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FACOLTÀ DI GIURISPRUDENZA

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FACOLTÀ DI GIURISPRUDENZA Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

Tesi di Laurea in Diritto Industriale

BREVETTI ESSENZIALI E STANDARD.

PROFILI DEL DIRITTO DELLA CONCORRENZA

Laureanda Relatore

Giuseppina RISPOLJ Ch.ma Profssa Emanuela AREZZO

Matr. n° 70719

ANNO ACCADEMICO 2019 - 2020

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1 INDICE

Introduzione__________________________________________________________3 Capitolo 1 – STANDARDIZZAZIONE____________________________________6 1. Nozione di standard: cosa sono, a cosa servono, effetti benefici per la concorrenza e

l’innovazione, e relativi rischi____________________________________________7 1.1 Modalità di nascita dello standard: lo standard de facto e lo standard de

jure_____________________________________________________________9 1.2 Natura dello standard: lo standard libero e lo standard proprietario. I diritti di

proprietà industriale_______________________________________________11 1.3 Il particolare caso dei SEPs_________________________________________ 13 2. I criteri di standardizzazione e le SSO (“Standard Settings Organizations”)___________ 21 2.1 Il ruolo delle SSO nel bilanciamento degli interessi fra proprietari e utilizzatori dei

brevetti essenziali: i problemi di accesso allo standard_____________________ 26 3. Le interferenze fra diritto europeo antitrust e standardizzazione: i contrasti con gli artt.

101 e 102 TFUE____________________________________________________ 30 3.1 Standardizzazione e articolo 101 TFUE_______________________________ 30 3.2 Standardizzazione e articolo 102 TFUE_______________________________ 33 Capitolo 2 - LICENZA SECONDO TERMINI FRAND_____________________47 1. L’Orange Book Standard e l’approccio della Commissione europea________________47 2. Le clausole FRAND (“Fair Reasonable and Non-Discriminatory”)__________________51 2.1 L’equità e ragionevolezza della clausola FRAND_________________________53 2.2 L’incerta definizione di clausola “non discriminatoria”____________________ 54 2.2.1 Il rifiuto a contrarre________________________________________ 58 2.2.2 Le discriminazioni di prezzo__________________________________60 2.2.3 La trasparenza delle informazioni______________________________63 2.3 La funzione economica dei termini FRAND come strumento per evitare il royalty

stacking, l’hold up e l’hold out o reverse hold up_____________________________64 3. Le royalties e il fenomeno delle c.d. ‘royalties stacking’___________________________65 4. La negoziazione dei termini FRAND nelle SSO_____________________________70 4.1 L’accesso allo standard: Licence To All o Access To All______________________74 4.2 La tutela anomala FRAND di brevetti non-essenziali_____________________ 77 4.3 Gli obblighi e gli effetti derivanti dalle clausole FRAND___________________78 5. Il conflitto fra le clausole FRAND e gli articoli 101 e 102 TFUE: i casi ‘Motorola’ e

‘Samsung’___________________________________________________________85

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2 5.1 Il caso ‘Huawei v. ZTE’: la Corte di giustizia europea dà una definizione di “equo e

ragionevole”_______________________________________________________91 Capitolo 3 - TUTELA GIURIDIZIONALE________________________________100 1. L’holding up e l’holding out_______________________________________________100 2. La tutela giurisdizionale degli accordi FRAND______________________________106

2.1 Le ingiunzioni___________________________________________________ 107 2.2 L’abuso del rimedio ingiuntivo_______________________________________123 3. Contrasti fra ingiunzioni e articolo 102 TFUE______________________________ 125 3.1 Il test del ‘willing licensee’____________________________________________ 130 3.2 I limiti della tutela ingiuntiva: il caso ‘Huawei v ZTE’______________________ 134 3.3 ‘Unwired planet v Huawei’____________________________________________ 137 3.4 I rimedi alternativi alle ingiunzioni: interim payments, interim injunctions e alternative

disputes resolution__________________________________________________ 142 Conclusioni___________________________________________________________148 Bibliografia___________________________________________________________150 Documenti di organismi ed istituzioni_____________________________________163 Giurisprudenza________________________________________________________167

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3 INTRODUZIONE

I diritti di proprietà intellettuale, per via del loro contenuto, sono il campo giuridico in cui gli interessi proprietari e pro-concorrenziali sono in costante tensione. Essendo una tipologia di diritti derivanti dalle invenzioni, è normale che il soggetto titolare/proprietario abbia, da un lato, l’esigenza di vedersi riconosciuti gli sforzi compiuti nel rischioso processo di ricerca e sviluppo, e dall’altro, la necessità che la sua invenzione sia tutelata a livello giuridico contro le contraffazioni o l’uso illegittimo che i terzi in mala fede ne potrebbero fare.

Il processo di ricerca e sviluppo comporta un ingente impiego di capitali ed è caratterizzato da un’alea circa il risultato finale: non è sempre detto che l’invenzione ottenuta sia meritevole di tutela, perché per esempio potrebbe mancare del requisito della novità. Per cui il soggetto che intende sviluppare una nuova tecnologia, prima di tutto deve poter permettersi un dispendio economico così vaso, e dopo, se il prodotto della ricerca ha tutti i requisiti per essere considerato un’invenzione, potrà vedersi compensati gli investimenti fatti tramite quel patrimonio giuridico di diritti che gli permettono di sfruttare economicamente l’invenzione e potrà altresì vedersi riconosciuti i diritti di paternità dell’invenzione. Lo strumento con cui si riescono a realizzare questi scopi è offerto dal brevetto e dalla relativa tutela brevettuale.

All’opposto, i DPI hanno anche uno scopo ulteriore, posto sullo stesso piano del precedente:

quello di permettere lo sviluppo tecnologico in generale, permettendo sia a soggetti nuovi che a quelli già presenti nel mercato, di avere accesso ai nuovi trovati tecnologici, evitando di creare barriere o monopoli attraverso o nel mercato di determinata tecnologia.

Per questi motivi non è raro per detta tipologia di diritti entrare in contrasto con le norme antitrust. Infatti, visto che lo scopo delle norme antitrust è quello di tutelare il mercato ed i consumatori (va notato che la tutela dei consumatori come soggetti del mercato è una tendenza presente soprattutto nostro sistema del mercato unico europeo, mentre resta abbastanza marginale in quei mercati – come quello statunitense – che mirano alla tutela della concorrenza fra imprese), e considerato che una parte dei DPI sono per natura anti-concorrenziali (si pensi, ad esempio, allo ius exludendi, derivante dai brevetti e spettante al proprietario della tecnologia che gli permette di impedire ai terzi l’uso delle sue scoperte), si capisce bene come i due entrino in contrasti frequenti.

Un mezzo che permette di “risolvere” queste esigenze per quanto riguarda la diffusione di tecnologie che permettono lo sviluppo del sistema generale e la tutela della concorrenza, è rintracciabile nei processi di standardizzazione. Uno standard tecnologico è un insieme di specifiche tecniche, contenute in innumerevoli brevetti selezionati allo scopo individuato di volta in volta, necessarie per migliorare l’interoperabilità e la connessione fra dispositivi e

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4 servizi; con la standardizzazione, brevetti ritenuti essenziali (e non) vengono incorporati nello standard reso disponibile a tutti gli implementer – sono implementer le imprese che nel mercato si occupano di implementare, all’interno di chip, componenti, prodotti finali e servizi, le invenzioni brevettate elette a standard – che abbiano la necessità di rendere i propri prodotti e servizi al passo con gli sviluppi tecnologici, un importante mezzo che gli permette di restare competitivi nel mercato. Il mezzo con cui si permette questo scambio sono le licenze per i brevetti, con cui il titolare si vede riconosciuto il diritto ad una compensazione economica sotto forma di fees o royalties per l’uso della tecnologia e l’implementer può sfruttare liberamente la tecnologia entro i limiti di quanto stabilito con la licenza.

