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Determinazione del Rischio Sismico mediante le metodologie VC e VM elaborate dal G.N.D.T.

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(1)

64

C

APITOLO

4

Determinazione del Rischio Sismico mediante le

metodologie VC e VM elaborate dal G.N.D.T.

(2)

65

4.1

V

ALUTAZIONE DELLA VULNERABILITA

NELL

AMBITO DEL PROGETTO

S.A.V.E.

Nei paragrafi precedenti si è illustrato il metodo di valutazione della vulnerabilità sismica attraverso l’utilizzo delle schede di livello 1 e 2 del G.N.D.T. e si è precisato che questo metodo è finalizzato ad indagini e valutazioni su larga scala, quindi può fornire stime affidabili in senso statistico, piuttosto che in maniera puntuale. Questo deriva dal fatto di essere basato su rilievi “a vista”; essendo difficile considerare appieno le caratteristiche di dettaglio e costitutive dei materiali dei fabbricati oggetto di studio, il procedimento può fornire dati rappresentativi del campione nel complesso ma non esaustivi del singolo elemento.

Un’analisi approfondita della vulnerabilità e del rischio sismico del patrimonio edilizio esistente, in particolar modo di quello pubblico, mediante metodi di calcolo rigorosi richiede un notevole dispendio di risorse e di tempo ed una profonda conoscenza delle caratteristiche dei materiali e dei dettagli costruttivi, spesso incompatibile con le tempistiche richieste per lo studio e le disponibilità economiche.

A tal proposito si ritiene necessaria l’adozione di metodi speditivi, in grado di definire la priorità degli interventi per la riduzione del rischio sismico.

Per rispondere a tali esigenze è stata proposta per la valutazione della vulnerabilità e del rischio sismico degli edifici, la metodologia VC (Vulnerabilità Calcestruzzo armato) e VM (Vulnerabilità Muratura) elaborata dal G.N.D.T. insieme al Dipartimento della Protezione Civile e al Ministero del Lavoro, ed impiegabile su edifici esistenti nell’ambito del progetto “Strumenti Aggiornati per la Vulnerabilità sismica del patrimonio Edilizio esistente” (S.A.V.E.).

4.2

I

L METODO

S.A.V.E.

Il Metodo SAVE, attraverso l’impiego del programma di calcolo VC per strutture in calcestruzzo armato e VM per quelle in muratura, è finalizzato alla valutazione della vulnerabilità sismica e del rischio sismico del singolo edificio. La vulnerabilità è riferita a due livelli di danneggiamento, corrispondenti, in termini prestazionali, alla condizione limite di operatività, ossia ad un danneggiamento lieve tale da non pregiudicarne l’utilizzazione, e alla condizione di collasso incipiente.

(3)

66 La vulnerabilità pertanto viene intesa come stima dell’intensità del terremoto per la quale l’edificio raggiunge le due condizioni dette, e il rischio viene espresso in termini di periodo di ritorno del terremoto che produce le due condizioni limite.

La metodologia utilizzata è basata su un modello di calcolo semplificato, che permette l’analisi piano per piano, per la determinazione degli spostamenti relativi tra un piano e l’altro, ai fini della valutazione delle condizioni di operatività, e della resistenza sismica dell’organismo strutturale, ai fini delle condizioni di collasso.

Il livello di complessità del modello è commisurato al livello di conoscenza della struttura reale, in termini di caratteristiche sia meccaniche dei materiali, che geometriche dei diversi elementi strutturali e dell’organismo strutturale nel suo insieme. Infatti, la conoscenza di una struttura esistente non è mai totale, ed il livello di dettaglio è commisurato ai tempi e ai costi di esecuzione dei rilievi e delle indagini sperimentali sui materiali e sugli elementi strutturali. La scelta del modello e l’intera procedura di analisi nascono dall’ottimizzazione dell’impegno richiesto, sia in termini di indagini in situ, sia in termini di calcolo, impegno che va commisurato ad un’applicazione su scala relativamente ampia.

Gli edifici italiani, generalmente, sono caratterizzati da due tipologie strutturali: strutture intelaiate in calcestruzzo armato e strutture a pareti portanti in muratura. Avendo le due tipologie comportamenti e meccanismi di collasso totalmente differenti è stato necessario mettere a punto due diversi modelli e due diverse procedure. Queste, tuttavia, hanno in comune lo stesso approccio, basato su una valutazione della resistenza sismica piano per piano e sull’adozione di un opportuno coefficiente di duttilità, per tener conto delle capacità inelastiche della struttura, analogo al fattore di struttura delle norme sismiche, nonché lo stesso riferimento normativo (PCM 2003, 2005) per la valutazione dei principali parametri di comportamento.

