Geometria Differenziale: Parte 6
Sommario
Superfici minimali. Variazioni a un parametro di superfici. Geodetiche. Derivazione co- variante. Equazioni delle geodetiche. Teorema di esistenza e unicita’. Simboli di Christoffel.
Teorema di Clairaut.
1 Superfici minimali
Ricordiamo che una superficie Σ si dice minimale se ha curvatura media identicamente nulla. Le superfici minimali sono legate a un’importante proprieta’ variazionale riguardo all’area. Suppo- niamo che γ sia una curva dello spazio semplice (senza autointersezioni) e chiusa e consideriamo l’insieme Sγdelle superfici Σ che hanno come bordo γ. Supponiamo poi che esista una superficie (regolare) Σ0 che abbia area minima tra tutte le superfici della famiglia Sγ. Vogliamo verificare che allora Σ0 `e minimale. In altre parole,
Teorema 1. Nella notazione precedente, supponiamo che Σ0 sia una superficie parametrizzata regolare di Sγ, tale che:
Area(Σ0) ≤ Area(Σ) per ogni Σ ∈ Sγ. Allora Σ0 `e minimale.
Dimostriamo il teorema nel caso in cui Σ0 sia parametrizzata da una funzione f : Ω → R3.
La dimostrazione si fa considerando variazioni a un parametro di Σ0; precisamente, dato un campo di vettori ξ (s’intende, differenziabile) e normale a Σ, e dato t ∈ [−, ], con > 0 sufficientemente piccolo, consideriamo la funzione ft: Ω → R3 definita da:
ft(u, v) = f (u, v) + tξ(u, v).
Se `e sufficientemente piccolo si puo’ verificare che ft`e una parametrizzazione regolare di una superficie ft(Ω) .
= Σ[ξ]t , detta variazione di Σ0 corrispondente a ξ. Otteniamo cosi’ una famiglia a un parametro di superfici ”vicine” a Σ0:
{Σ[ξ]t : t ∈ [−, ]}.
Notiamo che per t = 0 otteniamo proprio Σ0:
Σ[ξ]0 = Σ0.
Se assumiamo che ξ sia nullo sul bordo γ di Σ0, vediamo che tutte queste superfici appartengono a Sγ, dunque, per la propriet`a di minimo di Σ0, si ha:
Area(Σ[ξ]0 ) ≤ Area(Σ[ξ]t ) per ogni t ∈ [−, ].
Ora, fissato il campo di vettori ξ, consideriamo la funzione ψ : [−, ] → R:
ψ(t) = Area(Σ[ξ]t ).
Si verifica che ψ `e differenziabile; poich´e t = 0 `e un punto di minimo di ψ, si ha necessariamente ψ0(0) = 0. Dunque concludiamo che
Lemma 2. Se Σ0 ha area minima tra tutte le superfici di Sγ allora, per ogni campo di vettori ξ normali a Σ0 e nulli su γ, si ha:
d
dt|t=0Area(Σ[ξ]t ) = 0.
Ora osserviamo che un vettore normale a Σ0nel punto x0 ∈ Σ0`e un multiplo del versore normale N (x0) alla superficie in x0. Dunque un campo di vettori normali a Σ0 si scrive:
ξ(x) = φ(x)N (x)
dove φ(x) `e una funzione su Σ0. Il prossimo lemma sar`a dimostrato nella sezione che segue.
Lemma 3. Sia ξ = φN . Allora d
dt|t=0Area(Σ[ξ]t ) = −2 Z
Σ0
φH dΣ0.
• Notiamo che se H = 0 ovunque, allora la derivata a primo membro della relazione `e nulla per ogni variazione a un parametro di Σ0. Questo si esprime dicendo che una superficie minimale `e un punto critico del funzionale area.
Dimostriamo ora il teorema. Se Σ0 minimizza l’area in Sγ allora, per il lemma 2 e il lemma 3 si
ha: Z
Σ0
φH dΣ0 = 0
per ogni funzione differenziabile φ su Σ0, nulla la bordo. Ma si dimostra che questo succede solo se H = 0 in tutti i punti di Σ0. Quindi Σ0 `e minimale.
1.1 Dimostrazione del lemma 3 Ricordiamo che
Σ[ξ]t = ft(Ω), dove ft`e la parametrizzazione ft: Ω → R3 definita da
ft(u, v) = f (u, v) + tφ(u, v)N (u, v)
e che scriveremo semplicemente:
ft= f + tφN.
