Prospettiva Betlemme
2 Editoriale
3 Approfondimenti 4 Tema
6 Intervista 7 In breve
N. 55, novembre 2020
2 Editoriale
«Prospettiva Betlemme» è la rivista di Aiuto Bambini Betlemme destinato a sostenitori e donatori (4 × l’anno). Il contributo annuale per l’abbona- mento è di 5 franchi ed è incluso nella quota sostenitori. / Editore: Aiuto Bambini Betlemme, Lucerna / Responsabili: Livia Leykauf, Sybille Oetliker / Foto: Copertina, pag. 6, pag. 7 (destra) e pag. 8, Razy Mukarker; pag. 3 Archivio di ABB; pag. 4-5, Andrea Krogmann; pag. 7 (sinistra), Meinrad Schade / Stampa: Wallimann, Beromünster / Stampato su carta ecologica.
La lingua latina - come altre lingue - possiede diverse parole per esprimere l’amore. Due di queste sono: «amor»
e «caritas». Mentre «amor» descrive il sentimento tra due persone, «caritas» dice l’amore cristiano, l’amore per il prossimo. Sono orgogliosa che il nostro Ospedale abbia tale parola nella sua denominazione. Tutto il personale cerca di esserne all'altezza ogni giorno.
Da oltre 40 anni le Suore Francescane Elisabettine prestano servizio al Caritas Baby Hospital in vari campi.
A fine dicembre si concluderà il loro mandato. Col cuore addolorato, la direzione dell’Istituto ha deciso di riunire le proprie energie. Così la piccola comunità del Caritas Baby Hospital rientrerà in Europa. Come Presidente, a nome di Aiuto Bambini Betlemme e di tutto lo staff del Caritas Baby Hospital, desidero esprimere la mia profonda gratitudine alle Suore Elisabettine per la loro pluriennale disponibilità, segnata da spirito di abnega- zione, di carità e di sollecitudine. Attraverso le suore, la parola «caritas» si è concretizzata. Non potremo quindi mai ringraziarle abbastanza. È convinzione dei cristiani che quando si agisce in nome di Dio, Egli manifesta il Suo volto nel mondo attraverso di noi. Questa è la buo- na novella del Natale. Le suore l’hanno vissuta ogni gior- no. E per farlo non c’è stato posto più bello di Betlemme, posto più bello del Caritas Baby Hospital, che porta la
«caritas» nel suo nome.
Quando le religiose se ne andranno, si concluderà un lungo cammino comune. A loro va il nostro ringrazia- mento più sincero e affettuoso per la serietà e l’ardore dimostrati a servizio del Caritas Baby Hospital e di Aiuto Bambini Betlemme. Dal profondo del mio cuore auguro loro un buon rientro in Europa e la benedizione di Dio sul loro futuro.
A voi, cari sostenitori, auguro di cuore un lieto Avvento e un santo Natale.
Sibylle Hardegger
Presidente di Aiuto Bambini Betlemme
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Un santo Natale a voi e alle vostre famiglie!
3 Approfondimenti
Hedwig Vetter: pioniera quasi dimenticata
Hedwig Vetter ha avuto un ruolo decisivo nella fondazio- ne del Caritas Baby Hospital. Aiuto Bambini Betlemme le rende omaggio con una pubblicazione commemorativa a 25 anni dalla sua scomparsa.
Nel marzo 1949 Hedwig Vetter si recava su incarico della Caritas Svizzera in Medio Oriente. Aveva 24 anni, veniva da Flühli (Lucerna), aveva fatto una formazione commerciale, avrebbe dovuto farsi un'idea della situa- zione in Libano, Siria e Palestina organizzando sul posto gli aiuti della Caritas.
Quello che trovò Hedwig Vetter in Palestina, la segnò profondamente: povertà e miseria diffuse; migliaia di famiglie palestinesi che avevano perso la casa in segui-
to alla guerra del 1948 e che vivevano in campi «sotto le tende sulla nuda terra e in grotte umide, senza coperte, senza biancheria, senza articoli igienici, in condizioni di sporcizia estrema e allo stremo delle forze, senza cibo», come ha riportate la signora Vetter una volta rientrata in Svizzera.
Out Patient Clinic Caritas inaugurata nel 1950
Estremamente precaria era la situazione di madri e figli.
Quando Hedwig Vetter incontrò il medico palestinese Antoine Dabdoub a Betlemme, i due decisero nel 1950 di affittare una stanza e di offrire consulenza medica alle madri con figli ammalati. Nasceva così l’«Out Pa- tient Clinic Caritas».
