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3.Studio Idraulico “Stato Attuale”

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Academic year: 2021

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3. Studio Idraulico “Stato Attuale”

Il modello idraulico a moto vario quasi-bidimensionale, adottato nella presente tesi, ha l’obiettivo di riprodurre la dinamica d’alveo e la successiva inondazione di aree laterali, connesse tra loro e con l’alveo mediante elementi idraulici. In seguito al reticolo articolato e alla presenza di aree di esondazione comuni a più aste si è deciso di costruire un modello idraulico “congiunto”.

Dapprima si sono approfondite le tematiche legate alla modellazione in moto vario quasi-bidimensionale, per quanto riguarda il codice di calcolo implementato nel programma HEC-RAS, utilizzato per la modellazione.

Successivamente si è descritto il modello idraulico con particolare riferimento alla schematizzazione geometrica dei corsi d’acqua e a tutti gli elementi coinvolti (bridge, culvert, lateral structure, storage area…ecc).

3.1

Codice di calcolo Hec-Ras

La modellazione comunemente definita in “moto vario quasi-bidimensionale” si esprime attraverso l’utilizzo di modelli indipendenti nella descrizione della dinamica d’alveo e delle aree contigue inondate, opportunamente connessi da un sistema analitico in grado di descrivere lo spostamento dei volumi straripati; questo schema permette di rappresentare in ambito spazio-temporale la dinamica di propagazione e laminazione delle onde di piena quantificando gli effettivi scambi di massa tra alveo ed aree inondate.

Si tratta di una schematizzazione del moto di tipo monodimensionale vario e una schematizzazione delle aree laterali non direttamente connesse ai corsi d’acqua; le aree, caratterizzate da una propria legge di invaso e delimitate in funzione della morfologia del territorio, vengono connesse tra loro e con l’alveo mediante elementi idraulici, quali luci a stramazzo.

La soluzione delle equazioni che governano il moto monodimensionale vario è ottenuta attraverso un metodo numerico alle differenze finite per la discretizzazione spaziale ed un metodo implicito per l’avanzamento temporale tramite successive iterazioni di calcolo (discretizzazione temporale).

La discretizzazione spaziale del modello è determinata dal numero di sezioni geometriche rilevate e dalla densità ed ampiezza delle aree laterali introdotte, mentre la scansione temporale è quella scelta nella descrizione dei fenomeni tempo-varianti, come gli idrogrammi, e dal passo temporale adottato nelle simulazioni.

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Il grado di accuratezza ottenuto dipende dal livello di dettaglio geometrico (densità delle sezioni fluviali rilevate e delle aree di esondazione), e dalla scansione temporale utilizzata. La schematizzazione con aree interconnesse, che in seguito verranno chiamate “Aree di Potenziale Esondazione”, individuate con l’acronimo APE, o, in alternativa, “Storage Area”, secondo la dicitura del codice di calcolo HEC-RAS, è comunemente definita come “quasi-bidimensionale”, perché consente di studiare il deflusso in alveo mediante la risoluzione delle equazioni di moto e di continuità e la propagazione dei livelli idrici nelle aree, utilizzando la sola equazione di continuità; pertanto l’allagamento di ciascuna area, ogni qualvolta venga superata la capacità di contenimento degli argini fluviali, avviene in modo istantaneo, e l’aumento del battente sul territorio segue la legge di invaso caratteristica dell’area stessa.

Anche il trasferimento dei volumi di esondazione tra le varie aree avviene in modo sincrono ed è regolato da sfioratori in parete grossa individuati con le quote del terreno o con le quote di appositi muretti dislocati lungo il confine delle APE.

Le leggi fisiche che governano il moto di una corrente in un canale in condizioni non stazionarie, sono rappresentate dal principio di conservazione della massa (legge di continuità) e dal principio di conservazione del momento della quantità di moto.

Il codice di calcolo HEC-RAS risolve le due equazioni così espresse:

in cui:

t = tempo (s);

x = distanza lungo il canale (m); Q = portata (m³/s);

A = superficie della sezione che contribuisce al deflusso (m²); ql = portata uscente lateralmente, per unità di lunghezza (m²/s); V = velocità (m/s);

g = accelerazione di gravità (m/s²); z = carico totale della corrente (m); Sf = perdita di carico per attrito;

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Si osserva come le perdite di carico vengano conteggiate all’interno dell’equazione del moto nei termini che includono Sf e Sh.

Il primo è definito secondo l’equazione di Manning, come:

dove:

K = capacità di deflusso di un ambito omogeneo (m³/s); n = coefficiente di attrito di Manning [s/m(1/3)];

A = superficie bagnata (m²); R = raggio idraulico (m); e il secondo come:

in cui C rappresenta il coefficiente di contrazione/espansione, al quale sono stati assegnati rispettivamente i valori di 0.1 e 0.3.

Le equazioni appena mostrate vengono risolte attraverso un metodo numerico alle differenze finite e, non essendo lineari, per la loro soluzione viene adottata una tecnica di linearizzazione, nella quale ad ogni passo temporale è risolto un sistema di equazioni lineari del tipo A*x = b, che necessita di opportune condizioni al contorno.

Lo scambio di massa tra i corsi d’acqua e le aree adiacenti è conteggiato aggiungendo un termine all’equazione di continuità precedentemente riportata e diventa:

in cui S (m²) rappresenta la superficie della sezione che contribuisce all’accumulo nelle aree inondabili adiacenti.

Grazie a questa relazione è possibile quantificare la portata in uscita verso le aree laterali. L’accumulo di volume all’interno di ciascuna APE è governato dalla sola legge di invaso, che lega il livello idrico con il volume contenuto, in relazione agli scambi di portata con il fiume. Tali scambi sono regolati da elementi idraulici come gli sfioratori, i quali funzionano secondo la legge di stramazzo in parete grossa e simulano la tracimazione al di sopra di argini o sponde.

