• Non ci sono risultati.

La formazione continua dell’avvocato: annotazioni sullo stato attuale e prospettive future - Judicium

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "La formazione continua dell’avvocato: annotazioni sullo stato attuale e prospettive future - Judicium"

Copied!
7
0
0

Testo completo

(1)

www.judicium.it

PIERLORENZO DISO

La formazione continua dell’avvocato: annotazioni sullo stato attuale e prospettive future

Sommario. 1. Premesse. 2. Le basi normative. 3. La formazione continua tra mantenimento e aggiornamento delle conoscenze, abilità e competenze. 4.

Metodo e ambito della formazione continua. 5. Modalità della formazione continua. 6. Conclusioni

1. Premesse. Per ‘formazione’, in senso generale, si intende il risultato di un processo formativo, “cioè l’insieme delle conoscenze e della cultura acquisite in un determinato settore specifico” (Vocabolario della lingua italiana Treccani).

Di formazione permanente o continua si inizia a parlare a partire dagli anni ’70 del secolo scorso, come “simbiosi tra studio e lavoro destinata a protrarsi senza interruzione per tutto l’arco della vita socialmente attiva”

(così L. Firpo, Le quattro piaghe dell’Università, La Stampa, 21 marzo 1971).

Nel marzo 2000 il Consiglio Europeo di Lisbona sottolinea la centralità della istruzione e formazione permanente (lifelong learning) lungo l’intero arco della vita, in un società “alle prese con una trasformazione di portata comparabile con quella della rivoluzione industriale” (cfr. Memorandum sull’istruzione e la formazione permanente della Commissione delle Comunità Europee, in http://ec.europa.eu/education/lifelong- learning-policy/doc/policy/memo-it.pdf).

“A livello europeo, la formazione, per la sua funzione di miglioramento e acquisizione di nuove competenze, spesso più aderenti alle moderne esigenze professionali è, quindi, considerata strumento di competitività”

(così N. Bianchi, La formazione tra vecchie esigenze e nuove opportunità, Relazione in sede di VIII^ Congresso giuridico-forense per l’aggiornamento professionale, Roma 14 marzo 2013, p. 2, in www.consiglionazionaleforense.it, ove si può rinvenire una sintetica ricostruzione storica delle politiche europee degli ultimi anni in materia di formazione).

Peraltro, la formazione permanente, oltre alle sue implicazioni giuridiche, culturali ed economiche, presenta anche profondi risvolti a livello etico: la competenza riveniente dalla formazione continua – che richiede impegno e studio e, quindi, lavoro per essere acquisita e mantenuta -, è la condizione per l’espletamento di una prestazione professionale confacente alle aspettative e ai bisogni dei singoli e dell’intera comunità.

Per il credente il lavoro intellettuale – di cui indubbiamente la formazione permanente è parte integrante - rappresenta anche un modo per partecipare e collaborare all’opera creativa di Dio, nonché “un dovere di cui

(2)

www.judicium.it

ci si sente responsabili davanti a Dio e alla società” (sul punto v. S. Dianich in “Il mestiere dello studente e la vocazione cristiana”, Bologna 2010).

2. Le basi normative. Il Codice Deontologico Forense attualmente in vigore per primo ha posto, accanto al dovere di diligenza (art. 8), il dovere di competenza (art. 12) e il dovere di aggiornamento professionale (art. 13).

Il 13/07/2007 e’stato approvato dal Consiglio Nazionale Forense il Regolamento per la formazione professionale continua degli avvocati, che ha trovato applicazione con decorrenza dal 1°/01/2008.

La legge 31 dicembre 2012 n° 247 “Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense”, in vigore dal 02.02.2013, con l’art. 11 co. 1, ha ribadito l’obbligo della formazione continua, consacrandolo nella normativa di rango primario: “L’avvocato ha l’obbligo di curare il continuo e costante aggiornamento della propria competenza professionale al fine di assicurare la qualità delle prestazioni professionali e di contribuire al migliore esercizio della professione nell’interesse dei clienti e dell’amministrazione della giustizia”.

Tale normativa, configurandosi come lex specialis posterior di fonte gerarchicamente sovraordinata rispetto al D.P.R. n° 137/2012 applicabile a tutte le altre professioni regolamentate, è l’unica applicabile ai professionisti forensi.