La procedura può essere applicata secondo due logiche diverse. La prima, coerente con un’analisi della sicurezza svolta ai sensi della normativa, richiede la considerazione di coefficienti di sicurezza e fattori di confidenza, così come definiti nell’O.P.C.M. 3274 e nelle normative specifiche relative ai diversi tipi e materiali strutturali, conduce ad una valutazione convenzionale e cautelativa della reale vulnerabilità e del rischio sismico dell’edificio in esame. La seconda prescinde dall’adozione di coefficienti di sicurezza e fattori di confidenza e fa riferimento direttamente ai valori stimati più probabili delle resistenze dei materiali, essendo finalizzata alla determinazione della più probabile stima delle capacità sismiche della struttura in esame. Essa pertanto fornisce valutazioni meno

(4)

67 cautelative ma più verosimili della reale vulnerabilità e del rischio sismico dell’edificio in esame.

L’adozione di numerose assunzioni sulle caratteristiche della struttura e dell’azione sismica, limita ovviamente l’affidabilità dei dati in termini assoluti. Ciononostante, l’applicazione di una stessa procedura ai diversi edifici permette di raffrontare in maniera diretta, e su base quantitativa, i loro livelli di vulnerabilità e di rischio, e di evidenziare quelle situazioni precarie, sulle quali occorre intervenire con maggiore urgenza.

L’attendibilità dei risultati che il metodo può fornire è strettamente legata alla qualità delle informazioni e all’aderenza del modello alla realtà. Questi aspetti uniti alla incompletezza delle informazioni sulla geometria della struttura e sulle resistenze dei materiali che il modello considera, la mancata valutazione di effetti torsionali e l’assente stima di vulnerabilità delle parti non strutturali, hanno suggerito di utilizzare il metodo S.A.V.E. similmente alle schede G.N.D.T. di livello 2 con il fine di individuare le situazioni di maggior rischio, ovvero per stilare una graduatoria dei fabbricati che necessitano di di miglioramenti. In generale ciò consente di attribuire un indice di priorità nel caso di avviamento di un’iniziativa di interventi di adeguamento sismico migliorando conseguentemente l’utilizzazione delle risorse destinate ad interventi di riduzione del rischio.

Come detto, la vulnerabilità viene intesa come stima dell’intensità del terremoto per la quale l’edificio raggiunge le due condizioni di operatività e si collasso:

= ∙ ,

∙ ∙

dove PGAj è l’accelerazione massima al suolo; SD è il rapporto tra i tagli di piano Vj

corrispondenti alla condizione limite in esame ed i corrispondenti tagli di piano agenti Vag,j

(per accelerazioni pari a g); i coefficienti α esprimono invece un giudizio sul comportamento dinamico (αPM e αAD ) e sulla capacità dissipativa e duttile dell’edificio

(αDS e αDUT,j ).

Il rischio, ovviamente riferito alle condizioni di pericolosità sismica del sito in cui sorge l’edificio, tenendo conto anche di eventuali effetti di amplificazione locale, viene espresso in termini di periodo di ritorno del terremoto (corrispondente all’accelerazione di picco trovata)che produce le due condizioni limite dette. Con riferimento alle mappe di pericolosità sismica italiana predisposte nel 2001 dal Servizio Sismico Nazionale (SSN), si

(5)

68 possono ottenere, per interpolazione o estrapolazione, i periodi di ritorno corrispondenti alle accelerazioni a terra mediante l’equazione:

= ∙ ∙ ( )

dove i parametri α e K sono funzione del sito e ag è l’accelerazione su roccia di cui si vuole

determinare la ricorrenza.

Va evidenziato che dalle mappe del SSN è possibile ricavare, assumendo due diverse leggi di attenuazione, due possibili valori del periodo di ritorno corrispondenti alla PGA calcolata, ossia un valore medio, oppure un frattile più cautelativo, paria a una media più una deviazione standard.

Nel caso specifico, l’applicazione del metodo è stata vincolata dai limiti del programma di calcole stesso; infatti la maggioranza delle strutture prese in esame nella fase iniziale di analisi con le schede di livello 1 e 2, non ha potuto trovare un riscontro con l’impiego dei programmi VC e VM. Questa scelta è stata conseguente al limite imposto dal programma di analisi VC che prevede, nell’impostazione stessa della versione disponibile on-line, la possibilità di inserimento di strutture con un massimo di 90 pilastri; analogamente per le strutture in muratura sono previsti un massimo di 60 elementi murari.

4.3

E

DIFICI IN C

.

A

.

Un buon comportamento sismico delle strutture intelaiate è legato alla formazione di un meccanismo di collasso globale, che coinvolge l’intera struttura sotto sismi violenti, producendo deformazioni anelastiche alle estremità delle travi di tutti i piani e alla base dei soli pilastri del piano terra ( meccanismo a travi deboli – pilastri forti).

La realizzazione di un tale meccanismo richiede però un’accurata progettazione antisismica, basata sul principio di gerarchia delle resistenze, o Capacity Design, in Italia introdotto a livello normativo solo con la recente Ordinanza 3274/2003, per le costruzioni in zona simica ad alta duttilità.