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3.2

Descrizione geometrica del modello

Per la ricostruzione geometrica del modello, in termini di sezioni idrauliche e attraversamenti dei corsi d’acqua, è stato utilizzato il rilievo topografico plano-altimetrico con stazione totale, redatto dall’ Ing. A. Gabbrielli in occasione dello studio idraulico a supporto della variante n. 25 del Regolamento Urbanistico del comune di Casole d’Elsa. Gli output del suddetto rilievo sono stati sovrapposti alla CTR 1:2.000, con cui si ottiene un errore limitato per le quote altimetriche, mentre per le coordinate planimetriche si ha un errore maggiore (errore di graficismo della CTR 1:2000).

Lo sviluppo longitudinale dei corsi d’acqua è riprodotto attraverso l’inserimento delle varie sezioni idrauliche (“River Station”, secondo la dicitura di HEC-RAS), poste a distanza variabile l’una dall’altra, comunque sufficientemente vicine da poter rappresentare compiutamente le aste.

Il modello idraulico dei corsi d’acqua che insistono sull’area industriale “Il Piano” è formato da un modello congiunto, costituito dai 4 corsi d’acqua principali (Borro di Fontelata, Fosso Maestro, Botro Maestro Casole e Fosso Strada) e dai relativi affluenti. Inoltre le aree di potenziale esondazione sono collegate tra loro e con le aste fluviali, così tutta la zona risulta essere idraulicamente connessa e quindi il modello è da considerarsi unico.

Il Borro di Fontelata ed il Fosso Maestro sono congiunti mediante una connessione idraulica “Junction” posta alla sezione di confluenza reciproca, come tutti gli affluenti ai propri rami principali.

Il Borro di Fontelata e il Botro Maestro Casole, che confluisco a valle dell’area industriale, in territorio comunale di Colle Val d’Elsa, non sono invece fisicamente congiunti, ma i loro tratti terminali sono lasciati “liberi” di assestarsi su una semplice condizione al contorno di pendenza di moto uniforme, che garantisce una migliore stabilità al modello. Inoltre il sistema del Borro di Fontelata e quello del Botro Maestro Casole sono collegati tra di loro attraverso le APE II - LL in quanto quest’ultime vengono alimentate, da entrambi i lati, da sfioratori laterali poste su aste appartenenti ai rispettivi sistemi.

Cosa analoga succede tra il sistema del Borro di Fontelata e quello del Fosso Strada, in quanto questa volta le APE, interessate dal fenomeno precedentemente descritto, sono la QQ – NN.

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La rappresentazione finale risulta estremamente realistica e spinge al limite, grazie all’elevato grado di discretizzazione e di distribuzione degli input idrologici, le potenzialità di una modellazione in moto vario “quasi bidimensionale”.

Nella tabella seguente sono riportate le grandezze che rappresentano il modello idraulico complessivo.

Tabella 49 - Principali elementi geometrici del modello idraulico

Elementi geometrici del modello idraulico Quantità

Aste studiate 14

Aste valutate solo come input idrologico 3 Lunghezza totale aste studiate (Km) 13,98

Sezioni idrauliche rilevate 171 Attraversamenti totali 44 Confluenze (“Junction”) 11 Sfioratori Laterali 111 Aree di potenziale esondazione 42 Connessioni tra aree di potenziale 29

E’ evidente che questi numeri, se rapportati alla superficie complessiva del bacino esaminato (circa 8 km2), sono considerevoli e caratterizzano un modello molto discretizzato.

E’ giusto ricordare che, da un punto di vista operativo, non si è costruito il modello congiunto sopra descritto tutto in una volta, ma si è proceduto per “step”: in una prima fase si è cercato di stabilizzare, manipolando il passo delle interpolate e i vari intervalli di scansione temporale, le singole aste con tutti gli attraversamenti e successivamente con tutte le aree di potenziale esondazione e gli sfioratori laterali; nella seconda fase invece si sono realizzate uno alla volta le singole giunzioni alle varie confluenze tra le aste fino ad ottenere il modello congiunto.

Le sezioni idrauliche (molte delle quali effettivamente rilevate ed altre raddoppiate in corrispondenza di alcuni attraversamenti), insieme alle principali caratteristiche geometriche del modello idraulico come giunzioni, attraversamenti etc, sono visibili nella Tavola 3.

3.2.1 Coefficienti di scabrezza

La scelta del coefficiente di scabrezza più appropriato è particolarmente significativa per la affidabilità del calcolo del profilo liquido. Il valore della scabrezza è fortemente variabile e dipende da vari fattori tra cui:

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la presenza di vegetazione; l’irregolarità dell’alveo;

la presenza di zone di erosione e deposito; la presenza di ostruzioni;

le dimensioni e la forma dell’alveo; le variazioni stagionali;

il materiale in sospensione e quello mobile al fondo.

In generale, i coefficienti di scabrezza dovrebbero essere calibrati ogni volta che sono disponibili informazioni su un profilo liquido osservato. Se non esistono dati misurati, per scegliere il coefficiente di scabrezza occorre riferirsi a valori stimati in corsi d’acqua con caratteristiche simili o a valori ottenuti da prove di laboratorio.

Per l'elaborazione in oggetto, ci si è riferiti ai valori del coefficiente di Manning “n”, riferiti a corsi d’acqua naturali, disponibili nel Manuale di Chow (1959). Chow presenta numerose tipologie di canali e fotografie di corsi d’acqua nei quali è stato calibrato il coefficiente “n”.

Al di là di questo Manuale, il riferimento per le tipologie più comuni di alveo naturale si trova sintetizzato nella tabella seguente.

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Per la scelta dei valori del coefficiente di scabrezza in alveo e lungo le fasce laterali di ciascuna sezione, si è tenuto conto del cattivo stato di manutenzione della quasi totalità del reticolo, assegnando valori del coefficiente di Manning pari a 0.06-0.05 in presenza di vegetazione molto densa e di alberi in alveo (ad esempio per BMC e FM) e valori di 0.04-0.045 in presenza di vegetazione mediamente fitta.

Alcuni tratti dei corsi d’acqua studiati sono oggetto di regolare manutenzione eseguita da parte dei privati (Af1 BMC-cFV e Fstr) e del Consorzio di Bonifica (Af2 BF, Af3 BMC e Af4 BMC), tant’è che sarebbe legittimo ridurre la scabrezza a 0.035. Si è scelto invece di assegnare a questi tratti un valore del coefficiente di Manning cautelativo pari a 0.04 per tenere conto della peggior condizione in cui si troverà l’alveo durante il periodo invernale. In base a quanto detto si riporta qui sotto la tabella con tutti i valori dei coefficienti di scabrezza assegnati ai tratti (da sez. x a sez. y) per ogni corso d’acqua, corredata di documentazione fotografica per le sezioni più rappresentative.

