DISCORSO
PRONUNCIATO DAL SENATORE
ORONZO QUARTA
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA
PER LA INAUGURAZIONE
DEL
PALAZZO DI GIUSTIZIA
IN ROMA
IL GIORNO
XI GENNAIO MDCCCCXI
ROMA
TIPOGRAFIA DELL' UNIONE EDITRICE Via Federico Cesi, 45
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Al cospetto della Maestà Vostra, da cui, come da centro luminoso, la giustizia parte e s'irradia, onorata dall' inter
vento dei rappresentanti i supremi poteri dello Stato, rifulge della più alta e civile solennità questa inaugurazione, e la Magistratura ed il Foro, e gl' Italiani tutti riconoscenti e reve
renti esultano.
Senonchè, attraverso a tanta festa, l'animo, tutto sorpas
sando, si volge con pensierJ mesto, e col cuore riboccante di ogni più delicato e gentile sentimento .di reverenza, di affetto devoto, e di profondo ed inestinguibile rimpianto, allei. santa ed augusta memoria del Re Buono.
Poichè fu Lui, che, or sono più che vent'anni, inaugurò, posandone la prima pietra, i lavori di questo Edifizio, a cui Voi date oggi il battesimo regale, fedele alle vetuste e glo
riose tradizioni dèlla Vostra Casa di vivere nel popolo e pel popolo, di ~entirne e parteciparne le gioie e i dolori, ed es
sere sempre, avanti là dove fausti od infausti· avvenimenti supremamente interessino la vita del Paese;
E per verità la costruzione del Palazzo di Giustizia in Roma, riguardata negli scopi, ai quali venne indirizzata, e nelle elevate e nobili idealità, che ne ispirarono e ne se
guirono il compimento, è forse, tra le opere cospicue del
l'Italia nuova, quella che più tocca e scuote il sentimento nazionale.
Se, invero, l'Italia sovraneggiò sempre In tutto il mare dell'essere, se nei· diversi cicli della sua civiltà prevalse e tenne il campo in tutte le palestre della scienza e dell'arte, nelle lotte feconde dei commerci e delle industrie, trascorrendo i mari e le più remote ed inesplorate pIaghe della terra, non ha però obliato,ed è da augurarsi non oblierà mai, ch'ella nella sua Roma fu specialmente la culla' del diritto, e de
scrisse fondo ai diversi e molteplici organismi sociali, nei qualI e pei quali presso tutti i popoli civili, sotto varia forma, l'amministrazione della" giustizia s'incarna e si compie; di cui è perciò naturale che, come sangue del" sangue suo, essa aspiri sempre
ansio'~à'ìn,ente
a tenere vive le grandi manifestazioni ed a dispiegarne sempre più in alto la tl0bile funzione.Radunare le sparte membra della Romana Magistratura, trasportarle dai locali poveri e disadatti, ridestanti memorie tristi di un passato funesto, e comporle tutte in un grande edifi7io, c:.he, pur soddisfacendo alle esigenze tecniche del fun
zionamento giudiziario, nelle sue mura grevi e solenni, nei suoi amp'i peristil'i, nelle colonne e negli archi grandiosi, nei marmi scolpiti e nelle pareti dipinte ritraesse alta e luminosa la concezione del Diritto; e, nelle effigie degli avi nostri, rispecchiasse la sapienza eterna della Roma antica, . evolven
tesi ed irradiantesi, attraverso i secoli fino all'evo odierno, costituendo "così nel suo insieme la manifestazione più con
creta e materiata della progressiva cultura giuridica italiana, ecco il pensiei'ocomune, ecco il sentimento unanime, da cui ftiron mossi e condotti insigni artisti, sommi giureconsulti e uomini di governò; antesignano la grande anima lombarda di Giuseppe Zanardelli, che ne promosse e sospinse sempre con sLltimento di forte, profonda italianità, e, !3ino agli estremi momenti della sua vita curò con amore, ed attese con ansia febbrile la desiata attuazione.
