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N. 322 - 20 Gennaio 2022

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Academic year: 2022

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PNRR, Nimby, Soprintendenze e la necessità di saper decidere. Le interviste a Raffaella Paita e Massimo Marciani.

Ponte sullo Stretto: l'informativa del MIMS e l'incarico a RFI.

Il carnevale di Atac. ATM Milano: il piano strategico 2021- 2025. Analisi indipendenti per i progetti infrastrutturali

N. 322 - 20 Gennaio 2022

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Con tutto il rispetto per i cittadini di San Vit- tore, una cittadina del basso Lazio al confine con la Campania, non siamo in una zona di alto pregio paesaggistico.

A San Vittore, da molti anni, c’è un impianto di trattamento dei rifiuti, un termovalorizza- tore dove si inceneriscono i rifiuti generando energia elettrica.

Assieme a quello di Colleferro, in provincia di Roma, l’impianto assicura l’utilizzo di ri- fiuti indifferenziati per circa 350 mila tonnel- late l’anno. La Regione Lazio, con il gestore dell’impianto, l’Acea ha proposto la costru- zione di una nuova linea, che si aggiunge alle ree attualmente in esercizio, per aumentare l’utilizzo di ulteriori 186mila tonnellate di cdr (combustibile da rifiuti) l’anno.

Tutto bene, se non fosse che dalla Conferenza dei servizi, che si è riunita da remoto lunedì 10 gennaio, è emerso il parere negativo dell’ente facente capo al Ministero della cultura.

La Soprintendenza ai Beni Culturali ha detto no. I geniali burocrati, collegati su zoom han- no trovato l’inghippo per bloccare il progetto:

“In base a carenza documentale in relazione alle aree gravate da uso civico (foglio 18 map- pali 186 parte e 378 parte), interessate pro- gettualmente da tratto di viabilità di servizio al termovalorizzatore, per mancata conclusio- ne del procedimento di mutamento di desti- nazione d’uso delle predette aree, esprime parere negativo alla sola realizzazione della viabilità così come progettata”.

C’è da dire, a sostegno della posizione della Soprintendenza ci sono le province di Frosino- ne e Caserta e tutti i piccoli comuni del basso Lazio, più che mai intenzionati a ricorrere a vie legali per far valere le ragioni del no.

“Abbiamo già dato, adesso andate a scaricare la “monnezza” da qualche altra parte.

Nel frattempo i rifiuti romani continuano, no-

nostante gli sforzi delle amministrazioni loca- li, ad essere trasportati in giro per l’Italia, e magari in Europa.

E qui non si può che ricordare come in una capitale europea, Copenaghen sia stato co- struito (dagli italiani) un impianto in centro città con tanto di pista innevata per le slitte dei bambini sul tetto.

Certo quell’impianto è una bella struttura in- dustriale moderna, non come quello di San Vittore che è assai bruttino. Ma anche in Ita- lia ci sono esperienze simili, quasi sempre al nord. I termovalorizzatori veramente utili si fanno vicino alle città, non in aperta campa- gna, perché con l’acqua calda prodotta dalla combustione dei rifiuti (che genera vapore per far girare le turbine che producono elet- tricità) si possono alimentare migliaia di im- pianti di riscaldamento.

Ma perché parlare di rifiuti su questo giornale che si occupa di trasporti e di infrastrutture?

Abbiamo di fronte mesi importanti per la pro- gettazione e la realizzazione di infrastrutture complesse e sicuramente impattanti sui terri- tori. Se non vogliamo che tutto si fermi e che le Conferenze dei Servizi che dovranno neces- sariamente essere aperte (e chiuse) anche in regime di commissariamento non si concluda- no con un “nulla di fatto” o, ancor peggio, con un continuo rinvio, le norme applicative dei progetti PNRR dovranno essere molto chia- re per non generare un nuovo, gigantesco e drammatico effetto Nimby.

Perché tutti vorrebbero la fermata dell’Alta Velocità vicino a casa, ma non la linea ferro- viaria. Quella deve passare vicino alla casa di qualcun altro.

Editoriale

PNRR, Nimby, Soprintendenze e la necessità di saper decidere

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Presidente Raffaella Paita, abbiamo ascol- tato con attenzione e apprezzato ciò che ha detto durante i lavori della quarta edizio- ne della Agorà Confetra del 16 novembre quando ha parlato di donne: “Il ministro Giovannini ha assolutamente ragio-ne sul ruolo delle donne: ma nelle recenti nomine delle Autorità di sistema portuali non una donna è riuscita a superare lo ‘sbarramen- to’, la presenza delle donne è sottostimata quasi ovunque e ovviamente anche nel set- tore della logistica, il problema del sotto- dimensionamento ai vertici del perso-nale femminile costituisce un problema che va affrontato, proprio per le conseguenze po- sitive che determina”. Qual è la situazione attuale nel setto-re della logistica e dei tra- sporti per le donne, quali le difficoltà e gli ostaco-li?

E come andare oltre la logica delle odiose quote rosa…

Il mio è stato un discorso di verità. Condivi- do le parole del ministro Giovannini circa la necessità di coinvolgere e dare responsabilità alle donne in campo trasportistico e portuale ma non posso non cogliere una contraddizio- ne nella logica che lo stesso ministro ha utiliz- zato per le scelte dei presidenti delle autorità di sistema portuale.

Mi ha molto colpito che finora non abbia vo- luto indicare nessuna donna, eppure come voi giustamente evidenziate il settore della lo- gistica e dei trasporti vede impegnate molte figure femminili con successo, spirito di dedi- zione e visione strategica.

Quindi credo che gli appelli siano giusti ma devono sempre essere accompagnati dalla di- mostrazione pratica di voler davvero dare un ruolo più forte alle donne in campo decisio-

nale.

E’ un dato che la presenza femminile negli organi esecutivi e legislativi dei paesi Ue è aumentata, ma l’accesso alle posizioni chiave del potere politico risulta ancora limitato per le donne.

Il ruolo chiave dove la presenza femmi-nile è più ristretta è quello di ministro dell’eco- nomia, secondo i dati Euro-stat, affidato a donne solo in 4 dei 29 esecutivi considerati (13,8%). Al 2019, sono donne solo il 31,4%

dei membri di tutti i governi dei paesi Ue:

meno di un terzo. Questo è riscontrabile an- che nel suo settore…cosa ne pensa ?

Sono stati fatti degli enormi balzi in avanti nell’individuazione delle donne nelle posizio- ni chiave del potere politico però rivolgiamo uno sguardo onesto alla realtà italiana: c’è una sola donna capo di un movimento politico nazionale, non ci sono mai state donne presi- denti del consiglio dei ministri né presidenti della repubblica ed il solo governo che ha ga- rantito la parità di genere è stato il governo Renzi.

Tutto questo mentre nella società reale le

Intervista

Raffaella Paita: l'ambientalismo dogmatico non ha senso, le pari

opportunità sono di tutti e con Pnrr in atto tutte le riforme necessarie

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donne acquisiscono sempre più ruolo e dimo- strano enormi competenze. L’assillo che tutti noi dobbiamo avere è far prevalere una cultu- ra che consegna alle nuove generazioni l’idea di un Paese in cui le pari opportunità sono di tutti e nel quale le donne possono accedere a qualsiasi funzione o ruolo, anche di potere politico, rivendicando con orgoglio il loro di- ritto ad essere “ambiziose”.

