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La prescrizione dei crediti di lavoro

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CONCLUSIONI

SOMMARIO: 1. Breve riepilogo delle novità introdotte e problemi interpretativi – 2. Tra economia e valori:

adempimento e tutela economica – 3. Incerta tutela dei diritti?

La prescrizione dei crediti di lavoro

1. Breve riepilogo delle novità introdotte e problemi interpretativi.

Nel corso di questo scritto si è cercato di analizzare le novità introdotte dalla legge 28 giugno 2012, n. 92 nella parte relativa alla modifica dell’apparato sanzionatorio che l’ordinamento prevede a fronte di un licenziamento illegittimo.

In particolare si è cercato di valutare la compatibilità delle norme introdotte con i principi di diritto ricavabili nel nostro ordinamento, in primis quelli provenienti dalla Carta Costituzionale e dalle fonti di diritto di matrice europea.

Alla luce delle considerazioni svolte si è potuto osservare come

l’ordine di reintegra non abbia natura costituzionalmente

obbligata e come il legislatore possa prevedere risposte di

(2)

153

carattere meramente indennitario al licenziamento intimato senza i presupposti legalmente previsti per la sua validità.

1

La riforma Monti-Fornero si muove esattamente in questa direzione: la linea di fondo che l’esecutivo ha cercato di imprimere nel testo delle norme sulla flessibilità in uscita va ravvisata nello spostamento del baricentro dell’apparato sanzionatorio dalla centralità della tutela in forma specifica verso soluzioni di tutela per equivalente.

Va però osservato come, a differenza dell’univocità dell’intentio legislatoris, le soluzioni normative concretamente adottate non

siano di immediata decifrabilità: se l’utilizzo di alcuni istituti sembra rispecchiare la volontà di mantenere una certa armonia con il sistema normativo e giurisprudenziale previgente, altre soluzioni sembrano distaccarsene recisamente.

Il legislatore continua, come nella norma ante-riforma, ad utilizzare le tradizionali categorie civilistiche della patologia negoziale. Ma, a discapito della terminologia utilizzata, le conseguenze che la legge vi riconduce sono caratterizzate da spiccati elementi di specialità

2

. È quanto succede in merito al licenziamento qualificato espressamente come inefficace, che

1 Sul punto si veda infra il Cap.I

2

C. C

ESTER, Il progetto, cit., p. 564 che osserva come «le tradizionali categorie della patologia negoziale escono significativamente incise, e talora stravolte, dal disegno di legge, tanto che sarebbe da dubitare dell’utilità del loro richiamo».

(3)

154

viene regolato in concreto come il suo «esatto contrario»

3

e sanzionato con la tutela più debole tra quelle previste.

Un altro caso è quello dell’annullabilità del licenziamento alla quale non consegue la completa ricostruzione del rapporto ma un’indennità risarcitoria limitata nell’ammontare a dodici mensilità

4

. Il legislatore sembra inoltre, stando al dato letterale, sostituire al recesso lo strumento della risoluzione giudiziale con intervento costitutivo da parte del giudice

5

.

Anche con riferimento alla giurisprudenza il legislatore adotta un atteggiamento non sempre coerente. Se sovente si mostra attento a rispecchiare gli orientamenti prevalenti, come nel caso dell’espressa previsione della deducibilità dell’aliunde perceptum e percipiendum o dell’introduzione dell’art.1345 c.c. nel novero delle ipotesi di nullità soggette alla tutela reale «piena», a tratti sembra però non tenerne conto, optando per soluzioni originali

6

.

A tutto ciò si aggiunga la mancata presa di posizione su alcuni punti, al centro del dibattito già nella normativa precedente, che

3 Ibidem

4 Per le caratteristiche della sanzione dell’annullabilità si veda supra il cap. III.

5 Si veda supra Cap.III.

6 È il caso ad esempio della previsione della tutela indennitaria «debole» a fronte di licenziamento inefficace per la totale mancanza di motivazione o per l’omissione della procedura per l’irrogazione di un licenziamento disciplinare che si pone in aperta contraddizione con gli orientamenti giudiziali che ne valorizzano la funzione di tutela della dignità della persona del lavoratore e del suo diritto di difesa. Sul punto si rimanda al cap. I e III, anche per gli opportuni riferimenti giurisprudenziali.

