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(Delibera 17 Luglio 2019)

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1 Fruizione del congedo obbligatorio di paternità (Delibera 17 Luglio 2019)

OMISSIS

- Vista l’istanza in data 28 gennaio 2019 pervenuta in data ……..con la quale il dott……., giudice del Tribunale di ………, chiede di usufruire del congedo obbligatorio di paternità di 5 giorni (come introdotto dall’1, comma 278, Legge di Bilancio per il 2019) dal 28 gennaio 2019 al 2 febbraio 2019 per la nascita della figlia nata il 25 gennaio 2019;

- letto il parere redatto al riguardo dall’Ufficio Studi e Documentazione n. 158/2019 dell’1/07/2019, che di seguito si riporta:

“La richiesta.

La Quarta Commissione, nella seduta del 1° aprile 2019, ha deliberato di richiedere all’Ufficio Studi un parere in ordine all’istanza del dott. ………..per la fruizione del congedo obbligatorio di paternità di 5 giorni, come modificato dalla legge di Bilancio per l’anno 2019.

I - Osservazioni dell’Ufficio Studi.

Per rispondere al quesito, appare opportuno preliminarmente rammentare che l’art. 4, comma 24, lett. a) della L. n. 92/2012 ha, tra l’altro, introdotto nell’ordinamento giuridico l’istituto del congedo obbligatorio di paternità prevedendo che, in via sperimentale, per gli anni 2012-2015,

“il padre lavoratore dipendente, entro cinque mesi dalla nascita del figlio, ha l’obbligo di astenersi dal lavoro per un periodo di un giorno”.

L’art. 1, comma 205, della legge n. 208/2015 ha poi aumentato da uno a tre giorni detto periodo di congedo obbligatorio e ne ha esteso l’operatività, sempre in via sperimentale, anche all’anno 2016.

La legge n. 232/2016, all’art. 1, comma 354, ha poi previsto che “L’applicazione delle disposizioni concernenti il congedo obbligatorio per il padre lavoratore dipendente, da fruire entro i cinque mesi dalla nascita del figlio, introdotte in via sperimentale per gli anni 2013, 2014 e 2015 dall’art. 4, comma 24, lett. a) della L. n. 92/2012, nonché, per l’anno 2016, dall’articolo 1, comma 205, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, è prorogata anche per gli anni 2017 e 2018. La durata del congedo obbligatorio per il padre lavoratore dipendente è aumentata a due giorni per l’anno 2017 e a quattro giorni per l’anno 2018, che possono essere goduti anche in via non continuativa”.

Con riferimento all’ambito applicativo dell’istituto, l’art. 4, comma 24, lett. a) della legge n.

92/2012 si limita a fare generico riferimento alla categoria del “padre lavoratore dipendente”.

Il comma 7 dell’art. 1 della stessa legge stabilisce, poi, che le sue disposizioni “per quanto da esse non espressamente previsto, costituiscono principi e criteri per la regolazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, in coerenza con quanto disposto dall'articolo 2, comma 21, del medesimo decreto legislativo. Restano ferme le previsioni di cui

1 D.Lgs. n. 165/2001, art. 2, comma 2: I rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa, fatte salve le diverse disposizioni a carattere imperativo. Eventuali disposizioni di legge, regolamento o statuto, che introducano ((o che abbiano introdotto)) discipline dei rapporti di lavoro la cui applicabilità sia limitata ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche, o a categorie di essi, possono essere derogate ((nelle materie affidate alla contrattazione collettiva ai sensi dell’articolo 40, comma 1, e nel rispetto dei principi stabiliti dal presente decreto,)) da successivi contratti o accordi collettivi ((nazionali)) e, per la parte derogata, non sono ulteriormente applicabili ((…)).

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2 all'articolo 3 del medesimo decreto legislativo”.

Il successivo comma 8 specifica, infine, che “Al fine dell'applicazione del comma 7 il Ministro per la Pubblica Amministrazione e la semplificazione, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei dipendenti delle Amministrazioni pubbliche, individua e definisce, anche mediante iniziative normative, gli ambiti, le modalità e i tempi di armonizzazione della disciplina relativa ai dipendenti delle Amministrazioni Pubbliche”.

