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Capitolo terzo

INTESA SANPAOLO E IL MONISTICO

3.1 Società quotate e sistema monistico

Il sistema di amministrazione e controllo monistico è uno dei tre sistemi che il legislatore, a seguito della Riforma di diritto societario, propone quale alternativo al noto sistema tradizionale, fino a quel momento punto di riferimento normativo. Intanto, in linea con i principali modelli, maggiormente orientati verso modelli incentrati sul board, si rileva la necessità di perseguire per le imprese italiane, soprattutto le società quotate e multinazionali, una più accentuata flessibilità organizzativa per rispondere alle nuove esigenze di un mercato ormai

globalizzato22. Almeno nella fase inziale, il monistico paga diffidenza e

disinteresse, cui segue una scarsa adozione da parte degli operatori. Certamente, una delle cause da correlare a tale scarsa diffusione è da ricercare nell’assenza di una disciplina autonoma e la necessità per gli operatori di ricorrere alla tecnica del rinvio al tradizionale utilizzata dal legislatore (art. 2409 noviesdecies c.c.), resa ancora più tortuosa per le quotate, nonché le società quotate vigilate, visti i rinvii al t.u.f. e alla disciplina di carattere secondario che pone ulteriori regole stringenti in particolare in materia di controlli. Il rinvio al modello tradizionale si riscontra anche nel Codice di Autodisciplina per le società quotate (10.P.1) secondo cui: «le raccomandazioni che fanno riferimento agli amministratori nel modello tradizionale si applicano ai membri del consiglio di gestione (nel modello dualistico) e di amministrazione (nel modello monistico), e quelle che fanno riferimento ai sindaci si applicano ai membri del consiglio di sorveglianza

(nel dualistico) e del comitato per il controllo sulla gestione (nel monistico)».

22 VIETTI (Nuove società per un nuovo mercato. La riforma delle società commerciali, Roma, 2003, 19),

«non vi è dubbio che il fenomeno della globalizzazione dei mercati, con cui si allude ad un’ampia e rapida mobilità transnazionale dei capitali destinati all’investimento in cerca di allocazione più proficua, abbia innescato un elevatissimo grado di concorrenza fra gli ordinamenti giuridici che regolano i singoli mercati soprattutto per ciò che riguarda le società quotate>>.

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Inoltre, vige nel panorama delle società quotate italiano una “barriera culturale” verso modelli poco conosciuti, causa di incertezze e vantaggi difficilmente misurabili. Infatti, a partire dalla loro introduzione nel 2003 fino ad oggi, l’adesione ai sistemi alternativi risulta poco significativa tanto nelle società

quotate quanto in quelle non quotate; in base al rapporto Consob 201423 sul

governo societario delle società quotate, prevale il sistema di amministrazione e controllo tradizionale. Precisamente, su 244 società quotate sul Mercato Telematico Azionario (MTA) di Borsa Italiana, 237 (pari a circa il 97%) adottano il modello tradizionale, mentre solo 7 adottano sistemi alternativi di governance

(di cui 2 adottano il monistico24 pari al 1% del totale) e 5 il dualistico (pari a

circa il 2%). Con il tempo, si assiste ad una riscoperta del monistico, soprattutto per le società quotate che necessitano di un assetto organizzativo competitivo e attrattivo agli investimenti stranieri. A tal proposito, il panorama internazionale, considerando i modelli di 40 paesi con economie avanzate (il 66% del PIL mondiale, costituito dai paesi OCSE, Argentina, Brasile, Cina, Hong Kong, Indonesia, Arabia Saudita e Singapore), vede prevalere l’adozione del modello monistico in 20 paesi. Invece, i paesi che hanno scelto esclusivamente il modello dualistico sono 7. Sono 13 infine i Paesi che hanno cercato maggiore flessibilità, dando alle imprese la possibilità di adottare più modelli (monistico o dualistico): in particolare solo Italia, Giappone e Portogallo hanno adottato sistemi ibridi e

specifici solo del Paese stesso25.