Specialmente negli ultimi decenni, con l’accelerazione tecnologica e con l’ingigantimento della portata della standardizzazione, si è assistito a fenomeni di crescente tensione nel campo della concorrenza. Se da un lato, la standardizzazione dovrebbe consentire l’accesso allo standard agli operatori del mercato qualificati che ne facciano richiesta, dall’altro lato così non è sempre perché spesso i titolari dei brevetti ritenuti standard-essenziali (standard essential patents) cercano di fare leva sul potere di mercato che questi brevetti possono conferirgli (occorre chiarire già da ora un punto fondamentale per l’analisi che svolgeremo in questo lavoro, se è vero che i brevetti standard essenziali conferiscono sempre un discreto potere di mercato, non è sempre detto che il potere di mercato derivante dal possesso di SEP riesca a conferire anche una posizione di dominanza nel mercato) per distorcere a loro interesse la concorrenza, tramite comportamenti abusivi contrari alle norme antitrust.

Nella nostra analisi ci occuperemo delle forme con cui gli abusi possono realizzarsi nel modo degli SEP e delle modalità per cercare di eliminare o quanto meno per ridurre al minimo gli effetti di tali comportamenti illegittimi. Vedremo quali sono i maggiori problemi e le soluzioni, dottrinali e giurisprudenziali, a questi fenomeni sia da un punto di vista europeistico, sia guardando all’esperienza americana dato che, essendo il fenomeno della standardizzazione un fenomeno globale non può essere individuato un unico ordinamento su cui profilare l’argomento.

Infatti, partendo dal presupposto che tutt’oggi manca un intervento legislativo in qualsivoglia ordinamento che stabilisca come la materia antitrust vada rapportata a quella della standardizzazione, le corti locali e sovrastatali di tutto il mondo sono state la sede principale in cui far fiorire la disciplina ed è normale che alcuni dettami provenienti dalle corti federali statunitensi siano poi stati ripresi dalle corti europee e dalla Corte di Giustizia europea. Senza considerare che all’interno del panorama europeo, fermi timidi interventi della Commissione europea e della Corte di Giustizia di seguito smentiti dall’una e dall’altra istituzione, si sono sviluppati alcuni filoni giurisprudenziali portanti in Germania e in Inghilterra che sono stati

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5 capaci di aggirare anche le deboli linee guida fornite di volta in volta dalla Commissione e i principi generali – eccessivamente generali – elaborati dalla Corte.

La Commissione e la Corte hanno più volte cercato di fornire un quadro generale entro cui parametrare le forme di abuso che possono derivare dal possesso di SEP e dagli accordi di licenza con cui vengono licenziati tali brevetti, tuttavia, non si è mai andati oltre il far risalire le condotte vietate, in un primo momento all’articolo 101 TFUE, e successivamente all’articolo 102 TFUE, quando ci si è resi conto che la fattispecie degli accordi vietati fra imprese non era una forma di tutela appropriata al fenomeno divenuto via via più complesso con l’uso delle licenze FRAND (ossia licenze concesse a condizioni Fair, Reasonable and Non-Discriminatory).

Per quanto riguarda il nostro Paese, tranne due pronunce rilevanti a livello nazione in materia di standardizzazione, una del Tribunale di Genova e una del Tribunale di Milano, l’Italia è stata tenuta fuori come sede entro cui cercare di creare una “giurisprudenza” che avesse ripercussioni sulla materia dei SEP e delle clausole FRAND e il motivo non è tanto dovuto alla mancanza di strumenti legislativi che possano fungere da base giuridica, quanto è causato dal poco appeal che l’Italia ha nell’essere sede legale delle imprese più incisive nel campo della standardizzazione (ad oggi i leader mondiali hanno sede legale o i Cina, Giappone e U.S.A. o in Paesi come Inghilterra, Irlanda, Germania e Olanda, tipici per il loro trattamento economico favorevole verso le imprese soprattutto in tema di tassazione). Infatti, uno degli altri fenomeni legati alla standardizzazione è il crescente ricorso al forum shopping, un fenomeno che ha avuto ripercussioni sullo sviluppo della giurisprudenza in materia essendo stati preferiti di volta in volta i Paesi che, tramite le loro pronunce e i loro orientamenti, favorivano o una o l’altra parte (titolari di brevetti o potenziali licenziatari e implementer/presunti contraffattori dei brevetti SE).

Il presente lavoro cercherà di ricostruire quella che è stata l’evoluzione del sistema dei brevetti SE, analizzando le licenze FRAND e la complessità con cui queste si pongono nei confronti della tenuta del tradizionale sistema antitrust, provando, senza alcuna presunzione, a costruire una soluzione appropriata, ben tenendo a mente che essendo una materia fluida in costante evoluzione occorre una soluzione che per funzionare allo scopo sia dotata di ampi margini di flessibilità perché sempre più spesso ci si sta rendendo conto della necessità di una disciplina a sé stante.

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6 CAPITOLO 1 – STANDARDIZZAZIONE

1.1.1 Nozione di standard: cosa sono, a cosa servono, effetti benefici per la concorrenza e l’innovazione, e relativi rischi. Gli “standard essential patents” Gli standard possono essere identificati come delle specifiche tecniche riguardanti un prodotto o un’operazione, riconosciute da un ampio numero di produttori e utenti1. Più in particolare, uno standard è un documento in cui sono dichiarati i requisiti per uno specifico oggetto, materiale, componente, sistema o dispositivo, ovvero che descrive nei particolari un determinato metodo o una determinata procedura2 implementata all’interno di un dispositivo3. Prendendo come esempio il campo degli smartphones, al giorno d’oggi è impossibile pensare di produrne un modello senza che questo si uniformi agli standard di tecnologia più comuni:

si pensi ad esempio agli standard relativi alla recezione del segnale di rete (LTE, 3G, 4G, 5G, 6G, ecc.), alla connettività con altri dispositivi (Bluetooth, Wi-Fi, LAN, ecc.), alla geolocalizzazione (GPRS, GPS, ecc). Gli standard tecnologici, infatti, sono parte della vita di ogni giorno: computer, smartphones, tablet - così come le più recenti tecnologie legate all’Internet of Things (IoT) – funzionano, comunicano fra loro e ci permettono di connetterci alla rete Internet grazie alle tecnologie standardizzate incorporate al loro interno. La tecnologia standardizzata nell’ambito delle telecomunicazioni rappresenta un tassello inderogabile per l’interoperabilità dei prodotti oggi esistenti. Si può definire come standard tecnologico4 un insieme di specifiche tecniche che determinano o sono progettate per determinare l’interconnessione fra differenti prodotti o processi; tali standard tecnologici sono il risultato di innovazioni tecniche caratterizzate dalla compatibilità uniforme con tecnologie precedenti ovvero che determinano le condizioni per la compatibilità con nuovi sistemi, nel contesto di condivisione e di connessione di rete fra processi o prodotti.5

1 Comunicazione della Commissione europea del 27 ottobre 1992 [COM(92)445], paragrafo 2.1.

2 AA. VV., Standard-essential Patents in Competition policy brief, Occasional discussion papers by the Competition Directorate–General of the European Commission, Issue 8 June 2014, p. 1.

3 Ai fini del presente lavoro, si fa qui riferimento esclusivamente alla definizione di “standard tecnologico”, ossia ad uno standard adottato perché necessario a garantire dell’interoperabilità fra dispositivi.

4 In ambito europeo, leggendo in combinato disposto l’Articolo 2 del Regolamento UE 1025/2012 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012, sulla Standardizzazione europea, che emenda le Direttive 89/686/EEC e 93/15/EEC del Consiglio, così come le Direttive 94/9/EC, 94/25/EC, 95/16/EC, 97/23/EC, 98/34/EC, 2004/22/EC, 2007/23/EC, 2009/23/EC e 2009/105/EC del Parlamento Europeo e del Consiglio, che abroga la Decisione 87/95/EEC del consiglio e la Decisione 1673/2006/EC del Parlamento Europeo e del Consiglio, il termine “standardizzazione” sta ad indicare una specifica tecnica adottata da un organismo di standardizzazione riconosciuto, per via dell’uso ripetuto e continuo, per cui non è obbligatorio richiederne la conformità. È questa un’ipotesi di standard de facto.

