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CAPITOLO 7
Soluzioni tecnologiche adottate
7.1 Ipotesi di intervento sul costruito
1Come scritto nel precedente capitolo, l'edificio A (corpo di fabbrica f, g, h della figura del CAPITOLO 6 - Il Progetto, paragrafo 6.1 - Inserimento nel contesto urbano e descrizione del progetto), oggetto del recupero di questa Tesi, strutturalmente mantiene le caratteristiche originarie ma deve comunque essere sottoposto ai necessari interventi di riparazione e miglioramento in ogni sua parte strutturale, volti a riportare l’edificio ad un livello di sicurezza statica e sismica ritenuto idoneo secondo la normativa vigente.
La normativa (NTC 2008) impone la valutazione della sicurezza sulle costruzioni esistenti in caso risulti evidente, come nel nostro caso, una riduzione della capacità resistente e/o deformativa della struttura, sia essa dovuta ad azioni ambientali o allo stato di degrado e decadimento dell’edificio in esame.
Le norme individuano tre tipologie di interventi:
- interventi di adeguamento atti a conseguire i livelli di sicurezza previsti dalla normativa (i medesimi previsti per gli edifici di nuova costruzione);
- interventi di miglioramento che aumentino la sicurezza strutturale esistente senza necessariamente raggiungere i livelli richiesti dalle norme (NTC 2008);
- interventi locali o riparazioni di elementi isolati che comportino comunque un miglioramento del livello di sicurezza esistente.
Qualora si preveda di sopraelevare o ampliare, mediante opere strutturalmente collegate all’edificio in esame, un fabbricato ovvero si decida di variarne la classe e/o la destinazione d’uso, così da aumentarne i carichi globali in fondazione oltre il 10%, le NTC impongono che si proceda con un intervento di adeguamento così da raggiungere, per l’edificio ristrutturato, lo stesso livello di sicurezza richiesto agli edifici di nuova costruzione. Nel progetto di ristrutturazione funzionale e architettonica proposto per l’edificio esaminato in questa sede, non sono previste opere che vadano a incrementare in maniera significativa i carichi: per le strutture inserite all’interno del fabbricato, (il
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Il paragrafo 7.1 - Ipotesi di intervento sul costruito, è tratto dalla Tesi di Laurea In Ingegneria Edile-Archtettura “Recupero di edificio industriale nell'ambito del progetto di riqualificazione del complesso EX-Pirelli a Livorno” di Maria Chiara Lopardo, 2013.
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cui solaio contro terra era comunque stato progettato per poter sostenere il peso di macchinari molto pesanti), realizzate con struttura portante in scheletro di acciaio e rivestimento a secco in pannelli di fibra di gesso, sono previste delle fondazioni continue a travi rovesce indipendenti dalle strutture di fondazione dell’edificio originario; il cambio di destinazione d’uso, inoltre, non comporterebbe un affollamento dell’edificio tale da far ricadere lo stesso nelle condizioni che necessitano un adeguamento. Si ipotizza, pertanto, che sia sufficiente prevedere una serie di interventi volti a migliorare il livello della sicurezza strutturale e statica, principalmente in relazione a un’eventuale risposta dell’edificio a un’azione sismica.
Dopo aver individuato le criticità della struttura, sono stati indicati una serie di provvedimenti atti a costituire una sorta di proposta di intervento orfana di un’analisi numerica e a carattere puramente qualitativo e preliminare.
7.1.1 Le murature
Il problema relativo alle murature in esame è complesso perché non coinvolge solo il degrado delle stesse ma anche una tecnologia costruttiva mediocre e materiali impiegati di natura piuttosto scadente. Si ritiene, tuttavia, che il risanamento non giovi in maniera sostanziale alla struttura perché non sufficiente a garantire un comportamento globale delle murature. La geometria dell’edificio, infatti, non permette di ipotizzare un comportamento di tipo scatolare: questo principio, che ha garantito una certa stabilità agli edifici del passato anche quando sottoposti ad azione sismica, può essere applicato quando tutti i muri, adeguatamente ammorsati tra loro, hanno funzione portante e di controventamento e risulta più efficace se i solai hanno rigidezza e resistenza adeguate a trasferire le azioni ai setti (ad esempio attraverso cordoli in cemento armato). In tali condizioni la vulnerabilità dell'edificio a meccanismi locali è decisamente alta. La normativa, per scongiurare questo tipo di meccanismi (ribaltamento di intere pareti, collasso parziale delle murature d'angolo, eccetera), impone per gli edifici esistenti, oltre all'analisi globale, l'analisi dei meccanismi locali2.
Il caso oggetto di tesi presenta dei setti murari ben lontani dai requisiti geometrici richiesti dalla normativa per poter essere classificato quale Edificio semplice: i pannelli murari continui da fondazione a sommità hanno un’altezza libera di inflessione non indifferente (al colmo supera i 7 metri) che non può essere ridotta mediante il fattore
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“Per la valutazione degli edifici esistenti, oltre all’analisi sismica globale, da effettuarsi con i metodi previsti dalle norme di progetto per le nuove costruzioni (con le integrazioni specificate nel seguito), è da considerarsi anche l’analisi dei meccanismi locali (§ C8.7.1.1. CE 2009)”
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laterale di vincolo ρ (§ 4.5.6.2, NTC) per l'assenza, come detto più volte, di muri di irrigidimento adeguati. La proposta di progetto di recupero prevede la realizzazione, per tutte le murature, del placcaggio.
