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"DON RINO E SACERDOTE IN ETERNO"

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Academic year: 2022

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"DON RINO E SACERDOTE IN ETERNO"

Così detta da don Pasquale Riccio, Sacerdote di Stumo, questa frase Incute quasi terrore. "Sacerdote In eterno"... una vita intera e anche oltre la morte, non si potrà mai più cambiare, tutto è scritto nel libro di Dio, In modo Incancellabile. Ancora pochi minuti prima, don Rino, poteva fermare la cerimonia e dire: - Mi sono ricreduto, lo voglio vivere la mia vita in altro modo. Sono giovane ed ho diritto anche lo di divertirmi, di andar In discoteca, di cercarmi una fidanzata, mettere famiglia, avere dei figli ora, però, non può più, la sua vita futura è segnata; è un Sacerdote in eterno.

Quello che forse a noi potrebbe sembrare così terribile, é, invece, per don Rino Morra un motivo di gioia. Un giovane che ha consacrato la sua vita a servizio di Dio e del prossimo, che avrà la facoltà di trasformare il pane e II vino nel corpo e sangue di Cristo, di essere anch'egli II successore degli Apostoli, coloro, cioè, che conobbero Cristo di persona e che lo seguirono lungo le strade di Galilea.

La cerimonia di un'ordinazione sacerdotale è molto suggestiva; la processione di tutti in presbiteri, insieme al Vescovo, tutti belli con I loro vestiti arabescati, sgargianti di oro e di rosso, che va verso l'altare, con Incedere solenne, come se portassero In mezzo a loro la vittima sacrificale, da immolare all'altare di Dio. Le diverse cerimonie che si fanno durante l'ordinazione, generano un clima emozionante Intorno alla vita di questo giovane, che ha deciso spontaneamente di dedicarsi a Dio.

Prima l'ordinando viene invitato a presentarsi davanti al Vescovo con queste parole dette da un diacono: - Si presenti colui che deve essere ordinato presbitero: Il diacono don Rino Morra.* Ed egli risponde: - Eccomi .- Poi un presbitero dice:- Reverendissimo Padre, la Santa Madre Chiesa chiede che questo nostro fratello sia ordinato presbitero.- Soggiunge II Vescovo:- Sei certo che ne sla degno?- e II presbitero risponde: • Dalle Informazioni raccolte presso il popolo cristiano e secondo II giudizio di coloro che ne hanno curato la formazione, posso attestare che ne è degno.- Ancora II Vescovo dice:- Con l'aiuto di Dio e di Gesù Cristo nostro Salvatore, noi scegliamo questo nostro fratello per l'ordine del presbiterato.- L'assemblea risponde:- Rendiamo grazie a Dio.-Ecco che don Rino viene invitato ad esprimere davanti al Vescovo e alla comunità, la sua volontà di esercitare il ministero sacerdotale, secondo l'Intenzione di Cristo e della Chiesa In comunione con il Vescovo. Alle domande risponde sempre:-SI, lo voglio, -oppure - SI, con l'aiuto di Dio, lo voglio.- Promette quindi al Vescovo ed al suol successori, obbedienza. Si recita la litania del Santi.

Finita questa litania, Il Vescovo e tutti gli altri presbiteri, Impongono le mani sul capo di don Rino, si vuol trasmettere così II segno biblico e apostolico della trasmissione della responsabilità del governo delle comunità. Poi si recita la preghiera di Ordinazione.

Terminata quest'altra cerimonia, don Pasquale Riccio, parroco di Stumo, dice: • La Chiesa di Dio che è In Sant'Angelo del Lombardi, Conza, Nusco, Bisaccia, esulti: don Rino è sacerdote in eterno-.

Ora don Rino viene aiutato a vestire gli abiti sacerdotali, vengono unte le mani con l'olio del Sacro Crisma, viene consegnata l'offerte del pane e del vino ricevute dal fedeli ed infine II Vescovo e tutti I presbiteri presenti danno al nuovo sacerdote l'abbraccio di pace. Nella chiesa scrosciano gli applausi, Dio ha inviato ancora un'altro pastore alla sua Chiesa. C'è aria di festa e II soffio di Dio aleggia nella Cattedrale, sotto la volta rifatta a nuovo dopo il terremoto. La strada di questo Sacerdote sarà sicuramente non sempre facile, ma la strada della vita non lo è per nessuno; non lo è per II padre e la madre di famiglia alle prese con I loro problemi quotidiani, non lo è per le persone anziane che si sentono impedite nel loro movimenti usuali e spesso messi da parte, non lo è per I bambini con I loro piccoli grandi problemi specifici della loro età, non lo è per chi occupa dei posti di responsabilità, e neanche per II più umile operalo, costretto a lavorare e ubbidire.