E’ quindi più probabile che, in un edificio esistente, si realizzi un meccanismo di collasso di piano, ossia un meccanismo a travi forti – pilastri deboli, che coinvolge prevalentemente i pilastri di un solo piano, con la formazione di cerniere plastiche alle loro estremità. Il coinvolgimento di un numero ridotto di elementi strutturali di un unico piano alla dissipazione di energia, ed in particolare, ai pilastri soggetti, per la funzione che svolgono ad elevati sforzi di compressione, determina un ridotta duttilità disponibile e una limitata

(6)

69 capacità dissipativa d’insieme della struttura. Valori bassi degli sforzi di compressione, rispetto alla resistenza, favoriscono un comportamento relativamente duttile dei pilastri, mentre valori elevati possono determinare rotture fragili per schiacciamento e favorire il collasso anticipato della struttura. Comportamenti fragili possono anche derivare da elevate percentuali di armatura longitudinale, associate ad insufficiente armatura trasversale (staffe) o la presenza di pilastri corti, nei quali è prevalente la sollecitazione tagliante rispetto a quella flessionale. In tali casi la rottura fragile a taglio può anticipare la plasticizzazione a flessione.

Le strutture in c.a. esistenti, spesso progettate per soli carichi verticali, sono abitualmente caratterizzate da bassi quantitativi di armatura longitudinale nei pilastri, per cui, salvo particolari condizioni geometriche, il meccanismo di collasso più probabile è quello a colonne deboli e travi forti. A tale meccanismo fa riferimento il modello semplificato adottato dal programma di calcolo, caratterizzato dalla formazione di cerniere plastiche alle estremità di tutti i pilastri dei singoli piani. L’assunzione di un meccanismo di collasso di piano, come quello più probabile, consente una serie di drastiche semplificazioni nel modello e nei dati da reperire. La valutazione della resistenza al collasso, infatti, può essere effettuata indipendentemente per ciascun piano e richiede la conoscenza completa della resistenza dei soli pilastri. Ciò consente di concentrare l’attenzione, per quanto riguarda il rilievo delle armature e la determinazione delle caratteristiche di resistenza del calcestruzzo, ai soli pilastri, limitando l’indagine sulle travi al solo rilievo geometrico. La non perfetta rispondenza del modello alla realtà comporta, naturalmente, errori di stima della vulnerabilità sismica, che sono comunque a favore di sicurezza. Infatti la resistenza sismica che scaturisce dall’ipotesi di meccanismo a pilastri deboli – travi forti fornisce sicuramente un limite inferiore all’effettiva capacità resistente e duttile di una struttura intelaiata nella quale si sviluppino meccanismi alternativi o misti.

Nella progettazione di edifici nuovi, il contributo positivo alla resistenza sismica delle tamponature e tramezzature consistenti è in genere trascurato a causa della scarsa controllabilità delle loro caratteristiche e delle possibili variazioni nel tempo. Nella realtà tale contributo si è spesso rivelato decisivo nell’impedire il collasso dell’edificio, o nel ridurre sensibilmente i danni alle strutture. Per questo nel modello è possibile mettere in conto sia la rigidezza che la resistenza dei principali elementi non strutturali. In generale la procedura valuta due ipotesi di funzionamento della costruzione: la prima trascura qualsiasi contributo resistente degli elementi non strutturali, la seconda tiene conto di tali contributi. Come valore della resistenza sismica strutturale viene assunto il maggiore tra i

(7)

70 valori di resistenza così ottenuti. Ovviamente anche i possibili effetti negativi dovuti a distribuzioni irregolari degli elementi non strutturali in pianta ed in elevazione vengono messi in conto dalla procedura, attraverso opportuni coefficienti riduttivi.

4.3.1 MODELLO DI COMPORTAMENTO

Per edifici in calcestruzzo armato la procedura prevede la diversificazione tra due modelli, quello in assenza di tamponature e quello che invece le considera sia in termini di rigidezza che di resistenza. La procedura analizza la struttura mediante modelli di piano, prendendo in esame i soli pilastri e definendo le condizioni di vincolo alle estremità superiore e inferiore in base alle caratteristiche geometriche delle travi (assenti, a spessore o emergenti) nelle due direzioni ortogonali principali. La medesima equazione andrà valutata per ciascuna delle due dimensioni ortogonali.

Le azioni sismiche vengono tradotte in forze statiche equivalenti distribuite lungo l’altezza, tenendo conto, per determinarne l’entità, del periodo proprio della struttura in ciascuna delle due direzioni ortogonali principali e della forma dello spettro di risposta, in relazione al tipo di suolo che caratterizza il sito dell’edificio in esame.

Per la condizione limite di collasso la resistenza all’azione orizzontale del pilastro i-esimo del piano j-esimo, nella direzione dell’analisi, viene valutata considerando le effettive capacità che i singoli pilastri possono sviluppare, in relazione all’entità degli sforzi di compressione e di taglio agenti.