IL PLACCAGGIO DELLA MURATURA
(immagine tratta da Ing. M.L. Beconcini - Lezioni di Recupero e Conservazione degli edifici)
Il consolidamento con intonaco armato (§ C8.A.2, CE 2009) deve essere realizzato su entrambi i paramenti e l'armatura, costituita da reti elettrosaldate collegate tra loro da ganci e barre d'acciaio inghisate in fori passanti attraverso la muratura. In assenza di cordolo in sommità (non presente in quanto troppo pesante e comunque di poca utilità viste le condizioni e la geometria del manufatto) il meccanismo locale atteso in caso di azione sismica fuori piano è quella del ribaltamento, effetto conseguente al momento generato dall'applicazione di una forza orizzontale avente come braccio l'altezza libera di inflessione. Le pareti in cemento armato affiancate alla muratura devono essere in grado di controbilanciare questo momento e sarà tanto più facile quanto maggiore sarà il braccio tra le due: viste le caratteristiche delle murature in esame è ipotizzabile che lo spessore dei pannelli di placcaggio debba essere di una certa importanza. Negli interventi di questo tipo viene generalmente applicato intonaco cementizio antiritiro di 3÷5 cm.
7.1.2 Le fondazioni
L’azione di placcaggio delle muratura, non può prescindere da un'azione diretta anche sulle fondazioni: i setti in cemento armato a placcaggio della muratura dovranno avere dei propri cordoli di fondazione in aderenza a quelle esistenti, collegati a mezzo di barre attraverso le fondazioni della muratura. Interventi direttamente rivolti al consolidamento delle fondazioni non sono necessari in quanto non sono evidenti fenomeni di dissesto del terreno; sarà opportuno però verificare, tramite saggi, la geometria della fondazione esistente (al momento non nota) e lo stato della muratura della stessa per poter escludere
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un consolidamento dedicato. Quanto detto vale sia per le fondazioni delle murature perimetrali che per le fondazioni a plinto dei pilastri interni al fabbricato.
Si ritiene opportuno aprire una parentesi relativamente ai plinti dei pilastri che insistono sul terreno interno al manufatto. Andando a ipotizzare la realizzazione di nuove strutture all'interno dell'edificio esistente, seppure indipendenti dallo scheletro portante dello stesso, si deve necessariamente pensare anche a un'indipendenza a livello di fondazione; si è pertanto fatto attenzione che le strutture di fondazione a trave rovescia dei nuovi volumi fossero sufficientemente distanti dalle esistenti fondazioni a plinto: non conoscendo la geometria del bulbo di pressione sottostante i plinti dei pilastri si è scelto, nell’introduzione dei nuovi volumi interni a struttura indipendente, di mantenersi a una distanza di almeno 150 cm dagli elementi strutturali portanti esistenti (muratura esterna e pilastri interni), ritenendo tale accorgimento sufficiente a evitare fenomeni di interferenza delle rispettive fondazioni3.
7.1.3 Le capriate
Come richiesto dal bando di concorso cui abbiamo fatto riferimento più volte, si è voluto mantenere le strutture che caratterizzano tipologicamente la struttura in esame: parliamo dei pilastri in acciaio e delle capriate. La salvaguardia di questi elementi, così come previsto nel progetto presentato, potrà essere effettivamente possibile solo dopo avere effettuato delle verifiche opportune non condotte in questa sede. Non si può trascurare d'altra parte la particolare condizione della struttura a sostegno della copertura: come evidenziato nel rilievo strutturale non esistono collegamenti trasversali di alcun genere quale controventamento. Per questo motivo si propone di valutare l'introduzione di travi di collegamento tra i pilastri ortogonali ai piani delle capriate alla quota del piano di imposta delle stesse nonché un sistema di controventi da inserire a livello della copertura.
Per quanto riguarda il manto di copertura è risultato evidente che debba essere sostituito completamente. Con lo scopo di contenere i pesi propri della copertura ma garantire comunque un buon livello di isolamento termico si è previsto di impiegare una soluzione diversa dall'originale (soletta latero-cementizia e manto in tegole marsigliesi):
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Tale asserzione è plausibile in quanto le linee isostatiche di pressione nel terreno sottostante una fondazione quadrata, basandosi sull’equazione di Boussinesq, vedono una riduzione dell’incremento di pressione al 5% già a una profondità dal plinto pari alla larghezza dello stesso; per esempio, assumendo che i plinti possano misurare 35x35 cmq, poco più del lato maggiore del pilastro che misura 25 cm, si potrebbe considerare sufficientemente cautelativa già una distanza di 40 cm.
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come elemento portante si è scelto una lamiera grecata da fissare sugli arcarecci (anche questi da sostituire con nuovi profili) a supporto di un pacchetto composto da uno strato coibente, camera di ventilazione di 50 mm, tavolato in OSB portante il manto di copertura in lastre di rame giuntate (vedi paragrafi seguenti).
SCHEMA TRIDIMENSIONALE DEGLI INTERVENTI PROPOSTI PER LE CAPRIATE
(immagine tratta da dalla Tesi di Laurea In Ingegneria Edile-Archtettura “Recupero di edificio industriale nell'ambito del progetto di riqualificazione del complesso EX-Pirelli a Livorno” di Maria Chiara Lopardo, 2013)
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7.2 Sistemi costruttivi a secco
Le recenti norme volte ad abbattere il consumo energetico degli edifici e a far rispettare i criteri di antisismicità hanno dato un forte impulso in tema di riduzione dei consumi e aumento della sicurezza, ma per evitare che generino un peggioramento della sostenibilità ambientale ed economica c’è la necessità che si applichino su sistemi costruttivi innovativi.
Analizzando i vari sistemi costruttivi, per l’aggiunta dei nuovi volumi interni, è stata scelta la tecnologia stratificata a secco o sistema S/R, cioè struttura/rivestimento.
Queste tecniche di costruzione dette a secco, cioè con l'assemblaggio di materiali stratificati di vario tipo, su una intelaiatura leggera e resistente di acciaio o legno o nelle soluzioni ibride in calcestruzzo armato, già sviluppate in Europa, stanno diventando l’alternativa al sistema tradizionale umido laterocementizio.
