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CAPITOLO 3

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Academic year: 2021

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CAPITOLO 3

Acustica di sale per la musica di piccole dimensioni

Quando parliamo di sale per la musica facciamo automaticamente riferimento a spazi chiusi, cioè spazi contenenti un fluido omogeneo (aria) e completamente limitati da superfici totalmente o parzialmente riflettenti. La progettazione di ambienti per la musica non riguarda solamente teatri, grandi sale da concerto o auditorium, ma anche piccoli ambienti nei quali i musicisti possono studiare o partecipare a lezioni con il proprio maestro, come le stanze di una scuola di musica. Nel presente lavoro di tesi l’attenzione è focalizzata su quest’ultima tipologia di sale, con l’obiettivo di analizzare quali siano le condizioni acustiche di un ambiente tali da rendere ottimale la prestazione del musicista al suo interno.

E’ innanzitutto doveroso precisare cosa si intende con “piccoli ambienti”: la classificazione in sale grandi o piccole viene fatta in acustica utilizzando come metro di misura la lunghezza d’onda (vedi Glossario) dei suoni interessati al fenomeno in esame. L’ambiente si definirà grande o piccolo a seconda del suo differente comportamento in funzione delle varie lunghezze d’onda, ossia a frequenze diverse.

Per descrivere il comportamento acustico degli spazi chiusi esistono tre diversi metodi, per molti aspetti complementari tra di loro e spesso usati, almeno concettualmente, tutti insieme per l’esame approfondito di un ambiente. Il primo di questi metodi, cui ci si riferisce come teoria delle onde o teoria modale, è di tipo analitico ed è basato sullo studio dei modi propri di oscillazione dell’ambiente; il secondo metodo, la teoria geometrica, è basato sulla semplificazione che le onde acustiche possano essere rappresentate da raggi che si propagano nello spazio per via retta e che subiscono riflessioni speculari ogni volta che incontrano una superficie; infine il terzo metodo, o teoria statistica, si fonda sull’ipotesi che il campo acustico sia omogeneo in tutto l’ambiente, sia cioè diffuso nella sala, come conseguenza di una distribuzione del tutto casuale della direzione di propagazione delle onde sonore che lo determinano.

La corretta valutazione dei modi di una stanza rappresenta una sfida per la progettazione acustica, in quanto questi determinano una distribuzione non omogenea dell’energia sonora. In una determinata posizione, alcune frequenze possono essere incrementate o attenuate, dando luogo ad una certa risposta in frequenza della sala; in altre posizioni, la

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112 risposta in frequenza può essere anche molto diversa. Questo genera differenze tra il suono emesso da uno strumento musicale e quello ricevuto dall’ascoltatore, problema particolarmente evidente nelle stanze piccole dove le limitate dimensioni determinano una risposta in frequenza irregolare nel range dei toni bassi. E’ per tale motivo che il metodo descrittivo più efficace per gli ambienti piccoli risulta essere quello dell’analisi modale, in quanto è l’unico che prenda in considerazione la risposta di un ambiente alle basse frequenze.

3.1

Modi propri di un ambiente parallelepipedo

Per un ambiente chiuso di certe dimensioni è usuale distinguere il problema della descrizione a bassa frequenza da quello ad alta frequenza. Utilizzando come metro di giudizio la lunghezza d’onda del suono, si ottiene uno spettro udibile molto ampio:

- a 16 Hz, limite inferiore del range di frequenze udibili dall’orecchio umano, la lunghezza d’onda è di circa 22 m;

- a 20000 Hz, limite superiore del range di frequenze udibili dall’orecchio umano, la lunghezza d’onda è di soli 17 mm.

Il comportamento di un suono nell’ambiente circostante è determinato dal fatto che la sua lunghezza d’onda sia paragonabile o meno alle dimensioni dell’ambiente stesso e degli oggetti incontrati: ciò vuol dire che all’interno di una sala di modeste dimensioni un suono con una lunghezza d’onda di 17 mm è diffuso in modo significativo dalle piccole irregolarità della parete, cosa che non accade per un suono la cui lunghezza d’onda è di 22 m. Si evince quindi come un solo approccio analitico non sia adeguato a suoni con lunghezze d’onda così diverse: il range di frequenze molto ampio dell’orecchio ci costringe ad utilizzare metodi diversi per i diversi range di frequenza, al fine di studiare correttamente i campi sonori di ambienti chiusi. La presenza di range di frequenze così ampi in sale di modeste dimensioni favorisce inoltre la cosiddetta risposta modale dell’ambiente, con l’insorgere di onde stazionarie, mancanza di diffusione ed anomalie nella risposta alle basse frequenze (in genere sotto i 300 Hz), oltre ad altre numerose problematiche.

Per i motivi sopra elencati, l’analisi e la progettazione acustica di ambienti di piccole dimensioni sono generalmente eseguite mediante l’analisi modale, che consente di

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113 studiarne il comportamento fisico e acustico sulla base delle dimensioni e del volume disponibili, con particolare riferimento alle basse frequenze. Negli ambienti chiusi il parallelismo tra pareti, soffitto e pavimentazione determina la nascita di risonanze particolari dette risonanze del locale, frequenze permesse, frequenze naturali o più semplicemente modi o modi di risonanza, che non sono altro che frequenze la cui lunghezza d’onda risulta essere multipla della distanza tra due pareti parallele. In altre parole, i modi sono quelle riflessioni che permangono più a lungo nel tempo per effetto della risonanza in quanto coincidono con le dimensioni fisiche dell’ambiente. I modi in bassa frequenza fanno parte del riverbero di qualsiasi stanza, diventando determinanti negli ambienti di piccole e medie dimensioni come quelli per l’ascolto, lo studio e l’esercizio musicale. In pratica, le componenti gravi delle riflessioni si rafforzano rimbalzando in maniera continua sulle pareti secondo percorsi precisi che determinano la nascita delle onde stazionarie, avente ognuna una distribuzione spaziale con zone disomogenee di alto e basso livello sonoro; questo comportamento compromette l’ideale linearità della risposta in frequenza del sistema in quanto crea una distorsione timbrica o colorazione del suono. Inoltre vicino alle pareti si hanno sempre delle zone di accentuazione dei bassi mentre in prossimità degli angoli si ha la massima concentrazione delle risonanze in bassa frequenza: tale concentrazione è precisamente il contrario della diffusione omogenea alla quale deve tendere una corretta progettazione acustica della sala.