Mi colpisce molto l’utilizzo in senso negativo del termine “ambiziosa” abbinato alle donne.

Lei ha mai sentito dire “quella donna è troppo ambiziosa”? Mentre per gli uomini una simile critica non è quasi mai esplicitata, come se le donne dovessero imbarazzarsi del loro diritto all’ambizione.

Credo che avremmo fatto tutti un passo in avanti quando questo diritto verrà ricono- sciuto senza accezioni negative che spesso, ahimè, sono usate dalle donne nei confronti delle stesse donne.

In Germania il partito dei Verdi ha messo al centro del proprio programma elettorale il ri- pensamento delle infrastrutture per renderle più ecologiche, più eque per le donne e per le persone con minori disponibilità economi- che. “Il femminismo non è un argomento a sé stante, ma una prospettiva che ap-plichiamo anche nell’area dello sviluppo urbano e della mobilità” lo ha detto Ricarda Lang, vicepresi- dente del partito dei Verdi tedeschi.

Lei pensa sia ve-ro e attuabile anche in Ita- lia?

Sono contro gli stereotipi sempre. Anche quando lo stereotipo è femminismo uguale ambientalismo.

Ci sono donne che credono in uno sviluppo ambientalmente corretto e banalmente don- ne che non ci credono. Io personalmente cre- do che l’ambiente sia un tema serissimo ma che un ambientalismo dogmatico che non fa i conti con la realtà e che non immagina una transizione ragionata e seria che tenga in con-

siderazione ogni aspetto della sostenibilità, anche quello sociale e occupazionale, non ab- bia senso. E lavoro con uno spirito pragmatico e riformatore anche ai temi dell’ambiente.

Sempre durante Agorà Confetra del 16 no- vembre ha ribadito che il PNRR offre un qua- dro di certezze per una programmazione di medio-lungo periodo che non va disperso, ma anzi allargato a tutti i settori che riguar- dano le in-frastrutture.

E’ recente la notizia che il Fondo monetario internazionale si è congratulato con l’Italia per il livello di crescita, le riforme e gli inve- stimenti e per il bilanciamento tra “le riforme e gli investimenti”. A cosa andremo in-contro nei prossimi anni e quali sono i rischi asso- ciati al Pnrr e di scelte sbagliate?

L’Italia è in un momento positivo determina- to anche dalla credibilità e autorevolezza che il nostro Paese, grazie al governo Draghi, ha conquistato in Europa e nel mondo.

Ma l’autorevolezza e la credibilità non sono condizioni date per sempre, devono essere conquistate ogni giorno con la fatica dei rifor- misti.

Ciò significa nel caso concreto del PNRR met- tere in atto tutte le riforme di cui il Paese ha bisogno: riforma delle stazioni appaltanti, semplificazione degli iter autorizzativi e buro- cratici, riforma del trasporto pubblico locale, riforma del codice degli appalti, riforma por- tuale.

Potrei andare avanti aggiungendo altro ma già solo con questi obiettivi potremmo dire di aver cambiato una buona parte di Paese e garantito le condizioni per una crescita dura- tura.

Valentina Onori

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Dal 1946

SHIPPING, FORWARDING

&LOGISTICS meet INDUSTRY

Oltre la logistica, l’economia. Opportunità e sfide della nuova normalità per il rilancio del Paese in un mondo incerto.

MILANO

10-11 MARZO

2022

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“L’Italia ha certamente bisogno di una logistica moderna ed efficiente; ma anche la logistica ha bisogno di un Paese che ne valorizzi il ruo- lo di ‘industria delle industrie’, di elemento di base dello sviluppo economico, sociale, indu- striale. Perché – come amiamo ripetere spes- so – la logistica è come il wi-fi: se funziona, si dà per scontata e nessuno se ne accorge, ma per funzionare c’è bisogno di una rete, di un sistema, e senza il ‘campo’ della logistica non ci sono funzioni essenziali del nostro vivere quotidiano, come ha dimostrato abbondante- mente l’esperienza dei lockdown in occasione della pandemia, dove in tanti hanno riscoper- to l’essenzialità della ‘misteriosa’ logistica”.

Massimo Marciani è stato riconfermato alla presidenza del Freight Leaders Council per il triennio 2022-2024.

Marciani è fondatore della Fit Consulting, una delle più importanti società di consulen- za aziendale nei settori della finanza, innova- zione, trasporti, ma è soprattutto uno degli esperti più accreditati nel settore della logi- stica e dei trasporti, protagonista dei più vi- vaci dibattiti per la schiettezza e la profondità delle argomentazioni, che fanno riferimento anche alle più innovative esperienze interna- zionali al riguardo. Nel Freight Leaders Coun- cil, che ormai conta 30 anni di vita, il think tank della logistica ha trovato la sua “casa”, anche per un’esperienza direttamente colle- gata alla vita dell’associazione che risale agli albori di quello che allora si chiamava Freight Leaders Club, e che nacque per iniziativa di un indimenticato protagonista come Giuseppe Pinna, fondatore di questa esperienza di riu- nione dei protagonisti di un mondo allora ab- bastanza misconosciuto come quello dei tra- sporti delle merci e della logistica. Pinna era direttore della Divisione Merci delle Ferrovie

dello Stato, un manager volitivo, innovativo e geniale che aveva costruito il proprio ruo- lo partendo dall’iniziativa privata, ed ora poi approdato dentro una struttura alle prese con una lenta trasformazione da amministrazione statale e statalista – pienamente inserita nella logica del monopolio – ad impresa industriale che deve fare i conti anche con il mercato. Chi conosce la storia dell’evoluzione del mondo ferroviario nazionale, ricorda non solo il dina- mismo e lo stile straordinariamente parteci- pativo e motivante di Pinna, ma anche molte delle innovazioni – per così dire “teoriche”

– introdotte da Pinna nella tutto sommato stagnante gestione del trasporto delle merci in ferrovia; solo per citare due esempi, si de- vono a lui l’attenzione estrema allo sviluppo della intermodalità (allora ancora un concetto quasi estraneo alla cultura puramente “fer- roviaria”), e il tentativo di modernizzare una modalità di trasporto ancora fortemente ba- sata sul “carro singolo”, nei fatti poi superata dall’evoluzione successiva.

A raccontare l’incontro con Giuseppe Pinna – che, come sottolinea egli stesso, alla fine gli

Intervista

Freight Leaders Council, Marciani: una logistica per il Paese,

un Paese per la logistica

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numero 322 - 20 Gennaio 2022

ha “cambiato la vita” – è lo stesso Massimo Marciani, con un ricordo anche toccante: “Io allora mi occupavo di statistiche per il setto- re ferroviario passeggeri, ed in questa veste partecipai anche ad un convegno, cui era pre- sente Giuseppe Pinna. Lui si attardò nei corri- doi e, con la solita energia, fu subito diretto:

‘Dottore, l’ho ascoltato e ho trovato ciò che ha detto acuto ed intelligente: però ci sono già troppe persone che si occupano di passeg- geri, da oggi lei deve occuparsi delle merci’, mi disse quasi non ponendomi alternative. A distanza di tempo, ritengo quell’incontro uno dei più fortunati, che mi guida ancor oggi an- che nell’attività nel Freight Leaders Council”.

