativa o estintiva) ma secondo un criterio flessibile molto simile a quello elaborato dalla Corte di Cassazione nella nota sentenza n. 141 del 10.1.2006 ed ispirato al principio di vicinanza della prova, il cui conio è a ben vedere giustificato dalle stesse esigenze che presiedono alla disciplina del processo amministrativo: la strutturale presenza di disparità fra le parti. In sostanza ha l’onere di provare chi è più vicino alla prova o, per dirla con le parole del codice del processo, chi ha la disponibilità della prova»59.
Soltanto in apparenza – a nostro avviso – l’anzidetta lettura delle disposizioni codicistiche del 2010 risulta contraddetta da un recente studio monografico sul sistema probatorio del processo
52 T.A.R. Molise, Sez. I, 13 marzo 2015, n. 107, in www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Abruzzo-Pescara, Sez. I, 19 febbraio 2015, n. 84, ibidem.
53 T.A.R. Campania-Napoli, Sez. VI, 13 febbraio 2015, n. 1101, in www.giustizia-amministrativa.it; Sez. IV, 3 febbraio 2015, n. 748, ibidem; Cons. St., Sez. IV, 18 novembre 2014, n. 5662 e 29 maggio 2014, n. 2782, ibidem e in www.lexitalia.it, n. 5/2014.
54 Cons. St., Sez. VI, 18 febbraio 2015, n. 822 e 21 gennaio 2015, n. 178, in www.giustizia-amministrativa.it; Sez. V, 16 febbraio 2015, n. 781, ibidem; T.A.R. Sicilia-Catania, Sez. II, 2 febbraio 2015, n. 326 e 19 gennaio 2015, n. 196, ibidem; Cons. St., Sez. IV, 27 gennaio 2015, n. 352, ibidem; T.A.R. Puglia-Bari, Sez. III, 15 gennaio 2015, n. 58, ibidem; con specifico riguardo al giudizio elettorale, nel quale l’onere probatorio è sempre stato ritenuto ulteriormente attenuato (F. SAITTA, Giudizio in materia di operazioni elettorali ed onere della prova: attenuazione o…
aggravamento?, in Foro amm. – TAR, 2003, 2825 ss.), Cons. St., Ad. plen., 20 novembre 2014, n. 32, in www.lexitalia.it, n. 11/2014.
55 Cons. St., Sez. III, 10 aprile 2015, n. 1839, in www.giustizia-amministrativa.it; Cons. Giust. Amm. Reg. sic., 5 marzo 2015, n. 200, ibidem; T.A.R. Emilia Romagna-Parma, Sez. I, 27 febbraio 2015, n. 58 e 15 gennaio 2015, n. 13, ibidem;
T.A.R. Sardegna, Sez. I, 3 febbraio 2015, n. 264, ibidem; T.A.R. Toscana, Sez. III, 13 gennaio 2015, n. 19, ibidem.
56 Così Cons. St., Sez. V, 23 febbraio 2015, n. 879 e 27 agosto 2014, n. 4377, in www.giustizia-amministrativa.it;
T.A.R. Sicilia-Palermo, Sez. II, 13 febbraio 2015, n. 465, ibidem.
57 T.A.R. Campania-Salerno, Sez. II, 10 gennaio 2015, n. 100, in www.giustizia-amministrativa.it.
58 T.A.R. Veneto, Sez. I, 7 ottobre 2014, n. 1273, in www.giustizia-amministrativa.it, che aggiunge invero che l’art. 63, comma 1, c.p.a. sembra accentuare il principio dispositivo, ma nel limitato senso che «i poteri di acquisizione officiosi possono riguardare le sole informazioni ed i documenti utili al fine del decidere che siano nella disponibilità dell’Amministrazione». Dunque, davvero nulla di nuovo.