Tabella 51 - Valori dei coefficienti di scabrezza assegnati ai corsi d'acqua

Tratto Studiato Coefficiente di Manning [s/m(1/3)] Documentazione fotografica

AF1 BF

sez. 7-1.1 0.04 sponde-0.045 alveo sez. 1 0.04 sponde-0.05 alveo

AF2BF sez. 17-11;4-0.9 0.04 sponde-0.04alveo sez. 10.1-4.9 0.04sponde-0.05alveo BF sez. 20-18;10-5.9 0.04 sponde-0.045alveo sez. 17-11 0.04sponde-0.05alveo sez. 5-1 0.04 sponde-0.035alveo AF1 FM sez. 7-3.1 0.04 sponde-0.04alveo sez. 3-0.5 0.04 sponde-0.045alveo

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FM

sez. 13-1 0.04sponde-0.045alveo

Fai

sez. 7-4.9,4.1 0.035sponde-0.04alveo sez. 4.8-4.2 0.035sponde e alveo

sez. 4-2 0.03sponde-0.04alveo sez. 1 0.03sponde-0.035alveo sez. 0.9-0.15 0.03sponde e alveo

Fstr

sez. 16-2 0.03sponde-0.035alveo

sez. 1 0.03sponde-0.04alveo

AF1 BMC

sez. 12-6 0.04sponde e 0.04alveo sez. 5-1 0.04sponde e 0.05 alveo

AF1 BMC-cFV

sez. 7-6.9;2-0.4 0.04sponde e 0.04alveo sez. 6.8-3 0.035 sponde e 0.04 alveo

AF2 BMC

sez. 6-0.4 0.04sponde e alveo

AF3 BMC

sez. 15-3 0.04sponde e 0.045alveo sez. 2.9-1 0.04sponde e alveo

AF4 BMC

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AF5 BMC

sez. 6-0.5 0.04sponde e 0.04alveo

3.2.2 Ponti e tombini

Nei corsi d’acqua studiati sono presenti circa 44 attraversamenti, tra ponti e tombini, di cui si dispongono, dal rilievo topografico, tutte le misure necessarie (lunghezze, dimensioni luci o tubi, ecc…) al fine di inserirli nel file geometrico e di modellarli idraulicamente secondo le metodologie di seguito esposte.

La presenza di un ponte su di un tratto fluviale crea alterazioni anche sostanziali al normale regime di flusso.

Il programma calcola le perdite di carico in prossimità dei ponti considerando tre componenti:

la prima riguarda le perdite di carico immediatamente a valle della struttura per effetto dell’allargamento della sezione che comporta un’espansione del deflusso; la seconda tiene conto delle perdite di carico che si realizzano per effetto della struttura stessa. In relazione alla geometria del ponte e alle condizioni di moto della corrente che lo interessa, nel package esistono varie possibili schematizzazioni della struttura che consentono di simulare gli effetti dovuti alle pile, alle spalle ed all’impalcato;

la terza concerne le perdite di carico nel tratto immediatamente a monte del ponte per effetto del restringimento di sezione che comporta una contrazione del deflusso. Le procedure di calcolo dei ponti utilizzano quattro sezioni trasversali per calcolare le perdite di energia dovute alla presenza della struttura. Nello sviluppo dei calcoli, inoltre, il programma automaticamente genera due ulteriori sezioni in corrispondenza della struttura del ponte. Per semplicità si indicano le quattro sezioni con i numeri 1, 2, 3, 4.

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Figura 53 - Sezioni trasversali di schematizzazione di un ponte

Il ponte è posto tra le sezioni 2 e 3:

Sezione 1. La sezione 1 è posta sufficientemente a valle rispetto alla struttura, laddove la corrente non risente della presenza della struttura. Tale distanza (lunghezza di espansione, Le) dipenderà in generale da numerosi fattori, quali l’entità e la forma del restringimento, l’importanza della portata, e la velocità della corrente. Sezione 2. La sezione 2 è posta a breve distanza a valle dell’impalcato del ponte, ad esempio in corrispondenza del piede di valle del rilevato stradale. Questa sezione trasversale deve rappresentare l’area di corrente effettiva appena superata la struttura del ponte.

Sezione 3. La sezione 3 è posta a breve distanza a monte dell’impalcato del ponte, ad esempio in corrispondenza del piede di monte del rilevato stradale. Questa sezione trasversale deve rappresentare l’area di corrente effettiva appena prima del ponte. Le due sezioni 2 e 3 devono avere delle zone escluse dal moto (ineffective flow areas), da entrambi i lati dall’apertura del ponte, per simulare correttamente profili di correnti sia a pelo libero che in pressione. Quest’ultime non sono state inserite in questo studio, visto che si tratta di piccoli attraversamenti.

Sezione 4. La 4 è la sezione di monte dove le linee della corrente sono con buona approssimazione parallele e la sezione è tutta interessata dal moto. In genere, la contrazione dei filetti fluidi della corrente avviene in uno spazio più breve rispetto alla espansione della corrente a valle. La distanza tra le sezioni 3 e 4 (lunghezza di contrazione, Lc) dipende da numerosi fattori, quali l’entità e la forma del

restringimento, l’importanza della portata, e la velocità della corrente.

La geometria del ponte è descritta dalle sezioni trasversali 2 e 3, dall’impalcato, dalle spalle e dalle pile ove necessario e dalle due sezioni generate automaticamente dal programma in corrispondenza dell’impalcato del ponte.

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Figura 54 - Schematizzazione di un ponte in HEC-RAS

Il deflusso della corrente attraverso il ponte può avvenire nei seguenti modi:

Deflusso libero quando il corso d'acqua, passando sotto l'attraversamento, si comporta come un canale a cielo aperto;

Deflusso in pressione, al contrario, si ha quando la corrente entra in contatto con l'intradosso dell'attraversamento.