Ma trasportati in più spirabil aere, e mentre l'Italia, fe, steggiando il cinquantesimo anniversario della sua redenzione,
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invita a convenire tutti d'ogni paese nella sua Roma e nella sua Torino, e le antiche energie e conquiste sue e dei po
poli tutti dell' universo nel campo delle arti e delle indu
strie fonde e compone con le energie e le conquiste moderne, ed accende una gara nobilissima sotto la forma più splendida e ad un tempo più utile e feconda, quella della solidarie..tà e della, cooperazione dei popoli, per sorreggersi' insieme ed avanzare sempre nelle interminate vie del progresso, che cosa faremo noi'? Ci quieteremo e poseremo sui lauri antichi, contenti del presente, e non cUl~anti dell'avvenire? E l'agitarsi fremente, l'ansia affannosa, che da pertutto invade e pervade, e le gigan
tesche figure che ne stanno intorno, non ci scuoto!1o, non- c' in
calzano e sospingono a volgere indietro lo sguardo e doman
darci: che cosa abbiam fatto noi dopo il nostrI) risorgimento,ed a ricercar~ nel pensiero antico lume e guida per quel che debba essere nel campo della scienza e dell'azione la evol1IZione del pensiero giuridico moderno?
Soventi, in questo primo periodo della nostra vita nazIO
nale, ci assalse un sentimento di sconforto, e ci parve che il genio italico, 'nelle sue ideali e pratiche manifestazioni, non ispiegasse i suoi grandi raggi luminosi.
Eppure, se ben si guardi, e non ci vinca quel senso di scet
ticismo, direi quasi di spregio, che soventi abbiamo noi verso noi stessi, ne apparirà, che nè l'alito delle pure e sublimi aspira
zioni e concezioni ci mancò mai, nè mai il giudice italiano rin
negò le sue gloriose tradizioui. Bisogna non obliare che, questo primo periodo della nostra vita nazionale sia stato un periodo di rapido disfacimento e ad un tempo di lenta ricomposizione, tutto fermentante e fecondo di contrasti e di lotte; e nella fusione ardente di elementi già tanto disparati e divisi, usciti allora da una compressione politica di secoli, non era possi
bile assurgere d'un colpo a ritrarre e porre la idea giuridica, ampia, serena, universale, che, splendendo di luce propria, senza stranìere irradiazioni, penetrasse per tutte le membra e le forze del corpo sociale, trasfigurandole e ricomponendole
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con una compagine e sotto una forma profondamente razio
nale ed essenzialmente e' decisamente italiana.
E la magistratura, contro cui più si rivolsero le punte della critica, costituita, come per ineluttabile necessità di cose do
veva accadere, con ordinamenti piantati· sopra vecchi ruderi, tolti in qua ed in. là da taluni degli ordinamenti dei cessati Stati italiani, mantenuta e portata su con rappezzamenti sovrapposti gli uni agli altri, senza averle potuto mai dare un assetto completo, organico e vigoroso, doveva per viva forza, attraverso il suècedersi di leggi mut~voli, molteplici e diverse, e di fronte allo incalzare incessante delle rapide ed aspre vicende delle n~ò'V-e. e multiformi esigenze della sociale comunanza, apparire talvolta incerta nel suo funzio
namento;
È stato quello un imprescindibile periodo di passaggio, di fermentar,ione e di urgente e necessaria preparazione, a cui è ormai tempo che segua un periodo di energica ricostitu-' zione e poderosa riaffermazione del pensiero, dèl carattere e del sentimento giuridico nazionale.
E . dissi ricostituzione e riaffer'11'lazione, poichè, l'Italia con la sua eterna Roma ha un principio di meravigliosa civiltà proprio ed antico, ha la sapienza delle sue leggi che deve sempre rievocare, a cui deve ispirarsi, su cui dee poggiare, e da cui deve muovere il passo nel riprendere il faticoso e glorioso cammino che tennero già i suoi padri antichi.