59 G. VELTRI, Gli ordini istruttori del giudice amministrativo e le conseguenze del loro inadempimento, in www.giustizia-amministrativa.it (2013), § 2.
amministrativo alla luce del principio del giusto processo60. Tale analisi si conclude, invero, con l’affermazione che «la disciplina contenuta nel codice […] fa (definitivamente) venir meno la possibilità di riscostruire i rapporti tra giudice e parti in chiave di “principio dispositivo con metodo acquisitivo”»; a tale conclusione, tuttavia, l’Autrice perviene muovendo dalla constatazione che
«non è l’organo giudicante a operare la disposizione processuale dei fatti, ma sono le parti – grazie al gioco della non contestazione – a individuare i fatti bisognosi di prova; incombe su di esse l’onere di fornire quanto nella loro disponibilità possa servire a dimostrare il fondamento della pretesa fatta valere; le iniziative istruttorie d’ufficio devono essere dirette sempre e soltanto all’assunzione di quelle prove sottratte alla disponibilità della parte che, almeno in astratto, potrebbe trarne giovamento, quando ciò sia (o quantomeno appaia) “necessario” per colmare le lacune istruttorie ed evitare l’applicazione della regola di giudizio»61. Orbene, non sembra che, al di là del lapidario – e, forse, un po’ affrettato e preconcetto – de profundis al metodo acquisitivo, queste ultime considerazioni si pongano in contrasto con la nostra lettura degli artt. 63 e 64 c.p.a., che, secondo noi, non fanno altro che vietare al giudice di supplire con propri poteri istruttori ad incombenti cui la parte può diligentemente provvedere, in tal modo applicando quel criterio della vicinanza alla prova che è implicitamente sotteso alla ricostruzione dottrinale ora in esame, che fa leva proprio sulla disponibilità o meno della prova da parte del contendente. Né si è mai posto in dubbio che, pur vigendo il metodo acquisitivo, le parti restano comunque onerate dell’allegazione dei fatti, al di fuori della quale il giudice non può assumere alcuna iniziativa istruttoria: la disputa sembra, dunque, solo terminologica.
Quanto sin qui detto – si badi bene – non deve indurre a ritenere che il problema del rapporto tra onere della prova e potere acquisitivo del giudice amministrativo possa essere risolto, sic et simpliciter, temperando il principio dispositivo mediante un’oculata applicazione del criterio della vicinanza alla prova.
Una corretta applicazione di siffatto criterio, tuttavia, oltre ad apparire assolutamente coerente con il principio dispositivo che permea il processo amministrativo62, induce a ritenere errata l’affermazione che, nelle controversie risarcitorie, non vi siano mai ragioni per discostarsi dai tradizionali principî civilistici, secondo cui l’onere della prova, sia per il danno emergente che per il lucro cessante, incombe su chi fa valere la pretesa in giudizio63. Come abbiamo tentato di dimostrare ormai un decennio orsono64, infatti, anche nelle predette controversie, caratterizzate da una sostanziale pariteticità dei contendenti, può giustificarsi l’intervento del giudice ogniqualvolta la parte istante non sia in possesso dei dati fattuali rilevanti per la soluzione della controversia: è sbagliato, in altri termini, fare di tutta l’erba un fascio, dando per scontato che il ricorrente abbia sempre la piena disponibilità del materiale probatorio richiesto o indicato quale dimostrazione della pretesa risarcitoria, anche perché, in molti casi, quest’ultima trae origine dall’accoglimento di una pregressa (almeno dal punto di vista logico, se non anche cronologico) domanda di annullamento di un provvedimento e vede, quindi, il ricorrente collocato nella medesima posizione di inferiorità nei
60 Si allude a R.BRIANI, L’istruzione probatoria nel processo amministrativo. Una lettura alla luce dell’art. 111 della Costituzione, Milano, 2013.
