6 Verifica di stabilità
Utilizzando i dati ottenuti attraverso i rilievi in cava e le classificazioni geomeccaniche effettuati in precedenza, siamo in grado di compiere un'analisi dei fenomeni di instabilità dell'ammasso roccioso nel caso in cui due o più sistemi di discontinuità interagiscano tra loro.
Sono indispensabili, oltre ai dati giaciturali dei set di joint, anche le caratteristiche fisiche e meccaniche della roccia ed in particolare il suo angolo di attrito interno.
Quest'ultimo è stato ricavato per ciascuna famiglia di discontinuità tramite la relazione fornita dal metodo di classificazione di Bieniawski, in cui una volta calcolato l'RMR di base, viene inserito nell'equazione:
φ = 5 + RMR/2
Lo stesso procedimento viene applicato per calcolare la coesione della roccia attraverso l'equazione
c = 5 x RMR
Per creare un modello finale delle eventuali dinamiche di dissesto del fronte di cava è stato utilizzato il software UDEC 4.0 (ITASCA Company). UDEC (Universal Distinct Element Code) è un programma vettoriale bidimensionale basato sul metodo discontinuo dell'elemento distinto, ovvero simula la risposta di un mezzo discontinuo come un ammasso di roccia fratturato, interessato da fenomeni statici o dinamici.
Questo tipo di approccio viene utilizzato sempre più spesso nelle recenti analisi di stabilità sia per pendii rocciosi naturali (Marchetti et al., 2008) che artificiali.
In generale, i comuni metodi di analisi di stabilità dei versanti in roccia assumono che le superfici di rottura siano rappresentate da piani continui a persistenza infinita, in modo da idealizzare scivolamenti planari o a cuneo.
In realtà sono rari i casi in cui le discontinuità naturali hanno una persistenza tale da fornire superfici tridimensionali per cui si verifica il distacco.
A differenza di un'analisi all'equilibrio limite che impone le suddette limitazioni, la modellazione numerica considera i casi in cui l'ammasso
roccioso non presenta evidenti piani di stratificazione, e permette
l'inserimento dei ponti di roccia oltre ad una serie di importanti parametri geomeccanici rilevati in campagna (prove di resistenza a compressione, presenza di acqua, tipo di riempimento delle fratture, alterazione, etc...). Pertanto, il mezzo discontinuo viene rappresentato come un insieme di blocchi di materiale rigido o deformabile i cui contorni appartengono ai sistemi di discontinuità.
Nel caso in cui i blocchi siano considerati deformabili, vengono scomposti in una griglia triangolare in cui ciascun elemento geometrico risponde alle leggi di sforzo/deformazione lineare o non lineare. I movimenti risultanti tra le discontiunuità seguono le relazioni forza/spostamento lineare o non lineare sia nel caso di una forza con direzione normale che di taglio. UDEC possiede inoltre una libreria di parametri geomeccanici e
caratteristiche fisiche che rappresentano i principali modelli di materiale e discontinuità riscontrabili in campagna (UDEC Version 4.0 User's guide, ITASCA Consulting group, inc. 2004).
Il software è suddiviso in tre applicazioni:
Double Precision, Single Precision e With (GIIC).
Nel nostro caso è stata scelta l'ultima, in quanto è completa di
un'interfaccia grafica che permette una interpretazione più facile del modello e possiede un'opzione in grado di bloccare i singoli momenti della risoluzione dinamica.
Per iniziare è necessario tenere presente la suddivisione del fronte di cava nelle stazioni di misura (1a, 1b, 2, 3) in modo da creare con il software quattro modelli distinti.
La procedura adottata per ciascuna delle stazioni prevede: 1- La costruzione del profilo del fronte scegliendo una sezione rappresentativa del fronte,
2- L'inserimento dei dati relativi alle giaciture delle famiglie di discontinuità (joint set) visibili nella sezione scelta del pendio.
3- La generazione di una griglia (Mesh) le cui maglie triangolari uniscono tutti i punti di intersezione tra le discontinuità senza che queste
interrompano la maglia.
4- L'assegnazione delle proprietà dell'ammasso roccioso in esame, immettendo i valori di densità, coesione, angolo di attrito, modulo di taglio
g (shear modulus) e modulo di rigidità normale K (Bulk modulus), del materiale che costituisce i blocchi e le superfici di discontinuità.