Così, facendo riferimento alla modalità di rottura per flessione, definito come myi,j il

momento resistente del pilastri i-esimo al piano j-esimo, nella direzione dell’analisi, ricavato dalla costruzione dei domini di interazione N-M, e definita con hpil,i,j l’altezza del

pilastro nella direzione considerata e con il prodotto αpil,i,j hpil,i,j la quota in cui si localizza

il punto di flesso (avente momento nullo) della deformata del pilastro, è possibile ricavare il taglio resistente di ogni pilastro in esame, nell’ipotesi di meccanismo duttile per flessione, pari, per ciascuna delle due direzioni ortogonali considerate, a :

, , , =

, , , , ∙ ℎ , ,

Il taglio resistente per meccanismo duttile del j-esimo piano è calcolato come somma dei contributi dei singoli pilastri:

(8)

71 La determinazione del taglio, come descritto fino ad ora, si riferisce al modello in assenza di tamponature.

In caso di valutazione in presenza di tamponature, il loro contributo può essere messo in conto secondo due modalità alternative:

1) valutando la rigidezza e la resistenza dei singoli pannelli mediante formule di comprovata affidabilità;

2) considerando solo un incremento forfetario della capacità dissipativa dell’edificio. In questo secondo caso , ai fini del calcolo della resistenza sismica, si suppone che la dissipazione di energia conseguente al danneggiamento della tamponatura si traduca in un maggiore smorzamento (assunto pari al 10%) e nella conseguente riduzione dell’accelerazione della struttura.

Per valutare la resistenza del pilastro nell’eventualità che la rottura fragile a taglio anticipi quella duttile per pressoflessione, si fa riferimento alla formulazione dell’Eurocodice 2, nella quale il taglio resistente è dato da:

, , , = +

dove:

= ( ∙ ∙ 1.2) ∙ ∙ rappresenta il contributo del solo calcestruzzo;

= ( ) ∙ 0.9 ∙ ∙ rappresenta il contributo offerto dalle armature a taglio. è la resistenza unitaria a taglio di calcolo di elementi privi di armatura a taglio bw è lo spessore dell’anima

d è l’altezza utile della sezione

K è il coefficiente che considera la continuità o meno delle armature in compressione Asw è l’area della sezione trasversale dell’armatura a taglio

fsy è la tensione media di snervamento delle armature.

Per ogni pilastro il taglio resistente è dato dal valore minimo offerto dai due diversi meccanismi di rottura: quello duttile e quello fragile.

Anche nel caso di rottura fragile il taglio resistente del j-esimo piano in una direzione è dato dalla somma dei contributi dei singoli pilastri nella medesima direzione.

Per la condizione limite di operatività, la perdita di operatività è riferita alla condizione limite di danneggiamento non trascurabile delle parti non strutturali e/o di quelle strutturali.

Per questo essa è determinata dal raggiungimento di una delle due seguenti condizioni: - drift percentuale (spostamento interpiano / altezza interpiano) dr,lim =0.5%

(9)

72 - accelerazione a terra corrispondente ad un valore unitario di αDUT,j.

Per quanto riguarda la prima condizione il taglio che provoca il drift limite nella direzione considerata (e quindi il taglio massimo resistente per la condizione limite di operatività) sarà pari a:

, = ∙ ℎ ∙ ,

dove:

hj è l’altezza del piano j-esimo;

Kj è la rigidezza complessiva del piano j-esimo della direzione in esame che viene valutata

sommando le rigidezze di tutti i pilastri in tale direzione e, nel caso in cui vengano considerate anche le tamponature e le tramezzature, aggiungendo il valore risultante, nella direzione in esame, della rigidezza allo spostamento orizzontale dei singoli pannelli i-esimi del j-esimo piano.

Per la valutazione del periodo proprio della struttura e delle verifiche delle condizioni di operatività, in riferimento ad un comportamento elastico, la procedura determina la rigidezza di ogni pilastro del generico j-esimo piano per ognuna delle due direzioni considerate, sulla base delle caratteristiche geometriche e meccaniche, dai rilievi e dalle prove sui materiali disponibili, tramite la seguente equazione:

, , = , , ∙

, ,, , dove :

Ej = 5700 ∙ è il modulo elastico del cls al piano j-esimo in esame;

Jpil,i,j : momento di inerzia del pilastro, al piano in esame, rispetto all’asse ortogonale alla

direzione considerata dall’analisi;

hpil,i,j : altezza del pilastro, al piano in esame, nella direzione considerata dall’analisi. In

generale tale valore coincide con l’altezza interpiano ma può essere anche assumere valori diversi.

cpil,i,j : coefficiente di deformabilità avente valori diversi in funzione del grado di vincolo

che le travi esplicano nei confronti del pilastro. Tali valori dovranno essere assegnati, per ogni pilastro e per ciascuna delle due direzioni considerate, sulla base del confronto tra le dimensioni degli elementi convergenti nel nodo.

(10)

73 Per ciascuna delle due direzioni ortogonali, la rigidezza complessiva viene valutata nelle due ipotesi di calcestruzzo integro o fessurato. La rigidezza relativa allo stato fessurato viene valutata riducendo al 50% la rigidezza EJ della sezione integra dei pilastri.