(4)

155

avrebbero richiesto un intervento chiarificatore: uno su tutti il caso della mancata applicabilità dell’art. 614-bis ai rapporti di lavoro

7

.

Tutti questi elementi —oltre alla spinosissima questione della scelta della tutela applicabile in caso di licenziamento ingiustificato— sembrerebbero portare ad un’amplificazione dell’incertezza del diritto rispetto al sistema precedente, nel quale, come noto, la tutela era unica e legata a criteri di applicabilità più oggettivi di quelli odierni

8

.

2. Tra economia e valori: adempimento e tutela economica.

Come unanimemente rilevato in dottrina

9

una modificazione dell’apparato sanzionatorio nel senso di una maggiore incidenza della tutela per equivalente risulterebbe fortemente legata al contesto politico-economico in cui il provvedimento ha

7 Si veda supra cap. II . Altro punto che avrebbe meritato chiarimenti è la configurazione della nozione di licenziamento discriminatorio che come visto—

supra cap. II— presenta molti caratteri di incertezza.

8 In effetti l’art.18 vecchio testo, pur presentando delle criticità legate soprattutto alla durata del processo, era di immediata comprensione, prevedendo sempre la tutela reale in un campo di applicazione legato al parametro —sicuramente più oggettivo di quelli previsti dalla riforma— della consistenza numerica dei dipendenti.

9 Per tutti si vedano

L. M

ARIUCCI, op. cit., p.437 che parla di «sorta di commissariamento» da parte degli organismi dell’U.E. ;

V.S

PEZIALE, Giusta causa, cit., p.3 secondo il quale «il governo Monti si è adeguato al «mantra» espresso dall’OCSE e dalle altre istituzioni economiche internazionali che costituisce una sorta di “pensiero unico”».

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156

visto la luce. In particolare sembra essere stata determinante l’influenza degli organismi comunitari —su tutti la Banca Centrale Europea e la Commissione—che hanno sollecitato il nostro paese a ricorrere a riforme del mercato del lavoro volte ad incrementarne la competitività nonché la capacità di ridurre le situazioni di precariato a lungo termine

10

.

In merito a quest’ultimo punto è stato da più parti osservato come il nostro mercato del lavoro sia caratterizzato da uno strutturale dualismo

11

: parte della forza lavoro, titolare di un contratto a tempo indeterminato, godrebbe di una eccessiva garanzia della conservazione del proprio posto a discapito della restante parte —titolari di un contratto a tempo determinato o di forme contrattuali parasubordinate ma anche i dipendenti di imprese che non raggiungono la soglia dimensionale prevista dall’art.18 St. lav.— che ne resterebbe totalmente esclusa.

Ciò che deriverebbe da questa situazione sarebbe qualificabile come vero e proprio stallo: le imprese, limitate nella possibilità

10 Sul punto si veda l’approfondita ricostruzione di

A.P

ERULLI-

V.S

PEZIALE, L’art.8, cit., p.6 ss.

11

P. I

CHINO

,

La riforma, cit., p. 6ss che fa riferimento al documento Valutazione del programma nazionale di riforma e del programma di stabilità 2011 dell’Italia, documento di lavoro dei servizi della Commissione Europea, Bruxelles, 7 giugno 2011 nel quale si osserva che : «In realtà una protezione rigida dal licenziamento, anche tramite un’applicazione restrittiva licenziamenti collettivi e dei licenziamenti per ragioni economiche, scoraggia l’assunzione di lavoratori permanenti e pertanto aumenta il ricorso a contratti più flessibili, anche di lavoro para-subordinato». Osservazioni simili si riscontrano anche nel rapporto della Commissione Europea Employement in Europe 2010.

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157

di procedere ad un aggiustamento degli organici e nella libertà di poter scegliere con chi collaborare, finirebbero per fare un uso eccessivo delle forme contrattuali alternative al contratto a tempo indeterminato. L’aumento della flessibilità in uscita inciderebbe allora sulla qualità dell’occupazione scoraggiando l’utilizzo di forme contrattuali flessibili e promuoverebbe l’utilizzo del contratto standard a tempo indeterminato

12

.