5 BUTTA C., LONGO M.C., Synergies, 2011, p. 261

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7 L’area della standardizzazione si sta evolvendo rapidamente in un ambiente caratterizzato da tecnologie complementari ad alta funzionalità, con un ciclo di vita breve (si pensi ad esempio alla velocità con cui ogni anno vengono rilasciati – sia da parte di produttori già consolidati nel settore sia da parte di nuovi competitors – i modelli di smartphones)6; un ambiente in cui i diritti di proprietà intellettuale sono costantemente in conflitto per via della densità di concentrazione di brevetti che coprono un singolo prodotto o magari anche un solo componente, processo o sistema in esso incorporato7. Un conflitto, questo, che deve fare i conti con le spesso inadeguate misure di regolamentazione del sistema, le quali si scontrano con un mercato che si ritrova ampiamente incapace di garantire la trasparenza, in cui la competizione è sfrenata e contro cui le norme antitrust esistenti, per via della loro formulazione ormai “datata”8, vengono facilmente eluse perché incapaci di disciplinare in modo puntale le nuove fattispecie, permettendo abusi concorrenziali sia verso i produttori che verso i consumatori. Tali abusi finiscono per sfociare in controversie che finiscono davanti le corti locali, magari strategicamente scelte, facendo ricordo al forum shopping, fra quelle che adottano una linea di giudizio più favorevole a chi propone la causa, oppure vengono risolte tramite accordi privati in cui il controllo dell’organo giurisdizionale è totalmente escluso.9

Se i pericoli legati alla correttezza10 del processo di standardizzazione esistono11, i vantaggi che ne derivano sono maggiori e permettono di valutare tali eventuali situazioni come un male

“necessario”. Infatti, la fissazione di uno standard rende i prodotti che lo incorporano più

6 BERA K. R., Standard-Essential Patents (SEPs) and ‘fair, reasonable and non-discriminatory’ (FRAND) licensing, January 29, 2015, http://ssrn.com/abstract=2557390; CONTRERAS J. L., The Cambridge handbook of technical standardization law: Competition, antitrust, and patents, Cambridge University Press, December 2017

7 Sul punto si veda, ad esempio, ERIXON F. – BAUER M., Standard Essential Patents and the Quest for Faster Diffusion of Technology, ECIPE Policy Brief, Vol. 2, 2017

8 HILLEL J., Standards × Patents ÷ Antitrust = ∞: The Inadequacy of Antitrust to Address Patent Ambush, Duke

Law & Technology Review, N. 9, Pages 1-27, 2010,

https://scholarship.law.duke.edu/dltr/vol9/iss1/16

9 PENTHEROUDAKIS C., BARON J. A., Licensing Terms of Standard Essential Patents. A Comprehensive Analysis of Cases, Report for European Commission, 2017, p. 17 e ss.

10 Il problema principale a cui si presta facilmente il processo di standardizzazione è legalo alla capacità di esclusione dal mercato di competitors o di danneggiamento della concorrenza che può avere uno standard fissato da un gruppo di imprese. Si vedano, ad esempio, i casi Allied Tube & Conduit Corp. v.

Indian Head, Inc., 486 U.S. 492, 1988 (la violazione delle norme antitrust del caso venne attribuita alla modalità di reclutamento di nuovi membri per l’organismo di standardizzazione, il cui unico scopo era quello di votare per la definizione dello standard che avrebbe escluso gli altri concorrenti dal mercato);

American Society of Mechanical Engineers v. Hydrolevel Corp., 456 U.S. 556, 1986, (i membri della SSO decisero di rilasciare informazioni fuorvianti su parti di codice incluse nello standard del caso con l’obiettivo di creare uno svantaggio ai competitors). Gli organismi di standardizzazione, quindi, potrebbero facilmente prestarsi a diventare il luogo perfetto per dare vita ad accordi collusivi fra imprese tramite la manipolazione o l’abuso del processo di standardizzazione stesso.

11 Sul punto, STEINMAN M. L., Legal Issues Affecting Standard-Setting: Antitrust and Intellectual Property, https://www.venable.com/insights/publications/2004/04/legal-issues-affecting-standardsetting- antitrust.

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8 appetibili e di valore per consumatori e produttori12. Senza standardizzazione, per esempio, ci sarebbero innumerevoli tipi di auricolari per altrettanti corrispondenti tipi di dispositivi multimediali e smartphones per cui il consumatore si ritroverebbe costretto ad acquistare tutta una serie di nuovi prodotti se uno posseduto in precedenza si rompesse perché quelli in suo possesso mancherebbero di interoperabilità.13

L’insieme di questi benefici vengono identificati dagli economisti come benefici esterni (c.d.

esternalità positive14): si tratta di un effetto di network che si verifica quando il valore che un bene ha per un consumatore cresce quando altri usano lo stesso prodotto15. Nella standardizzazione l’effetto network di solito fa aumentare il valore del prodotto che incorpora lo standard; di conseguenza, l’effetto network tipicamente si sostanzia nell’espansione del mercato e nell’aumento della produzione, con benefici per il commercio e il mercato internazionale16. Per l’analisi antitrust di cui ci occuperemo, la standardizzazione assume un duplice interesse, strettamente riferiti ai pericoli che possono derivare dal processo di standardizzazione, prima, e al successivo esercizio dei diritti derivanti dal possedere una tecnologia standardizzata, dopo.

In primo luogo, dove la standardizzazione sia il risultato di un procedimento volontario, ha rilievo sotto il profilo dell’art. 101 TFUE, potendo questi procedimenti comportare spesso l’esclusione ingiustificata di tecnologie concorrenti, o precludere l’accesso allo standard alle imprese che non hanno partecipato alla formazione.

In secondo luogo, l’esercizio del diritto di esclusiva derivante dalla titolarità di un brevetto standard essenziale17, può assumere rilievo ai sensi dell’art. 102 TFUE, considerando che il possesso di un brevetto standard essenziale o più brevetti dello stesso tipo, potrebbe essere decisivo per il conseguimento di una posizione dominante nel mercato di riferimento. Questo

12 Anche la Commissione europea si è espressa in tal modo, Come si legge nelle Linee Direttrici della Commissione sull’applicabilità dell’art. 101 TFUE agli accordi di cooperazione orizzontale (Linee Direttrici orizzontali), gli standard «promuovono la compenetrazione economica sul mercato interno e favoriscono lo sviluppo di prodotti/mercati nuovi e migliorati e di migliori condizioni di offerta»;

«rafforzano la concorrenza e riducono i costi di produzione e di vendita, a beneficio dell’intera economia»; e, ancora, «possono mantenere e migliorare la qualità, fornire informazioni e assicurare l’interoperabilità e la compatibilità (aumentando così il valore per i consumatori)». Comunicazione della Commissione, Linee direttrici sull’applicabilità dell’articolo 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli accordi di cooperazione orizzontale, del 14 gennaio 2011, par. 263

13 O si veda, ad esempio, la decisione europea sulla commercializzazione dei caricabatteria USB type-C per smartphones.

14 FARRELL J. – SALONER G., Standardization, compatibility and innovation, in RAND Journal of Economics, 1985, pp. 70- 83; KATZ M. – SHAPIRO C., Network Externalities, Competition, and Compatibility, in The American Economic Review, 1985, pp. 424-440

15 Come evidenziato anche dalla Commissione europea nelle Linee guida sull’applicazione dell’articolo 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea agli accordi di cooperazione orizzontale (2011/C 11/01) al paragrafo 263.

16 SHAPIRO C., Setting compatibility standards: cooperation or collusion?, in DREYFUSS R. C. - ZIMMERMAN D. L. - FIRST H., Expanding the boundaries of Intellectual Property, Oxford University Press, 2001 p. 88; KATZ M. – SHAPIRO C., Network Externalities, Competition, and Compatibility, in The American Economic Review, 1985, pp. 424-440

17 Si accenna qui ai brevetti standard essenziali di cui ci occuperemo in seguito.

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9 profilo assume particolare valore se si considera che l’esercizio abusivo di tale posizione dominante, nel sistema standardizzato, facilmente si presta a celarsi dietro il rifiuto ingiustificato di licenza (in letteratura indicato come refusal to deal) quando il titolare esercita il potere escludente connesso al diritto di brevetto oppure quando esercita l’azione inibitoria al solo scopo di porre i presupposti per rifiutare la concessione di licenza.