Per tutte queste categorie di persone, così come per don Rino e gli altri Sacerdoti, bisogna avere comprensione e aiutarli con la preghiera e con le opere. Un Sacerdote, però, è qualcosa di speciale; è chiamato a curare le anime e ad evangelizzare. Per questo motivo tutti guardano a lui come modello e non può permettersi di sbagliare. Dio gli darà la forza di assolvere con coscienza al suo ministero. SI dice che non cl sono Sacerdoti, ma nella cattedrale di Sant'Angelo ne ho visto moltissimi. Don Rino andrà come Parroco a Guardia. Fra poco ci saranno ancora due Diaconi da ordinare Sacerdoti, uno dei due è don Cosimo, che II Vescovo lo voglia regalare a Morra visto che lo conosciamo già? Attendiamo e preghiamo, affinché la nostra parrocchia trovi finalmente un Sacerdote che rimanga per moltissimi anni, come fece don Raffaele, che curò la nostra Parrocchia per più di quaranta anni.

GERARDO DI PIETRO Il Vescovo è stato così gentile da darmi una copia dell'Omelia (predica) che ha fatto durante la cerimonia e che io vi ho messo nelle pagine seguenti

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OMELIA ORDINAZIONE PREBTTERALE D I DON RINO MORRA CATTEDRALE 1 0 .0 5 .2 0 0 3

Carissimi Confratelli, Religiosi e Religiose, cari fedeli laici, carissimo Don Rino, nella nostra vetusta Cattedrale risuona stasera l’inno di lode e di ringraziamento che la liturgia ha m esso sulle nostre labbra: "Ti rendo grazie, Signore, perch é m i h ai esau dito... S ei tu il m io D io e ti rendo grazie, se i il m io D io e ti esalto" (S ai 117).

E guardando a te, caro Don Rino, possiamo ancora far nostra la preghiera del Salmista "E cco l ’òpera d e l Signore: una m eraviglia a g li occh i n ostri ".

Anche tu sei opera di D io e noi siamo nello stupore, contemplando la fedeltà e la misericordia del Signore. Contemplazione, d ie ci invita a celebrarlo “perché i buono perché eterna è la sua misericordia” per noi uomini; eterna è la sua fedeltà alla promessa: "P astores dabo vo b is”. V i darò dei pastori la cui m issione é quella di annunciare la sua salvezza e di comunicarla agli uomini di ogni tempo, edificando su di Lui pietra angolare, la Chiesa con pietre vive e ben compaginate.

Prostrato, fra poco, sulla terra, mentre l'assem blea invoca i Sosti di D io, sentirai il sapore di essa bagnata dal sudore della fatica e delle lacrime dell'umana sofferenza ed evocherai nella mente che la tua umanità da essa è stata tratta.

Argilla lavorata dalla mano di D io per formarti com e Paolo "vaso d i elezion e ” ma sempre vaso fragile che contiene preziosi tesori: i doni di D io che oggi ti chiede di metterli completamente al servizio dei fratelli; vaso fragile, che deve contenere il mondo con le sue attese, le sue speranze, i suoi difficili problemi; vaso fragile, che va custodito dagli assalti del maligno d ie continua ad aggirarsi in questo mondo, tamquam leo m giens. Leone ruggente che cerca chi divorare. La custodia è affidata alle tue povere forze, corroborate però dalla grazia del sacramento che ti é conferita.

Apriti perciò al m isterioso operare di D io nella tua vita. Lui ti ha chiamato a questa speciale vocazione invitandoti alla sequela, Lui ha guidato i tuoi passi indicandoti la sua via, quella della Croce, che è icona di sacrificio, ma soprattutto di un amore “sine modo” senza misura, d ie si fa dono totale. 0 buon Pastore, non legato al denaro, al potere, col cuore libero e non diviso, offre la vita per le pecore.

Per questo sa, sappiamo di essere amati dal Padre perché offriamo la nostra vita mettendola nelle Sue mani; è una volontaria, gioiosa offerta, nessuno può togliercela, sappiamo che perdendola la riavremo pienamente.

È l ’icona pasquale dd Risorto. La vita, il bum Pastore la offre con la sua morte e resurrezione. L’odierna liturgia ci fa cantare all’antifona di comunione: “E’ risorto il Pastore buono d ie ha dato la vita per le sue pecorelle e, per il suo gregge è andato incontro alla morte. Alleluia”.