È facile osservare come da questo punto di vista la tutela in forma specifica del posto di lavoro venga ad essere considerata come eccezione, da riservarsi solo in casi quanto più possibile tipizzati dal legislatore, a fronte della regola costituita dalla tutela per equivalente

13

: in questo modo l’imprenditore non solo potrebbe procedere ad una più semplice selezione dei collaboratori ma potrebbe anche prevederne il costo con un conseguente aumento della produttività.

14

12 Sul punto si veda A.MARESCA, Il nuovo regime, cit., p. 416ss

13 È la nota teoria dell’efficient breach of contract che ho cercato di riassumere nelle linee basilari supra Cap. I. anche per gli opportuni riferimenti dottrinari.

14 La teoria in commento ha riscosso notevoli critiche in dottrina. Per molti commentatori non ci sarebbero dati univoci che dimostrino una diretta correlazione tra rigidità in uscita e precariato. Si vedano ad esempio le critiche mosse da

V.S

PEZIALE

,

La riforma, cit. p.523 ss. Si vedano inoltre le osservazioni, basate su riscontri di carattere empirico-economico, in

E. F

ABRIZI,

V. P

ERAGINE,

M.

R

AITANO, Flessibilità e lavoro in Italia e in Europa: la teoria economica e l’evidenza empirica ove si sostiene che: «la mobilità fra stati contrattuali e lavorativi riguarda sì in misura maggiore chi lavora con contratti atipici, ma anche molti fra i cosiddetti

“iper-garantiti”, ovvero chi dispone di contratto a tempo indeterminato, appare vulnerabile. L’evidenza empirica appare quindi più complessa di quanto facilmente semplificabile attraverso l’immagine di un mero apartheid messo in atto dagli insider (gli anziani) per penalizzare gli outsider (i giovani)».

(7)

158

La teoria che sta alla base di queste considerazioni muove dalla convinzione, tipica degli studi di Law and Economics, la quale «si ispira a criteri meramente quantitativi»

15

in una prospettiva in cui «la norma giuridica deve poter essere violata, dietro corresponsione di un risarcimento economico […] onde ciascun soggetto possa scegliere se rispettare o meno la legge mediante compensazione finanziaria»

16

. Questo modo di vedere il diritto ha suscitato molte critiche.

Si è infatti notato come una tutela meramente risarcitoria non sia in grado di garantire l’esatto adempimento delle obbligazioni del contratto ma anzi nasconda una vera e propria espropriazione dei diritti ad esso sottesi

17

: il creditore non potrà avere accesso al bene della vita che voleva ottenere ma otterrà in via surrogatoria una somma di denaro.

Come visto —supra cap. I— nel nostro ordinamento può dirsi ormai affermato il principio di effettività inteso come obbligo per l’ordinamento di prevedere in via generale forme di tutela in forma specifica e solo in via speciale ed espressa forme di tutela per equivalente.

15

V.S

PEZIALE, Giusta causa, cit., p.3

16

A. P

ERULLI

,

Efficient breach, cit., p.563; vedi supra Cap. I.

17

A. P

ROTO

P

ISANI, Note, cit., p. 39

(8)

159

Ebbene se tale principio deve ritenersi valido in via generale per tutti i contratti allora a maggior ragione tale principio dovrebbe poter valere per il nostro contratto

18

.

Il contratto di lavoro infatti, lungi dal ridursi al mero rapporto sinallagmatico retribuzione-prestazione lavorativa —il quale interesserebbe solo le sfere patrimoniali dei contraenti e potrebbe benissimo essere soddisfatto con una liability rule

19

— coinvolge la persona stessa del lavoratore. Dal contratto il lavoratore trae il sostentamento per se e per le persone a lui care. Con il contratto ha l’opportunità di realizzare la propria personalità.

Il contratto, per dirla con le parole della Suprema Corte:

«non è solo strumento di sostentamento economico, ma è anche strumento di accrescimento della professionalità e di affermazione della propria identità a livello individuale e nel contesto sociale. Questa molteplicità di profili è considerata dalla Costituzione quando afferma che la Repubblica è fondata sul lavoro (art. 1), riconosce i diritti dell'uomo "sia come singolo che nelle formazioni sociali" (art. 2) e in particolare riconosce "il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo

18 Per l’inquadramento contrattuale del rapporto di lavoro si veda supra Cap. I

19 In questo senso

P. I

CHINO

,

La riforma, cit., p.11; si veda supra cap. I

(9)

160

questo diritto", che è altresì un "dovere" nei confronti della società (art. 4 )

20

Nonostante queste osservazioni si deve però osservare che in ambito lavoristico la piena realizzazione dei principi di effettività e di priorità dell’adempimento sia lontana.