Per costruzione a secco si intende l’assemblaggio meccanico in cantiere di componenti e strati funzionali. Si contrappone quindi alla costruzione a umido, tecnica costruttiva tradizionale che impiega leganti come malte, cementi, colle, resine per assemblare in cantiere i componenti del sistema.
Nei sistemi a secco l’edificio viene quindi concepito come una sorta di sistema meccanico interamente ideato a priori dal progettista, assemblato in cantiere in tempi brevi da manodopera specializzata nel connettere meccanicamente le varie porzioni costruttive invece di crearle in opera. Riducendo al minimo la realizzazione di componenti all’interno del cantiere, questo diventa luogo dell’assemblaggio di componenti di alta qualità. Questo metodo d’intervento presuppone che tutti i componenti da assemblare vengano direttamente forniti, secondo progetto esecutivo, da produttori specializzati, per cui il processo produttivo e parte di quello costruttivo avvengono in fabbrica. Una volta confluiti in cantiere i vari elementi sono già collaudati e dotati di certificazione, quindi hanno prestazioni garantite.
L’involucro esterno degli edifici può garantire elevate prestazioni (termiche, acustiche, antincendio, funzionali, ecologiche, energetiche) e integrare le reti impiantistiche, trasformandosi in un elemento di alta tecnologia, pur attraverso la totale libertà di espressione estetica. I pacchetti costruttivi e i materiali utilizzati devono costituire dei veri e propri sistemi attivi, cioè rispondere velocemente alle sollecitazioni climatiche ed ambientali esterne, a differenza delle tradizionali soluzioni massicce.
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Le ragioni che hanno portato alla diffusione di sistemi a secco sono quindi molteplici: - Velocità di realizzazione.
La natura fortemente industrializzata del processo edilizio consentito da questa tecnologia comporta una riduzione drastica dei tempi di realizzazione dato che vengono eliminati i tempi di maturazione che necessariamente bisogna rispettare con le tecnologie tradizionali e sulla cui entità non è possibile compiere una programmazione certa data la loro forte dipendenza dalle locali condizioni climatiche.
- Costi contenuti.
La velocità e programmabilità dei tempi di realizzazione, insieme alla produzione industrializzata di elementi prefabbricati, permette una drastica riduzione dei costi di costruzione, ottenendo un più efficiente controllo finanziario nella gestione del cantiere. Inoltre i sistemi di montaggio meccanicizzati, la disposizione a strati dei pacchetti costruttivi, le predisposizioni impiantistiche in nicchie e cavedi, permettono un notevole risparmio sui successivi costi di manutenzione, riparazione e sostituzione.
- Maggiori e più facili interventi di successiva gestione.
Grazie alla modalità di esecuzione delle opere, c’è una maggiore facilità e predisposizione ad attuare qualsiasi tipo di intervento necessario nel corso della vita dell’edificio.
- Flessibilità d’uso.
I vari componenti della tecnologia a secco vengono montati attraverso elementi di fissaggio quali chiodi, viti, tasselli. I componenti della stratificazione possono essere quindi letteralmente smontati andando ad agire solo sugli elementi di ancoraggio/fissaggio. Ciò comporta indiscutibili vantaggi in termini di flessibilità, requisito di grande attualità nella pratica progettuale. Sempre più forte infatti è l’esigenza di disporre di edifici in grado di adeguarsi alle mutevoli esigenze funzionali, superando schemi tipologici rigidi e specializzati.
L’alta flessibilità permette anche l’adattabilità alle diverse tipologie architettoniche, dalla tradizionale alle più moderne e quindi massimi livelli di personalizzazione. - Alte prestazioni acustiche, termiche, antincendio, funzionali, ecologiche, energetiche.
Il sistema costruttivo stratificato permette infatti l’utilizzo di sistemi di isolamento a cappotto, interposizioni di strati con materiali specifici, trattamenti in fabbrica degli
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elementi costituenti e altri accorgimenti atti a soddisfare le richieste delle varie prestazioni.
- Ecosostenibilità.
Attraverso questa tecnologia è possibile realizzare edifici in grado di garantire altissime prestazioni ambientali, ovvero in grado di contenere i consumi energetici, ridurre le emissioni inquinanti, facilitare un riutilizzo e riciclo dei componenti a fine vita dell’edificio, migliorare la qualità degli ambienti interni rispetto alla media della pratica progettuale presente sul mercato. Il sistema minimizza l'uso dei materiali e quelli utilizzati sono spesso biocompatibili, in gran parte riciclabili più facilmente valutabili in base agli impatti ambientali durante tutto il ciclo di vita, dalla estrazione delle materie prime fino alla demolizione ( analisi del ciclo di vita definito LCA, Life Cycle Assessment); prevedendo l’impatto ambientale si possono ottimizzare le scelte.
- Sicurezza.
La tecnologia stratificata a secco risponde pienamente alle richieste imperanti in termini di sicurezza in particolare, un vantaggio in termini di sicurezza legato all’utilizzo di questa tecnologia è quello che si evidenzia in cantiere, che diventa solo un luogo di assemblaggio di elementi leggeri precedentemente lavorati in fabbrica. Inoltre c’è una riduzione consistente dei pesi (nell'ordine almeno del 40%) con risparmio conseguente sulle strutture di fondazione, anche in zone ad elevato grado sismico.
Nonostante molte imprese del nostro paese continuino ad affidarsi alle tecniche costruttive tradizionali latero-cementizie, dimenticando del tutto altre tecnologie che talvolta sarebbero anche più idonee ed economicamente competitive, per i suddetti motivi, negli ultimi anni, i sistemi costruttivi a secco si stanno diffondendo nei settori più disparati, consentendo di creare strutture di genere differente: dalla tradizionale costruzione di capannoni industriali, fino a comprendere la realizzazione di palazzine uffici, centri direzionali, prefabbricati industriali, ma anche di edifici per l’edilizia residenziale, che molto spesso superano in qualità estetica e prestazionale le classiche costruzioni costruite in cantiere. Non solo, ma questi sistemi diventano ottimali anche negli interventi di ristrutturazione e adeguamento degli edifici esistenti alle prestazioni termiche, acustiche, antincendio...sempre più severe, richieste da normativa.
