Resoconti Consiliari — 1197 — Consiglio Regionale della Sardegna
IV LEGISLATURA LXI SEDUTA 15 MAGGIO 1962
LXI SEDUTA
MARTEDÌ 15 MAGGIO 1962
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Presidenza del Presidente CERIONI indi
del Vicepresidente GARDU
INDICE
Comunicazioni del Presidente ... 1197-1219 Disegno e proposta di legge (Annunzio di presen-
tazione) 1198
Mozione concernente la crisi della pastorizia sarda (Continuazione della discussione):
PINNA PIETRO . . . . . 1198
SASSU 1203-120942104211-1212-1215-1216
TORRENTE . 1203-1206
NIOI .. . 1204
PREVOSTO . 1203-1205-1208
GHIRRA . 1204
LAY 1204-1205
BAGEDDA . 1206
DETTORI, Assessore all'agricoltura e foreste 1212-1213
COCCO ORTO' 1214-1215
COTTONI 1216
La seduta è aperta alle ore 17 e 30.
MARRAS, Segretario, dà lettura del proces- so verbale della seduta precedente, che è ap- provato.
Comunicazioni del Presidente.
PRESIDENTE. Onorevoli consiglieri, l'in- crescioso incidente verificatosi nella seduta di ieri, durante l'illustrazione della mozione nu-
mero 10, mi impone, come Presidente dell'as- semblea, di deplorare sinceramente e profonda- mente il comportamento di alcuni consiglieri che, con frasi non parlamentari o addirittura
ricorrendo a vie di fatto, hanno turbato lo svol- gimento dei nostri lavori. Episodi del genere nuociono al prestigio della nostra assemblea e compromettono la serenità necessaria per lo assolvimento dei nostri compiti parlamentari.
Al riguardo mi è pervenuta questa mattina una lettera dell'onorevole Urraci di cui do let- tura : «Onorevole Presidente, desidero chiarire la parte da me avuta nello spiacevole inci- dente che ha turbato la seduta pomeridiana di ieri del Consiglio regionale. Devo innanzitutto affermare che non ho voluto intenzionalmente colpire il collega onorevole Abis, e se questo è potuto involontariamente avvenire, lo si de- ve al trambusto suscitato da alcuni epiteti non precisamente parlamentari lanciati contro un collega del mio Gruppo che in quel momento illustrava la mozione sulla crisi della pastorizia.
Comunque, mi dolgo profondamerrte dell'inciden- te e desidero esprimere a lei, onorevole Presi- dente, ed al collega onorevole Abis i sensi del mio vivo rammarico. Ossequi, Antonio Urraci».
Le sincere scuse presentate dal consigliere interessato maggiormente all'episodio mi han-
no convinto che i gesti e le parole sono an- dati al di là delle intenzioni. Ciò tuttavia non mi esime da un doveroso richiamo alla neces- sità che ognuno si comporti nella nostra as- semblea conformemente alla dignità del man- dato ricevuto e, nelle discussioni, siano mode- rati i termini del linguaggio e soprattutto si eviti di lasciare il proprio banco.
Resoconti, f. 168 - s. 61 (1000)
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Voglio con questo sperare chiuso l'incidente, con la fiducia che, per convinzione di tutti, sia riconosciuta la necessità di non avvilire mai, nè con parole nè con atti, la dignità di que- sta assemblea.
Poichè ricorre oggi il sedicesimo anniversario dell'istituzione della Regione Autonoma Sicilia- na, ho inviato all'onorevole dottor Ferdinando Stagno D'Alcontres, Presidente dell'Assemblea siciliana, questo saluto a nome della nostra as- semblea : «Occasione sedicesimo anniversario Statuto regiOnale autonomo siciliano, garanzia costituzionale crescita democratica sociale eco- nomica Isola sorella, voglia accogliere il saluto augurale del Consiglio regionale sardo et mio personale».
Annunzio di presentazione di disegno e di proposta di legge.
PRESIDENTE. Annunzio che sono stati pre- sentati il seguente disegno e la seguente pro-
posta di legge:
dalla Giunta regionale:
«Provvedimenti in favore dell'assistenza; edu- cazione ed istruzione dell'infanzia in età pre- scolare».
dai consiglieri Falchi Pierina, Angius, Usai, Bernard, Latte, Macis Elodia, Pettinau, De Ma- gistris, Pisano, Dedola, Gardu, Contu Felice, Filigheddu, Soddu, Spano, Giagu De Martini.
Zaccagnini, Sassu, Masia„ Puligheddu, Soggiu Piero, Casu e Ghilardi:
«Provvedimenti per lo sviluppo della zootec- nia e delle attività ad essa connesse».
Continuazione della discussione di mozione.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la continuazione della discussione della mozione Lay, Cambosu ed altri sulla crisi della pastori- zia sarda.
E' iscritto a parlare l'onorevole Pietro Pin- na. Ne ha facoltà.
PINNA PIETRO (P.S.I.). Signor Presidente, onorevoli colleghi, durante la discussione della
mozione delle sinistre concernente, un piano di emergenza per il pieno impiego e la piena qualificazione professionale dei lavoratori sar- di, ebbi modo di richiamare l'attenzione del l'onorevole Consiglio su un particolare fenome-
no, che andava verificandosi e che riguardava l'esodo di numerosi pastori con le loro greggi in regioni della Penisola, particolarmente nel Lazio e nella Toscana. In quella circostanza mi parve che non si desse eccessiva importanza alle denunce che da più parti venivano avan- zate e . che miravano a richiamare l'attenzione della Giunta regionale sulle gravi conseguenze che potevano derivare ai patrimonio zootecnico della Sardegna in conseguenza del fenomeno migratorio.
Non dare importanza alle denunce e alle cri- tiche che provengono dai banchi dell'opposi- zione in ordine ai molteplici problemi della vita regionale, a lungo andare, può rappresen- tare un pericolo anche per il partito di mag- gioranza, ove si consideri che i problemi che non si affrontano in tempo, ritornano al pet- tine, e talvolta diviene effettivamente difficile risolverli. E, tra i tanti nodi che la Giunta regionale deve sciogliere, vi è, a nostro giudi- zio, quello della crisi che si è andata delinean- do, in questi ultimi tempi, nel settore lattiero- caseario.
Che il malumore nelle campagne sia notevole in dipendenza di molteplici fattori è cosa che ness.uno può negare, tanto è vero che lo stes- so Governo centrale, per avere un quadro ge- nerale della situazione, ha sollecitato la con- ferenza nazionale dell'agricoltura e del mondo rurale, anche perchè la politica fin qui segui- ta non sembra la più rispondente a determi- nare il necessario equilibrio tra reddito deri- vante dalle attività agricole e quello degli al- tri settori dell'attività produttiva. In Sardegna, poi, anche in relazione alle, condizioni nelle qua- li si svolge l'attività pastorale, la situazione delle campagne presenta sintomi assai più gra- vi che nelle altre regioni d'Italia; e ciò per ragioni note a tutto il Consiglio.
La richiesta della convocazione in via straor- dinaria del Consiglio, per discutere la mozione sulla crisi della pastorizia sarda, è quindi del
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tutto giustificata, se si tiene conto degli ulti- mi sviluppi della situazione e della intransigen- za dimostrata dagli industriali caseari. Il Con- siglio regionale non può rimanere indifferente di fronte al dramma che attraversano i pastori.
Altre volte, sia pure per cause diverse, l'ono- revole Consiglio è autorevolmente intervenuto, riducendo, a causa della persistente siccità, i canoni d'affitto pascolo nella misura del 30 per cento onde consentire ai pastori di superare, sia pure con le gravi perdite subite per la mo-
ria del bestiame, la sfavorevole congiuntura.
Purtroppo, quel giusto provvedimento rimane isolato.
Come tutti sappiamo, la pastorizia si è tro- vata altre volte in un vicolo cieco, senza la possibilità di trovare una qualsiasi via d'usci- ta che permettesse il superamento dei suoi mol- teplici problemi, quei problemi che rimangono ancora oggi insoluti. Il vento, la siccità, le brinate, le gelate, le calamità atmosferiche, in- somma, hanno in questi ultimi anni posto a dura prova la resistenza economica dei nostri pastori. Ma a queste avversità naturali, con- tro le quali l'uomo e la società moderna posso- no, sia pure con difficoltà, battersi, se ne ag- giungono altre di natura prevalentemente eco- nomica, che hanno origine in cause remote e relativamente recenti. Contro queste cause, a cui rimane inchiodata buona parte della pasto- rizia sarda, il Consiglio deve pronunciarsi, de- ve trovare la forza politica per imporre solu- zioni rispondenti allo sviluppo economico del settore, rispondenti alla stessa necessità di crea- re nuovi rapporti sociali 'nelle campagne e con- sentire, a coloro i quali si dedicano alla pa- storizia, una vita civile.