5- L'inserimento della forza di gravità che agisce sul sistema ed il blocco delle componenti
della velocità (Xvel, Yvel = 0 m/s) di quei punti del contorno del pendio che non devono subire modificazioni sotto la spinta delle pressioni risultanti. 6- Infine con il comando “Solve” il sistema viene sottoposto al calcolo continuo delle nuove situzioni di forza interne all'ammasso roccioso fino ad un limite di operazioni (cicli) prestabiliti.
Terminato il calcolo otteniamo una proiezione dell'evoluzione dei probabili dissesti (crolli per scivolamento o ribaltamento dei blocchi), visualizzando le nuove posizioni dei singoli blocchi ed i vettori spostamento che li caratterizzano.
Inoltre con la funzione Solve FoS il programma calcola il fattore di sicurezza attuale.
6.1
Applicazione di UDEC al caso di studio
Come elencato in precedenza, il procedimento inizia con la costruzione del profilo del fronte di cava scelto per ciascuna stazione di misura. Nel nostro caso per tale operazione, ci siamo appoggiati ad un software GIS con il quale, una volta caricata dalla banca dati la topografia dell'area con le curve di livello quotate, sono state tracciate quattro sezioni
ortogonali al fronte di cava.
Il programma ha restituito i grafici X,Y dei profili del fronte (fig. 6.1, 6.2, 6.3, 6.4) e le tabelle contenenti le coordinate dei punti che costituiscono il profilo del rilievo.
Fig. 6.1 Profilo del pendio ottenuto in ambiente GIS tramite la sezione del fronte di cava nella stazione 1a.
Fig. 6.2 Profilo del pendio ottenuto in ambiente GIS tramite la sezione del fronte di cava nella stazione 1b.
Fig. 6.3 Profilo del pendio ottenuto in ambiente GIS tramite la sezione del fronte di cava nella stazione 2.
Fig. 6.4 Profilo del pendio ottenuto in ambiente GIS tramite la sezione del fronte di cava nella stazione 3.
I dati cartesiani così ottenuti sono stati semplificati ed inseriti nella prima fase di costruzione geometrica (BLOCK) del modello con il software UDEC.
In seguito entrando nell'apposita sezione (BUILD-CRACKS) si inseriscono i joint sets attraverso la funzione ADD Joint Regular o Discontinous, con cui vengono collocati i modelli dei sistemi di fratture rettilinee, parallele ed inclinate secondo un angolo arbitrario.
I set delle fratture visibili sono stati inseriti solo una volta corretta la giacitura da reale (misurata) ad apparente (calcolata sulla sezione), attraverso la relazione trigonometrica
tg(α) = tg(β) cos (ϕ)
in cui α è l'angolo della pendenza media del profilo in sezione su cui calcolare l'immersione apparente, β è l'angolo di immersione reale della discontinuità e ϕ è l'angolo compreso tra la direzione tra la pendenza reale e quella dell'apparente (fig. 6.5).
Fig. 6.5 Schema per la conversione delle misure reali in apparenti.
β rappresenta l'angolo di immersione misurato della discontinuità, α è l'angolo di immersione apparente, ossia proiettato sulla sezione scelta del pendio; ϕ è l'angolo compreso tra la dirazione di immersione misurata e quella apparente.
Per cui nel caso della stazione 1a le famiglie di discontinuità proiettate sulla sezione dei profili hanno immersioni positive se poste a franapoggio e negative se a reggipoggio.
Stazione 1a Famiglia A 60° Famiglia B(S0) -9° Famiglia C -75° Famiglia D(f) 80° Famiglia E -43° Fig. 6.6 Stazione 1a.
Suddivisione del pendio in blocchi dati dall'intersezione dei sistemi di discontinuità. blocchi sono uniti da una maglia di triangoli (mesh) deformabile.
Stazione 1b Famiglia A (nulla) Famiglia B(S0) -23° Famiglia C 33° Famiglia D(f) 44,5° Famiglia E -70° Fig. 6.7 Stazione 1b.
Stazione 2 Famiglia B(S0) -16° Famiglia C (nulla) Famiglia D(f) 60° Famiglia E -17° Fig. 6.8 Stazione 2.
Stazione 3 Famiglia A 32,5° Famiglia B(S0) -20° Famiglia C -48° Famiglia E -43° Fig. 6.9 Stazione 3.
Suddivisione del pendio in blocchi dati dall'intersezione dei sistemi di discontinuità. blocchi sono uniti da una maglia di triangoli (mesh) deformabile.
Utilizzando l'equazione trigonometrica, tra i set di discontinuità proiettati sulla superficie della sezione del pendio, alcuni hanno assunto un angolo di inclinazione orizzontale.