Malgrado lo scarso successo riscosso all’indomani della riforma, recentemente, il modello monistico è stato rivalutato e indicato da più parti quale modello maggiormente indicato per le società quotate italiane. Infatti, sussistendo una «sostanziale equivalenza funzionale» tra i tre sistemi previsti da codice civile (dal t.u.f. per le società quotate), suddetta scelta deve considerare fattori quali la dimensione e l’attività esercitata per conseguire gli obiettivi di efficacia gestionale, migliore competitività e attrattività verso gli investitori internazionali.

23S. ALVARO, D. D’ERAMO, G. GASPARRI, Modelli di amministrazione e controllo nelle società

quotate. Aspetti comparatistici e linee evolutive, Quaderno giuridico Consob n.7, Roma, p. 20.

24 CHL e Engineering.

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A conferma di ciò, la Consob ritiene che: «un maggiore ricorso al sistema di amministrazione e controllo cosiddetto monistico, quello più diffuso a livello internazionale e privilegiato nelle iniziative di autodisciplina delle società

quotate, potrebbe rappresentare una soluzione»26. Inoltre, sempre a favore del

suddetto modello, «il sistema monistico potrebbe effettivamente prestarsi ad applicazioni in grado di accrescere l’efficienza dei controlli sulla gestione

soprattutto nelle società quotate»27. Infatti, il monistico consentirebbe alle società

aperte di conseguire snellezza organizzativa, migliore circolazione delle informazioni tra organo di gestione e organo di controllo, contenimento dei costi. Proprio il tema dei costi legati al governo societario costituisce una variabile considerevole, cui fare riferimento per l’adozione di un determinato modello, in un mercato che richiede prestazione sempre più efficienti e performance d’impresa profittevoli. È opinione condivisa l’ipotesi che il sistema monistico, utilizzando un unico organo di gestione e controllo, presenti dei costi di inferiori rispetto al sistema dualistico e tradizionale. Tale contenimento dei costi, favorirebbe la «riconoscibilità all’estero» del sistema monistico e il peso degli investitori stranieri nelle società quotate europee, alla ricerca di un’allocazione proficua dei capitali. Tuttavia, tale minore onerosità non è un dato certo, in quanto è possibile che i risparmi di costo dovuti all’assenza del collegio sindacale, vengano controbilanciati dal maggior compenso che dovrebbe venir riconosciuto ai componenti del comitato per il controllo sulla gestione, rispetto

agli amministratori che non ne fanno parte28.

Pertanto, il monistico si è sempre più diffuso sui mercati finanziari, in quanto adatto «a società aperte al mercato e/o con particolare interesse ad attirare investitori provenienti dal mondo anglosassone, più a loro agio con un tal genere di struttura di governance» sia, infine, a tutti gli investitori istituzionali (italiani e

stranieri) che operano su mercati internazionali.29

26Consob, Relazione al Mercato 2014.

27S. ALVARO, D. D’ERAMO, G. GASPARRI, Modelli di amministrazione e controllo nelle società

quotate, Quaderno giuridico Consob n.7, Roma, p. 95.

28 A. BIANCHI, S.p.a e sistema monistico: tu vuo’ fa’ l’americano, a cura di M. Cera e G. Presti, in

AGE. 1, 2016, p. 28.

29S. PROVIDENTI, Il sistema monistico di amministrazione e controllo, in Le società commerciali:

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Con specifico riferimento alle società quotate, le disposizioni speciali previsti dal t.u.f. hanno contribuito ad introdurre dei correttivi alla disciplina comune, realizzando una convergenza tra i poteri attribuiti al comitato per il controllo sulla gestione e, quelli attribuiti al collegio sindacale delle società quotate.

Per quanto riguarda la composizione del consiglio, i consiglieri devo essere eletti con la tecnica del voto di lista (art. 147-ter, 1 comma, t.u.f.) e «almeno uno dei componenti del consiglio di amministrazione è espresso dalla lista di minoranza che abbia ottenuto il maggior numero di voti» e «il componente espresso dalla lista di minoranza deve essere in possesso dei requisiti di onorabilità, professionalità ed indipendenza» (art. 147-ter, 3 comma, t.u.f.). Inoltre, il riparto degli amministratori da eleggere deve rispettare le regole di equilibrio tra i generi (art.147-ter, co.1-ter. t.u.f.).