A nostro modesto parere, sarà bene che la Giunta regionale non eluda le richieste che so- no state avanzate, poichè abbiamo sufficienti motivi per ritenere che continuando di questo passo si compromette la zootecnia, vale a dire
«una tra le più importanti voci della nostra bilancia commerciale», come l'ha definita ieri nel suo intervento il collega Felice Contu.
Giova ricordare, a questo proposito, alcuni dati indicativi di una certa tendenza all'impo- verimento, e che in parte sono già noti all'ono-
revole Consiglio. La Sardegna, nel 1908, ave- va 360.606 capi bovini. Si rendevano disponi- bili annualmente per il consumo interno circa 30.000 capi; si • esportavano dalla Sardegna, all'incirca, 150.000 quintali di carne, mentre adesso siamo costretti ad importare la carne.
Per quanto riguarda l'altro bestiame, la situa- zione era la seguente : in Sardegna venivano allevati 161.000 suini ; 50.000 erano destinati all'allevamento fa/biliare e 100.000 venivano macellati allo stato di magroni. Gli ovini rag- giungevano i due milioni e 380.307 capi ;, si ot- tenevano 100.000 quintali di carne e solo a Roma si esportavano 30 mila capi. Sappiamo che attualmente gli ovini sono all'incirca due milioni e 500.000, ma i bovini sono circa 200.000 capi, con una riduzione, quindi, di 170.000 ca- pi, mentre i suini sono 113.000, con -una ri- duzione di 50.000 capi.
Il freddo linguaggio delle cifre, anche se tal- volta noioso, diviene tuttavia eloquente e con- ferma che le nostre preoccupazioni non sonò prive di fondamento. La tendenza all'impove- rimento del patrimonio zootecnico si è. andata accentuando in quest'ultimo periodo di tempo e diverrà sempre più preoccupante se non inter- verranno alcune misure, che si impongono or- mai in modo inderogabile, se si desidera con- tribuire a riportare la pace nelle campagne.
Come è noto, i pastori hanno concordemente adottato, recentemente, la decisione di non ver- sare il latte ai caseifici industriali, tanto che il 29 marzo si è avuta la prima grande manife- stazione di protesta. Successivamente si è ve- rificata quella che alcuni quotidiani isolani e qualche giornale nazionale hanno definito la
«marcia del latte», cioè a dire, la seconda ma- nifestazione di protesta, che ha visto delega- zioni dei diversi Comuni della Sardegna recar- si a Cagliari per prospettare alle autorità re- gionali le tristi condizioni nelle quali sono ve- nuti a trovarsi i pastori, dopo il ribasso del prezzo del latte, che è stato ridotto nella mi- sura del 50 per cento in rapporto ai prezzi che venivano praticati nella decorsa campagna. Nel mese di aprile si sono verificate altre manife- stazioni di protesta a carattere regionale e lo- cale, senza peraltro ottenere dagli industriali
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la fissazione di un prezzo base per il latte con- ferito nella presente campagna.
L'atteggiamento tipicamente provocatorio 'de- gli industriali è in parte dovuto al fatto che l'autorità regionale, che pure è stata più volte sollecitata, non ha assunto un atteggiamento favorevole nei confronti dei pastori, giacchè, in occasione dei contatti che le diverse rap- presentanze hanno avuto con l'Amministrazio- ne regionale, nessun impegno concreto è stato assunto. Si sta ora determinando nelle campa- gne un clima di tensione, e soltanto il senso di misura — la pazienza tipica dei Sardi — non ha permesso che l'agitazione potesse assu- mere nell'Isola gli aspetti drammatici che, qua- si per gli stessi motivi, sta assumendo in al- tre parti d'Italia. La stampa di questi giorni ci ha ampiamente informati sugli ultimi svi- luppi della lotta in corso tra produttori e in- dustriali caseari. Un rudimentale ordigno è sta- to lanciato da sconosciuti nel recinto di uno stabilimento lattiero-caseario di Villanterio (Pa- via), dove è esploso senza per fortuna causare gravi danni alle persone e alle cose. Inoltre, (è sempre la stampa che ci informa) un ca- mion è stato fermato e i bidoni del latte che trasportava sono stati aperti da dimostranti non identificati, e il contenuto versato per ter- ra. Tra produttori ed industriali è stata quin- di dichiarata la cosiddetta guerra del latte.
Per fortuna in Sardegna siamo ancora alla fa- se delle «marce», e l'ordine pubblico non è stato ancora turbato da avvenimenti simili a quelli che ho testè denunciato.
Ma, onorevoli colleghi, quanto durerà questa calma? Questo, purtroppo, non ci è dato di sa- pere. Quanto dovranno attendere i pastori an- cora, prima che intervengano soluzioni rispon- denti ai loro interessi? A questo interrogativo dovrebbe rispondere la Giunta regionale, che ha il dovere di intervenire, giacchè non si può rimanere estranei di fronte alla crisi che in- veste tutto il settore e che ovviamente deter- mina tensione nei rapporti fra produttori ed industriali caseari. Penso sia dovere dell'autorità regionale intervenire sollecitamente per svol- gere quella azione politica ed amministrativa diretta appunto, come afferma la mozione da
noi presentata, a promuovere la convocazione immediata dei rappresentanti delle associazioni degli industriali e di quelle dei produttori, per stabilire un accordo che fissi un prezzo remu- nerativo del latte per la presente campagna.
Ciò eviterà che possano verificarsi atti incon- sulti, determinati proprio da quella che oserei definire indifferenza, finora dimostrata dalla autorità regionale, indifferenza che, a mio mo- desto avviso, può tradursi in un duro colpo nei confronti dello stesso Istituto autonomistico.
Bisogna evitare, onorevoli colleghi, che la mala pianta dell'abigeato si estenda e rafforzi le sue radici.
Ma chi sono, onorevoli colleghi, infine, que- sti industriali caseari che con una manovra speculativa hanno il potere di sconvolgere uno dei settori fondamentali della nostra economia?
Ma è proprio vero, mi domando, che la Regio- ne Autonoma della Sardegna non abbia gli strumenti per modificare radicalmente il cor- so delle cose, e liberare conseguentemente la
pastorizia dalla posizione cui è costretta a cau- sa del volere egoistico di 10 o 12 famiglie? Eb- bene, onorevoli colleghi, credo di poter afferma- re che è mancata finora una volontà politica tesa a liberare la pastorizia sarda dai moltepli- ci legami di subordinazione che le impediscono un rapido sviluppo e, in buona sostanza, de- terminano l'arretratezza economica di migliaia di famiglie di pastori. Cercherò di dimostrare, sia pure attraverso una rapida trattazione, la mancanza di questa volontà politica.
Per quanto attiene particolarmente al settore lattiero-caseario, dirò subito che la politica del- le Giunte che si sono succedute nella direzione della Regione, non ha voluto operare profon- damente, nel senso cioè di determinare una svol- ta nell'indirizzo fin qui seguìto. I provvedi- menti adottati non sono valsi a svincolare i pa- stori dalle condizioni di ricatto imposte dagli industriali caseari. Ciò è ampiamente dimostra- to per due ordini di motivi : primo : perchè, in otto anni, la Regione ha stanziato fondi per la costruzione di latterie e caseifici sociali per l'importo di 601.903.163 lire ; fondi che sono valsi a costruire soltanto 15 caseifici, ad am- pliarne tre e a costruirne due con parziale con-
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tributo. Quando si pensi che soltanto per costrui- re l'albergo dell'E.S.I.T. a Nuoro sono stati spesi 650 milioni, si vedrà quale è la limitatezza dell'intervento regionale in questo settore. Se si tiene conto inoltre del fatto che la capacità lavorativa dei predetti caseifici è di 119.000 ettolitri di latte ovino e vaccino, che i soci in- teressati al versamento del latte sono appena 1297 e posseggono 113.789 capi ovini e vac- cini ; che di contro in Sardegna vi sono tre milioni di capi ovini e caprini la cui produzio- ne viene versata prevalentemente nei caseifici in- dustriali, si avrà modo di constatare quanta stra- da occorre ancora fare sulla via della coopera- zione sociale per abbattere i vincoli che legano i nostri pastori agli industriali caseari. Secondo : perchè, nonostante la sfavorevole congiuntura nel campo della esportazione del formaggio nel 1960, anzichè studiare il fenomeno e adot- tare le opportune misure per trovare uno sboc- co favorevole alla nostra produzione, si sono, al contrario, ridotti anche i modesti stanzia- menti, tanto che possiamo leggere nel bilancio di previsione della entrata e della spesa della Regione per l'anno 1962 che i contributi alle latterie e cantine sociali per l'acquisto, la co- struzione, l'ampliamento e l'attrezzatura di sta- bilimenti enologici e caseari sono stati ridotti
di 330 milioni in rapporto al 1961.
