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1. Franz Rosenzweig nel suo tempo e oltre…

Franz Rosenzweig, pensatore ebreo-tedesco, nato alla fine dell’ottocento a Kassel, dopo una fase di disattenzione e di silenzio, è riscoperto, in particolare, nel dopoguerra e, in modo più intenso nell’ultimo trentennio; la sua opera, La Stella della redenzione, assieme a Essere e tempo di Heidegger è, oggi, considerata uno dei punti più alti della riflessione del Novecento.1

Riteniamo utile partire dalla sua dolorosa biografia, per ricostruire le varie tappe della sua formazione intellettuale e del suo percorso interiore, a cui è intimamente legato e da cui scaturisce il nuovo pensiero che lui stesso incarna, che va oltre Hegel e oltre le teorie della guerra, per accostarci alla sua opera e per meglio cogliere il significato e il ruolo del pensiero, capirne le ragioni della riscoperta e i principali contenuti speculativi dell’autore; è necessario interrogare il nesso inscindibile tra le tappe della sua biografia e la sua opera, tra i momenti dell’esistenza e la produzione intellettuale per mettere in risalto la forza e la pregnanza di alcune aree tematiche, ancora attuali, che vanno oltre la sua breve, ma intensa, esistenza.2

Per capire l’insieme della personalità Rosenzweig, prima di addentrarci nel percorso della sua esistenza, ci sembra utile riportare ciò che scrive Löwith nel suo libro La mia vita in Germania prima e dopo il 1933, riferendosi al nostro filosofo e citando la sua testimonianza:

Ad un ebreo tedesco-noto per uno studio su Hegel mentre la sua opera vera e propria è dedicata all’ebraismo- durante gli incontri in vista della nomina in una scuola ebraica fu chiesta la sua posizione riguardo ad ebraismo e germanesimo.

1 Per un confronto tra il pensiero di Rosenzweig e il pensiero di Heidegger Cfr. B. Casper, Rosenzweig e Heidegger. Essere ed evento, a cura di A.Fabris, tr. it. di A. Cimino e G. Moretto, Queriniana, Brescia

2008. K. Löwith, M. Heidegger e F. Rosenzweig. Poscritto a “Essere e tempo”, tr. it. di E. Greblo, in «aut-aut», n.222, 1987, pp.76-102.

2 Cfr. G. Bonola, Franz Rosenzweig ai lettori della «Stella», in F. Rosenzweig, La Stella della Redenzione, tr. it. a cura di G. Bonola, Marietti, Genova 2000, pp. VII-IX.

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«Ho replicato che rifiutavo di rispondere a questa domanda; se la vita mi mettesse alla tortura e mi squartasse in due parti, saprei naturalmente con quale delle due andrebbe il cuore, che è in una posizione asimmetrica; saprei anche di non sopravvivere a questa operazione; ma quei signori mi volevano vivo, e allora dovetti pregarli di non torturarmi con questa domanda mortale nel vero senso della parola, e di lasciarmi tutto intero.»… Rosenzweig sapeva ancora una cosa che i tedeschi…non sanno e non vogliono ammettere, e cioè che la “e” tra l’esser tedesco e ebreo è una questione di cadenza. «Non esistono, su questo, norme generali. Dove debba trovarsi il baricentro nella vita dell’individuo. Se debba esserci in generale un baricentro e non due, e come possano distribuirsi i pesi tra questi due baricentri- sono tutte questioni che ciascun individuo deve decidere per sé e con se stesso. Ma deve poter decidere. Bisogna dargliene la facoltà. Io non oserei mai regolamentare la mia vita. Sarebbe in contraddizione con la realtà non scritta dell’”e”, che per me […] è addirittura una questione di fede».3

Se risulta impossibile scindere un pensiero filosofico dal suo autore, men che meno questa operazione può essere apportata nel pensiero di Franz Rosenzweig. Come vedremo nella presentazione storico-biografica dell’autore il suo pensiero è fortemente determinato dalla drammatica condizione esistenziale in cui vive una fascia della borghesia ebreo-tedesca, di cui egli stesso e la sua famiglia sono parte. che se da un lato sente il forte senso di appartenenza allo stato tedesco alla cui l’unificazione essa stessa ha contribuito, dall’altro viene tacciata come straniera come essere altro rispetto all’organo tedesco. Come vedremo, la riflessione filosofica di Rosenzweig risponde al bisogno urgente dell’uomo che cerca innanzitutto di risanare la frammentazione interna della sua anima, tedesca ma ebraica, dell’anima che cerca di ritrovare al suo interno l’unità del suo spirito.

3 K. Löwith, La mia vita in Germania prima e dopo il 1933, tr. it. a cura di E. Grillo, il Saggiatore,

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1.1. L’ambiente di vita di Rosenzweig nel contesto storico della Germania tra XIX e XX secolo

Franz Rosenzweig nasce il 25 dicembre 1886, a Kassel, nella regione dell'Assia, da una famiglia borghese di ebrei in un periodo in cui la Germania è al culmine del suo apogeo economico e militare ed ha già metabolizzato la sua unità, ma non le contraddizioni che la attraversano. 4 Grazie alla seconda rivoluzione industriale, ma anche alla politica spregiudicata di Otto von Bismarck, Primo Cancelliere dell'Impero, che tiene questa carica per quasi 20 anni, fino al 1890, e che attua pienamente il programma espresso già da lungo tempo dai più insigni pensatori, la Germania trova la sua unità nazionale; Bismarck ha la capacità di spingere verso l’unità nazionale attraverso la politica estera, perché, con il comune sentire contro lo straniero riesce a compattare tutto il mondo tedesco; di qui le tre guerre con la Danimarca, con l'Austria, con la Francia che costituiscono i tre atti di un grande dramma, atti che si legano l'uno all'altro e si chiudono col trionfo della Germania.5 Bismarck, vero fondatore dell’impero lo rende anche saldo nelle leggi, nei costumi, nelle abitudini tedesche. Le sue riforme inaugurano, tra il 1883 e il 1889, un ampio progetto di legislazione sociale teso a realizzare l’integrazione del movimento operaio nelle strutture politiche del Reich. Questa parte della sua opera non è meno interessante dell'opera più clamorosa di governo fatto di guerre e di politica repressiva. Durante il periodo bismarckiano la Germania vive uno straordinario miracolo economico e gli ebrei hanno un grande spazio sociale, che si conquistano con la creazione di banche, empori, fabbriche, gestione di attività innovative nei sistemi di trasporti.6 Ma nel biennio 1978-79

4 Erano chiamati Ebrei “assimilati” gli ebrei che avevano completamente dimenticato la loro origine

culturale e si erano perfettamente integrati nella società tedesca.

5 Cfr. P. Orsi, Bismarck, A. F. Formiggini, Roma 1919. pp. 7-10. Cfr. H. Schulze, Storia della Germania,

tr. it. a cura di I.Tani, Donzelli, Roma 2000, pp. 72-90.

6 Cfr. La ricostruzione biografica della sua famiglia di Beckhardt in R. L. S. Beckhardt, L’Ebreo con la svastica, tr. it. a cura di E. Papaleo, Newton Compton, Roma 2015.

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Bismarck chiude alla politica liberale cambiando alleati politici, abbandonando il partito nazional-liberale e alleandosi con quello conservatore.7 In quegli anni si fa anche sempre più forte ed esplicito l’antisemitismo.Una petizione antisemita promossa da una mobilitazione di studenti universitari è inoltrata a Bismarck nel 1881 e i liberali, in parlamento, fanno molta fatica per impedirne l’approvazione. 8 Il progresso di unificazione della Germania è guidato dalla Prussia che, da un secolo è riconosciuta come una grande Potenza di Europa e, al momento dell'unione, ha, da sola, una popolazione superiore a quella complessiva di tutti gli altri stati che entrarono a far parte dell'impero. La Prussia, quindi, resta la grande dominatrice, ed essa foggia lo stato tedesco.

La vita intellettuale della Germania è caratterizzata dall'ovest e dal sud della Germania, ma lo Stato tedesco è opera della Prussia: essa informa sul suo modello il resto della Germania, ed il suo spirito militare si estende all'intera nazione spingendo il patriottismo tedesco verso forme di orgoglio nazionalista esagerato, con le conseguenze dolorose che la storia conosce. La generazione, cresciuta dopo il 1870, respira talmente tanto quest’orgoglio nazionalista al punto da giudicare la civiltà tedesca di gran lunga superiore alle altre e da considerare come suo dovere quello d'imporla a tutto il mondo con la forza delle armi.9

La famiglia di Franz Rosenzweig, che vive nel contesto che abbiamo descritto, appartiene a quella borghesia colta e liberale di commercianti ebrei benestanti che aveva raggiunto complessivamente livelli di educazione e di abitudini famigliari analoghi a

7 Cfr. M. Ghiretti, Storia dell'antigiudaismo e dell'antisemitismo, Mondadori, Milano 2007, p.190.

8 G. Attademo, Genesi e filosofia dell’antisemitismo, in Vita ebraica e mondo moderno. Esperienze, Memoria, «nuovo pensiero», a cura di E. D’Antuono, Napoli 2011, pp. 35-54.

