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DEBITI FUORI BILANCIO: L’ACCORDO CON I CREDITORI DEVE RISPETTARE I CRITERI IN MATERIA DI PROGRAMMAZIONE E DI EFFETTIVA COPERTURA DELLE QUOTE

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Sentenza n. 37/2020/EL

R E P U B B L I C A I T A L I A N A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONI RIUNITE IN SEDE GIURISDIZIONALE in speciale composizione

composta dai signori magistrati:

Mario PISCHEDDA Presidente Luca FAZIO Consigliere Laura D’AMBROSIO Consigliere Benedetta COSSU Consigliere Francesco SUCAMELI Consigliere Ilaria Annamaria CHESTA Consigliere

Michela MUTI I Referendario relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio n. 686/SR/EL sul ricorso proposto dal Comune di Reggio Calabria (C.F. 00136380805), in persona del Sindaco legale rappresentante pro-tempore, avv. Giuseppe Falcomatà, rappresentato e difeso dall’avv. Gaetano Callipo, (C.F. CLLGTN64R11E041M) elettivamente domiciliato in Roma, in Via Tibullo n. 10, presso lo studio dell’Avv. Alessandro Fusco, come da determinazione n. 360 dell’11 marzo 2020 del Dirigente del Settore Avvocatura Civica e

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procura alle liti allegata al ricorso, sottoscritta dal Sindaco avv.

Giuseppe Falcomatà.

AVVERSO

la deliberazione della Sezione regionale di controllo della Calabria, n. 17 dell’11 febbraio 2020, depositata in pari data e trasmessa a mezzo pec al Comune di Reggio Calabria, recante accertamento di irregolarità ed invito all’adozione delle misure correttive di cui all’art. 148-bis, comma 3, del d.lgs. n. 267/2000 (Tuel);

visto il ricorso introduttivo del giudizio;

visti i decreti del Presidente della Corte dei conti nn. 93/2020 e 97/2020, che hanno determinato la composizione del Collegio e la nomina del relatore;

visto il decreto presidenziale n. 96 del 10 giugno 2020 di fissazione dell’odierna udienza pubblica e il consenso delle parti a celebrarla mediante collegamento da remoto, in forma telematica col sistema della videoconferenza, ai sensi dell'art. 85, comma 3, lett. e) del d.l.

17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla l. 24 aprile 2020, n. 27;

esaminato il ricorso e gli altri atti e documenti di causa;

uditi nella pubblica udienza del 1° luglio 2020, con l’assistenza del segretario d’udienza Adele Mei, il relatore, I Ref. Michela Muti, l'avv.

Gaetano Callipo per il comune ricorrente e il rappresentante del Pubblico Ministero, nella persona del Vice Procuratore Generale dott.ssa Adelisa Corsetti.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

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1. Con il ricorso in epigrafe, tempestivamente e debitamente notificato e depositato, il Comune di Reggio Calabria ha impugnato la deliberazione n. 17/2020, emessa dalla Sezione regionale di controllo per la Calabria, che, nell’espletamento della proprie funzione di controllo sui bilanci e sui rendiconti degli enti locali, ha accertato l’irregolare contabilizzazione del Fondo Anticipazione di Liquidità (FAL) ai sensi dell’art. 2, comma 6, del d.l. 78/2015 e dell’art. 1, comma 814, della L 205/2017, disposizioni dichiarate costituzionalmente illegittime con la sentenza della Corte Costituzionale n. 4/2020, nonché la non conformità all’art. 194 TUEL e ai principi espressi dalla deliberazione della Sezione delle Autonomie della Corte dei conti n. 21/2018/QMIG, delle modalità di rateizzazione individuate dalla delibera di Consiglio Comunale n. 48/2019 relativamente al debito fuori bilancio per un importo pari a € 64.974.388,27 nei confronti della Regione Calabria.