1.1.1. Modalità di nascita dello standard: lo standard de facto e lo standard de jure La standardizzazione ha diverse origini: può essere il risultato di una decisione fra gli operatori di un particolare settore, e avremo quindi uno standard de jure; oppure nascere da un fatto conseguenziale all’esistenza di particolari circostanze in un certo mercato, si tratterà in questo caso di uno standard de facto; altrettanto, lo standard potrebbe essere imposto “dall’alto” perché adottato da organizzazioni governative e/o statali, così da diventare vincolate per tutti gli operatori del settore: si tratta degli standard normativi18. Comunque, in tutti e due i casi – de jure e de facto -, la standardizzazione comporta possibili conseguenze di abuso del potere di mercato – e di conseguenza, dell’applicazione del diritto della concorrenza – che deriva naturalmente dal controllo di un certo standard. In particolare, tipicamente per la standardizzazione de jure, oggetto dell’analisi concorrenziale saranno il processo stesso che porta all’affermazione dello standard e l’esercizio corretto del potere di mercato da chi detiene lo standard; mentre, per lo standard de facto, la questione si sposta solo sul controllo del corretto esercizio del potere di mercato che fa capo a chi controlla la tecnologia standardizzata,19 non essendoci, in caso di standard de facto, un procedimento di standardizzazione per la scelta dello standard più appropriato.

La standardizzazione de jure deriva da negoziazioni che non possono esse né bilaterali né occasionali: è necessario, infatti, un ampio consenso, dato che la definizione di uno standard può investire diverse specifiche tecniche allo scopo di influenzare un’intera industria; tuttavia, è comunque necessaria una negoziazione per stabilire uno standard.20 Ci si riferisce, infatti, a questo tipo di standard come uno standard volontario e consensuale.21 Generalmente, un tipo

18 AREZZO E., Brevetti essenziali, dominanza e abuso nel settore delle information & communication technologies, Giurisprudenza Commerciale, Vol. 46, Fascicolo 5, Pagine 926-959, p.930, 2019.

19 MELI V., Standard, standardizzazione e applicazione dell’art. 102 TFUE ai conflitti su licenze relative a diritti di proprietà intellettuale, Orizzonti del Diritto Commerciale, Vol. 1, Pagine 1-29, 2014, p. 2.

20 COROVANO G., Standard-Essential Patents: Huawei Case, A Non-Solution To An Avoidable Problem, Rivista Italiana di Antitrust, Vol. 3, N. 1, 2016, http://a-p-p-review.com/article/view/12021/11037, p.

7-8.

21 J. L. CONTRERAS, National disparities and Standard Essential Patents: Consideration for India, p. 2 in BHARADWAJ A. – DEVAIAH H. V. – GUPTA I., Complications and quandaries in the ICT sector. Standard Essential Patents and Competition Issues, SpringerOpen, January 2018, https://doi.org/10.1007/978-981- 10-6011-3.

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10 di negoziazione che soddisfa tutte queste caratteristiche è quella condotta da specifici soggetti:

le c.d. Standard Setting Organizations (SSO)22.

Alcuni degli standard di vasto uso (ad esempio il formato PDF di Adobe), sono standard de facto, posseduti da una sola impresa. In altre parole, la standardizzazione de facto si ha quando la tecnologia di uno specifico soggetto diventa predominante nel mercato; dopo che una determinata tecnologia ha attratto un proficuo numero di consumatori, i benefici discendenti dall’alto numero di persone che già usano questa tecnologia sarà un parametro competitivo decisivo per far sì che gli altri consumatori si convincano ed accettino tale tecnologia.23 L’inversione di rotta si è avuta negli ultimi due decenni, in cui si è registrato un sempre maggiore ricorso proprio agli organismi di standardizzazione quali le SSO, portando a una maggiore presenza di standard de jure24: in questo caso ci sarà una procedura atta a selezionare i più elevati standard tecnologici, incoraggiando la partecipazione all’adozione dello standard da parte di tutti i soggetti del mercato.25

Secondo le Linee guida sull’applicazione dell’articolo 101 TFUE agli accordi di cooperazione orizzontale emanate dalla Commissione europea, la standardizzazione de jure è valutata in termini altamente positivi anche dagli organi comunitari per i benefici economici derivanti da tali processi, quali la riduzione dei costi di produzione e il rafforzamento delle norme concorrenziali, dato che gli standard producono effetti favorevoli anche per i consumatori. Di fatti, prima che sotto il profilo giuridico, la standardizzazione de jure è valutata sotto il profilo economico.26

Data la crescente importanza della standardizzazione e vista la fitta concorrenza nel mercato delle telecomunicazioni, la scelta preferita dei produttori per raggiungere l’interoperabilità è quella di lavorare insieme all’interno delle c.d. Standard Setting Organizations (SSO)27, organizzazioni a partecipazione volontaria e non vincolante per l’utilizzazione dello standard,

22 COROVANO G., Standard-Essential Patents: Huawei Case, A Non-Solution To An Avoidable Problem, Rivista Italiana di Antitrust, Vol. 3, N. 1, 2016, http://a-p-p-review.com/article/view/12021/11037, p.

7-8.

23 RANDAKEVIČIŪTĖ J., The Role of Standard-Setting Organizations with Regard to Balancing the Rights Between the Owners and the Users of Standard-Essential Patents, Nomos Verlagsgesellschaft, Munich Intellectual Property Law Center - MIPLC Studies, Vol. 27, 2015, p. 15

24 J. L. CONTRERAS, National disparities and Standard Essential Patents: Consideration for India, p. 2 in BHARADWAJ A. – DEVAIAH H. V. – GUPTA I., Complications and quandaries in the ICT sector. Standard Essential Patents and Competition Issues, SpringerOpen, January 2018, https://doi.org/10.1007/978-981- 10-6011-3

25 RANDAKEVIČIŪTĖ J., The Role of Standard-Setting Organizations with Regard to Balancing the Rights Between the Owners and the Users of Standard-Essential Patents, Nomos Verlagsgesellschaft, Munich Intellectual Property Law Center - MIPLC Studies, Vol. 27, 2015, p. 15

26 MELI V., Standard, standardizzazione e applicazione dell’art. 102 TFUE ai conflitti su licenze relative a diritti di proprietà intellettuale, Orizzonti del Diritto Commerciale, Vol. 1, Pagine 1-29, 2014, p. 4 e ss.

27 COROVANO G., Standard-Essential Patents: Huawei Case, A Non-Solution To An Avoidable Problem, Rivista Italiana di Antitrust, Vol. 3, N. 1, 2016, http://a-p-p-review.com/article/view/12021/11037, p.

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11 il cui scopo è quello di ricercare, selezionare e stabilire gli standard per le rispettive aree di esperienza in cui operano. In questo modo, le SSO adottano standard tecnici industriali che tutti i partecipanti devono poi concedere in licenza, indistintamente, ai terzi che ne facciano richiesta: all’interno delle SSO non ha rilievo il fatto che gli utilizzatori dello standard siano o meno coloro che hanno partecipato allo sviluppo della tecnologia28.

1.1.2. Natura dello standard: lo standard libero e lo standard proprietario. I diritti di proprietà intellettuale

Un’ulteriore classificazione che può essere fatta per gli standard è quella che riguarda la titolarità dei diritti di proprietà intellettuale. Quando lo standard è tutelato con gli strumenti tipici della proprietà intellettuale, quali il brevetto, si dice standard proprietario.