La storia del FLC si intreccia strettamente con l’esperienza di Pinna: nasce, infatti, col nome e con l’idea di un “Club”, dove fare incontra- re i maggiori protagonisti del mondo dei tra- sporti e della logistica. E’ ancora Marciani a spiegare: “Pinna organizzò convegni, un lavo- ro di analisi, di studio e di dibattito, ma anche occasioni di incontro in località prestigiose e tra le più belle in Italia, che duravano più di un giorno e che avevano l’obiettivo esplicito di ‘socializzare’, di fare incontrare non solo nelle austere occasioni di lavoro i protagonisti del settore. Forse oggi è difficile da compren- dere, ma si trattava di un’iniziativa assoluta- mente geniale: il mondo della logistica e del trasporto merci era allora una ‘cenerentola’, un servizio totalmente ancillare e riguardante tuttalpiù le ‘furerie”, come ancor oggi qual- cuno definisce l’organizzazione logistica. In pratica Pinna - rendendoli soci di un ‘Club’, quasi sull’esempio dei più esclusivi club ingle- si - elevava al rango di protagonisti capitani d’industria che guidavano imprese capaci di produrre miliardi di fatturato, ma costretti semmai a fare anticamera per far sentire la loro voce, perché si occupavano – appunto – di una funzione ‘secondaria’, o comunque non luccicante e di facile spendibilità come altre.

A distanza di anni, possiamo constatare come molte, moltissime cose sono cambiate, ma la

sindrome da ‘cenerentola’ rimane ancora in qualche maniera ancora appiccicata al siste- ma, ed è uno dei motivi per cui insistiamo a mettere come nostro slogan principale la de- finizione della logistica come ‘industria delle industrie’: la logistica è non solo un’industria, ma è in qualche maniera fondante della stessa industria tradizionale, quella manifatturiera più o meno considerata come ‘nobile’ ”, osser- va convinto Marciani, in quella che potremmo considerare un’introduzione all’intervista di Mobility Press al Presidente del Freight Lea- ders Council.

La logistica rimane una “cenerentola” anche se – per la prima volta – è entrata a pieno titolo in un capitolo del PNRR e – sempre per la prima volta – è stata protagonista di uno spot nel prime time televisivo?

Nessuno sottovaluta i progressi compiuti sul piano della considerazione della logistica, ma non è questione di riconoscimenti del ruo- lo che possono essere perfino fini a sé stes- si. Provocatoriamente, amo dire che forse il compito del Freight Leaders Council si esau- rirà quando vedremo una Legge di Bilancio che al primo articolo riguarderà la logistica.

Perché la logistica – in realtà – disegna il Pa- ese che vogliamo: puntiamo per il nostro svi- luppo economico e sociale sull’industria, ma dobbiamo sapere che l’industria per piazzare i propri prodotti o farli arrivare al consuma- tore finale ha bisogno della logistica. Voglia- mo lo sviluppo dell’e-commerce, ma qualcuno dovrebbe tener conto che uno studio dell’Os- servatorio del Politecnico di Milano (che noi consideriamo una specie di Bibbia, in quan- to maggiori esperti del settore) stabilisce che oggi quasi il 40% delle scelte compiute dai clienti per acquisire una merce dipendono dalla accessibilità della fornitura del prodot- to, vale a dire che oramai la logistica è una componente stessa della merce, ha un preci-

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so valore economico. Oggi tutti riconosciamo il ruolo dei grandi centri urbani come motori dello sviluppo economico: ma il ruolo della lo- gistica nelle città è oggi amplificato, nessuno può pensare seriamente che i tanti fenomeni che osserviamo nelle nostre strade possano sfuggire ad un governo delle regole, anche e soprattutto nella prospettiva di una transizio- ne energetica ed ambientale, che è una delle priorità ineludibili dei nostri tempi. Su tutti questi problemi, noi di FLC abbiamo promosso tutta una serie di ‘Quaderni’, sono tutti dispo- nibili sul web e sono a disposizione di chiun- que voglia approfondire queste tematiche, proponiamo soluzioni ma invitiamo soprattut- to a riflettere, nessuno può immaginare che il futuro sia davvero come quello di una volta.

La transizione energetica è tra le priorità del PNRR, ma coinvolge sufficientemente la lo- gistica?

La sensazione è proprio questa, che l’atten- zione sia tutta concentrata sui discorsi pur im- portantissimi delle infrastrutture, delle realiz- zazioni da compiere, senza una visione che sia complessiva, che riguardi il sistema Paese. La competitività è oggi un fattore dell’efficienza:

e non è un sistema efficiente quello dove pos- so moltiplicare i magazzini, ma dove poi devo registrare ore d’attesa per la consegna effet- tiva delle merci. Non è un sistema efficiente quello dove si denuncia, con un’immagine significativa, il ‘trasporto dell’aria’, cioè il fe- nomeno dei viaggi dei camion a vuoto perché non c’è una programmazione dei trasporti. Fin quando la logistica è vista come un taxi che ri- sponde a chiamata, siamo lontani da soluzioni efficienti, provocatoriamente diciamo che la logistica acquisirà dignità quando anche la ca- salinga di Voghera si renderà conto che il suo capriccio di possedere un bene implica uno sforzo di uomini, di organizzazione, di consu- mo dei mezzi e via dicendo.

Siete tra i pochi a promuovere una iniziativa diretta ad esplicitare i costi del prodotto an- che quando la consegna è definita gratuita E’ un modo per introdurre la consapevolez- za che il trasporto non può essere gratuito, rappresenta un costo, che qualcuno deve pur sostenere. Su una scala più ampia. Si intreccia col discorso del franco fabbrica o franco desti- no, che per fortuna anche dal fronte industria- le sta cominciando ad avere qualche attenzio- ne. Se ci si limita a far uscire il prodotto dalla fabbrica, si perde l’occasione di governare un processo che poi avrà ricadute sull’intero si- stema, ad esempio i termini ambientali, ma evidentemente non solo in questo: sicuro che lo spettacolo dei porti intasati e che respin- gono la merce o di sindaci che intervengono a limitare la circolazione per proteggere gli am- biti urbani, cui stiamo assistendo in quest’ul- timo periodo, non segnalino che si pongono ostacoli allo stesso sviluppo, che la crescita non è qualcosa che può essere affidata solo a sé stessa? Sono riflessioni che dovremmo fare tutti, a partire proprio dalla straordinaria occasione che ci è offerta dal PNRR, che può e deve essere soprattutto un’occasione di cre- scita, tremendamente importante soprattutto per il nostro Paese.

In questo quadro, qual è il ruolo del Freight Leaders Council?

Noi, in qualche maniera, vogliamo svolgere un ruolo di “facilitatori” dei processi. Abbiamo interlocuzioni a livello istituzionale, soprat- tutto con la Struttura tecnica di missione del MIMS, perché è la struttura di programmazio- ne che disegna le linee strategiche del futuro e cui cerchiamo di portare il nostro contributo di idee, di proposte, che ci derivano non solo dal contributo dei nostri associati, ma anche dall’intenso lavoro di analisi e di studio che abbiamo promosso in tutti questi anni. La no- stra forza è di essere un’associazione privata,

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assolutamente apartitica, senza scopi di lu- cro, che raccoglie adesioni tra le aziende at- tive in ogni fase della supply chain e cerca di canalizzarne le energie per definire le giuste linee guida perché le aziende possano conti- nuare a svolgere il loro ruolo, contribuendo contemporaneamente al massimo sviluppo e alla più completa competitività di una logisti- ca sostenibile. Se, dopo 30 anni, siamo ancora qui e ci viene riconosciuto un ruolo non mar- ginale, abbiamo in qualche maniera adempiu- to al nostro compito, almeno per la parte che ci compete.