9 A questa concezione non erano estranei gli ebrei tedeschi, si pensi, per esempio, al discorso tenuto

Cassirer, molti anni dopo, anche dopo la Grande Guerra con la sconfitta della Germania, nel 1928 in occasione del decimo anniversario della fondazione della Repubblica di Weimar, in cui il filosofo presenta l’idea della costituzione della Repubblica, in un’ottica di Bildung, come originata in Germania a partire dalle idee di Leibniz. Cfr. E. Cassirer, L’idea di costituzione repubblicana, tr. it. a cura di R. Pettoello, Morcelliana, Brescia 2013.

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quelli della borghesia tedesca; li distingue da questa il nucleo sociale di riferimento che, pur integrato nella società tedesca, non coincide mai interamente con essa, anche perché ciò che rende coesi gli ebrei, con il loro nucleo sociale, sono le molte esperienze condivise, le stesse strategie di vita, speranze ed aspirazioni affini, un’analoga sensibilità culturale, lo stesso entusiasmo per la cultura tedesca, per l’arte e la letteratura, un vivo interesse per tutto ciò che è moderno;ma anche l’orgoglio di ciò che erano riusciti e a conquistare e l’antisemitismo sempre presente nella società tedesca. 10 Gli ebrei, come cittadini tedeschi di religione ebraica, vivono il loro ebraismo relegandolo alla vita privata personale e familiare, ad un ambito che non è in conflitto con l’appartenenza e la fedeltà allo stato tedesco; essi, alla fine dell’ottocento, fanno proprio il motto dell’illuminismo ebraico: «essere uomini come gli altri fuori di casa ed ebrei a casa», con una doppia dinamica quindi, l’una fatta di integrazione con il mondo della società tedesca e di fedeltà allo Stato, l’altra di attaccamento alla propria specificità di ebrei. 11

Il padre di Franz Rosenzweig, Georg, è un fabbricante di tinte ed un importante membro del Partito Nazional-liberale tedesco, il partito che aveva sostenuto il governo di Bismarck.12 La madre Adele è una donna molto colta. Come nella maggioranza delle famiglie borghesi ebraiche emancipate, aperte ed attratte dalla cultura tedesca, in casa Rosenzweig l’osservanza religiosa è molto superficiale e limitata alla celebrazione delle feste ebraiche più importanti. Tuttavia, nell’infanzia di Franz, è particolarmente

10 Cfr. C.Sonino, Esilio, diaspora, terra promessa: ebrei tedeschi verso est, Pearson, Milano 1998, pp.

24-25.

11 Cfr. W. E. Mosse, Gli Ebrei e l’economia tedesca. Storia di un’élite economica (1820-1935), tr. it. a

cura di M. Cupellaro e G. Arganese, Il Mulino, Bologna 1987; C. Sonino, Esilio, diaspora, terra

promessa…, op. cit., p. 26.

12 Il Partito Nazional-liberale di tendenze conservatrici e liberali era stato sostenitore di Bismarck fino al

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influente su di lui un prozio, Adam Rosenzweig, che lo aiuta a scoprire la sua identità di ebreo.13

Franz Rosenzweig comincia i suoi studi nella fase che caratterizza la Germania di fine secolo del dopo Bismarck, quando la politica tedesca, con l’Imperatore Guglielmo II che può contare sul consenso esteso dell’opinione pubblica, diventa sempre più nazionalista ed imperialista fino allo scoppio della prima guerra mondiale: dopo Bismarck, la Cancelleria cessa di essere il punto di equilibrio del sistema imperiale e governano direttamente le forze politicamente irresponsabili che - con la copertura di Guglielmo II - gravitano attorno alla corte, ai circoli militari e ai grandi gruppi di interesse.14In questo periodo l’aggressività nazionalistica del nuovo imperatore Guglielmo II e la diffusione di teorie razziste, esaltatrici della razza germanica, permettono una nuova diffusione delle idee pangermaniste. Con l'industrializzazione una forma già esistente di antisemitismo, implementata dall'ostilità nei confronti dei banchieri e dei mercanti ebrei e collegata a forme estese di anticapitalismo, assume forme nuove e più virulente.15

I ceti commercianti e artigiani maggiormente investiti dalle trasformazioni economiche sono particolarmente sensibili alla propaganda antisemita. La loro ostilità contro la nuova mobilità sociale fondata sulla capacità individuale è fagocitata dalle corporazioni preindustriali inserite in solide gerarchie; si tratta di un'ideologia che si oppone al progresso e alla modernizzazione, e si pone come alternativa al mondo moderno e alla civiltà industriale urbana, della quale gli ebrei sono ritenuti i principali esponenti. L'ostilità al capitalismo si collega con la tradizione di pensiero völkisch nell'esaltare i

13 Glatzer riferisce che il primo giorno di scuola di Rosenzweig, lo zio lo prese da parte e gli disse:

«Ragazzo mio oggi vai per la prima volta tra la gente; ricorda finché vivrai che tu sei un ebreo»; N.N.Glatzer, Franz Rosenzweig: His life and his tought, Schocken Books, New York 1961, p.XXXVII.

14 Cfr. H. A. Winkler Grande storia della Germania, Un lungo cammino verso Occidente, tr. it. a cura di

V. Daniele e S. Scarabello, Donzelli, Roma 2004, pp. 103-123.

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valori precapitalistici e ruralistici in funzione antiebraica. 16 Questo atteggiamento è rafforzato dalla crisi mondiale scoppiata nel 1873 che favorisce l'ostilità verso gli ambienti bancari e finanziari e verso le grandi concentrazioni industriali sorte in risposta alla crisi.

Inoltre, in un'epoca caratterizzata dall'intensificazione del nazionalismo e dalla nascita dei contrasti imperialistici, l'applicazione ai fenomeni sociali dei concetti darwiniani di selezione naturale e sopravvivenza del più adatto, pone al centro dei rapporti sociali e politici le idee di forza e potere, facilitando la creazione di una gerarchia di razze e di popoli; l'eugenetica, mirante al controllo scientifico del patrimonio ereditario della razza, dà una patente di rispettabilità all'igiene razziale e favorisce l'insorgere di un misticismo della razza. Una interpretazione deviata del darwinismo sociale che non era affatto antisemitica, fornisce al pensiero razzista alcuni elementi che, semplificati e volgarizzati, diventano centrali nella pubblicista antisemita. Tra questi elementi il primo è costituito dalla lotta per la sopravvivenza tra l’elemento germanico e quello ebraico, che sposta la lotta sul piano razziale, con il duplice vantaggio di non suscitare sospetti di intolleranza religiosa e di esercitare una maggiore attrattiva sugli strati popolari indifferenti alla religione. Altro elemento forte, che si presume di potere dedurre dalle teorie di Darwin, è quello della degenerazione, dovuta ad immutabili fattori genetici che, tramite discipline come la frenologia e la fisiognomica, assume particolare rilievo nella razza ebraica il cui aspetto fisico è messo in relazione con i caratteri morali.17

16 Il pensiero völkisch ha radici antiche e profonde e il movimento völkisc, nato dal darwinismo sociale

gemanocentrico e antisemita ottocentesco, é caratterizzato da interesse sentimentale patriottico e attacamento alla terra e alla storia locale, da populismo antiurbano e ritorno alla terra. Cfr.W.Benz, I

protocolli dei savi di Sion, la leggenda del complotto mondiale ebraico, tr. it. a cura di A. Gilardoni e V.

Pisanty, Mimesis, Milano 2006, pp. 108-109.

17 Primi esempi di questo nuovo antisemitismo tedesco a base razziale furono i libri del giornalista

(presunto inventore del termine antisemitismo e fondatore nel 1879 di una Lega degli Antisemiti) Wilhelm Marr La vittoria dell’ebraismo sul germanesimo, considerata da un punto di vista non

confessionale (1873) e dell’economista e filosofo Eugen Dühring La questione ebraica come questione razziale il suo carattere nocivo per l’esistenza dei popoli, la morale e la civiltà (1881). Cfr. G.S. Rossi, Il razzista totalitario. Evola e la leggenda dell’antisemitismo spirituale. Rubbettino, Soveria Mannelli 2007.