61 R.BRIANI, op. cit., 364 (il corsivo nel testo è nostro).
62 Lo ammette lo stesso L.R. PERFETTI, Sull’istruttoria nel processo amministrativo oltre il “metodo acquisitivo”.
Osservazioni sulla relazione tra art. 64 c.p.a. ed art. 213 c.p.c., in Scritti in memoria di R. Marrama, Napoli, 2012, II, 741 e 759-760, pur paventando il rischio che un uso incontrollato dei poteri officiosi possa comportare una reale alterazione di tale principio.
63 Convincimento che, poco prima che si avviasse l’iter legislativo poi sfociato nel codice, era stato ribadito dallo stesso P. DE LISE, L’istruzione nel processo amministrativo, in www.giustamm.it, n. 10/2008, § 6.
64 F.SAITTA, La prova del danno e l’incerta «civilizzazione» del processo amministrativo, in Giur. it., 2005, 1564-1565;
nello stesso senso, G.LEONE, Il sistema delle impugnazioni amministrative, Padova, 2006, 467, il quale parimenti osserva che, anche quando iure privatorum utitur, l’amministrazione detiene atti e documenti che non sempre sono nella disponibilità del privato, sicchè anche nell’ambito della giurisdizione esclusiva la posizione processuale delle parti appare sperequata, come in sede di legittimità. Più in generale, un rilievo critico all’applicazione indiscriminata della regola dell’onere della prova nelle controversie in materia di diritti soggettivi si trova in C.E.GALLO, Manuale, cit., 219.
confronti della parte pubblica che aveva al momento dell’instaurazione del processo65.
A parte il fatto che è quanto meno dubbio che la natura pubblicistica del processo, ergo l’indisponibilità dello scopo a cui esso è istituzionalmente assegnato (id est, la ricerca della verità), che giustifica la perdurante esclusione dell’interrogatorio formale e del giuramento66, venga meno allorquando si controverta in materia di risarcimento del danno determinato da attività provvedimentale della pubblica amministrazione67.
Si consideri, poi, che il codice «non distingue affatto tra giurisdizione esclusiva o estesa ai diritti soggettivi e giurisdizione generale di legittimità», in tal modo precludendo una graduazione dell’applicazione del principio dispositivo che si basi sulle posizioni soggettive sostanziali68, anziché sulla concreta disponibilità della prova.
Infine, non va dimenticato che, in punto di allegazione dei fatti (e di deduzione dei vizi- motivi), laddove non soccorre il potere di acquisizione del giudice, il cittadino continua a trovarsi in una posizione di evidente inferiorità a causa della penalizzante lettura giurisprudenziale del concetto di piena conoscenza69.
Non a caso, del resto, autorevole e recente giurisprudenza, in dissenso rispetto all’orientamento prevalente, ha ritenuto applicabile l’anzidetto potere acquisitivo anche in un ambito di controversie – quelle risarcitorie – che si ritenevano integralmente regolate dal principio dispositivo, ergo assoggettate alla regola di giudizio di cui all’art. 2697 c.c.70.
4. Processo amministrativo ed esigenze di ricerca della verità materiale: le ragioni di un giudice «attivo»
Si è già detto come, già prima della codificazione di cinque anni fa, fosse del tutto maggioritario l’orientamento secondo cui i poteri acquisitivi del giudice amministrativo servono a rimediare alla concreta inferiorità nei confronti della pubblica amministrazione in cui versava il ricorrente per il fatto che gli atti ed i documenti necessari per supportare le sue affermazioni erano generalmente in possesso della stessa pubblica amministrazione, solitamente restia a consentire l’acquisizione71. Non è sbagliato, quindi, affermare che, in materia di onere della prova nel processo amministrativo, vigono contemporaneamente due principî diversi, applicabili ciascuno a determinati fatti da provare: per i fatti che sono nella disponibilità del ricorrente, grava su quest’ultimo l’onere della prova piena e concludente; per i fatti che sono, viceversa, nella disponibilità dell’amministrazione, vige la regola del principio di prova da parte del ricorrente, suscettibile di dar impulso, ove necessario, ai poteri istruttori del giudice72.