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114 Si consideri quindi uno spazio di forma parallelepipeda di dimensioni lx, ly e lz del tipo riportato in Figura 3.1, delimitato da superfici piane, omogenee e perfettamente rigide. Il problema consiste nello studio del campo acustico creato dalle onde sonore che si propagano con velocità c all’interno dell’ambiente dopo che è trascorso, dall’istante di attivazione della sorgente sonora, un tempo sufficientemente lungo per l’instaurarsi di uno stato di equilibrio, ossia in condizioni stazionarie.

Uno degli aspetti più importanti nella caratterizzazione acustica di un ambiente chiuso è andare ad indagare come le onde sonore interagiscono tra loro quando vengono riflesse dalle superfici interne della stanza. In un ambiente come quello riportato in figura un’onda sonora può venire riflessa tra due sole superfici parallele (pavimento-soffitto o due superfici laterali), tra quattro superfici o tra tutte le sei superfici. Le diverse riflessioni stabiliscono i modi della sala, i quali si dividono in assiali, tangenziali ed obliqui. I modi assiali sono quelli che coinvolgono due sole pareti parallele, i modi tangenziali quelli che ne coinvolgono quattro, i modi obliqui quelli che le coinvolgono tutte.

Una volta che il suono viene riflesso tra le superfici, i modi si manifestano sotto forma di onde stazionarie che permangono costantemente tra le superfici della stanza con punti aventi pressione massima, pressione minima e pressione compresa tra massimo e minimo. In pratica ciò si traduce nella percezione di un diverso livello sonoro in vari punti della stanza da parte di, ad esempio, un ascoltatore che cammini attraverso la stanza, o di più musicisti che suonino seduti in postazioni diverse.

Si considerino le Figure 3.2 e 3.3 nelle quali si riportano il comportamento di una canna chiusa alle estremità e quello di due pareti parallele.

Le due pareti di Figura 3.3 si comportano come le estremità della canna chiusa di Figura 3.2: il suono emesso da una sorgente che si trovi in posizione intermedia tra di esse viaggia verso destra e viene riflesso verso sinistra, per poi nuovamente essere riflesso verso destra, e così via; allo stesso tempo, il suono iniziale viaggia simultaneamente anche verso sinistra, viene riflesso verso destra e poi nuovamente verso sinistra. Le onde che si muovono nelle due direzioni si combinano e, se la lunghezza d’onda del suono è paragonabile alla distanza L esistente tra le due superfici, nasce un’onda stazionaria mentre il suono continua a manifestarsi.

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Figura 3.2: risonanze modali all’interno di una canna chiusa.

Figura 3.3: risonanze modali tra pareti parallele di una stanza.

Il primo modo dell’onda stazionaria, a frequenza fondamentale, ha un massimo di pressione in corrispondenza delle pareti, mentre la pressione è nulla al centro, cioè a metà distanza. Si manifesta anche un secondo modo, a frequenza doppia della

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116 fondamentale; ad esso corrispondono due zeri di pressione, in punti compresi tra le due pareti. C’è infine un terzo modo a frequenza tripla, che presenta tre zeri di pressione nello spazio tra le due pareti.

Possiamo quindi concludere che i vari modi presentano tutti un massimo di pressione in corrispondenza delle pareti. Quelli visti finora prendono il nome di modi assiali in quanto sono basati sulle riflessioni ortogonali alle superfici considerate; si verificano modi assiali lungo ogni asse della stanza, quindi secondo la larghezza (asse x in Figura 3.1), la lunghezza (asse y in Figura 3.1) e l’altezza (asse z in Figura 3.1). A questi si aggiungono, come vedremo in seguito, i modi tangenziali ed obliqui, basati rispettivamente sulle riflessioni tangenziali ed oblique.

Si precisa che ogni modo si manifesta sia ad una frequenza fondamentale, definita dalle dimensioni del locale e, in particolar modo, dalla distanza esistente tra superfici opposte, sia a frequenze multiple secondo numeri interi della fondamentale stessa. Ogni locale sarà quindi caratterizzato da tre categorie di modi di risonanza, ciascuno con le rispettive serie modali: i modi assiali che coinvolgono solo due superfici opposte e parallele, i modi tangenziali che coinvolgono quattro pareti, opposte e parallele a due a due, e i modi obliqui che coinvolgono le sei pareti della sala. Il calcolo di questi modi è abbastanza semplice per stanze rettangolari con pareti a due a due parallele e diventa sempre più difficile al complicarsi della geometria della sala, in quanto il posizionamento di massimi e minimi viene distorto.

L’analisi modale per ambienti aventi forma parallelepipeda viene condotta utilizzando l’equazione di Rayleigh (1869), per la cui derivazione si rimanda all’Appendice C, che può essere espressa nella forma:

= 2 = 2 + + ( )

dove c è la velocità del suono nell’aria (344 m/s), lx, ly e lz sono le dimensioni della sala, nx, ny e nz sono numeri interi (0, 1, 2, 3...) e N indica la terna di indici nx, ny e nz.

In virtù di questa equazione possiamo dare una descrizione più accurata delle tre tipologie di modi (Figura 3.4):

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117 a) modi assiali: sono quelli corrispondenti a onde che si propagano in direzione parallela ad un asse cartesiano; per onde di questo tipo due degli indici nx, ny, nz sono uguali a zero. Sono quindi onde monodimensionali che interessano ciascuna una sola coppia di superfici parallele delimitanti il locale. Ciascun locale presenta tre modi assiali primari: uno secondo l’altezza, uno secondo la larghezza e uno secondo la lunghezza. Naturalmente saranno presenti anche i modi secondari (frequenza doppia di quella del modo primario), i modi terziari (frequenza tripla) e così via, le cui ampiezze diminuiscono esponenzialmente all’aumentare della frequenza: ciò implica che in genere siano i modi primari quelli che modificano maggiormente la risposta acustica di un ambiente. I modi assiali sono quelli più energetici, in quanto implicano riflessioni su un’unica coppia di pareti con una conseguente minore perdita di energia, e pertanto sono i più sconvenienti dal punto di vista della fedeltà di riproduzione; sono i più regolari e i più sensibilmente avvertibili. Un corretto progetto deve tendere quindi in primis ad evitare l’instaurarsi di modi assiali favorendo invece quelli meno energetici;

b) modi tangenziali: sono quelli corrispondenti a onde che si propagano parallelamente ad una coppia di superfici dell’edificio e si riflettono su una delle altre due coppie, interessando quindi quattro superfici in totale. Per onde di questo tipo uno degli indici nx, ny, nz è uguale a zero. L’ampiezza di un modo tangenziale sarà minore di quella di un modo assiale in quanto il primo implica quattro riflessioni invece di due, comportando un maggiore assorbimento dell’energia acustica;

c) modi obliqui: corrispondono a onde tridimensionali che sono riflesse dalle tre coppie di pareti della sala, interessando tutte le sei superfici. Per onde di questo tipo nessuno degli indici nx, ny, nz è uguale a zero. L’ampiezza dei modi obliqui è molto ridotta rispetto a quella degli altri due a causa del maggiore assorbimento di energia acustica dovuto alle numerose riflessioni sulle pareti.