Se g(t) `e la prima forma fondamentale di ft (notare che g(t) `e una matrice dipendente da u, v) allora:
ψ(t) .
= Area(Σ[ξ]t ) = Z
Ω
pdet g(t) dudv.
Dobbiamo quindi calcolare ψ0(0). Poich`e l’integrale a destra esiste finito per ogni t, si ha:
ψ0(t) = d dt
Z
Ω
pdet g(t) dudv
= Z
Ω
d dt
pdet g(t) dudv
= Z
Ω
1 2pdet g(t)
d
dtdet g(t) dudv dunque:
ψ0(0) = Z
Ω
1 2√
det g
d
dt|t=0det g(t) dudv,
dove g `e la prima forma fondamentale di Σ0. Rimane dunque da calcolare d
dt|t=0det g(t). Ora:
∂ft
∂u = ∂f
∂u+ t∂φ
∂uN + tφ∂N
∂u
∂ft
∂v = ∂f
∂v + t∂φ
∂vN + tφ∂N
∂v Indichiamo con gij(t) gli elementi della matrice g(t). Si ha:
g11(t) = h∂ft
∂u,∂ft
∂ui
= h∂f
∂u,∂f
∂ui + 2t∂φ
∂uh∂f
∂u, N i + 2tφh∂f
∂u,∂N
∂ui + t2A11
dove
A11=∂φ
∂u
2
+ φ2|∂N
∂u|2+ 2φ∂φ
∂uhN,∂N
∂ui.
Ora
h∂f
∂u,∂f
∂ui = g11, h∂f
∂u, N i = 0, h∂f
∂u,∂N
∂ui = −h∂2f
∂u2, N i = −l11. Dunque:
g11(t) = g11− 2t φ l11+ t2A11= g11− 2t φ l11+ O(t2),
dove O(t2) `e una funzione del tipo: O(t2) = t2h(t), con h(t) funzione differenziabile; dunque tale funzione, insieme con la sua derivata prima, si annulla per t = 0. Analogamente si ha:
g12(t) = g12− 2t φ l12+ O(t2), g22(t) = g22− 2t φ l22+ O(t2).
Ora
det g(t) = g11(t)g22(t) − g12(t)2.
Dovendo calcolarne la derivata prima, siamo interessati soltanto al coefficiente di t nell’espres- sione di det g(t). Ora si ha:
det g(t) = det g − 2tφ
g11l22+ g22l11− 2g12l12
+ O(t2) Dunque:
d
dt|t=0det g(t) = −2φ
g11l22+ g22l11− 2g12l12
. Ricordiamo che
H = 1
2 ·l11g22+ l22g11− 2l12g12 g11g22− g212 da cui si ricava
g11l22+ g22l11− 2g12l12= 2H det g.
In conclusione:
d
dt|t=0det g(t) = −4φH det g.
Sostituendo nella precedente espressione di ψ0(0) vediamo che:
ψ0(0) = −2 Z
Ω
φHp
det g dudv
= −2 Z
Σ0
φH dΣ0
e la dimostrazione `e completa.
2 Derivata covariante e geodetiche
In questa sezione definiremo le geodetiche di una superficie come curve parametrizzate dall’a- scissa curvilinea la cui accelerazione `e un vettore ovunque normale alla superficie (quindi tali che la componente tangenziale dell’accelerazione `e nulla).
Queste curve hanno un’importante propriet`a variazionale, che si pu`o riassumere cosi’. Dati due punti p, q della superficie, consideriamo l’insieme Γ(p, q) di tutte le curve α : [a, b] → Σ contenute in Σ e tali che α(a) = p, α(b) = q. Allora, se p e q sono sufficientemente vicini, si pu`o dimostrare che esiste un’unica curva γ ∈ Γ(p, q) che ha lunghezza minima tra tutte le curve di Γ(p, q); inoltre, tale curva `e una geodetica. In altre parole, almeno localmente, le geodetiche generalizzano una ben nota propriet`a delle rette del piano: quella di essere curve di lunghezza minima.