Dalle norme sopra riportate sembra quindi potersi desumere che: il congedo obbligatorio di paternità si applica, all’entrata in vigore della norma, ai soli padri lavoratori dipendenti del settore privato; le disposizioni della legge n. 92/2012 - e dunque anche quelle introdotte dall’art. 4, comma 24, lett. a) -, rappresentano però anche dei principi e criteri per la regolazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165; per la concreta applicazione di detti principi e criteri ai dipendenti pubblici occorrerà, tuttavia, seguire la procedura individuata dal comma 8 citato ed attendere i provvedimenti assunti dal Ministro per la Pubblica Amministrazione e la semplificazione volti ad individuare e definire “gli ambiti, le modalità e i tempi di armonizzazione della disciplina relativa ai dipendenti delle Amministrazioni”.

Dato l’impianto normativo sopra riportato e al fine di verificare l’applicabilità ai magistati ordinari dell’istituto di cui si discute, occorre preliminarmente accennare alla riconducibilità dei magistrati ordinari nell’ambito della categoria dei lavoratori dipendenti delle Pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2 del D.Lgs. n. 165/20012.

In merito si deve rammentare che quest’Ufficio si è già espresso in passato in senso negativo3, contrariamente all’orientamento di una parte della dottrina4 e della giurisprudenza5, sulla base dell’assunto che il legislatore ha espressamente ricondotto i magistrati ordinari nell’ambito dell’art. 3 del D.Lgs. n. 165/2001, tra il personale in regime di diritto pubblico che “In deroga all'articolo 2, commi 2 e 3, rimangono disciplinati dai rispettivi ordinamenti”6.

2 D.Lgs. n. 165/2001, art. 1, comma 2: Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. ((Fino alla revisione organica della disciplina di settore, le disposizioni di cui al presente decreto continuano ad applicarsi anche al CONI)).

3 Vedi, tra gli altri il parere n. 93/2008 in cui, con nota critica rispetto all’indirizzo seguito dal T.A.R. Lazio nella sentenza n. 1349/2008, si osserva che il personale della magistratura “non dipende dalla Pubblica Amministrazione ed ha una disciplina autonoma posta a presidio dei principi costituzionali dell’autonomia e dell’indipendenza dell’esercizio delle funzioni giurisdizionali”.

4 Cfr. Tursi, Categorie ed amministrazioni escluse dalla privatizzazione del rapporto di lavoro, in Carinci e D’Antona (a cura di), Il lavoro alle dipendenze delle Amministrazioni Pubbliche, Milano, 2000, p. 317 ss., ove si sostiene che l’art. 3 del D.Lgs. n. 165/2001 non assurge a criterio generale di esclusione dall’ambito di applicazione dell’intero decreto, dal momento che la deroga all’art. 2, commi 2 e 3, operata dalla norma sottrae il personale appartenente alle categorie indicate dalle sole disposizioni che disciplinano le fonti (privatizzate) del rapporto di lavoro e non anche dalle restanti norme del decreto che regolamentano altri aspetti del rapporto di lavoro. Secondo questa chiave di lettura, dunque, l’esclusione operata dall’art. 3, comma 1, riguarda le sole “fonti” di disciplina del rapporto di lavoro, e non la materia del rapporto di lavoro tout court, cosicché devono considerarsi applicabili anche alle categorie escluse le norme in materia di rapporto di impiego contenute nel D.Lgs. n. 165/2001, che non siano strutturalmente connesse con la privatizzazione della fonte di disciplina del rapporto.

5 Cfr., tra le altre, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 6\14 febbraio 2008, n. 1349, ove, riprendendosi considerazioni già svolte, in relazione all’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 29/93, dalla stessa Sezione (sentenze nn. 256/2003 e 57/2006) si assume che nel novero dei dipendenti di Amministrazioni Pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 debbano essere ricompresi “anche gli appartenenti all’Ordine giudiziario, siccome anch’essi titolari di un rapporto di pubblico impiego, per quanto - ovviamente - caratterizzato in modo peculiare”.