Nel primo caso il deflusso può avvenire in tre modi diversi: corrente di monte lenta, mantenendosi tale anche nell'attraversamento (Classe A); corrente di monte lenta con passaggio allo stato critico per la presenza del restringimento (Classe B); corrente veloce, mantenendosi tale anche nel passaggio sotto l'infrastruttura (Classe C).

Nel secondo caso il deflusso può avvenire in due modi diversi: la corrente tocca l'impalcato del ponte ma il deflusso avviene tutto in pressione; si ha tracimazione dell'impalcato e quindi il deflusso avviene in parte in pressione e in parte a stramazzo.

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I metodi di calcolo previsti dal programma, sia per il deflusso libero che per il deflusso in pressione, sono diversi, ma nel presente studio si è scelto, per entrambi i metodi, di settare il solo metodo energetico.

Esiste, nel package del software relativo ai ponti, anche la possibilità di modellare il flusso d’acqua attraverso tubazioni “Culvert”, intesi come attraversamenti chiusi che connettono due tratti con flusso a pelo libero. Una condotta è costituita da un ingresso, punto in cui l'acqua fluisce al suo interno, dalla condotta vera e propria e da un'uscita, punto in cui l'acqua fuoriesce. La capacità di flusso all'interno della condotta dipende dalle caratteristiche di questi tre componenti fondamentali.

Anche per la modellazione di questi elementi sono necessari quattro sezioni di riferimento che sono ubicate secondo gli stessi criteri visti precedentemente per i ponti (Fig. 56).

Figura 56 - Sezioni trasversali di schematizzazione di un tombino

Sezione 1. Sezione situata sufficientemente a valle del condotto in modo che il flusso sia del tutto ristabilito e che non risenta più della restrizione di sezione dovuta alla presenza del condotto stesso;

Sezione 2. Sezione posta subito a valle dell'uscita del condotto, alla distanza necessaria perché avvenga il brusco passaggio del flusso dal canale all'alveo naturale;

Sezione 3. Sezione posta subito a monte dell'imbocco del condotto, essa rappresenta la configurazione della corrente a breve distanza dal restringimento dovuto alla struttura. La distanza di tale sezione dal condotto deve essere sufficiente da non risentire ancora del brusco restringimento di flusso. Le sezioni 2 e 3 devono essere opportunamente modellate rappresentando le zone escluse dal moto (ineffective flow areas), da entrambi i lati dall’apertura del condotto, questo per simulare correttamente il comportamento del flusso subito a monte ed a valle della struttura. Anche in questo caso non sono state inserite per l’esigua dimensione degli attraversamenti.

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Sezione 4. Sezione finale situata in un punto dell'asta, a monte del condotto, in cui la corrente non ha ancora iniziato la contrazione che comincia a monte dell'imbocco e termina subito a ridosso quando l'acqua fluisce all'interno del condotto.

I criteri di risoluzione del flusso all'interno di un condotto sono piuttosto complicati. Normalmente si distinguono due tipi di calcolo: “Inlet” ed “Outlet”. Nel primo caso il regime di corrente è condizionato dalla capienza di flusso all'imbocco del condotto e quindi dipende strettamente dalla forma e dalle dimensioni dell'imbocco, nel secondo caso, il regime di corrente è regolato dalle condizioni di valle o dalla capacità di flusso all'interno del condotto, in tale caso, esso è calcolato tenendo conto di alcune condizioni all'interno del condotto e a valle di quest'ultimo (perdite per attrito, scabrezza della tubazione). In generale, il software calcola entrambe le tipologie di flusso ed assume la condizione che genera la maggiore altezza d'acqua, corrispondente al maggiore livello di energia.

Tabella 52 – Elenco, dimensioni e documentazione fotografica degli attraversamenti per ogni corso d'acqua

Tratto

Studiato Materiale-Muri ingresso-Dimensione (m) Documentazione fotografica

AF1 BF Culvert 5.5 CLS – NO – D = 0.7 (Circolare) Culvert 2.5 CLS – NO – D = 0.7 (Circolare) AF2 BF Culvert 14.5 CLS – NO – D = 0.3 (Circolare) Culvert 9.5 CLS – NO – D = 0.3 (Circolare) Culvert 4.95 CLS – NO – D = 1 (Circolare) Culvert 2.5 CLS – NO – D = 1 (Circolare) Culvert 0.95 CLS – NO – D = 0.48 (Circolare) BF

Bridge 18.5 CLS – l = 1.45 - hm = 1.5 (luce rettangolare) Culvert 10.5 CLS – NO – D = 1 (luce rettangolare)

Bridge 7.5 CLS – l = 1.9 - hm = 1 (Circolare) Bridge 2.5 CLS – l = 3 - hmax = 1.3(Arco)

AF1 FM

Culvert 6.5 CLS – SI – D = 1 (Circolare)

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FM

Culvert 10.5 CLS – SI – l = 0.6 – h = 0.4 (Semi-arco) Culvert 7.5 CLS – NO – D = 0.95 (Circolare) Culvert 4.5 CLS – NO – D = 0.42 (Circolare)

Fai

Culvert 5.5 PEAD – NO – D = 0.3 (Circolare) Culvert 3.5 CLS – SI – D = 1 (Circolare) Culvert 0.95 CLS – NO – D = 0.5 (Circolare) Culvert 0.15 PEAD – NO – D = 0.3 (Circolare)

Fstr

Culvert 13.5 CLS – NO – D = 0.4 (Circolare) Culvert 9.5 CLS – NO – D = 0.55 (Circolare) Culvert 7.5 CLS – NO – D = 0.55 (Circolare) Culvert 4.5 CLS – NO – D = 0.55 (Circolare) Culvert 2.5 CLS – SI – D = 0.7 (due tubi Circolari) AF5 BMC Culvert 4.5 CLS – NO – D = 0.25 (Circolare) Culvert 2.5 CLS – NO – D = 0.3 (Circolare) AF4 BMC Culvert 2.95 CLS – NO – D = 1 (Circolare) AF3 BMC Culvert 12.5 CLS – NO – D = 0.3 (Circolare) Culvert 6.5 CLS – NO – D = 0.4 (Circolare) Culvert 2.95 CLS – NO – D = 0.7 (Circolare) AF2 BMC Culvert 2.5 CLS – NO – D = 0.5 (Circolare) AF1 BMC Culvert 10.5 CLS – NO – D = 0.8 (Circolare) Culvert 7.5 CLS – NO – D = 1 (Circolare) Culvert 2.5 PEAD – NO – D = 0.3 (Circolare)