222 7.2.1 Stratigrafia del sistema
La componente portante è per lo più costituita da strutture scheletriche, controventate per ottimizzare l’uso dei materiali e concentrarli lungo le direttrici di sforzo. Cemento, calcestruzzo, metallo e legno sono tra i materiali più utilizzati per caratteristiche tecniche e per le possibilità estetiche che possono dare al progettista e al committente. Nelle intercapedini tra le superfici degli involucri, esterne ed interne, e la maglia strutturale vengono disposte le reti impiantistiche (con predisposizioni per una più facile ispezione e manutenzione) e le stratificazioni di intercapedine, costituite da materassini, teli, guaine che hanno precise funzioni e prestazioni (termiche, acustiche, antincendio) certificate precedentemente dai produttori.
Vengono previsti tre stadi funzionali: - Involucro esterno
- Struttura
- Involucro interno
L’involucro esterno, formato da materiali industriali in grado di garantire le prestazioni richieste dal progettista, è costituito da un rivestimento, realizzato da lastre in cemento alleggerito fibrorinforzate, in parte intonacate o rivestite. Andando verso l’interno troviamo una serie di stratificazioni con funzioni meccaniche e ambientali specifiche come la resistenza alla spinta del vento e all’intrusione, impermeabilizzazione e termoriflessione, isolamento termico con diverse caratteristiche di attenuazione, sfasamento o inerzia termica, isolamento acustico, il tutto supportato da orditure metalliche costituite da guide, montanti e profilati.
La struttura, di norma, è costituita da telai realizzati in opera con elementi precostituiti che possono essere, nel caso di edifici di modeste dimensioni e altezza, strutture a scheletro in legno massiccio o lamellare, opportunamente controventate, con ovvi vantaggi in termini di annullamento dei ponti termici, riduzione degli spessori dell’involucro edilizio, grazie alle modeste dimensioni degli elementi portanti.
Per edifici di dimensioni maggiori le strutture sono realizzate con scheletro in acciaio che offre leggerezza e velocità di montaggio, oppure da strutture a telaio in calcestruzzo armato.
L’involucro interno, è costituito da un’ulteriore stratificazione di materiali di coibentazione, da barriera al vapore e da lastre di rivestimento in gesso rivestito o in gesso fibra, con caratteristiche di resistenza meccanica e di idrorepellenza diversa a secondo degli ambienti interni con cui devono interagire, sempre supportate da
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un’orditura metallica. Al suo interno trovano posto, in una programmata sequenza meccanica, gli impianti tecnologici.
Maggior attenzione in fase progettuale e di posa deve essere prestata alle connessioni. Nell’assemblaggio a secco i componenti vengono uniti con tecnologie di giunzione di tipo meccanico e resi solidali attraverso una precisa logica costruttiva senza l’impiego di materiali di connessione destinati a consolidarsi dopo la posa, come collanti e sigillanti. I componenti, già finiti dal punto di vista formale, in quanto precedentemente lavorati, vengono assemblati reciprocamente o con gli elementi dell’edificio già realizzati. Le procedure di assemblaggio impongono quindi che già in sede di produzione del componente sia risolto il problema del collegamento e dell’integrazione tra gli elementi costruttivi per rendere dimensionalmente compatibili in fase di montaggio elementi derivanti da produzioni differenti, ed anche collegabili tra loro al fine di semplificare ed accelerare le procedure di messa in opera. Tali componenti sono predisposti alle operazioni di montaggio e successivo smontaggio, in questo modo possono essere più facilmente smontati e quindi successivamente riciclati o riutilizzati. Oltre a ridurre i tempi di costruzione, si può raggiungere un alto livello di flessibilità d’uso dell’edificio realizzato. Inoltre costruire strutture che vengono prodotte pezzo per pezzo a livello industriale e montate in un secondo tempo in cantiere, comporta una diminuzione e una previsione dei costi di costruzione, oltre che l’attendibilità sui tempi di consegna.
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7.3 Sistema intelaiato
Viene definito telaio l’elemento strutturale realizzato con due ritti verticali di sostegno,
pilastri, ed un traverso, trave, rigidamente connessi fra loro.
Questo tipo di struttura è costituita da un’orditura di travi e pilastri che, formando un insieme di telai, ripetuti sia sul piano orizzontale che verticale, forniscono una continuità sotto il profilo statico consentendo una più libera l’utilizzazione dello spazio limitando gli ingombri planimetrici: la solidarietà fra tutti gli elementi esili della struttura fa si che questa reagisca all’azione delle forze agenti nella sua interezza.
I pilastri, che costituiscono gli elementi verticali di interpiano, possono essere allineati lungo un asse formando una pilastrata o possono essere posti ad una distanza gli uni dagli altri in funzione della luce ottimale per i solai, secondo una maglia regolare che può essere quadrata, rettangolare o triangolare. Le travi, elementi orizzontali di piano, sono disposte in successione e costituiscono la travatura delle strutture a telaio. Le strutture a telaio lavorano prevalentemente in regime di flessione e taglio, compressione e pressoflessione. Le forze che infatti agiscono sulla struttura sono quelle verticali, forze peso, e quelle orizzontali, dovute al vento negli edifici a grande altezza ed alle azioni sismiche nelle costruzioni in zona sismica.
Il pilastro è un elemento strutturale verticale portante che trasmette i carichi, su di esso agenti, dall’alto fino alla struttura di fondazione, in punti designati della stessa alla quale è quindi trasmesso un carico puntuale. Questo è sottoposto a carichi verticali e orizzontali, a sollecitazioni di sforzo normale, momento flettente o, più in generale, di pressoflessione semplice o deviata. Le forme e il dimensionamento di questo elemento sono funzione del comportamento strutturale.