Il problema sar`a dunque il seguente: data una superficie Σ, determinare esplicitamente tutte le sue curve geodetiche. Il problema `e ricondotto a un’equazione differenziale del secondo ordine per ciascuna delle componenti di γ, e data una parametrizzazione regolare della superficie l’equazione
differenziale delle geodetiche si scriver`a in funzione delle entrate della prima forma fondamentale e delle sue derivate.
Chiudiamo questa introduzione esplicitando il ruolo della prima forma fondamentale nel calcolo della lunghezza di una curva.
Sia dunque α : [a, b] → Σ un’arco di curva contenuto in Σ: allora α(t) = f (γ(t)), dove γ(t) `e una curva in Ω; allora
α(t) = f (u(t), v(t))
dove u(t), v(t) sono le componenti di γ(t). Si verifica immediatamente che α0(t) = u0(t)fu + v0(t)fv, dunque
|α0(t)|2 = g11u0(t)2+ 2g12u0(t)v0(t) + g22v0(t)2
dove si intende che gij sono le componenti della prima forma fondamentale calcolate in u(t), v(t).
Otteniamo:
Proposizione 4. Sia γ(t) = u(t) v(t)
una curva regolare nel dominio Ω. Allora la lunghezza della curva α = f ◦ γ immagine di γ tramite f , `e:
Lba(α) = Z b
a
pg11u0(t)2+ 2g12u0(t)v0(t) + g22v0(t)2dt.
2.1 Definizione di geodetica
Un vettore ξ dello spazio R3 ammette un’unica decomposizione ortogonale:
ξ = ξT + hξ, N iN
dove ξT ∈ TpΣ `e detta componente tangenziale, mentre hξ, N iN `e detta componente normale.
Sia ora α : [a, b] → Σ una curva contenuta in Σ, e decomponiamo il suo vettore accelerazione:
α00(t) = (α00)T(t) + hα00(t), N iN. Dal capitolo precedente sappiamo che la componente normale si esprime con la seconda forma fondamentale hα00, N i = II(α0α0). Dunque possiamo scrivere:
α00(t) = (α00)T(t) + II(α0(t)α0(t))N.
• Diremo che α `e una curva geodetica di Σ se (α00)T(t) = 0 per ogni t ∈ [a, b]; se cio`e la componente tangenziale della sua accelerazione `e identicamente nulla.
Osserviamo le seguenti conseguenze della definizione.
Proposizione 5. Una curva α : [a, b] → Σ `e una geodetica se e solo se per ogni t ∈ [a, b] si ha:
α00(t) = λ(t)N (1)
dove N `e il versore normale a Σ nel punto α(t), e dove λ(t) = II(α0(t), α0(t)).
Inoltre, se α `e una geodetica, il suo vettore velocit`a α0(t) ha norma costante (cio`e, una geodetica
`
e sempre parametrizzata proporzionalmente all’ascissa curvilinea).
Dimostrazione. La (1) `e immediata da quanto detto. Ora si ha:
d
dt|α0(t)|2= 2hα00(t), α0(t)i = 0 poich´e α0(t) `e tangente e α00(t) `e normale. Dunque |α0(t)| `e costante.
3 Derivazione covariante
Ricordiamo la nozione di derivata di un campo di vettori ξ lungo un vettore tangente Xp ∈ TpΣ:
∇Xpξ = d
dt|t=0ξ(α(t))
dove α(t) `e una qualunque curva tale che α(0) = p e α0(0) = Xp. Il risultato `e un vettore di R3.
• Se X `e un campo di vettori tangente a Σ, allora ∇Xξ `e un campo di vettori su Σ, che associa a ciascun punto p di Σ il vettore ∇Xpξ di R3.
Notiamo che, se α = α(t) `e una curva su Σ, allora α0 `e un campo di vettori tangente, e risulta, per definizione:
∇α0ξ = d
dtξ(α(t)) = dξ dt. In particolare
∇α0α0 = α00.
Questa operazione soddisfa alle seguenti regole. In cio’ che segue, h `e una funzione differenziabile su Σ, Xi `e un campo di vettori tangente e ξi `e un campo di vettori qualunque.
∇hXξ = h∇Xξ
∇X(hξ) = (∇Xh)ξ + h∇Xξ
∇X1+X2ξ = ∇X1ξ + ∇X2ξ
∇X(ξ1+ ξ2) = ∇Xξ1+ ∇Xξ2
∇Xhξ1, ξ2i = h∇Xξ1, ξ2i + hξ1, ∇Xξ2i
(2)
Supponiamo ora che X e ξ siano campi di vettori tangenti a Σ. Poniamo:
∇TXξ .