Un popolo che 'spezza, od ha in dispregio, od oblia le sue tradizioni, come albero troncato, o strappato dalle sue radici, non può vivere di vita propria e rigogliosa, ma dovrà fatal
mente intristire ed appassire, od, abbarbicandosi ed attac
candosi sopra altro suolo, vivere di una vita esotica, cagio
nevole ed errabonda, esplicantesi ora sotto gli impulsi e con le spoglie di uno, ed ora sotto gl'impulsi e con le spoglie di altro popolo, secondo che questo prevalga a quello nella sua potenzialità economica e civile. Se volgiamo lo sguardo alla nostra istoria ci apparirà chiaro, come i:tempi di luce e
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di tenebre, di rinascimento e di decadenza, di gloria e di oscu
rantismo, seguirono sempre secondo che ci volgemmo al Ro
manesimo, o dal Romanesimo ci dipartimmo.
E non mai forse come nel momento attuale,· in questo tempestoso evolversi della età nuova, tra le aspirazioni in
definite e le pretensioni smoderate, è dai nostri maggiori che ne potrà essere mostrata la via di gz're al m,onte. Dappoichè oggi, che la scintilla del genio umano ascende e trascende le più alte ·vette, penetra negli abissi inesplorati, e proietta luce splendida là dove erano fitte tenebre, discopre nuove forze e nuove energie, le vince, le domina e le plasma a suo senno, imprimendo ad ogni attività fisica e morale, economica e civile, individualistica e sociale, ùn impulso rapido e fecondo, che crea, demolisce, trasforma e tutto e tutti mena e tra
scina incessantemente a nuove aspirazioni, a nuove esigenze, a nuove palestre scientifiche ed industriali, a situazioni eco
nomiche e giuridiche molteplici e diverse, che ad ogni tratto cangiano nell'obietto e nelle sembianze, è impossibile che al movimento di esse sia pari il movimento legislativO, e tutte le comprenda, le ponga, le definisca.
Se si ebbe un tempo la vana illusione, che si potesse intuire e disciplinare in una formola legislativa tutto il movi
mento della vita sociale nelle sue molteplici esplicazioni e sva
riatissime contingenze, tanto da impromettersi che da indi in là non sarebbero mai più sorte contese, le quali non fossero nella legge contemplate e nettamente definite, oggi sarebbe follia pensarlo.
Oggi infatti la tendenza scientifica va ogni dì più dispie
gandosi in senso affatto opposto al precetto già prevalente in passato, che rinchiudeva entro stretti confini l'opera del magistrato, e ne rendeva rigida ed inflessibile la funzione.
Tra le teoriche estreme, che, autorizzando e giustificando il sindacato e la ribellione, minano fin dalle sue basi la legge, e le teoriche opposte, che I vogliono il magistrato stretto e vincolato inflessibilmente dalle dichiarazioni delle parti e dai
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prècetti legislativi; al giudice ed al giurista italiano è già ben segnata la via da seguire: quella che tennero i nostri antichi magistrati e giureconsulti.
Da essi apprenderemo, come ogni teorica, la quale scalzi, demolisca od inceppi la forza e l'azione della legge, sul Tebro è nebbia che dal sol si doma, poichè ripugna a tutto il nostro passato, a tutta la nostra istoria, a tutto il nostro spirito na
zionale; ed impareremo come, pur mantenendosi rigorosa
mente il rispetto e l'osservanza della legge, possa e debba la legge medesima, fecond~ta ed illustrata dal pensiero vivo ed evolventesi del diritto, estendere ed esplicare la sua azione su tutte ed in armonia con"b:.'lA;,te le più nuove e più diverse vicende, movenze ed inflessioni della vita sociale.
E, ben letti ed intesi, essi ci dir~nno quel che talvolta ci si presenta quale portato di una scienza nuova e forestiera, che il giudice, penale o civile che sia, debba individualizzare la sua decisione al fatto singolo, ricercato nelle sue peculiari condizioni oggettive e soggettive, studiato nelle sue intime fibre, nei suoi speciali atteggiamenti, e ripiegare ed adattare ad esso il concetto legislativo, secondo che, in sua coscienza stimi, che le esigenze della giustizia viva; palpitante richieg
gano.' Se l'equità senza il diritto potrebbe condurre all'arbi
trio, a sua volta il diritto senza l'equità potrebbe apparire crudele, ed è necessario che una giustizia fatta da uomini e per uomini sia umana.