L’art. 1 co. 4 del Regolamento C.N.F. contiene la definizione normativa della formazione professionale continua: “Con l’espressione formazione professionale continua si intende ogni attività di accrescimento ed approfondimento delle conoscenze e delle competenze professionali, nonché il loro aggiornamento mediante la partecipazione ad iniziative culturali in campo giuridico e forense”.

L’assetto regolamentare si impernia sulla fondamentale distinzione, nell’ambito della formazione continua, tra ‘eventi formativi’ (art. 3 Regolamento C.N.F.) e ‘attività formative’ (art. 4 Regolamento C.N.F.).

La partecipazione ad eventi formativi previamente accreditati e la effettuazione di attività formative comporta il rilascio di crediti formativi utili ai fini dell’assolvimento degli obblighi di formazione professionale valutabile complessivamente nell’arco di un triennio, con riferimento ad un minimo di ore/crediti annuale predeterminato a livello nazionale dal Regolamento C.N.F., con possibili deroghe a livello locale da parte delle Unioni degli Ordini Regionali e dei singoli Consigli dell’Ordine.

Soggetti destinatari delle disposizioni del Regolamento C.N.F. sono l’

avvocato iscritto all’albo e il praticante con patrocinio.

Nella Relazione di accompagnamento al regolamento per la formazione continua approvato il 13.7.2007 si legge che “l’obbligo di formazione continua sussiste per il solo fatto dell’iscrizione nell’albo a prescindere dal se rifletta, o meno, un esercizio in atto dell’attività e perciò anche se quest’ultima, oltre al caso in cui non è svolta, sia marginale, episodica, discontinua”. … “Pertanto, ai fini di accertare l’attualità dell’obbligo formativo non è impiegabile nemmeno il criterio dell’esercizio della professione con carattere di continuità che … non rileva affatto in questa

(3)

www.judicium.it

sede; con la conseguenza che anche chi non esercita con carattere di continuità è tenuto a rispettare l’obbligo formativo”.

Per ciò che concerne i praticanti con patrocinio, nella suddetta relazione, si legge che “è parso necessario includere anche questa figura nel novero dei soggetti destinatari dell’obbligo, tenuto conto che la relativa abilitazione, negli affari in cui è riconosciuta la competenza, conferisce lo jus postulandi pieno ed effettivo e l’attività è professionale a tutti gli effetti”.

Ogni iscritto può scegliere liberamente gli eventi e le attività formative da svolgere, in relazione ai settori di attività professionale esercitata, con l’obbligo di far rivenire un numero minimo predeterminato di crediti da eventi e/o attività formative aventi ad oggetto l’ordinamento professionale e previdenziale e la deontologia (art. 2 co. 4 Regolamento C.N.F.).

Sono esonerati dall’obbligo della formazione continua, ai sensi dell’art.

11 co. 2 L. 247/2012, gli avvocati sospesi dall’esercizio professionale per incarico istituzionale (art. 20. co. 1), per il periodo del loro mandato; gli avvocati dopo venticinque anni di iscrizione all’albo o dopo il compimento del sessantesimo anno di età; i componenti di organi con funzioni legislative e i componenti del Parlamento europeo; i docenti e i ricercatori confermati delle università in materie giuridiche.

La summenzionata normativa sugli esoneri è di immediata applicazione (dal 2.2.2013).

Ai sensi dell’art. 6 co. 2 Regolamento C.N.F. “Costituiscono illecito disciplinare il mancato adempimento dell’obbligo formativo e la mancata o infedele certificazione dell’obbligo formativo seguito”.

Per la completa cognizione della normativa vigente in materia è d’uopo riferirsi – oltre che alla legge professionale e al Codice Deontologico Forense attualmente in vigore - al Regolamento C.N.F. 13.7.2007 e alla relazione di accompagnamento che fornisce utili chiarimenti in materia.

In questa sede – prescindendo dalla specifica problematica delle specializzazioni, sulla quale si attende il regolamento ministeriale, da adottarsi entro due anni dall’entrata in vigore della legge n° 247/2012 - si svilupperanno alcune brevi considerazioni, come sintetico contributo all’inquadramento di questa delicata ‘terza fase’ della formazione giuridica professionalizzante, che interviene dopo la formazione di base universitaria (sulla quale v. N. Picardi, La formazione di base del giurista, in Riv.

Dir. Proc. 2005, pp. 355-376) e i percorsi formativi ‘post lauream’ (sul percorso formativo della professione forense v. Grillo – Guarneri – Onofri, L’esame di procuratore legale, Milano, 1994).

