_______________________________________________________________________________________________________________________
Confederazione Italiana Esercenti Attività Commerciali, Turistiche e dei Servizi - 00184 Roma via Nazionale, 60 - Tel. 0647251 Fax 4817211
Ufficio Legislativo e Affari Giuridici
Roma, 17 febbraio 2021
Alle Organizzazioni Regionali e Provinciali Confesercenti
Ai Responsabili territoriali
“Confesercenti Immagine e Benessere”
Prot. n. 4753.11/2021 GDA
Oggetto: Sentenza TAR Lazio. L’attività di estetista in “zona rossa” è esercitabile come quella di parrucchiere e barbiere.
Il TAR Lazio, con sentenza n. 1862, del 16 febbraio scorso, ha annullato il DPCM del 14 gennaio 2021 nella parte in cui esclude gli “estetisti” dai “servizi alla persona” erogabili in
“zona rossa”.
La sentenza comporta senza dubbio l’immediata decadenza della sospensione, nelle “zone rosse”, dell’attività di estetista, da considerare esercitabile, tanto quanto quella di parrucchiere e barbiere, nel rispetto delle linee guida approvate dalle Regioni per l’esercizio dell’attività.
Qualora, il prossimo 5 marzo, alla scadenza del DPCM del 14 gennaio 2021, il Presidente del Consiglio dovesse riproporre restrizioni per le zone rosse, non potrebbe che prenderne atto, modificando il testo del provvedimento.
Nel frattempo, qualora gli Organi di vigilanza dovessero contestare agli estetisti che in
“zona rossa” esercitino l’attività una ipotetica violazione delle norme di contenimento anti- Covid 19, gli operatori dei servizi alla persona in questione potrebbero facilmente opporre l’avvenuto annullamento da parte del TAR Lazio della sospensione prevista per la particolare attività dal DPCM 14 gennaio, che pertanto non può esplicare più effetti restrittivi nei confronti degli estetisti.
Riportiamo una sintesi del provvedimento.
Come è noto, l’art. 1, comma 10, lett. ii), del DPCM 14 gennaio 2021 stabilisce (per tutto il territorio nazionale, dunque per le “zone gialle”) che le attività inerenti i servizi alla perso na sono consentite a condizione che le regioni e le province autonome abbiano preventivamente accertato la compatibilità dello svolgimento delle suddette attività con l'andamento della situazione epidemiologica nei propri territori e che individuino i protocolli o le linee guida applicabili idonei a prevenire o ridurre il rischio di contagio nel settore di riferimento o in settori analoghi; detti protocolli o linee guida sono adottati dalle regioni o dalla Confe renza d elle
2 regioni e delle province autonome nel rispetto dei principi contenuti nei protocolli o nelle linee guida nazionali e comunque in coerenza con i criteri di cui all'allegato 10 .
Di conseguenza, l’allegato 9 (Linee guida per la riapertura delle attività economiche, produttiv e e ricreative della Conferenza delle Regioni) detta indicazioni che si applicano al settore della cura della persona: servizi degli acconciatori, barbieri, estetisti e tatuatori.
Tuttavia, l’art. 3 dello stesso DPCM 14 gennaio 2021, stabilisce, al comma 4, lett. h), che, con riferimento alle “zone rosse” (aree del territorio nazionale caratterizzate da uno scenario di massima gravità e da un livello di rischio alto), “sono sospese le attività inerenti servizi alla persona, diverse da quelle individuate nell'allegato 24, ossia – fra le altre – “Servizi dei sa lo ni di barbiere e parrucchiere”, ma, senza un’apparente ragione non gli estetisti (le cui attività dunque sarebbero sospese).
Il 13 marzo 2020 l’INAIL, insieme al Comitato Tecnico Scientifico (CTS) e all’Istituto Superiore di Sanità (ISS), in vista della imminente riapertura delle attività di parrucchieri ed estetisti, aveva pubblicato le linee guida/protocolli specifici per centri estetici e saloni di barbiere e parrucchiere (“Documento tecnico su ipotesi di rimodulazione delle misure contenitive del contagio da SARS CoV2 nel settore della cura della persona: servizi dei parrucchieri e di altri trattamenti estetici”).
Nel suddetto documento si affermava che le attività di estetista “presentano caratteristiche diverse da quella del barbiere e parrucchiere, anche se in entrambi si lavora a distanza ravvicinata dai propri clienti, in quanto l’estetista lavora in ambienti generalmente singoli e separati (cabine) e le prestazioni tipiche comprendono già misure di prevenzione del rischio da agenti biologici alle quali ci si deve attenere rigorosamente nello svolgimento della normale attività professionale. Per quanto concerne le misure di sistema, le misure organizzative di prevenzione e protezione e sistema, le misure organizzative di prevenzione e protezione e le misure igienico--sanitarie si rimanda a quanto già riportato per i barbieri e parrucchieri, in linea generale”.