L’ambito relativo alle funzioni del comitato per il controllo sulla gestione si arricchisce, oltre a quelle previste per le società non quotate, di ulteriori prerogative. In particolare, «il comitato per il controllo sulla gestione ha inoltre l’obbligo di riferire senza indugio alla Consob le irregolarità riscontrate e di trasmettere relativa documentazione» (art. 149, co.3, t.u.f.). Poi, ai sensi dell’art. 19 d.lgs. n. 39/2010 il comitato è investito del ruolo di comitato per il controllo interno e la revisione contabile. Invece, in relazione ai flussi informativi, sussiste il potere-dovere del comitato a scambiare informazioni con il soggetto incaricato della revisione legale dei conti (art.150, co.3-5, t.u.f.).

Regole diverse e ulteriori sono previste per le banche nel t.u.b. In particolare, la Banca d’Italia impone specifiche disposizioni statutarie, volte a garantire l’efficacia delle funzioni svolte dall’organo di controllo. Infatti, per le imprese soggette a vigilanza (banche e altri intermediari disciplinati dal t.u.b. intermediari finanziari, imprese di assicurazione e riassicurazione), vista la particolare complessità dell’attività amministrativa di tali società rispetto alle ordinarie società per azioni. La prima peculiarità si ravvisa nell’attribuzione di funzioni all’organo di controllo, secondo cui «nel caso di adozione del modello monistico, le imprese vigilate devono statutariamente attribuire al comitato per il controllo sulla gestione tutti i doveri e poteri idonei a rilevare e segnalare alle autorità di

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vigilanza dei rispettivi settori eventuali irregolarità gestionali o violazioni

normative»30. Di conseguenza, rispetto alla generale funzione di vigilanza

attribuita al comitato dal codice civile, nel caso in questione, «al comitato viene anche attribuito un potere-dovere di reazione alle regolarità gestionali ed organizzative» A tal proposito, lo statuto della banca, indipendentemente dal sistema di amministrazione e controllo adottato, assegna all'organo che svolge la funzione di controllo i relativi «compiti e poteri» informa senza indugio la Banca d'Italia di tutti gli atti o i fatti, di cui venga a conoscenza nell'esercizio dei propri compiti, che possano costituire una irregolarità nella gestione delle banche o una violazione delle norme disciplinanti l'attività bancaria (art. 52, comma 1, t.u.b.). Per quanto riguarda le previsioni statutarie previste dalla Banca d’Italia per le banche che adottano il monistico:

• adottare idonee cautele- statutarie, regolamentari e organizzative- volte a prevenire i possibili effetti pregiudizievoli per l’efficacia e l’efficienza dei controlli derivanti dalla compresenza nello stesso organo di funzioni di amministrazione e controllo;

• in attuazione di quanto previsto dall’articolo 52 t.u.b., attribuire espressamente al comitato per il controllo sulla gestione il compito di vigilare sull’osservanza delle norme di legge, regolamentari e statutarie; • prevedere che il comitato per il controllo sulla gestione possa procedere in

qualsiasi momento ad atti di ispezione e controllo;

• attribuire all’assemblea il compito di nominare e revocare i componenti del comitato per il controllo sulla gestione, ai sensi di quanto consentito dall’art. 2409 octiesdecies c.c.; la revoca deve essere in ogni caso debitamente motivata.

3.2 Lo statuto di Intesa Sanpaolo: poteri e doveri del comitato

30A. GUACCERO e T. Di MARCELLO, S.p.a e sistema monistico: tu vuo’ fa’ l’americano, a cura di M.

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La Banca d’Italia nella (circolare n. 285 aggiornamento 2014) ritiene che anche il monistico può costituire un sistema di amministrazione e controllo per le banche che operano in «misura rilevante sui mercati internazionali». In questo scenario in continua evoluzione, spicca la scelta di Intesa Sanpaolo, una delle più importanti banche europee, di passare al sistema consiliare monistico.