Per valutare in modo obiettivo siffatto sistema, che il codice sembra sostanzialmente confermare, va tenuto presente, in primo luogo, che l’attuazione, anche integrale, del principio dispositivo non è di per sé incompatibile con il conferimento al giudice di rilevanti poteri di
65 Di recente, nel senso che l’affermazione che il potere officioso del giudice non sia ammesso nelle azioni di condanne e risarcitorie «corrisponde ad una “mezza verità”», C.LAMBERTI, Primi orientamenti, cit., § 3.
66 T.A.R. Lombardia-Milano, Sez. III, 6 aprile 2011, n. 904, in www.giustizia-amministrativa.it.
67 G.MICARI, Mario Nigro, il giudice amministrativo «signore della prova» e novellazione legislativa, in Giur. merito, 2005, 2482.
68 Così L.R.PERFETTI, op. cit., 743.
69 Sul punto, per tutti, G.MANFREDI, op. cit., 476 ss.; C.E.GALLO, I mezzi di prova, cit., 1-2.
70 Si allude a Cons. St., Ad. plen., 23 marzo 2011, n. 3, in www.giustamm.it, n. 3/2011, che, in sede di applicazione della regula juris ex art. 1227, comma 2, c.c., ha ritenuto che il giudice amministrativo possa (e debba) valutare, «senza necessità di eccezione di parte ed acquisendo anche d’ufficio gli elementi di prova all’uopo necessari», se il presumibile esito dell’azione di annullamento e dell’utilizzo degli altri strumenti di tutela avrebbe evitato in tutto o in parte il danno.
71 In tal senso, di recente, M.DUGATO, L’istruttoria, in A.SANDULLI (a cura di), Diritto processuale amministrativo, Milano, 2007, 207; L.R.PERFETTI, Prova (dir. proc. amm.), in Enc. dir., Annali, I, t. 1, Milano, 2008, 936, secondo cui, per essere coerente con l’art. 24 Cost., il metodo acquisitivo deve intervenire a protezione della parte processualmente debole. Nel senso che l’attendibilità di tale criterio non può dirsi del tutto venuta meno a seguito del mutamento del rapporto tra cittadino e pubblici poteri apportato dalla l. n. 241/1990, F.SAITTA, Il sistema probatorio del processo amministrativo dopo la legge n. 241 del 1990: spunti ricostruttivi, in Dir. proc. amm., 1996, 1 ss.
72 T.A.R. Lazio-Roma, Sez. III bis, 4 giugno 2008, n. 5475, in Foro amm. – TAR, 2008, 1755.
iniziativa istruttoria. In altri termini, un maggiore attivismo del giudice nella direzione del processo non significa affatto snaturare il modello dispositivo e tradirne la matrice liberale in nome di un modello inquisitorio73: si tratta solo di vedere entro quali limiti la ricerca della verità materiale sia conciliabile con il principio dispositivo e l’iniziativa ufficiosa del giudice si armonizzi con la sua imparzialità.
Nel variegato panorama normativo, del resto, già nell’ambito del solo processo civile, si registrano, da un lato, un generale favor del legislatore verso i poteri istruttori integrativi del giudice quale possibile strumento per bilanciare le rigide preclusioni disposte per le parti e, dall’altro, modelli alternativi (ad es., nelle controversie di lavoro, in quelle di locazione e di affitto, nel diritto di famiglia) – basati su precise divergenze strutturali, che mirano ad assicurare una tutela differenziata a particolari categorie di diritti e di interessi – nei quali il giudice è spesso abilitato ad ammettere ed assumere mezzi di prova ex officio persino quando la parte sia incorsa in decadenze ovvero, a causa di preclusioni maturate, non possa più esercitare il proprio diritto alla prova e, in casi eccezionali, non è nemmeno strettamente vincolato al rispetto dei limiti oggettivi e fattuali delle domande e delle allegazioni di parte.