6 D.Lgs. n. 165/2001, Art. 3. Personale in regime di diritto pubblico (Art. 2, commi 4 e 5 del d.lgs. n. 29 del 1993, come sostituiti dall’art. 2 del d.lgs. n. 546 del 1993 e successivamente modificati dall’art. 2, comma 2 del d.lgs. n. 80 del 1998). 1. In deroga all’articolo 2, commi 2 e 3, rimangono disciplinati dai rispettivi ordinamenti: i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, gli avvocati e procuratori dello Stato, il personale militare e delle Forze di polizia di Stato, il personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia nonché i dipendenti degli enti che svolgono la loro

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Con specifico riferimento all’applicabilità dell’istituto del congedo obbligatorio di paternità ai magistrati ordinari, in un precedente parere (n. 63/2014), dopo avere ricostruito la normativa di settore ed avere esposto le ragioni della non riconducibilità dei magistrati ordinari tra i dipendenti delle pubbliche amministrazioni, si è osservato che: “Ove pure, infatti, si ritenga, in adesione alla prospettazione di parte della dottrina e della giurisprudenza amministrativa ed in contrasto con quanto, invece, in passato opinato dal C.S.M. e da questo Ufficio Studi, che la magistratura sia ricompresa nel novero del personale delle Amministrazioni Pubbliche elencate dall’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001, residua la necessità che l’estensione ai membri dell’Ordine giudiziario delle regole dettate per la generalità dei dipendenti pubblici operi attraverso il vaglio di compatibilità ex art. 276, comma 3, R.D. n. 12/1941.

In forza di tale disposizione, infatti, “ai magistrati dell’Ordine Giudiziario sono applicabili le disposizioni generali relative agli impiegati civili dello Stato, solo in quanto non siano contrarie al presente ordinamento ed ai relativi regolamenti”.

Presupposto per l’applicazione della norma ai magistrati è, dunque, che essa sia “relativa agli impiegati civili dello Stato”, ciò che, nel caso in esame, non può dirsi, giacché si è ancora in attesa della trasposizione al settore pubblico, secondo il meccanismo disegnato dal comma 1 dell’art. 8 della Legge n. 92/2012, di “principi e criteri” posti a fondamento dei precetti della legge Fornero e, tra essi, di quelli afferenti al congedo di paternità.

Né, sotto altro profilo, risulta che i medesimi “principi e criteri” siano stati, ad oggi, mutuati, a livello di normazione primaria o secondaria, da specifiche disposizioni di Ordinamento giudiziario.

L’Ufficio Studi concludeva pertanto nel senso dell’inapplicabilità ipso iure dell’istituto del congedo obbligatorio di paternità previsto dall’art. 4, comma 24, lettera a) della L. n. 92/2012 ai magistrati ordinari.

Analogamente, nel parere n. 125/2017, commentando le previsioni dell’articolo 1, comma 354 della legge 11 dicembre 2016, n. 232 ed osservando come le stesse diano luogo esclusivamente ad una estensione temporale, per gli anni 2017 e 2018, della disciplina del congedo di cui all’articolo 4, comma 24, lettera a), della legge n. 92 cit., si rinviava al ragionamento giuridico esposto nel già richiamato parere n. 63/2014, laddove si era concluso, come già anticipato, che la normativa relativa al congedo di paternità, alla luce del disposto dei commi 7 e 8 dell’articolo 1 della legge n. 92 del 2012, non è ex se applicabile ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.

165, sino all’approvazione di apposita disciplina che, su iniziativa del Ministro per la Pubblica Amministrazione, individui e definisca gli ambiti, le modalità ed i tempi di armonizzazione della disciplina relativa ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche.