= (∇Xξ)T,
la componente tangente della derivata di ξ lungo X. Abbiamo la decomposizione:
∇Xξ = ∇TXξ + h∇Xξ, N iN.
Ora, derivando l’identita hξ, N i = 0 lungo il vettore X otteniamo:
0 = h∇Xξ, N i + hξ, ∇XN i = h∇Xξ, N i − II(X, ξ).
Dunque la decomposizione assume la forma:
∇Xξ = ∇TXξ + II(X, ξ)N. (3)
• Dati campi di vettori tangenti X, ξ, il campo di vettori tangenti ∇TXξ `e detto derivata cova- riante di ξ lungo X. Dunque, l’operazione di derivazione covariante ∇T si ottiene per proiezione ortogonale della derivata ordinaria sul piano tangente alla superficie.
• Notiamo che, se α = α(t) `e una curva su Σ e se X = α0, allora ∇Tα0ξ `e un campo di vettori tangenti, che scriveremo:
∇Tα0ξ .
= Dξ dt .
In particolare, se ξ = α0, allora ∇Tα0α0 `e la componente tangenziale dell’accelerazione di α.
Dall’espressione (3) si verifica che la derivata covariante soddisfa le seguenti propriet`a, analoghe a quelle della derivata in R3. Qui h `e una funzione differenziabile su Σ e X, ξ, Xi, ξi sono campi di vettori tangenti:
∇ThXξ = h∇TXξ
∇TX(hξ) = (∇Xh)ξ + h∇TXξ
∇TX
1+X2ξ = ∇TX1ξ + ∇TX2ξ
∇TX(ξ1+ ξ2) = ∇TXξ1+ ∇TXξ2
∇TXhξ1, ξ2i = h∇TXξ1, ξ2i + hξ1, ∇TXξ2i
(4)
3.1 Simboli di Christoffel
Sia ora f : Ω → Σ una parametrizzazione della superficie Σ, che assumeremo iniettiva.
• Nota bene : in questa sezione le coordinate in Ω saranno scritte come (u1, u2) e useremo la seguente notazione:
E1= ∂f
∂u1
, E2= ∂f
∂u2
.
La coppia di campi di vettori tangenti (E1, E2) `e una base di TpΣ in ogni punto p. Ricordiamo che la seconda forma fondamentale sui campi di vettori tangenti X, Y `e definita cosi’:
II(X, Y ) = −h∇XN , Y i = hN, ∇XY i, Dunque la matrice l di II nella base (E1, E2) si scrive
lij = hN, ∇EiEji.
In conclusione, la decomposizione (3) sui vettori della base `e:
∇EiEj = ∇TEiEj + lijN.
Ora, in ogni punto, il vettore tangente ∇TE
iEj si scriver`a come combinazione lineare di E1, E2:
∇TE
iEj = Γ1ijE1+ Γ2ijE2, i, j = 1, 2. (5)
• I coefficienti Γkij in (5), dove i, j, k = 1, 2 sono detti simboli di Christoffel della parametriz- zazione.
Dunque, i simboli di Christoffel permettono di calcolare la derivata covariante di campi di vettori su Σ. Vedremo in seguito come calcolarli; in ogni modo Γkij sono funzioni differenziabili di (u, v) ∈ Ω.
3.2 Derivata covariante di un campo di vettori lungo una curva
Fissata una curva α : [a, b] → Σ e un campo di vettori ξ lungo α, vogliamo ora esprimere la derivata covariante di ξ lungo α = α(t):
Dξ
dt = ∇Tα0ξ
in funzione dei simboli di Christoffel. Se h = h(t) `e una funzione della variabile t, e ξ `e un campo di vettori lungo α, allora (4) implica:
D
dt(h(t)ξ) = h0(t)ξ + h(t)Dξ dt .