Intesa Sanpaolo nasce nel 2007 dall’unione tra Banca Intesa e Sanpaolo IMI. La banca, pur essendo attiva in numerosi settori dell’attività bancaria, fonda principalmente la sua attività su quella di banca commerciale. Assumo un ruolo centrale la vicinanza ai clienti, privati e piccole imprese, per cui diventa di vitale importanza una presenza forte sul territorio nazionale con una diffusione capillare di oltre 5000 filiali e 11 milioni di retail. È presente nel settore della bancassicurazione, investment banking e corporate banking, public finance. La società è quotata nell’indice FTSE MIB della Borsa di Milano. In molti settori in

cui opera è la prima a livello italiano per quota di mercato.31 Per quanto riguarda

la governance, sin dalla costituzione di Intesa Sanpaolo adotta il modello di amministrazione e controllo dualistico che prevede un consiglio di sorveglianza, responsabile dell’approvazione delle maggiori iniziative strategiche, i cui membri sono nominati dall’assemblea degli azionisti, e un consiglio di gestione nominato dal consiglio di sorveglianza, responsabile della gestione della banca, che nomina il consigliere delegato tra i suoi membri. Tale sistema perdura fino all’assemblea straordinaria del 26 febbraio 2016, con la quale gli azionisti approvano il passaggio dal duale al monistico dal 27 aprile 2016, quasi all’unanimità dei presenti (98,9%). A tale assemblea era presente il 62.76% del capitale sociale ordinario della banca: il 23.6% di spettanza delle fondazioni bancarie e il 39.1% di investitori istituzionali internazionali. Senz’altro, un ruolo cruciale è svolto dai fondi internazionali presenti in assemblea che convintamente votano a favore del cambio di sistema e delle nuove regole di governance. La valutazione dell’opportunità di cambiare il modello di governo societario è stata affidata a una commissione costituita ad hoc in seno al consiglio di sorveglianza a fine 2014, con l’incarico di analizzare i benefici e le utilità specifiche attese dai vari

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modelli di governance, al fine di individuare eventuali margini di miglioramento del sistema dualistico vigente, eventuali motivazioni che avrebbero potuto

condurre Intesa Sanpaolo a decidere di sostituire il medesimo32. Tale cambio di

sistema rappresenta una novità assoluta nel panorama bancario italiano e secondo Giovanni Bazoli, ai tempi presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo, il cambio di sistema «offre il pregio di essere in linea con le migliori pratiche internazionali e potrà favorire la presenza di rappresentanti di azionisti investitori istituzionali nel board della banca, che oggi già vede i fondi esteri arrivare a raggiungere il 65% del capitale» e «consentirà di migliorare ulteriormente una governance che era già efficiente ed era stata apprezzata per arrivare ad affermarsi tra le migliori banche d’Europa anche il relazione a questo parametro». Per capire le ragioni alla base della scelta del modello monistico è utile il riferimento alla Relazione del Consiglio di Gestione, nella quale vengono individuate le criticità emerse dall’applicazione del sistema dualistico:

• catena decisionale lunga e non sempre lineare;

• asimmetrie informative all’interno degli Organi e tra gli Organi stessi, nonostante flussi informativi adeguati sotto il profilo qualitativo e quantitativo;

• eccessiva lontananza della funzione di gestione da quelle di controllo e di supervisione strategica.

Pertanto, il nuovo sistema consentirebbe di conseguire ulteriori vantaggi33:

• ottimizzazione dell’efficienza della funzione amministrativa in termini di snellezza e di immediatezza nei rapporti tra supervisione strategica e gestione;

• privilegiare l’immediatezza nella circolazione delle informazioni, con conseguenti risparmi di tempi e costi;

• mantenimento dell’efficacia della funzione di controllo in quanto incentrata in un Comitato (il Comitato per il Controllo sulla Gestione) costituito all’interno del Consiglio.