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Figura 3.4: possibili percorsi dei modi assiale, tangenziale e obliquo.

L’equazione di Rayleigh permette l’individuazione delle frequenze dei modi caratteristici della sala che, come già anticipato, non sono altro che le onde stazionarie che possono instaurarsi nell’ambiente in ragione delle sue dimensioni e proporzioni. Le uniche variabili, una volta note le dimensioni della sala, sono gli indici nx, ny e nz, che peraltro permettono immediatamente di stabilire se un certo modo sia assiale, tangenziale o obliquo: per esempio, la terna (1,0,0) identifica un modo assiale, la terna (1,1,0) identifica un modo tangenziale, la terna (1,1,1) un modo obliquo e così via.

3.2

Suddivisione del range di frequenze udibili

Vediamo quindi in che modo sia possibile utilizzare i modi di un locale per poterne dare delle informazioni in campo acustico. Innanzitutto, quando si considera l’acustica di una sala, è utile considerare il range delle frequenze udibili suddiviso in quattro regioni A, B, C, D delimitate da tre diverse frequenze (Figura 3.5).

La frequenza f100, limite superiore della regione A e limite inferiore della regione B, è individuata con precisione dal modo assiale più basso che corrisponde alla dimensione maggiore della sala, generalmente la lunghezza. Riprendendo l’equazione di Rayleigh, considerando il più basso modo assiale (1,0,0), si ha:

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= 2 1 = 2 =3442 = 172 ( )

Avendo assunto lx come la maggiore delle tre dimensioni, si capisce che f100 sarà la frequenza caratteristica del più basso modo assiale possibile.

Figura 3.5: andamento della risposta in frequenza tipica di un ambiente chiuso e suddivisione in quattro aree del range delle frequenze udibili dall’orecchio umano.

Il campo di maggiore interesse è costituito dalla regione B, o regione modale, e dal confine tra questa e la regione della diffusione (regione C): al di sopra di tali frequenze l’ambiente è governato dal maggiore assorbimento naturale dell’energia sonora dovuto alla presenza di arredi, persone, etc.., che è generalmente meno problematico. La regione B è caratterizzata da onde la cui lunghezza è paragonabile alle dimensioni medie dei locali: in questo campo non avrebbe senso applicare i principi dell’acustica geometrica e quindi il concetto di raggio, pertanto è necessario applicare quello di onda acustica unitamente ai principi della teoria modale. L’effetto generato dalle risonanze modali di questa regione è quello di aumentare la sensazione sonora: ciò si verifica

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120 quando la lunghezza d’onda di un suono ha dimensioni paragonabili con quelle del locale in cui ci sono superfici riflettenti, come nella regione B.

La frequenza limite inferiore della regione B è legata al modo assiale più basso (f100 = 172/lx), mentre la frequenza di taglio che segna il confine tra la regione modale e quella

della diffusione è detta frequenza di Schroeder fs (1996): questa definisce il limite di applicabilità della teoria modale e viene calcolata attraverso l’equazione:

" ≅ 5000

&'(̅* / ( )

dove V è il volume del locale in m3 e (̅ è un valore medio della costante di smorzamento delle pareti calcolata su più modi. Tenendo conto che il tempo di riverberazione medio TR può essere messo in relazione con la costante di smorzamento media tramite l’espressione TR = 6,9/(̅, la relazione precedente può essere scritta nella forma:

" ≅ 2000 ,' ( )

La regione C della diffusione si presenta come una zona di transizione nella quale non si possono applicare né i principi della teoria modale né quelli dell’acustica geometrica, in quanto i suoni hanno lunghezze troppo elevate per la teoria dei raggi e troppo brevi per l’acustica delle onde. Presenta come limiti inferiore e superiore la frequenza di taglio fs e 4fs; in questa regione dominano la diffrazione e la diffusione.

Infine la regione D, che fino ai 20000 Hz coincide con la regione dell’assorbimento e delle riflessioni speculari, ha come limite inferiore la frequenza 4fs; tale regione comprende le frequenze udibili più elevate con lunghezze d’onda tali da poter applicare le regole dell’acustica geometrica e l’approccio statistico.

La risposta a bassa frequenza di un locale è quindi modesta nella regione A, viene aumentata dalle risonanze nella regione B ed è soggetta alla diffrazione e all’assorbimento nelle regioni C e D. Obiettivo dell’analisi modale è quindi quello di verificare se per frequenze inferiori a quella di Schroeder possono manifestarsi problemi di distorsione sonora legati ai modi di risonanza del locale.

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121 Concentriamo nuovamente l’attenzione sull’espressione usata per la valutazione di fs : dalla sua analisi è facile capire perché l’analisi modale viene condotta quasi esclusivamente per ambienti piccoli. Infatti, essendo la frequenza di Schroeder inversamente proporzionale al volume V della sala, per ambienti grandi fs assumerebbe un valore talmente basso da ridurre notevolmente l’area della regione modale e quindi la sua importanza nella determinazione dell’acustica della sala. Per meglio capire questo concetto possiamo fare un esempio: si considerino un’aula didattica di 80 m3 con un tempo di riverberazione di 0,8 s e una sala da concerto di 12000 m3 con un tempo di riverberazione di 1,8 s; la prima presenterà una fs di 200 Hz, la seconda di 24 Hz. La sala da concerto quindi è caratterizzata da una frequenza di Schroeder talmente bassa da non porre particolari rischi di riflessioni speculari, al contrario dell’aula didattica nella quale, a causa della maggior frequenza di Schroeder, è presente il rischio della colorazione del suono dovuto a onde stazionarie che rientrano in una regione spettrale musicalmente significativa come quella bassa.