Ora esprimiamo ξ nella base (E1, E2). Esprimendo ξ nella base (E1, E2), si ha ξ = ξ1(t)E1+ ξ2(t)E2
dove i coefficienti ξ(t), ξ2(t) sono funzioni di t. Dunque:
Dξ
dt = ξ10(t)E1+ ξ1(t)DE1
dt + ξ20(t)E2+ ξ2(t)DE2
dt Ora si ha α(t) = f (γ(t)) = f (u1(t), u2(t)), da cui otteniamo:
α0(t) = u01(t)E1+ u02(t)E2. Dunque (vedi (4)):
DEj
dt = ∇Tα0Ej
= u01(t)∇TE1Ej+ u02(t)∇TE2Ej
= u01(t)X
k
Γk1jEk+ u02(t)X
k
Γk2jEk
=X
i,k
Γkiju0i(t)Ek.
Sostituendo nell’espressione precedente, otteniamo la seguente proposizione.
Proposizione 6. La derivata covariante del campo di vettori ξ lungo α(t) = f (u1(t), u2(t)) `e data da:
Dξ
dt = ∇Tα0ξ =
2
X
k=1
ξk0(t) +
2
X
i,j=1
Γkiju0i(t)ξj(t)
Ek.
In particolare, prendendo ξ = α0, si ha la seguente espressione dell’accelerazione tangenziale:
(α00(t))T = Dα0 dt =
2
X
k=1
u00k(t) +
2
X
i,j=1
Γkiju0i(t)u0j(t) Ek,
dove Γkij = Γkij(u1(t), u2(t)) sono i simboli di Christoffel.
4 Equazioni delle geodetiche
Ricordiamo che una geodetica `e una curva α su Σ la cui accelerazione tangenziale `e nulla.
Dunque per il calcolo precedente abbiamo:
Proposizione 7. La curva
α(t) = f (u1(t), u2(t))
`
e una geodetica sull’intervallo t ∈ [a, b] se e solo se le componenti u1(t), u2(t) soddisfano il sistema di equazioni differenziali:
u001(t) +
2
X
i,j=1
Γ1iju0i(t)u0j(t) = 0
u002(t) +
2
X
i,j=1
Γ2iju0i(t)u0j(t) = 0
(6)
dove Γkij = Γkij(u1(t), u2(t)) sono i simboli di Christoffel della parametrizzazione.
Come conseguenza di questo calcolo, e della teoria dei sistemi di equazioni lineari, otteniamo il seguente teorema di esistenza e unicit`a (locale) delle geodetiche di una superficie.
Teorema 8. Sia Σ una superficie parametrizzata da f : Ω → R3. Fissiamo un punto p ∈ Σ e un vettore tangente X ∈ TpΣ. Allora esiste > 0 e una geodetica αX : [−, ] → Σ tale che αX(0) = p, α0X(0) = X. Inoltre, tale geodetica `e unica.
Quindi, fissati un punto p e una direzione ξ (vettore tangente alla superficie, di modulo unitario), esiste un’unica geodetica αξche origina nel punto p e ha vettore velocit`a, in quel punto, prescritto da ξ. Sappiamo che ogni geodetica ha vettore velocit`a di modulo costante: quindi, se ξ ha modulo unitario, αξ sar`a parametrizzata dall’ascissa curvilinea. Se X ha modulo c > 0, allora il vettore ξ = 1cX ha modulo unitario; `e chiaro che αX e αξ originano in p e hanno la stessa traccia. Tale traccia `e percorsa con velocit`a unitaria da αξ e con velocit`a costante, pari a c, da αX.
Per la dimostrazione del teorema, supponiamo che p = f (x1, x2) e X = a1E1(p)+a2E2(p). Dalla teoria delle equazioni differenziali, esiste una soluzione (u1(t), u2(t)) del sistema di equazioni differenziali (6), con dato iniziale
(u1(0), u2(0)) = (x1, x2), (u01(0), u02(0)) = (a1, a2)
definita in un intervallo [−, ] contenente 0. Inoltre tale soluzione `e unica. `E chiaro allora che la curva α(t) = f (u1(t), u2(t)) soddisfa i requisiti del teorema.
4.1 Calcolo dei simboli di Christoffel
Ricordiamo che i simboli di Christoffel Γkij sono definiti dalle relazioni:
∇TE
iEj =
2
X
k=1
ΓkijEk.
Un calcolo diretto (che non espliciteremo) mostra che, se gij sono le entrate della matrice g−1, allora:
Γkij =
2
X
r=1
grk{ij, r}, (7)
dove {ij, r}, detti simboli di Christoffel di prima specie, sono dati da {ij, r} = hEij, Eri
= 1 2
∂gjr
∂ui +∂gri
∂uj −∂gij
∂ur
e dove Eij = ∂Ei
∂uj
.