La trave, come il pilastro, è un elemento strutturale che possiede dimensione prevalente sulle altre due. Le travi possono essere principali e secondarie: le principali sostengono i carichi agenti trasferendoli alle strutture verticali; le secondarie sono travi sostenute dalle principali. La sezione della trave può essere piena o alleggerita. Le travi a sezione piena (o a parete) possono avere sezione rettangolare o essere realizzate con profilo ad I, T, L, C, H, eccetera, che consente di ridurre il peso e ottimizzare la quantità di materiale rispetto alle sollecitazioni. Le travi a sezione alleggerita possono avere profilo scatolare, a cassone, o essere di tipo reticolare. Le travi a cassone sono solitamente impiegate in presenza di grandi luci e sono costituite da una sezione chiusa cava con elementi interni
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di irrigidimento. Le travi reticolari sono formate da un elemento a maglie strutturali indeformabili, composto da aste verticali e diagonali, soggette prevalentemente a sforzi assiali, o idealmente incernierate nei nodi dove sono applicati i carichi e racchiuse tra un corrente superiore ed uno inferiore (briglie): si ha un sistema di aste sollecitate a compressione o a trazione, a seconda della loro posizione nella maglia reticolare.
Le strutture a telaio possono essere classificate in telai semplici o multipli in funzione dell’aggregazione degli elementi strutturali: la ripetizione del telaio in orizzontale origina telai multipli orizzontali, la ripetizione in verticale origina telai multipli verticali, mentre la ripetizione sia in verticale che orizzontale origina schemi strutturali
a scheletro indipendente.
Altre classificazioni sono: in telai a nodi rigidi, a nodi articolati, con pareti di taglio, con nuclei irrigidenti, in funzione delle strutture utilizzate per resistere alle sole forze orizzontali o verticali o ad entrambe e dei sistemi di connessione delle parti strutturali. Le condizioni di vincolo del nodo pilastro-trave, l’ampiezza della luce e le dimensione delle sezioni resistenti determinano il grado di rigidità della struttura stessa. A seconda del materiale le strutture a telaio possono avere i ritti e i traversi legati tra loro in modo che si possa avere la continuità della struttura oppure un’articolazione parziale o totale fra i vari elementi.
L’instabilità si manifesta maggiormente nei telai ad assemblaggi articolati con spostamenti laterali dei nodi che modificano la geometria del telaio. Per stabilizzare le strutture, anche nel caso di struttura molto snella, si ricorre a sistemi di controventamento orizzontali o verticali. I controventamenti si realizzano con aste diagonali funzionati alternativamente in compressione o trazione, a seconda del verso di spostamento; con pannelli rigidi, in c.a. o acciaio, sollecitati sulle diagonali.
In queste strutture sia i sostegni che gli orizzontamenti vengono realizzati con materiali elastici, cioè capaci di resistere oltre che a compressione, anche alla sollecitazione di trazione, flessione, taglio e torsione. I materiali più adatti sono quindi il conglomerato cementizio armato, l’acciaio e il legno, (quest’ultimo, non usato nel presente progetto). Le mura prendono invece il nome di muri di tamponamento perché non hanno funzione portante, se non quella di portare il loro peso proprio, ma piuttosto sono portati dalle travi e dai pilastri che costituiscono lo scheletro dell’edificio. La loro unica funzione è quella di suddividere gli ambienti interni e proteggerli dall’esterno.
226 7.3.1 Struttura a telaio in acciaio
La tecnologia costruttiva in acciaio presenta notevoli vantaggi sotto diversi aspetti e il suo impiego è generalmente motivato dalle seguenti esigenze:
- tempi di esecuzione ristretti e non vincolati a condizioni ambientali climatiche e stagionali, dato che la prefabbricazione di officina degli elementi strutturali non dipende dal clima e dalla lunghezza delle giornate solari e il montaggio in opera non necessita di tempi di maturazione;
- luci strutturali notevoli (6 m); poiché al crescere delle dimensioni della maglia strutturale la struttura metallica, in rapporto ad altri materiali da costruzione, comporta incrementi di peso proprio molto modesti e non necessita di complesse opere provvisionali, essa diviene generalmente più economica rispetto alle altre soluzioni; - fabbricati in zona sismica; se gli effetti del sisma governano il dimensionamento strutturale, la struttura metallica permette di ridurre l’entità delle masse coinvolte dalla azione del sisma e i loro effetti sul fabbricato, dimostrando inoltre gradi di duttilità e dissipazione certi e molto elevati, in rapporto ad altri tipi di strutture.
I sistemi a telaio in acciaio usati per gli edifici industriali hanno una struttura a sviluppo prevalentemente orizzontale detta a telai trasversali, con controventamenti longitudinali. I controventi longitudinali, o di piano, sono costituiti da una maglia reticolare realizzata con diagonali in profilati a L e con le travi, principali e secondarie, aventi lo scopo di ottenere un comportamento di piano rigido; in esercizio i controventi di piano possono essere sostituiti dai solai, ma il loro impiego nelle fasi di montaggio è fondamentale. Gli edifici ad uso civile hanno invece una struttura a sviluppo prevalentemente verticale, detta a telai longitudinali; questi prevedono strutture di controventamento verticali, disposte in senso trasversale per assorbire le azioni orizzontali trasversali, mentre i telai resistono alle azioni longitudinali. Quando non si impiegano le torri in c.a. dei vani scala-ascensore, i controventi verticali sono mensole reticolari che impiegano come briglie le colonne verticali di una campata e come aste di parete, angolari a L o profili a C. Durante le fasi di montaggio della struttura è generalmente necessario realizzare controventi verticali provvisori in acciaio. I controventamenti verticali possono essere interni oppure incorporati in facciata conferendo una maggiore rigidità flessionale alla struttura a telaio esterna con varie tipologie di nodi strutturali.