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AF1

BMC-Culvert 6.85 PEAD – NO – D = 0.5 (Circolare) Culvert 6.55 PEAD – NO – D = 0.5 (Circolare) Culvert 5.25 PEAD – NO – D = 0.35 (Circolare)

Culvert 2.5 PEAD – NO – D = 0.35 (Circolare) Culvert 0.75 PEAD – NO – D = 0.5 (Circolare)

BMC

Culvert 16.5 CLS - NO – D = 1 (Circolare) Bridge 8.5 CLS – l = 4 - hm = 1.37 (luce rettangolare) Bridge 6.5 CLS – l = 2 - hm = 1.8 (luce rettangolare) Bridge 3.5 CLS – l = 3.5 - hm = 2.2 (luce rettangolare);

l = 3 – hmax= 1.65 (arco);

L’esatta dislocazione planimetrica degli attraversamenti, per ogni corso d’acqua, è visibile nella Tavola 3.

3.2.3 Sfioratori laterali

Le strutture, inserite nella presente modellazione, che simulano la tracimazione al di sopra di argini o “cigli” di sponda sono gli “Sfioratori Laterali”, o “Lateral Structure”, individuate con l’acronimo LS, secondo la dicitura del codice di calcolo HEC-RAS, e funzionano secondo la legge di stramazzo in parete grossa, espressa dalla seguente relazione:

dove:

L = larghezza della soglia (m);

H = altezza della vena stramazzante (m);

Cd = coefficiente dimensionale di stramazzo (m½/s) che corrisponde al termine 2g pari a 1.7.

Per ciascuno di essi sono stati inseriti nel programma gli input geometrici necessari alla loro definizione, come le distanze progressive e le quote di inizio sfioro, le quali coincidono nella maggior parte dei casi, con le quote di sommità delle sponde dei corsi d’acqua.

Di seguito si riporta l’immagine estrapolata dal programma, riportante due Lateral Structure, di cui una è quella utilizzata nella maggior parte dei casi e invece la seconda rappresenta un’eccezione, perché si è modellata la rotta arginale in riva sinistra al BMC tra la sez. 16-15.

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Figura 57 - Schematizzazione di una “Lateral Structure” nel BMC

Figura 58 - Rottura arginale in riva sx del BMC tra sez 16 e 15, modellata come “Lateral Structure”

La sviluppo in termini di lunghezza (da sez. x a sez. y) di ogni Lateral Structure e la relativa nomenclatura sono visibili nella Tavola 3.

3.2.4 Aree di potenziale esondazione e relative connessioni

Le “Aree di Potenziale Esondazione”, individuate con l’acronimo APE, o, in alternativa, “Storage Area”, secondo la dicitura del codice di calcolo HEC-RAS, sono definite come quelle porzioni di territorio adiacenti al corso d’acqua coinvolte, eventualmente, dal fenomeno esondativo, e il cui comportamento è sia quello di invasare volumi d’acqua, sia quello di essere interessate dal trasporto dei volumi stessi in altre APE.

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Le aree di potenziale esondazione sono state delimitate seguendo la morfologia del terreno, in termini di rialzamenti naturali, e gli elementi antropici presenti sul territorio come le strade sia provinciali che interpoderali.

Figura 59 - Vista dentro APE N

Figura 60 - Vista dentro Ape MM

L’accumulo di acqua all’interno di ciascuna APE è governato dalla sola legge di invaso. Per poterle determinare è necessario costruire, mediante il programma Arc Gis, il TIN (Triangulated Irregular Network) con il comando “Create TIN” e successivamente trasformarlo in formato “Raster” con il comando “TIN to Raster”, ottenendo così il DTM (Digital Terrain Model).

I dati utilizzati per la creazione del TIN sono: le curve di livello della CTR 1:2000;

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i punti quotati della CTR 1:2000, tranne quelli ricadenti dentro alle APE N-LL-MM-ZZ-RR-PP-YY, in quanto si riferiscono ad una situazione pregressa (ex uso agricolo) a quella osservabile attualmente (edifici industriali). In sostituzione a questi si è scelto di inserire dei punti con quote altimetriche che si avvicinano il più possibile alla situazione attuale, osservate nei vari sopralluoghi in loco;

i punti quotati del rilievo topografico, indicati con il codice “Ter” e “Strada”;

Questa serie di dati sono stati implementati per la creazione del TIN con il parametro “Mass Point”, ovvero punti di massa. Si è inoltre pensato di utilizzare il grafo stradale e gli archi idrici, estratti dalla CTR 1:2000, come elementi di interruzione alla triangolazione, attribuendogli il parametro “Hard Line”.

Determinato il DTM in formato “Raster”, si è proceduto a ritagliare il suddetto file per ogni APE con il comando “Clip”, al fine di determinarne le curve di invaso.

Ciò si è reso possibile mediante l’utilizzo del comando “Surface Volume”, il quale, dati i valori a partire dalla minima quota con un intervallo crescente di 10 cm, calcola il volume al di sotto di essi.

A titolo di esempio si riporta la curva di invaso per “APE A” inserita nel programma (Fig.61).

Figura 61 - Curva di invaso V-h per Ape A in forma grafica

Il fenomeno del trasferimento dei volumi all’interno delle APE e soprattutto verso quelle contigue è simulato attraverso le “Connessioni tra Aree di Potenziale Esondazione”, o

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“Storage Area Connection”, individuate con l’acronimo SAC, secondo la dicitura del codice di calcolo HEC-RAS.

Tali connessioni tra “Storage Area” sono modellate mediante luci a stramazzo in parete grossa.

Questi elementi, nella maggior parte dei casi, sono stati individuati con le quote del terreno lungo il confine delle APE (Fig. 62), anche se non rappresentano un vero e proprio ostacolo al deflusso e il passaggio dell’acqua nell’APE contigua è quasi immediato; mentre in alcuni casi, come per le SAC “NN-UU, TT-UU, LL-MM, MM-ZZ, XX-YY, CC-DD, AA-BB”, la presenza di muretti, della strada provinciale per Casole e delle strade interpoderali rappresenta un ostacolo al deflusso (Fig.63-65).