32 V. Relazione del consiglio di gestione. 33V. ancora Relazione del Consiglio di gestione.

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L’applicazione concreta del monistico alla realtà di Intesa Sanpaolo si concentrata su tali presupposti:

I. chiara ripartizione di ruoli e responsabilità tra gli organi;

• allocazione in capo al Consiglio di Amministrazione delle competenze precedentemente attribuite al Consiglio di Sorveglianza, quale organo con funzione di supervisione strategica, nonché dei poteri riconosciuti al Consiglio di Gestione che lo Statuto qualifica come necessariamente riservati alla delibera collegiale;

• i comitati tendo-consiliari (rischi, remunerazioni, nomine) supporteranno – con compiti istruttori, consultivi e propositivi, per i rispettivi ambiti di competenza- il consiglio di amministrazione nello svolgimento delle sue funzioni, al fine di agevolare l’assunzione di decisioni consapevoli;

• il comitato per il controllo sulla gestione svolgerà poteri e funzioni attribuite dalla normativa vigente all’organo con funzione di controllo e al comitato per il controllo interno e la revisione contabile di cui al D.lgs. 39/2010;

• il consigliere delegato e CEO svolgerà la funzione di gestione corrente, nell’ambito dei poteri che il consiglio di amministrazione riterrà di delegargli;

• i manager supporteranno il CEO nello svolgimento della funzione di gestione corrente;

II. la presenza preponderante di Consiglieri non esecutivi e/o indipendenti in

grado di assicurare una corretta ed equilibrata dialettica all’interno del Consiglio, un efficace contrappeso nei confronti del consigliere delegato e CEO del management della banca e un’adeguata attività di monitoraggio sulle scelte compiute dai medesimi;

III. l’importante ruolo del Presidente del consiglio di amministrazione, volto a

favorire l’effettiva dialettica nel board, il suo efficace funzionamento, contrastando il rischio di egemonia di un unico soggetto;

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IV. un sistema di flussi informativi adeguati e tempestivi, all’interno degli

Organi e tra Organi e funzioni aziendali.

Lo Statuto di Intesa Sanpaolo prevede un consiglio di amministrazione costituito da un minimo di 15 (quindici) ad un massimo di 19 (diciannove) componenti, anche non soci, nominati dall’assemblea (art. 13.1). Invece, il comitato per il controllo sulla gestione è composto da cinque consiglieri (art.13.1), sempre di nomina assembleare, eletti facendo ricorso al voto di lista, in ottemperanza a quanto stabilito dalle disposizioni di vigilanza della Banca d’Italia (circolare 285). In merito all’elezione attraverso il voto di lista, Intesa Sanpaolo prevede la divisione di ciascuna lista in due apposite sezioni di nominativi, entrambe ordinate progressivamente per numero e dovrà indicare separatamente nella prima sezione i candidati alla carica di consigliere di amministrazione diversi dai candidati anche alla carica di componenti del comitato per il controllo sulla gestione e nella seconda sezione i soli candidati alla carica di Consigliere e componente del Comitato (art.14.1). Per ciascuna delle due sezioni deve essere assicurata la presenza della minoranza secondo i criteri fissati nello statuto. È stata altresì considerata una priorità la presenza nel consiglio di una larga maggioranza di amministratori indipendenti (almeno due terzi dei componenti del Consiglio, tra i quali i consiglieri destinati a far parte del comitato per il controllo sulla gestione) e la nomina da parte del Consiglio di un unico amministratore delegato a capo dell’esecutivo (CEO e Direttore Generale), escludendo che altri possano avere cariche esecutive e che il Consiglio possa delegare propri compiti ad un comitato esecutivo (art. 13.1). Dalla lettura degli articoli corrispondenti, si evince dallo statuto la volontà di rafforzare l’autonomia del Comitato per garantire gli azionisti di minoranza e controbilanciare l’assenza di un organo di controllo esterno al consiglio di amministrazione. Infatti, i componenti del comitato, oltre ai requisiti professionali derivanti dalla disciplina ad essi applicabile, devono altresì «possedere i requisiti di indipendenza definiti dallo statuto per i consiglieri indipendenti». Proprio l’indipendenza e l’integrità morale di detti consiglieri ha un ruolo cruciale per il successo del monistico. In più, quest’ultimi «devono assicurare il rispetto dei limiti al cumulo degli