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In Germania come in tutta l'Europa centrale, l'antisemitismo non riesce a cancellare gli effetti dell'emancipazione, ma conosce (malgrado il sostanziale fallimento dei partiti e movimenti politici che fanno dell'antisemitismo la loro unica ragione) una crescente penetrazione nella vita sociale, tramite associazioni e gruppi di pressione di vario genere e tramite stereotipi ampiamente diffusi dalla letteratura popolare, dalla pubblicistica pseudoscientifica e dallo stesso sistema scolastico. Come spiega Sonino, nella letteratura antisemita tutti quanti gli ebrei (sia quelli del ghetto, che quelli che stavano per assimilarsi, che quelli assimilati) sono attaccati e vilipesi, considerati fattori di disgregazione della comunità tedesca. 18 L’ebreo, espressione della modernità anonima e

caotica, è senza radici, in piena contapposizione al tedesco fortemente radicato nella sua terra. L’economista Werner Sombart, con la sua autorità scientifica, qualche anno più tardi, nel 1912, legittima il più antico pregiudizio secondo cui il capitalismo moderno è l’espressione di una razionalità economica connaturata agli ebrei, idendificando così ebraismo e capitalismo, ebraismo e modernità. 19

A fine secolo in Germania l’antisemitismo è dunque diffuso e parte integrante dell’intera cultura tedesca:

L’ebreo era considerato fremd, estraneo e straniero, elemento totalmente altro, il disgregatore dei valori spirituali e nazionali autentici della società cristiana-tedesca.20

Per gli ebrei assimilati la cultura tedesca, da quasi un secolo, è la fonte principale della vita, dell’ispirazione, dell’educazione estetica e letteraria, della formazione scientifica. Ma adesso a fine secolo e agli inizi del nuovo secolo, gli ebrei si sentono di nuovo respinti ai margini, incalzati dall’ascesa dell’antisemitismo e dal confronto, sempre più

18 C.Sonino, Esilio…, op. cit., pp. 38-39.

19 Ibidem, Sonino cita W.Sombart, Gli Ebrei e la vita economica, AR, Padova 1980. 20 Ivi, cit., pp.39-40.

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pressante con l’ebraismo orientale che ripropone il proprio passato e la propria storia materiale e psicologica. Proprio sull’onda della crisi dell’emancipazione, provocata da rifiorire dell’antisemitismo, una parte della cultura ebraica, a contatto con la cultura neoromantica di fine secolo, comincia a mostrare particolare interesse per un nuovo ebraismo alternativo a quello dell’emancipazione, che si riassume nella formula “cittadini tedeschi di religione ebraica”.

Nel clima culturale di fine secolo comincia la formazione del nostro Franz Rosenzweig, la cui

appartenenza… ad un ambiente famigliare spiritualmente e politicamente liberale, l’educazione ispirata all’ideale classico, goethiano e humboldtiano della Bildung, l’intensiva frequentazione delle lettere, le arti, la musica, l’osservanza religiosa solo occasionale, ispirata nel caso della famiglia di Rosenzweig al decoro etico più che a fede profonda, (eccezion fatta per uno zio) sembrano fare di lui un rappresentante tipico dell’ebraismo assimilato colto di quel ceto medio-alto che vive la tranquillità e la prosperità di fine secolo e dei primi anni del Novecento senza eccessive inquietudini. Almeno fino all’apertura di sguardo sul presente e sulla storia degli anni universitari.21

In questo periodo una ristretta cerchia d’intellettuali ebrei, venuti a contatto con l’ebraismo orientale, avvia un viaggio sentimentale verso il proprio passato storico dimenticato; si rende esplicita la crisi dell’assimilazione e l’anelito ad una identità ebraica alternativa, resa possibile e preparata dalla più generale crisi dei fondamentali sistemi filosofici unitari. Le spinte delle nuove riflessioni filosofiche nella cultura centroeuropea della fine del secolo appassionano i giovani intellettuali ebrei, che manifestano una crescente insofferenza per l’approccio positivista e storicista che offusca e mortifica la vita, e sono determinati ad andare oltre l’esperienza astratta ed impersonale della vita moderna, impersonata dai loro padri e dalla cultura

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dell’assimilazione. 22 L’identità ebraica assimilata che si era consolidata con la spinta dello storicismo e del positivismo, entra in crisi non solo perché viene aggredita dall’esterno, dall’antisemitismo, ma perché è espressione di un mondo percepito come ostile alla vita e in cui la tradizione che, se c’è, è ridotta a vuoto formalismo.

Riporto quanto scrive a tal proposito Sonino:

Prima e dopo il conflitto mondiale la riscoperta o la definizione di un ebraismo sotterraneo, nascosto, non borghese, nasce infatti per la giovane generazione di ebrei tedeschi, figli della borghesia laica ed assimilata, in opposizione all’ebraismo assimilato borghese, materialista e filisteo di padri, sotto la spinta delle suggestioni romantiche e vitalistiche proprie e dalla tradizione e della cultura tedesca di fine secolo: le attese e le speranze tanto di una nuova arte che fosse espressione dei nessi vitali, quanto il sogno e l’attesa di un’umanità diversa, un nuovo tipo di uomo, un nuovo ebreo, erano formulate dall’intelligenza ebraica sia in quanto ebrea sia in quanto moderna e tedesca. 23

Così Michel Löwy a sua volta scrive:

L’eredità religiosa ebraica è percepita attraverso una griglia di lettura romantica che ne privilegia la dimensione non razionale e non istituzionale, gli aspetti mistici, esplosivi, apocalittici “antiborghesi”.24

E Stéphane Mosès aggiunge:

Al centro della sua modernità l’ebreo si trova, così che lo voglia o meno, richiamato alla propria identità metafisica.25

Rosenzweig vive, respira e partecipa attivamente a questo processo di riflessione e rivisitazione dell’autentica vocazione ebraica; egli, ponendosi in posizione critica nei riguardi del passato, soprattutto per quel che concerne l’interpretazione del tempo e

22 Cfr. C. Sonino, op. cit, p. 43. 23 Ivi, p. 44.

24 M. Löwy, Redenzione e utopia. Figure della cultura ebraica mitteleuropea, tr. it. a cura di Bidussa, Bollati

Bornighieri, Torino 1992, cit., p.44.

25 S. Mosès, La storia e il suo angelo. Rosenzweig, Benjamin, Scholem, tr. it. a cura di M. Bertaggia,

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della storia, di un pensiero che ha una matrice cristiana, cerca di trovare all’interno delle proprie radici ebraiche l’input per un nuovo metodo del filosofare.26

Dopo la conclusione tragica della prima guerra mondiale, il trauma bruciante e inaccettabile della sconfitta militare e delle macerie fa nascere tra i settori conservatori della politica e dell’opinione pubblica tedesca la spinta a cercare la via facile di un capro espiatorio cui addossare la responsabilità del disastro e di una sconfitta così catastrofica al di fuori di ogni corretta valutazione storica. I responsabili del disastro sono individuatati negli ebrei, per il loro presunto comportamento antipatriottico durante la guerra, e nei dirigenti di origine ebraica dei partiti di sinistra che avevano portato alla nascita della repubblica in Germania.27

In questo periodo si diffonde nuovamente, e in grado maggiore rispetto al passato, la psicosi della cospirazione mondiale ebraica, che trova terreno fertile in Germania per la situazione di grave crisi economia e sociale in cui era piombata con la guerra; aumentano i casi di discriminazione sociale nei confronti degli ebrei che si manifestano, in particolare, nelle organizzazioni professionali come in quelle studentesche e sportive, le quali mostrano atteggiamenti e programmi discriminatori. In Germania fiorisce in modo quasi esponenziale una delirante pubblicistica antisemita e si sviluppano associazioni nazionaliste di destra che fanno dell’antisemitismo, della lotta al socialismo e del rifiuto della democrazia la loro bandiera. 28 L’antisemitismo razzista si

26 D’Antunono a tal proposito scrive: «Nuova è la modalità rosenzweighiana di ascolto della domanda del

tempo, del “1900” come egli chiama l’età contemporanea, marcando con forza la distanza dal “1800”, l’età di Goethe e di Hegel, epoca del compimento, come sarà chiaro nel corso del XIX secolo, ma nella coscienza dei suoi grandi rappresentanti epoca nata sotto il segno di un nuovo regno del sapere (scaturito da Kant e strutturatosi come Idealismo) e nelle speranze dei rivoluzionari epoca nata sotto il segno di una nuova politica determinata a costruire regni terreni alla libertà»; E. D’Antuono Franz Rosenzweig: Filosofia e critica della filosofia e «nuovo pensiero», in Filosofia e critica della filosofia nel pensiero ebraico, a cura di P. Amodio, G. Giannini, G. Lissa, Giannini, Napoli 2004, p.106.