La rigidezza complessiva del piano j-esimo, nella direzione in esame, in assenza di tamponature, viene valutata sommando le rigidezze di tutti i piani in tale direzione:

= , = , ,

Ai fini della valutazione del periodo proprio della struttura e delle verifiche delle condizioni di operatività, la procedura considera anche il contributo di rigidezza offerto dalle tamponature, integre o fessurate, nella direzione parallela al loro piano, facendo riferimento alla formulazione basata sull’ipotesi di puntone equivalente, e si ottiene:

, , = ∙ ∙ cos θ = 0.1 ∙ E ∙ t ∙ cos θ

dove:

Kmur,i,j : rigidezza allo spostamento orizzontale del generico pannello i-esimo del j-esimo

piano presa pari al contributo di un puntone, la cui sezione ha spessore pari a quello del pannello murario e larghezza pari a 1/10 della lunghezza del pannello (una stima conservativa della deformazione laterale del telaio può essere effettuata attribuendo ai puntoni diagonali una larghezza pari al 10% della loro lunghezza) ed assumendo un’ulteriore riduzione del 50% per tener conto di una condizione di danno incipiente. Em : modulo elastico della muratura assunto pari a 1000fk

A: area della sezione del puntone equivalente, paria 0.1sd = √ℎ + : lunghezza della diagonale del pannello

La rigidezza totale è determinata sommando i contributi di tutti gli elementi strutturali e non, efficaci nella direzione considerata:

= , + ∑ , ,

Adottando il metodo dell’analisi statica lineare è possibile calcolare la risultante delle forze statiche orizzontali al piano j che definisce la forza di piano in relazione ad una prefissata forma semplificata del primo modo di vibrare della struttura ed in cui si assume l’accelerazione pari ad 1g:

= ∙ ∑( )

(11)

74 Fh = W , avendo assunto l’accelerazione pari a 1g;

Fj è la forza da applicare al piano j;

Wj e W1 sono i pesi delle masse ai piani j e 1;

zj e z1 sono le altezze dei piani j e 1;

W è il peso complessivo della costruzione in elevazione, g è l’accelerazione di gravità.

Il taglio agente al piano j, Vag,j nella direzione considerata è ottenuto sommando le forze

calcolate agenti al di sopra del piano j-esimo in esame:

, =

I rapporti SDj tra i tagli di piano Vj corrispondenti alla condizione limite in esame ed i

corrispondenti taglia di piano agenti Vag,j (per accelerazioni pari a g), definiscono la

prestazione strutturale dei singoli piani dell’edificio in termini di accelerazioni sulle masse strutturali, espresse in frazione di g.

Infine, solo per la condizione di collasso, si tiene conto degli effetti del secondo ordine, calcolando lo spostamento relativo di piano corrispondente alla condizione di collasso drcoll,j e incrementando gli effetti dell’azione sismica Vag,j tramite il fattore:

1 1 −

dove θ è il coefficiente di sensibilità agli spostamenti interpiano pari a = ∙ ,

, ∙ ;

Wj è il peso dell’edificio al di sopra del piano j-esimo incluso;

, =

,

, ∙ , è lo spostamento relativo di piano corrispondente alla

condizione limite di collasso;

Vj,OPER e dr,op sono pari rispettivamente al taglio resistente per meccanismo duttile del

j-esimo piano e lo spostamento relativo di piano corrispondente alla condizione limite di operatività.

Si ottiene con semplici passaggi:

( ), =

, ∙ ℎ − ∙ ,

, ∙ ℎ

A questo punto, determinate le massime accelerazioni spettrali per ciascuna condizione limite esaminata, tramite i rapporti SD,j si passa al calcolo delle accelerazioni al suolo PGAj

(12)

75

= , ∙ ,

∙ ∙

I coefficienti che vanno a moltiplicare e dividere le massime accelerazioni spettrali su ciascun piano sono specificati di seguito:

- αPM è il coefficiente di partecipazione modale del primo modo di vibrare nella

direzione considerata, che può essere assunto pari a 0.8 per edifici aventi più di un piano, 0.9 per edifici aventi solo 2 piani e pari a 1 per edifici ad un piano;

- αAD è l’amplificazione spettrale, funzione del periodo del primo modo nella

direzione in esame e della forma spettrale; esso viene determinato con riferimento agli spettri riportati in [ , 2003] per i diversi tipi di terreno, secondo le categorie di profili stratigrafici del suolo di fondazione. Il periodo proprio della struttura viene automaticamente calcolato mediante la formula di Rayleigh adottando la deformata prodotta dalle forze statiche;

- αDS è un coefficiente che tiene conto delle capacità dissipative dell’edificio, non è

posto pari a 1 solo nel caso in cui, per il calcolo delle resistenze strutturali, non si sono considerati direttamente i contributi offerti dagli elementi strutturali. In questo caso si considera un rapporto di smorzamento pari al 10% e conseguentemente si ottine che = 10 (5 + ) = 0.82

In ogni caso, nella valutazione delle prestazioni strutturali rispetto alle condizioni di operatività, esso assume sempre un valore unitario.

- αDUT,j è il coefficiente di duttilità che tiene conto della capacità duttile sia della

struttura nel suo insieme che dei singoli pilastri del j-esimo piano, in relazione alle modalità di rottura previste (flessione duttile o fragile, taglio). I parametri globali dipendono essenzialmente dalle irregolarità presenti, dovute alla distribuzione delle resistenze in elevazione, alla geometria della struttura, alla distribuzione di rigidezza e/o massa in pianta.