In quel momento non potevano sapere che tale realtà sarebbe poi cresciuta fino a diventare il Caritas Baby Hospital. Quando padre Ernst Schnydrig, vallesano, visi- tò la Palestina nel 1952, rimase impressionato dall'opera Negli anni '50 i cammelli facevano parte del quotidiano in Palestina.
di Hedwig Vetter. Da lì in poi iniziò a prodigarsi in Euro- pa per sostenere e potenziare il progetto a Betlemme.
Qualche anno dopo fondò l'associazione Aiuto Bambini Betlemme per assicurare il finanziamento dell'Ospedale.
Riconoscimento per grandi risultati
Fino al 1966 Hedwig Vetter gestiva le attività dell'associa- zione a Betlemme facendo in modo di ampliare conti- nuamente i servizi offerti. Nel 1966 si contavano già 54 lettini. Poi arrivò la rottura. Hedwig Vetter diede le di- missioni dedicandosi inizialmente ad altri compiti a Bet- lemme. Nel 1974 ritornò in Svizzera dove morì nel 1995.
Mentre inizialmente l'opera della signora Vetter veniva debitamente riconosciuta da Aiuto Bambini Betlem- me, dagli inizi degli anni ’80 il suo nome non veniva più citato nei documenti. In una pubblicazione commemo- rativa, l'Associazione dà il giusto merito a Hedwig Vetter rendendo omaggio al lavoro di una donna che ha fatto grandi cose per i bambini e le madri della Palestina.
La pubblicazione commemorativa (in tedesco) può es- sere ordinata presso la sede operativa di Aiuto Bambini Betlemme. Costo: 25 franchi.
A Betlemme, Hedwig Vetter era conosciuta come «Miss Vetter».
4 Tema
«Spesso dimentico la mia malattia»
I Dar Mohammed vivono a Dura, nel Sud della Cisgiorda- nia. I tre figli soffrono di fibrosi cistica. La famiglia, però, affronta il quotidiano con grande forza d’animo e spe- ranza.
Qais, nove anni, Baraa, dodici anni, e Ahmed, sedici anni, sono alti e sportivi come il padre. Amano pedalare sulle strade sterrate della loro città natale, Dura, a 50 chilometri da Betlemme. Di primo acchito nessuno si aspetterebbe che i tre ragazzi abbiano la fibrosi cistica (FC), una malattia genetica dovuta ad una alterazione del metabolismo. Rispetto a molti altri pazienti se la stanno cavando bene. La malattia è stata riscontrata molto presto. I ragazzi sono stati inseriti nel programma sanitario del Caritas Baby Hospital, che da anni è diven- tato il punto di riferimento di tale patologia.
Una prassi consolidata
Prelievi di sangue frequenti, controlli polmonari e fisio- terapia sono di routine nella vita dei Dar Mohammed;
a casa eseguono esercizi, assumono regolarmente farmaci e fanno inalazioni. Inoltre, i genitori Sahar e Riad insistono affinché conducano una vita quasi normale.
«Abbiamo accettato la situazione e insegnato ai nostri figli a pensarla come noi», dice il padre Riad.
La vita quotidiana di Qais, Baraa e Ahmed è infatti simile a quella dei loro coetanei, malgrado la malattia che presenta un muco eccessivamente denso a carico delle
vie respiratorie. «Litighiamo come fratelli normali», dice Ahmed. La scuola non è la priorità assoluta, anche se sono bravi allievi. Preferiscono giocare al computer o a qualcosa del genere: gare ciclistiche in cortile. Gestire la malattia richiede disciplina e regole, che vengono per- fettamente seguite. «Ci prendiamo cura l'uno dell'altro», dice Baraa, «e molto spesso dimentico la mia malattia».
Il fatto che i genitori e i loro figli abbiano accolto così bene la diagnosi di FC è in gran parte dovuto all’équipe del Caritas Baby Hospital. Un medico, due fisioterapisti, un farmacista, un nutrizionista e un’assistente sociale seguono 120 pazienti malati di FC nella Cisgiordania meridionale. Oltre ad accompagnare questi pazienti in Ospedale, l’offerta comprende visite a domicilio, con- ferenze e workshop, e infine scambi di esperienze tra persone direttamente interessate.
Servono risorse
L'Ospedale aiuta anche finanziariamente, perché la mag- gior parte delle famiglie non riesce a sostenere i costi delle cure. All'ultima visita in Ospedale, gli accertamenti e le analisi di Qais, Baraa e Ahmed sarebbero costati l'equivalente di oltre 500 franchi, una somma ragguarde- vole in un paese dove il salario minimo è di 390 franchi.
Preferirebbero sfrecciare tutto il giorno sulle loro biciclette.
Abbiamo bisogno del vostro aiuto.
5 Tema
I bambini si sono abituati alle visite regolari al Caritas Baby Hospital.