27 Cfr. anche M. Ghiretti, Storia dell’antigiudaismo e dell’antisemitismo, op. cit., p. 238.

28 Grande successo ebbe in particolare la traduzione, nel 1920, dei Protocolli dei Saggi di Sion.

I Protocolli, la presunta trascrizione d’incontri segreti di leader della comunità ebraica, descrive una presunta cospirazione per dominare il mondo Nonostante sia stato ampiamente dimostrato come i Protocolli siano un falso, essi continuano a ispirare chi cerca di diffondere l'odio contro gli Ebrei. La prima edizione dei Protocolli in una lingua diversa dal russo viene pubblicata in Germania nel 1920.

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manifesta come prerogativa dell’estrema destra, che ricorre anche all’assassinio del leader socialista Kurt Eisner e del ministro degli esteri Walther Rathenau perché avversari politici ed ebrei. Gli ambienti conservatori ostili alla repubblica parlamentare (detta dispregiativamente “repubblica degli ebrei”), trovano nei gruppi della destra radicale comodi alleati; per rinsaldare quest’alleanza non esitano ad appropriarsi dei temi di propaganda antisemita e razzista che penetra anche negli ambienti militari. La stabilizzazione economica del 1924 sembra attenuare le tensioni sociali, l’attivismo dell’estremismo di destra e il loro antisemitismo. Ma tutto ciò riguarda solo le espressioni più estreme: gli stereotipi antiebraici continuano a circolare ampiamente grazie alla complicità della stampa e al sistema scolastico. Con lo scoppio dalla gravissima crisi economica del 1929 l’ostilità antiebraica riprende vigore e crea le premesse per compiere il nuovo salto di qualità, che si manifesterà con gli orrori dell’olocausto.

1.2.Il travagliato itinerario esistenziale ed intellettuale del giovane Rosenzweig

Nel contesto storico della Germania, che abbiamo tentato di richiamare brevemente, si forma e vive Franz Rosenzweig, morto a soli 43 anni a Francoforte nel 1929. Focalizzare e capire alcune tappe della sua vita è indispensabile per capire il suo pensiero.

Scrive Stephane Mosès:

Sebbene sia insolito spiegare una filosofia con l’aiuto dei dati biografici, nel caso di Rosenzweig ciò è interamente in conformità con le proprie premesse filosofiche.29

29 S. Mosès, Franz Rosenzweig (1886-1929), in «Contemporary Religious Life and Thought in Israel», in

«Immanuel A Semi–annual Bullettin of Religious Thought in Is- rael», 1982, n. 14, pp. 124, la tr. it. di questa frase è riportata da C. Ricci, Il carteggio tra Franz Rosenzweig e Eugen Rosenstock, in «Annali della facoltà di lettere e filosofia Università degli studi di Perugia», vol. XLI, XXVII, 2005-2007, Aracne, Roma, p. 88.

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Come abbiamo sottolineato Rosenzweig, appartenente ad una famiglia di commercianti ebrei benestanti, spiritualmente e politicamente liberale, riceve presto una educazione ispirata all’ideale classico ed è avviato all’apprendimento delle lettere, delle arti della musica secondo gli usi ormai consolidati dell’ebraismo assimilato colto di quel ceto medio-alto che vive la tranquillità e la prosperità di fine secolo e dei primi anni del Novecento senza eccessive inquietudini.

Nella primavera del 1905, presso il Friedrichsgymnasium umanistico della sua città Kassel, sostiene l’esame della maturità che gli consente, a partire dall’autunno successivo, d’intraprendere gli studi medici che segue, per sei semestri consecutivi, tra Gottinga, Monaco e Friburgo. 30 È lo stesso Rosenzweig, a tracciare con note del suo diario e lettere, la linea del suo sviluppo intellettuale fino al 1907. In quegli anni suo autore di riferimento è Goethe, lo scrittore che esalta la soggettività che si manifesta felicemente nell’oggettivo dando vita ad un’opera che ha valore universale. All’opposto di Nietzsche, che per il giovane Franz è l’esempio di un’individualità incapace di oggettivazione che, per quando grande e creativa, resta ripiegata su se stessa. 31

Nel 1906, già studente di medicina, si trasferisce a Friburgo dove, per compiacere il padre, continua gli studi di medicina ma dove ha anche l’opportunità di seguire con particolare interesse un seminario su Kant, il filosofo della scienza e della cultura che ha nella scienza il suo ancoraggio e la sua fondazione.32 Qui matura l’interesse per la storia e per la filosofia, fino alla sofferta decisione di abbandonare, alla fine del semestre 1907-1908 lo studio della medicina per dedicarsi allo studio della storia e della filosofia, a lui molto più congeniale, portato avanti tra Berlino e Friburgo sotto la guida autorevole del suo maestro Meinecke. In questa fase avverte anche la necessità di

30Cfr. F.P.Ciglia, Fra Atene Gerusalemme. Il «nuovo pensiero» di Franz Rosenzweig, Marietti, Genova 2009, p. 15.

31Cfr. I.Kajon, Profezia e filosofia nel kuzari e nella Stella della redenzione, Cedam, Padova 1996, pp.20-21.

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andare oltre Kant per scoprire l’individuale e irripetibile giungendo ad una conciliazione tra il momento dell’oggettivo e quello del soggettivo, sfuggendo alla radicalizzazione del soggettivismo romantico e dell’oggettivismo senza anima. Il suo interesse per Hegel a partire dal 1908 parte dalla sua forte istanza interiore di dovere coniugare le spinte soggettive e gli eventi reali. Anche l’istanza religiosa comincia a farsi strada in questo periodo nella mente e nello spirito del giovane Franz, ebreo di tiepidi sentimenti religiosi, molto colpito nel 1909 dalla decisione del cugino Hans Ehrenberg, cui era molto legato, di diventare cristiano e farsi battezzare. La famiglia di Rosenzweig, pur non essendo mai stata particolarmente interessata alla religione, è contrariata dalla scelta e Franz, coinvolto interiormente dalla conversione del cugino, comincia una riflessione critica sull’educazione pubblica ebraica.

Negli ultimi mesi del 1909 assieme a Rudolf ed Hans Ehrenberg organizza a Baden-Baden un convegno di giovani storici e filosofi, con un tema di chiara ispirazione hegeliana: «essere il proprio tempo nel modo migliore». Il convegno nell’intento degli organizzatori ha un carattere che oggi potremmo definire esperienziale. Non si propone di approfondire alcuni aspetti della filosofia hegeliana, ma ha l’intento dichiarato di rendere possibile una corrispondenza tra il modo di pensare dei partecipanti e lo «spirito del tempo» e, quindi, di confermare o smentire il pensiero hegeliano fondato sull’unificazione tra l’individuo e la realtà oggettiva.33 Il convegno non ha il successo sperato e Franz, che all’appuntamento di Baden-Baden ha l’opportunità di conoscere Eugen Rosenstock-Huessy, comincia a mettere in discussione Hegel come punto di riferimento della propria esperienza. 34

33 Ivi, pp. 24-25.

34 Eugen Rosenstock-Huessy giurista tedesco 1888-1973. Lontano parente di Rosenzweig, si convertì al

cristianesimo all’età di 26 anni. Con lui Rosenzweig ed il cugino nella notte del 7 luglio del 1913 hanno un’intenso ed acceso dialogo che segna una tappa importane nello sviluppo del suo pensiero con l’abbandono delle posizioni relativistiche, e l’avvio verso una posizione non–relativistica. Cfr. Lettera di

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Scrive Irene Kajon:

Così Rosenzweig, dopo l’esperimento di Baden-Baden si allontana completamente dal progetto che egli aveva considerato come il più profondo insegnamento di Hegel. Di trovare l’unità con se stessi, attraverso la cosciente partecipazione alla situazione storica: non gli rimane allora, nel periodo successivo ai primi giorni del 1910, che riconoscere, senza più mascherarlo o nasconderlo, il più deciso contrasto tra il soggettivo e l’oggettivo, le relazioni storiche e sociali in cui l’”io” è coinvolto, e la sua aspirazione ad acquisire la propria identità.35