Contestualmente la Sezione ha invitato il Comune ad adottare le necessarie misure correttive, individuate dalla stessa deliberazione e consistenti:

A) quanto alla irregolare contabilizzazione del FAL: nella rideterminazione virtuale (ossia senza modifiche e/o riapprovazioni dei pregressi bilanci) del cd maggior disavanzo, rideterminato in

€ 328.635.504,02; nell’applicazione, a partire dal bilancio preventivo 2020-2022 e fino al 2044, una quota di recupero da “maggior disavanzo” pari a € 10.954.516,80; nel ripiano delle quote allo stato non recuperate, mano a mano che si libereranno le risorse necessarie; e nel

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rappresentare distintamente gli accantonamenti per FAL e Fondo Crediti Dubbia Esigibilità (FCDE) a partire dal rendiconto 2019;

B) quanto alle illegittimità riscontrate nella delibera consiliare n. 48/2019 la definizione con la Regione Calabria di un accordo triennale di rateizzazione del debito fuori bilancio pari a € 64.974.388,27 e l’individuazione delle relative coperture finanziarie con conseguente iscrizione in bilancio delle quote di competenza di ciascun esercizio.

2. Con il ricorso in epigrafe il Comune di Reggio Calabria ha impugnato la suddetta pronuncia della Sezione regionale per i seguenti motivi:

2.1. con riferimento all’irregolare contabilizzazione del FAL, deduce l’infondatezza dell’accertamento per ius superveniens, essendo stato emanato l’art. 39 ter del d.l. 30 dicembre 2019, n. 162, convertito dalla l. 28 febbraio 2020, n. 8.

Ad avviso del ricorrente, poiché l’utilizzo della quota accantonata al FAL ai fini della costruzione del FCDE è stato legittimamente operato in applicazione delle disposizioni allora vigenti e poi dichiarate costituzionalmente illegittime, deve tenersi conto della richiamata normativa sopravvenuta, con conseguente superamento delle misure correttive.

2.2. Con riferimento all’erronea modalità di rateizzazione del debito fuori bilancio nei confronti della Regione, il Comune deduce la violazione dell’art. 194 Tuel; la violazione del Principio Contabile n. 2 per gli enti locali – gestione nel sistema del bilancio, approvato in data 18 novembre 2008 dall’Osservatorio per la Finanza e la Contabilità

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degli Enti Locali (art. 154 TUEL) – punti 93, 96 e 104; la violazione dei principi espressi nella deliberazione n. 21/SEZAUT/2018/QMIG; il travisamento della deliberazione consiliare n. 48/2019 e della fattispecie giuridica considerata, nonché la violazione del principio contabile applicato alla contabilità finanziaria (par. 5.1 dell’All. 4/2 al d.lgs. n. 118/2011) e dell’art. 175, comma 7, del Tuel.

Secondo il ricorrente, l’iter logico giuridico seguito dalla Sezione sarebbe viziato da un errore di fondo consistente nell’avere inquadrato l’accordo intercorso tra la Regione e il Comune nella disciplina dei debiti fuori bilancio, mentre avrebbe natura transattiva ed effetto novativo.

Questo perché, secondo quanto previsto dall’art. 1965 del codice civile, le parti hanno evitato l’insorgenza di una lite facendosi reciproche concessioni, e precisamente:

1. la Regione avrebbe accettato la riduzione di € 14.997.652 milioni, ritenendo fondato quanto rilevato dal Comune in ordine alla non potabilità dell’acqua fornita dal 1981 al 2004, concedendo inoltre la rateizzazione ventennale;

2. il Comune avrebbe riconosciuto il debito nella misura ridotta, impegnandosi ad estinguerlo con pagamenti rateali, fatte salve le ulteriori pretese da definire mediante arbitrato irrituale.

Nell’esaminare quindi la differenza tra transazione e debito fuori bilancio, il ricorrente richiama il Principio contabile n. 2, in relazione alla natura tassativa dell’elencazione dei DFB ex 194 del Tuel, del suo carattere eccezionale, e dall’espressa affermazione che gli accordi

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transattivi non possono essere ricondotti al concetto di DFB.

Richiama quindi la giurisprudenza della Corte dei conti, e in particolare la delibera della Sezione controllo Puglia n. 80/2017 e la delibera della sezione per la Regione Siciliana n. 164/2016.