Notiamo che Γkij = Γkji. Dunque, si hanno al massimo sei simboli di Christoffel distinti e le relazioni (7) forniscono formule esplicite per il loro calcolo.
4.2 Esempio: formule in una parametrizzazione ortogonale
Supponiamo che la parametrizzazione sia ortogonale (nel senso che hE1, E2i = 0 ovunque).
Allora
g12= 0, gkk= 1 gkk. Un calcolo mostra:
{11, 1} = 1
2g11,1 {11, 2} = −1
2g11,2 {12, 1} = 1 2g11,2
{12, 2} = 1
2g22,1 {22, 1} = −1
2g22,1 {22, 2} = 1 2g22,2 Dunque:
Γ111= 1 2g11
g11,1 Γ211= − 1 2g22
g11,2 Γ112= Γ121= 1 2g11
g11,2 Γ212= Γ221= 1
2g22
g22,1 Γ122= − 1 2g11
g22,1 Γ222= 1 2g22
g22,2
(8)
Riassumiamo il calcolo nel seguente
Lemma 9. In una parametrizzazione ortogonale (g12= 0) si hanno le relazioni (8), ovvero:
Γkik = 1 2gkk
∂gkk
∂ui per ogni i, k Γkii= − 1
2gkk
∂gii
∂uk per ogni i 6= k
Applichiamo il calcolo alla situazione in cui la prima forma fondamentale, oltre a essere diagonale (g12 = 0) `e tale che g22 = 1 e g11 dipende solo da u2. Parametrizzazioni di questo tipo sono importanti, e includono le superfici di rotazione.
Teorema 10. Supponiamo che la prima forma fondamentale sia del tipo g(u1, u2) =g11(u2) 0
0 1
.
Allora i simboli di Christoffel non nulli sono solo due:
Γ211= −1
2g11,2, Γ112= 1 2g11
g11,2 e le equazioni delle geodetiche sono:
(u001+ 2Γ112u01u02 = 0
u002+ Γ211(u01)2 = 0 ovvero
u001+g11,2 g11
u01u02 = 0 u002−1
2g11,2(u01)2= 0 Infine, se α(t) `e una curva su Σ e se µ(t) = hα0(t), E1i, allora:
µ0(t) = hDα0 dt , E1i.
Dimostrazione. Occorre dimostrare solo l’ultima affermazione. Se α(t) = f (u1(t), u2(t)) allora α0(t) = u01(t)E1+ u02(t)E2 quindi:
µ(t) = u01(t)g11(u2(t)).
Derivando otteniamo:
µ0(t) = u001g11+ g11,2u01u02= g11
u001+g11,2
g11 u01u02
. Per definizione:
Dα0 dt =
u001+g11,2
g11 u01u02
E1+
u002 −1
2g11,2(u01)2
E2, da cui
hDα0
dt , E1i =
u001+g11,2
g11 u01u02
g11= µ0(t).
4.3 Superfici di rotazione Parametrizzazione:
f (u, v) =
φ(u2) cos u1
φ(u2) sin u1 ψ(u2)
, (u1, u2) ∈ (−π, π) × (a, b). (9)
La curva profilo (anche detta generatrice) nel piano xz `e α(u2) =
φ(u2)
0 ψ(u2)
, e Σ si ottiene per rotazione di α intorno all’asse z.
• Assumeremo α parametrizzata dall’ascissa curvilinea, quindidφ du2
2
+dψ du2
2
= 1 per ogni u2 ∈ (a, b).
La prima forma fondamentale della parametrizzazione `e g =φ(u2)2 0
0 1
,
ed `e del tipo specificato in precedenza, con g11(u2) = φ(u2)2. Le equazioni delle geodetiche sono:
u001 + 2
φ dφ
du2u01u02= 0 u002 − φdφ
du2
(u01)2 = 0
(10)
• Verifichiamo, ancora una volta, che i meridiani, parametrizzati dall’ascissa curvilinea, sono geodetiche. Le equazioni
(u1 = c u2 = t
dove c `e una costante, parametrizzano il meridiano u1 = c, cosicch´e α(t) = f (c, t). Poich´e u01 = 0, u02 = 1, risulta che α0 ha modulo:
|α0|2 = g11(u01)2+ 2g12u01u02+ g22(u02)2 = 1
dunque α `e parametrizzata dall’ascissa curvilinea. Si vede immediatamente che u1 = c, u2 = t `e una soluzione di (10), dunque una geodetica per ogni c.