In tal caso si è scelto di trascurare questi sistemi (famiglia A nella stazione 1b e famiglia C nella stazione 2) in quanto non influiscono in modo
rilevante sulle dinamiche di crollo.
In altri casi all'interno della stessa stazione di misura si sono ottenute famiglie di discontinuità con inclinazioni molto simili e pertanto sono state raccolte sotto un unico sistema (famiglie B ed E nella stazione 2, famiglie C ed E nella stazione 3).
Al fine di avvicinare il modello alla situazione reale, in ogni stazione è stata impostata una persistenza finita per almeno un set di discontinuità.
In tutte le stazioni si è scelto di dare un'interruzione alla persistenza della famiglia B(S0), offrendo quei ponti di roccia che permettono di assegnare al pendio la stabilità minima che si osserva in realtà sul fronte di cava.
Per ogni stazione di misura è stato costruito un modello numerico assegnando all'ammasso roccioso due diversi materiali:
Materiale dei blocchi di roccia
Materiale delle superfici di discontinuità
Le proprietà fisiche del primo materiale sono state ottenute dall'attività di campagna e di laboratorio completate dai dati bibliografici sulla zona, ed i loro valori sono stati considerati costanti per tutte le stazioni di misura.
I parametri fisici attribuiti ai blocchi sono: Densità 2600 Kg/m3
Modulo Bulk (K) 10 GPa Modulo Shear (g) 5,5 GPa
Al contrario le proprietà fisiche del materiale delle superfici di discontinuità variano per ciascuna stazione di misura, ma sia per semplificare il modello che a scopo cautelativo, sono stati scelti i valori più bassi per ogni
stazione ed assegnati a tutte le sue superfici di discontinuità.
Come accennato in precedenza, non avendo riscontrato cataclasiti tra le superfici delle faglie o quantità rilevanti di materiale di riempimento nelle discontinuità, si è scelto di non considerare questo aspetto
I parametri fisici delle discontinuità per ogni stazione di misura sono:
Stazione 1a
c (coesione) = 0,175 MPa
φ (angolo di attrito) = 22,5°
JKN (Joint Kontact Normal) = 10 GPa JKS (Joint Kontact Shear) = 1 GPa
Stazione 1b
c (coesione) = 0,175 MPa
φ (angolo di attrito) = 27°
JKN (Joint Kontact Normal) = 10 GPa JKS (Joint Kontact Shear) = 1 GPa
Stazione 2
c (coesione) = 0,26 MPa
φ (angolo di attrito) = 31°
JKN (Joint Kontact Normal) = 10 GPa JKS (Joint Kontact Shear) = 1 GPa
Stazione 3
c (coesione) = 0,24 MPa
φ (angolo di attrito) = 29°
JKN (Joint Kontact Normal) = 10 GPa JKS (Joint Kontact Shear) = 1 GPa
Dopo aver bloccato il contorno esterno al pendio, in modo da non
provocarne la deformazione, ed impostata l'accelerazione di gravità a 10 m/sec2 , il modello viene risolto attraverso una serie di cicli in cui le forze in
gioco modificano il sistema.
Il risultato può essere la visualizzazione dei vettori spostamento o velocità (fig. 6.10) che esprimono la tendenza al movimento delle porzioni di roccia instabili; oppure la suddivisione del pendio in zone colorate secondo una scala dal rosso al blu a cui corrispondono i valori crescenti della
Fig. 6.10 Stazione 1a.
Le frecce indicano verso, direzione ed intensità dei vettori spostamento di ciascun blocco.
Fig. 6.11 Stazione 1b.
Fig. 6.12 Stazione 2.
Le frecce indicano verso, direzione ed intensità dei vettori spostamento di ciascun blocco.
Fig. 6.13 Stazione 3.
Infine si ottiene la misura del fattore di sicurezza inteso come il rapporto tra forze di resistenza e forze destabilizzanti. Quando il rapporto è inferiore a 1,3 la probabilità che si verifichi un dissesto aumenta linearmente.
6.2
Risultati del modello elaborato
I valori del fattore di sicurezza nelle quattro aree di misurazione sono stati:
Stazione 1a FS= 0,96
Stazione 2 FS = 11,44
Stazione 3 FS = 1,7
Da questi dati si osserva che in due delle aree esaminate (stazioni 1a, 1b), la misura del fattore di sicurezza scende al di sotto del valore soglia 1,3. Come atteso, la stazione 1 racchiude i due valori più bassi in accordo con gli accumuli di materiale roccioso crollato al piede del fronte di cava e costituito da elementi con superfici poco alterate, segno di un distacco recente (fig. 6.9).