A Friburgo sotto la guida di Meinecke avvia la sua ricerca sulla dottrina hegeliana dello Stato che costituirà la sua dissertazione di dottorato in storia moderna. Questa ricerca attraverso lo studio minuzioso dei manoscritti hegeliani, conclusa nell’estate del 1912 (rifinita negli anni successivi e pubblicata poi nel 1920), riflette l’evoluzione e il travaglio del pensiero di Rosenzweig fino al 1913 rispetto alla filosofia hegeliana. Quando nel 1909 il giovane Rosenzweig definisce il suo progetto di ricerca, vede nel pensiero hegeliano il fondamento delle tendenze nazionalistiche e liberali presenti in Germania di unificare la forza e lo spirito, l’imperialismo e la cultura. Il suo intendimento iniziale, richiamandosi a Hegel, e riprendendo la linea tracciata dal suo maestro Meinecke, è di sottolineare la necessità che lo Stato tedesco abbia in sé una capacità spirituale. Dopo l’esperienza di Baden-Baden e, più ancora quando tra il 1911 e il 1912, dopo lo studio meticoloso di Hegel, inizia la stesura del primo libro, il suo progetto iniziale non ha più forma perché è messo in discussione il nucleo fondamentale che muove il pensiero hegeliano. Così, in questo periodo, la crisi dell’hegelismo diventa l’obiettivo principale della sua ricerca. La cultura tedesca, e con essa la cultura europea, che nel pensiero hegeliano trovano significato ed alimento nella confluenza di filosofia

al 1929, Città nuova, Roma 1991, pp. 286–287. Eugen rimarrà, per Rosenzweig, un importante interlocutore

tale da influenzare anche quel pensiero che convergerà nella Stella della Redenzione, come testimonia il lungo scambio epistolare tenuto nel 1916 di cui possediamo anche una versione italiana; Cfr. F. Rosenzweig- Rosenstock, La radice che porta. Lettere su ebraismo e cristianesimo (1916), tr. It. a cura di G. Bonola, Marietti, Genova 1992.

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e cristianesimo, per il giovane Rosenzweig vive una condizione di difficoltà dalla quale sembra di non potere più uscire, né con gli strumenti offerti dal pensiero filosofico né con gli strumenti offerti dal cristianesimo. Questa riflessione, mista a una profonda crisi spirituale ed intellettuale, lo porta ad abbandonare il taglio storico delle sue ricerche ma anche ad abbandonare ogni interesse per la carriera universitaria a cui, forte dell’appoggio di Meinecke, sembrava essere destinato.

Rosenzweig rifiuta presto la filosofia come professione e concepisce il saper come servizio all’uomo, un sapere attento agli interrogativi che inquietano il vivere umano, sul senso della vita e quello simultaneo della morte. 36 Nel suo spirito e nella sua maturazione intellettuale e religiosa ha un forte impatto nel 1913 l’incontro a Lipsia con Eugen Rosenstock: da una parte il suo travaglio spirituale lo induce ad abbandonare la scuola storicista e la carriera universitaria, dall’altra passa da tiepidi sentimenti religiosi alla manifesta intenzione di convertirsi al cristianesimo. A proposito dell’incontro con Rosenstock, Rosenzweig scrive:

«nel colloquio notturno di Lipsia, quando Rosenstock passo dopo passo mi snidò dalle sue ultime posizioni relativistiche, che io ancora difendevo, e mi forzò ad una presa di posizione non–relativistica, io gli ero fin dal principio soccombente perché anche dal mio punto di vista non potevo che assentire al buon diritto di quell’attacco».37

Nella lettera Rosenzweig ricorda che l’ultimo baluardo del relativismo, il dualismo metafisico Dio/diavolo come origine del dualismo rivelazione/mondo, è stato abbattuto da Gen 1,1. La lucidità con la quale Rosenstock espone le sue argomentazioni a favore della fede cristiana non solo fa crollare il suo scetticismo, ma lo induce anche a

36 Lettere di F. Rosenzweig a F. Meinecke, trad. it. a cura di E. D’Antuono, in «Archivio di storia della

cultura», IV (1991), p. 303.

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considerare seriamente la possibilità di convertirsi al cristianesimo. Prosegue infatti Rosenzweig:

«perciò io allora fui disarmato in un sol colpo già dalla semplice confessione di fede di Rosenstock, che costituiva solo l’inizio del suo attacco. Il fatto che un uomo come Rosenstock fosse consapevolmente cristiano […] mise a soqquadro tutta la mia concezione del cristianesimo, e con essa quella della religione in generale e quindi quella della mia religione».38

Quanto l’incontro notturno di Lipsia sia stato un momento forte ed incisivo per il giovane Franz è testimoniato con drammaticità da lui stesso: la caduta di certezze rispetto ad alcune coordinate del pensiero fino ad allora maturato gli fanno provare una forte esperienza di angoscia; sapere ed esigenza di verità sono il senso della sua esistenza. È tanta l’angoscia interiore che proprio il giorno seguente al colloquio notturno di Lipsia ha la tentazione di utilizzare la pistola che teneva nel cassetto e di tentare il suicidio:

Questa è l’unica cosa che mi appariva ancora oscura, per il resto ero ridotto soltanto al silenzio, e già troppo vicino al completo vis-à-vis du rien, con il quale quel mattino sono tornato alla mia stanza dopo la notte ed ho preso la mia Browinf 6.35 dalla mia scrivania. Non so se sia stata codardia o speranza che in quel momento mi ha trattenuto dall’utilizzarla, e non lo saprò mai quaggiù, dove una gioia arriva solo con tremore.39

In seguito all’incontro notturno di Lipsia del luglio 1913 Rosenzweig attraversa, quindi, un periodo di forte incertezza, che lo costringe a mettere in discussione anche la conversione al cristianesimo verso cui è ormai orientato. Il periodo di dubbio e di

38 Ibidem.

39 F. Rosenzweig Die “Gritli”- Briefe: Briefe an Margrit Rosenstock-Huessy, Bilam Verlag, Tübingen

2002, cit. p. 22; la traduzione italiana di queste righe si trova in P. L. Plata, (Auto)biografia di Franz

Rosenzweig, in Franz Rosenzweig. Ritornare alle fonti, ripensare la vita, a cura di M. Giuliani, Pozzo di

Giacobbe, Trapani 2012, cit., p. 16. L’autore, analizzando in Rosenzweig il rapporto tra pensare la morte e il suo desiderio di incontrarla, afferma che la problematica dei suicidio (intesa come rapporto vita-morte) accompagna dunque l’intero profilo esistenziale di Rosenzweig, tanto da essere presente anche nell’ambiente familiare. Da un’altra lettera scritta nel 1919 a Margrit Rosenstock scopriamo cha anche la mamma di Franz aveva tendenze suicide.

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profonda crisi esistenziale ha un’ulteriore evoluzione con la ri-conversione all’ebraismo. Sappiamo ben poco di cosa abbia potuto provocare questa decisione. Sappiamo che partecipando alla liturgia ebraica del Yom Kippur a cui Rosenzweig assiste in una sinagoga di Berlino, è attraversato da una sorta di illuminazione interiore nel quale scopre che l’Ebraismo non è un relitto del passato, ma una religione e una speranza vivente; da qui la sua decisione di restare ebreo e di dedicarsi completamente all’Ebraismo.40 In seguito a questo momento forte della propria esperienza di vita Rosenzweig decide di non convertirsi al cristianesimo ed avvia la sua riscoperta adulta e consapevole delle sue radici spirituali e culturali ebraiche. Il ritorno all’ebraismo determina il nuovo orientamento della ricerca di Rosenzweig, tutta protesa ormai a rispondere agli interrogativi che provengono dall’esperienza concreta di ogni uomo. Una vera e propria filosofia esperiente, lontana dagli sterili dibattiti di ordine filosofico che pare avevano molto impegnato Rosenzweig prima del ritorno all’ebraismo. Lui stesso spiega al suo maestro Minecke le ragioni del nuovo orientamento assunto dal nuovo pensiero e le sue conseguenti scelte di vita:

Mi è accaduto nel 1913 qualcosa che, se debbo parlarne, non posso chiamare con altro nome che: “crollo”. Mi trovai improvvisamente in un campo di macerie o piuttosto: constatai che il cammino che io percorrevo si inoltrava tra irrealtà. Era il cammino che soltanto il mio talento, o meglio, i miei talenti mi indicavano. Avvertii il senso di un tale dominio dei talenti, di un tale autoasservimento. Mi sopraffece un orrore di me stesso simile a quello che anni prima, Friburgo, Köhler aveva provato per me e per la mia insaziabile fame di forme, senza senso né scopo, che sempre su se stessa si riproduceva. A questa fame di forme, a questa- come io la chiamo- insaziabile ricettività avrebbe dovuto servire il mio studio della storia, che per me era stato un buon battitore… Tra i brandelli dei talenti cercavo me stesso, tra i molti l’uno. Così avvenne che io allora discesi in me stesso… nel

40 Bonola sostiene che il ritorno alle radici ebraiche fosse avvenuto prima del viaggio a Berlino e che la

partecipazione alla festività dei “giorni terribili” abbia solo rafforzato la scelta di Rosenzweig. Cfr., G. Bonola, Introduzione a F. Rosenzweig, E. Rosenstock, in G. Bonola , La radice che porta, op. cit., p. 13, nota 17.