Gli unici ambienti che vedono la presenza di una regione modale sufficientemente ampia da garantire l’ottenimento di risultati mediante l’analisi modale sono quindi quelli di piccole dimensioni: per questi ambienti, peraltro, l’analisi modale è l’unica che consente di concentrare l’attenzione sulle basse frequenze (inferiori a 300 Hz) che né i modelli geometrici né quelli statistici prendono in considerazione. Si aggiunge che la frequenza di Schroeder può essere considerata come il limite oltre il quale la descrizione del campo acustico all’interno dell’ambiente può divenire oggetto di una trattazione statistica: questo perché il numero di modi normali è così elevato che lo studio deterministico della struttura modale del locale non offre più informazioni di una semplice descrizione del campo acustico in termini di valori medi di certe grandezze, quali possono essere la densità di energia sonora e il tempo di riverberazione.

In conclusione, quanto visto finora può essere riassunto come segue:

1) alle basse frequenze, considerando come limite superiore la frequenza di Schroeder, l’acustica è dominata dalla presenza delle onde stazionarie che determinano una risposta in frequenza dell’ambiente fortemente non lineare: dato un ambiente in esame ciò che è innanzitutto necessario calcolare è quindi quale sia la sua frequenza di Schroeder, ossia fino a quale frequenza esso si comporti come un piccolo ambiente dominato dal comportamento modale, e da

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122 quale frequenza a crescere si comporti come un grande ambiente dominato dal comportamento statistico;

2) la regione spettrale che presenta come limite inferiore la frequenza di Schroeder è una banda di transizione che copre circa due ottave dove domina la diffusione sonora;

3) alle medio-alte frequenze il comportamento della sala è di tipo statistico; le onde di pressione possono essere approssimate come raggi sonori che, riflettendo sulle varie superfici della stanza, contribuiscono, insieme al suono diretto proveniente dalla sorgente sonora, alla creazione del suono finale che giunge alle nostre orecchie.

3.3

Forma della sala e rapporti dimensionali

Quanto visto nel precedente paragrafo si può riassumere dicendo che le dimensioni geometriche di una sala destinata a produzione e ascolto della musica, nonché la tipologia di pareti e quindi la loro impedenza acustica, sono ciò che determina le frequenze di risonanza dei modi. E’ immediato capire che stanze non progettate acusticamente presenteranno con ogni probabilità una distribuzione delle frequenze di risonanza lasciata al caso, con una conseguente risposta della sala fortemente disomogenea: ci saranno frequenze amplificate dalla presenza di uno o più modi aventi quella frequenza di risonanza e altre depresse per mancanza di modi a quella frequenza o per effetti di cancellazione di fase.

Si è visto inoltre come i piccoli ambienti siano quelli maggiormente affetti da gravi problemi in tema di risposta acustica in corrispondenza delle basse frequenze; tuttavia questa non è l’unica problematica che affligge questi ambienti, dal momento che la fedeltà della risposta presenta anche forti anisotropie e disomogeneità dal punto di vista della distribuzione nello spazio del campo acustico. La pressione acustica legata ad un particolare modo della sala è infatti nulla in corrispondenza dei nodi e massima in corrispondenza dei ventri dell’onda sonora: in posizioni diverse della stessa stanza si avrà pertanto una diversa percezione del campo sonoro.

La distribuzione di nodi e ventri è legata a tre fattori fondamentali:

- la geometria dell’ambiente: stanze aventi forme diverse presentano frequenze di risonanza e distribuzioni modali diverse;

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123 - l’impedenza acustica delle pareti coinvolte nello stabilirsi del fenomeno delle onde stazionarie, determinata da tipo di finitura acustica delle pareti stesse e dalla loro realizzazione;

- la lunghezza d’onda relativa alla frequenza di risonanza del modo in esame, essendo ventri e nodi generalmente distanziati tra loro di ./4.

In riferimento al primo punto è necessario che i criteri progettuali vertano su una corretta scelta del design geometrico, il quale dovrà essere tale da ottimizzare la risposta modale della sala dal punto di vista delle frequenze e della distribuzione nello spazio. Per ciò che concerne invece il secondo punto, la scelta dei materiali adottati per la realizzazione delle pareti dovrebbe essere tale da riposizionare correttamente nodi e ventri delle onde stazionarie agendo sull’impedenza acustica delle pareti stesse: in tal modo si cerca di ridurre l’ampiezza della campana di risonanza e il rapporto di onde stazionarie dell’ambiente, incrementando in maniera opportuna gli assorbimenti in bassa frequenza (per i concetti di campana di risonanza e rapporto di onde stazionarie si veda l’Appendice C). L’ultimo punto, la dipendenza dalla lunghezza d’onda, si riferisce al fenomeno per cui all’aumentare della frequenza la risposta della stanza tende a stabilizzarsi (si faccia riferimento alla Figura 3.5) fino ad essere buona al di sopra della frequenza di Schroeder. Ciò è giustificato dal fatto che all’aumentare della frequenza si riduce la lunghezza d’onda e aumenta la densità modale, definita come il numero di modi normali per unità di frequenza attorno ad una certa frequenza f (si veda ancora l’Appendice B): al di sopra della frequenza di Schroeder ventri e nodi saranno così ravvicinati da non essere più distinguibili dall’orecchio e da garantire una corretta valutazione del campo acustico nella sala attraverso il metodo statistico, in cui la risposta è assolutamente indipendente dal punto di misura.

Un altro elemento fortemente deleterio dal punto di vista acustico è il parallelismo tra pareti, pavimento e soffitto compresi. La realizzazione di ambienti a pianta rettangolare con pareti parallele presenta senza dubbio vantaggi dal punto di vista costruttivo e di tenuta strutturale, ma risulta forse la peggiore scelta che si possa fare in tema di stanze ottimizzate per la produzione musicale. Questo essenzialmente per due motivi:

1) le pareti parallele favoriscono la nascita di modi assiali i quali, come già anticipato, essendo i più energetici sono anche i più dannosi dal punto di vista della risposta in frequenza e della distribuzione nello spazio dell’ambiente;

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124 2) un suono prodotto nello spazio compreso tra due superfici parallele e piane, specie se non trattate acusticamente, può subire moltissime riflessioni equidistanti nel tempo dando origine ad un fenomeno noto come echo flutter: le successive riflessioni si combinano tra loro dando origine a fenomeni d’interferenza costruttiva e distruttiva che si ripetono nel tempo, creando picchi e valli nella risposta in frequenza della sala e determinando forti colorazioni del tono e del timbro della musica.