Il ricorrente rileva, quindi, che non essendo la transazione un DFB, l’Ente ha applicato i principi indicati dalla Sezione delle Autonomie nella deliberazione n. 21/2018 che richiama.

Prima dell’udienza, il ricorrente ha depositato tramite pec, una nota della Regione indirizzata al Comune di Reggio Calabria, relativa ad adempimenti contabili per una compensazione di cassa tra debiti e crediti a titolo di tariffa servizio idropotabile annualità 1981-2004 (nota prot. n. 214068 del 30 giugno 2020) e la copia di un mandato di pagamento emesso dal Comune di Reggio Calabria verso la Regione Calabria (n. 7011 del 30 giugno 2020).

3. In data 17 giugno 2020 la Procura Generale ha depositato le proprie conclusioni, chiedendo il rigetto del ricorso.

Secondo il Requirente, la declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 6, d.l. n. 78/2015 – come autenticamente interpretate dall’art. 1, comma 814, l. n. 205/2017 – è il presupposto giuridico del presente giudizio.

L’azione del Comune di Reggio Calabria va, infatti, a contestare una deliberazione principalmente incentrata sulle misure correttive idonee a ripianare il disavanzo generato dal venir meno della facoltà degli enti di avvalersi di tali norme, per effetto della declaratoria di illegittimità costituzionale ad opera della sentenza n. 4/2020.

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Con la delibera impugnata la Sezione regionale ha applicato i principi posti dalla Consulta, prima che il quadro normativo venisse innovato per effetto delle disposizioni introdotte con l’art. 39-ter, d.l. n. 162/2019.

Sul punto la Procura, dopo aver evidenziato che trattasi di norme sopravvenute che, per loro natura, sono dotate di effetto retroattivo, volendo porre rimedio agli effetti derivanti agli enti dall’abrogazione di pregressi istituti di favore, rileva che le stesse disposizioni sono state oggetto di un’ordinanza di rimessione alla Consulta da parte della sezione di controllo Puglia.

In particolare, il comma 2, dell’art. 39 ter del d.l. 162/2019, come convertito dalla l. n. 8/2020, è stato censurato perché consentirebbe una rilevante deroga al normale regime di rientro del disavanzo, e ciò in assenza di circostanze eccezionali, espresse o comunque rinvenibili nell’ordinamento finanziario degli enti locali, che possano giustificare tale divaricazione.

Con riferimento al comma 3, viene, quindi, criticata la mancata previsione legislativa di un vincolo formale tra la progressiva riduzione del FAL e la connessa riduzione per effetto della riscossione dei residui attivi, il che rappresenta un potenziale fattore di rischio e di alterazione sugli equilibri di bilancio in violazione ai principi costituzionali.

Infine, nell’ordinanza di rimessione si contesta l’elusione del giudicato costituzionale poiché il luogo di un ripiano rispettoso del principio della responsabilità di mandato, ne introduce uno difforme e di nuovo conio, calibrato sui più agevoli tempi di restituzione delle rate annuali dell’anticipazione ricevuta, allo scopo di mitigare gli

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effetti della pronuncia sui bilanci locali.

Secondo la Procura, quindi, la pendenza della questione di legittimità costituzionale è circostanza rilevante nel presente giudizio e formula, pertanto, istanza di sospensione del giudizio in attesa della definizione del giudizio incidentale di costituzionalità. Richiama inoltre la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Sezione di controllo Calabria con ordinanza 108/2019.

Con riferimento al secondo motivo di gravame, la Procura riporta l’oggetto della delibera consiliare 48/2019, (“Riconoscimento debito fuori bilancio nei confronti della Regione Calabria per la somministrazione di acqua erogata negli anni dal 1981 al 2004”), ed evidenzia che tra i

“Visti” della stessa deliberazione e nel primo “Considerato” è precisato che “non risulta alcun residuo passivo per la pretesa in questione, così da dovere ricondurre l’oggetto della convenzione a debito fuori bilancio di cui all’art. 194, comma 1, lett. e) del Tuel”.

Non sarebbe pertanto censurabile la delibera della Sezione territoriale che dubita sulla corretta applicazione della procedura prevista e richiamata.