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sotterraneo del mio essere, dove i miei talenti non potevano accompagnarmi e mi accostai all’antico scrigno… Tirai fuori e presi su di me quanto le mie braccia potevano portare… Erano i miei tesori, il mio possesso più proprio, ereditato, non preso in prestito. Possedendo e amministrando questi beni avevo ora quanto prima mi era mancato: il diritto di vivere e perfino di avere talenti, poiché ormai ero io a possedere loro, non loro me. Ma a furor di metafora: ero diventato da storico sicuramente abitabile filosofo sicuramente non abitabile, se posso racchiudere l’accaduto in questi concetti non del tutto appropriati. Insomma l’essenziale è che la scienza semplicemente non possiede più per me il significato centrale e che la mia vita a partire da allora è determinata dall’”oscuro impeto”, a cui dare il nome di “mio ebraismo” è dare- ne sono chiaramente consapevole- pur sempre soltanto un nome… Ormai io interrogo soltanto dove vengo interrogato. Interrogato dall’uomo, non dagli studiosi, non dalla scienza. Certo anche nello studioso c’è un uomo, uno che pone domande, uno che ha bisogno di risposte… le domande dagli uomini sono diventate per me tanto più pressanti.41

Dopo la sua decisione di restare Ebreo Rosenzweig continua il suo dialogo con l’amico intellettuale cristiano Rosenstock, risponde alle sue osservazioni e contestazioni, chiarisce il significato della ricerca del vero che, nella formulazione da lui proposta, ruota attorno al concetto di esperienza. Scrive Cecilia Ricci: «Le ventuno lettere che costituiscono il carteggio tra Franz Rosenzweig ed Eugen Rosenstock, rappresentano uno dei più appassionati dialoghi circa il confronto tra ebraismo e cristianesimo, tra due pensatori di primo piano nel panorama della filosofia tedesca. Un documento di notevole interesse non solo per la chiarezza e la vivacità dei toni con i quali vengono sviscerate le spinosissime questioni in seno alle due religioni, ma anche e soprattutto perché anticipa alcune delle intuizioni più feconde di Rosenzweig largamente trattate nel capolavoro successivo del filosofo ebreo La Stella della redenzione ».42 Il carteggio ci fa comprendere la storia della sua travagliata conversione all’ebraismo che trasformerà radicalmente la sua vita. In esse Rosenzweig esprime il suo bisogno

41 F. Rosenzweig, Lettere di F. Rosenzweig a F. Meinecke, trad. it. a cura di E. D’Antuono, in «Archivio

di Storia della cultura», 1991, IV, cit., pp. 301-303.

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interiore di rispondere alle domande più urgenti dell’uomo nate dalla sua esperienza. Nel carteggio emerge, inoltre, il comune senso di religiosità dentro il quale maturano le due diverse posizioni e talvolta due inconciliabili posizioni teologiche. Tuttavia entrambi sviluppano un pensiero che prende le distanze dal sistema hegeliano e dalla sua pretesa di voler esaurire e comprendere definitivamente la realtà. La svolta della conversione indica a Rosenzweig la direzione verso la quale orientare le sue scelte esistenziali così come quelle speculative.

Dopo l’esperienza forte del suo ritorno all’ebraismo, il suo pensiero speculativo si orienta verso un ripensamento dell’identità ebraica. Nel 1914, a Berlino, diviene assiduo ascoltatore del neokantiano Hermann Cohen professore di filosofia ebraica all’Istituto per lo Studio Scientifico dell’Ebraismo. Qui studia per incrementare la sua conoscenza della lingua ebraica, dell’arabo e del Talmud. Incontra per la prima volta Martin Buber, il sostenitore della filosofia dialogica, con il quale più tardi Rosenzweig collabora per tradurre alcuni libri dell’Antico Testamento.

Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale entra nella Croce Rossa a Berlino e nel 1915 opera dapprima come volontario per la Croce Rossa in Belgio e successivamente è richiamato nell’esercito ed inviato a Kassel dove riceve l’addestramento come artigliere. Durante l’addestramento lavora a miglioramenti alla sua dissertazione su Hegel e lo Stato. Finito l’addestramento opera in un’unità antiaerea sul fronte dei Balcani. Mentre si trova nelle trincee della Macedonia, tra il gennaio e il dicembre del 1917, e quindi nell’ultima fase della guerra, Franz Rosenzweig cerca di dare una risposta alle domande e alle incertezze di quel tempo, sulle cause e le ragioni della tragedia di quella guerra, sulle conseguenze e sulle prospettive per la Germania, ma anche per l’umanità e l’intero pianeta. La riflessione si esprime in una serie di scritti che avrebbero dovuto confluire

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in un volume collettivo di scritti di guerra ideato da Hans Ehrenberg mai realizzato.43 Tra questi scritti si distingue una singolare ed interessante operetta a cui l’autore avrebbe attribuito il titolo di Globus, Studien zur weltgeschichtlichen Raumlehre – Globus. Studio sulla dottrina storico-universale della spazio. Lo scritto del giovanissimo autore, che si sviluppa attraverso una narrazione storica e speculativa ricca e complessa, affronta le questione storica e filosofica dell’Europa sia come formazione geo-politica, sia come entità ideale e comincia a delineare prospettive di intrecci e sinergie tra le grandi culture greca e biblica che poi saranno ripensate nel capolavoro della sua vita, La Stella della Redenzione, terminata in pochi mesi e inviata a casa tramite lettere e cartoline della posta militare, iniziata sullo stesso fronte balcanico all’inizio dell’estate del 2018, dopo la conclusione di Globus.44

Negli ultimi mesi del 1918, Rosenzweig congedato dall’esercito, fa ritorno a Kassel dove pensa alla costituzione di un’Accademia di cultura ebraica.

1.3. Il nuovo pensiero di Rosenzweig attraverso le azioni e le pubblicazioni.

Dal 1920 tutta la vita di Rosenzweig sembra avviarsi verso percorso accelerato segnato da nuove urgenze. A partire da questo anno avvia un intenso periodo di attività e di pubblicazioni. In quest’anno, quasi per dare la prova documentata dell’approccio di pensiero che ora lui ritiene di avere completamente superato, pubblica Hegel e lo Stato, la tesi di dottorato in storia moderna, discussa nell’agosto del 2012 presso la Philosophische Fakultät del’Università di Friburgo, che adesso Rosenzweig rivede e corregge. In quest’opera, di cui parleremo diffusamente nel capitolo secondo di questa nostra ricerca, Rosenzweig demolisce la visione di uno Stato che occupa ed esaurisce

43 F. P. Ciglia, Fra Atene e Gerusalemme. Il «nuovo pensiero» di Franz Rosenzweig, Marietti, Genova,

2009, pp. 23-24; Nelle note 2 e 3 di p. 24 l’autore riferisce le informazioni dettagliate sulla produzione degli scritti di guerra e sulle loro pubblicazioni.

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l’intero orizzonte della vita fino ad accostare lo Stato all’eternità. Frutto di accurate ricerche di archivio che danno al filosofo di Kassel una straordinaria conoscenza documentata e approfondita del pensiero hegeliano, Hegel e lo Stato, rappresenta una pietra miliare nella Hegel-forschung tanto da diventare un classico nella considerevole mole di storiografia hegeliana.45 Eppure qualche anno più tardi, nel 1921, Rosenzweig parla del proprio libro sulla dottrina hegeliana dello Stato, Hegel e lo Stato, come di un lavoro da apprendista che chiede solo un posto nella libreria. Alcuni anni prima, nel 1916, in una lettera a Rosenstock scrive che in Hegel e lo Stato la sua ragione personale di esistenza non era un interesse per Hegel, ma la volontà di fare un libro.46 Come abbiamo sottolineato, durante la stesura della tesi di dottorato, Rosenzsweig risente ancora l’influsso del suo maestro Friedrich Meinecke, che insisteva sulla continuità tra Hegel e Bismarck. Ma Rosenzweig, attraverso la minuziosa ricostruzione dell’itinerario intellettuale dell’Hegel politico, si propone di contrastare il nazionalismo e l’enfatizzzazione tedesca del ruolo dello Stato. Dall’influsso di Meineke il pensatore di Kassel si staccherà presto definitivamente.