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‘Tutta la sua vita d’altronde è un’ininterrotta manifestazione, anzi quotidiana realizzazione di questo suo donarsi. Il Santo Padre nella sua esortazione "P astores dabo v o b is” dice d ie questa è la sua “carità pastorale”, e ne evoca i lineamenti:

Gesù sente com passione delle folle, perché sono stanche e sfinite, com e pecore senza pastore (cfr. M t 9 ,3 5 -3 6 ), cerca le smarrite e le disperse (cfr. M i 18.12-14), e fa festa per il loro ritrovamento. Le raccoglie e le difende, le conosce e le chiama ad una ad una (G v.10,3). Le conduce ai pascoli erbosi e alle acque tranquille (cfr.S al.22-23) (P.D . V.22). Per loro imbandisce una mensa, nutrendole con la sua stessa v ita

Caro Don Rino, Carissimi Confratelli, è la carità pastorale “il principio interiore, 1 la virtù che deve animare e guidare la vita spirituale di noi presbiteri configurati a

Cristo Capo e Pastore”.

È essa, partecipazione della stessa carità pastorale di Gesù Cristo: dono gratuito dello Spirito Santo, e nello stesso tempo, compito e appello alla nostra risposta libera e responsabile. Comprendete che il contenuto essenziale della carità pastorale è il dono di sé, il totale (tono di sé alla chiesa, ad immagine e condivisione con il dono di Cristo.

G iovanni P aolo II riportando nella citata esortazione una sua affermazione di un’omelia a Seul cosi la definisce: “La ca rità p a sto ra le i quella virtù con la quale noi im itiam o C risto n ella donazione d i s i e n el suo se rv izio ”.

Non è soltanto quello d ie facciamo, ma il dono di noi stessi, che mostra l’amore di Cristo per il suo gregge. La carità pastorale determina il nostro modo di pensare e di agire, il nostro m odo di rapportarci alla gct\Xc”(ìbidem 23).

Destinataria del nostro dono 6 la Chiesa. C osi è stato il Cristo “che ha am ato la C hiesa e ha d a to se stesso p e r L ei”(Ef. 5.25).

Sia il tuo, il nostro ministero sacerdotale “officium amoris”. Non dimentichiamoci mai che, accolto la vocazione al ministero, dobbiamo esser in grado di fare di questo una scelta di amore, per cui la C hiesa e le anime diventano il nostro interesse principale e, con tale spiritualità concreta, diventiamo capaci di amare la Chiesa universale e quella porzione di essa che ci è affidata, con tutto lo slancio di uno sposo verso la sposa.

Il nostro dono non ha confini, esso infatti è segnato dallo stesso slancio missionario e apostolico del buon Pastore che ha detto: “E ho a ltre p eco re che non sono d i questo o vile, anche queste io devo condurre; ascolteranno la m ia voce e diventeranno un so lo gregge e un solo p a sto re ” (G v. 10.16).

La carità pastorale esige poi e sollecita che aU’intem o della comunità ecclesiale il presbitero viva in piena comunione con il presbiterio unito nel e con il Vescovo. Ce lo ricorda la Presbiteronim Ordinis: “La ca rità p a sto ra le esige che i p resb iteri, se non vogliam o co rrere invano, lavoriam o sem pre n el vincolo d i com unione con i

V escovi e g li a ltri fr a te lli nel sacerdozio " (n. 14).

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V ivila cosi, caro D on Rino, la tua funzione sacerdotale conte missione di servizio pastorale, cioè di carità fraterna, umile, generosa, aperta, disinteressata. D evi essere segno di Colui che è venuto per servire e non per essere servito e per dare tutto se stesso in redenzione di molti (cfr. M t 10,45).

D evi configurarti e riportarti con tutto il tuo essere e tutto il tuo vivere, patire e gioire, a Cristo Gesù.

Parlando di riferimento a Cristo voglio rivolgermi a voi, fedeli laici, per ricordarvi e, perché no, per ricordare a noi ministri ordinati, che essere laico nella chiesa è una vocazione, non una subalternità.

Il laico ha un posto nella vita e nella m issione dalla Chiesa che gli deriva dalla sua consacrazione battesimale e crismale e quindi anche voi dovete essere colti nel vostro riferimento a Cristo e al mondo.

È Cristo che v i santifica e vi manda. "Anche v o i - dice P ietro - com e p ietre vive siete costru iti in ed ificio spiritu ale in vista d i un sacerdozio santo, p e r offrire sa crifici sp iritu a li che siano g ra d iti a D io p e r m ezzo d i G esù C risto. M a vo i siete una stirp e eletta, un sacerdozio regale, una nazione san ta, un p o p o lo acquistato, affinché proclam iate le g esta d i colui che v i ha chiam ati d a lle tenebre a lla sua m eravigliosa lu cen (1P L2.5-9).