Da queste considerazioni credo si possa ri- cavare la mancanza di quella volontà politica, di quelle scelte opportune e necessarie che sareb- bero state decisive per combattere il monopo- lio caseario e favorire lo sviluppo autonomo della pastorizia in Sardegna.
La mozione da noi presentata chiede anche che si intervenga presso le Prefetture delle tre Province affinchè vengano convocate le Commissioni per la fissazione dell'equo canone nell'affitto dei pascoli. Ciò si reclama al fine di una regolamentazione del canone e, attraverso una riduzione dei valori terrieri, ottenere un più facile accesso alla proprietà terriera; come per altro faceva osservare ieri nel suo inter- vento il collega Lay. Questa richiesta è nello spirito e nella lettera delle conclusioni a cui è pervenuta la Conferenza nazionale dell'agri- coltura e del mondo rurale, per cui non sa-
rebbe inopportuno che la Giunta regionale di- mostrasse, almeno in questa occasione, la vo- lontà politica per giungere ai -risultati da più parti auspicati, in modo da avviare, sia pure gradatamente, a soluzione i problemi connessi con il fitto pascolo.
Sono state più volte presentate alla attenzio- ne dell'onorevole Consiglio proposte tendenti a porre in luce la esigenza di modificare , ra- dicalmente i rapporti contrattuali nelle campa- gne, e far compiere così un passo in avanti al settore della pastorizia in Sardegna. Onorevoli colleghi, chiediamo questo intervento anche per- chè ci pare sia passato troppo tempo, dal mo- mento in cuì venne annunciato, da parte del- l'onorevole Assessore all'agricoltura, un piano per la zootecnia e la pastorizia tendente ad affrontare il problema dei rapporti contrattuali tra i proprietari terrieri e i pastori ; anche per- chè a questi rapporti si diceva allora si sareb- be cercato di dare, con idonei interventi ed in- centivi, il massimo di stabilità. Anche nel lon- tano dicembre del 1949 vennero discussi diver- si disegni di legge riguardanti la riduzione dei
canoni di affitto pascolo. Le proposte Dessa- nay-Masia vennero liquidate, e neanche il pro- getto di legge presentato dall'onorevole Casu ebbe migliore fortuna, in quanto venne rinviato e successivamente insabbiato. Anche adesso, onorevoli colleghi - - e lo accennava proprio ieri il collega Lay — si sta pensando di ritar- dare la discussione in Commissione degli unici
progetti di legge presentati dalle sinistre e che darebbero la possibilità, se accettati, di avviare a soluzione i problemi della pastorizia in Sardegna.
Per quanto ci riguarda, in difesa dei conta- dini e dei pastori, le nostre organizzazioni sin- dacali 'hanno prospettato l'esigenza, ormai ritenuta da più parti inderogabile, della solle- cita approvazione di una legge-quadro dei con- tratti agrari (comprensiva di un immediato ri- basso degli affitti attraverso una effettiva rego- lamentazione dell'equo canone). Come è noto, ad iniziativa delle sinistre, sono stati anche presentati due disegni di legge : il primo con- cernente la regolamentazione dei contratti di affitto pascolo; il secondo riguardante il cre- dito da assegnare ai produttori, singoli ed as-
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sociati, allo scopo di svincolarli dalla dipenden- za degli industriali caseari. La sollecita discus- sione e approvazione dei due progetti di leg- ge rappresenta l'unica via di uscita, come
dicevo prima, per salvaguardare il patrimonio zootecnico e consentire alla pastorizia di so.
pravvivere.
In questa direzione sollecitiamo l'intervento della Giunta regionale affinchè faccia i passi necessari perchè al più presto si prendano quei provvedimenti atti alla regolamentazione dei contratti relativi ai terreni adibiti a pascolo e alla concessione del credito ai pastori singoli ed associati. Ciò si reclama perchè l'inciden- za del prezzo dei pascoli nell'allevamento del bestiame è veramente elevata. Come ebbe a di- re un parlamentare sardo del partito di mag- gioranza in occasione della discussione del bi- lancio dell'agricoltura, il rialzo dei prezzi del fit- to pascolo è determinato dalla mancata applica- zione della legge sull'equo canone. Purtroppo, la legge ha trovato soltanto parziale attuazione in quanto la Cassazione limita la sua applica- zione al caso di avvenimenti imprevisti ed in- certi indipendenti dalla volontà delle parti, che turbino l'equilibrio dei contratti. Per altro, dob- biamo anche rilevare che recentemente è stato approvato in sede di Commissione parlamenta- re un disegno di legge sull'equo canone con- cernente i fondi rustici, di cui non conosciamo ancora il testo per poterne valutare la sfera di applicazione, anche perchè la stampa di in- formazione non ha chiarito sufficientemente la materia.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, trala- scio la trattazione degli altri argomenti con- tenuti nella mozione nella certezza che altri me- glio di me estenderanno l'indagine anche agli aspetti che non sono stati ancora trattati nel corso di questo dibattito. Desidero però, prima di concludere questo mio intervento, ricordare che lo stesso Presidente della Giunta, nelle sue dichiarazioni programmatiche, aveva indicato le direttive per guidare una efficace opera di preparazione di strutture aziendali moderne e aveva indi-iiduato nella zootecnia e nelle col- ture specializzate i due settori ai quali sarebbe stata rivolta una particolare attenzione. Ebbene,
onorevoli colleghi, non mi pare in verità di po- ter affermare che alle citate dichiarazioni pro- grammatiche siano seguiti atti concreti, al- meno per quel che concerne il settore della pa- storizia; mi pare che, anche recentemente, gli allevatori, attraverso un incontro diretto con l'Assessore all'agricoltura, abbiano sollecitato l'interessamento della Regione per quanto con-
cerne gli affitti onda superare le ricorrenti cri- si e prepararsi ad affrdntare la competitività del mercato, che, con la entrata in vigore dei Mercato Comune Europeo, vede necessariamen- te allargati i propri confini. Mi pare tra l'al- tro che da parte dell'attuale Giunta regionale non vi sia la predisposizione ad affrontare con nuovo impegno i problemi della vita dei campi, per conclamare le esigenze di maggiore giustizia nei rapporti fra i settori produttivi.
«Lo sviluppo graduale ed armonico del siste- ma economico ; la richiesta di una appropria- ta politica economica per le imposizioni tri- butarie, per i mutui e le assicurazioni sociali, per la tutela dei prezzi e l'integrazione dei redditi e infine per la piena adeguazione delle strutture della impresa agricola» non mi sem-
bra abbiano fatto notevoli passi in avanti. _ Onorevoli colleghi, le richieste contenute nel- la mozione penso debbano essere attentamente :saminate, se si desidera realmente contribui- re al superamento della crisi che attraversa la pastorizia sarda, se si desidera, come per altro si è in più occasioni dichiarato, potenzia- re il settore. I pastori attendono da anni un intervento energico da parte della Regione, che tuteli i loro legittimi interessi, che faccia inten- dere agli industriali caseari il vero contenuto democratico e sociale dell'autonomia. Spetta al Consiglio regionale decidere sulle sorti della pastorizia in Sardegna.
Credo non siano necessarie altre parole per rappresentare il dramma di questa categoria, dalla quale, come ebbe a dire un eminente uomo politico sardo, discendiamo tutti in linea diretta. I pastori attendono, onorevoli colleghi:
sappia il Consiglio regionale non deluderli, per la speranza che essi hanno riposto nella vali- dità dell'Istituto autonomistico, quale strumen- to della loro redenzione. (Consensi a sinistra).
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IV LEGISLATURA LXI SEDUTA 15 MAGGIO 1962
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare l'onore- vole Sassu. Ne ha facoltà.
SASSU (D.C.). Onorevole Presidente, onore- voli colleghi, la mozione presentata dai social- comunisti ha la data del 20 aprile; una mia in- terrogazione sullo stesso argomento ha la da- ta del 23 novembre 1961. La prima intervi- sta all'agenzia «Italia» sui problemi della pa- storizia è stata concessa dal sottoscritto.
Ieri ho sentito il collega Lay accusare il par- tito di maggioranza, la Democrazia Cristiana, di non aver fatto niente per i pastori. Finchè si dice che non si è fatto molto, posso, anche es- sere d'accordo; ma dire che non si è fatto nul- la significa non rispettare scrupolosamente la verità. Nel 1954-1955, quando i pastori vera- mente stavano male, quando il bestiame mori- va, si approvò una legge per «perdonare» le cambiali firmate per l'acquisto dei mangimi, per un importo di un miliardo ed oltre, mi pa- re un miliardo e 300 milioni. Nel 1960-1961 si è approvata un'altra legge, la cosiddetta leg- ge Costa, per prorogare la scadenza delle cam- biali, chè altrimenti i pastori, almeno i picco- li (i grossi riescono sempre a difendersi), sa- rebbero stati costretti a vendere il loro bestia- me per pagare i debiti. Io auguro ai pastori di essere in grado di pagare perchè ciò significhe- rebbe buone annate. Se domani le annate fos- sero di nuovo cattive, potremmo dire di nuovo alla Giunta regionale di fare un altro sforzo e di aiutare in qualche modo i pastori. Ma af- fermare, come ha affermato il collega Lay ieri, che non si è fatto nulla, è negare la realtà.