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incarichi previsti dalla normativa vigente per l’espletamento dell’incarico di componente degli organi di controllo di una banca emittente azioni quotate in mercati regolamentati» (art.13.5.1). Infine, regole stringenti sono poste per la decadenza dalla carica di componente del comitato che determina anche quella dalla carica di consigliere di Amministrazione, nel caso di perdita dei requisiti di indipendenza o professionalità o mancato rispetto dei limiti prescritti per il cumulo degli incarichi (art.13.6). Per quanto riguarda la revoca, questa deve «essere debitamente motivata» in ossequio alle disposizioni di vigilanza e a tutale di stabilità ed efficienza dei controlli. In particolare, «tale proposta, ove presentata dal consiglio di amministrazione, deve essere adottata con il voto favorevole della maggioranza assoluta dei componenti in carica e previo parere del comitato nomine espresso all’unanimità dei presenti; ove la proposta sia presentata dal comitato per il controllo sulla gestione, deve essere adottata all’unanimità dei componenti del medesimo comitato». Coerentemente alla nomina assembleare, viene esclusa la cooptazione consiliare operante per gli altri amministratori e la sostituzione in caso di cessazione mediante il metodo di “ripescaggio” di consiglieri dalla sezione della lista da cui era stato tratto il componente cessato., altrimenti sarà sostituito dall’assemblea convocata senza indugio (art.15.3). In aggiunta, è inserita nello statuto la clausola simul stabunt simul cadent che potrebbe provocare la cessazione della carica anche dei componenti dell’organo di controllo, ove «viene meno per qualunque causa più della metà dei componenti il Consiglio di Amministrazione» (art.15.1).

3.3. Opportunità del sistema monistico

Di conseguenza, la scelta coraggiosa di Intesa Sanpaolo, nonostante i vincoli stringenti del t.u.f. e delle disposizioni di Vigilanza, ha di certo posto il monistico al centro di un vivace dibattito, stimolando la riflessione sulla governance delle società quotate. Difatti, non è possibile stabilire a priori l’efficienza di un qualsiasi modello di amministrazione e controllo, poiché l’esito positivo della sua

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adozione dipende sostanzialmente dalla applicazione pratica di tale modello, alla luce delle opzioni statutarie che la legge consente.

Uno dei punti di forza attribuibile al monistico è sicuramente la riconoscibilità internazionale, in quanti modello di riferimento nel mondo anglosassone. Tuttavia, non è possibile individuare un unico monistico, in quanto l’ampio riconoscimento dell’autonomia statutaria consente la configurazione di «infiniti

modelli»34 da adattare alle esigenze specifiche di ciascuna realtà societaria.

È possibile ravvisare a seguito dell’abolizione del collegio sindacale, come detto in precedenza, una razionalizzazione e miglioramento del sistema dei controlli interni soprattutto per le società quotate, grazie ad una migliore e tempestiva circolazione delle informazioni tra organo amministrativo e organo deputato al controllo a cui consegue una maggiore trasparenza. Infatti i componenti del comitato per il controllo sulla gestione, essendo anche componenti del consiglio di amministrazione, possono rinvenire un maggio quantitativo di informazioni dal presidente del consiglio e dagli organi delegati, a beneficio dell’attività di controllo che non viene così compromessa. Viene esaltata la centralità del plenum del consiglio di amministrazione che può beneficiare dell’apporto di conoscenze professionali di quegli amministratori, componenti del comitato, specializzati in compiti di vigilanza a servizio del plenum stesso. Il sistema monistico, potrebbe garantire una commistione positiva fra gestione e controllo, assicurando una sorveglianza continua tanto sulla legittimità quanto sul merito

dell’operato degli amministratori35. Infine, quindi, il monistico realizza quella

commistione tra amministrazione e controllo che sembra oggi costituire un nodo cruciale nelle riflessioni in tema di governance societaria.

34Secondo il Codice di Autodisciplina (luglio 2014), «i sistemi alternativi prevedono significativi margini

di libertà che consentono all’autonomia statutaria di adattarne le caratteristiche alle specifiche esigenze di governo societario dell’emittente, con la conseguenza che uno stesso modello applicato in modi differenti può presentare, nel caso concreto, caratteristiche eterogenee che rischiano di rendere inefficace la previsione di regole generali ed astratte» (v. Commento art. 12).

35S. ALVARO, D. D’ERAMO, G. GASPARRI, Modelli di amministrazione e controllo nelle società

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