Ed è al servizio del comune sacerdozio regale, che D on Rino viene ora ordinato, Il Concilio nella Presbiteronim Ordinis ricorda infatti: “lo stesso Signore, affinché ì fe d e li fo ssero un iti in tm so lo C orpo, d i cu i p e rò non tutte le m em bra h om o la stessa funzione (R m .12,4) prom osse alcu n i d i lo ro com e m inistri, in m odo che, n el seno d elia so cietà d e i fe d e li avessero la sacra p o te stà dell'O rdin e p e r offrire U sacrificio e perdon are i p e cc a ti e che Ut nom e d i C risto svolgessero p e r g li uom ini in form a pu bblica U tfin zion e sacerdotale "(n.2).

Sei mandato, caro Don Rino, ad aiutare i fratelli ad accogliere il progetto di D io sulla loro vita a realizzarlo pienamente. Stai soprattutto vicino ai giovani, ricordando loro che ciascuno di essi - come ho scritto nella m ia lettera pastorale a loro diretta - è destinatario di un progetto che D io vuole realizzare nel mondo attraverso loro.

Cari Giovani, i la giornata mondiale delle vocazioni, il cui tema quest’anno è

"Il dono d i una v ita ” e m i piace ripetervi quanto già vi ho scritto: “parlarvi di vocazione significa aiutarvi a comprendere che siete indispensabili al Signore, perché Lui scriva oggi la sua storia d’amore con voi e con l ’umanità intera. La vocazione è una chiamata personale, che quasi vi mette al servizio del mondo. L’amore è il segreto della vita ed è il segreto della chiamata di D io, ma è anche j] segreto della vostra risposta”. N on sciupatelo con falsi miraggi, con giochetti emotivi, non svendetelo facendovi sedurre da insane passioni

“L’amore - dice il Papa nella F am iliaris C onsortio - è la fondamentale e nativa vocazione di ogni essere umano’Y/t 11) e il vero amore ha questo significato strano e

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splendido : donare se stessi. L’essere umano i fatto cosi: non si realizza, cioè non è felice, finché non si dona. Donare se stessi significa vincere l’egoism o e l'individualismo, non ripiegarsi su ciò che si vuole ma sognare ciò che D io vuole da ciascuno. Preparate la famiglia del vostro domani.

Ma nella giornata mondiale delle vocazioni vorrei anche ricordarvi con il Papa:

“c ’è un altro modo di realizzare l’amore della vita. È la vocazione a seguire Cristo nella vita sacerdotale e religiosa, net celibato liberamente scelto o nella verginità per amore del regno dei cieli. Io chiedo a ciascuno di voi di interrogarsi seriamente se D io non lo chiami verso una di queste strade.

A tutti coloro d ie ardono di aver ricevuto una tale vocazione personale, io dico: pregate tenacemente per avere la necessaria chiarezza. Ma poi dite un lieto “S i”

(B eneha 1985). Se io sono qui con voi per voi è grazie a questo “si” d ie in un giorno lontano ho detto al Signore. Sei qui, Don Rino, per gridario ancora a Colui che chiamandoti alla Sua sequela ti riveste oggi d d suo sacerdozio e ti trascina in una gioia indicibile, essere suo per sempre. Una gioia condivisa dalla tua fam iglia che con te oggi canta la sua lode al Signore per averla privilegiata di tanto dono.

In questa gioia la tua Chiesa, i fia td ii presbiteri, i religiosi, i laici, i tuoi compagni di un significativo tratto di strada negli anni della formazione. Gioiscono i tuoi educatori d d Seminario di Posiliipo, gloria di tutta la Campania fd ix , a cui rivolgo il dovuto e affettuoso ringraziamento della mia Chiesa e quello mio personale conoscendo bene l’arte pedagogica e la passione sacerdotale che mettono por preti fonnati secondo il cuore di Dio.

Gd ora all’altare, caro Don R ino, per celebrare, dopo l ’ordinazione, con i tuoi fratelli presbiteri, la lode a D io e il rendimento di grazie p o ’ le meraviglie nascoste o palesi che ha operato nella nostra povera vita.

Per rinnovare noi tutti, cari Confratelli, con Pardore dei nostri giovani antri, fatto più sofferto e maturo dalle prove dd la vita, la nostra fiduciosa e totale dedizione a Gesù; per ristabilire fra noi e con gli uomini un’autentica comunione di vita e di ardente carità.

Maria, Madre dd nostro sacerdozio, accompagni ancora il nostro cammino, benedica il nostro servizio di amore ai fratelli. Amen!

t P. Salvatore Nunnari Arcivescovo

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