Figura 62 - SAC G-B

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Figura 64 - SAC NN-UU

Figura 65 - SAC CC-DD

Per ciascuno di essi sono stati inseriti nel programma gli input geometrici necessari alla loro definizione come le distanze progressive e le quote del terreno o del muretto.

Di seguito si riporta l’immagine estrapolata dal programma, riportante la SAC che collega l’Ape CF all’APE A.

Figura 66 - Storage Area Connection tra APE CF e Ape A

(21)

3.2.5 Giunzione dei corsi d’acqua

Precedentemente si è detto del motivo per il quale il modello idraulico è congiunto e del fatto che le giunzioni alle rispettive confluenze sono state create una alla volta.

Per ciascuno di essi sono stati inseriti nel programma gli input geometrici necessari alla loro definizione, come le lunghezze dei rami lungo la confluenza stessa, cioè la distanza tra la sezione di monte e quella subito a valle della confluenza per il ramo principale, e la distanza tra la sezione a monte del ramo secondario e quella subito a valle del ramo principale.

Per il calcolo del profilo liquido attraverso la confluenza si è scelto di adottare l’opzione di default “Force Equal WS Elevation”, che nel caso di giunzioni “normal flow”, come nel nostro caso, assegna alle sezioni legate alla giunzione la stessa altezza d’acqua ad ogni passo temporale pari a quella calcolata a valle della giunzione.

Figura 67 - Dati di input nella “Junction” BMC-AF2 BMC

(22)

Figura 69 - Confluenza BF-FM

(23)

3.3

Input Idrologici e condizioni iniziali

I dati necessari a determinare il profilo del pelo libero in regime di moto vario sono: il regime di corrente;

le condizioni al contorno; gli input idrologici.

3.3.1 Regimi di corrente

Il programma provvede automaticamente al riconoscimento per tratti del regime di corrente che si può effettivamente instaurare per la portata assegnata e, se la corrente, ad esempio, nel primo tratto di monte è veloce, esso adotterà quale altezza di riferimento quella fornita in input per l’estremo di monte, viceversa se la corrente del tratto finale è lenta, quale altezza di controllo sarà adottata quella fornita in input per la sezione terminale di valle. Nei tratti intermedi il programma adotta analoghi criteri.

Nei casi in cui il regime di corrente passa da condizioni di corrente veloce a corrente lenta e/o viceversa, il programma esegue i calcoli in modalità di calcolo mista (mixed flow, modalità impostata per il presente studio), ovvero il calcolo dei profili da valle verso monte (come in una corrente lenta) seguito da un riscontro di calcolo da monte verso valle (correnti veloci), in modo da localizzare tutti i risalti idraulici.

3.3.2 Condizioni al contorno

La scelta delle condizioni al contorno costituisce un elemento determinante nella realizzazione di un modello in moto vario; generalmente come “condizione di monte” si è utilizzato l’input idrologico ricavato mediante la modellistica idrologica descritta nel precedente capitolo, ovvero un’idrogramma di piena.

Invece come “condizione di valle”, tra le varie opportunità, si è scelto di adottare la “Normal Depth”, ossia la pendenza del carico energetico che sarà utilizzato per calcolare la profondità di moto uniforme con l’equazione di Manning. Più in generale, la pendenza del carico energetico può essere approssimata alla pendenza media dell’alveo nell’intorno della sezione di chiusura.

Nel caso del presente lavoro, trattandosi di un modello “congiunto”, le uniche condizioni di valle da introdurre sono rappresentate dalla “Normal Depth” del Fosso Strada, Borro di Fontelata e del Botro Maestro Casole (Tab.53).

(24)

E’ importante che la scelta della condizione di valle, e il relativo effetto, non si ripercuotano a monte attraverso fenomeni di rigurgito; se la scelta di determinate condizioni a valle tende a forzare la propagazione del deflusso in alveo nel tratto terminale, è generalmente consigliato ampliare verso valle il tratto fluviale modellato in modo da garantire una buona indipendenza dei risultati dalla condizione di valle prescelta.

3.3.3 Input Idrologici

La notevole articolazione e discretizzazione dell’analisi idrologica del sistema è stata finalizzata all’individuazione dei singoli apporti idrologici dei 43 sottobacini in cui è stato suddiviso l’intero bacino idrografico ricadente sull’area industriale.

Questi contributi sono stati inseriti nel modello, secondo le alternative offerte dal codice di calcolo Hec Ras, e precisamente come:

“Flow Hydrograph”, per tutti gli apporti in ingresso ai corsi d’acqua studiati; “Lateral Inflow”, per tutti gli affluenti studiati solo come input idrologico;

“Uniform Lateral Inflow”, per tutti gli apporti dei sottobacini, distribuiti lungo un tratto fluviale.

L’elenco degli input idrologici inseriti in corrispondenza delle varie sezioni dei corsi d’acqua è riportato nella Tabella 53.

Come detto, lo scenario di studio è rappresentato dall’ evento di piena con tempo di ritorno pari a 30 anni, e con idrogrammi relativi alla durata di precipitazione critica pari ad 1 ora. Tutti gli idrogrammi in ingresso sono stati stimati con una scansione temporale di 5 minuti. Come richiede il codice di calcolo, all’istante zero della simulazione idraulica è assegnata una portata iniziale ai corsi d’acqua, con valori che vanno da 0.2-0.1m3/s per i corsi d’acqua più importanti (BF, FM, Af1FM, BMC) e da 0.015-0.06 m3/s per tutte le aste del reticolo minore; invece la portata iniziale a valle delle confluenze, deve essere introdotta come somma delle portate iniziali dei corsi d’acqua confluenti.

Anche le “Storage Area” necessitano di un livello iniziale minimo, che coincide con la loro quota minima.

In precedenza è stato sottolineato come la discretizzazione temporale incida sul livello di accuratezza complessivo di un modello di questo tipo.