Come abbiamo sottolineato, nella celebre lettera a Meinecke del 30 agosto 1920 Rosenzsweig rinuncia completamente alla carriera universitaria prospettatagli dal maestro che gli proponeva un posto di docente all’Università di Berlino e, cercando di chiarire la sua posizione esistenziale ed intellettuale, dichiara di essere diventato «da storico sicuramente abitabile a filosofo sicuramente non abitabile». Accettare la prospettiva della carriera universitaria avrebbe significato per lui continuare a seguire la strada che già lo aveva condotto «in mezzo a delle irrealtà», quella strada che era indicata solo dai «suoi talenti» e che gli avrebbe sbarrato la possibilità di scoprire i veri «suoi tesori», «qualcosa di ereditato, non dato in prestito». Per lui conoscere non è fine

45 L. Bertolino, Il nulla e la filosofia. Idealismo critico e esperienza religiosa in Franz Rosenzweig,

Trauben, Torino 2005, p. 35.

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a se stesso ma è «servizio all’uomo. E questo servizio, sollecitato dalle domande urgenti degli uomini (non dagli studiosi), è da lui percepito come un dovere: non intende condurre un’esistenza meramente intellettuale, ma ritiene di doversi impegnare anche il una attività politica di tipo formativo e promuovere la crescita culturale e l’autocoscienza degli ebrei tedeschi.

Nel mese di marzo del 1920 sposa Edith Hahn, conosciuta sei anni prima a Berlino, e con lei si trasferisce a Francoforte per dirigere un istituto superiore di istruzione per adulti ebrei, il Lehrhaus, emulando il maestro neokantiano Herman Cohen. A Francoforte, dove esisteva già un’istituzione di educazione ebraica per gli adulti, la Freie Jüdische Volkshochschule, sostenuto dall’appoggio di Nehemia Nobel, figura di primo piano della comunità ebraica francofortese, Rosenzweig è impegnato a fare uscire l’ebraismo dai libri e dal sapere e di ridestarlo come insegnamento vivente, di rianimare con lo studio il testo e la lingua. Cambia anche il nome all’istituto: non più Volkshochschule ma Lehrhaus, libera casa ebraica d’insegnamento, aperta a tutti e senza esame finale.47 Il Lehrhaus di Rosenzweig si caratterizza per le sue basi democratiche, accessibile a tutti; le tasse di partecipazione dipendono da una graduazione sociale e dalle capacità economiche. Il cambio del nome non è un fatto formale e di facciata, ma per Rosenzweig riveste grande importanza e permette di distinguere tra il prima e il poi, tra l’antica forma tedesca di insegnamento ebraico e il dopo con la costruzione di un Beth Midrash ("casa di studio", o luogo in cui gli studenti della Legge si riuniscono per ascoltare il Midrash, il discorso o esposizione della Legge) modernizzato.48 Anche il programma viene modificato e rinnovato con l’obiettivo di non fare lezioni sull’ebraismo, ma di insegnare nell’ebraismo, pensando nell’ebraismo, con un modo di apprendere dinamico, vivo, alimentato dalla vita degli altri, attraverso una pratica

47 Cfr. R. Bertoldi, Introduzione, in F. Rosenzweig, Dio, uomo e mondo, tr. it. a cura di R. Bertoldi,

Giuntina, Firenze 2013, pp. 14-17.

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pedagogica di rottura con il metodo della vecchia Volkshochschule cioè con i corsi magistrali ex cathedra, con le conoscenze e dottrine dispensate dall’alto, ma basato sull’incontro tra uomini ebrei in uno spazio per parlare e in un tempo per parlare, in un rapporto di dipendenza reciproca gli allievi dai maestri e i maestri dagli allievi. Secondo questo spirito e con questi principi Rosenzweig dirige il suo Lehrhaus a Francoforte, dove vengono organizzati cicli di lezioni che vanno dalla lingua ebraica al Nuovo Testamento, alle tradizioni, alla poesia, al teatro ebraico. Vengono a tenerli esponenti ebraici di tutte le correnti in coerenza con la politica culturale tollerante e tendenzialmente unificatrice che Rosenzweig persegue. La scuola ospita docenti regolari e occasionali noti in seguito anche fuori l’ebraismo, come Siegfried Kracauer, Leo Strauß, Erich Fromm, Gershom Scholem, Nehemiah Anton Nobel. Martin Buber che, con il filosofo di Kassel, stringe un rapporto di amicizia e di stima sempre più intensi, tanto da assumere l’onere della condirezione dell’Istituto, quando Rosenzweig, nel 1922, a causa della malattia, manifestatasi proprio al termine di una lezione, è costretto ad affidare allo storico dell’arte Rudolf Hallo la conduzione del Lehrhaus.49 Mentre è impegnato attivamente con il suo Lehrhaus, nel 1921 esce a stampa in prima edizione, presso Kaufmann a Francoforte, la Stella della Redenzione. L’opera è segnata dal singolare destino di essere concepita al fronte durante la prima guerra mondiale; non è lo scenario crudo, tragico e intensamente vissuto della guerra a suggerirgli l’opera, ma dentro l’esperienza del fronte dei Balcani prendono forma e significato le intuizioni germinali e gli elementi lentamente acquisiti. Rosenzweig si riconosce pienamente in quest’opera, è consapevole di avere compiuto una svolta qualitativa ed afferma che l’autore delle Stella della redenzione è di un altro calibro rispetto a quello di Hegel e lo

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Stato, ritenendo di avere conseguito un livello di riflessione definitiva e che la sua opera sia profondamente legata, in modo indissolubile, alla sua esistenza.50

Con La Stella della redenzione, infatti, Rosenzweig è consapevole di avere scritto l’opera della sua vita, non solo perché questo lavoro costituisce il rendiconto, e la fondazione, della sua posizione intellettuale personale, ma anche perché esso inaugura un’ardita, innovativa proposta teoretica con cui mette in discussione l’intero corso della riflessione occidentale. Già nella lettera all’amico Rudolf Ehrenberg del novembre 1917 Rosenzweig abbozza la cellula originaria della Stella della Redenzione:

In questo lasso di tempo, da un mese ormai, sono giunto ad un risultato importante. O almeno così mi è parso in un primo momento; ora sono di nuovo in dubbio perché questa volta la frenetica fecondità di applicazione che è il contrassegno abituale di tali scoperte, non mi si è presentata, forse per motivi esterni. Si tratta del mio punto di Archimede in filosofia, che cercavo da lungo tempo. Forse ricordi, nel nostro giro nello Harz del 1914, il primo giorno, stavamo uscendo da un bosco di abeti e ci si veniva chiedendo se e come fosse possibile tracciare una linea di demarcazione tra la rivelazione da un lato e tutta la conoscenza propria dell’uomo dall’altro, in modo puramente filosofico o in genere anche solo con qualche criterio chiaramente ostensibile.51

In questa opera l’autore manifesta dunque l’ambizione di mettere le basi per costruire un nuovo pensiero che, prendendo atto della fine della filosofia nata dalla Grecia classica, astratta, statica, essenzialista, scopre la nuova struttura di relazione tra Dio, uomo e mondo. E a questo perviene in nome di quell’irriducibile caparbio io, polvere e cenere, indigesto ad ogni sistema, che grida la sua libertà disperata e che alla

50 Cfr. G. Bonola, Franz Rosenzweig ai lettori della «Stella», op. cit., pp. IX-XI.

51 F. Rosenzweig, Lettera a Rudolf Ehrenberg, 18.09.1917 in Il nuovo pensiero ed it. a cura di G. Bonola,

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speculazione filosofica totalizzante, oppone l’irriducibile destino terreno tragicamente dominato dalla morte individuale.52

Condividendo le posizioni dell’ultimo Schelling, Rosenzweig si ripromette di sanare la separazione tra filosofia e teologia che condiziona da millenni il percorso intellettuale dell’Occidente e di mostrare come le due discipline, liberate dal pericolo dell’astrazione, possano non solo dialogare, ma esser utili l’una all’altra. Tuttavia non è questa la sola innovazione clamorosa del ‘nuovo pensiero’. Nella Stella assume un ruolo centrale anche una riformulazione di cristianesimo ed ebraismo, ricondotti alle loro fondamentali prospettive comuni e reinterpretati, pur nella innegabile diversità e divaricazione delle rispettive missioni, come ‘lavoratori intenti a una stessa opera’ al cospetto del medesimo Dio. Una prospettiva di durevole pax theologica tra le componenti della tradizione giudeo-cristiana per cui i tempi paiono, da molti segni, finalmente maturi.

