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La deriva senza fondo - Judicium

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Academic year: 2022

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Intimités

1 LA DERIVA SENZA FONDO

Ma qualcuno se ne rende conto? Non solo non abbiamo più un sistema ma non abbiamo più neppure rules of thumb per un umile ragionevole artigianato procedurale. Di questo degrado si sta incaricando con zelo la Corte Suprema che, pontificando in apicibus, delira di principi vs regole e chi se ne strofina dell’incertezza che semina (vedi – ma è solo un caso – il principio di diritto che la sentenza è sì collegiale ma a produrre devastanti effetti indiretti basta l’atteggiamento di un singolo membro del collegio).

Come una automobile decrepita, il codice perde pezzi per strada, alla merce’ di una nomorrea impazzita che ne fa strame. Si dice che il sonno della ragione generi mostri ma il dormiveglia ipnotico è peggio. Ipnosi della c.d.

“dottrina” che, fatte salve le educate proteste d’obbligo, pensa poi bene di impegnarsi a razionalizzare l’irrazionale, rivestendo di “plausibilità sistematica” tutte le novità transeunti, gli elettroni spaiati che provvedono quotidianamente ad erodere quel che resta del sistema. È il bello è che ci riesce, ma ci riesce perché all’immondizia che le viene propinata aggiunge accuratamente le perle che poi dice di avervi trovato. È davvero grande in questo la nostra “dottrina” capace di partorire in breve tempo una mezza dozzina di monografie su leggi che non entrano poi in vigore (o vigono, cadono e poi si ripresentano riconfezionate per il riciclo). Peccato che poi, all’atto pratico, il povero avvocato non sappia più che pesci pigliare. Ma dietro all’avvocato c’è sempre qualcuno: peggio per lui se ha ragione, e meglio per quel qualcun altro che lucra a caso dell’imprevedibile.1

La cronaca dei tentativi di salvare il salvabile, è sempre più istruttiva. Il nostro lettore trova più in basso la “Relazione” al ministro della c.d. Giustizia la Relazione di Romano Vaccarella che sintetizza l’attività della Commissione da lui presieduta e intesa a fermare (rallentare?) il degrado. E trova di seguito

1 Naturalmente sono fatti miei, ma forse non è del tutto insignificante il fatto che, dovendo aggiornare i “Lineamenti”, da una settimana un crampo blocchi la mano incaricata di ri- scrivere il senso e i limiti del giudizio di fatto in cassazione dopo la sciagurata riforma dell’art. 360 n. 5 (ammiro chi ha già completato l’aggiornamento della sua opera, ma mi metto nei panni della cupida legum juventus che affronti il tema per la prima volta).

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Intimités

2 lo Schema propositivo di legge delega del relativo ministero, la risposta

dell’istituzione, il probabile divenire. Non voglio commentare i dettagli, perché la cosa è alla portata anche del più ingenuo dei lettori; voglio solo trasmettere il senso della voragine che separa contenuto, senso, stile, giustizia di soluzioni della Relazione dalla caricatura dello Schema. La prima, evitando di combattere con i mulini a vento, ha faticosamente cercato di conciliare il buon senso avveduto del giurista con la struttura di una macchina arrugginita.

Il secondo procede nella linea per cui la tutela giurisdizionale è quella che è, sicché ne va accettato il degrado successivo: il buon cittadino è quello che meno infastidisce il conducente. Altro che access to justice, slogan che ci ha bombardato i timpani per decenni. Il bravo cittadino deve sapere che, esercitare il suo diritto (?) di azione deve aspettarsi una corsa ad ostacoli, e d’altronde non è neppure un bravo cittadino se non concilia prima. Paghi la motivazione, se proprio vuol fare appello (nel vernacolo di Virgilio Andrioli

“mejo abbozzà che intignà”), e si becchi di nuovo un giudice monocratico.

Tanto – lo abbiamo appena detto – il collegio è un orpello nel new deal della Corte Suprema.

Ma naturalmente l’unica cosa da fare non è più nemmeno pensabile. Di munirsi di una macchina nuova – o quantomeno di comprare qualche buon pezzo di ricambio garantito – nemmeno a parlarne. Dando a Cesare quel che gli spetta (colpe della classe forense e degli studiosi del processo, sottoscritto compreso ça va de soi), oggi il distillato di quel corpo autoreferenziale che è ormai la magistratura italiana (l’ufficio legislativo del Ministero) si attribuisce – sicuramente autorizzato e spalleggiato da ANM e CSM – il potere di contraddire platealmente non solo le scelte ma la stessa filosofia di quella Commissione ministeriale che ha solidalmente lavorato nella “stanza accanto”

dello stesso Ministero, mettendo faticosamente insieme un pacchetto di proposte ragionevoli, sulle quali aprire discussioni una volta tanto non imbrattate da polemiche ideologiche o corporative. “Orecchie da mercante”

rispetto all’elaborato di un gruppo di giuristi consapevoli (giù il cappello per il presidente e per taluno dei membri) in stretto dialogo con magistrati, avvocati e rappresentanti di istituzioni variamente coinvolte.

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Intimités

3 Da molti lustri viviamo il fenomeno della giuridicizzazione dell’esistente.

Quel che erano un tempo semplici interessi sono divenuti veri diritti, quelle che erano semplici regole di savoir faire o di prudenza sono divenuti veri doveri sanzionati. La macchina della giustizia scopre però che non ce la fa:

vade retro art. 24!

B.S.

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