Nel caso in cui gli elementi debbano resistere sia ai carichi verticali che alle forze orizzontali, per esempio nel caso di strutture a telaio di grande altezza realizzate in zona
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sismica, si può richiedere una solidarietà fra sostegni e travi, realizzando il cosiddetto sistema iperstatico, oppure si può assicurare l’irrigidimento mediante travi trasversali o aste diagonali.
Gli schemi costruttivi dell’ossatura in elevazione nelle strutture a sviluppo prevalentemente verticale possono essere di vario tipo, comunque generalmente in pianta si adottano reticoli a maglie regolari con i sostegni disposti nei vertici (che, in base ai diversi schemi strutturali, possono essere tesi o compressi) e se la pianta dell’edificio è irregolare conviene sempre applicare un schema modulare alla maggior parte dell’area.
In una struttura a telaio in acciaio vi possono essere travi principali che portano travi secondarie: strutture con pilastri posti ad interasse di 1,5-3 m presentano una sola orditura di travi con luci di circa 10-15 m; strutture con pilastri distanziati avranno travi principali portanti disposte parallelamente alla facciata e travi secondarie portate; strutture con pilastri distanziati all’interno e ravvicinati all’esterno avranno travi portanti principali internamente e la facciata libera; per le strutture con grandi luci si dovrà adottare un sistema a tre ordini di travi.
In ogni caso, la protezione antincendio di pilastri e travi in acciaio si può ottenere mediante getti di riempimento in calcestruzzo normale o alveolare o con malte speciali; con applicazione di intonaci (malte a base di gesso) su reti zincate di supporto; con rivestimenti in materiali ignifughi (fibre minerali, vermiculite, perlite) realizzati con feltri di fibre minerali, con lastre e pannelli in gesso o calcestruzzo oppure con elementi prefabbricati sagomati in gesso-perlite, in gesso-calcio-silicati o in conglomerato di cemento armato.
Il pilastro in acciaio può essere formato da profili chiusi circolari, quadrati o rettangolari o da profilati tipo HE, che presentano minore sensibilità a fenomeni di instabilità per snellezza. Generalmente per colonne compresse (o presso-inflesse), dimensionate per carico assiale in funzione della snellezza negli schemi di tipo pendolare, vengono utilizzati profilati appartenenti alle serie HE e soprattutto alla serie HEA (120-360), che quasi a parità di ingombro strutturale con la serie HEB ha valori del raggio minimo d’inerzia più alti.
La capacità portante del pilastro metallico è condizionata dalla snellezza che influisce nella scelta della sezione trasversale. Anche se i profili tubolari tondi hanno la massima inerzia all’inflessione laterale (carico di punta) rispetto all’asse in qualsiasi direzione,
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questi profili vengono utilizzati solo di rado a causa degli assemblaggi con gli altri elementi della struttura che risultano difficili e costosi; per questo motivo le sezioni maggiormente impiegate sono le tipo IPE e HE. I profili a sezione aperta sono soggetti a flessione per carico di punta e, per carichi critici, anche a torsione. I pilastri meno soggetti a carico di punta sono quelli tozzi e vincolati alle estremità con incastri.
Può essere anche realizzato attraverso l’unione di semilavorati che, tramite connessioni formano elementi composti. Il sistema di connessione utilizzato tra gli elementi composti influisce sul comportamento della struttura: la chiodatura e la bullonatura prevedono l’utilizzo di elementi mobili che fanno da connettori e che necessitano di forature preventive degli elementi da unire; la saldatura, invece, attraverso la fusione metallica, permette di evitare forature ed ottenere elementi monolitici. Il pilastro composto in acciaio può essere ad elementi gemelli, cioè ottenuto dall’unione di due profilati uguali a C o a doppia T con traverse di ferro piatto (calastrelli); a cassone, congiungendo due o più profilati con tondini piatti continui o nastri di lamiera; a traliccio, con profilati verticali riuniti da calastrelli inclinati a 45°. I pilastri molto alti hanno bisogno quindi di un irrigidimento formato da travi orizzontali collegate ad altezza intermedia.
La trave in acciaio può essere a parete piena (con profilati a sezione semplice o composta), a cassone o reticolare.
Di norma i profilati a doppio T, ad ali strette o larghe, sono impiegati come travi portanti (a parete piena), mentre quelli a C, L, T, eccetera, si utilizzano per formare le travi composte (a doppio T, a cassone, e altri) o le travi reticolari. L’altezza della trave semplice a doppio T (tipo IPE o HE) dipende dal momento flettente che agisce sulla trave stessa. Generalmente per travi inflesse di modeste luci vengono usati profilati della serie IPE (120-600).
Se si ha invece la necessità di avere vasti ambienti in un piano dell’edificio si può ricorrere a strutture reticolari che possono essere estese anche a tutta l’altezza di un piano, trasferendo in questo modo il carico ai pilastri perimetrali. Le travi reticolari in acciaio si impiegano per luci superiori ai 12 m. Tale opzione è necessaria per luci comprese tra i 20 m e i 60 m poiché le travi ad anima piena non sono più idonee allo scopo. Le aste delle travi reticolari sono collegate con bullonatura o saldatura, che consente un’ economia del peso della struttura.
229 7.3.2 Struttura in conglomerato cementizio armato
Una struttura in conglomerato cementizio armato è formata da un insieme di telai ripetuti in orizzontale e in verticale. Lo scheletro indipendente, che costituisce la struttura in elevazione dell’edificio, assolve ad una funzione statica spaziale perché oltre a sostenere i carichi verticali, permanenti e accidentali, resiste anche alle sollecitazioni esterne dovute a vento, sisma, eccetera. La stabilità di questi edifici in presenza di azioni orizzontali, può essere ottenuta realizzando in tutte le campate dei nodi strutturali che funzionano come dissipatori di energia (nei nodi strutturali si realizzano delle armature supplementari che hanno il compito di impedire l’espulsione del calcestruzzo, sollecitato ad esempio ripetutamente in presenza di sisma, evitando quindi di compromettere la capacità resistente della struttura), oppure realizzando delle pareti in c.a. dette setti, o dei nuclei di irrigidimento in c.a. costituiti, ad esempio, dai vani che racchiudono i percorsi verticali.