Vengono ulteriormente penalizzati i piani che, per distribuzione irregolare delle tamponature in elevazione, sono potenzialmente piani soffici. Per quanto riguarda i parametri locali, si considera l’entità dello sforzo assiale di compressione determinato dai cariche verticali e l’eventualità che i meccanismi di rottura a taglio nei pilastri anticipino quelli per flessione. Tutti i fattori sopra elencati, penalizzanti le capacità duttili della struttura, modificano il valore del coefficiente facendolo variare nel range 1 ≤ , ≤ 3 , nell’ipotesi di assenza di tamponature e nel

(13)

76 range 1 ≤ , ≤ 1.5 , nell’ipotesi di presenza di tamponature, comunque esse siano portate in conto. Nella valutazione delle prestazioni strutturali rispetto alle condizioni di operatività, il coefficiente di duttilità assume in ogni caso valore unitario.

Determinate le accelerazioni massime del terreno in situ (PGA), corrispondenti al raggiungimento delle condizioni limite ai singoli piani e nelle due direzioni considerate, si passa a quelle su roccia (ag) tramite la relazione:

= ,

dove S rappresenta l’accelerazione di ancoraggio dello spettro ed è un fattore che tiene conto del profilo stratigrafico del suolo di fondazione.

Per gli edifici oggetto della presente tesi, sia quelli in c.a. sia quello in muratura, si è ipotizzato un suolo di categoria C cioè composto da depositi di terreni a grana grossa mediamente addensati o terreni a grana fine mediamente consistenti.

Una volta valutata la vulnerabilità reale della struttura, espressa in termini di accelerazione massima a terra del terremoto che produce il collasso o la perdita di operatività, è possibile definire il rischio di collasso, ovvero il periodo di ritorno del terremoto corrispondente all’accelerazione di picco trovata nel sito.

4.4

E

DIFICI IN MURATURA

Le strutture murarie degli edifici sollecitate da azioni sismiche sono caratterizzate da comportamenti molto diversi, dipendenti principalmente dalle caratteristiche e dall’efficacia dei collegamenti tra pareti ortogonali e tra pareti e strutture orizzontali (solai di calpestio e coperture).

Fondamentalmente si possono individuare due famiglie di meccanismi di collasso:

1) meccanismi caratterizzati da rotture e ribaltamenti di intere pareti o di cospicue porzioni per azioni ortogonali al piano medio delle pareti;

2) meccanismi caratterizzati da rotture di taglio e/o pressoflessione degli elementi murari, per azioni parallele al piano medio delle pareti.

(14)

77 I meccanismi della prima categoria sono generalmente i più pericolosi e si manifestano per basse intensità sismiche, quando i collegamenti tra pareti ortogonali e tra pareti e solai sono inadeguati e/o quando i solai sono eccessivamente deformabili nel loro piano.

Gli edifici pubblici sono spesso caratterizzati da buoni collegamenti tra pareti e solaio, realizzati attraverso cordoli in c.a., nonché da solai adeguatamente rigidi. Pertanto, al fine di determinare la vulnerabilità sismica degli edifici, nel seguito si prenderanno in esame unicamente i meccanismi di collasso per azioni nel piano, fermo restando la necessità di verificare le condizioni di validità delle ipotesi assunte.

4.4.1 MODELLO DI COMPORTAMENTO

Il modello di calcolo semplificato alla base del procedimento di calcolo per la determinazione sia degli spostamenti relativi tra un piano e l’altro sia per il calcolo della resistenza sismica dell’organismo strutturale, considera le modalità di plasticizzazione e rottura per taglio e/o pressoflessione dei maschi murari sollecitati nel proprio piano, determinando il taglio complessivo portato dalla struttura.

Per la condizione limite di collasso, la resistenza all’azione orizzontale del maschio murario i-esimo del piano j-esimo nella direzione dell’analisi, sollecitato nel proprio piano, viene valutata considerando il valor medio della sua resistenza unitaria a taglio, secondo la formulazione di Turnsek – Cacovic.

La formula esprime bene la resistenza di un maschio murario quando la rottura avviene per taglio, mentre ne fornisce una sovrastima quando il maschio murario è snello e soggetto ad una tensione di compressione bassa, a causa del sopraggiungere della crisi per flessione, prima che si determini la crisi per taglio. Per tener conto di questa eventualità, si applica un fattore riduttivo della resistenza specifica tangenziale, funzione della snellezza e della tensione di compressione media, così da ottenere un valore corretto

τ

corr,i,j per il maschio

murario i-esimo del piano j-esimo, nella direzione parallela al piano medio del maschio murario:

, = , ∙ , , ∙ 1 +

, ,

1.5 ∙ , , in cui:

- Vi,j è la resistenza a taglio del maschio i-esimo, al piano j-esimo, sollecitato nel

(15)

78 - σ0,i,j è la tensione di compressione agente sullo stesso maschio murario per effetto

dei carichi verticali;

- Ai,j è l’area della sua sezione orizzontale.

La valutazione di Vcorr,i,j viene effettuata automaticamente dalla procedura, una volta

specificate le caratteristiche geometriche del maschio murario e delle fasce di piano inferiore e superiore e dei carichi agenti.