Il brevetto, infatti, con la sua funzione di stimolo agli investimenti in R&D allo scopo di accelerare l’innovazione tecnologia, attribuisce all’inventore, un diritto di natura proprietaria che gli consente di sfruttare economicamente ed in via esclusiva, per un periodo di tempo limitato, il risultato della sua attività di ricerca. Dall’altro lato, ai concorrenti, nel periodo temporale di validità del brevetto, resterà preclusa l’attuazione di quella invenzione brevettuale e saranno incentivate anch’essi a investire in ricerca per non rimanere tagliati fuori dal mercato:

in ciò si sostanza la funzione pro-concorrenziale dei brevetti.

In più, il riconoscimento di uno ius excludendi in capo al titolare del brevetto, invocabile erga omnes, rende l’invenzione brevettuale possibile oggetto di circolazione negoziale così come, di conseguenza, consente di accedere a forme di tutela giudiziarie (sia inibitorie, come l’ingiunzione, sia risarcitorie, tramite il risarcimento dei danni patrimoniali) contro le violazioni dei diritti di brevetto.

La tutela tramite brevetto permette a chi detiene il suddetto brevetto una serie di vantaggi diretti quali la tutela legale contro le violazioni del proprio diritto e il vantaggio economico derivante dal diritto alle royalties; così come il proprietario può far leva sul vantaggio indiretto di controllare il mercato tramite il controllo dello standard utile in quello specifico settore.

Tuttavia, uno standard di tipo proprietario può presentare dei pericoli; in particolare, non è un’ipotesi fantasiosa quella in cui il soggetto che detiene la tecnologia, non dichiari di essere in possesso di brevetti che tutelano parti di tecnologie implementate in uno standard determinato, dando vita a un complicato innestarsi di vicende, anche processuali, che possono essere ricondotte al fenomeno del patent hold-up , che tratteremo nel terzo capitolo in maniera approfondita.29

28 PENTHEROUDAKIS C., BARON J. A., Licensing Terms of Standard Essential Patents. A Comprehensive Analysis of Cases, Report for European Commission, 2017.

29 In generale, si veda tutta la letteratura sull’hold-up, ad esempio KATTAN J. – WOOD. C., Standard- essential patents and the problem of hold-up, 2014, https://ssrn.com/abstract=2370113; LANGUS G. –

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12 Mentre, quando lo standard è liberamente utilizzabile e può essere implementato all’interno dei prodotti o dei sistemi senza che un soggetto reclami il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale – primo fra tutti, il pagamento delle royalties – proprio perché si tratta di uno standard non tutelato, allora si dice che questo è libero o open-source.30

Nell’ambito delle tecnologie standardizzate, non tutte sono coperte da brevetto. Infatti, può accadere che una tecnologia del genere sia di libero accesso, liberamente fruibile da parte degli implementers che ne abbiano bisogno, i quali possono inserirla nei loro prodotti senza dover stringere accordi negoziali con alcun soggetto; così come non sono tenuti al versamento, al titolare della licenza open-source, di alcun tipo di royalty o altra forma di corrispettivo a fronte del uso della tecnologia in questione. Le tecnologie standardizzate open-source presentano il vantaggio di essere una risorsa alternativa ed economicamente vantaggiosa all’ipotesi di tecnologia coperta da brevetto, ma recano un doppio svantaggio: potrebbero non essere altrettanto efficaci ed efficienti quanto quelle tutelate con uno strumento “forte” come il brevetto e, in aggiunta, potrebbero incappare nell’eventualità che successivamente alla loro implementazione all’interno di un prodotto (o comunque anche dopo un loro longevo utilizzo nel corso tempo) vengano reclamate da un soggetto e successivamente diventino coperte da brevetto.

Nel caso che ci si trovi di fronte all’implementazione e all’utilizzazione di uno standard libero, seppur sotto il profilo economico ciò sia più vantaggioso per gli implementers – che si ritrovano a non dover sostenere né costi di R&D, né tutti quei costi molto onerosi derivanti dalla corresponsione delle royalties – spesso non si rivela una scelta efficiente sotto il profilo della competitività nel mercato dei prodotti che incorporano tali standard. Di fatti, è ragionevole ritenere che il più delle volte si tratta di soluzioni standardizzate alternative e non tecnologicamente al passo con quelle proprietarie.

Mentre potrebbe sembrare anticoncorrenziale consentire alle industrie interessare e ai competitors di sviluppare nuove tecnologie insieme, i brevetti e le norme antitrust svolgono funzione complementare: entrambi mirano a incoraggiare innovazione, industria e competizione31. L’utilizzo dei brevetti, limitando temporalmente la durata del brevetto, riflette il bilanciamento tra il bisogno d’incoraggiare l’innovazione il divieto di creare monopoli che soffocano la concorrenza. La competizione stimola l’innovazione incentivando le imprese ad

LIPATOV V. – NEVEN D., Standard essential patents: who is really holding up (and when)?, 2013, https://ssrn.com/abstract=2222592

30 Con il termine open-source si intende un particolare tipo di licenza che tutela un’invenzione (spesso un software informatico), senza precludere ad altri lo sfruttamento dell’invenzione. Infatti, la circostanza dell’assenza dei diritti di proprietà industriale tipica dell’open-source, indica la rinuncia allo sfruttamento dei diritti di brevetto da parte del titolare a determinare condizioni, quali, ad esempio, quelle che impongono, a chi apporta migliorie, di non escludere altri dall’utilizzazione del risultato del suo operato.

31 LEE J., An un(FRAND)ly game: preventing patent hold-up by improving standardization, Journal of Business

& Technology Law, Vol. 10, N. 2, Pages 374-392, 2014, p. 378-379

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13 ideare prodotti e processi nuovi o migliori, tutelati tramite il brevetto. Per cui i benefici economici derivanti dalla standardizzazione, di solito surclassano i rischi di collusione e fissazione dei prezzi.32

1.1.3. Il particolare caso dei SEPs.

Le creazioni intellettuali sono idee creative nel campo della cultura e della tecnica, tutelate nel nostro ordinamento come espressione originale della personalità umana, non essendo cose corporali, sono definite dalla dottrina come beni immateriali e si distinguono in due grandi categorie: opere dell’ingegno ed invenzioni industriali. Le prime, sono quelle idee di carattere creativo che appartengono al campo delle scienze, della letteratura, della musica, delle arti figurative, dell’architettura, del teatro e del cinema (art. 2575 c.c.). Il diritto d’autore, sia morale che patrimoniale, nasce per il fatto stesso della creazione dell’opera, a prescindere dal suo valore intrinseco, dalla sua utilità pratica e dalla sua novità, purché ne sia originale la forma rappresentativa. Mentre le invenzioni industriali sono definibili come soluzioni concrete, nel campo della produzione economica, di un problema tecnico, per effetto di una creazione della mente umana, eccedente le normali conoscenze, in applicazione della tecnica contemporanea.33 Sull’invenzione industriale, intesa quale bene immateriale, sono riconosciuti al suo autore diritti morali e diritti patrimoniali. I diritti morali, primo fra tutti il c.d. diritto di paternità – che consiste nel diritto ad essere riconosciuto autore dell’invenzione per il solo fatto di averla creata –, è un diritto imprescrittibile, irrinunciabile ed intrasmissibile. I diritti patrimoniali invece sono racchiusi nel diritto al brevetto, ovvero il diritto di pretendere dall’autorità il rilascio del brevetto qualora ne ricorrano i presupposti, e il diritto di brevetto, ossia il diritto esclusivo all’utilizzazione economica dell’oggetto brevettato nei limiti e alle condizioni stabiliti dalla legge. Quindi il brevetto può essere definito come il documento con il quale si attribuisce all’inventore il diritto esclusivo di godere, per un tempo determinato, dei risultati di una nuova invenzione. In alternativa si può definire il brevetto come una sorta di contratto fra l’inventore e la collettività: l’inventore fornisce un insegnamento che la collettività non possiede ed in cambio riceve l’attribuzione di un diritto esclusivo di uso, limitato nel tempo. Oggetto del brevetto sono soltanto le invenzioni tecno-logiche; restano scoperte – perciò – le innovazioni di tipo commerciale.