Nel caso di strutture in c.a. gettate in opera, la continuità statica caratteristica delle strutture intelaiate a scheletro indipendente si realizza grazie alla assoluta solidarietà degli elementi singoli, pilastri e travi, ottenuta dalle armature metalliche e dai getti che devono essere eseguiti in modo da ottenere nodi indeformabili e strutture monolitiche: la trasmissione delle sollecitazioni è affidata agli ancoraggi delle barre metalliche annegate nei getti e alle giunzioni fra le barre nei nodi oppure in modo più rapido con l’impiego di blocchi-cassero in cui viene alloggiata l’armatura e poi gettato il calcestruzzo.
I pilastri e le travi gettati in opera si realizzano posizionando i tondini in acciaio in casseforme di legno o metalliche nelle quali viene gettato successivamente il conglomerato cementizio. Le travi sono incastrate più o meno perfettamente agli estremi con i tondini longitudinali resistenti a trazione, disposti in basso nella zona mediana della trave ed in alto nelle zone prossime agli incastri; le staffe piegate a 45° assorbono le tensioni tangenziali e sono infittite in prossimità degli incastri dove risulta massimo lo sforzo di taglio.
Per assicurare la sicurezza in caso di incendio, il calcestruzzo del copriferro deve essere compattato e omogeneo al fine di evitare il danneggiamento della struttura che può determinarsi, con l’innalzamento della struttura, in corrispondenza di soluzioni di continuità per il flusso termico.
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Il pilastro in c.a., per facilità di costruzione, è di forma quadrata o rettangolare, raramente circolare, con tondini in ferro longitudinali disposti agli angoli e, in alcuni casi, lungo i lati della sezione. I tondini vengono disposti all’interno di una cassaforma, che può essere in legno o in acciaio, nella quale si effettua il getto di calcestruzzo. La morfologia e la disposizione dei tondini dipendono dalla distribuzione delle sollecitazioni nell’elemento, in relazione alle condizioni di carico e di vincolo. L’armatura longitudinale (barre e tondini), posta in prossimità del perimetro della sezione per resistere alle sollecitazioni di trazione, è completata da un’armatura trasversale costituita da staffe di piccolo diametro che servono ad evitare la dilatazione del pilastro e la inflessione laterale dei tondini. I pilastri degli ultimi piani, riducendosi i carichi agenti, possono essere di dimensioni minori rispetto a quelli posti inferiormente ma devono avere una maggiore percentuale di ferro, necessaria per contrastare la spinta del vento e altre sollecitazioni di flessione. Le riduzioni di sezione (riseghe) nei pilastri interni si effettuano facendo in modo che la risultante dei carichi in ogni sezione sia baricentrica. I pilastri in c.a. possono essere gettati in opera o prefabbricati in officina e poi installati nella posizione prevista.
La trave in c.a. utilizza le caratteristiche meccaniche del materiale in modo ottimale resistendo alle sollecitazioni di compressione con il conglomerato cementizio e alle azioni di trazione con l’acciaio (barre di acciaio). Per luci fino a 8-10 m è possibile utilizzare le travi in c.a. a sezione piena; per luci superiori ai 12 m è opportuno ricorrere al doppio sistema di travi, principali e secondarie, con le principali disposte secondo la luce minore. Per luci superiori si utilizza la trave in cemento armato precompresso. Per la trave in c.a. realizzata in opera si dispone una casseratura (in legno o in metallo), nella quale in una prima fase vengono posizionati i tondini in ferro, e successivamente si effettua il getto di conglomerato. I tondini devono sopperire alla scarsa resistenza a trazione del calcestruzzo ed evitare le fessurazioni, dovute ai carichi di esercizio, alle dilatazioni termiche e al ritiro, che devono essere contenute in lesioni di dimensioni capillari. Le barre di armatura in una trave, disposte nelle zone tese per sopportare le tensioni di trazione, sono integrate da tondini piegati e da staffe in grado di resistere alle tensioni di taglio e più numerosi o di sezione maggiore in corrispondenza dei momenti massimi.
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7.4 Applicazioni nel progetto
Come accennato in precedenza (nel Capitolo 6 - Il progetto, paragrafo 6.1 - Inserimento nel contesto urbano e descrizione del progetto), questi sistemi costruttivi sono stati usati per l’aggiunta dei nuovi volumi interni, strutturalmente indipendenti dall’esistente.
INTERVENTI SULL’ESISTENTE
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Il blocco LABORATORI è una struttura indipendente in pilastri e travi in acciaio e tamponatura con panelli in gesso-fibra a secco e solaio misto acciao-calcestruzzo non praticabile, su fondazioni a trave rovescia.
Lo scheletro strutturale è costituito da un portale con profili semplici a doppio T in acciaio, (da definire secondo calcolo strutturale, non oggetto di questa Tesi), ripetuto dieci volte con un interasse di 5 metri; i quattro portali, a partire dal lato est si raddoppiano.
Il solaio di copertura del blocco è di tipo misto acciaio-calcestruzzo: lamiera d’acciaio sottile profilata a greca mediante piegatura a freddo, connessa alla struttura portante in acciaio su cui appoggia attraverso viti o rivetti eseguiti nella parte inferiore delle nervature. Detto fissaggio, oltre a impedire lo scivolamento delle lamiere, esercita una funzione stabilizzante sulle strutture principali di sostegno prima della presa del calcestruzzo che viene poi gettato in un secondo momento.