Nel merito, tuttavia, la Procura potrebbe convenire con la natura sostanzialmente transattiva dell’accordo, pur denotando la scarsa chiarezza dei documenti contabili e nell’applicazione delle regole vigenti.

Nell’ambivalenza della vicenda fattuale, sulla cui corretta interpretazione si rimette al Collegio, tuttavia, la Procura evidenzia che l’Ente esclude che l’accordo rientri nelle ipotesi di cui all’art. 194

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del TUEL e, al contempo, invoca l’applicazione della deliberazione 21/2018 della Sezione delle Autonomie.

Chiede quindi in via pregiudiziale di sospendere il giudizio e nel merito di respingere il ricorso confermando la delibera impugnata.

4. Nel corso dell’udienza pubblica telematica, svoltasi nel rispetto di quanto prescritto dal D.P. n. 138 del 1° aprile 2020, con l’assistenza della segretaria Adele Mei, l’avvocato Gaetano Callipo si riporta agli scritti e chiede l’accoglimento del ricorso. In via subordinata, si associa alla richiesta di sospensione formulata dalla Procura generale.

La Procura si sofferma sulla recentissima sentenza n. 115/2020 della Corte costituzionale e insiste per la sospensione a seguito della questione di legittimità costituzionale, sollevata dalla Sezione di controllo per la Puglia con ordinanza n. 39/2020, sull’art. 39 ter, d.l.

30 dicembre 2019, n. 162, convertito con modificazioni della l.

28 febbraio 2020, n. 8. In via subordinata chiede il rigetto del ricorso con condanna alle spese o in via subordinata la loro compensazione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso, il Comune di Reggio Calabria sostiene che per effetto dello ius superveniens, costituito dall’entrata in vigore dell’articolo 39 ter del decreto - legge 30 dicembre 2019, n. 162 convertito con modifiche dalla legge 28 febbraio 2020, la validità e la fondatezza dell’accertamento svolto dalla Sezione regionale di controllo sono venute meno, e che le misure correttive disposte con la deliberazione impugnata sul punto risultano totalmente sostituite dalla disposizioni contenute nella suddetta norma.

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La Procura generale sostanzialmente concorda con questa prospettazione, limitandosi ad evidenziare che la norma sopravvenuta è stata a sua volta sospettata di illegittimità costituzionale e, richiamando l’ordinanza di rimessione alla Consulta emessa dalla Sezione di controllo Puglia (deliberazione n. 39/2020/PRSP, depositata l’8 giugno 2020), chiede la sospensione del presente giudizio in attesa della pronunzia del Giudice delle leggi.

Entrambe le tesi sono infondate.

La delibera impugnata, emessa ai sensi dell’art. 148 bis del Tuel, ha accertato “La irregolare contabilizzazione del Fondo Anticipazione di Liquidità (FAL) da parte del Comune di Reggio Calabria già a partire dalla operazione di riaccertamento straordinario all’1.1.2015 e della successiva riedizione dell’operazione medesima all’1.1.2018, essendo stato l’accantonamento per FAL incluso in quello per il Fondo Crediti Dubbia Esigibilità (FCDE) sulla base dell’art. 2, comma 6, D.L. 78/2015 e dell’art. 1, comma 814, L. 205/2017, disposizioni dichiarate costituzionalmente illegittime con sentenza della Corte costituzionale n. 4 del 2020” (punto 1 del dispositivo) e conseguentemente ha “invitato” l’ente ad adottare le necessarie misure correttive sviluppantesi in quattro adempimenti e precisamente:

a) rideterminazione del maggior disavanzo, in virtù del separato computo di FAL e FCDE, indicato in € -328.635.504,02;

b) applicazione, a partire dal bilancio preventivo 2020-2022 e fino alla manovra previsionale, del 2044, di una quota di recupero del

“maggior disavanzo”, corrispondente ad un trentesimo

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dell’extradeficit ricalcolato (corrispondente ad annui € 10.954.516,80);

c) ripiano delle quote di “maggior disavanzo” allo stato non recuperate durante l’indicato percorso trentennale, mano a mano che si libereranno le risorse necessarie;

d) rappresentazione distinta degli accantonamenti per FAL e FCDE a partire dal rendiconto 2019.