E' interessante vedere quali sviluppi abbia avuto, dal 1944 ad oggi, la politica comuni- sta nei confronti dei pastori. «L'Unità», nei
primi anni dopo la Liberazione, attaccava i pa- stori definendoli ladri e sfruttatori e dediti al mercato nero...
TORRENTE (P.C.I.). Provalo, se puoi.
SASSU (D.C.). E' facile da provare e lo pro- verò subito. Dopo la guerra, caro Torrente, si sono create le cooperative agricole. E che cosa è avvenuto? Che voi, nelle Commissioni del
Tribunale e delle Prefetture, chiedevate le ter- re per darle ai lavoratori. «Le terre dei ricchi [dicevate] bisogna darle alle cooperative».
Ma su quelle terre non pascolavano le pecore dei ricchi, ma quelle dei pastori affittuari. E quando io, in Commissione, mi opponevo a que- sta vostra politica, mi sentivo rispondere che innanzi tutto bisognava dare la terra ai con- tadini, e le pecore potevano pure andare al ma- cello! Questa vostra posizione, colleghi delle si- nistre, risulta dai verbali di quelle Commissio- ni. A un certo punto abbiamo visto i social- comunisti passare alla difesa dei pastori. Io so- no rimasto meravigliato. Come mai si sono ac- corti, dopo anni ed anni, dell'esistenza dei pa- stori?
NIOI (P.C.I.). Perchè hai votato contro lo sconto dei pascoli?
SASSU (D.C.). A un certo punto, abbiamo visto gli attivisti delle sinistre svegliarsi e an- dare in giro nelle piazze, nei paesi, a dire che i pastori sono sfruttati dagli industriali e dai proprietari di pascoli... (interruzioni a sinistra).
La Federazione dei Coltivatori Diretti, attra- verso l'onorevole Bonomi, ha presentato una legge, che è stata approvata dal Parlamento, per l'equo canone. Speriamo che si creino le Commissioni previste dalla legge...
PREVOSTO (P.C.I.). Son proprio le Commis- sioni che non funzionano.
SASSU (D.C.). Certo io non ho la forza di far applicare la legge. Non so se questa for- za possiate averla voi, ora che siete diventati difensori dei pastori. Anch'io voglio difendere i pastori, ma con sistemi ben diversi dai vo- stri. E che io abbia difeso sempre i pastori è
documentato. Dice il bollettino dell'agenzia «Ita- lia», a propósito della discussione consiliare su una mozione, svoltasi nel dicembre scorso:
«Il democristiano Sassu ha presentato al Con- siglio regionale un ordine del giorno approva- to con l'astensione dei soli comunisti». Quel- l'ordine del giorno chiedeva l'intervento della Giunta regionale a difesa dei pastori!
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Dobbiamo dire ai pastori la verità, onorevo- li colleghi. Da tutta una documentazione in mio possesso risulta che i pastori sono riusciti a su- perare le crisi quando si sono organizzati in cooperative. Nel 1920, gli industriali pagava-
no il latte a lire 1,70, le cooperative a 2,20. Nel '21, gli industriali a 1,90, le cooperative, a 2,20. Nel 1922 gli industriali a 2,07, le coope- rative a 2,35. Nel '23, di nuovo, gli industriali a 1,90, a 2,30 le cooperative. Nel 1925 rispetti- vamente a 1,82 e a 2,20. Nel 1926 a 1,66 e a 2 lire. Nel 1927, gli industriali a 2,07, e le coo- perative di nuovo a 2,40. Nel 1934 il latte cala di colpo a 55 centesimi, prezzo di piazza, e le cooperative liquidano a 1,40. Nel 1936 gli in- dustriali pagano a 90 centesimi, nel 1937 a una lira, nel 1938 una lira, nel 1939 una lira, nel '40 90 centesimi, e le cooperative spun- tano sempre prezzi più alti anche di una lira (1940). Nel 1941 gli industriali a 1,20 e le cooperative a 3 lire; nel '42 a 1,50 e a 3 lire;
nel '43, a 2,50 e 2,86. Nel '45, gli industriali pagano a 18 lire, e le cooperative 20 lire. Nel '46 a 30 e a 50 lire. Nel 1947, a 40 e a 65 lire. Nel 1948 a 50 lire e a 70 lire. Nel 1949 a 75 e a 105. Nel 1950 a 50 lire e a 60 li- re. I dati degli anni successivi non sono di mol- to diversi. Quello che la Giunta deve fare...
GHIRRA (P.C.I.)... e che non ha fatto...
SASSU (D.C.). Lo farà, stia tranquillo; è già stato presentato un disegno di legge in que- sta materia. Cosa debbono fare i pastori? Or- ganizzarsi in cooperative, in modo da disporre almeno del 60 per cento del formaggio per po- ter ottenere i permessi di esportazione per rea- lizzare il massimo frutto dal loro lavoro. La Regione, poi, dovrebbe creare un ente per la esportazione del formaggio...
LAY (P.C.I.). E il prezzo dei pascoli?
SASSU (D.C.). Esiste già la legge Bonomi sul- l'equo canone. E' da tenere in considerazione anche un altro problema. Il consumatore, an- che in Sardegna, talvolta si orienta verso tipi di formaggio non sardo. Nel 1959 si importa,
vano nell'Isola 14.820 quintali di formaggio.
Nel 1960 ne sono stati importati 18.000; nel 1961, 22.000. Si pone dunque il problema di orientare i pastori a produrre non soltanto il formaggio per l'esportazione, il tanto necessa- rio tipo romano, ma anche il formaggio per il consumo locale.
Veniamo ora ai pascoli. Con la legge dell'equo canone — ne sono convinto — non si risolverà il problema. Soltanto in un primo tempo si riuscirà a livellare gli affitti. Ho esperienza delle Commissioni per l'equo canone, e posso ci-
tare, a questo riguardo, un episodio significati- vo. Un giorno una Commissione si reca per un sopralluogo in un terreno in agro di Pozzomag- giore: 17 ettari affittati per 65 ettolitri di lat- te. La Commissione decide di ridurre il cano- ne a 27 ettolitri: ebbene, dopo otto giorni, il pastore affittuario dichiara di essere disposto a versare i 65 ettolitri! Bisogna' poi tener conto del grosso pastore che di fatto impedisce ai pic- coli di trovare pascoli a buon patto... (interru- zioni a sinistra). Voi comunisti — lo so -- fa- te miracoli; io non ne sono capace; miracoli, i «bonomiani» non ne fanno, li fanno gli stali- nisti e i krusceviani. Però, i bonomiani han- no sempre difeso i pastori, anche quando, nel 1944-1945, voi li chiamavate sfruttatori e li 'ac- cusavate di far mercato nero. Ma parliamo de- gli industriali, piuttosto. Io credo che la respon- sabilità maggiore dell'attuale situazione appar- tenga proprio agli industriali, che hanno fat- to sempre indisturbati i loro propri interessi.
Ora, se questo era possibile quando la Regione non esisteva, ora non dovrebbe essere più pos- sibile. La verità è che sono stati proprio gli industriali, nella annata agraria 1960-1961, ad imporre sulla «piazza» un alto prezzo del lat- te (100-110 lire al litro), in modo da piegare le cooperative dei pastori, che non erano in grado di spuntare un prezzo simile. Una volta piega;
te le cooperative, il prezzo del latte ha subìto il tracollo che conosciamo
I pastori, purtroppo, non hanno capito l'im- portanza dell'organizzazione cooperativa e si sono resi conto che debbono accettare contratti per il pagamento del latte al «prezzo di piazza».
Quando si accettano contratti di questo tipo,
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non c'è legge che possa imporre all'industriale di pagare il latte ad un prezzo equo. Il colle- ga Piero Soggiu, che è avVocato, lo sa bene...
PREVOSTO (P.C.I.). Secondo te, chi ha ra- gione: i pastori o gli industriali?
SASSU (D.C.). I pastori, certo! E sinchè non c'era la Regione, certe cose non si aveva modo di impedirle. Oggi, invece, si può condurre tutta un'azione per 'costringere gli industriali casea- ri a tener conto dei legittimi interessi dei pa- stori. Ma, in verità, non si può neppure par- lare di industriali. Un industriale che si rispet- ti, dopo 62 anni di attività, avrebbe dovuto crea- re degli stabilimenti capaci di produrre i più diversi tipi di formaggio, in modo da poter af- frontare con sicurezza il mercato nazionale e quello internazionale. Più che di industriali, a rigor di termini, si dovrebbe parlare di acca- parratori.