Le simulazioni idrauliche in moto vario sono state effettuate con un avanzamento temporale ad intervalli di 6 secondi, e la restituzione dei risultati ad intervalli di 5 minuti. Tra le altre opzioni di calcolo, è stato deciso di assegnare alle tolleranze ammesse sui livelli idrici risultanti sui corsi d’acqua e nelle aree adiacenti, rispettivamente, pari a 0.006

(25)

m e 0.015 m; infine il numero massimo di iterazioni oltre il quale il sistema sarebbe divenuto instabile è stato fissato a 40.

Tabella 53 - Condizioni al contorno del modello idraulico congiunto

Corso d’acqua-tratto-sezione Tipo di condizione al

contorno

Input Idrologico dei vari bacini AF1 BF-tratto 1-sez. 7 Flow Hydrograph AF1 BF 1 AF1 BF-tratto 1-sez. da 5 a 1.1 Uniform Lateral Inflow AF1 BF 2

AF1 BMC-tratto 1-sez. 12 Flow Hydrograph AF1 BMC-M1 AF1 BMC-tratto 2-sez. da 10 a 6 Uniform Lateral Inflow AF1 BMC 1

AF1 BMC-tratto 2-sez. da 5 a 1 Uniform Lateral Inflow AF1 BMC 2 AF1 BMC cFV-tratto 1-sez. 7 Flow Hydrograph AF1 BMC-cFV 1 AF1 BMC cFV-tratto 1-sez. da 6.9 a 0.5 Uniform Lateral Inflow AF1 BMC-cFV 2

AF1 FM-tratto 1-sez. 8 Flow Hydrograph AF1 FM 1 AF1 FM-tratto 1-sez. da 7.9 a 3 Uniform Lateral Inflow AF1 FM 2 AF1 FM-tratto 1-sez. da 2 a 1 Uniform Lateral Inflow AF1 FM 3 AF2 BF-tratto 1-sez. 17 Flow Hydrograph AF2 BF 1 AF2 BF-tratto 1-sez. da 16.9 a 15.1 Uniform Lateral Inflow AF2 BF 2 AF2 BF-tratto 1-sez. da 14 a 10.1 Uniform Lateral Inflow AF2 BF 3 AF2 BMC-tratto 1-sez. 6 Flow Hydrograph AF2 BMC 1 AF2 BMC-tratto 1-sez. da 5.9 a 1 Uniform Lateral Inflow AF2 BMC 2 AF3 BMC-tratto 1-sez. 15 Flow Hydrograph AF3 BMC 1 AF3 BMC-tratto 1-sez. da 14.9 a 10.1 Uniform Lateral Inflow AF3 BMC 2 AF3 BMC-tratto 2-sez. da 9 a 2.9 Uniform Lateral Inflow AF3 BMC 3 AF3 BMC-tratto 3-sez. da 1.9 a 1.1 Uniform Lateral Inflow AF3 BMC 4 AF4 BMC-tratto 1-sez. 6 Flow Hydrograph AF4 BMC 1 AF4 BMC-tratto 1-sez. da 5.9 a 1.1 Uniform Lateral Inflow AF4 BMC 2 AF5 BMC-tratto 1-sez. 6 Flow Hydrograph AF5 BMC 1 AF5 BMC-tratto 1-sez. da 5.9 a 1 Uniform Lateral Inflow AF5 BMC 2

BF-tratto1-sez.20 Flow Hydrograph BF 1 BF-tratto1-sez. da 19.9 a 14.2 Uniform Lateral Inflow BF 2 BF-tratto2-sez. da 13.9 a 12.1 Uniform Lateral Inflow BF 3

BF-tratto2-sez. 12.9 Lateral Inflow AF3 BF 1 BF-tratto2-sez. 12.1 Lateral Inflow AF4 BF 1 BF-tratto2-sez. da 12 a 10 Uniform Lateral Inflow BF 4

BF-tratto3-sez. da 8.9 a 7 Uniform Lateral Inflow BF 5 BF-tratto4-sez. da 5.9 a 5 Uniform Lateral Inflow BF 6 BF-tratto4-sez. da 4.9 a 1.1 Uniform Lateral Inflow BF 7

BF-tratto4-sez. 1 Normal Depth

--BMC-tratto1-sez.18 Flow Hydrograph BMC 1 BMC-tratto2-sez. da 13.8 a 12.96 Uniform Lateral Inflow BMC 2 BMC-tratto3-sez. da 12.8 a 11.1 Uniform Lateral Inflow BMC 3 BMC-tratto4-sez. da 9.9 a 4 Uniform Lateral Inflow BMC 4 BMC-tratto4-sez. da 3 a 1.1 Uniform Lateral Inflow BMC 5

BMC-tratto4-sez. 1 Normal Depth

--Fai-tratto1-sez.7 Flow Hydrograph Fai 1 Fai-tratto1-sez. da 6 a 0.1 Uniform Lateral Inflow Fai 2 FM-tratto 1-sez. 13 Flow Hydrograph FM 1 FM-tratto 1-sez. da 4 a 2.9166 Uniform Lateral Inflow FM 2 FM-tratto 2-sez. da 2.066 a 1 Uniform Lateral Inflow FM 3 Fstr-tratto1-sez. 16 Flow Hydrograph Fstr Fstr-tratto1-sez. da 12.7 a 2 Uniform Lateral Inflow Fstr

(26)

--3.4

Calcolo della Mappa di Allagabilità

La creazione della mappa di allagabilità è stata eseguita elaborando, con il software ArcGIS, i risultati ottenuti dalla modellazione idraulica, eseguita precedentemente con il software HEC-RAS (metodo oggettivo). L’elemento di connessione tra i due ambienti di lavoro è rappresentato dall’estensione HEC-GeoRAS, la quale permette di importare in ArcGis un file appositamente creato in HEC-RAS, contenente le informazioni sulle quote del pelo libero.

Il suo impiego in tal senso si basa come prima cosa sulla creazione di un TIN (Triangular Irregular Network) della superficie del pelo libero a partire dalle quote dei livelli in ciascuna sezione trasversale e all’interno di ogni storage area. Successivamente, al TIN ottenuto viene sottratto il TIN delle quote del terreno, creato in precedenza per il calcolo delle curve di invaso, ottenendo come risultato finale un file raster rappresentante i tiranti idrici in ciascun punto del territorio (Tav. 5).