Sul vostro sito, il racconto di questi 30 anni ha pagine anche affascinanti

Sul sito, nella sezione dedicata al trentennale, abbiamo ripercorso le esperienze dei cinque past president del FLC (ognuno dei quali ha portato il proprio fondamentale contributo di passione e di idee), introducendole con la ricostruzione delle origini dell’Associazione proposta da Marco Spinedi, amico e collabo- ratore di Pinna e oggi Presidente dell’Inter- porto di Bologna, nostra associata. Merita di essere sottolineato che – in tempi un po’

diversi dagli attuali – il FLC ha attribuito tra i primi la presidenza ad una donna (Roberta Gili, che rilanciò l’associazione dopo un perio- do di crisi), e ha dato vita al Freight Leaders Council Young, con l’obiettivo di mobilitare le energie under 35 dell’imprenditoria logistica giovane, anche questa a suo modo una novità significativa.

A proposito del sito, è molto aggiornato e completo e ricchissimo di materiali per la di- vulgazione. C’è attenzione e cura per il ruolo della comunicazione.

Abbiamo selezionato validissimi collaborato- ri. Presentando - in occasione della mia riele- zione - il bilancio del precedente triennio, ho

ricordato alcuni dei risultati raggiunti (in par- ticolare, e senza voler proporre una gerarchia:

ricostituzione del Comitato Scientifico e costi- tuzione della sezione Young dell’associazione;

nuovo logo e restyling del sito istituzionale;

11 nuovi soci; accordi di collaborazione con la Struttura Tecnica di Missione del MIMS, con associazioni come TTS Italia, Federdistribuzio- ne, Federmetano, Motus-e, e - in corso di pre- disposizione - con CSCMP Italy Roundtable;

costituzione del Think Tank della Logistica e avvio della campagna Logistics as a Service e Physical Internet).

Ringrazio per il contributo fornito la vicepre- sidente uscente Clara Ricozzi e il segretario generale Elisabetta La Scala, mentre per il nuovo corso potremo avvalerci anche dell’o- pera dei due nuovi vicepresidenti, Giuseppe Acquaro, presidente e Ceo di Terminali, che avrà soprattutto il compito di seguire le tema- tiche del PNRR; e – per i temi ESG (Environme- tal, Social and Governance) – la vicepresiden- te Valentina Tundo, senior manager supply chain di Chep.

Sul versante della comunicazione, dedichiamo molte energie alle analisi approfondite e alle news pubblicate sul sito, curiamo con atten- zione l’attività di ufficio stampa (60 comuni- cati stampa e oltre 50 interviste pubblicati nel solo periodo 2020-2021, oltre 300 citazioni del Freight Leaders Council in rassegna). Per quanto riguarda i social media, contiamo il co- stante, progressivo aumento dei follower su LinkedIn, Facebook, Twitter (1.000 contenuti pubblicati solo nell’ultimo anno). E – ovvia- mente – abbiamo intenzione di rendere sem- pre più efficace e visibile il ruolo del Freight Leaders Council, mentre a livello istituziona- le e associativo continueremo tutte le nostre azioni, con particolare attenzione alla pro- spettiva europea.

Antonio D’Angelo

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Per registrarsi si prega di scrivere a info@sipotra.it

Webinar

AGCM vs AMAZON

21 gennaio 2022 - ore 15,30-19,00

La Società Italiana di Politica dei trasporti organizza un webinar sul recente provvedimento con il quale l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha sanzionato con 1,128 miliardi di euro alcune Società del Gruppo Amazon per abuso di posizione dominante sul mercato dei servizi di intermediazione su marketplace al fine di avvantaggiare i propri servizi di logistica. L’Autorità ha inoltre imposto misure comportamentali che saranno sottoposte al vaglio di un monitoring trustee.

Oltre che per la dimensione della sanzione pecuniaria, per la vastità e la complessità della procedimento, per le potenziali ricadute e i seguiti che potrà avere in sede unionale, la decisione dell’AGCM ha suscitato risonanza mondiale e vivaci prese di posizione. La questione interseca peraltro una materia – quella del vorticoso sviluppo e dell’impatto delle piattaforme digitali – già da tempo terreno di accese discussioni.

SIPoTra ritiene dunque utile propiziare una riflessione approfondita, estesa anche profili di politica industriale, chiamando a intervenire esperti in materia antitrust e di politiche pubbliche.

Programma Presentazione

Mario Sebastiani, Presidente di SIPoTra

Introduzione

Sabino Cassese, Giudice Emerito della Corte costituzionale

Interventi

(°)

Coordina: Francesco Munari, Deloitte Legal e SIPoTra Rino Caiazzo, Caiazzo Donnini Pappalardo & Associati e SIPoTra

Bruno Carotti, Consigliere della Corte costituzionale Alberto Heimler, Scuola Nazionale dell’Amministrazione

Pierluigi Parcu, European University Institute Alberto Pera, Gianni & Origoni

Mario Siragusa, Cleary Gottlieb Steen & Hamilton LLP e SIPoTra

Discussione

(°) L’ordine di successione degli interventi potrà subire adattamenti

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News

Il ministro delle Infrastrutture e della Mobili- tà Sostenibili, Enrico Giovannini, ha trasmes- so al Consiglio dei Ministri l’informativa sulle azioni necessarie per avviare la realizzazione di uno studio di fattibilità tecnico-economica per la realizzazione di un sistema di attraver- samento stabile dello Stretto di Messina. Il comunicato del MIMS sottolinea che “lo stu- dio dovrà prendere in esame la soluzione pro- gettuale del ‘ponte aereo a più campate’, in relazione ai molteplici profili evidenziati nella relazione presentata il 30 aprile 2021 dall’ap- posito Gruppo

di Lavoro”, an- che se questa ipotesi dovrà essere messa a confronto con quella “a cam- pata unica” e con la cosid- detta “opzione zero”.

La società RFI p r o v v e d e r à a l l ’ a c q u i s i - zione del do-

cumento di fattibilità tecnico-economica, in quanto “capace di garantire la più appropriata continuità e interconnessione dell’intervento con quelli ferroviari progettati nei territori ca- labresi e siciliani. Il MIMS tiene anche a sot- tolineare di aver avviato – destinando a tale scopo 510 milioni di euro – il potenziamento dell’attraversamento dinamico dello Stret- to di Messina, che consentirà di migliorare e velocizzare le operazioni di attraversamento dei mezzi sia ferroviari che stradali, con ope- re che favoriranno anche la transizione eco- logica della mobilità marittima e la riduzione dell’inquinamento.