Ma, oltre che degli industriali, bisogna parla- re dei commercianti di formaggio. La pecora, pur essendo un modestissimo e umilissimo ani- male, dà possibilità di vita a molti uomini, fra cui troppi purtroppo con le loro speculazioni dannose si arricchiscono a danno dei poveri pa- stori, che tanto si sacrificano e soffrono. Il pa- store è quello che si sacrifica di più, mentre l'industriale e il commerciante sono quelli che stanno meglio. Eppure, quando si vuol recare offesa ad una persona, la si definisce pastore...
LAY (P.C.I.). E la Federconsorzi che fa ? SASSU La Federconsorzi, quando è stata sollecitata dai pastori, ha sempre dato sia gli anticipi per capo di bestiame e sia i prestiti di esercizio 'a basso tasso di interesse. Inoltre, si è preoccupata del collocamento del prodotto ot- tenendo per i pastori quanto non avrebbero da- to gli industriali e i commercianti. Ha fornito inoltre la necessaria assistenza tecnica per ot- tenere un prodotto migliore.
Bisogna far scomparire dalla scena economi- ca l'industriale che non è industriale e il com- merciante che non è commerciante. In questa direzione si deve muovere la Giunta, onorevole
Dettori ; occorre far sì che siano le cooperative ad esportare il formaggio direttamente. Soltan- to a questo modo si può garantire una giusta remunerazione per chi lavora, per chi suda. Il pastore, se si muove soltanto sul piano indi- viduale, non può reggere alla situazione. Occor- re dare al pastore un aiuto finanziario, a basso tasso d'interesse, così come è previsto nel-pro- getto di legge presentato dalla maggioranza.
LAY (P.C.I.). Quando è stato presentato?
SASSU (D.C.). Non importa quando, onore- vole Lay ; importa sapere che il provvedimen- to prevede un notevole aiuto.
Occorre condurre tutta un'azione perchè i pa- stori, nella fabbricazione del formaggio e nel- la manipolazione del latte, osservino le necessa- rie norme igieniche. Bisogna anche impedire che il latte venga annacquato. Bisogna far capire ai.
pastori che certe norme debbono essere rispet- tate nel loro stesso interesse.
Onorevoli colleghi, bisogna a tutti i costi evi- tare la demagogia. Non mi pare troppo utile invitare i pastori a venire a Cagliari per vedere in che modo i comunisti rimproverano alla Giun- ta di non aver mai fatto alcunchè per l'indu- stria armentizia. Certo, i pastori hanno asso- lutamente bisogno dell'aiuto della Regione; ma si deve dar loro un aiuto effettivo, al di là di ogni demagogia. Voglio vedere se voi comunisti siete disposti ad aiutarli con i fatti; se siete d'accordo sul fatto che ai pastori non debbano essere sottratti i pascoli...
LAY (P.C.I.). Siamo del parere che ai pa- stori debbono essere dati i pascoli.
SASSU (D.C.). Io sono dell'opinione che si debba punire qualche proprietario assenteista, e che ai pastori deve esser data la possibilità di disporre stabilmente, per 10-15-20 anni, dei
pascoli.
Faccio una raccomandazione all'Assessore all'agricoltura : che si finanzi la formazione della piccola proprietà contadina, sì che tutti gli affittuari e i mezzadri, i compartecipanti, diventino proprietari della terra. Su uno stesso fondo non possono campare troppe persone; non
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possono contemporaneamente campare proprie- tario, pastore e mezzadro. I proprietari affittano i pascoli per lunghi anni quando non sono agri- coltori e coltivatori diretti. E' chi tiene la terra per ricavarne unicamente la rendita, senza mai eseguire una miglioria, è bene che ceda la sua proprietà a chi la lavora.
Non si può tuttavia fare di ogni erba un fascio. Occorre tener conto del problema del frazionamento e della polverizzazione della pro- prietà. E bisogna anche tener conto che spes- so il grosso armentario, che possiede 700 - 800 capi ovini, fa l'incetta dei pascoli ed impedi- sce al piccolo pastore di trovar terra a buon prezzo. Io sono d'accordo per aiutare i pastori piccoli e medi ; ma i grossi no ; non sono d'ac- cordo per aiutare i compari degli industriali.
Ai pastori bisogna dire: non firmate contrat- ti per l'anno prossimo, non accettate caparre, rimanete liberi. Però, onorevoli colleghi, biso- gna anche colpire gli industriali che fanno l'in- cetta dei pascoli per poi affrirli ai pastori chie- dendo come contropartita il conferimento del latte a prezzo «di piazza». Bisogna anche im- pedire che si stipulino contratti d'affitto per me- no di un anno. Anche questa misura rientra nella tattica dei proprietari e degli industriali..
I contratti a meno di un anno, infatti, non so- no prorogabili. Di tutta questa situazione occor- rerà tener conto quando si discuterà il proget- to di legge che abbiamo presentato...
TORRENTE (P.C.I.). Sono già passati tre mesi da quando abbiamo presentato la nostra proposta di legge, e ancora non l'avete voluta esaminare!
SASSU (D.C.). Onorevole Torrente, la vostra legge non era completa ; e ancora non l'avete completata, abbiate pazienza. Noi preferiamo presentare in ritardo un progetto, ma ló pre- sentiamo completo in tutte le sue parti.
Signor Presidente, io ho terminato. Ai pa- stori presenti nello spazio riservato al pubblico, vorrei raccomandare di far propaganda perchè nessuno si impegni a conferire il latte al prez- zo di piazza e perchè tutti si impegnino nella costituzione di cooperative. La Regione, la Giun- ta regionale e noi consiglieri faremo tutto il
possibile per venire in loro aiuto. (Consensi al centro).
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare l'onore- vole Bagedda. Ne ha facoltà.
BAGEDDA (M.S.I.). Signor Presidente, col- leghi del Consiglio, nessuno può negare l'estre- ma gravità della crisi che investe l'economia pastorale sarda e con questa, in definitiva, tutti i settori produttivi della Regione. Ovviamen- te, le risonanze negative del triste fenomeno in- cidono maggiormente sui pastori della Provin- cia di Nuoro, che, essendo i più poveri, hanno minori possibilità di resistere a questa ed alle altre ricorrenti crisi che ormai da tempo li col-
piscono con estrema durezza.
Come per ogni fenomeno economico sociale, la causalità dell'evento è assai complessa, se pur possa dirsi che gli interventi fin qui svolti in questo Consiglio ne abbiano limitato e chiarito quella che — anche a parer mio — è la sostan- za vera. La determinante principale del triste fenomeno è indubbiamente da ricercarsi nella arretratezza generale della società sarda, e nel- la poverissima condizione economica nella qua- le il pastore è mantenuto. Ciò è dipeso sia dal fatto che l'ambiente del quale parliamo è dif- ficilmente permeabile (per resistenze psicologi- che, geografiche, ambientali) sia perchè, in tut- ti i tempi, presenti e passati, non si fece, nè si fa quanto era ed è necessario e doveroso per migliorare la situazione umana ed economi- ca della pastorizia.
Questa attende la sola, vera, grande rivoluzio- ne dei tempi moderni : la rivoluzione dei tec- nici, dei competenti, che porti la qualificazio- ne e la ventata rinnovatrice della scienza anche nel cuore della Sardegna antica. Solo così po- trebbe cessare quella che oggi è la lotta feroce, quotidiana, corpo a corpo, che il pastore del Nuo- rese combatte contro le avversità atmosferiche, le contingenze economiche sfavorevoli, la silen- ziosa e notturna bardana, che in un attimo stronca le vite, ed annulla il modesto peculio, spesso frutto di sacrifici senza nome.
Il problema dei pastori, dunque, deve essere posto all'ordine del giorno dell'assemblea legi-
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slativa della. Regione Sarda, e deve costituire il pensiero dominante dei preposti agli organi esecutivi ; soprattutto oggi, che i miliardi del Piano di rinascita escono dal vago campo delle enunciazioni e delle proposte, per diventare «co- se» che valgano a placare l'ansia di rinnova- mento e la cupa disperazione che avvolgono la parte migliore del nostro popolo. Tutti capim- mo plasticamenté, or sono dieci anni, che la condizione dei pastori era diventata insopporta- bile.
Lo capimmo quando i primi pastori di Bitti, Orune, Siniscola, e degli altri paesi della Bar- bagia — con atto veramente rivoluzionario — vinsero resistenze ataviche, e si trasferirono, col gregge, nella Penisola. La fame, il freddo, i pericoli continui, squarciarono la pesante cap- pa della tradizione, degli affetti domestici, dei sentimenti, e fecero correre i gravi rischi del trasloco nella speranza d'una sistemazione mi- gliore.