Al fine quindi di disporre di un ambiente idoneo alla pratica musicale, è indispensabile la redazione di un progetto acustico che si articoli nei seguenti punti:

- scelta del design geometrico, in termini di pianta e prospetto, in funzione della distribuzione modale e dell’opportuna gestione delle riflessioni;

- corretto dimensionamento delle misure dei lati;

- gestione delle superfici attraverso la scelta dei materiali, la loro area di utilizzo e le tecniche di montaggio;

- localizzazione ottimale di sorgenti e ascoltatore.

La scelta della geometria e la valutazione delle proporzioni più favorevoli tra le dimensioni della sala rappresentano un ottimo punto di partenza. Si è detto come la pianta a forma rettangolare sia generalmente da evitare nella realizzazione di sale per la musica, preferendo ambienti con pareti strombate, soffitto inclinato, forme cilindriche o poligonali. Tuttavia alcune di queste forme sono da scartare in quanto portano alla creazione di fuochi sonori, ossia di zone nelle quali si ha la concentrazione del suono, cosa che corrisponde proprio al contrario della diffusione che vogliamo creare nella sala. Punti focali molto netti sono prodotti da forme paraboliche e concavità cilindriche; con le strutture poligonali a 4,5,6 o 8 lati che si avvicinano al cerchio si possono avere concentrazioni di suoni in più punti, a spese di altri. Ecco che quindi la forma della sala a perfetto parallelepipedo, se da un lato è da evitare per la creazione in misura maggiore di modi assiali, dall’altro è da preferire in quanto ad oggi è l’unica che presenta delle soluzioni dal punto di vista analitico. Negli ambienti a pianta rettangolare, infatti, la distribuzione dei modi assiali, tangenziali e obliqui può essere calcolata senza eccessivi sforzi in modo da avere un’idea piuttosto precisa della distribuzione dell’energia alle basse frequenze per poter successivamente ottimizzare le dimensioni della sala. Ciò è sicuramente un punto a vantaggio della progettazione acustica degli ambienti, intesa sia

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125 come realizzazione ex-novo di sale per la musica ma anche e soprattutto come correzione di sale già esistenti. La maggior parte degli ambienti che oggi vengono utilizzati per la pratica musicale è a pianta rettangolare: tali ambienti infatti sono generalmente ricavati all’interno di edifici che non nascono con la finalità di essere ambienti esclusivi per la musica. Si pensi ad esempio ad una scuola di musica che nasce all’interno di una struttura con ambienti ad uso ufficio per la quale è stato previsto un cambiamento della destinazione d’uso o, come più frequentemente accade, all’interno di una ex scuola: si preferisce correggere acusticamente gli ambienti piuttosto che demolire l’intero edificio e costruirne uno nuovo, operazione che comporterebbe sicuramente costi maggiori.

I rapporti tra le tre dimensioni di una sala rettangolare destinata alla musica sono determinanti: le sale cubiche, per esempio, sono un caso estremamente critico e sarà molto difficile ottenere al loro interno un ascolto di qualità. Ricercatori come Bolt, Sepmeyer, Volkmann, etc.., nel corso degli ultimi settant’anni si sono cimentati nell’ottenimento di rapporti tra le dimensioni della sala che ottimizzassero la risposta modale alle basse frequenze, partendo dalla teoria analitica per il parallelepipedo (cfr. paragrafo 3.1); in nessun caso tuttavia viene data una risposta definitiva e risolutiva, sottolineando ancora una volta come la realizzazione di una sala “perfetta” per la pratica e l’ascolto musicale sia di estrema complessità.

Si riportano in Tabella 3.1 le principali famiglie di rapporti presenti in letteratura; si precisa che sono tutti espressi in funzione dell’altezza del locale. L.W.Sepmayer giunse a definire tre famiglie di rapporti ottimali, a seconda che si vogliano stanze più o meno allungate a parità di altezza; Louden fece invece un’indagine su 125 combinazioni di rapporti dimensionali, considerando ottimali i tre riportati in tabella.

Ovviamente le terne riportate sono solo le più importanti tra quelle che si possono trovare in letteratura la quale è piuttosto vasta in merito alle proporzioni ideali tra altezza, larghezza e lunghezza e comprende considerazioni empiriche e analisi statistiche.

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Tabella 3.1: rapporti ottimali per stanze a pianta rettangolare.

R.H.Bolt notò inoltre che esisteva un’ampia area (Figura 3.6) in cui la distribuzione modale poteva considerarsi favorevole; sono compresi nell’area di Bolt i rapporti tra dimensioni che soddisfano questi criteri:

2 < 0 + 0 < 4 3

2 (0 − 1) < 0 − 1 < 3(0 − 1)

con Lx e Ly le due dimensioni in pianta della sala.

Come si vede da Figura 3.6 la maggior parte delle terne di rapporti dimensionali ricade all’interno dell’area di Bolt (le lettere riportate in figura sono i riferimenti individuati da Tabella 3.1); rimangono al di fuori dell’area solamente una terna di Sepmayer e una di Louden. Questa evidenza rafforza l’ipotesi che se le proporzioni di una sala cadono nell’area di Bolt, la distribuzione dei modi assiali all’interno della sala sarà accettabile e non presenterà gravi difetti acustici.

Autore Altezza Larghezza Lunghezza Rif.

R. H. Bolt (1946) 1,00 1,26 1,59 A 1,00 1,14 1,39 B 1,00 1,28 1,54 C 1,00 1,60 2,33 D 1,00 1,40 1,90 E 1,00 1,30 1,90 F 1,00 1,50 2,50 G Volkmann 1,00 1,50 2,50 H L. W. Sepmayer (1965) Louden (1971)

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Figura 3.6: individuazione delle terne di rapporti ottimali all’interno dell’area di Bolt.

Bisogna comunque precisare che la validità dell’area di Bolt dipende abbastanza fortemente dal volume della sala: le proporzioni ottimali sono un ottimo punto di partenza ma (soprattutto nel caso di sale piccole) è sempre necessaria un’analisi caso per caso, in quanto per queste sale i modi a bassa frequenza tendono sempre ad essere piuttosto separati tra di loro e, quindi, ad influenzare negativamente la risposta acustica della sala stessa.

L’area di Bolt non è il solo grafico cui possiamo fare riferimento in una prima valutazione della bontà acustica della sala: altre prescrizioni dimensionali sono state fornite dalla EBU (European Broadcasting Union) e dalla IEC (International Electrotechnical Commission), il cui obiettivo è quello di evitare le situazioni peggiori piuttosto che fornire valori ottimali.