Nella Relazione del Gruppo di Lavoro (“La va- lutazione di soluzioni alternative per il siste- ma di attraversamento stabile dello Stretto di Messina”, un volume di 158 pagine pubblica- to dal MIMS a cura della Struttura tecnica di missione per l’indirizzo strategico, lo sviluppo delle infrastrutture) e l’alta sorveglianza, che costituisce un volume di 158 pagine), vengo- no anche analizzate le alternative di attraver- samento dello Stretto, una volta realizzate le opere di collegamento dinamico (pagine 134-135). Sulla tratta Messina Centro – Villa San Giovanni Centro, nello

“Scenario di non interven- to” (ma con collegamento dinamico), il costo viaggio ( E u r o / p a s s ) viene indicato in 5 euro, con un tempo mi- nimo di viag- gio pari a 58 minuti. Mes- so a confronto con lo scenario di progetto con collegamento stabile, per il ponte ad una campata viene indicata una differenza di tem- po-viaggio di – 39 minuti, di – 40 per il ponte a più campate, e vengono considerate anche le prospettive del tunnel sub-alveo e tunnel alveo (rispettivamente – 38’ e – 44’). Analo- ghi esempi di confronto vengono forniti per i tempi di viaggio sulla tratta Messina Centro – Reggio Calabria Centro, e le tratte Messina FS – Villa San Giovanni FS e Messina FS – Reggio Calabria FS.

Nell’informativa del MIMS, si sottolinea che - in estrema sintesi - l’esito dei lavori del Grup-

Ponte sullo Stretto: l'informativa del MIMS e l'incarico a RFI

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po di lavoro ha fatto emergere che: sussistono profonde motivazioni per realizzare un siste- ma di attraversamento stabile dello Stretto di Messina, anche in presenza del previsto potenziamento e riqualificazione dei collega- menti marittimi; la valutazione dell’utilità di un sistema di attraversamento stabile dello Stretto di Messina andrà definita al termine di un processo decisionale che preveda inizial- mente la redazione di un progetto di fattibili- tà al fine di confrontare le diverse alternative, il quale dovrà tenere conto anche dei miglio- ramenti dell’attraversamento dinamico previ- sti dal PNRR; è utile sviluppare la prima fase del progetto di fattibilità, limitando il con- fronto ai due

sistemi di at- traversamento con ponte a campata unica e ponte a più campate.

Più nello spe- cifico, il Grup- po di lavoro si è espresso – con specifi- co riguardo al profilo delle

alternative progettuali e tecnologiche da ap- profondire nel progetto di fattibilità – conclu- dendo nel senso “di sconsigliare le soluzioni dei tunnel subalveo e in alveo soprattutto per l’elevato rischio sismico ad esse collegato e per la mole di indagini geologiche, geotecniche e fluidodinamiche necessarie per verificarne la fattibilità tecnica, ma anche per l’eccessiva lunghezza necessaria per il tunnel subalveo e la presumibile durata degli approfondimenti 3 necessari per la nuova soluzione del tunnel in alveo, per la quale mancano riferimenti ed esperienze”, ed ha ritenuto “che la soluzione aerea a più campate sia potenzialmente più conveniente di quella a campata unica”.

In relazione alla programmazione di ulteriori

iniziative indirizzate a migliorare l’attraversa- mento dinamico dello Stretto, sono previste le seguenti iniziative: a) riqualificazione del naviglio per trasbordo ferroviario: 2 nuove navi (già previste tra il 2021 e 2025), la ibridiz- zazione di tutta la flotta con tecnologia cold ironing di ultima generazione e infrastrutture a terra; b) rinnovo del materiale rotabile fer- roviario: 12 nuovi treni accoppiabili in confi- gurazione multipla ed inserimento batterie su 16 loco E464 per velocizzazione manovre cari- co/scarico treni ed eliminazione trazione die- sel; c) riqualificazione del naviglio veloce pas- seggeri: acquisto di 3 mezzi navali di nuova generazione con la Propulsione NLG/Elettrica e rinnovo del- le flotte navali private adibite all’attraversa- mento dello Stretto; d) ri- qualificazione delle stazioni ferroviarie RFI di Messina, Reggio Cala- bria e Villa S.

Giovanni: in- terventi per il miglioramento dell’accessibilità (nuovi ascensori, creazione di spazi di accoglienza e attesa, percorsi di transito per la connessio- ne tra le banchine ferroviarie e gli imbarchi delle navi) e riqualificazione delle stazioni dello Stretto in una logica di Hub dell’inter- modalità ferro-nave; e) potenziamento e ri- qualificazione degli approdi e delle stazioni marittime, al fine di aumentarne la capacità, anche per meglio rispondere ai fenomeni di picco/punta stagionali attraverso la realizza- zione di un terzo scivolo presso l’approdo di MessinaTremestieri, la riorganizzazione degli ormeggi e della stazione marittima, e l’inte- grazione della stazione RFI nel Porto di Mes- sina, oltre alla realizzazione di nuovi ormeggi

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e della stazione marittima nel Porto di Villa San Giovanni; f) transizione energetica della mobilità marittima tramite la realizzazione di un deposito costiero di GNL con capacità di circa 10.000 metri cubi, l’elettrificazione delle banchine per circa 2.500 metri lineari nei por- ti di Messina, Milazzo, Reggio Calabria e Villa San Giovanni, la realizzazione di un impianto di microliquefazione GNL e BioGNL in Sicilia da 50 mila tonnellate annue; g) miglioramen- to dell’accessibilità̀ stradale ai porti tramite:

o la realizzazione dell’infrastruttura “smart road” Autostrada A2 del Mediterraneo fina- lizzata all’aumento della sicurezza stradale e

alla gestione e razionalizzazione dei flussi di traffico; o la realizzazione di un’area at- trezzata “polmone” per la sosta lunga dei veicoli, di attesa e accumulo, confortevole e interconnessa con la “smart road” al fine di decongestionare il traffico diretto verso gli imbarchi, evitando la formazione di code nel centro cittadino; o la realizzazione di una “green island” posta nell’area dismes- sa della vecchia stazione di servizio lungo la rampa dello svincolo per Villa San Giovanni, interconnessa con l’area “polmone”, ove si potranno ricaricare i veicoli elettrici e verrà prodotta energia da fonti rinnovabili.

Per la realizzazione del documento di fattibi- lità-economica delle alternative progettuali è prevista la disponibilità di risorse nella Legge di Bilancio 2021 pari a 50 milioni di euro.

AD

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12-14 OTTOBRE 2022

A RHO – FIERA MILANO

con la collaborazione di

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12-14 OTTOBRE 2022

A RHO – FIERA MILANO

con la collaborazione di

La carnevalata Atac sta per diventare di rito meneghino/ambrosiano. Iniziò tutto nel 1994 con Mortillaro seguirono Vaciago, Niccolai, Di Carlo, Cavalieri, Allegra, Calamante, Ga- buti, Cassano, Bertucci, Legnani, Basile, Car- bonetti, Tosti, Diacetti, Broggi, Brandolesi, Rettighieri, Fantasia, Rota, Simioni, Mottura, Giampaoletti.

Nei diversi ruoli di Amministratori Delegati, Presidenti o Direttori generali non sono tutti citati e non tutti sono uguali.

Non tutti hanno fatto male. Alcuni hanno fat- to il peggio del peggio logorando e azzerando i risultati positivi raggiunti dai predecessori.

La ricerca ricorrente del “papa straniero” o estraneo al mondo dei trasporti trova origine in un motivo che alimenta un pregiudizio co- mune a tutti gli schieramenti. Il motivo sta nel pensare che non ci sono forze e risorse inter- ne all’Azienda e/o al contesto romano capaci di risanare l’Atac, ma attenzione un risana- mento dell’Atac così com’è, senza disturbare o rompere assetti, patti e accordi di prepotere.