• Vediamo ora quali paralleli sono geodetiche. Parametrizziamo il parallelo u2 = c nel modo che segue:
(u1= t u2= c.
Dato che u01 = 1, u02 = 0, la curva immagine α(t) = f (t, c) ha vettore velocit`a tale che |α0(t)|2 = φ(c)2+ 1, dunque di modulo costante. Ne segue che α `e una geodetica se e solo se
(u1 = t u2 = c `e
una soluzione di (10). Ma si vede che ci`o accade se e solo se dφ
du2
(c) = 0,
cio`e se e solo se c `e un punto critico della funzione: distanza dall’asse di rotazione.
4.4 Teorema di Clairaut
Abbiamo il seguente teorema, noto come Teorema di Clairaut.
Teorema 11. Sia Σ una superficie di rotazione, parametrizzata come in (9), e sia α : I → Σ una geodetica di Σ parametrizzata dall’ascissa curvilinea. Poniamo:
ρ(t) = distanza di α(t) dall’asse di rotazione (asse z), θ(t) = angolo tra α0(t) e il parallelo passante per α(t) (θ(t) si intende acuto: θ(t) ∈ [0,π2]). Allora la funzione
µ(t) = ρ(t) cos θ(t)
`
e costante sull’intervallo I.
Dimostrazione. Notiamo che ρ(t) = φ(u2(t)). Ora il vettore E1 `e tangente al parallelo, e α0 ha modulo unitario per ipotesi. Dunque
cos θ(t) = |hα0(t), E1
|E1|i|.
Ora φ2= g11= |E1|2 dunque ρ(t) = φ = |E1| e risulta:
µ(t) = |hα0(t), E1i|.
E sufficiente dimostrare che hα` 0(t), E1i `e costante, dunque supporremo per semplicit`a µ(t) = hα0(t), E1i. Per il Teorema 10:
µ0(t) = hDα0 dt , E1i e quindi µ0(t) = 0 poiche’ per ipotesi α `e una geodetica (Dα0
dt = 0).
Potevamo anche procedere direttamente. Siccome α0(t) = u01(t)E1+ u02(t)E2 abbiamo che µ(t) = hu01(t)E1+ u02(t)E2, E1i = u01(t)|E1|2 = u01(t)φ(u2(t))2,
che scriveremo semplicemente µ = u01φ2, sottintendendo la dipendenza da t. Ora d
dtφ(u2(t))2= 2φ(u2(t))dφ
du2(u2(t))u02(t).
Dunque
µ0 = u001φ2+ 2φdφ
du2u01u02= φ2
u001+ 2
φ dφ du2u01u02
che vale zero per la prima relazione in (10).
• Possiamo invertire il teorema di Clairaut ? In altre parole, `e vero che, se α : I → Σ `e una curva parametrizzata dall’ascissa curvilinea e µ(t) `e costante su α, allora necessariamente α `e una curva geodetica ?
In generale no: per costruire un controesempio, basta osservare che un qualunque parallelo (pa- rametrizzato dall’a.c.) ha µ(t) costante, pari alla distanza dall’asse di rotazione (che `e costante su ogni parallelo). Dunque basta prendere un parallelo che non sia una geodetica. La proposi- zione che segue mostra per`o che, se µ(t) `e costante su α, e se α soddisfa una certa condizione di trasversalit`a, allora α `e una geodetica.
Proposizione 12. Sia Σ una superficie di rotazione, e α : I → Σ una curva parametrizzata dall’ascissa curvilinea. Supponiamo che µ(t) sia una funzione costante, e che, dato comunque un parallelo Γ, l’insieme:
{t ∈ I : α(t) ∈ Γ}
non contenga alcun sottointervallo di I. Allora α `e una geodetica.
Dimostrazione. Sappiamo dal Teorema 10 che µ0(t) = hDα0
dt , E1i, dunque per ipotesi hDα0
dt , E1i = 0.