La valutazione della resistenza complessiva dell’edificio, infatti, richiede la determinazione delle aree di muratura resistenti nelle due direzioni, escludendo naturalmente le aperture di porte e finestre, valutando per ciascun allineamento la snellezza media di compressione, così da determinare il fattore riduttivo da applicare alla resistenza unitaria a taglio. La resistenza complessiva in ciascuna direzione è ottenuta sommando i contributi dei singoli maschi murari del livello in esame sollecitati parallelamente, secondo l’equazione:

= ,

Per la condizione limite di operatività, invece, la perdita di operatività è riferita alla condizione di danneggiamento non trascurabile delle parti non strutturali e/o di quelle strutturali. Per questo essa è determinata dal raggiungimento di una delle due seguenti condizioni:

- drift percentuale ( spostamento interpiano / altezza interpiano) dr,lim = 0.3%

- accelerazione a terra corrispondente ad un valore unitario di αDUT,j.

Per la prima condizione, nota la rigidezza totale Kj e l’altezza hj del piano j-esimo, il taglio

che provoca il drift limite nella direzione considerata sarà pari a:

, = ∙ ℎ ∙ ,

dove Kj rappresenta la rigidezza dei singoli maschi murari e viene valutata tenendo conto

della deformabilità a taglio e a flessione con l’equazione:

, = ∙ ∙ ∙ ℎ ∙ 1 1 + ∙ ℎ ∙ ∙

in cui per tutte le grandezze in formula sono omessi, per semplicità, gli indici di riferimento del maschio in esame ed i moduli elastici sono valutati come:

E = 6G; G = 1100

τ

k

(16)

79 - r è un fattore riduttivo che tiene conto della riduzione di rigidezza per fessurazione,

compreso tra 0.5 e 1;

- hdef è l’altezza deformabile, valutata tenendo conto delle dimensioni delle aperture

adiacenti al maschio murario in esame; - b è la larghezza del maschio murario;

- A è l’area della sezione orizzontale del maschio murario. La seconda condizione è valutata semplicemente assumendo αDUT = 1.

E’ opportuno sottolineare come questa condizione corrisponda non alla prima plasticizzazione locale dei maschi murari ma alla plasticizzazione di tutti i maschi di un piano, dunque ad uno stato di danneggiamento effettivo della struttura.

Il procedimento è analogo a quello già esposto per gli edifici in c.a.; pertanto, si determina il taglio prodotto ai vari piani da un valore dell’accelerazione agente globalmente sulla struttura pari a 1g.

Adottando il metodo dell’analisi statica lineare è possibile calcolare la risultante delle forze statiche orizzontali che definisce le forze di piano in relazione ad una prefissata forma semplificata del primo modo di vibrare della struttura:

= ∙ ∑( )

dove:

Fh = W , avendo assunto l’accelerazione pari a 1g;

Fj è la forza da applicare al piano j;

Wj e W1 sono i pesi delle masse ai piani j e 1;

zj e z1 sono le altezze dei piani j e 1;

W è il peso complessivo della costruzione in elevazione, g è l’accelerazione di gravità.

Il taglio agente al piano j, Vag,j nella direzione considerata è ottenuto sommando le forze

calcolate agenti al di sopra del piano j-esimo in esame:

, =

I rapporti SDj tra i tagli di piano Vj corrispondenti alla condizione limite in esame ed i

(17)

80 prestazione strutturale dei singoli piani dell’edificio in termini di accelerazioni sulle masse strutturali, espresse in frazione di g.

A questo punto, determinate le massime accelerazioni spettrali per ciascuna condizione limite esaminata, tramite i rapporti SD,j si passa al calcolo delle accelerazioni al suolo PGAj

applicando la seguente relazione:

= , ∙ ,

∙ ∙

I coefficienti che vanno a moltiplicare e dividere le massime accelerazioni spettrali su ciascun piano sono specificati di seguito:

- αPM è il coefficiente di partecipazione modale del primo modo di vibrare nella

direzione considerata, che può essere assunto pari a 0.8 per edifici aventi più di un piano, 0.9 per edifici aventi solo 2 piani e pari a 1 per edifici ad un piano;

- αAD è l’amplificazione spettrale, funzione del periodo del primo modo nella

direzione in esame e della forma spettrale; esso viene determinato con riferimento agli spettri riportati in [ , 2003] per i diversi tipi di terreno, secondo le categorie di profili stratigrafici del suolo di fondazione. Il periodo proprio della struttura viene automaticamente calcolato mediante la formula di Rayleigh adottando la deformata prodotta dalle forze statiche;

- αDS è un coefficiente che tiene conto delle capacità dissipative dell’edificio; negli

edifici in muratura , nei quali il contributo degli elementi non strutturali, ove presenti si considera trascurabile, il coefficiente è normalmente assunto pari a 1, sebbene tale valore sia modificabile nella procedura per tenere in conto di situazioni particolari.