Fu così che il pastore sardo, trasferito nella campagna romana o toscana, ebbe una nuova affascinante esperienza : fare il bagno una vol- ta la settimana, cambiarsi d'abitp, dormire la notte, dormire in un letto, dormire senza l'as- sillo costante, feroce, inumano, dell'assalto not- turno alla vita, al gregge per creare il quale aveva faticato tutta la sua esistenza.
Il primo pastore che valicò il mare col suo gregge, ripeto, compì un atto rivoluzionario, e quell'atto resta la denuncia più amara e clamo- rosa contro tutti i reggitori delle cose sarde, contro quelli d'oggi in particolare.
Chi racconterà la vita dei pastori nelle cam- pagne desolate e brulle, nelle immense valli di- sabitate, dove si cammina per ore ed ore sen- za incontrare anima viva, senza vedere una ca- sa, un qualsiasi segno della civiltà e del pro- gresso? Là stanno la maggior parte dei nostri pastori : tornano in paese una volta al mese, si lavano e si cambiano con la stessa frequenza, conducono un'esistenza bestiale. Mutare questa condizione è problema grave e difficile, ma che dovrebbe affascinare ogni Sardo che ami la sua terra e i suoi fratelli, e che abbia in mano gli strumenti dell'azione.
Ma, oltre alle carenze generali ora denun-
ciate, alla base della crisi della pastorizia vi è anche un motivo strettamente economico: la lon- tananza dei mercati di consumo. Il fatto crea, tra l'altro, la necessità degli intermediari, con le conseguenti speculazioni, le sfacciate mano- vre del «prezzo di piazza» e degli acconti sulla compravendita del prodotto; acconti, si noti, che bloccano la libertà di contrattazione, giacche essa manca quando uno dei contraenti agisce in una situazione necessitata.
Orbene, l'esodo dei pastori dalla Sardegna ri- solve anche questo problema, con la vicinanza ai grandi mercati di consumo, o, comunque, al-
le strade di grande traffico. Nelle campagne ro- mana e toscana, infatti, oggi i nostri pastori vendono il latte a 110-120 lire il litro, mentre la triste condizione di chi è rimasto nell'Isola coagula le speranze più rosee attorno alle 60 lire al litro. Altrettanto deve dirsi del commer- cio del formaggio di tipo romano, le cui gia- cenze odierne si fanno ammontare a circa 70.000 quintali. Il mercato è fermo, e le punte mag- giori di vendita vanno sulle 350-400 lire al chi- lo, mentre a Roma lo stesso tipo di formaggio costa al consumatore 1.000 lire al chilogrammo.
Il contrasto denuncia, all'evidenza, la deficien- za di tecniche economiche e di scambio e ri- badisce la necessità di eliminare la manovra spe- culatrice degli intermediari, dando al pastore la possibilità di portare direttamente il prodot- to sul mercato. A questo fine la Regione può far molto, sviluppando lo spirito associativo con la costituzione di cooperative e consorzi, che consentano l'eliminazione di quei fattori che og- gi negativamente incidono nel processo di pro-- duzione e di vendita del latte e dei suoi deri- vati.
Occorre anzitutto migliorare la qualità del prodotto, tenendo conto ad esempio che il con- sumo pro capite del formaggio, nel nostro Pae- se, è notevolmente aumentato, con conseguenti maggiori esigenze dell'acquirenté Nel 1860 si producevano in Italia 27 milioni di q.li, men- tre quest'anno se ne sono prodotti 500 milioni di q.li, con un consumo individuale decuplicato.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GARDU.
(Segue I3AGEDDA) Le nuove tecniche, inol-
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tre, hanno rivoluzionato l'area economica, giac- chè l'immissione dell'Emmenthal è la produzio- ne di 4-5.000 formaggini all'ora, con processi automatici, fanno relegare nei musei il sistema usato dai nostri pastori, fermo all'origine dei tempi.
Altro importante problema connesso è quel- lo relativo alle ricerche di mercato. Lo studio dell'evoluzione del gusto, legato alle ferree leg- gi della domanda e dell'offerta, condiziona il tipo della produzione, adeguandolo alla ri- chiesta del pubblico. E' facile intendere come, ad illustrare questi elementi, ci si potrebbe dilungare delle ore; ma sarebbe un portar va- si a Samo e nottole ad Atene. Ognuno di noi, pur privo di competenza specifica, sa che l'e- conomia d'oggi elimina spietatamente il pro- duttore che non si organizzi, lasciando all'ini- ziativa altrui l'imposizione delle condizioni di mercato.
Perciò, avviandomi alla conclusione, così mi pare di poter sintetizzare i frutti d'una in- dagine sulla crisi in atto, effettuata ascoltando le opinioni d'un valente tecnico e di molti pa- stori del Nuorese: 1) Istituzione d'un Ufficio re- gionale del commercio, che curi il collocamento del prodotto in Italia ed all'Estero; 2) Pubbli- cazione periodica di mercuriali, ed istituzione di borse mercato a somiglianza di quelle esistenti a Roma, Milano, Reggio etc; 3) Costituzione di un Consorzio regionale delle latterie e coopera- tive; 4) Costruzione di una caciara della ca- pacità di 40-50.000 q.li, con moderni impianti di aria condizionata, atti ad ottenere l'optimum ambientale nel rapporto umidità-temperatura, condizione essenziale per la buona riuscita del prodotto. Si tratterebbe, in sostanza, di grandi magazzini generali, nei quali il commercio po- trebbe acquistare partite con caratteristiche no- te e dichiarate, eliminando sia la mediazione come ogni abuso sulle valutazioni delle caratteri- stiche stesse, dimostratesi estremamente sogget- tive; 5) Istituzione di un albo dei periti casea- ri, al quale siano ammessi elementi di indiscus- sa capacità tecnica, tale da soddisfare la fidu- cia dei contraenti la compravendita.
Ci pare che questi siano atti non inutili a fi-
ne di migliorare la situazione dei pastori.
Ovviamente, ogni analoga iniziativa cadreb- be nel nulla, se in Sardegna non mutasse la
condizione di accesso alle fonti di credito, oggi irte di ostacoli, per le onerose garanzie persona- li e reali che le banche domandano. Finchè il costo del denaro sarà così alto (tale da ra- sentare una forma di usura legalizzata), ogni speranza di progresso resterà, .per i pastori, va- na illusione.
Io spero, colleghi del Consiglio, d'aver portato un modesto contributo a favore d'una categoria di persone che ho l'orgoglio di rappresentare, e che meritano ogni nostro aiuto: i pastori della Barbagia.
Se non si interverrà presto ed efficacemente, essi spopoleranno la Sardegna, condannando.
la all'inaridimento economico ed alla morte ci- vile. (Consensi a destra).
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare l'ono- revole Prevosto. Ne ha facoltà.
PREVOSTO (P.C.I.). Signor Presidente, si- gnori consiglieri, di fronte a queste posizioni unanimi dei colleghi che si sono succeduti nel- la discussione di questa mozione, non possiamo che essere soddisfatti. Ci fa piacere che tutti i Gruppi abbiano espresso, sostanzialmente, un parere favorevole sulla nostra mozione, an- che se non l'hanno esaminata dettagliatamente.
Vorrei tuttavia osservare, se mi si consen- te, che questa unanimità altre volte si è tra- sformata, nei fatti, in una negazione di consen- si. La storia della nostra assemblea è ricca di adesioni formali e verbali, cui poi hanno cor- risposto nei fatti voti contrari. Così, per esem- pio, è successo per la legge del 1955 sulla ridu- zione dei canoni di affitto dei terreni adibiti a pascolo. Oggi, tuttavia, ci auguriamo che l'u- nanimità di consensi si trasformi in un voto a favore della nostra mozione; altrimenti si sa- ran fatte delle chiacchiere e si saranno ingan- nati i pastori.
Ora vorrei, se mi è consentito, soffermarmi soprattutto sulla questione degli affitti dei pa- scoli e della esigenza ormai chiara dello svilup- po dell'agricoltura, la quale, in Sardegna, si fonda
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soprattutto sulla pastorizia. Si avverte ormai chiaramente che il pastore, in Sardegna, può so- pravvivere ad una condizione precisa : che si ri- duca adeguatamente il canone dell'affitto dei pa- scoli, e ciò come misura transitoria, sino alla conquista stabile della terra da parte dei pa- stori. Io sono d'accordo con l'onorevole Sassu su questo punto; l'azienda agro-pastorale deve pos- sedere la terra a titolo permanente, e deve tra- sformare questa terra con i finanziamenti pub- blici. Già si assiste ad estesi processi di de- classamento della categoria; non è raro vedere dei pastori impegnati nella costruzio- ne di opere pubbliche attraverso i cantieri di lavoro. Molti pastori hanno scelto la 'strada del- l'emigrazione. E' in atto, dunque, un processo di decomposizione della categoria.