Alla ricerca di un editore ebraico per la sua opera, in un difficile periodo caratterizzato in Germania dalla difficoltà materiale gravissime per la guerra appena finita, sottopone l’opera al giudizio di Martin Buber, di diversa formazione e prospettiva intellettuale, ma antesignano di quell’ebraismo aperto in cui lui si riconosce. 53 La Stella, che racchiude, quindi, la summa dell’esistenza spirituale del suo autore, non trova all’inizio che rari lettori. Tra il pubblico predomina una sorta di equivoco collettivo, la convinzione, cioè, che si tratti di un libro ebraico, di difficile lettura. Non molti comprano La Stella, pochi la leggono.54 Ma non è solo il grande pubblico ad ignorare La Stella. Anche notevoli personalità della cultura ebraica tedesca non trovano interesse per l’opera: tra questi

52 Cfr. F. Rosenzweig, Il nuovo Pensiero, a cura di G. Bonola, Arsenale, Venezia 1983, pp.7-15; F. Rosenzweig, La Scrittura, Saggi dal 1914 al 1929, edizione italiana a cura di G. Bonola, op.cit.,

pp.14-17.

53 Cfr. F. Rosenzweig -M.Buber, Amicizia nella Parola, tr. it. a cura di N. Bombaci, Morcelliana, Brescia

2011, p.24.

54 Sul fascino ed insieme sulla scarsa fortuna della Stella, Cfr. M. Giuliani, Alcune ricezioni di Franz Rosenzweig nel pensiero ebraico contemporaneo, in «La rassegna mensile di Israele», v. LXXIV, n. 3.

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oltre al già citato Martin Buber, c’è anche Gershom Scholem.55 Il primo, Buber diventerà presto confidente ed estimatore di Rosenzsweig, con lui condividerà l’ambizioso progetto di fornire agli ebrei germanofoni una Bibbia in lingua tedesca che fosse insieme fedele alla tradizionale interpretazione dell’ebraismo, adeguata ai criteri della filologia e della esegesi scientifica di quei tempi, espressa in una lingua fedele il più possibile all’originale e libera dalle categorie cristiane.56 Il secondo, Gershom Scholem, più giovane di lui ma con cui aveva condiviso in maniera esemplare il destino comune a tanti giovani ebrei del primo Novecento che si sono concretizzati in proficui momenti di incontro e di collaborazione: la rottura con la generazione precedente, lo sforzo di riavvicinarsi alla tradizione, la necessità di ripensare e dare nuovo significato all’ebraismo. 57 Tuttavia Scholem rimarrà fortemente critico nei confronti di Rosenzweig; egli scriverà che i raggi di questa stella hanno «accecato» gli entusiasti, ma che tuttavia l’opera «non ha avuto alcun trattamento serio» in quanto, «era impossibile stabilire il corso di questa nuova stella in base alle coordinate delle tendenze religiose preesistenti».58 Rosenzweig avverte che il messaggio contenuto nella

Stella non trova l’accoglienza sperata e il fatto che non sia divenuta famosa è da lui

accettata come segno del destino.

Le conferenze di presentazione del libro sono poco seguite e l’autore si lascia convincere a stendere un opuscolo divulgativo che potesse facilitare la lettura de La Stella della redenzione. Rosenzweig scrive Büchlein vom gesunden und kranken Menschenverstand, Dell’intelletto comune sano e malato. Lo stile di questa operetta

55 A tal proposito cfr. M. Cacciari, Franz Rosenzweig, in Novecento filosofico e scientifico, Protagonisti,

a cura di A. Negri, Vol. V., Marzorati editore, Milano 1991, pp. 187-196.

56 Cfr. F. Rosenzweig, La Bibbia ebraica – Parola, testo, interpretazione , a cura di G.Bonola, C.Milani,

R. Bigliardi, Quodlibet, Macerata 2013, p. 10.

57 Cfr. E Lucca, Sull’orlo dell’abisso": Scholem e Rosenzweig sulla Lingua Ebraica, in «Rivista di Storia

della filosofia», n. 2, Roma 2013, p. 307.

58 G. Scholem, L’idea messianica nell’ebraismo e altri saggi sulla spiritualità ebraica, tr. it. a cura di R.

Donatoni e E. Zevi Adelphi, Milano 2008 pp.311-315. Cfr. M. Giuliani, Franz Rosenzweig nel pensiero

ebraico contemporaneo, in «La rassegna mensile d’Israel», Vol. 7, n. 3, settembre-dicembre 2008, pp.

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rispecchia bene il nuovo atteggiamento dell’autore che, quando nel 1918 termina La Stella della redenzione, ha appena trentadue anni e paragonando la sua situazione spirituale ad una età così giovane con i sentimenti provati da Goethe ad ottant’anni, considera gli anni di vita che aveva ancora da vivere come un dono da utilizzare per una attività degna per rispondere agli interrogativi della vita e dell’uomo. Tuttavia di fronte alla sollecitazione dell’editore di presentare la sua filosofia, prevale l’atteggiamento di non dovere consegnare ai lettori un libro su ordinazione. Il manoscritto dell’opera che secondo il contratto doveva esser consegnato entro il primo gennaio 1922, non soddisfa il filosofo di Kassel che decide di non pubblicarla; sarà pubblicata solo 35 anni dopo la sua morte, 43 anni dopo essere stato scritto, nel 1964 a cura del suo allievo Nahum Nobert Glatzer.59

La collocazione biografica di questo libro è molto importante. Si tratta dell’ultimo saggio che Rosenzweig scrive scrive prima della malattia. Agli inizi del 1922 Rosenzweig avverte i primi sintomi del male che lo immobilizza fino alla morte: gli viene diagnosticata una sclerosi amiotrofica laterale con crescente paralisi del bulbo. La metafora utilizzata nel libro sembra essere carica di presentimento: il seguace dei vecchi sistemi filosofici speculativi viene, infatti paragonato ad un paziente affetto da paralisi che trasforma il giovane uomo in un essere privato della possibilità di movimento e della parola:

Allora la comune intelligenza sana è tutt’a un tratto colta da un colpo apoplettico… Il paziente ha dovuto mettersi a letto; d’improvviso non poteva più compiere alcuna delle azioni quotidiane indispensabili. Si sentiva cone paralizzato. La rigidità dello stupore si era impadronita di lui. Le sue mani non potevano più afferrare, poiché, chi dava loro il diritto di prendere? I suoi piedi non potevano più

59 G. Bonola, Il disagio della filosofia, in F. Rosenzweig, Dell’intelletto comune sano e malato, tr. it a cura di G. Bonola e contributi di G.Bonola e N.N. Glatzer, Reverdito, Trento 1987,titolo originario Das

Büchlein vom gesunden und kranken Menschenverstand a cura di N.N. Glatzer, Joseph Melzer Verlag,

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camminare, perché chi garantiva un terreno ai loro passi? I suoi occhi non potevano più guardare, perché chi dimostrava che nessun sogno li stesse ingannando E così pure le sue orecchie non potevano più ascoltare, perché, chi era l’altro che dovevano ascoltare? E la sua bocca non poteva più parlare, perché, valeva forse la pena di cavar qualcosa dal vuoto.60

Rosenzweig, indicando un vero e proprio percorso di terapia si pone contro l’idealismo tedesco che incarna la malattia dell’intero uomo con la sua pretesa di dedurre tutte le cose dal pensiero e di considerare il soggetto pensante come qualcosa di astratto, afferma il valore della comune intelligenza sana che non è solo rettifica dell’errore ma guarigione dell’uomo intero. La comune intelligenza sana, secondo Rosenzweig, non utilizza alcun concetto preconfezionato e non si dirige verso alcun obiettivo predeterminato. Neppure Dio è una datità prima dell’esperienza effettiva. Si riconduce, così, l’esperienza del mondo al mondo, e l’esperienza di Dio a Dio e, in contrapposizione all’idealismo, il nuovo pensiero riconosce il mondo, l’uomo, Dio come tre elementi della realtà riconducibili soltanto a se stessi. 61 L’individuo solo, sofferente, che ha piena consapevolezza della sua mortalità, travalica il semplice pensiero. Ma Rosenzweig libera il singolo da questo isolamento, egli insegna a questo singolo unico e non riconducibile a nessun altro, a dialogare con gli altri elementi che costituiscono la realtà. Ponendosi in relazione con gli altri uomini suoi simili, con il mondo che lo circonda e con Dio, l’uomo ha superato la sua condizione di singolo e, con l’assunzione di queste relazioni, si afferma la fiducia nella capacità di parlare.62 Nell’estate del 1922, di ritorno da una vacanza con la moglie, decide di non lasciare più la sua abitazione. Nello stesso anno nasce il figlio Rafael. Alla fine dell’anno perde la capacità di scrivere. Ovvierà all’impossibilità dettando alla moglie Edith. Sorprendentemente, questo è un periodo particolarmente fecondo, dal punto di vista

60 Ivi, cit., pp. 41-42.

61 Cfr. F. Rosenzweig, Il nuovo pensiero, op. cit. pp.46 ss.

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