- αDUT,j è il coefficiente di duttilità che tiene conto della capacità duttile della

struttura. Mentre nella valutazioni delle prestazioni strutturali rispetto alla condizione di operatività questo coefficiente assume valore unitario per ogni caso, per la condizione limite di collasso, il coefficiente di duttilità di piano della direzione considerata assume la forma:

, = 2 ∙ , ∙ ∙ ≥ 1

Ai coefficienti pk sono da attribuire i seguenti significati e valori:

- p1,j : coefficiente riduttivo di piano per irregolarità di resistenza tra piani successivi;

un eccessivo aumento del rapporto tra capacità e domanda in termini di taglio di piano procedendo dal basso verso l’alto, viene quantizzata attraverso il calcolo automatico dei rapporti Rj tra il taglio-resistente ed il taglio-agente ad ogni piano:

(18)

81 = , , si ha: , = 0.5 + 0.5 ≥ 0.75 < 1 , = 1 ≥ 1

Il coefficiente p1,j sarà paria a 1 se ai piani inferiori si hanno delle sovra resistenze rispetto

ai piani superiori, a 0.75 quando si hanno delle sovra resistenze dei piani superiori maggiori del 50 % rispetto ai piani inferiori, e valori tra 0.75 e 1 negli altri casi.

Ovviamente il coefficiente è sempre unitario all’ultimo piano.

Le irregolarità di rigidezza e massa in elevazione non sono considerate, ritenendo che esse producano effetti trascurabili rispetto a quelli determinati dalle irregolarità di resistenza.

- p2 : coefficiente riduttivo globale per irregolarità di rigidezza o di massa in pianta;

tale fattore si applica al coefficiente di duttilità di tutti i piani, ed assume i seguenti valori:

p2 = 1.00 per situazioni regolari

p2 = 0.95 per situazioni mediamente irregolari

p2 = 0.90 per situazioni fortemente irregolari

- p3 : coefficiente riduttivo dovuto alle irregolarità di forma geometrica.

L’irregolarità di forma in pianta e/o in elevazione vengono portate in conto mediante un unico fattore riduttivo da applicare al coefficiente di duttilità di tutti i piani, pari a:

p3 = 1.00 per situazioni regolari

p3 = 0.95 per situazioni mediamente irregolari

p3 = 0.90 per situazioni fortemente irregolari

Determinate le accelerazioni massime del terreno in situ (PGA), corrispondenti al raggiungimento delle condizioni limite ai singoli piani e nelle due direzioni considerate, si passa a quelle su roccia (ag) tramite la relazione:

(19)

82 dove S rappresenta l’accelerazione di ancoraggio dello spettro ed è un fattore che tiene conto del profilo stratigrafico del suolo di fondazione ( per l’edificio oggetto di analisi si è ipotizzato un suolo di categoria C, come già specificato).

4.5

E

DIFICI ANALIZZATI

Come precisato inizialmente, l’analisi svolta con le procedure VC e VM ha riguardato un limitato numero di edifici a causa dei limiti stessi imposti dai programmi reperibili (possibilità di immissione di un numero massimo di pilastri e maschi murari), in particolare ci si è potuti soffermare solo su due strutture scolastiche.

1) Asilo Nido “Arcobaleno” a San Marco: la struttura è interamente realizzata con telai in c.a. e risale al 1983;

2) Scuola Primaria “Donatelli” a San Vito: la struttura è formata da tre corpi, distinti mediante giunti. Il corpo più datato, risalente al 1967, ha struttura portante in muratura; gli altri due corpi sono ampliamenti realizzati in c.a. in epoche successive (1983 e 2000).

L’analisi è quindi stata fatta per le tre strutture in cemento armato e per l’unica in muratura. I dati relativi alla geometria e ai materiali impiegati sono stati ricavati a partire dai progetti e dalla documentazione originali, reperiti in Archivio Comunale.

Una descrizione globale dei fabbricati è fornita nell’ Allegato B.

Si riportano nell’Allegato C alcune sezioni dei fogli di calcolo relativi alle procedure e, a seguire, le tabelle di sintesi dei risultati dell’analisi.

Tabella 4.1: Risultati dell’analisi per Stato Limite di Collasso

SLC

EDIFICIO TR,RIF TR,C RC,D

TR PGAD/g PGAC/g RC,D

PGA

Asilo nido Arcobaleno 1462 1450 1,00 0,189 0,175 0,93

Scuola elementare Donatelli_CA1 1462 6848 1,88 0,189 0,288 1,52 Scuola elementare Donatelli_CA2 1462 4436 1,58 0,189 0,250 1,32 Scuola elementare Donatelli_muratura 1462 3515 1,43 0,189 0,232 1,23

(20)

83 Tabella 4.2: Risultati dell’analisi per Stato Limite di Operatività

SLO

EDIFICIO TR,RIF TR,C RC,D

TR PGAD/g PGAC/g RC,D

PGA

Asilo nido Arcobaleno 45 646 2,98 0,051 0,135 2,65

Scuola elementare Donatelli_CA1 45 1942 4,68 0,051 0,192 3,76 Scuola elementare Donatelli_CA2 45 302 2,18 0,051 0,106 2,08 Scuola elementare Donatelli_muratura 45 406 2,46 0,051 0,116 2,27

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