Il ceto politico sembra riconoscere, con conti- nuità e negli anni, senza mai dichiararlo, che a Roma i manager sono solo uomini di relazioni, profilazione diretta dei partiti e che ai tecnici, rebus sic stantibus, si può chiedere fedeltà e obbedienza.

Si pensa che scegliere altrove i vertici dia tono e schermi le proprie responsabilità, perché si continua a pensare all’Atac più come bacino elettorale (12.000 dipendenti) piuttosto che ai milioni di cittadini-utenti romani.

Nei trasporti, molti fatti ed esperienze, han- no dimostrato che la cosiddetta managerialità interscambiabile e generalista non funziona.

Lo prova una corona di fallimenti come quan- do furono riciclati in importanti aziende dei trasporti venditori di pc, di auto, di ciclomo- tori o di mutande .

Il rito meneghino/ambrosiano porterà a Roma un tecnico capace e un manager descritto come “risanatore”.

Il Cotral lo ha risanato la Giunta Zingaretti, garantendo un flusso di euro rilevante, tem- pestivo e adeguato alle esigenze dell’Azienda Cotral, risorse tutte provenienti dal Fondo Na- zionale Trasporti, mentre per Atac si doveva trattare ripetutamente sulle singole annualità e su ogni importo (c’è una copiosa corrispon- denza in merito e a comprova) e i trasferi- menti ad Atac provenivano in gran parte dalla fiscalità generale, oltre alle diverse quantità di trasferimenti, la differente provenienza in- cideva nella gestione sulla programmazione operativa e sul processo di risanamento di Atac come attuazione del Piano Industriale.

Mutuando un motto si può dire che “è facile fare il manager con i soldi degli altri” che è modalità simile a quella dei manager che in aziende sotto il controllo del MEF dichiarava- no di fare “profitti” comportandosi come “pri- vati” con inesauribili flussi di soldi pubblici.

Facile sostenere che: “l’Atac ha perso il pro- prio know-how”, certo non lo ritroverà solo con il rito meneghino/ambrosiano.

Quello che penso sull’argomento, si perdoni l’autocitazione, è scritto da pag. 46 del libro:

“La maledizione di Atachamon” del 2018, nei

News

Il carnevale di Atac

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tre anni passati le condizioni non sono cam- biate, anzi si sono aggravate per questo è uti- le precisare.

Ferruccio Parri, in una bellissima intervista alla TV in bianco e nero di tanti anni fa, ripre- sa recentemente da Rai Storia, disse con gen- tilezza e misura di aver compreso l’inefficien- za dell’amministrazione quando scopri che le decisioni assunte dal Governo da lui presie- duto, arrivavano all’ultima stanza del piano distante trenta metri dopo mesi. I tempi di at- traversamento delle istruttorie per capitolati e altri atti, in Atac sono molto superiori ai tre mesi, (la rilevazione del 2015 li valutava da 3 a 7 mesi) e questa situazione come l’attuale struttura organizzativa sono del tutto incom- patibili con un’azienda di servizi di trasporto che voglia essere efficiente e moderna.

Nel 2012 nel rapporto presentato dal Gover- no al DPS Dipartimento per la Coesione Eco- nomica si leggeva: “il dato che emerge con maggiore evidenza è l’eccessiva lunghezza del cosiddetto “tempo di attraversamento”, cioè del tempo necessario per passare da una fase procedurale alla successiva………

Questi passaggi procedurali incidono in media per il 42% del tempo”. La prima e più impor- tante decisione da assumere per Atac è quella di procedere ad una profonda riorganizzazione con la divisionalizzazione dell’Azienda, costi- tuendo due Divisioni: la Divisione Superficie e la Divisione Metrotranviaria. Due Divisioni con competenze e deleghe da vere Società e una Corporate leggera con funzioni e staff La centralizzazione dell’Atac è stata esaspera- ta fino alla patologia dagli ultimi processi di fusione, dopo l’incredibile tira e molla di scel- te e ripensamenti che ha coinvolto le Aziende della mobilità di Roma e del Lazio dal 1976 al 2010. Per la divisionalizzazione è neces- sario trasferire alle Divisioni: la catena degli acquisti , la gestione del personale, il presi- dio legale, la responsabilità degli introiti da mercato, le reti di vendita, la controlleria, il controllo della qualità erogata, una specifica

struttura di Amministrazione e un Controller gerarchicamente rispondente alla Divisione e funzionalmente alla Corporate, le struttu- re ambiente e sicurezza oltre alla ricerca, alla manutenzione e all’ingegneria dei mezzi e delle infrastrutture.

La scelta della divisionalizzazione, nel caso di Atac risulta indispensabile e urgente proprio per le dimensioni che l’Azienda ha raggiunto a seguito della governance e riorganizzazione del 2010.

Le due Divisioni, Superficie e Metrotranviaria, devono essere costruite come centri di profit- to capaci di definire strategie divisionali, per questo nelle Divisioni devono ritrovarsi tutti fattori diretti e indiretti connessi alla gestione del servizio. La divisionalizzazione è un pro- cesso che può essere realizzato senza incre- mento dei costi anzi come premessa per la loro riduzione.

La divisionalizzazione rende tracciabili e pre- cise le responsabilità sul servizio offerto nelle tre fasi: pre-viaggio, viaggio e post-viaggio, in questo modo la divisionalizzazione fa saltare le pratiche di “mimetismo organizzativo” pre- senti non solo in Atac.

Dovranno essere definiti criteri e procedure di ribaltamento dei costi comuni e indiretti per non sussidiare più costi inutili o non assogget- tati a coerenti azioni di efficientamento.

I prezzi di trasferimento fondanti la divisiona- lizzazione dovranno stimolare le Strutture e le Divisioni a comportamenti virtuosi e respon- sabilizzeranno in modo diretto e trasparente, perché ci si troverà di fronte ad una catena di comando molto ridotta e a tempi velocizzati di reazione alle inefficienze e alle criticità.

La divisionalizzazione dovrà rappresentare una grande operazione di trasparenza, effi- cienza e modernizzazione.

Tutto quanto esposto fu oggetto di confronto, di presentazioni, di documenti, di discussio- ni e interviste a dirigenti e quadri quando nel 2015, per la prima volta, si tentò di organiz- zare un processo condiviso per la divisiona-

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lizzazione di Atac, il tentativo fu contrastato e insabbiato dal combinato disposto di una, non inedita, santa alleanza tra macro e micro poteri presenti nell’Azienda e fuori e dall’af- fossamento notarile dell’amministrazione co- munale del tempo.

L’Atac rimase l’Associazione Teologica Amici di Cristo come la chiamava Carlo Verdone.

Al 2015 su un totale di 198,5 milioni di euro di costi operativi erano destinati alle Divisioni di line, Superficie 46,80 milioni/€, Metroferro 69,81 milioni/€, Servizi Mobilità 2,94 milio- ni/€, Corporate 79 milioni di euro.

Corporate 40%, Divisioni operative 60% que- sta è la fotografia di un’Azienda non mirata e vocata al servizio alla produzione alla manu- tenzione. Cambiare la struttura, incidere pro- fondamente, mettere in conto lo scontro con i caciccati incistati nel corpo dell’Azienda, que- sto è quello che non c’è stato con l’ultima am- ministrazione e che ancora non si vede come disegno strategico di prospettiva.