Occuparsi delle pecore è un bel passatempo per i ragazzi.
6 Intervista
Addio alle Suore Elisabettine
Dopo 45 anni le Suore Francescane Elisabettine lasciano il Caritas Baby Hospital. Ora c’è bisogno di loro in Italia ed è per questo che la Superiora generale le ha richiama- te in patria. Con il loro servizio le religiose hanno sotto- lineato l’ispirazione cristiana del Caritas Baby Hospital e hanno goduto di grande stima nella regione. Inoltre, con la loro formazione altamente qualificata, con il loro sape- re e la loro dedizione hanno dato un contributo enorme al miglioramento della qualità dei Servizi infermieristici ospedalieri. Suor Lucia Corradin (LC), nei suoi 18 anni di permanenza al Caritas Baby Hospital, ha rivestito diversi incarichi l’ultimo dei quali in qualità di Direttrice dei Ser- vizi infermieristici. Nell’intervista rilasciata a Livia Leykauf (LL), ricorda il lavoro e la vita vissuta a Betlemme.
LL Com’è stato il suo primo giorno di servizio in ospe- dale?
LC Ricordo bene il senso di ammirazione e bellez- za che ho provato fin dall’inizio per la maestosa luminosità e pulizia data l’ampiezza degli ambienti e la molteplicità di finestre e poi per la vitalità percepita dalla presenza di mamme giovanissimi, di bambini così belli e arguti che hanno catturato la mia attenzione.
LL Come è cambiato, sviluppato l’ospedale da allora?
LC Noi suore abbiamo cominciato ad inserire un approccio metodologico olistico per migliorare l’assistenza al bambino e ai familiari adottando una serie di cambiamenti, migliorando la forma- zione e servendo i piccoli e le mamme con mag- gior professionalità e umanità.
LL Quali sono i compiti che le sono particolarmente graditi all’interno dell’ospedale?
LC L’esperienza più intensa è stata quella iniziale con i prematuri e i loro familiari, questa lotta tra la vita e la morte, proprio per la ricchezza di relazioni con i familiari e il personale. Guidare i pellegrini in ospedale è stato molto bello come anche essere membro dei clowns: indimenticabile la ricchezza di esperienze genuine di crescita, di amicizia e di dono gratuito.
LL Avete conosciuto molti bambini malati e i loro genitori. A cosa le piace ripensare in particolare?
LC Mi piace ripensare ai primi bambini assistiti con malattie sconosciute ad esempio l’epidermiolisi bullosa e al lavoro d’equipe perché la mamma potesse accogliere in maniera incondizionata la situazione del proprio figlio.
LL Cosa è stato particolarmente difficile in questo periodo?
LC La realtà più pesante in assoluto da accogliere è stata comunque l’accettazione reale di questo conflitto che sembra non avere fine, dei muri di separazione, delle divisioni visibili tra i popoli, tra i capi politici, delle continue ingiustizie e delle tante sofferenze inutili. In questo momento mi è difficile lasciare la Terra Santa, ancor di più per le difficoltà aggiunte a causa della pandemia.
LL Cosa augura ai collaboratori e alle famiglie di Bet- lemme per il futuro?
LC Auguro con tutta me stessa a tutti loro di non smettere di credere nella pace vera e nell’unità, di non avere paura di sperare in un futuro migliore perché sono convinta che un giorno la pace verrà, anche a Betlemme perché Dio è fedele alle sue promesse.
LL Cosa ha significato per lei come religiosa lavorare a Betlemme?
LC Innanzitutto, provo un senso di profonda grati- tudine nell’essere stata a Betlemme e nell'aver avuto la grazia speciale di servire i piccoli ed indi- fesi come appunto i bambini malati e le mamme, proprio Qui dove Dio si è fatto bambino indifeso, bisognoso di cure e di affetto.
LL C’è un oggetto che si porta da Betlemme in Italia come ricordo?
LC Un oggetto particolare è un presepio per far memoria di tutte le famiglie conosciute, di bimbi incontrati, del personale, ricordarmi che il Signore è venuto ad abitare dentro di me, dentro ciascun uomo e desidera essere accolto, amato e impara- re da Lui ad essere casa, spazio vitale per chi mi porrà accanto.
Potrete leggere l’intervista integrale andando sul sito www.aiuto-bambini-betlemme.ch/rivista
Sr. Lucia Corradin, Sr. Erika Nobs e Sr. Gemmalisa Mezzaro lasciano a fine 2020 il Caritas Baby Hospital.