Fig. 6.9 Detrito e blocchi di calcare massiccio accumulatosi al piede del fronte di cava. Viste le superfici non alterate dei blocchi si deduce che il crollo è recente.
Nella stazione 3 il fattore di sicurezza si avvicina molto al valore soglia, per cui l'area è da considerare propensa al dissesto.
I rapporti giaciturali tra le discontinuità misurate ed i peggioramenti stagionali delle caratteristiche fisiche dell'ammasso roccioso possono innescare lo scivolamento dei blocchi (fig. 6.10).
Fig. 6.10 Le linee rosse evidenziano i piani delle principali famiglie di discontinuità nella stazione 3; inoltre il particolare selezionato è un esempio di blocco predisposto allo scivolamento a causa delle relazioni tra le giaciture dei sistemi di discontinuità.
La stazione 2 mantiene un valore del fattore di sicurezza ben al di sopra del valore soglia, infatti sia sul modello che nella realtà l'area non sembra coinvolta in situazioni di crollo.
La stabilità del sistema è dovuta probabilmente ai rapporti giaciturali favorevoli che riguardano i principali sistemi di discontinuità: B(S0), D, E. A tale proposito è importante segnalare che nel modello teorico, a leggere variazioni negative dei parametri fisici di coesione ed angolo di attrito delle superfici delle fratture si ha un notevole abbassamento del fattore di
sicurezza e l'aumento della tendenza al crollo.
Nella realtà il peggioramento di questi parametri può essere dovuto a fattori stagionali o temporanei come l'infiltrazione delle acque meteoriche nelle fratture, la formazione di ghiaccio invernale, sbalzi termici, vento e vibrazioni.
6.3
Interventi di mitigazione dei dissesti
Al fine di mitigare i dissesti del fronte di cava vengono di seguito illustrate alcune proposte di intervento per la messa in sicurezza dell'area.
Attualmente le tecniche che garantiscono la stabilizzazione del pendio sono varie e risolutive, ma spesso dispendiose.
La rupe del santuario di S. Maria in Castello presenta dislivelli superiori agli 80 metri costituiti da pareti rocciose verticali e talvolta inclinate oltre la verticale.
La complessità del caso aumenta se si considerano i vincoli imposti dalla sovrintendenza ai beni archeologici che bloccano a monte la possibilità di retrocedere con il fronte di cava per diminuirne la ripidità.
Inoltre, nell'eventualità che si ottengano i rispettivi nulla osta, sarebbe fondamentale evacuare molte delle abitazioni adiacenti per un periodo di tempo lungo o difficilmente determinabile con costi non sostenibili dalle amministrazioni pubbliche locali.
Per dimensionare il problema alla fattibilità ed urgenza degli interventi pratici si è scelto di operare attraverso tecniche rapide e dai costi ridotti.
Così come risultato dalle previsioni ottenute con il software UDEC, vengono prese in considerazione solo le aree del fronte in cui il fattore di sicurezza è inferiore o assume valori prossimi alla soglia 1,3.
Pertanto la porzione che necessita maggiori interventi è rappresentata dalle stazioni di misura 1a e 1b.
Essendo questa la zona posta più in prossimità delle abitazioni, occorre evitare il rimbalzo dei massi che rotolando lungo il pendio potrebbero giungere al termine del piazzale di cava.
Come visibile in foto (fig. 6.12 - 6.14), così come nei modelli numerici elaborati nella stazione 1 (fig. 6.11 - 6.13 ), esistono almeno due porzioni del fronte interessate dalla fitta e persistente fratturazione provocata dall'intersezione dei sistemi A, B(S0), C, D (f), E.
Fig. 6.12 Stazione 1a.
Nel riquadro è evidenziata la porzione del fronte con il maggior grado di fratturazione. Fig. 6.11 Stazione 1a.
Modello numerico del fronte di cava e principali sistemi di discontinuità.
Un primo intervento da effettuare consiste nel disgaggio di queste
porzioni, eliminando così i blocchi propensi a scivolamento o ribaltamento. Il disgaggio viene di solito effettuato utilizzando attrezzature meccaniche come martelli perforatori, frese idrauliche o benne mantenendo le dovute distanze di sicurezza (fig. 6.13) (Baracco, 1998).
Fig. 6.13 Operazione di disgaggio delle porzioni di roccia propense al crollo utilizzando la fresa idraulica.