In linea di massima, accanto ai saperi giuridici tradizionalmente insegnati nelle Università, la professione forense richiede, oltre all’ampliamento e rafforzamento delle conoscenze giuridiche, l’apprendimento post lauream di materie nuove o solo in parte trattate nei corsi universitari, come la deontologia, le tecniche dell’argomentazione e della persuasione, l’informatica giuridica e amministrativa, le scienze sociali e del comportamento, le tecniche di composizione stragiudiziale delle controversie, quali la mediazione, la conciliazione e l’arbitrato, l’organizzazione e gestione dello studio legale, le principali lingue straniere

(4)

www.judicium.it

parlate nell’Unione Europea (cfr. G. Gullotta, La formazione dell’avvocato, in Rassegna degli Avvocati Italiani n° 2/1981).

3. La formazione continua tra mantenimento e aggiornamento delle conoscenze, abilità e competenze. La complessa e articolata normativa summenzionata pone all’interprete diverse questioni da affrontare.

Occorre preliminarmente delineare l’ambito delle nozioni di

‘mantenimento’ e ‘aggiornamento’ delle conoscenze, abilità e competenze che integrano il concetto di ‘formazione continua’, per poi rimarcare alcuni tratti differenziali nell’ambito dei dati giuridici di nuova acquisizione.

La formazione dell’avvocato deriva dagli studi universitari e dal praticantato forense e consiste nell’acquisizione dei fondamenti teorici basilari del sapere giuridico, tendenzialmente consolidati, anche se soggetti a rivisitazioni e aggiornamenti, nonché nel successivo approfondimento delle conoscenze afferenti ad uno o più campi del sapere giuridico, finalizzato, mediante l’applicazione delle stesse a casi concreti, al conseguimento di specifiche abilità e competenze, delle quali si sostanzia la preparazione professionale.

La formazione continua mira, dunque, in primo luogo al mantenimento di conoscenze, abilità e competenze già acquisite.

Ma, durante il periodo di effettivo esercizio della professione, l’avvocato è obbligato non solo al mantenimento di conoscenze, abilità e competenze possedute, ma anche all’aggiornamento, cioè all’acquisizione di dati giuridici (normativi, giurisprudenziali, dottrinali) nuovi in relazione all’espletamento degli incarichi professionali assunti, sì da rafforzare le suddette abilità e competenze.

L’aggiornamento concerne in primo luogo l’acquisizione di dati giuridici nuovi che integrano i fondamenti teorico-pratici di un determinato campo del sapere giuridico ed hanno tempi di obsolescenza molto più lunghi rispetto ad altri ugualmente rilevanti ai fini dell’espletamento del mandato professionale, ma molto più soggetti a mutamenti nel tempo.

Valga come esempio la categoria dottrinale civilistica dei ‘contratti socialmente tipici’ che assume una posizione centrale nella manualistica degli anni ‘80-‘90 del secolo scorso (cfr. F. Gazzoni, Manuale di diritto privato, 1996, p. 1233), mentre è assente in quella più risalente; pertanto, l’

avvocato che si è formato negli anni ‘60-’70, quando questa concettualizzazione era assente, può aggiornarsi e restare al passo con i tempi mediante la formazione continua.

Ed ancora: la riformulazione giurisprudenziale della categoria civilistica di ‘danno alla persona’, il cui ambito viene di volta in volta perimetrato in relazione a diversi parametri interpretativi adottati, non può ritenersi una semplice informazione da acquisire, bensì è una innovazione del tessuto giuridico (cd. ‘diritto vivente’) che implica la necessità di adeguamento alla nuova concettualizzazione.

Ma l’aggiornamento riguarda anche l’acquisizione di dati soggetti a più frequenti modifiche e variazioni, che non toccano i fondamenti teorici basilari di un determinato campo del sapere giuridico.

(5)

www.judicium.it

Ad esempio, il saggio degli interessi legali di cui all’art. 1284 c.c., centrale rispetto alla determinazione dell’oggetto della prestazione di dare nell’obbligazione pecuniaria, è un dato normativo estremamente soggetto a variazioni nel tempo.