I criteri dimensionali sono espressi come segue: A) European Broadcasting Union:

1,10

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0 < 30 0 < 30

B) International Electrotechnical Commission:

0

0 ≤ 00 ≤ 44 50

0 − 45

Nel 1979 C.L.S. Gilford propose un metodo di analisi basandosi sull’assunzione che per evitare disturbi nella timbrica della sala i modi propri non dovessero mai essere distanti più di 20 Hz l’uno dall’altro, in modo da ottenere un’equidistribuzione dei modi per banda. Questo criterio ha validità generale, ma è particolarmente focalizzato sui modi assiali. Gilford inoltre affermava che una sala per la musica non può avere un volume inferiore a 40 m3: se ciò si verifica, si può manifestare un’eccessiva colorazione del suono, oltre ad una produzione di frequenze modali poco dense e con distanze esagerate che danno luogo a distorsioni udibili.

Una proposta più recente, ormai radicata nella psico-acustica, è quella fornita da Bonello nel 1981. La verifica dell’accettabilità di una determinata distribuzione di modi è effettuata costruendo un diagramma (Figura 3.7) che riporta in ordinata il numero dei modi la cui frequenza naturale è contenuta in bande a terzi d’ottava normalizzate in funzione della frequenza centrale della banda.

Al fine di soddisfare il criterio di Bonello è necessario che l’andamento del tracciato sia non decrescente, cioè il numero dei modi di una banda deve essere maggiore o uguale a quello della banda precedente. E’ inoltre necessario verificare che, se esistono modi con frequenza di risonanza coincidente, la banda contenga almeno cinque ulteriori frequenze naturali.

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Figura 3.7: applicazione del criterio di Bonello; nel caso a) la sala non soddisfa il criterio (la curva non è non decrescente), nel caso b) il criterio è soddisfatto.

Nel 1996 R. Walzer mise in luce come la sola applicazione di criteri che mirino al raggiungimento di rapporti ottimali tra le dimensioni di una sala non sia sufficiente per migliorare l’acustica dell’ambiente, in quanto essa dipende anche dal volume della sala stessa. Inoltre la validità dei criteri dimensionali è limitata ad edifici aventi superfici perfettamente riflettenti, dal momento che questi si basano tutti sulla teoria del parallelepipedo (cfr. paragrafo 3.1) che ha tra le varie ipotesi quella che le superfici siano rigide. Superfici a diversa impedenza cambiano la distribuzione modale; inoltre l’assorbimento agisce in maniera differente su modi assiali, tangenziali ed obliqui, essendo dipendente dall’angolo di incidenza del fronte d’onda.

Uno dei più recenti metodi è quello elaborato nel 2002 da Trevor J. Cox della School of Acoustic and Electronic Engineering e Peter D’Antonio della RPG Diffusor Systems: questo metodo si propone di rendere il più lineare possibile la risposta in frequenza dell’ambiente considerato utilizzando un algoritmo implementato al’interno di un software che permette di ottimizzare iterativamente le dimensioni della sala entro un limite di variazione assegnato. Il metodo e i dettagli delle analisi sono stati presentati sul Journal of Audio Engineering Society; i rapporti dimensionali sono calcolati in base a tre differenti volumi (50, 100 e 200 m3). La Figura 3.8 mostra come questo algoritmo iterativo migliori notevolmente la risposta in bassa frequenza di una stanza che utilizza come terna di rapporti dimensionali quella di Bolt (1 : 1,26 : 1,59).

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Figura 3.8: confronto tra risposte in frequenza di stanze non ottimizzate (⋯ ), ottimizzate dall’algoritmo Cox-D’Antonio (--) o dal rapporto di Bolt 1:1,26:1,59 (--).

In Figura 3.9 si riporta invece un esempio dei grafici utilizzati da Cox e D’Antonio per verificare la bontà dei rapporti dimensionali della sala, che aumenta nel passaggio da aree di colore bianco (valori peggiori), ad aree di colore grigio (valori accettabili ma non ottimali) fino ad aree di colore nero (valori migliori). Grafici di questo tipo sono realizzati per tre diverse categorie di volume in quanto è stato notato che i valori dei rapporti dimensionali non sono generalmente scalabili: si rende necessaria quindi l’adozione di grafici ad hoc che meglio approssimino il volume della sala che si sta considerando.

Figura 3.9: esempio di grafico utilizzato da Cox e D’Antonio pubblicato dalla Audio Engineering Society (AES).

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131 Si osservi come la diagonale che parte dall’origine degli assi sia povera di risultati attendibili: questa è un’ulteriore conferma di come sale con forma tendenzialmente quadrata abbiano una distribuzione modale molto povera. Un’attenta scelta delle dimensioni della sala è quindi un ottimo punto di partenza per il raggiungimento di una buona acustica al suo interno. Purtroppo, però, questa non è l’unica variabile da tenere in considerazione: può accadere, infatti, che sale con rapporti dimensionali considerati ottimali in teoria non abbiano comunque nella pratica buone proprietà acustiche, risultando poco performanti per l’orecchio umano.

Nella Tabella 3.2 si raccolgono le prescrizioni dimensionali già menzionate; la Tabella 3.3 riporta invece la verifica di tali prescrizioni da parte delle principali famiglie di rapporti dimensionali, mentre nella Figura 3.10 si individuano le posizioni di tali rapporti all’interno del grafico proposto dall’AES, facendo riferimento a sale con volume di 50 m3. Bolt 2 < 0 + 0 < 4 3 2 (0 − 1) < 0 − 1 < 3(0 − 1) EBU (European Broadcasting Union) 1,10 0 ≤ 00 ≤ 4,500 − 4 0 < 30 0 < 30 IEC (International Electrotechnical Commission) 0 0 ≤ 00 ≤ 44 500 − 45

(22)

132

Tabella 3.3: verifica delle prescrizioni dimensionali per le principali terne di rapporti.

Figura 3.10: individuazione delle principali famiglie di rapporti dimensionali (grafico dell’AES per sale con volume di 50 m3).