Fig. 6.13 Stazione 1b. L'area evidenziata nel modello numerico schematizza il grado di fratturazione di questa porzione del fronte.
Fig. 6.14 Stazione 1b. La fotografia illustra la porzione della parete rocciosa maggiormente interessata dai sistemi di frattura.
Nei casi più complessi si possono collocare le cosiddette cariche cave, la cui ubicazione e forma permettono esplosioni concentrate in una direzione prestabilita.
In seguito è opportuno costruire al piede del pendio un vallo paramassi. Questa struttura viene realizzata effettuando una trincea lungo quella fascia del piazzale di cava prospiciente al fronte e la sua profondità e distanza dalla parete rocciosa dipendono dal volume dei massi di cui si prevede il crollo.
Nel nostro caso, viste le dimensioni decimetriche e metriche dei massi, occorre tracciare uno scavo spostando il detrito, i frammenti ed i blocchi di roccia accumulati a ridosso della parete fino al raggiungimento della roccia integra che costituisce il piazzale di cava.
Oltre la trincea viene successivamente eretto un muro di protezione utilizzando lo stesso materiale asportato durante lo scavo, compattando i singoli elementi attraverso una gabbionatura di rete metallica o con malta cementizia (fig. 6.14) (Baracco, 1998).
Fig. 6.14 Esempio di trincea e parete paramassi sostenuta da rete metallica a maglie esagonali.
La distanza dal fronte di cava a cui collocare l'opera è stata stimata utilizzando una speciale funzione del software UDEC che simula le traiettorie di rotolamento e rimbalzo dei massi.
Prendendo in considerazione il modello della stazione 1a, è stato ridisegnato il profilo del pendio portandolo in una fase successiva agli interventi di disgaggio.
In tale condizione si è scelto di conservare una porzione alta del fronte caratterizzandola con i sistemi di discontinuità riscontrati nell'area e ponendola in situazione di instabilità.
In seguito alla risoluzione del modello attraverso 5 cicli da 20000 steps, si è ottenuta una proiezione delle distanze di impatto dei blocchi sul piazzale di cava (fig. 6.15).
Fig. 6.15 Modello numerico UDEC.
Istantanee dei quattro cicli di risoluzione del modello costruito per simulare le traiettorie dei blocchi. Il primo fotogramma è tratto dal primo ciclo allo step 20000, il secondo è allo step 40000, il terzo al 60000, mentre l'ultimo si ferma circa al 70000.
La stima approssimativa prevede una distanza massima di almeno 20 metri per i massi di maggiori dimensioni (lato di circa 2 metri), pertanto è opportuno collocare la trincea tenendo conto di questa misura, per evitare che l'impatto diretto dei blocchi danneggi il muro paramassi.
Utilizzando un muro costituito dal materiale roccioso asportato per lo scavo e contenuto dalla gabbionatura in rete metallica, si può ottenere un minor impatto visivo dell'opera offrendo inoltre un substrato idoneo
all'impianto inizialmente artificiale e successivamente spontaneo di specie arboree ed arbustive poco esigenti (Baracco, 1998).
Con la crescita della suddetta vegetazione diminuirà la vista del fronte di cava ed aumenterà l'efficacia della barriera paramassi qualora si riempa la trincea (fig. 6.16).
Fig. 6.16 Previsione degli interventi di messa in sicurezza e rinverdimento dell'area.
Un'altra porzione del fronte che sicuramente necessita una messa in sicurezza minima è quella situata nella zona orientale della cava riferita alla stazione di misura 3.
Come illustrato nel profilo UDEC ed in foto (fig. 6.17 - 6.18), si nota che gran parte della superficie del fronte di cava è interessata da situazioni di crollo per scivolamento dei blocchi di roccia.
Il materiale crollato si ferma sul piazzale di cava ad una decina di metri dal fronte ed i massi rotolati invadono un uliveto che per la dimensione delle piante è di età precedente all'attività estrattiva, ma è ad oggi abbandonato. Senza intervenire con costose operazioni di disgaggio, è sufficiente
realizzare lungo il piede del pendio una trincea ed una barriera paramassi del tutto analoghe a quelle ipotizzate nella stazione 1 (fig. 6.19); una volta terminata la messa in sicurezza si potrebbe in futuro immaginare un recupero agricolo dell'area.
Fig. 6.19 Stazione 3.
Previsione degli interventi di messa in sicurezza e rinverdimento dell'area. Fig. 6.18 Stazione 3. Blocchi di roccia propensi allo scivolamento. Fig. 6.17 Stazione 3.