Come si legge nella Relazione di accompagnamento, se “in passato la formazione era intesa come percorso di acquisizione conoscitiva che termina con l’ingresso nella vita lavorativa e rispetto ad essa si concepiva il mantenimento come forma di aggiornamento delle conoscenze già acquisite”, “l’aggiornamento è oggi inteso non più come mantenimento di conoscenze già acquisite, bensì come processo culturale di crescita professionale”. “Miglioramento e perfezionamento sono, perciò i nuovi orizzonti della formazione”.

4. Metodo e ambito della formazione continua. Assume fondamentale rilievo il metodo di acquisizione e sistemazione dei dati predetti: esso naturalmente può essere soggettivo, ma deve imprescindibilmente raggiungere l’obiettivo della completezza e della coerenza delle conoscenze necessarie ad espletare con la dovuta diligenza e competenza la prestazione professionale richiesta.

Avendo ben presenti le nozioni di base acquisite negli anni universitari e la forma mentis riveniente dal praticantato e dall’esercizio professionale, l’avvocato, con riferimento ad ogni incarico assunto, deve ricercare e utilizzare, anche con l’ausilio delle tecnologie informatiche, i dati giuridici normativi, giurisprudenziali e dottrinali che costituiscono il ‘formante’

applicabile al caso.

Quanto all’ambito, il limite della formazione continua è rappresentato, in primo luogo, dall’utilità rispetto al concreto espletamento degli incarichi professionali conferiti e accettati.

Sotto questo profilo rilevano, a livello del Codice Deontologico Forense, il dovere di diligenza posto dall’art. 8, per cui “L’avvocato deve adempiere i propri doveri professionali con diligenza”, il dovere di competenza posto dall’art. 12, per cui “L’avvocato non deve accettare incarichi che sappia di non poter svolgere con adeguata competenza”, mentre “L’accettazione di un determinato incarico professionale fa presumere la competenza a svolgere quell’incarico”, nonché l’art. 13 – Dovere di aggiornamento professionale, per cui “E’ dovere dell’avvocato curare costantemente la propria preparazione professionale, conservando e accrescendo le conoscenze con particolare riferimento ai settori nei quali svolga l’attività”.

Peraltro, la recente legge sull’ordinamento professionale n° 247/2012 ha trasfuso nella normativa di rango primario i doveri di diligenza e competenza – unitamente a quelli di indipendenza, lealtà, dignità, probità e decoro (art. 3 co. 2).

A livello civilistico rileva il parametro di diligenza richiesto, nell’adempimento degli obblighi derivanti dalla prestazione della propria opera intellettuale, dagli artt. 1176 co. 2 c.c. e 2236 c.c., “da intendersi … in relazione alla natura dell’attività esercitata come prestazione di quella diligenza media che un professionista di preparazione professionale e di

(6)

www.judicium.it

attenzione media deve nello espletamento dell’opera in favore del proprio cliente” (Cass. 18.5.88 n. 3463).

E’ auspicabile, comunque, che la formazione continua non resti circoscritta nell’ambito strettamente necessario all’espletamento degli incarichi professionali in concreto assunti, ma sia effettuata anche senza un immediato riscontro di tipo utilitaristico, bensì anche al solo scopo di affinare e perfezionare la propria preparazione in proiezione futura.

Non solo. Un corretto dispiegarsi delle specializzazioni professionali in ambito forense richiede ed implica la piena consapevolezza che la specializzazione richiede un plus di conoscenze ed esperienze nell’ambito prescelto, ma non autorizza a trascurare completamente le dinamiche giuridiche inerenti ad altri settori: ad esempio, il civilista specializzato non potrà disinteressarsi del dibattito sulla separazione delle carriere dei magistrati in ambito penalistico, pena lo scadimento del tono complessivo della sua figura professionale (sul punto cfr. F. Galgano, Manualetto forense, 1996, p. 89).

5. Modalità della formazione continua. Una volta accertato in che cosa consiste la predetta ‘formazione continua’, e quale ne sia il metodo e l’ambito, occorre indagare quali debbano essere le sue modalità di effettuazione.

Corsi di aggiornamento e masters, seminari, convegni, giornate di studio, dibattiti e tavole rotonde su determinate tematiche giuridiche sono imprescindibili, anche per l’immediato contatto che si realizza con i relatori e la connessa possibilità di rivolgere domande, chiedere chiarimenti e formulare osservazioni,

Ma affinchè la formazione continua faccia la differenza, incidendo sul livello di preparazione dei singoli avvocati e, di conseguenza, dell’intera avvocatura, appare fondamentale anche il ruolo rivestito dalla consultazione e studio di testi e riviste giuridiche specializzate, cartacee o telematiche; in sostanza, accanto alla formazione effettuata a mezzo di eventi “collettivi”

rimane fondamentale lo studio effettuato dall’avvocato “uti singulus”, che si pone come completamento e ampliamento delle basi conoscitive impiantate dagli eventi formativi.