Basta dimostrare che, sotto le ipotesi della proposizione, si ha hDα0
dt , E2i = 0: allora Dα0 dt = 0 e α `e una geodetica. Siccome α `e parametrizzata dall’ascissa curvilinea, si avra’ hα0, α00i = 0, dunque anche hα0,Dα0
dt i = 0, poiche’ Dα0
dt `e la parte tangenziale di α00. Allora:
0 = hα0,Dα0 dt i
= hu01E1+ u02E2,Dα0 dt i
= u02hE2,Dα0 dt i
= u02ψ dove si `e posto ψ(t) = hE2,Dα0
dt i. Supponiamo che, in un punto t0, si abbia ψ(t0) 6= 0; allora, per continuit`a, ψ(t) `e non nulla in un sottointervallo J di I e, su J , risulter`a u02= 0. Allora, su J , la funzione u2sar`a costante, uguale a c. Ma questo, per ipotesi, non pu`o accadere, altrimenti α(t) : J → Σ sarebbe interamente contenuta nel parallelo u2 = c. Dunque ψ(t) = 0 su I e α `e una geodetica.
5 Esercizi
Esercizio 1. Si consideri la mappa f : Ω → R3: f (u, v) =
R cos v cos u R cos v sin u
R sin v
dove Ω = (0, 2π) × (−π2,π2).
a) Verificare che f parametrizza una porzione della sfera S2(R) di centro l’origine e raggio R:
quale ? (in altre parole, determinare l’immagine di f ).
b) Verificare che f `e regolare (la matrice jacobiana di f ha rango 2) e iniettiva (vale a dire, f (u, v) = f (u0, v0) implica v = v0).
c) Scrivere la matrice g della prima forma fondamentale.
d) Calcolare il versore normale N della parametrizzazione e determinare la matrice l della seconda forma fondamentale.
e) Determinare la matrice w dell’operatore di Weingarten, e osservare che le curvature principali sono costanti e uguali tra loro.
Esercizio 2. `E data la mappa f : Ω → R3 definita da:
f (u, v) =
cos v cos u cos v sin u
sin v
.
dove (u, v) ∈ Ω = (0, ∞) × (−π2,π2) (si noti che f `e regolare ma non `e iniettiva). Notare che f parametrizza una porzione della sfera di centro l’origine e raggio 1, e che la prima forma fondamentale `e:
g =cos2v 0
0 1
. Si consideri la curva γ : (0,π2) → Ω definita da:
(u(t) = − log cos t v(t) = t
e sia α : (0,π2) → Σ, la curva di Σ immagine di γ(t) tramite f : α(t) = f (u(t), v(t)).
a) Determinare quale porzione di sfera `e parametrizzata da f (vale a dire, descrivere l’immagine f (Ω)).
b) Determinare la velocit`a scalare di α, ovvero la funzione |α0(t)|, direttamente a partire dalla prima forma fondamentale, senza usare la parametrizzazione f , e stabilire se esistono i seguenti limiti:
lim
t→0+
|α0(t)|, lim
t→π/2−
|α0(t)|.
c) Scrivere (senza calcolarlo esplicitamente) l’integrale che esprime la lunghezza Lπ/2− dell’arco corrispondente all’intervallo [,π2 − ], dove > 0.
d) Stabilire se esiste il limite in c) quando → 0.
Esercizio 3. Si consideri la superficie Σ (ellissoide di rotazione):
x2 a2 + y2
a2 +z2 b2 = 1,
ottenuto ruotando l’ellisse di equazione xa22 +zb22 = 1 intorno all’asse z.
a) Verificare che le sezioni piane ottenute come intersezione dell’ellissoide con i piani coordinati x = 0, y = 0, z = 0 sono tutte geodetiche (se parametrizzate dall’ascissa curvilinea).
b) Enunciare il Teorema di Clairaut per le geodetiche su una superficie di rotazione.
c) Ora si ponga a = 1. Sia γ1 = Σ ∩ {z = 0} la geodetica ottenuta come intersezione di Σ con il piano xy. Si consideri il punto p = (1, 0, 0) ∈ γ1, e sia α la geodetica di Σ uscente da p, orientata nel verso delle z crescenti, e che forma un angolo di π/3 con γ1 (ovvero, con il vettore (0, 1, 0) tangente a γ1 in p). Determinare il valore minimo che pu`o assumere la distanza di α(t) dall’asse z, e inoltre il valore massimo che puo’ assumere la quota di α(t) (ovvero, la sua terza coordinata).