32 LEE J., An un(FRAND)ly game: preventing patent hold-up by improving standardization, Journal of Business

& Technology Law, Vol. 10, N. 2, Pages 374-392, 2014, p. 378-379

33 Al concetto di invenzione industriale, la legge riconduce anche i c.d. modelli di utilità e modelli e disegni ornamentali.

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14 Il sistema brevettuale italiano è regolato dal codice civile agli artt. 2584-2594 e dal-la legge speciale R.D. 1127/39 e successive modifiche34. Quanto alla natura giuridica del brevetto la dottrina non è unanime, alcuni ravvisano in esso un diritto di proprietà su un bene immateriale;

per altri configurerebbe un obbligo di non fare, posto a carico di terzi e, più precisamente, come un divieto di concorrenza ai danni dell’inventore. Al sistema brevettuale si riconosce la funzione fondamentale di incentivo al progresso tecnico e alla diffusione delle innovazioni tecnologiche. A ben vedere, infatti, alla base del brevetto c’è una logica di rivelazione e di trasparenza della struttura dell’invenzione: la descrizione dettagliata dell’invenzione, allegata alla domanda di rilascio del brevetto, consente, alla scadenza del termine fissato dalla legge, la sua acquisizione stabile al patrimonio collettivo.

La definizione tradizionale di invenzione brevettabile è quella di soluzione originale di un problema tecnico: l’invenzione si colloca quindi nel mondo della tecnica, visto in contrapposizione a quello della scienza, infatti quest’ultime non sono brevettabili (come ad esempio, le scoperte, le teorie scientifiche, i metodi matematici, i metodi per attività intellettuali). I requisiti di brevettabilità dell’invenzione sono tradizionalmente quattro: (i) l’industrialità, cioè l’attitudine dell’invenzione ad avere un’applicazione industriale; (ii) la novità (o novità estrinseca), che ricorre quando l’invenzione non è compresa nello stato della tecnica;

(iii) l’originalità (o novità intrinseca), che ha la funzione di selezionale, tra tutto ciò che è nuovo, ciò che si differenzia in maniera qualificata dallo stato della tecnica; (iv) la liceità, non potendo essere brevettata l’invenzione contraria all’ordine pubblico e al buon costume.35

Il diritto esclusivo di utilizzare l’invenzione nasce con il rilascio del brevetto che è l’atto di accertamento costitutivo della P.A. con cui si conclude una procedura che si articola nella prima fase di il deposito della domanda di brevetto presso l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi o presso l’UPICA che passerà all’esame la domanda; successivamente l’autorità adotterà una decisione che potrà essere o di concessione o del brevetto oppure respingerà la domanda se reputa inesistenti o mancanti i requisiti necessari che un brevetto deve avere per essere riconosciuto tale.

La concessione del brevetto non pregiudica l’esercizio delle azioni giudiziarie circa la validità del brevetto; essa serve solo a spostare l’onere della prova della mancanza dei requisiti per la brevettabilità dell’invenzione a carico di chi intende impugnarne la validità. Ai sensi dell’art. 59 della legge sul brevetto, quest’ultimo è nullo: se l’invenzione manca del carattere della novità o

34 Una riforma sostanziale di tale legge è stata effettuata con D.P.R. 338/79 di adeguamento alle importanti convenzioni internazionali degli anni ’70. Recentemente è intervenuto il D.Lgs. 198/96 per adeguare la normativa italiana agli accordi internazionali di Marrakech (denominati Trip’s).

35 Quanto alle varie tipologie di invenzioni possiamo distinguere fra: invenzioni di prodotto; invenzioni di procedimento ed invenzioni derivate da altre precedenti invenzioni (invenzioni di perfezionamento;

invenzioni di combinazione; invenzioni di traslazione).

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15 industrialità; se la descrizione allegata alla domanda non comprende tutte le indicazioni necessarie a persona esperta per mettere in pratica l’invenzione; se l’oggetto del brevetto si estende oltre il contenuto della domanda; se il titolare del brevetto non aveva diritto di ottenerlo e l’inventore non abbia fatto valere i suoi diritti. La sentenza che accerta la nullità del brevetto è oggetto di pubblicità ed ha efficacia retroattiva fermi restando gli atti già compiuti di esecuzione di sentenze di contraffazione passate in giudicato e i contratti già eseguiti aventi ad oggetto l’invenzione (salvo eventuale rimborso stabilito dal giudice).

Il diritto di rilascio del brevetto spetta a chiunque abbia posto in essere l’attività inventiva che ha dato luogo alla nuova invenzione. Le eventuali controversie circa la titolarità del diritto sono di competenza dell’autorità giudiziaria ordinaria. In particolare, nel caso in cui con sentenza passata in giudicato, si accerti che il diritto al brevetto spetti ad una persona diversa da chi abbia depositato la domanda, l’art. 27bis L.brev. prevede due ipotesi, a seconda che la procedura di brevettazione sia già conclusa o ancora pendente. Se la procedura di brevettazione si sia già conclusa con il rilascio del brevetto a favore del non avente diritto, il vero titolare potrà far valere la nullità del brevetto rilasciato al non avente diritto; oppure rivendicare il brevetto; se, nella seconda ipotesi, la procedura di brevettazione sia ancora pendente, il vero titolare avrà tre mesi di tempo per assumere a proprio nome la procedura di brevetto; ottenere il rigetto della domanda di brevetto; oppure depositare a proprio nome una nuova domanda di brevetto, il cui contenuto non ecceda quello della prima domanda, con decorrenza dalla data di deposito della domanda iniziale, che cessa così di avere effetto.

Il diritto di esclusiva sull’invenzione attributo dal brevetto ha una durata limitata a venti anni (salvi i termini diversi previsti dalle normative brevettali speciali) a decorrere dalla data di deposito della domanda di brevetto. Quanto al limite spaziale, ha efficacia solo nell’ambito dello Stato che lo ha rilasciato.

L’art. 4 L.brev. prevede che l’inventore possa utilizzare l’invenzione, e quindi lanciare il prodotto o il servizio sul mercato, già a partire dalla data di deposito della domanda di brevetto36. L’esclusività attribuita dal brevetto al suo titolare, così come risulta dall’art. 1bis della L.brev. concerne: la realizzazione del prodotto o del procedimento; la sua utilizzazione;

la sua commerciabilità; il divieto di importare lo stesso prodotto o il prodotto frutto del procedi-mento brevettato. L’ambito dell’esclusiva, così definito, incontra tuttavia qualche limitazione. In particolare sono leciti gli atti compiuti in ambito privato e a fini non

36 Questo non è possibile per i brevetti farmaceutici. La legge infatti richiede un periodo di accertamenti e sperimentazioni del farmaco prima della messa in commercio. Per evitare che la durata della protezione brevettuale risulti in tal modo erosa, la L. 349/91 ha previsto un certificato complementare che prolunga la protezione brevettuale oltre la sua scadenza naturale per una durata pari al periodo intercorso fra la data di deposito della domanda e la data del decreto di autorizzazione all’immissione in commercio del farmaco.

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16 commerciali (’esclusiva del commercio trova un limite nel principio dell’esaurimento, in base al quale il diritto del titolare si esaurisce una volta che il prodotto sia stato posto in vendita);

gli atti compiuti in via sperimentale; la preparazione estemporanea e per unità, di medicinali nelle farmacie su ricetta medica.

Salve le ipotesi sopra analizzate, ogni uso dell’invenzione altrui, non autorizzato dal titolare del brevetto, costituisce contraffazione. Si distinguono vari casi di contraffazione, si avrà:

contraffazione integrale, quando l’invenzione altrui è interamente imitata; contraffazione non integrale37, quando l’imitazione non è integrale ma tocca comunque l’ambito coperto dalla privativa altrui; contraffazione per equivalenti, quando pur non essendo identici neanche gli elementi essenziali delle due realizzazioni, tuttavia l’idea inventiva, che è alla base dell’invenzione brevettata, è presente anche nella realizzazione altrui; contraffazione evolutiva, quando la soluzione adottata dal terzo, pur pre-sentando la stessa idea inventiva di una precedente soluzione brevettata, la modifichi, migliorandola, adattandola, perfezionandola;

contraffazione indiretta, che si sostanzia in produzioni e messa in vendita di parti staccate o di pezzi di ricambio ed invenzioni di nuovo uso di un prodotto nuovo.