Sotto questo profilo rileva nuovamente l’art. 13 I. Codice Deontologico Forense per cui “L’avvocato realizza la propria formazione permanente con lo studio individuale e la partecipazione a iniziative culturali in campo giuridico e forense”.

L’avvocato, in definitiva, pur nel rispetto degli indici normativi, legislativi e regolamentari (art. 13 II. Codice Deontologico Forense), deve essere libero di strutturare un proprio percorso di aggiornamento professionale, che si snodi e corra sul ‘doppio binario’ della formazione individuale e collettiva, integrando l’utilizzazione di diversi strumenti e metodi utili allo scopo, nel perseguimento dell’obiettivo di una formazione completa, coerente, organica ed efficace.

Va ricordato che, a mente dell’art. 1 co. 3 Reg. C.N.F., l’adempimento del dovere di formazione professionale continua, con riferimento agli ambiti

(7)

www.judicium.it

in cui si comunica di esercitare l’attività professionale prevalente, è, altresì, condizione per la spendita deontologicamente corretta, ai sensi dell’art. 17- bis del codice deontologico forense, dell’indicazione dell’attività prevalente in qualsiasi comunicazione diretta al singolo o alla collettività (es. carta intestata, biglietti da visita, etc.).

6. Conclusioni. Superate le prime fasi di rodaggio, la formazione continua degli avvocati è ormai considerata un pilastro deontologico e sulla sua necessità vi è unanimità di vedute, mentre sono oggetto di dibattito i modi e i limiti della stessa.

Nella legge 247/2012, art. 11 co. 3, si legge che “Il CNF stabilisce le modalità e le condizioni per l’assolvimento dell’obbligo di aggiornamento da parte degli iscritti e per la gestione e l’organizzazione dell’attività di aggiornamento a cura degli ordini territoriali, delle associazioni forensi e di terzi, superando l’attuale sistema dei crediti formativi”.

La concreta attuazione di questo comma è demandata a un provvedimento del CNF di futura emanazione.

A giusta ragione si è osservato che l’inciso “superando l’attuale sistema dei crediti formativi” deve essere inteso “nel senso che debba essere superato non il sistema dei crediti in sé, che … è uno standard mondiale, ma il sistema com’è strutturato nel concreto attualmente, attraverso una sua revisione anche profonda, finalizzata a garantire un controllo certo, equo ed in alcune ipotesi anche premiante dell’adempimento dell’obbligo a formarsi” (così N. Bianchi, op. cit., p. 11).

Resta inteso che l’attuale sistema presenta non solo criticità, ma anche veri e propri pilastri da non intaccare: 1) tendenziale gratuità dell’offerta del sistema forense; 2) libertà di scelta, anche geografica, 3) uniformità territoriale; 4) libera concorrenza. (cfr. Bianchi, op. cit., p.12).

Quest’ultimo aspetto della libera concorrenza è stato rimarcato nella recente sentenza OTOC della Corte di Giustizia Europea 28 febbraio 2013 nella causa C-1/12, sentenza detta “che ha portato all’attenzione di tutti gli ordini professionali dell’Unione la necessità di garantire la libera concorrenza nel mercato della formazione professionale continua” (così N.

Bianchi, op. cit., p. 13).

La formazione continua, nei termini in cui è delineata dalla vigente normativa, legislativa e regolamentare, rappresenta sicuramente una sfida per l’avvocatura, chiamata ormai a confrontarsi anche in ambiti sovranazionali e, come tale, comporta una risposta in termini di sacrifici da sostenere, ma anche di opportunità da cogliere: la posta in gioco è complessivamente quella di integrare il profilo di una figura professionale, quella dell’avvocato europeo del terzo millennio, in grado, con lo slancio che proviene dalla tradizione non solo di civil law - stante l’importanza del precedente giurisprudenziale nell’argomentazione difensiva -, di allargare i propri orizzonti, così proiettandosi verso il futuro.

Riferimenti

Documenti correlati