La norma sopravvenuta dispone che “1. Al fine di dare attuazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 4 del 28 gennaio 2020, in sede di approvazione del rendiconto 2019 gli enti locali accantonano il fondo anticipazione di liquidità nel risultato di amministrazione al 31 dicembre 2019, per un importo pari all'ammontare complessivo delle anticipazioni di cui al decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, e successivi rifinanziamenti, incassate negli esercizi precedenti e non ancora rimborsate alla data del 31 dicembre 2019.

2. L'eventuale peggioramento del disavanzo di amministrazione al 31 dicembre 2019 rispetto all'esercizio precedente, per un importo non superiore all'incremento dell'accantonamento al fondo anticipazione di liquidità effettuato in sede di rendiconto 2019, è ripianato annualmente, a decorrere dall'anno 2020, per un importo pari all'ammontare dell'anticipazione rimborsata nel corso dell'esercizio.”

Appare subito evidente che la nuova disposizione incide soltanto sulla modalità di recupero del maggior disavanzo e non inficia in alcun modo la criticità accertata dalle Sezione di controllo consistente nel sopravvenuto illegittimo utilizzo del FAL per finanziare il FCDE.

Occorre in proposito ricordare che oggetto dell’accertamento previsto

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dall’art. 148-bis TUEL, è la sussistenza di illegittimità contabili in grado di pregiudicare l’equilibrio del bilancio in corso (essendo il bilancio un “ciclo”, SS.RR. n. 23/2019) che rendono necessario adottare le conseguenti variazioni del bilancio di previsione (e delle scritture presupposte), per evitare l’autorizzazione di spesa senza copertura o l’insostenibilità finanziaria dello stesso.

Ciò comporta che la pronuncia di controllo definisce solo l’irregolarità e il relativo accertamento diventa “definitivo” (Corte costituzionale sent. n. 18/2019), mentre le conseguenti misure correttive, sono rimesse alla discrezionalità dell’amministrazione e saranno oggetto di un distinto giudizio di controllo, dal quale, in caso di accertata inadeguatezza, scaturirà il c.d. “blocco della spesa”.

Eventuali indicazioni espresse dalla Sezione regionale costituiscono solo elementi accidentali della pronuncia di controllo, che non possono in alcun modo diventare definitivi, atteso che nell’adozione delle misure correttive l’amministrazione incontra il solo limite dell’adeguatezza e ben può discostarsi da siffatte indicazioni.

Pertanto, il mutato quadro normativo sulla disciplina che governa l’appostazione di determinate poste non rimuove in nessun modo il contenuto dell’irregolarità accertata.

Alla luce di queste considerazioni, appare evidente che la nuova disposizione incide su profili sui quali la pronuncia di accertamento non può diventare definitiva in quanto esula dal suo oggetto e dal relativo parametro legislativamente previsto dall’art. 148 bis Tuel.

Lo stesso ricorrente non lamenta alcun vizio sull’accertamento compiuto

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dalla Sezione di controllo, ma critica le misure correttive indicate, chiedendo l’applicazione dello ius superveniens. Ne consegue che, essendo queste ultime estranee all’oggetto del controllo e non in grado di diventare definitive, il Comune di Reggio Calabria potrà adottare le misure a suo giudizio, più idonee anche conformandosi alla nuova disciplina legislativa, fermo restando la valutazione che farà la Sezione regionale sulla loro legittimità/regolarità e sulla loro idoneità.

Quanto sopra detto rende infondata anche la richiesta di sospensione formulata dalla Procura Generale per la pendenza della questione di costituzionalità relativa al citato art. 39 ter del d.l. 162/2019 n. 162.

Infatti, poiché nel presente giudizio non deve farsi applicazione della suddetta norma, l’emananda pronuncia della Corte costituzionale è totalmente irrilevante ma avrà incidenza solo sulla valutazione delle misure adottate dal Comune di Reggio Calabria e sempre che la civica amministrazione non ritenga di dover optare per un più celere rientro dal maggior disavanzo.