Il ricorso alla categoria giuridica del danno si è fatto sempre più frequente

21

. Come è stato efficacemente osservato il rischio che si corre è dunque «una sorta di patrimonializzazione dei diritti fondamentali del lavoratore, ad esempio, il diritto al riposo settimanale e alle ferie diviene danno da mancato riposo, il diritto a svolgere mansioni equivalenti diviene danno da demansionamento, il diritto alla propria dignità diviene danno esistenziale o danno da mobbing»

22

.

20 Cass. Sez. Un.,10 gennaio 2006, n.141, in Foro it., 2006, I, 704; nello stesso senso Cass. Sez. Un. 12 novembre 2001 n. 14020 ove si mette in risalto «la rilevanza degli interessi coinvolti, che impediscono di ricondurre quei rapporti esclusivamente a fattispecie di scambio e, nell'ambito di queste, di ridurre la posizione del prestatore di lavoro semplicemente a quella di titolare del credito avente ad oggetto la retribuzione. Al contrario, il prestatore, attraverso il lavoro reso all'interno dell'impresa, da intendere come formazione sociale nei sensi dell'art. 2 Cost., realizza non solo l'utilità economica promessa dal datore ma anche i valori individuali e familiari indicati nell'art. 2 cit. e nel successivo art. 36».

21

P. A

LBI, Adempimento dell’obbligo di sicurezza, cit., p. 680;

I

D, Adempimento dell’obbligo di sicurezza e tutela della persona, in LD, 2003, n.4, p.675 nel quale si parla di una «formidabile dilatazione quantitativa e qualitativa del danno» che «assume una funzione di mera compensazione su vasta scala, di «giustizia sostanziale»: una sorta di opzione sostitutiva del rispetto delle regole giuridiche vigenti, la cui violazione può essere preventivamente quantificata e liquidata dal danneggiante».

22

P. A

LBI

,

Stabilità del posto, cit., p. 551.

(10)

161

Anche la riforma in commento va in questo senso: non solo si continua a tenere l’ordine di reintegra «in ombra»

23

ma si procede ad introdurre ipotesi nelle quali il licenziamento illegittimo è comunque idoneo ad estinguere il rapporto nell’area della tutela reale.

Ma non solo: anche nei casi in cui si prevede la tutela reale il lavoratore viene fortemente “invogliato” a propendere per una risoluzione consensuale monetaria, data la previsione del tetto massimo di dodici mensilità che rischia di trasferire su di lui il costo del processo

24

.

Laddove, invece, si dovesse continuare ad ammettere la vigenza del principio di priorità dell’adempimento e di effettività anche per quanto riguarda la nuova disciplina introdotta

25

si dovrebbe svolgere la seguente considerazione: se in passato un regime di tutela obbligatoria, pur contestato, trovava una ratio nell’esigenza pratica di tutelare la peculiarità economica organizzativa delle piccole imprese

26

, bisogna prendere atto che le motivazioni della previsione di una tutela indennitaria, —nell’ambito che in passato era riservato

23 Ibidem. Va in questo senso anche la deducibilità espressa di aliunde perceptum e percipiendum che ha l’effetto di attenuare l’esborso economico dovuto in virtù della tutela indennitaria che permane dopo l’emissione della sentenza.

24 L’opinione è diffusa in dottrina. Per tutti

C. C

ESTER, Licenziamenti: la metamorfosi, cit., p. 36. Per una trattazione più approfondita si rinvia supra Cap.III.

25

I. P

AGNI, L’evoluzione del diritto processuale, cit. p.79.

26 Si vedano le considerazioni svolte supra Cap.I

(11)

162

all’applicabilità della tutela in forma specifica— sono connotate da una maggior evanescenza. Non si riesce infatti ad individuare la ragione che oggi spinge il legislatore a prevedere una deroga espressa al principi di effettività e priorità dell’adempimento. O meglio, una ragione potrebbe essere individuata nelle motivazioni economiche della riforma: il legislatore ammette l’eccezione espressa alla regola della tutela in forma specifica, per ragioni di politica economica generale.