3.4

L’analisi alle alte frequenze: il Ray-Tracing

Quanto visto finora si può riassumere dicendo che in corrispondenza delle basse frequenze assume particolare importanza l’analisi modale della sala, al fine di determinare fino a quale frequenza si possono manifestare problemi di carattere modale

Riff H

(m)

W (m)

L

(m) Bolt EBU IEC

Bolt A 1.00 1.26 1.59 Si Si Si Sepmeyer B 1.00 1.14 1.39 Si No Si C 1.00 1.28 1.54 Si Si Si D 1.00 1.60 2.33 Si Si Si Louden E 1.00 1.40 1.90 Si Si Si F 1.00 1.30 1.90 Si No Si Boner G 1.00 1.50 2.50 Si Si Si Volkmann H 1.00 1.50 2.50 Si Si Si 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4 L u n g h ez za Larghezza Second Ratios Best Ratios A B C D E F e H G

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133 e, quindi, definire gli interventi che abbiano come obiettivo l’eliminazione, o quantomeno la riduzione al minimo, di tali difetti acustici.

L’analisi modale è quindi un valido strumento di indagine fintanto che si rimane nella regione modale (regione B). Al di sopra della frequenza di Schroeder, in particolare nella regione dell’assorbimento e della diffusione (regione D) dove i modi hanno ormai raggiunto una distribuzione uniforme, si preferisce utilizzare un altro metodo di analisi, che è quello che utilizza i principi dell’acustica geometrica mediante la tecnica del Ray-Tracing, oggi largamente implementata nei programmi di calcolo orientati alla progettazione acustica dei locali e della quale se ne darà una breve descrizione.

Il metodo Ray Tracing (Figura 3.11) deve il suo nome alla schematizzazione adottata nei riguardi della propagazione dell’energia sonora secondo cui si ammette che l’energia sonora si propaghi nello spazio frazionata lungo traiettorie rettilinee o raggi sonori.

Figura 3.11: schematizzazione della propagazione dell’energia sonora secondo il metodo Ray Tracing.

Il punto in corrispondenza del quale si avrà la prima riflessione viene individuato come intersezione tra la traiettoria dell’energia sonora e i piani contenenti le pareti del locale, selezionando il piano più vicino alla sorgente sonora; dopo la prima riflessione, la particella proseguirà lungo la nuova traiettoria, fino a riflettersi nuovamente su un’altra parete. Le riflessioni possono essere speculari o diffuse; nel primo caso si applica la legge della riflessione geometrica, nel secondo si considera una distribuzione probabilistica delle particelle riflesse.

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134 1. sulle superfici di contorno il suono si riflette specularmente;

2. l’energia sonora della sorgente viene quantizzata in un numero finito di pacchetti associati a raggi sonori, detti anche particelle sonore;

3. i raggi sonori si propagano a partire dalla posizione della sorgente in tutte le direzioni, secondo le leggi dell’acustica geometrica;

4. i raggi sonori hanno sezione idealmente infinitesima e costante; 5. i raggi sonori perdono energia per effetto:

- dell’assorbimento delle superfici di confine urtate; - dell’attenuazione del suono nell’aria;

6. l’energia sonora associata ai diversi raggi si può sommare in ricezione.

Ogni sorgente viene caratterizzata dalla potenza sonora emessa e dal fattore di direttività; nel caso del Ray Tracing ciò si traduce nella scelta del numero di raggi, della potenza e della direzione associate a ciascuno di essi.

Il Ray Tracing è un metodo diretto, statistico e converge all’aumentare del numero di raggi utilizzati. Affinché i risultati ottenuti con tale metodo siano quindi statisticamente stabili, è necessario generare mediante il software un numero elevato di raggi e usare ricevitori sufficientemente grandi. Inoltre l’algoritmo utilizzato da tale metodo richiede che siano effettuati i seguenti controlli:

- i raggi devono colpire la superficie interna delle pareti; - i raggi devono viaggiare davanti alle pareti;

- i punti di riflessione devono appartenere alle pareti; - ogni raggio deve seguire il minimo percorso.

Ciascun raggio ha infine termine quando si verifica una delle seguenti condizioni: - la potenza trasportata ha raggiunto un valore minimo prefissato;

- l’ordine di riflessione ha raggiunto un valore massimo prefissato; - la lunghezza del raggio ha raggiunto un valore massimo prefissato; - il tempo di percorrenza ha raggiunto un valore massimo prefissato.

La limitazione principale di tale metodo è la mancanza di una regola per la scelta del numero dei raggi, oltre che per la scelta della dimensione del ricevitore; quest’ultima è un fattore critico e può dare origine a errori sistematici legati inoltre alla posizione reciproca tra sorgente e ricevitore.

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135

Riassumendo

Quando parliamo di sale per la musica facciamo automaticamente riferimento a spazi chiusi, cioè spazi contenenti un fluido omogeneo (aria) e completamente limitati da superfici totalmente o parzialmente riflettenti.

Volendo studiare l’acustica di sale piccole, destinate alla pratica musicale, è innanzitutto doveroso precisare cosa si intende con l’aggettivo “piccole”: la classificazione in sale grandi o piccole viene fatta in acustica utilizzando come metro di misura la lunghezza d’onda dei suoni interessati al fenomeno in esame. L’ambiente si definirà grande o piccolo a seconda del suo differente comportamento in funzione delle varie lunghezze d’onda.

Per descrivere il comportamento acustico degli spazi chiusi esistono tre diversi metodi: il primo, noto come teoria modale, è di tipo analitico ed è basato sullo studio dei modi propri di oscillazione dell’ambiente; il secondo, la teoria geometrica, è basato sulla semplificazione che le onde acustiche possano essere rappresentate da raggi che si propagano nello spazio per via retta e che subiscono riflessioni speculari ogni volta che incontrano una superficie; infine il terzo metodo, o teoria statistica, si fonda sull’ipotesi che il campo acustico sia omogeneo in tutto l’ambiente.

Nelle stanze piccole le limitate dimensioni determinano una risposta in frequenza irregolare nel range dei toni bassi: per tale motivo il metodo descrittivo più efficace per gli ambienti piccoli risulta essere quello dell’analisi modale, in quanto è l’unico che prenda in considerazione la risposta di un ambiente alle basse frequenze.

Per un ambiente chiuso di certe dimensioni è usuale distinguere il problema della descrizione a bassa frequenza da quello ad alta frequenza. Il comportamento di un suono nell’ambiente circostante è determinato dal fatto che la sua lunghezza d’onda sia paragonabile o meno alle dimensioni dell’ambiente stesso e degli oggetti incontrati: all’interno di una sala di modeste dimensioni un suono con una lunghezza d’onda di 17 mm è diffuso in modo significativo dalle piccole irregolarità della parete, cosa che non accade per un suono la cui lunghezza d’onda è di 22 m. La presenza di range di frequenze così ampi in sale di modeste dimensioni favorisce la cosiddetta risposta

modale dell’ambiente, con l’insorgere di onde stazionarie, mancanza di diffusione ed

anomalie nella risposta alle basse frequenze.