Pertanto, questa richiesta è da ritenersi inammissibile.

2. Con il secondo motivo del ricorso, il ricorrente, lamenta la violazione ed errata applicazione degli artt. 175 e 194 Tuel, dei principi della stessa delibera della Sezione Autonomie, del principio contabile n. 2, punti 93, 96 e 104, del paragrafo 5.1 dell’allegato 4.2 del d.lgs. 118/2011 e travisamento del contenuto della deliberazione del consiglio comunale n. 48/2019 in ordine all’accertamento di non conformità effettuato dalla pronuncia impugnata sulle modalità di rateizzazione del debito per servizio idrico nei confronti della

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Regione, pari a € 64.974.388,27, individuate dalla deliberazione del consiglio comunale n. 48/2019.

Al fine della soluzione della questione sottoposta all’esame di queste Sezioni riunite, il Collegio ritiene necessario evidenziare che, come è emerso nel corso dell’istruttoria svolta dalla Sezione, il debito riguardante il servizio idrico non è mai stato ricondotto a bilancio e che la Regione Calabria, a seguito di accordo, aveva accettato una riduzione delle proprie pretese creditorie, riconoscendo non dovuta la somma di

€ 14.997.652,18 e la rateizzazione in venti anni della residua parte del credito, pari a € 64.974.388,27, con pagamenti di importi crescenti con scadenze annuali, a decorrere dal 30 giungo 2020.

Il ricorrente Comune, con la deliberazione consiliare n. 48/2019, aveva quindi disposto di approvare l’allegato piano di ammortamento del debito, nonché di autorizzare e impegnare, ai sensi dell’art. 42, comma 1, lett. i) del TUEL, le somme necessarie per l’adempimento delle obbligazioni, con iscrizione in ciascuna annualità di bilancio della relativa quota di competenza secondo le scadenze previste.

Secondo il ricorrente, la Sezione avrebbe erroneamente inquadrato la fattispecie nell’ambito del debito fuori bilancio ex art. 194 Tuel, non potendo pertanto superare il termine massimo triennale, mentre l’accordo avrebbe natura transattiva con effetto novativo. Questo perché, secondo quanto previsto dall’art. 1965 del codice civile, le parti hanno evitato l’insorgenza di una lite facendosi reciproche concessioni.

Tale transazione avrebbe efficacia novativa, per essere stata così espressamente qualificata e perché, da un punto di vista sostanziale,

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il mancato pagamento di due rate, comporterebbe la perdita del beneficio della rateizzazione, ma non la reviviscenza del precedente rapporto controverso, integralmente sostituito dall’accordo.

Anche questo motivo è infondato e deve pertanto essere rigettato.

Appare opportuno ricordare che il debito fuori bilancio si ha quando viene assunta un’obbligazione in violazione delle norme che regolano i procedimenti di spesa degli enti locali; in particolare “l’emersione di debiti assunti dall’ente e non registrati quando l’obbligazione è sorta comporta la necessità di attivare la procedura amministrativa di riconoscimento del debito fuori bilancio, prima di impegnare le spese con imputazione all’esercizio in cui le relative obbligazioni sono esigibili. Nel caso in cui il riconoscimento intervenga successivamente alla scadenza dell’obbligazione, la spesa è impegnata nell’esercizio in cui il debito fuori bilancio è riconosciuto” (punto 9.1 del principio contabile della competenza finanziaria, allegato 4.2. del d.lgs. 118/2011).

In una corretta gestione finanziaria, l’emersione di un debito non previsto in bilancio deve essere portata tempestivamente all’esame del Consiglio dell’ente per l’adozione dei necessari provvedimenti, quali la valutazione della riconoscibilità, ai sensi dell’art. 194, comma 1, e il reperimento delle necessarie coperture secondo quanto previsto dall’art. 193, comma 3, e art. 194 commi 2 e 3. Il ritardo nel riconoscimento, con rinvio ad esercizi successivi a quello in cui il debito è emerso, comporta una non corretta rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria dell’ente (Sezione delle Autonomie delibera n. 21/2018/QMIG e delibera n. 21/2019/QMIG).