SOLAIO BLOCCO LABORATORI E AULE STUDIO
I tamponamenti sono realizzati tramite sistema costruttivo a secco: il rivestimento è realizzato da lastre in gesso fibrorinforzate ed è sorretto da un orditura metallica connessa allo scheletro strutturale o autoportante, all’interno, a seconda della funzione dei locali da tamponare, si susseguono vari strati di materiali isolanti dalle elevate prestazioni termiche, acustiche, eccetera.
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PARETI DI TAMPONAMENTO A SECCO
Il blocco AULE STUDIO è costituito da un struttura indipendente analoga a quella del blocco laboratori, in pilastri e travi in acciaio e tamponatura con panelli in gesso-fibra a secco e solaio misto acciao-calcestruzzo non praticabile, su fondazioni a trave rovescia. Lo scheletro strutturale è costituito da un portale con profili semplici a doppio T in acciaio, (da definire secondo calcolo strutturale, non oggetto di questa Tesi), ripetuto cinque volte con un interasse di 5 metri.
Il solaio di copertura del blocco è di tipo misto acciaio-calcestruzzo e i tamponamenti sono realizzati tramite sistema costruttivo a secco, (vedi particolari precedenti).
Il blocco UFFICI è una struttura indipendente in pilastri e travi in acciaio su due piani, con tamponatura interna in panelli di gesso-fibra a secco e solai interpiano misto acciao-calcestruzzo calpestabile e pavimento galleggiante, con blocco scale in struttura indipendente in acciaio e vano ascensore in calcestruzzo, tutto su fondazioni a platea. Lo scheletro strutturale è a sviluppo prevalentemente verticale, con reticolo a maglie regolari, un portale con profili semplici a doppio T in acciaio, (da definire secondo calcolo strutturale, non oggetto di questa Tesi), ripetuto tre volte con un interasse di circa 9 metri. All’interno della maglia est del reticolo si inseriscono: la torre in cemento armato del vano ascensore e, le scale, anch’esse con struttura indipendente in acciaio. La struttura dei due solai interpiano, analoga ai solai già descritti in precedenza, è di tipo misto acciaio-calcestruzzo, su cui poggia però un pavimento galleggiante, necessario per garantire le prestazioni acustiche.
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SPACCATO PROSPETTICO STRUTTURA INDIPENDENTE BLOCCO UFFICI
SOLAIO BLOCCO UFFICI
Anche in questo caso, i tamponamenti interni che delimitano i vari spazi dell’ufficio, sono realizzati tramite sistema costruttivo a secco.
Per il blocco DEPOSITO-ARCHIVIO è stata scelta invece una diversa tipologia costruttiva, a causa delle particolari esigenze prestazionali richieste dalla funzione che
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verrà svolta: al suo interno, quella di deposito-archivio, mentre sul solaio superiore, praticabile, trovano spazio scaffali e aree di consultazioni aperte.
Il blocco è una struttura indipendente con telaio in cemento armato e tamponatura in blocchi di laterizio alleggerito intonacati e solaio alveolare con finitura calpestabile, su fondazioni a trave rovescia.
La struttura è costituita da tre blocchi accomunati dalla fondazione e dal solaio di copertura. Ciascuno di essi è costituito da un portale semplice di due pilastri a sezione quadrata che sostengono una trave a sezione rettangolare (da definire secondo calcolo strutturale, non oggetto di questa Tesi): in due blocchi il portale si ripete nove volte con un interasse di circa 5 metri, in un blocco invece si ripete solo otto volte, per lasciare spazio in prossimità del lato ovest, alla struttura dei locali tecnici, anch’essa in cemento armato e tamponamenti in laterizio porizzato. I pilastri e le travi sono gettati in opera in modo da assicurare la continuità statica caratteristica delle strutture intelaiate a scheletro indipendente.
Il solaio è realizzato in pannelli prefabbricati alveolari in cemento armato precompresso In questo modo si riduce in modo significativo il rapporto tra la lunghezza del solaio e il suo spessore, risultando così ideale per la realizzazione di edifici con ridotto numero o assenza di pilastri e per consentire la realizzazione di lunghe campate e grandi portate. I pannelli sono realizzati industrialmente. In cantiere vengono posati gli elementi per il solaio, viene aggiunta la restante armatura e realizzato il getto di completamento. Ne risulta così un solaio in calcestruzzo armato monolitico con un procedimento costruttivo molto rapido e sicuro, dato che non richiede puntellazione in fase di posa in opera. I solai prefabbricati in calcestruzzo presentano maggiore resistenza e durabilità rispetto ad altri, l’isolamento acustico è ottimale perché l'elevata massa degli elementi garantisce la ridotta trasmissione dei rumori e presentano inoltre un'eccellente resistenza al fuoco.
Per i tamponamenti invece è stata scelta una muratura in laterizio porizzato.
Il laterizio porizzato è un mattone il cui impasto cotto risulta alleggerito con alveoli ottenuti addittivando all'argilla cruda polistirolo o farine fossili, di cellulosa, di legno, eccetera. Normalmente l'argilla cotta presenta un peso variabile (a seconda del tipo) tra 1800 e 2000 kg/m3 che attraverso la porizzazione può diminuire fino ad arrivare a valori pari a 1400-1500 kg/m3. L'alleggerimento dell'impasto comporta ovviamente il cambiamento delle sue caratteristiche: a parità di altre condizioni, un materiale leggero
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è termicamente più performante di un materiale pesante e, viceversa, meno resistente dal punto di vista meccanico. Una diminuzione in peso di circa il 25% comporta infatti una diminuzione della conducibilità del materiale di circa il 40%; ciò consente, unitamente all'impiego di forature opportunamente studiate, di conferire ai blocchi e, conseguentemente, alle murature, quella capacità di isolamento termico ed inerzia termica che il normale laterizio non è in grado di fornire, mentre, da un punto di vista meccanico, la perdita conseguente di resistenza non comporta problemi. L'alleggerimento dell'impasto, determina anche un miglioramento della caratteristiche di isolamento acustico e non compromette l’elevata resistenza al fuoco del laterizio.