Da questo punto di vista forse è più corretto ritenere il principio di effettività non applicabile per l’obbligazione di reintegra del datore di lavoro.

3. Incerta tutela dei diritti? La decorrenza della prescrizione dei crediti di lavoro.

Anche se il legislatore non sembra aver sposato in toto le indicazioni di Law and Economics

27

, «non vi è dubbio che la nuova disciplina agevoli i licenziamenti»

28

.

27 Che come già anticipato—si veda supra Cap.I— consistono nella limitazione della tutela in forma specifica (specific performance) alle sole ipotesi di licenziamento «che leda i diritti assoluti della persona»

P. I

CHINO

,

La riforma, cit., p.11, ossia, secondo la prima proposta di disegno di legge del legislatore, solo per i licenziamenti discriminatori o comunque nulli.

28 Così

V.S

PEZIALE, Giusta causa, cit., p.62; Contra

M. T. C

ARINCI, Il rapporto, cit., p.

22ss la quale, come ricostruito supra, cap. II, fa sostanzialmente coincidere la nozione di licenziamento ingiustificato con quella di licenziamento

(12)

163

La domanda ora da porsi è se il regime previsto risulta ancora dotato di stabilità. I requisiti necessari affinché un rapporto sia così definito, sono stati fissati da una nota sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione

29

:

È stabile ogni rapporto che, indipendentemente dal carattere pubblico o privato del datore di lavoro, subordini la legittimità e l’efficacia della risoluzione alla sussistenza di circostanze obiettive e predeterminate e, sul piano processuale, affidi al giudice il sindacato su tali circostanze e la possibilità di rimuovere gli effetti del licenziamento illegittimo

La questione, lungi dall’essere di mera definizione terminologica, presenta grande rilevanza in merito al problema della decorrenza della prescrizione dei crediti di lavoro.

In base a quanto sancito dalla Corte di Cassazione, infatti, la regola ordinaria in materia di decorrenza del termine di

discriminatorio, con l’effetto di arrivare ad applicare la tutela reale piena praticamente in tutti i casi di licenziamento.

29 Cass., Sez. Un., 12 aprile 1976, n. 1268, in FI, 1976, I, c. 915. Tale pronuncia va ad innestarsi in quel filone giurisprudenziale, inaugurato da una storica sentenza della Corte Costituzionale (Corte Cost. 10 giugno 1966, n. 63) che dichiarò «la illegittimità costituzionale degli artt. 2948 n. 4, 2955, n. 2, e 2956, n. 1, del Codice civile limitatamente alla parte in cui consentono che la prescrizione del diritto alla retribuzione decorra durante il rapporto di lavoro». Secondo la regola generale sancita dall’art.2935 cod. civ. la prescrizione dovrebbe decorrere dal momento in cui il diritto può essere fatto valere e quindi anche in costanza di rapporto di lavoro. La Consulta motivò tale scelta per la sussistenza di «ostacoli materiali, cioè la situazione psicologica del lavoratore, che può essere indotto a non esercitare il proprio diritto per lo stesso motivo per cui molte volte é portato a rinunciarvi, cioè per timore del licenziamento» . Proprio il riferimento al recesso

«ha consentito alla Corte costituzionale e alla giurisprudenza ordinaria una parziale correzione del tiro» così

O. M

AZZOTTA, Diritto del lavoro, cit., p. 887.

(13)

164

prescrizione, che comincia a correre nel momento in cui il diritto può essere fatto valere— quindi anche in costanza di rapporto di lavoro— va a trovare applicazione tutte le volte in cui il rapporto di lavoro sia munito del requisito fondamentale della stabilità. Viceversa, in rapporti non caratterizzati dalla stabilità suddetta, la regola ex art. 2935 non si applica quindi la prescrizione non corre in costanza di rapporto.

Ebbene, sembra evidente che, nei canoni stabiliti dalle Sezioni Unite, possa rientrare solo la tutela prevista dal co.1 dell’art.18, unica tra le quattro tutele introdotte che garantisce la integrale rimozione degli effetti del licenziamento, «laddove tale carattere non presenta non solo la tutela esclusivamente indennitaria, ma anche il regime di reintegrazione attenuata»

30

data la previsione del tetto di dodici mensilità all’indennità risarcitoria previsto dal co.4.