In effetti, con DPCM del 17 maggio 2020, veniva poi disposta, a far data dal 18 maggio 202 0 , la riapertura delle attività sia dei centri estetici che dei parrucchieri, disponendo l’art. 1 lettera gg) che
“le attività inerenti ai servizi alla persona sono consentite a condizione che le regioni e le province autonome abbiano preventivamente accertato la compatibilità dello svolgimento delle suddette attività con l'andamento della situazione epidemiologica nei propri territori e che individuino i protocolli o le linee guida applicabili idonei a prevenire o ridurre il rischio di contagio nel settore d i riferimento o in settori analoghi”. Nei servizi alla persona venivano ricomprese le attività sia dei parrucchieri sia dei centri estetici, con le medesime linee guida.
Senonché, per la prima volta il DPCM del 3 novembre 2020 ha separato le attività di estetisti e parrucchieri. Infatti l’art. 3 di tale provvedimento, al comma 4, dispone che “ A fa r data dal giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale delle ordinanze di cui a l comma 1, nelle Regioni ivi individuate sono applicate le seguenti misure di contenimento … : h) sono sospese le attività inerenti servizi alla persona, diverse da quelle individuate nell'allegato 24”; tale allegato alla voce “Servizi per la persona” riporta soltanto, per quanto di interesse, “Servizi dei saloni di barbiere e parrucchiere”.
La misura è stata poi confermata dai successivi DPCM, fino all’ultimo, del 14 gennaio 2021, che ha scadenza 5 marzo 2021.
La parte ricorrente ha lamentato l’illogicità della misura che, in modo del tutto nuovo e immotivato e senza alcun supporto istruttorio, attuerebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra attività che effettuano identici servizi e appartengono allo stesso codice ATECO (S.96.02), così privilegiandone una a danno dell’altra (quella degli estetisti), la qua le
3 ultima, oltre a vedersi privata della possibilità di fare fatturato, si vedrebbe sviare la clientela a favore dei parrucchieri sia per i servizi, sia per la vendita di prodotti.
A tal fine la parte ricorrente ha allegato e documentato che i parrucchieri sovente vendono gli stessi prodotti di bellezza che vendono i centri estetici ma, soprattutto, che gli stessi sono autorizzati ex lege a prestare il servizio di manicure e di pedicure che rappresenta una delle principali prestazioni degli estetisti.
La Presidenza del Consiglio, per contestare l’impugnazione, ha depositato una memoria co n cu i ha osservato che le misure finalizzate al contenimento del contagio determinate con DPCM dell’1 1 marzo 2020 e, più diffusamente, da quello del 22 dello stesso mese, hanno disposto la sosp ensio ne di molteplici attività economiche sull’intero territorio nazionale, considerate “non essenziali” e identificate nei provvedimenti normativi sulla base dei codici ATECO. Tra le attività “non essenziali” vi era, appunto, quella dei centri estetici, unitamente a quella di barbieri e parrucchieri.
La PdC aggiunge: “Il fatto che, a decorrere dal DPCM 3 novembre 2020, detta qualificazione sia cessata (limitatamente alle “zone rosse”) per i parrucchieri (mantenuti aperti e, quindi, reputati essenziali) e non per gli estetisti, attiene alla sfera delle valutazioni discrezionali del Governo che non sembrano affette da manifesta illogicità, arbitrarietà, né disparità di trattamento, considerati i tratti distintivi (…) che rendono non sovrapponibile in toto, né pienamente coincidente l’attività dei centri estetici da un lato e quella degli acconciatori dall’altro, che sono regolate, d’altronde, da distinte leggi di settore”.
Ad avviso dei giudici amministrativi, dal confronto delle due norme di settore emerge invece che, sebbene le due attività non siano identiche, tuttavia esiste un segmento di attività co m u ne , q u ello che ricomprende il “manicure e pedicure estetico”, nonché la parte inerente “ogni altro servizio inerente o complementare” al “trattamento estetico della barba” che, per la sua genericità ed indeterminatezza, si presta ad essere dilatato fino a ricomprendere una serie di prestazioni, anch’esse tipiche dell’attività di estetista, che pure sovente vengono svolte presso i parrucchieri (depilazione di parti del viso, cura delle sopracciglia, maschere di bellezza del viso ed altro).
Il rilievo che precede smentisce, quanto meno in parte, l’obiezione dell’amministrazione secondo cui si tratterebbe di attività del tutto diverse.