Quanto all’estensione del brevetto, occorre distinguere tra il brevetto di prodotto – che ha estensione limitata all’uso descritto e rivendicato e agli usi ad esso equivalenti – e il brevetto di procedimento – che conferisce al titolare una posizione di esclusività in ordine a quel determinato metodo o processo oggetto di brevetto.

Il titolare del brevetto è legittimato ad agire in giudizio contro il terzo che, senza autorizzazione, fa uso dell’invenzione brevettata, mediante l’azione di contraffazione. Il giudizio di contraffazione è affidato all’autorità giudiziaria ordinaria e si svolge davanti al giudice territorialmente competente ai sensi degli artt. 75 e 76 L. brev.38. L’onere di provare la contraffazione incombe sul titolare del brevetto.

Per evitare che la possibile lunghezza del giudizio di contraffazione torni a danno del titolare del brevetto, gli artt. 81, 82 e 83 L. brev. prevedono a favore di questi – prima ancora dell’instaurazione del giudizio – alcune misure cautelari39: (i)la descrizione, che ha la funzione di precostituire la prova della contraffazione; (ii)il sequestro, che ha la funzione di evitare la circolazione del prodotto contraffatto, affidandone la custodia ad un soggetto che non può disporne senza ordine del giudice; (iii)l’inibitoria, che è l’ordine con cui il giudice proibisce al contraffattore la prosecuzione o la ripresa dell’attività di fabbricazione, di commercializzazione

37 L’estensione del brevetto è determinata dalle rivendicazioni, ma le rivendicazioni sono, a loro volta, interpretate alla luce dell’intero fascicolo brevettuale.

38 L’art. 76, in particolare, prevede la c.d. moltiplicazione dei fori alternativi: consente all’attore di scegliere il foro del luogo in cui sono stati compiuti i fatti lesivi della sua privativa.

39 Le misure cautelari sono oggi fruibili anche da parte del titolare della domanda di brevetto grazie al D.P.R. 338/79.

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17 e di uso dei prodotti coperti dal brevetto altrui. Descrizione e sequestro perdono efficacia qualora non siano seguiti, entro trenta giorni, dall’instaurazione del giudizio di merito. Quanto all’inibitoria, può essere concessa sia ante causam, con domanda da proporre al giudice competente a conoscere la causa nel merito, sia in corso di causa, con competenza del giudice istruttore.

Con la sentenza che accerta la contraffazione, il giudice può disporre a carico del soccombente, a seconda di quanto richiesto dall’attore: l’inibitoria, consiste nell’ordine al contraffattore di cessare e non riprendere l’attività illecita; la rimozione, distruzione o assegnazione in proprietà dei prodotti brevettati o dei mezzi usati per la contraffazione; il risarcimento del danno (per ottenere la condanna del soccombente al risarcimento del danno è necessaria la ricorrenza dei presupposti di cui all’art. 2043 c.c.: la colpa dell’autore dell’illecito e il danno. Per quanto riguarda la colpa, la giurisprudenza ritiene che la pubblicità legale del sistema brevettuale crei una presunzione di colpa in capo al contraffattore; il danno, in linea di principio è risarcibile per la parte coincidente con il mancato utile netto che il titolare del brevetto ha subito per la contraffazione); la pubblicazione della sentenza; la condanna in futuro, che consiste nella liquidazione di una somma che il contraffattore dovrà versare nell’ipotesi di mancata cessazione o successiva ripresa dell’attività illecita.

Come abbiamo già avuto modo di vedere, i diritti patrimoniali nascenti dalle invenzioni industriali sono trasferibili. In particolare, per quanto concerne i diritti di brevetto, gli atti traslativi inter vivos sono riconducibili ai modelli della cessione (vendita, permuta, donazione ecc.), quando il titolare del brevetto si spoglia della titolarità dell’attestato a favore di un altro soggetto mediante un qualsiasi contratto capace di produrre effetti traslativi; e della licenza, il contratto con il quale il titolare del brevetto (licenziante), pur conservando tale titolarità, concede ad un terzo (licenziatario), dietro corrispettivo, il diritto di utilizzare l’invenzione brevettata.

La licenza è, in assenza di prescrizioni legislative, un contratto atipico il cui contenuto è quindi rimesso all’autonomia delle parti, ad esempio una delle clausole più rilevanti in esso contenute, è la clausola di esclusiva con la quale il licenziante si priva del potere di attuare egli stesso l’invenzione e di concedere altre licenze a terzi. A carico del licenziatario, il contratto prevede l’obbligo di pagare il corrispettivo che può essere fissato in una somma a forfait oppure in pagamenti periodici (royalties o fees). La durata della licenza è fissata dalle parti e coincide solitamente con la durata del brevetto. Infine, poiché i contratti di licenza possono costituire intese restrittive della libertà di concorrenza, devono essere valutati alla luce della normativa

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18 antitrust40. Comunque, la legge contempla le ipotesi di licenza obbligatoria41 nel caso di mancanza o insufficiente attuazione dell’invenzione (l’art. 54 L. brev. legittima il rilascio della licenza obbligatoria qualora, per cause dipendenti dal-la volontà del titolare del brevetto, l’attuazione dell’invenzione, per oltre un triennio, manchi o risulti insufficiente ai bisogni del paese); e nel caso di invenzioni dipendenti (il diritto ad ottenere la licenza obbligatoria sussiste, però, solo quando la seconda invenzione costituisce, rispetto alla precedente, un importante progresso tecnico di rilevanza economica). La legge prevede inoltre una generale possibilità di espropriazione del brevetto nell’interesse della difesa militare del Paese o per altre ragioni di pubblica utilità.

I diritti patrimoniali nascenti dall’invenzione si estinguono, generalmente, con la scadenza del termine stabilito dalla legge per le singole categorie di invenzioni; con la dichiarazione di nullità del brevetto; con la rinuncia del titolare; con il verificarsi di determinate cause di decadenza (come la mancata o insufficiente attuazione dell’invenzione protratta per un biennio oltre la concessione della licenza obbligatoria); con il mancato pagamento della tassa annuale di brevetto; a seguito dello scavalcamento per priorità previsto dalla Convenzione di Unione di Parigi42.

Va considerato, tuttavia, che nell’ordinamento italiano, l’invenzione non brevettata è protetta mediante le re-gole di tutela del segreto industriale. Il segreto delinea una protezione di mero fatto e di tipo obbligatorio. Precisamente, la protezione dell’invenzione non brevettata si sostanzia nella previsione di un obbligo legale di segretezza a carico dei collaboratori dell’inventore43, e nel riconoscimento della validità dei contratti di know-how44, accompagnati dall’obbligo di segretezza posto a carico dell’acquirente.

40 Una nota a parte merita la c.d. licenza di pieno diritto. L’art. 50 L. brev. concede infatti al richiedente o al titolare del brevetto la possibilità di offrire al pubblico – con dichiarazione resa nella stessa do- manda oppure con comunicazione successiva all’ufficio dei brevetti – una licenza per l’uso non esclusivo dell’invenzione. Tale offerta, che si perfeziona con la notifica al titolare dell’accettazione di eventuali interessati, comporta la riduzione alla metà delle tasse annuali di brevetto.

41 Con la licenza obbligatoria l’ordinamento impone al titolare del brevetto il rilascio della licenza a terzi.

La procedura amministrativa di rilascio si svolge quasi interamente presso l’Ufficio Italiano Brevetti e si conclude con un decreto del Ministero dell’industria, il commercio e l’artigianato. La licenza obbligatoria può essere concessa soltanto dietro corresponsione da parte del licenziatario, a favore del titolare del brevetto, di equo compenso. Ha una durata massima pari alla durata del brevetto e è sempre non esclusiva e a titolo oneroso.

42 Secondo tale regola, il brevetto perde i suoi effetti a seguito del deposito in Italia di una domanda di brevetto, per la stessa invenzione, da parte di chi ha depositato, nell’anno precedente, una domanda di brevetto (per la stessa invenzione) in un altro Stato aderente alla Convenzione di Unione.