Più in generale, poi, se si conviene sull’esigenza sistemica che il processo si concluda con una sentenza «giusta», che rispecchi il più possibile la realtà materiale74, non vi dovrebbe essere difficoltà ad ammettere che, con il principio della domanda, concorra il potere-dovere del giudice inteso ad impedire, nonostante qualunque inerzia dei contendenti, decisioni in potenziale contrasto con la realtà dei fatti. Ne consegue che soltanto se l’accertamento della verità non interessa, può risultare inutile munire il giudice di poteri istruttori autonomi per consentirgli di accertarla; ovvero, capovolgendo il ragionamento, solo se, per scelta ideologica, si ritiene che il giudice non debba essere dotato di tali poteri, può coerentemente affermarsi che il processo non possa – e, comunque, non debba – essere orientato verso l’accertamento della verità dei fatti; tertium non datur, sembrando insostenibile che un processo possa essere orientato verso la ricerca della verità dei fatti e debba al contempo essere fondato sull’esclusivo monopolio delle parti sulle iniziative probatorie.
Una giusta combinazione tra principio dispositivo e principio di acquisizione in un processo (come anche quello amministrativo) che richiede la tempestiva attivazione delle parti per poi farle spesso attendere per un periodo irragionevolmente lungo la sentenza potrebbe consistere in un’attenuazione del rigore delle preclusioni mediante la valorizzazione di istituti che rispettino la necessità di adeguate possibilità di difesa e di replica, ben potendo ipotizzarsi un coordinamento della facoltà del giudice di prendere in considerazione e valutare nella loro efficacia – si badi bene, non di ricercare di propria iniziativa, ciò che contrasterebbe con il divieto di utilizzare la propria scienza privata – i fatti che risultino acquisiti al processo con le facoltà difensive delle parti75.
Sotto altro profilo, una trattazione dei poteri istruttori e di accertamento del giudice amministrativo non può prescindere dalle peculiarità che innegabilmente caratterizzano questo tipo di processo, «laddove il “fatto” è sempre costituito dall’incontro (o dallo scontro) tra una attività di un’amministrazione pubblica intesa al perseguimento di un interesse pubblico e una situazione giuridica corrispondente a un interesse di un soggetto privato»76. E chi propendesse per un’integrale
73 La vigenza del principio dispositivo non implica, insomma, un’illimitata o esclusiva competenza delle parti in materia di prove, tale da ridurre il giudice ad un ruolo di mero spettatore: per tutti, T.CARNACINI, Tutela giurisdizionale e tecnica del processo, in Studi in onore di E. Redenti, Milano, 1951, II, 693 ss.
74 Sul punto, ampiamente, M.TARUFFO, La semplice verità, Roma-Bari, 2009, passim, ma spec. 119, laddove si afferma che «il processo è giusto se è sistematicamente orientato a far sì che si stabilisca la verità dei fatti rilevanti per la decisione, ed è ingiusto nella misura in cui è strutturato in modo da ostacolare o limitare la scoperta della verità, dato che in questo caso ciò che si ostacola o si limita è la giustizia della decisione con cui il processo si conclude»; in termini, A. ROMEO, Sulla natura del ricorso incidentale e sulla rilevabilità d’ufficio delle eccezioni nel processo amministrativo, in Foro amm. – TAR, 2010, 82.
75 E’ del tutto ovvio, del resto, che le attività istruttorie officiose non sono gestite dal giudice in via unilaterale: B.
SASSANI, Lineamenti del processo civile italiano, 2ᵃ ed., Milano, 2010, 222.
76 R.GRECO, op. cit., § 1. Di recente, V.CERULLI IRELLI, Giurisdizione amministrativa e pluralità delle azioni (dalla Costituzione al Codice del processo amministrativo), in Dir. proc. amm., 2012, 501, dopo aver opportunamente ribadito che l’interesse pubblico cui il giudice amministrativo è chiamato a servire è quello di dare ragione a chi ha ragione e