Né può essere seguita la difesa erariale laddove afferma che “la cura ed il trattamento dei capelli e della barba da parte degli acconciatori corrisponde ad un bisogno e ad una esig enza di cura, anche igienica, della persona ben più essenziale e irrinunciabile rispetto al miglioramento dell’aspetto estetico generale”. Si tratta, invero, di una opinione che - oltre a non poter assurgere a motivazione di un provvedimento amministrativo, sia perché appunto opinione sia perché comunque postuma rispetto all’atto impugnato - risulta smentita e contraddetta dai precedenti atti della stessa amministrazione.
Invero, a partire dal DPCM 11 marzo 2020, adottato sempre al fine di contenere il diffondersi del contagio da Covid, l’amministrazione, nel disporre la chiusura della quasi totalità delle attività commerciali, vi ha ricompreso parrucchieri ed estetisti ponendoli sull’identico piano di non essenzialità (art. 1, comma 1, punto 3): “Sono sospese le attività inerenti i servizi alla persona (f ra cui parrucchieri, barbieri, estetisti) diverse da quelle individuate nell'allegato 2”) a differenza di quanto disposto per gli esercizi di vendita di generi alimentari e di prima necessità, nonché di edicole, tabaccai, farmacie e parafarmacie, ritenuti invece essenziali (art. 1, comma 1, punto 1).
Tali rilievi rendono evidente che, sebbene non si tratti di attività identiche, le attività di estetista e di parrucchiere, nell’ambito dei “servizi alla persona”, siano (e siano state ritenute) del tutto equiparabili in termini di essenzialità ovvero in termini di idoneità a corrispondere
“ad un bisogno e ad una esigenza di cura, anche igienica, della persona”; a ciò deve aggiungersi che esiste quanto meno un segmento “elastico” di prestazioni che è certamente comune ad entrambe le attività. Inoltre, assume rilievo quanto affermato nel “Documento tecnico
4 su ipotesi di rimodulazione delle misure contenitive del contagio da SAR S CoV2 nel setto re d ella cura della persona: servizi dei parrucchieri e di altri trattamenti estetici” pubblicato dall’INAIL il 13 marzo 2020, in cui si dà atto che “L’attività di un centro estetico presenta caratteristiche diverse da quella del barbiere e parrucchiere anche se in entrambi si lavora a distanza ravvicinata dai propri clienti. L’estetista lavora in ambienti generalmente singoli e separati (cabine) e le prestazioni tipiche comprendono già misure di prevenzione del rischio da agenti biologici alle quali ci si deve attenere rigorosamente nello svolgimento della normale attività professionale”. Dunque, l’attività delle estetiste è stata ritenuta intrinsecamente più sicura di quella dei parrucchieri, tanto che si è ritenuto sufficiente mantenere per le prime le stesse misure di sistema dettate per i secondi.
Infine, non si può trascurare, per quanto non sia indice di totale identità, che le due attiv ità so no ricomprese nello stesso codice ATECO, seguono protocolli di sicurezza comuni e applicano lo stesso contratto collettivo al personale dipendente. Da quanto precede discende che la d isp arità d i trattamento lamentata dalla parte ricorrente sussiste, o, quanto meno, sussiste limitatamente a quella parte di prestazioni che sono comuni ad entrambe.
Nella sentenza, il TAR evidenzia poi che “non è superfluo ricordare che, nella gestione della situazione pandemica in atto, l’autorità statale ha adottato provvedimenti con cui ha autorizzato, all’interno delle strutture di vendita di generi alimentari e di prima necessità, la vendita soltanto di alcuni prodotti escludendo altre categorie merceologich e: ciò è avvenuto, segnatamente, con il DPCM dell’11 marzo 2020, il quale all’art. 1, comma 1, punto 1), ha stabilito che: “Sono sospese le attività commerciali al dettaglio, fatta eccezione per le attività di vendita di generi alimentari e di prima necessità individuate nell'allegato 1, sia nell'ambito degli esercizi commerciali di vicinato, sia nell'ambito della media e grande distribuzione, anche ricompresi nei centri commerciali, purché sia consentito l'accesso alle sole predette attività”. In ossequio a detta previsione, nelle strutture di vendita mantenute aperte (fra cui i supermercati) era possibile vendere generi alimentari e di p rim a necessità ma non articoli di cancelleria e per la scuola.
Qualora l’intento sotteso alla contestata misura fosse stato quello di inibire, come sostiene l’amministrazione nelle difese, le più ampie prestazioni degli estetisti che si rivolgono anche alla cura del corpo (fermo restando l’onere di supportare scientificamente e di motivare tale diversificazione), il suddetto distinguo sarebbe stato possibile mediante il ricorso ad una tecnica già attuata in precedenza, mantenendo aperti i centri estetici e, al più, limitando le prestazioni ivi erogabili alle stesse prestazioni di estetica consentite presso i parrucchieri.