Per i motivi elencati, l’analisi e la progettazione acustica di ambienti di piccole dimensioni sono generalmente eseguite mediante l’analisi modale. Negli ambienti

(26)

136 chiusi il parallelismo tra pareti, soffitto e pavimentazione determina la nascita di risonanze particolari dette modi di risonanza che non sono altro che quelle riflessioni che permangono più a lungo nel tempo in quanto coincidono con le dimensioni fisiche dell’ambiente. Negli ambienti di piccole dimensioni le componenti gravi delle riflessioni si rafforzano rimbalzando sulle pareti secondo percorsi precisi che determinano la nascita delle onde stazionarie, avente ognuna una distribuzione spaziale con zone disomogenee di alto e basso livello sonoro; si compromette così l’ideale linearità della risposta in frequenza del sistema in quanto si crea una distorsione timbrica o colorazione del suono particolarmente evidente vicino alle pareti ed in prossimità degli spigoli verticali ed orizzontali.

Si consideri quindi uno spazio di forma parallelepipeda di dimensioni lx, ly e lz delimitato da superfici piane, omogenee e perfettamente rigide. Le diverse riflessioni delle onde sonore stabiliscono i modi della sala, i quali si dividono in assiali (modi che coinvolgono due sole pareti parallele), tangenziali (modi che coinvolgono quattro pareti parallele) ed obliqui (modi che coinvolgono tutte le sei pareti). Ogni modo si manifesta sia ad una frequenza fondamentale, definita dalle dimensioni del locale sia a frequenze multiple secondo numeri interi della fondamentale stessa.

L’analisi modale per ambienti aventi forma parallelepipeda viene condotta utilizzando l’equazione di Rayleigh (1869) :

= 2 = 2 + + ( )

dove c è la velocità del suono nell’aria (344 m/s), lx, ly e lz sono le dimensioni della sala, nx, ny e nz sono numeri interi (0, 1, 2, 3...) e N indica la terna di indici nx, ny e nz. Tale equazione permette l’individuazione delle frequenze dei modi caratteristici della sala. Per poter utilizzare i modi di un locale al fine di darne informazioni in campo acustico è innanzitutto necessario considerare il range delle frequenze udibili suddiviso in quattro regioni A, B, C, D delimitate da tre diverse frequenze.

La frequenza f100, limite superiore della regione A e limite inferiore della regione B, è individuata con precisione dal modo assiale più basso che corrisponde alla dimensione maggiore della sala.

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137 Il campo di maggiore interesse è costituito dalla regione B, o regione modale, e dal confine tra questa e la regione della diffusione (regione C). La regione B è caratterizzata da onde la cui lunghezza è paragonabile alle dimensioni medie dei locali: in questo campo non avrebbe senso applicare i principi dell’acustica geometrica e quindi il concetto di raggio, pertanto è necessario applicare quello di onda acustica unitamente ai principi della teoria modale.

La frequenza di taglio che segna il confine tra la regione modale e quella della diffusione è detta frequenza di Schroeder fs (1996): questa definisce il limite di

applicabilità della teoria modale e viene calcolata attraverso l’equazione:

" ≅ 2000 ,' ( )

con TR tempo di riverberazione a 500 Hz e V volume del locale.

La regione C della diffusione si presenta come una zona di transizione delimitata dalle frequenze fs e 4fs; infine la regione D, che si estende fino ai 20000 Hz coincidendo con la regione dell’assorbimento e delle riflessioni speculari, comprende le frequenze udibili più elevate con lunghezze d’onda tali da poter applicare le regole dell’acustica geometrica e l’approccio statistico.

Al fine quindi di disporre di un ambiente idoneo alla pratica musicale, è indispensabile la redazione di un progetto acustico che abbia come punto di partenza la scelta di una geometria ottimale. Se si vuole realizzare una sala a pianta rettangolare, bisogna fare particolare attenzione ai rapporti tra le tre dimensioni. Ricercatori come Bolt, Sepmeyer, Volkmann, etc.., nel corso degli ultimi settant’anni si sono cimentati nell’ottenimento di rapporti tra le dimensioni della sala che ottimizzassero la risposta modale alle basse frequenze, senza tuttavia dare in nessun caso una risposta definitiva e risolutiva, sottolineando come la realizzazione di una sala “perfetta” per la pratica e l’ascolto musicale sia di estrema complessità.

Criteri dimensionali per la progettazione delle sale per la musica sono stati forniti anche da Gilford e Bonello, i quali si sono focalizzati sulla distanza massima e minima tra i modi; si annovera anche il metodo elaborato da Trevor J. Cox della School of Acoustic and Electronic Engineering e Peter D’Antonio della RPG Diffusor Systems, che propone di rendere il più lineare possibile la risposta in frequenza dell’ambiente considerato utilizzando un algoritmo implementato al’interno di un software che

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138 permette di ottimizzare iterativamente le dimensioni della sala entro un limite di variazione assegnato.

Quanto visto finora assume particolare importanza fintanto che si rimane all’interno della regione modale (regione B). Passando alla regione dell’assorbimento e delle riflessioni speculari (regione D) si preferisce non procedere più con l’analisi modale, in quanto i modi hanno ormai raggiunto una distribuzione uniforme, bensì applicando i principi dell’acustica geometrica mediante la tecnica del Ray-Tracing, oggi ampiamente implementata nei software di progettazione acustica dei locali.

Riferimenti bibliografici essenziali:

- Mastromei M., Analisi acustica di studi di registrazione – Progetto di nuove sale de “Il Musicante” di Pietrasanta (LU), Tesi di Laurea Magistrale in Ingegneria Edile e delle Costruzioni Civili, Relatori Prof. Ing. F. Leccese, Dott. Ing. M. Rocca, Università di Pisa, A.A. 2013/2014.

- Cingolani S., Spagnolo R., “Acustica musicale e architettonica”, Novara, Città Studi Edizioni, 2008.

- Facondini M., Acustica degli spazi per produzione musicale, Conservatorio “G.Rossini”, Pesaro, A.A. 2013/2014.

Riferimenti

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