7 In breve
Novità Finestra Donazioni
Più spazio per i bambini gravemente ammalati I bambini gravemente ammalati richiedono cure parti- colarmente intensive e talvolta anche cure palliative. Da poco il Caritas Baby Hospital ha allestito spazi appositi per questi bambini e i loro genitori. Con un piccolo in- tervento struttuale sono state ricavate tre stanze dotate di servizi igienici indipendenti. Un'ulteriore stanza è stata predisposta per fratellini o sorelline che vengono a trovarsi in ospedale nello stesso momento. La degenza in queste camere speciali è riservata esclusivamente a pazienti gravi e l’attribuzione è decisa dall'équipe dei me- dici che seguono il caso. Per garantire una certa privacy anche ai piccoli pazienti ricoverati in camere più grandi sono state montate delle tende divisorie.
Un Natale molto speciale
Natale a Betlemme di solito significa raccoglimento e una moltitudine di gente accalcata sulla Piazza della Mangiatoia, odore d’incenso e palloncini colorati, canti di «gloria in excelsis Deo» e grida festose di bambini, un grandioso albero di Natale e zucchero filato. Quest'an- no, però, l’atmosfera è ben diversa. Il coronavirus pesa sullo spirito del Natale. Un alto tasso di disoccupazione, il calo del turismo e la paura di essere contagiati dal Covid-19 rattristano la festività. Ma Betlemme non si rassegna: chi va a pregare nella Basilica della Natività, lo fa anche per coloro che quest’anno non possono essere presenti. Gli addobbi natalizi sulle case sono partico- larmente belli. Anche il Caritas Baby Hospital si mette l’abito della festa. In tutti i reparti troneggia un albero di Natale che i piccoli pazienti decorano con amore. Per il poliambulatorio, i figli del personale ospedaliero hanno realizzato delle stelline e ritagliato le capanne. Un Natale speciale per un anno speciale.
Straordinario impegno durante l’emergenza sanitaria La pandemia da coronavirus ha posto il Caritas Baby Hospital di fronte a sfide notevoli. In un primo momen- to, e per disposizione delle autorità, l’Ospedale poteva accogliere soltanto le emergenze. La Direzione ospeda- liera reagiva alla situazione adeguando i servizi offerti.
Durante il drastico lockdown, i genitori, più che preoccu- pati, hanno potuto infatti chiamare l'ospedale 24 h su 24
ricevendo consigli dai medici o dagli assistenti sociali.
La situazione era molto pesante per le famiglie con bam- bini ammalati cronici. Non potendo venire in ospedale a causa del rischio di infezione, il Caritas Baby Hospital inviava a domicilio i medicinali salvavita.
Sono stati effettuati oltre 40'000 test sierologici Da giugno in poi l’Ospedale è tornato a funzionare pressoché normalmente. Ma a Betlemme e nella regione la normalità è ancora caratterizzata dallo stato di emer- genza. Il ministero della Salute palestinese ha incaricato il laboratorio del Caritas Baby Hospital di eseguire i test diagnostici per il coronavirus. Fino a questo momento ne sono stati effettuati oltre 40.000. Inoltre, l’Ospedale pe- diatrico sta formando altri ospedali affinché introducano piani di protezione igienica e standard di sicurezza volti a contenere la diffusione del Covid-19.
Più dura la situazione eccezionale - in Palestina e in Isra- ele il tasso di infezione ha raggiunto livelli allarmanti nel corso di diversi mesi - più c’è bisogno di intervenire. Mol- ta gente ha perso il lavoro; si rivolge, disperata, ai Servizi sociali dell’Ospedale che, grazie alle generose donazioni, sono in grado di aiutare in modo concreto.
Il laboratorio per il test sul coronavirus del Caritas Baby Hospital.
Quest’anno il Caritas Baby Hospital si prepara per il Natale in modo del tutto speciale.
Sede Operativa
Aiuto Bambini Betlemme Winkelriedstrasse 36 Casella postale 6002 Lucerna T 041 429 00 00 [email protected]
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IBAN CH17 0900 0000 6002 0004 7
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Un forte segnale di speranza
In un anno tutt’altro che facile come questo, avere amici è molto prezioso. Persone solidali con i più deboli;
che prendono sul serio l’amore del prossimo; persone impegnate in un progetto come quello del Caritas Baby Hospital di Betlemme. Un sostegno che permette ai giovani ammalati di ricevere cure qualificate e piene di attenzione. Le madri hanno la possibilità di pernottare in Ospedale restando vicine ai figli ammalati. I genitori vengono accompagnati dal personale medico e para- medico. La struttura rifulge di luce in una notte buia e rappresenta il Natale nella vita di tutti i giorni. Cari sostenitori, desideriamo ringraziarvi per la fedeltà e il sostegno che non ci farete mancare, lanciando così un forte segnale di speranza.
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