Se si voleva importare il rito meneghino/

ambrosiano, si doveva partire dal copiare le struttura organizzativa dell’ATM di Milano, sa- rebbe stato più utile.

Quello che colpisce è che mentre si deve af- frontare una crisi aziendale gravissima che negli aspetti industriali e operativi non è stata risolta dal concordato e per la quale ancora non si può escludere che possa avere esiti di totale irreversibilità, si evoca il 2004, come se quella fosse stata l’età dell’oro per la mobilità, non interrogandosi criticamente e autocriti- camente come e perchè proprio in quegli anni aveva origine la crisi manutentiva, l’accumulo del debito manutentivo, l’abbattimento della produttività, l’esplosione dello straordinario come struttura del lavoro; si rileggano gli ac- cordi sindacali fino al 2004, poi si legga l’ac- cordo del 17 luglio 2015 e dalla lettura com- parata ciascuno tragga le proprie valutazioni.

Il mondo è cambiato, nel TPL sono cambiate tante di quelle cose da aver costretto a com- missariare l’aggiornamento del D.lgv 422 del

19 novembre 1997, la stessa crisi dell’Atac è cambiata nei fondamentali e nella natura che prevale, quello che non serve è trasformare il passato in epopea, quello che è indispensabi- le è affrontare il futuro con scelte coraggiose . L’idea che l’ATM dovesse “supportare” (ma si doveva leggere insegnare), ad Atac come si or- ganizza il servizio e la manutenzione delle me- tropolitante era già nata dalla fervida fantasia del Mit e della Struttura tecnica di missione, il gruppo di lavoro conseguentemente costi- tuito con determine del gennaio 2020 non ha prodotto nulla e ha rappresentato l’ennesimo tentativo anguillesco di mettersi al riparo del- le responsabilità senza affrontare il problema.

In Atac ci sono valide professionalità tra i diri- genti, tra i quadri e tra i lavoratori, poi ci sono sacche di potere pansindacale in alcune quali- fiche ma le Giunte e i Commissari del passato hanno scelto di non incidere

L’Atac non ha perso solo il “know-how”, ha perso ad ogni livello la motivazione, il senso di appartenenza, l’etica del lavoro, i migliori e gli onesti si sono rassegnati sono ripiegati perché ne hanno viste troppe e troppi.

Si deve tornare a motivare con l’esempio, si devono incoraggiare i portatori di cambia- mento, serve una grande operazione di va- lorizzazione del merito e delle competenze, perché l’Atac si salva e si cambia con Atac, aprendo con orgoglio una stagione dei doveri della quale devono essere convinti e protago- nisti innanzitutto i lavoratori. Serve un nuovo patto costitutivo dell’Azienda.

Nel 1968 Caterina Caselli cantava Il Carneva- le: “ Il ballo in maschera finisce qui………Il car- nevale finisce male e questa maschera ormai non serve più…”.

Per la crisi di Atac la maschera di Meneghi- no non basterà, non basteranno Goldrake e Mazzinga e senza scelte coraggiose e radicali è forte il rischio che davvero finisca male.

Enrico Sciarra

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Il Piano Strategico 2021-2025 del Gruppo ATM di Milano – dopo l’approvazione da parte del Consiglio di Amministrazione - è stato pre- sentato alla Commissione Consiliare Congiun- ta Controllo Enti Partecipati – Mobilità Am- biente Verde e Animali, dal Presidente Gioia Ghezzi e dal Direttore generale Arrigo Giana.

Il Piano Strategico 2021-2025 definisce le strategie dell’azienda di trasporti milanese per affrontare il futuro post pandemico con nuovi modelli di business che puntano sull’e- spansione del perimetro di attività e su servizi innovativi.

Nel quadro profondamen- te mutato per effetto della pandemia, che ha stravolto il sistema della mobilità urba- na, ATM inten- de rilanciare il trasporto pub- blico metten- do al centro

della sua azione la sostenibilità, l’innovazione e la valorizzazione delle persone.

La nuova mission di ATM è di essere un’ec- cellenza riconosciuta a livello nazionale e in- ternazionale per la gestione sostenibile della mobilità integrata, attraverso un servizio ca- ratterizzato dalla centralità del consumatore, tecnologicamente avanzato, efficiente e resi- liente; di promuovere la valorizzazione delle proprie persone e degli asset attraverso lo sviluppo di nuove competenze e l’attrazione e crescita di talenti promuovendo una cultura aperta alla diversità e all’inclusione; di diven- tare un promotore del cambiamento e del ri- lancio di Milano, della sua evoluzione in una

città più vivibile, sostenibile, sicura e smart.

Le direttrici strategiche, che rispondono alla sfida del contesto che si è creato a livello nazionale e internazionale, seguono le linee strategiche: della efficienza operativa (con gli obiettivi di ridurre il costo di esercizio attra- verso la tecnologia, e ottimizzare i costi ope- rativi, anche attraverso introduzione di meto- dologie di lavoro agile); della espansione del business (integrando più modi di mobilità;

fornendo nuovi servizi sfruttando competen- ze e asset; partecipando a gare in Italia e all’e- stero); e della sostenibilità (per essere leader

della transizio- ne energetica della mobilità, massimizzando l’attenzione ai bisogni della cittadinanza e valorizzando i talenti dell’a- zienda).

Per l’obiettivo di realizzare la Smart Mobility per Milano, al centro del nuovo piano vi è lo sviluppo della mobilità integrata per la città metropolitana, attraverso la realizzazione di una piattaforma multi-servizi e lo sviluppo quindi di una App completa per offrire la pos- sibilità di acquistare e utilizzare più servizi di mobilità in un’unica soluzione: servizio di tra- sporto pubblico, servizi di trasporto condiviso (biciclette, scooter, monopattini, auto), ge- stione sosta e parcheggi, etc.

Un’altra leva fondamentale punta ad ampliare e diversificare l’offerta, valorizzando il know how acquisito. ATM creerà un’unità di busi- ness focalizzata nella vendita di servizi che oggi rappresentano le principali competenze

News

Il piano strategico 2021-2025 del gruppo ATM Milano

Piano strategico Gruppo ATM

COMMISSIONE CONSILIARE CONGIUNTA

CONTROLLO ENTI PARTECIPATI – MOBILITA’, AMBIENTE, VERDE E ANIMALI 18 gennaio 2022

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dell’azienda: ingegneria, progettazione e ma- nutenzione delle infrastrutture e dei mezzi di trasporto tranviari e metropolitani.

Un obiettivo sarà estendere i confini geogra- fici attraverso la partecipazione a gare nazio- nali e internazionali, anche ricorrendo alla partnership con altri player: il programma prevede la partecipazione a circa 10 gare na- zionali (con l’ipotesi di vincerne almeno una nell’arco di piano),e a circa 10 gare all’este- ro (con ipotesi di vincere 2 gare nell’arco di piano, grazie anche alle sinergie con grandi player internazionali).