Da quelle fonti, per quanto antiche, sempre vive ed ine~
sauribili, ci si spanderà largo fiume di luce, di forme luminose, di ardimenti fecondi, che mostreranno ed additeranno il cam
mino, pel quale si giunge alle supreme altezze del diritto, e si discende a dispiegarne e rifrangerne meravigliosamente e sapientemente l'azione benefica di civiltà e di progresso attraverso il vario, perenne ed indefinito ascendere dell'uma
nità. Donde potrà sorgere, e sorgerà una dottrina ed ~1l1a giurisprudenza, che poggiando sulla sapienza degli avi nostri, svolgendosi con le nostre leggi odierne, ed ispirandosi aUe se
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rene progressive ed alte idealItà della patria nostra, sarà dottrina ed una giurisprudenza, nella sua base, nei suoi cetti organici e sostanziali, e nella forma, prettamente, tamente italiana, senza mistura inorganica di esagerazioni e di nebulose straniere.
E da essa, dai suoi' pronunziati, e dai suoi postulati rive
lanti le urgenze che incalzano, le lotte vive che si combat
tono, e le armonie che s'impongono, ho fede che, come dagli immortali responsi ed editti dei Giureconsulti e dei Pretori Romani emersero le più grandi ed universali manifestazioni del diritto, che le Aquile vincitrici, spiccando il volo dal Campidoglio, recavano ed imponevano fino all'Eufrate ed al
l'Atlante, così scaturiranno un giorno i germi di una scienza italianamente universale, che irradiando della sua luce i gravi problemi giuridici e sociali che, non su questo o su qllello Stato, ma incombono su tutti, e trasportando la. bilancia dal mondo simbolico nel mondo etico, e dal mondo etico nel campo filosofico e giuridico, porrà e proclamerà la grande equazione civile, cui tutti oggi volgono il pensiero, ed a cui tutti oggi con ansia perenne aspirano.
E per tal modo, se la Roma pagana, con la spada e con la conquista arrestò l'indefinito suddi vidersi dei popoli, intro
dusse l'ordine nel caos delle loro costituzioni, li strinse insieme prima con la prepotenza della forza e poi con la forza della legge, e spezzando barriere, ravvicinando elementiprofon
mente diversi, accoppiand0 e fondendo ordinamenti dispara
tissimi, li soggiogò, unificò e sospinse tutti verso la civiltà;
se l'Italia del Rinascimento, parecchi secoli dappoi, a mezzo de' suoi pensatori, de' suoi scrittori e de' suoi artisti, eser
citò il glorioso officio dI conciliatrice tra l'antichità e la età di mezzo, tra l'età di mezzo e la età moderna; l'Italia nuova, guidata dalla sua Stella luminosa, sorretta dalla Croce Sabauda, che in più che ottocento anni, ovunque e sempre fu segnacolo di civiltà e di progresso, potrà in un tempo, nel quale non sia già questo molto antico, temperando ed
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armonizzando le opposte tendenze, le antiche e nuove aspi
razioni, recare da questo Santuario della giustizia, e compiere tra tutte le genti, la sua opera di conciliazione e di pace, ed insieme <?ongiunte ascendere sempre lassù verso il vertice del gran monte dei secoli.
È con questa fede, che,· nella odierna solennità, la quale rievocando il passato ne segna ed addita qual sia la meta dell'avvenire, io mi rivolgo, e sono felice di rivolgermi a voi, illustre e caro Sig. Presidente; poichè voi, che appartenete alla Magistratura italiana fin dai primi giorni della sua esi
stenza, ed occupandone, con, plauso universale, i seggi più ele
vati, ne avete seguito e sospiÌìto sempre lo svolgimento, tras
fondendovi, in armonia con l'antico, lo spirito e l'afflato della vita nuova, siete voi che potete coi migliori auspici inaugurare, come io domando venga inaugurato, in nome del nostro Re Vittorio Emanuele III, il novello anno giudiziario.