E' molto difficile dimostrare oggi — come taluno, fuori di questa aula, ha tentato di fa- re — che la crisi che investe nel suo comples- so la pastorizia sarda non sia stata ripropo- sta alla nostra attenzione ed a quella dell'opi- nione pubblica dalla Manovra speculatrice del- l'industria monopolistica del formaggio in Sar- degna. Periodicamente, ora per le nevicate, ora per la siccità, la crisi della pastorizia si ripro- pone. E se si indaga oltre le cause contingenti che le crisi fanno esplodere, non si può non parlare della rendita fondiaria. Tutti sono oggi costretti a parlare del fenomeno della rendita fondiaria, cioè degli alti canoni di affitto. E' impossibile non ricercare l'origine, la matrice di tutte le crisi che puntualmente colpiscono la 'pastorizia nei rapporti tra pastore e proprieta-
rio del pascolo. Anche la crisi in corso, anche la crisi di cui stiamo parlando, affonda le sue radici in questi rapporti arretrati. Voglio dire, in sostanza, che la vera, reale, profonda crisi che investe la pastorizia sarda è nelle struttu- re delle nostre campagne, che oggi non reggo- no più alle, esigenze di una agricoltura mo- derna.
Si tratta di una crisi determinata dalla per- sistente esistenza di una rendita fondiaria eso- sa e parassitaria, che impossessandosi sempre più avidamente del frutto del lavoro del pasto- re, senza spendere mai, o quasi mai, una lira per i miglioramenti dei pascoli, senza rischia-
re nulla per la mancanza di investimenti, e ri- fiutando spesso gli stessi contributi che per spe- se di miglioramento fondiario offrono le varie leggi, paralizza sul nascere ogni tentativo di ri- scatto economico del pastore dall'industria mo- nopolio del formaggio, e soffoca quindi ogni suo tentativo ; cl-4è tentativi in questa direzione vengono compiuti dai pastori, onorevole Sassu, di riscatto sociale e culturale. La rendita fon- diaria condanna, assieme col pastore, la Sar- degna ad una arretratezza senza fine e senza, limiti.
A questo punto, forse qualcuno dirà che si fa della demagogia : ma vediamo in concreto di che cosa si tratta. Io direi che, per dimo- strare in concreto che cosa è la rendita fondiaria in Sardegna bisogna risalire, dall'esperienza di- retta del pastore, ai dati complessivi delle sta- tistiche. La documentazione che io porto, ono- revoli colleghi, non è scelta, ma acquisita ca- sualmente. Vediamo, ad esempio, la condizio- ne economica del pastore Secchi Antonio, che ha il pascolo in territorio di Sindia. Ha affittato undici ettari di terra e paga, per contratto, 435.000 lire cioè 39.500 lire per ettaro.
Ma queste cifre, di per sè sole, non han- no alcun significato. Bisogna tener con- to che su questi 11 ettari, per dichia- razione del pastore e di altre persone di Sindia, possono pascolare in un anno 40 pecore. Il pa- store in questione, dunque, paga, per il pascolo, 10.800 lire a capo. La produzione lorda di una pecora, secondo i dati fissati dalla Commissio- ne tecnica provinciale di Nuoro per il 1960-1961, è di 9.700 lire. Secchi Antonio, per il solo pasco- lo, paga dunque più di quanto il suo gregge può produrre. E' demagogia, questa, onore'ole Sassu?
SASSU (D.C.). No.
PREVOSTO (P.C.I.). Ed ha la fainglia..1 SASSU (D.C.). Non c'è scampo, per chi non ha terra.
PREVOSTO (P.C.I.). Come fa, questo pasto- re, a pagare il salariato fisso, di cui pure ha bisogno? Come fa a pagare le tasse? Come fa
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a pagare quei mangimi che la Regione gli ha dato mediante cambiali che scadono tra cin- que anni? In questa situazione, che valore han- no le polemiche sull'abigeato, sul pastore ban- dito, sul pastore delinquente? Bisogna ricerca- re le cause di certe situazioni e avere il corag- gio di dire che un uomo messo allo sbaraglio può perdere anche la testa. Non c'è da meravi- gliarsi se in Sardegna, troppo frequentemente, si verificano reati di abigeato. Ci sarebbe for- se da meravigliarsi del contrario: del come, cioè, i 30.000 pastori sardi non diventino tutti banditi!
Ma torniamo al pastore Secchi. Poichè non è riuscito a pagare il canone d'affitto alla scaden- za, dopo un'ingiunzione, per soli 10 giorni di ritardo, si è dovuto accollare le spese della pro- cedura esecutiva.
SASSU (D.C.).. A quando si riferisce il con- tratto, a quest'anno o all'anno scorso?
PREVOSTO (P.C.I.). Non lo ricordo con esat- tezza, credo disponesse dello stesso pascolo an- che l'anno scorso... (interruzioni). Caro Sassu, molto spesso non si può addossare al pastore la colpa di porsi in lotta, pur di avere un pa- scolo, con altri pastori.
Lasciamo ora Sindia e andiamo in quel di Lula. Farina Francesco : ha in affitto 300 et- tari, che, per la natura del pascolo, possono ac- cogliere 300 pecore. Canone: 2 milioni e 450 mila lire. Prima del Farina aveva in affitto quel pascolo, per sei anni, Tola Giuseppe che versava un canone di 7.000 litri di latte Prima ancora aveva in affitto questo pascolo Zizi Giovanni e versava 13.000 litri di latte per il canone. In definitiva, in dieci anni il proprietario di que- sto pascolo ha incassato, senza investire un soldo nella trasformazione del terreno, senza correre nessun rischio, 14 milioni e 120 mila lire. Caro Sassu, con 14 milioni quel pascolo si poteva benissimo acquistare.
Sindia o Lula è sempre la stessa storia. Ve- diamo ora se la situazione è diversa per i pa- stori che hanno in affitto terreni di proprietà comunale. I fratelli Piras di Arzana hanno in
affitto 445 ettari di proprietà del Comune di Borore. Sono terreni che gli affittuari devono lasciare durante l'inverno per portare il gregge a svernare altrove. Eppure pagano un cano- ne di 43.000 litri di latte. E' un pascolo che regge 450 pecore. Ma tutti sappiamo — l'onore- vole Casu ce lo insegna — che la pecora sarda può dare 60 litri di latte in media l'anno; e su 100 pecore si calcola che 30 non producano.
Dunque, 450 pecore in un anno danno 27.000 litri •di latte; e il proprietario deve versarne 43.000. Ma non basta. Vediamo un po' come è congegnato il contratto d'affitto elaborato dal Comune di Borore. Il contratto fissa come ca- none un ammontare corrispondente a 43.000 li- tri di latte valutati a prezzo di piazza. Ma poi, in un allegato B), si precisa che, contro quanto è scritto nel contratto, per l'annata agraria 1961-'62 vale il prezzo di piazza dell'annata agraria. Metto questo contratto a disposizione dell'Assessore agli enti locali, il quale può ben valutare se funzione di un Comune sia quella di svolgere un'azione calmieratrice o di specula-
zione. «Qualora il concessionario [dice una del- le clausole] non dovesse versare il corrispettivo
di fitto dovuto alla scadenza stabilita, dovrà pa- gare al Comune gli interessi di mora rapportati a un anno ; se ritarda, una penale di 10.000 li- re per ogni giorno di ritardo». Inoltre, il Co- mune può provvedere al taglio di legna, a ese- guire lavori etc. Per il 1960-1961 ( ho qui le
ricevute parziali) calcolando il latte a 105 lire il litro, gli affittuari han dovuto pagare quattro milioni e 375.000 lire, cioè lire 10 mi- • la a pecora!
Vediamo ora un altro rapporto d'affitto : quel- lo stipulato tra i pastcri e l'E.T.F.A.S.
SASSU (D.C.). L'E.T.F.A.S.?
PREVOSTO (P.C.I.). Sì, l'E.T.F.A.S. An- che questo accade ! In quel di Bolotana, tredici pastori di Bolotana, di 011olai e dh4avoi hanno in affitto terreni dell'E.T.F.A.S. Ebbene, sape- te quanto fa pagare l'E.T.F.A.S. a questi pa- stori? 213.500 lire ad ettaro; il pastore Motzo di Bolotana, per undici anni ha pagato 4 mi- lioni 9.500 lire per 27 ettari.
Resoconti Consiliari
IV LEGISLATURA LXI SEDUTA 15 MAGGIO 1962
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SASSU (D.C.). Ma non è possibile. Ma chi le affitta queste terre? Gli assegnatari?
PREVOSTO (P.C.I.). L'E.T.F.A.S. ha scorgo.
rato queste terre alla proprietà privata, non le ha trasformate e ha continuato l'affittanza pa- scolo così come faceva la vecchia proprietaria, donna Vera Mameli. Con questa differenza : che donna Vera Mameli faceva pagare la metà del prezzo che fa pagare 1'E.T.F.A.S. Non solo;
poiehè questi pascoli sono affittati a mese, o- gni mese l'E.T.F.A.S. interviene per cercare di scacciar via l'affittuario perchè altri pastori of- frono di più. Questa è la riforma agraria nei 3.000 ettari di terra espropriati a donna Vera
Mameli !