Si tratta, dunque, di verificare se, nell’esercizio della lata discrezionalità che compete all’amministrazione, tale oggettiva discriminazione sia sorretta da sufficienti evidenze istruttorie e da idonea motivazione o se, come lamenta la parte ricorrente, sia irragionev ole e ingiustificata poiché adottata in totale difetto di istruttoria.
Secondo le valutazioni del TAR, la disposizione impugnata risulta intrinsecamente contraddittoria laddove, all’interno dello stesso provvedimento, i “servizi alla persona” vengono costantemente identificati come quelli erogati da “acconciatori, estetisti e tatuatori”, tranne che nell’allegato 24, in assenza di qualunque supporto istruttorio e motivazionale.
Il CTS nulla dice in ordine alle ragioni tecnico-scientifiche per le quali sarebbe giustifica ta , in aree c.d. zona rossa), l’apertura dei parrucchieri e non anche quella dei centri estetici. Né a sorreggere un simile immotivato “distinguo” può soccorrere la mera condivisione, da parte del CTS, dell’impianto generale della bozza esaminata o l’auspicio di mantenere le misure restrittive in vigore, stante la estrema genericità di tali affermazioni che non possono ritenersi idonee ad assurgere a supporto motivazionale della misura in rassegna, che resta non spiegabile e perciò irragionevole.
Ciò tenuto conto altresì che, anche con il DPCM del 14 gennaio 2021, sono pubblicate, quale allegato 9, le “Linee guida per la riapertura delle attività economiche, produttive e ricreative della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome dell’8 ottobre 2020” in cui la disciplina
5 prevista per i “SERVIZI ALLA PERSONA” ancora una volta ricomprende e accomuna
“acconciatori, estetisti e tatuatori”.
I provvedimenti amministrativi che hanno imposto la censurata misura e i documenti istruttori che ne costituiscono il supporto tecnico scientifico appaiono pertanto espressio ne di un non corretto esercizio del potere discrezionale da parte dell’amministrazione presenta ndo tutte le figure sintomatiche dell’eccesso di potere.
Emerge l’assenza di evidenze istruttorie e di una motivazione, sia pure per relationem, che dia conto delle ragioni per le quali l’amministrazione si sia discostata dalle indicazioni fornite dai richiamati documenti tecnico-scientifici, allegati ai provvedimenti, in cui nei “servizi alla persona” sono costantemente ricomprese e accomunate le attività di “acconciatori, estetisti e tatuatori”.
Infine, pur essendo innegabile che tutte le misure restrittive imposte per fronteggiare l’emergenza sanitaria in corso siano ispirate al principio di precauzione, nel caso di specie la discriminazione fra le attività dei parrucchieri/barbieri e dei centri estetici non risulta supportata da una base istruttoria o da evidenze scientifiche.
Sussiste inoltre contraddizione tra l’allegato n. 24 (che, tra i “Servizi per la persona”, riporta soltanto, per quanto di interesse, “Servizi dei saloni di barbiere e parrucchiere”) e l’allegato n. 9 (in cui la disciplina prevista per i “SERVIZI ALLA PERSONA” ricomprende e accomuna
“acconciatori, estetisti e tatuatori”), sì che l’impugnata misura appare non coerente con le misure analoghe già adottate.
Conclusivamente, per quanto precede, il ricorso deve essere accolto e, per l’effetto, la disposizione contenuta nell’art. 1, comma 10, lett. ii), deve essere annullata nella parte in cui, in combinato disposto con l’allegato n. 24, esclude gli “estetisti” dai “servizi alla persona”
erogabili in zona rossa.
Se un appunto si può fare alla sentenza è – sotto l’aspetto formale – l’imprecisa indicazio ne della norma annullata (art. 1, comma 10, lett. ii), in combinato disposto con l’allegato n. 24).
La disposizione indicata, infatti, si riferisce alle attività dei servizi alla persona in g enera le consentite nelle “zone gialle” nel rispetto dei protocolli e linee guida, mentre l’allegato 24 va semmai rapportato con l’art. 3 del DPCM 14 gennaio, per ricavarne che nelle “ zo ne ro sse ” i servizi alla persona sono sospesi, tranne quelli individuati nell’allegato medesimo.
Questo appunto può comunque valere ai fini di un appello che la Presidenza del Consiglio potrebbe proporre dinanzi al Consiglio di Stato per questioni formali, mentre da un punto di vista sostanziale gli intendimenti del TAR sono ben chiari.
Cordiali saluti,
Giuseppe Dell’Aquila