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Come evidenziato dalla Sezione delle Autonomie nella delibera n. 21/2018/QMIG, richiamata anche dallo stesso ricorrente, “il riconoscimento da parte del Consiglio, per costante giurisprudenza della Cassazione (cfr., ex multis, Cass. Civ., Sez. II, n. 15050/2018) è costitutivo dell’obbligazione. Se il riconoscimento riguarda obbligazioni “scadute”, nel senso che il creditore può esigere immediatamente il pagamento in quanto la prestazione è già stata interamente eseguita, la spesa è impegnata nell’esercizio in cui il debito fuori bilancio è riconosciuto, secondo quanto precisato dal punto 9.1 del principio contabile di cui all’all. 4/2 del d.lgs.

n. 118/2011. Se il riconoscimento riguarda prestazioni che ancora non sono state completamente effettuate, e quindi il pagamento del prezzo non è esigibile o lo è solo parzialmente, potrà essere imputato all’esercizio in corso solo la quota esigibile, mentre la restante parte sarà imputata alle scadenze previste. 3.2. Il comma 2 dell’art. 194 TUEL, peraltro, prevede la possibilità di un pagamento rateizzato in un arco temporale massimo di tre anni, compreso quello in cui è effettuato il riconoscimento. Il piano di rateizzazione deve essere concordato con i creditori…..Nel caso in cui il creditore acconsenta alla stipula di un piano di rateizzazione, il debito deve essere registrato per intero e per intero essere iscritto nello stato patrimoniale, ma per la copertura si dovrà tenere conto della scadenza delle singole rate secondo quanto concordato nel piano”.

Prosegue quindi la Sezione, “tanto premesso, va peraltro chiarito che l’accordo con i creditori non può avere una mera finalità dilatoria, ma la rateizzazione dovrà comunque rispettare tutti i criteri in materia di programmazione e di effettiva copertura delle quote di spesa previste per le

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varie annualità. Diversamente, si ricadrebbe in una situazione non dissimile a quella del ritardato riconoscimento, con violazione dei principi di copertura delle spese, di salvaguardia degli equilibri di bilancio e di veridicità dei documenti contabili”.

Con specifico riferimento agli enti in piano di riequilibrio finanziario pluriennale, l’art. 243 bis, comma 6, prevede che il piano “deve, comunque, contenere” […] la puntuale ricognizione […]di eventuali debiti fuori bilancio (lett. b) e “l'individuazione, con relative quantificazione e previsione dell'anno di effettivo realizzo, di tutte le misure necessarie […]

per il finanziamento dei debiti fuori bilancio entro il periodo massimo di dieci anni, a partire da quello in corso alla data di accettazione del piano” (lett. c).

Inoltre, il comma 7 dispone che “Ai fini della predisposizione del piano, l'ente è tenuto ad effettuare una ricognizione di tutti i debiti fuori bilancio riconoscibili ai sensi dell'articolo 194. Per il finanziamento dei debiti fuori bilancio l'ente può provvedere anche mediante un piano di rateizzazione, della durata massima pari agli anni del piano di riequilibrio, compreso quello in corso, convenuto con i creditori”.

Ciò premesso, va evidenziato che il Comune di Reggio Calabria aveva fatto ricorso al piano di riequilibrio finanziario pluriennale sin dal 2013 e che, come emerge dagli atti depositati e come accertato dalla Sezione regionale di controllo e confermato dal ricorrente, il debito in questione non era mai stato ricondotto a bilancio sino alla delibera n. 48/2019 di riconoscimento del debito.

In disparte le plurime violazioni di legge commesse dal Comune di Reggio Calabria - quali una non corretta rappresentazione dei fattori

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di squilibrio, che non rispecchiava la reale situazione finanziaria dell’ente, il mancato adempimento da parte del Comune di funzioni essenziali trattandosi di spese obbligatorie relative alla somministrazione di acqua erogata negli anni dal 1981 al 2004, l’alterazione del risultato di amministrazione, dando vita a un disavanzo occulto - osserva il Collegio che, a prescindere dalla natura dell’accordo con la Regione Calabria, non è possibile ricorrere alle eccezionali modalità di ripiano per i debiti fuori bilancio emersi successivamente alla approvazione del piano di riequilibrio e non inclusi nello stesso, ma deve trovare applicazione la disciplina ordinaria che prevede un ripiano triennale (art. 194, comma 2 Tuel).