Noi abbiamo chiesto, nella mozione, un'inchie, sta sulle affittanze in Sardegna per dimostrare che questa è la norma. Si potrà obiettare che quelli da noi denunciati sono casi limite. Si de- cida, però, di condurre l'inchiesta da noi pro- posta e si vedrà quanto incide nella crisi della pastorizia la rendita fondiaria. Intanto si pos:
sono già vedere i dati generali della I.N.E.A.
per il 1957, i quali, confrontati con quelli del- l'Annuario statistico regionale, danno delle im- portanti indicazioni. La media dei canoni d'af- fitto per i terreni del Logudoro, del Nuorese e della Nurra è di 16.000 lire a ettaro. Basterebbe questo dato, di per sè solo, a porre l'esigenza dell'inchiesta proposta nella mozione. Attraver- so questa inchiesta si potrebbe investire la co- scienza pubblica del grave problema dell'arre- tratezza della pastorizia sarda e stabilire qua- le sia l'incidenza, nell'economia sarda, della rendita fondiaria.
Dai dati in mio possesso risulta che la ren- dita fondiaria porta via agli affittuari 16.438 milioni di lire. Questa è la situazione, onore- voli colleghi, e di essa occorre tener conto in ogni indagine .sulla pastorizia. Abbiamo sem- pre parlato, in Sardegna, di pastore affittuario, ma in realtà la figura dell'affittuario pastore non esiste, è una finzione giuridica.Non può es- sere pastore-affittuario chi paga gli esosi ca- noni d'affitto che conosciamo; si tratta, piutto- sto, di un servo-pastore della proprietà terrie- ra assenteista e dell'industriale monopolista del
formaggio. E il salariato fisso? E' un servo- pastore del servo-pastore. Si ha così, alla ba- se, tutto un appiattimento determinato dal pe- so della rendita fondiaria, per cui il nostro af- fittuario è un povero diavolo, che spesso diven- ta bandito, o abigeatario o emigrante.
L'affittuario emiliano, che dispone di terreni da 700.000 lire ad ettaro, paga d'affitto il 20 per .cento della produzione. E si tratta di ter- reni coltivati, nei quali sono stati immessi cen- tinaia di milioni per trasformarli. Noi non sia- mo molto affettuosi con gli agrari — si sa —, però tra il proprietario assenteista sardo e l'a- grario emiliano c'è questa differenza : il pro- prietario sardo rimane passivo e incassa i ca- noni, anche quando l'erba sui suoi terreni non cresce, mentre l'agrario emiliano ha sempre provveduto al miglioramento dei suoi fondi.
Ma in Sardegna talvolta capita che si compor- tino come proprietari assenteisti anche gli Enti pubblici. Nel contratto stipulato dal Comune di Borore, di cui ho già parlato, è inserita una clausola in cui si dice che l'affittuario non può ricorrere al Tribunale se la produttività del pascolo si riduce per il cattivo andamento sta- gionale.
Stando così le cose, a me pare che, se un processo è da fare, non lo si debba fare all'abigeato, ma alla rendita fondiaria, perchè lì bisogna ricercare le cause profonde del di- sordine economico, sociale e culturale della Sar- degna. Per fortuna, la crescita di coscienza de- mocratica e l'autonomia non sono cascate dal cielo, ma costituiscono conquiste delle masse.
Oggi i pastori, con le loro lotte, vogliono dare un contenuto all'autonomia. Oggi non c'è nes- suno che . difenda a spada tratta la proprie- tà terriera. In genere, si è diffusa la coscienza che l'attuale situazione della proprietà terrie- ra debba essere superata. Oggi tutti i rapporti di produzione dell'agricoltura sono in crisi. E' in crisi la mezzadria, anche laddove i fondi sono stati trasformati ed arricchiti. con investi- mento di centinaia di milioni. E se oggi il pa- store sardo tende a sostituire il mezzadro to- scano che abbandona il podere, è proprio per l'alto canone dei fitti pascoli vigente in Sardegna.
Caro collega Sassu, a te che sei un dirigente
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IV LEGISLATURA LXI SEDUTA 15 MAGGIO 1962
nazionale della «bonomiana5>, bisogna pur dire che, se non si riesce a condurre una lotta uni- taria dei pastori, non si può sperare di modi- ficare la situazione e di risolvere la crisi lattie- ro-casearia. Questa esigenza, ormai, mi pare sia' avvertita anche da «Il Democratico» e dalle Pie Unioni dei Pastori di Nuoro. Mentre, prima del congresso provinciale di queste organizza- zioni; i dirigenti locali e i parroci andavano dicendo che l'agitazione dei pastori era fomen- tata dai comunisti a fini demagogici, al congres- so provinciale, invece, la spinta della categoria ha costretto i dirigenti a prndere posizione e a porsi sulla stessa linea delle altre organizza- zioni di categoria. Si è capito, dunque, che sen- za un'azione unitaria di tutti i pastori non è possibile vincere la proprietà terriera, che è abituata da decenni a percepire grossi profitti.
Il problema dei pastori, onorevoli colleghi, è ormai considerato unitariamente. Assieme al- la lotta contro gli industriali, le organizzazio- ni di categoria, anche quelle bonomiane, rico- noscono giusta la lotta contro la proprietà ter- riera latifondista...
SASSU (D.C.). Ve ne siete accorti adesso:
PREVOSTO (P.C.I.). Caro Sassu, la verità è che noi ci. siamo sempre battuti a favore dei pastori, come dimostrano le nostre iniziative legislative, che voi spesso avete combattuto. La nostra ultima proposta. di legge è di tre mesi fa, mentre la vostra è stata annunziata sol- tanto oggi dal Presidente e non sappiamo an- cora su quali criteri si basi. D'altro canto, la nostra proposta di legge è ben conosciuta dai pastori, fra i quali è stata diffusa a migliaia di copie. E proprio dal fatto d'essere conosciuta ed approvata dai pastori trae la sua forza.
Caro Sassu, esiste oggi una buona situazione di base, mentre il vertice, gli organi regionali responsabili, non rispondono in modo adeguato alla spinta, alla sollecitazione che viene dal bas- so. Noi non abbiamo difficoltà a riconoscere che l'aver voi presentato una proposta di legge è un fatto positivo. Ce ne son volute di lotte, di scioperi e di proteste per strapparvi quel prov- vedimento, colleghi della maggioranza! Onore-
vole Dettori, il provvedimento era stato da lei annunziato ad una delegazione di pastori il 30 marzo, a Cagliari, nel suo ufficio, e c'è voluto un mese e mezzo perchè venisse presentato.
C'è al fondo di questa posizione, come dice- va l'onorevole Pinna, una precisa mancanza di volontà politica. Ma certi nodi vengono al petp, tine. E,' inutile sostenere, come l'onorevole Sas- su ha fatto, che gli alti canoni d'affitto dei pascoli sono da porre in relazione alla concor- renza che i pastori si fanno tra loro. Certo, spesso questo fenomeno di concorrenza si ve- rifica ; ma, se ciò accade, la responsabilità è da ricercare fra chi ha governato la Sardegna in questi ultimi sedici anni. Cerchiamo di' es- sere obiettivi. Perchè si è arrivati a questa drammatica, tragica, terribile situazione? Per mancanza, di volontà politica, per aver sempre evitato di affrontare con serietà, anche gra- dualmente se volete, il problema dell'azienda pastorale in Sardegna. Esistono le Commissioni per l'equo canone, si dice. Ma è stata appunto la mancanza di volontà politica a consentire che esse non funzionassero!
Già si parlava da mesi della crisi, e tutti i pa- stori erano già in isciopero in tutti i Comuni della Sardegna: ebbene, la Commissione tec- nica provinciale di Nuoro ha addirittura aumen- tato i canoni di affitto del 30 per cento. E che cosa ha fatto l'Assessore all'agricoltura onore-
vole Dettori, al quale ci siamo rivolti in de- legazione perchè intervenisse a regolarizzare la situazione? A detta dell'Ispettore agrario di Nuoro, l'aumento dei canoni d'affitto niente al- tro era che un'esigenza del mercato dei pasco- li, caratterizzato da un aumento della do- manda.
DETTORI (D.C.), Assessore all'agricoltura e foreste. Le leggerò il verbale della Commissio- ne dell'equo canone, così saprà che cosa si dice al riguardo.
PREVOSTO (P.C.I.). Posso leggerglielo io, onorevole Dettori. Si dice, in quel verbale, che i canoni d'affitto debbono essere aumentati nel- le zone non colpite dalla siccità, mentre deb- bono essere diminuiti nelle zone colpite. Ono-