Il punto merita ulteriori considerazioni. Dalla giurisprudenza della Suprema Corte in merito alla decorrenza della prescrizione dei crediti di lavoro, si ricava che il criterio di discrimine, per stabilire se la prescrizione corra o meno in costanza di rapporto, risulta essere il metus del lavoratore di perdere il posto di lavoro, a prescindere dalla disciplina giuridica astrattamente applicabile.

30 In questo senso

O. M

AZZOTTA, I molti nodi, cit., p.12

(14)

165

La Cassazione, utilizzando tale criterio, è infatti arrivata ad escludere la decorrenza in costanza di rapporto nella situazione in cui, le continue variazioni della consistenza del personale occupato, rendevano incerta l’operatività del regime applicabile

31

. Ci si chiede allora se lo stesso criterio possa valere anche per la situazione di incertezza creata dalla riforma in merito alla sanzione applicabile: il lavoratore in costanza di rapporto non è sicuro della tutela che gli verrà attribuita in caso di illegittimo licenziamento e si crea quindi in lui il metus di poter perdere il posto di lavoro

32

. A ciò si aggiunga che anche laddove avesse la sicurezza di poter usufruire della tutela reintegratoria attenuata, il metus potrebbe pur sempre sussistere, stante la possibilità di doversi accollare il costo di un processo che potrebbe protrarsi per più di dodici mesi.

Dalla disciplina della prescrizione dei crediti di lavoro sembra potersi trarre un ragionamento più generale, che l’analisi economica del diritto, incentrata sulla valutazione rigorosamente economica delle norme, non può contemplare

33

.

31 Cass. 8 novembre 1995, n. 11615

32 Sul punto si veda

C. C

ESTER, Il progetto, cit., p.

33 L’economia neoclassica si basa sulla figura del resourcefull, evaluating and maximising man (l’homo oeconomicus) che compie le sue scelte utilitaristicamente massimizzando i profitti e cerca di ricostruire il mondo secondo schemi astratti. Ma come insegna Max Weber l’uomo compie le sue scelte anche in nome di fattori estranei alla pura razionalità utilitaristica (la consuetudine, la religione, la famiglia..)

(15)

166

La tutela specifica dell’art.18 St. lav., vecchio testo, fungeva da architrave per tutto il sistema garanzie dei diritti del lavoratore nel rapporto. La speranza di poter riottenere il posto di lavoro permette al lavoratore di poter più liberamente esercitare le proprie prerogative

34

. Al contrario come è stato efficacemente notato,

«

in un sistema improntato alla libera recedibilità anche le più pregnanti discipline di garanzia dei diritti della persona del lavoratore sono destinate a liquefarsi di fronte ad un rapporto che, seppur imposto a titolo sanzionatorio, sia poi liberamente risolvibile a costi irrisori»

35

.

Particolarmente esemplificativa in questo senso risulta essere l’esperienza delle imprese soggette alla tutela obbligatoria, nelle quali, solo dopo l’estinzione del contratto, vi sono contenziosi che attengono a diritti fondamentali del lavoratore.

Ebbene, se le cose stanno in questo modo, la revisione dell’art.18 risulta essere non solo —e non tanto— un problema di costi, ma è anche «un problema di potere»

36

: la riforma provvede a ridistribuire le tutele in un ottica di rapporti di

34

G. C

ANNATI

,

Profili di incostituzionalità, cit., p. 202. Secondo il quale: «la

“speranza” del lavoratore nel ripristino giuridico e materiale del vincolo, in caso di licenziamento illegittimo, è tra le garanzie imprescindibili per il corretto esercizio delle sue libertà fondamentali in costanza del rapporto»

35 O. MAZZOTTA, La reintegrazione nel posto di lavoro, cit., p.545

36 F. LISO, Le norme, cit., p.2; nello stesso senso P. TULLINI, Riforma, cit., p. 149 secondo la quale «la revisione dei meccanismi sanzionatori comporta senza dubbio una modificazione qualitativa dell’assetto di interessi del rapporto di lavoro:

definisce, cioè, un diverso equilibrio sostanziale tra i soggetti»

(16)

167

forza; «segna semplicemente un ritorno alla valorizzazione del

principio di autorità all’interno delle aziende», laddove lo

Statuto dei lavoratori aveva provveduto a rimodularlo in

un’ottica della tutela dei diritti della persona del lavoratore.

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