Infatti le disposizioni del d.lgs. 118/2011, unitamente alla fondamentale disposizione di cui all’art. 194 Tuel, che disciplinano il riconoscimento dei debiti fuori bilancio, devono considerarsi norme di stretta interpretazione, posto che la disciplina dei debiti fuori bilancio rappresenta una eccezione alla normale e corretta gestione finanziaria e la rateizzazione deve essere coerente con gli artt. 188, 193 e 194 del Tuel, atteso che “l’accordo con i creditori non può avere una mera finalità dilatoria, ma la rateizzazione dovrà comunque rispettare tutti i criteri in materia di programmazione e di effettiva copertura delle quote di spesa previste per le varie annualità. Diversamente, si ricadrebbe in una situazione non dissimile a quella del ritardato riconoscimento, con violazione dei principi di copertura delle spese, di salvaguardia degli equilibri di bilancio e di veridicità dei documenti contabili” (deliberazione n. 21/2018/QMIG) Ne consegue che l’asserita qualifica di transazione, attribuita

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all’accordo con la regione Calabria dal ricorrente, non può comportare ex se l’applicazione di una disciplina eccezionale, rispetto alla stessa eccezionalità della disciplina dei debiti fuori bilancio, in costanza di una ripetuta violazione delle relative disposizioni.

A tal fine va evidenziato che la previsione di un tempo massimo per il pagamento dei creditori mira a tutelare soggetti che si trovano in una posizione debole rispettoa chi gestisce il bilancio pubblico perché privati delle azioni esecutive, evitando possibili abusi, in violazione di elementari principi di correttezza nei rapporti con i creditori.

Con riferimento alla doglianza del ricorrente relativa al fatto che la Sezione avrebbe travisato il contenuto della deliberazione Consiglio Comunale n. 48/2019 e della fattispecie giuridica considerata, ed avrebbe ritenuto immotivatamente di non valorizzare la virtuosità dell’operazione contabile e amministrativa che avrebbe consentito al Comune di ripartire una ingente massa debitoria in venti anni senza ulteriori oneri e interessi, osserva il Collegio che, come rilevato anche dalla Procura, la delibera consiliare 48/2019 ha il seguente oggetto

“Riconoscimento debito fuori bilancio nei confronti della Regione Calabria per la somministrazione di acqua erogata negli anni dal 1981 al 2004”.

Inoltre, nella motivazione, e precisamente nel primo “Considerato” è espressamente precisato che “non risulta alcun residuo passivo per la pretesa in questione, così da dovere ricondurre l’oggetto della convenzione a debito fuori bilancio di cui all’art. 194, comma 1, lett. e) del Tuel”.

La stessa Regione Calabria, in sede istruttoria nel giudizio di parificazione del rendiconto 2018, aveva specificato che il Comune

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aveva adottato la delibera di riconoscimento del debito fuori bilancio e, pertanto, riteneva di non dover accantonare alcun importo al fondo crediti dubbia esigibilità per tale credito (nota n. 0349596 del 9/10/2019, prot. punto 2.1.1.1).

Alla luce di quanto sopra il ricorso va respinto siccome giuridicamente infondato.

P. Q. M.

La Corte dei conti a Sezioni riunite in sede giurisdizionale in speciale composizione, dichiara inammissibile il primo motivo del ricorso, rigetta il secondo.

Spese compensate.

Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del 1° luglio 2020.

Il Consigliere estensore Il Presidente F.to Michela Muti F.to Mario Pischedda La presente decisione, il cui dispositivo è stato letto all’udienza del 1° luglio 2020, è stata depositata in Segreteria in data 16 dicembre 2020.

Il Direttore della Segreteria F.to Maria Laura Iorio

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