Ovviamente, quando la quota del piano di campagna risulta maggiore di quella del pelo libero, il livello risulta nullo.

Il risultato finale è fortemente dipendente dal grado di risoluzione dei dati territoriali e dalla qualità dei dati geometrici utilizzati nel modello idraulico. Infatti, in assenza di un buon livello di dettaglio, si possono ottenere anche valori molto discordanti dalla situazione reale.

Si è inoltre creata un’altra mappa di allagabilità, utilizzando un metodo diverso da quello precedentemente esposto, il cui tracciamento manuale (metodo soggettivo) si basa sull’analisi delle sezioni dove il livello idrico supera le sponde dell’alveo, sul massimo livello idrico raggiunto all’interno delle APE e della ipotetica direzione verso il quale l’acqua si muove dentro l’APE, dedotta dal flusso d’acqua positivo (uscente) o negativo (entrante) delle SAC. Le operazioni di tracciamento sono risultate piuttosto complesse, in quanto il sistema è molto articolato ed ha richiesto un’attenta interpretazione dei risultati del modello, in particolare per tutte quelle zone interessate da trasferimento di volumi sul piano campagna.

Il risultato di questa elaborazione è illustrato nella Tavola 4.

La scelta dell’utilizzo di queste due metodologie è stata dettata dal fatto che nel metodo oggettivo sono visibili solo le aree di ristagno dell’acqua, mentre nel metodo soggettivo vengono delimitate anche le aree di trasferimento dell’acqua sulla superficie del terreno.

(27)

Nella Figura 71 le aree allagate allo stato attuale, elaborate nello studio idraulico a supporto alla variante del Regolamento Urbanistico, differiscono dai risultati ottenuti con il metodo soggettivo, ad esempio, in alcune APE come la UU-LL-RR, le stesse aree allagabili si hanno per il primo studio per Tr = 200 anni, mentre per il metodo soggettivo per Tr = 30 anni; ulteriori differenze sono rappresentate dal fatto che nelle zone a monte nello studio idraulico appaiono più estese rispetto al metodo soggettivo ed, infine, le zone a valle risulta meno estese per il primo e più estese per il secondo.

Tali differenze sono probabilmente attribuibili alle diverse ipotesi elaborate per le SAC.

Figura 71 – Aree allagate allo stato attuale da studio idraulico a supporto della Variante al R.U. per Tr pari a 30 (verde chiaro) e 200 (verde scuro) anni

Qualora vi fossero altri punti in cui le perimetrazioni appaiano non congrue con la base cartografica, è necessario sottolineare che esse sono state tracciate sulla base non solo della C.T.R. 1:2.000, che in molti casi non risulta aggiornata rispetto all’effettivo stato dei

(28)

luoghi, ma anche sulla base dei punti rilevati, e sulla base dell’osservazione visiva dei luoghi.

3.5

Risultati

Le modellazioni idrauliche condotte sui corsi d’acqua presso l’area industriale Il Piano hanno consentito, come spiegato nel paragrafo precedente, di delimitare le aree allagate su questa porzione di territorio.

I risultati analitici e i profili dei corsi d’acqua con i livelli idrometrici per lo scenario con durata critica di precipitazione pari a 1h e Tr = 30 anni, sono riportati nell’Allegato Idraulico Stato Attuale.

Le velocità e le portate negative che emergono dai tabulati riportati nell’Allegato di cui sopra, possono essere spiegate come segue.

Le dinamiche di piena nell’area del Piano di Casole sono tali da determinare un fenomeno di rigurgito del sistema posto a monte degli stabilimenti dell’area industriale, in quanto all’altezza dei tratti terminali del Fosso Maestro e di tutti i corsi d’acqua minori, si crea un accumulo di volumi idrici piuttosto importante, poiché gli unici sbocchi delle acque verso valle sono rappresentati dal Borro di Fontelata e dal Botro Maestro Casole e le velocità negative ne sono il segnale.

In molte sezioni degli affluenti minori (ad esempio sez. 0.5 Af2BMC) accade che il massimo livello idrometrico non sia determinato dalla portata transitante in alveo, bensì dalla portata di rigurgito negativa, verificabile nei tabulati riportati nell’ Allegato Idraulico Stato Attuale.

(29)

Figura 72 - Sezione 0.5 AF2 BMC - Confluenza BMC

In alcuni casi le portate e le velocità negative possono essere dovute anche all’effetto di rigurgito che si verifica in corrispondenza di alcuni attraversamenti che limitano ulteriormente la capacità di smaltimento delle acque, insieme alla presenza delle Lateral Structure subito a monte di essi che determinano la fuoriuscita dell’acqua verso le APE.

Figura 73 - Portate negative sez. 4 dell'AF1 BF

Si è scelto di riportare, a titolo di esempio, gli idrogrammi di output di una delle connessioni idrauliche tra alveo ed aree di potenziale esondazione (Fig. 74), tra aree di

(30)

Figura 74 - Andamento nel tempo della portata e dell'altezza idrica a monte, a valle e nella LS 15.99 del BF

(31)

Figura 76 - Andamento nel tempo della portata e dell'altezza idrica nella SAC CF - A

Si sottolinea che la complessità del modello determina in alcuni casi distorsioni di elaborazione numerica che emergono da alcuni degli idrogrammi.

Essendo però la geometria del sistema tutta interconnessa, i profili dei corsi d’acqua relativi al massimo livello idrometrico risultano regolari (come da Allegato Idraulico Stato Attuale), quindi queste distorsioni locali sono da considerarsi trascurabili.

Inoltre il modello idraulico precedentemente descritto è stato implementato con input idrologici con durate di precipitazione pari a 0.5h e Tr = 30 anni, al fine di confrontarlo con i risultati dello scenario con durata di precipitazione di 1 h e Tr = 30 anni, e verificare per quale durata si ottengono i massimi volumi di esondazione nelle APE.

Nell’Allegato Idraulico Stato Attuale si è riportata la tabella che mette a confronto i suddetti volumi, dalla quale si evince che lo scenario critico di riferimento è quello pari ad 1h, pertanto non si è ritenuto di dover procedere con la simulazione per durata di 0.5h e Tr = 30.

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