43 L’obbligo generale di fedeltà, posto dall’art. 2105 c.c., a carico dei collaboratori subordinati. La regola è comunque applicabile, per analogia, anche ai collaboratori autonomi. La sanzione è di tipo risarcitorio.

44 Tale contratto, atipico, è definito dalla dottrina come il contratto con cui un imprenditore (concedente), dietro compenso, mette in condizione un altro imprenditore (concessionario) di conoscere ed utilizzare, nel processo produttivo o distributivo, le proprie tecniche o i propri ritrovati non brevettati (o non brevettabili) ma coperti da segreto.

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19 L’art. 6 L. brev. crea a favore di chi abbia utilizzato un’invenzione non brevettata nel corso dell’anno anteriore al deposito di un’altrui domanda di brevetto, il diritto di prosecuzione di tale utilizzazione: il c.d. diritto di preuso. Deve comunque trattarsi di effettiva attuazione e tale diritto di preuso non è opponibile a terzi. Il preutente, infatti, non vanta un diritto di esclusiva nei confronti del successivo registrante, né può agire con l’azione di contraffazione, ma è semplice-mente immune dall’azione di contraffazione del titolare del brevetto.

Quando un brevetto compre una parte di tecnologia eletta a standard, si parlerà allora di brevetto c.d. standard essenziale (di seguito indicati come SEP o brevetti SE). Uno standard essential patent, si differenzia dal normale brevetto in quanto ha la particolarità di conferire potenzialmente al titolare un monopolio, per così dire, rafforzato il cui oggetto non riguarda esclusivamente la tecnologia tutelata dal brevetto, ma è capace di estendersi all’intera tecnologia standardizzata o processo standardizzato, generalmente composti entrambi da molteplici brevetti dichiarati standard essenziali e non essenziali allo standard, sino ad arrivare, alla presenza di determinate circostanze (come ad esempio, l’esercizio, da parte del proprietario dei brevetti SE, di una posizione dominante all’interno del mercato) ai prodotti che incorporano lo standard stesso.

Inoltre, non va trascurato che, una volta diventata tecnologia standardizzata, chiunque intenda implementarla nei propri prodotti – premettendo che, spesso, non implementare uno standard in un prodotto significa, in estremo, uscire dal mercato – sarà obbligato a corrispondere delle royalties al titolare, come forma di remunerazione per lo sfruttamento dei diritti di brevetto, rendendo quei brevetti dichiarati standard-essenziali, molto remunerativi.

Un SEP si ha quando il brevetto assicura al suo proprietario il controllo di una tecnologia essenziale per la conformità allo standard45; ossia, quando è impossibile produrre o vendere prodotti conformi allo standard senza usare la tecnologia coperta da uno o più diritti di proprietà intellettuale, di solito brevetti.46

La differenza fra brevetti e SEP si cristallizza nella circostanza che, in caso di diniego dell’utilizzo del brevetto per via dell’esistenza dei diritti di proprietà intellettuale da parte del proprietario, quando si tratta di brevetti non-essenziali, le aziende possono facilmente trovare e sviluppare una soluzione alternativa, anche a basso costo, senza violare i diritti di brevetto detenuti da un competitor (un esempio è la funzione “slide to unlock” – brevettata ma non coperta da un SEP, cosicché tutti i produttori di smartphones hanno potuto sviluppare

45 Secondo l’Articolo 15, paragrafo 6 delle norme sulla proprietà intellettuale dell’ETSI (European Telecomunican Standard institute), un brevetto viene considerato essenziale, quando specialmente per ragioni tecniche, è impossibile costruire prodotti conformi allo standard senza violare i diritti di proprietà intellettuale propri del brevetto..

46 COROVANO G., Standard-Essential Patents: Huawei Case, A Non-Solution To An Avoidable Problem, Rivista Italiana di Antitrust, Vol. 3, N. 1, 2016, http://a-p-p-review.com/article/view/12021/11037 , p. 9 e ss.

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20 tecnologie differenti per permettere di sbloccare i propri dispositivi). All’opposto, nel caso di SEP, è quasi impossibile ed economicamente dispendioso trovare una soluzione alternativa all’utilizzo di quel particolare standard necessario nell’ipotesi in cui l’accesso allo standard venga negato, per cui i produttori che dovessero scontrarsi contro tale diniego si ritroverebbero davanti una duplice scelta: o utilizzare comunque la tecnologia essenziale senza concludere un accordo con il proprietario del SEP 47 - si parla di c.d. “Standard essential patent infringment” -, violando quindi i diritti di privativa derivanti dal brevetto ed esponendosi così al rischio di gravi conseguenze legali ed economiche; oppure ritrovarsi a fronteggiare l’ipotesi di rimanere eventualmente esclusi dal mercato.

Non c’è dubbio che esista una tensione acuta fra standardizzazione e concorrenza. Da un lato i SEP offrono ai loro proprietari, sotto la forma di diritti di stampo puramente monopolistico, il fruttuoso binomio incentivi/premi per il sostenimento di elevati costi di ricerca e sviluppo (di seguito indicato come R&D), restando a loro la scelta di concedere o meno ad altri l’accesso a quella tecnologia standardizzata essenziale. Dall’altro lato, la standardizzazione permette la larga diffusione e l’uso collettivo di una particolare tecnologia.48

Date queste premesse non è difficile intuire che il bilanciamento, tipico del sistema brevettuale, fra ius excludendi e comportamenti pro-concorrenziali, entra in crisi quando si parla di standardizzazione, dal momento che potrebbero crearsi crepe nell’assicurare il rispetto e il corretto svolgimento della concorrenza nel mercato quando i titolari di brevetti SE si vedono

47 I proprietari di un SEP possono essere molteplici; possono identificarsi con i membri di una SSO ed escluderne altri, oppure comprendere tutti i partecipanti ad un SSO, così come riguardare alcuni partecipanti di una specifica SSO congiuntamente con sviluppatori esterni che non aderiscono a nessuna SSO o fanno parte di una particolare forma di cooperazione (quali possono essere i c.d. “patent pool”

ovvero le Patent Assertion Entities o PEA). Un ulteriore problema nell’identificazione della titolarità dei diritti di brevetto che riguardano uno standard essenziale va rintracciato nell’eventualità non rara che quasi sempre un SEP va a coprire con diritti di privativa molto restrittivi anche tecnologie non-essenziali inserite comunque all’interno dello standard coperto da SEP. Così come può accadere che ci si trovi di fronte a ipotesi di “cross licensing”, dove diversi produttori detengono parti di standard contenute in un unico SEP, con la conseguenza che l’utilizzatore ricopre una posizione svantaggiata dovendo elargire lo stesso ammontare di “eque” royalties sia all’uno che all’altro proprietario. E di fatti, tute queste difficolta sulla titolarità si sostanziano principalmente nel pagamento e nell’individuazione del soggetto a cui fanno capo le royalties, che costituiscono contemporaneamente l’incentivo primario dei proprietari dei SEP e il motivo per cui gli implementers spesso incappano in illeciti nell’utilizzazione dei SEP stessi.

48 Nell’ambito delle tecnologie standardizzate, non tutte sono coperte da SEP. Infatti, può accadere che una tecnologia del genere sia lasciata di libero accesso, non tutelata da brevetto, liberamente sfruttamento da parte degli implementers i quali possono inserirla nei loro prodotti senza dover stringere accordi contrattuali con alcun soggetto così come non sono tenuti al versamento di alcun tipo di royalties. Le tecnologie standardizzate opensource presentano il vantaggio di essere una risorsa alternativa economica all’ipotesi di tecnologia coperta da SEP, ma recano un doppio svantaggio: potrebbero non essere altrettanto efficaci ed efficienti quanto quelle tutelate da SEP e potrebbero incappare nell’eventualità che successivamente alla loro implementazione all’interno di un prodotto o comunque anche dopo un loro longevo utilizzo nel corso tempo, vengano reclamate da un soggetto e successivamente coperte da SEP.

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