La realizzazione del Piano Strategico passa anche per una razionalizzazione dei proces- si operativi per un maggiore efficientamento

dei costi mirata in particolare ai processi d’acquisto. Il docu- mento conferma le linee guida della sostenibilità ambientale, che prevede – tra le priorità – la transizione verso una flotta a impatto zero nel 2030: i mez- zi elettrici, o alimentati a idro- geno, saranno gestiti anche con nuovi depositi, riconvertiti o realizzati ad hoc. Grazie al passaggio al Full Electric, Atm abbatterà l’emissione di ani- dride carbonica nell’aria di 74mila tonnellate all’anno.

In termini di valorizzazione delle risorse uma- ne e delle professionalità del Gruppo Atm, il piano 2021-2025 mira allo sviluppo di nuove competenze e all’attrazione e alla crescita di talenti. In particolare, con la promozione di una cultura aperta alla diversità e all’inclusio- ne, con il preciso scopo di migliorare il gender balance, incrementando così progressivamen- te la presenza di genere femminile in un set- tore che per molto tempo ha avuto una con- notazione prettamente maschile.

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Principali indicatori economico-finanziari – Perimetro ATM consolidato

982 962 990

956 1.149 1.377

Ricavi

EBITDA

13%

120 113 64

54 92 184

EBIT

6%

-36

25 6

-44

0 83 7%

11%

-5%

1%

Principali indicatori economici, €M

12% 5% 8%

3% -4% 0%

+415

+127 +120 Delta 20-25, €M

Media 2017-19 2019 2020 2021 2022 2025

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Analisi indipendenti per i progetti infrastrutturali: le analogie con la regolazione economica, di Marco Ponti BRT onlus

Controcorrente

La questione della regolazione indipendente nasce, come è noto, negli Stati Uniti alla fine dell’800 (lo Sherman Act è del 1890), in un contesto di acce- lerata concentrazione del potere economico, che metteva in luce come la “mano invisibile” della concorrenza non fosse affatto un meccanismo au- tomatico e garantito.

L’indipendenza postulata per i regolatori assume- va, implicitamente quanto però necessariamente, la “catturabilità” dei decisori politici da parte di for- ze contrarie alla concorrenza, e in senso più lato, all’interesse pubblico. Il problema come è natura- le perdura (si veda i recenti casi di Amazon e delle concessioni balneari e autostradali), e ovunque ha riguardato anche situazioni di monopolio nella sfe- ra pubblica.

Quindi, il “primato della politica” non sembra affat- to poter essere assunto sempre come benefico per la collettività. Spesso concerne obiettivi non esplici- tabili (“hidden agendas”), che nei casi più frequenti, e meno gravi, consistono nella ricerca del consenso elettorale di breve periodo.

La spesa per infrastrutture sembra rispondere per- fettamente a queste “hidden agendas”: l’inaugura- zione di opere di dubbia utilità o di costi esorbitanti è divenuta addirittura un’icona corrente di questa

“costruzione di consenso”.

Si consideri per esempio il caso della posizione del Movimento 5 Stelle: a marzo del 2019 ci fu un ra- dicale quanto improvviso cambiamento di atteggia- mento verso le grandi opere nei trasporti.

Da una (almeno dichiarata) volontà di solide valu- tazioni economiche, ad un incondizionato appog- gio a qualsiasi investimento (con l’eccezione di una sola opera simbolica, la TAV, divenuta nel frattempo economicamente poco rilevante per l’erario grazie, ai finanziamenti europei).

L’ipotesi che fossero sorti dei problemi di consenso sembra non infondata.

E i ministri di diverso colore politico che avevano

preceduto quello 5 Stelle, nei confronti delle valu- tazioni avevano avuto atteggiamenti del tutto ana- loghi. In particolare il ministro Delrio (PD) aveva ad- dirittura promulgato una normativa vincolante per le analisi economiche dei progetti infrastrutturali (le “linee guida”, ancora vigenti), per poi smentirla, dichiarando “strategiche” (cioè a priori non valu- tabili, una sorta di ossimoro) opere per 132MD€, praticamente tutte le maggiori immaginabili per il Paese.

Ma il conflitto di interessi nelle valutazioni è ancora più facilmente individuabile nelle aziende chiamate a realizzare e gestire le infrastrutture, in particola- re nelle Ferrovie dello Stato, per le quali si tratta di trasferimenti integrali di risorse, senza che sia richiesta loro alcuna contropartita, neppure di ren- dicontazione, per non parlare di risultati economici o finanziari. FSI generalmente è chiamata ad analiz- zare investimenti che la riguardano: appare eviden- te l’improbabilità di responsi negativi.

E che il conflitto di interessi nelle valutazioni non sia comunque considerato tema di alcun rilievo emerge dal fatto che importanti analisi siano sta- te demandate addirittura ai costruttori privati delle infrastrutture, con degli ovvi esiti di un ottimismo imbarazzante (es. il terzo valico ferroviario tra Mi- lano e Genova).

Per le autostrade, non risultano nemmeno che si- ano mai state fatte vere analisi del tipo costi-bene- fici.

Il fenomeno sembra ripetersi ora a scala mol- to maggiore per le infrastrutture di trasporto del PNRR (prevalentemente ferroviarie), come è stato anche illustrato su Domani.

Anche in questo caso, nessuna valutazione specifi- ca delle opere, nemmeno di traffico o ambientale, è stata proposta.

Nessuna parte politica solleva ipotesi di “cattura- bilità” del decisore da parte di interessi diversi da quello pubblico (siano questi elettorali o industria-

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li). In estrema sintesi: mentre la necessità che il re- golatore sia indipendente è un’assunzione consoli- data, per le infrastrutture sembra oggi venir meno anche quel minimo di terzietà garantita da analisi non indipendenti ma di qualità adeguata, rese poi pubbliche al fine un dibattito politico informato su spese cosi ingenti.

Tale indipendenza per altro è stata in alcuni casi oggetto di politiche specifiche per le scelte di inve- stimento nei trasporti. Qui si può citare il caso del piano nazionale inglese (“Piano Eddington”. 2006), basato su estese analisi costi-benefici, cui il gover- no affiancò un gruppo di esperti indipendenti con il compito specifico di sindacare gli esiti del piano.

E’ anche citabile, più recentemente, un documen- to ufficiale europeo molto critico sulle valutazioni delle infrastrutture, redatto dalla Corte di conti eu- ropea (European Court of Auditors “EU Transport Infrastructure”, 2020) che, analizzando quelle sulla base delle quali sono stati decisi gli investimenti in- frastrutturali, ne critica la scarsa qualità, e fa inten- dere una impossibilità politica che tali analisi diano responsi negativi.

Ma l’esempio internazionale positivo più conso- lidato è certamente quello della Banca Mondiale, da sempre istituzione molto attenta ai conflitti di interesse.

Le valutazioni sono messe in gara, con metodolo- gie standardizzate del tipo costi-benefici sociali in modo da garantirne l’omogeneità, e con una serie di “clausole di prudenza” dei rapporti tra vincitori e costruttori (per esempio, vincoli anche intertempo-

rali di non cointeressenza), ed anche tra vincitori ed attori politici. Le analisi sono poi oggetto di accura- to scrutinio da parte della Banca stessa.

E’ ovvio che l’indipendenza totale delle valutazio- ni non è ottenibile, rimanendo necessariamente i valutatori chiamati e compensati dai decisori poli- tici. Tuttavia alcune “buone pratiche” internazionali sembrano possibili, e ragionevolmente realizzabili.

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