Orbene, tanto premesso, è di recente intervenuta nella subiecta materia un’ulteriore disposizione normativa introdotta dalla legge n. 145/2018 (legge di bilancio 2019)7 che, all’art. 1, comma 278, ha infatti stabilito che: le disposizioni relative al congedo obbligatorio per i padri lavoratori dipendenti si applicano anche alle nascite e alle adozioni/affidamenti avvenute nell’anno solare 2019 (lett. a); la durata del congedo obbligatorio è aumentata, per l’anno 2019, a cinque giorni da fruire, anche in via non continuativa, entro i cinque mesi di vita o dall’ingresso in famiglia o in Italia (in caso di adozione/affidamento nazionale o internazionale) del minore (lett. b);

all’istituto si applica la disciplina di cui al decreto del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali 22 dicembre 2012, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 37 del 13 febbraio 2013, e che, per quanto riguarda le modalità di presentazione della domanda, si richiama quanto già precisato nella circolare n. 40 del 14 marzo 2013; è stata infine prorogata, per l’anno 2019, la possibilità per il padre lavoratore dipendente di fruire di un ulteriore giorno di congedo facoltativo, previo accordo con la madre e in sua sostituzione, in relazione al periodo di astensione obbligatoria spettante a quest’ultima (lett. c).

Il contenuto di dette norme è poi illustrato più specificamente nel messaggio n. 591 del

attività nelle materie contemplate dall’articolo 1 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 17 luglio 1974, n. 691, e dalle leggi 4 giugno 1985, n. 281, e successive modificazioni ed integrazioni, e 10 ottobre 1990, n. 287.

7 Legge n. 145/18, art. 1, comma 278: “Al comma 354 dell'articolo 1 della legge 11 dicembre 2016, n. 232, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al primo periodo, le parole: «è prorogata anche per gli anni 2017 e 2018» sono sostituite dalle seguenti: «è prorogata anche per gli anni 2017, 2018 e 2019»; b) al secondo periodo, le parole: «e a quattro giorni per l'anno 2018» sono sostituite dalle seguenti: « , a quattro giorni per l'anno 2018 e a cinque giorni per l'anno 2019»; c) al terzo periodo, le parole: «Per l'anno 2018» sono sostituite dalle seguenti: «Per gli anni 2018 e 2019»; d) al quarto periodo sono premesse le seguenti parole: «Per gli anni 2017 e 2018 »”.

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4 13.2.2019 dell’INPS, allegato al presente parere.

Nessuna disposizione normativa è stata però dettata relativamente all’ambito applicativo dell’istituto in parola, né l’INPS nel messaggio citato ha affrontato la questione.

Non risulta, inoltre, ancora adottata da parte del Ministero per la Pubblica Amministrazione la norma finalizzata a individuare e definire gli ambiti, le modalità e i tempi di armonizzazione della disciplina dettata dalla L. n. 92/2012 in tema di congedo di paternità, con quella disciplinante il rapporto di lavoro dei dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni.

Deve quindi ritenersi che nulla sia mutato nel quadro normativo di riferimento con riguardo all’ambito applicativo dell’istituto in parola e che siano, pertanto, ancora attuali e del tutto condivisibili i ragionamenti giuridici svolti nei citati pareri di quest’Ufficio ai quali conseguentemente si rinvia”

Tanto premesso,

delibera

- il rigetto dell’istanza formulata dal dott. ..., poiché, alla luce delle considerazioni svolte, l’istituto dell’astensione dal lavoro ai sensi dell’art. 4, comma 24, lett. a) della legge 28 giugno 2012, n. 92 (c.d. “congedo di paternità”), anche all’esito dell’intervento normativo di cui all’art. 1, comma 278 della L. n. 145/2018, non è ipso iure applicabile ai magistrati ordinari.

OMISSIS

L'Ufficio ove presta servizio il magistrato in questione, provvederà, con le formalità di rito e nel rispetto della privacy, alla comunicazione del provvedimento all'interessato.

F.to IL PRESIDENTE DELLA SEDUTA F.to IL MAGISTRATO SEGRETARIO

DELLA SEDUTA "

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