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CAP. 3 –ESAME ECOGRAFICO

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Academic year: 2021

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CAP. 3 –ESAME ECOGRAFICO

3.1. METODICA DI ESAME ECOGRAFICA

L’ecografia è la tecnica d’elezione per esaminare il parenchima epatico e le vie biliari per la sua semplicità di esecuzione e sicurezza. Permette di stabilire l’estensione e, spesso, la natura stessa di una lesione. Offre, inoltre, la possibilità di realizzare delle biopsie e delle citologie sotto stretto controllo visivo sia del parenchima che della colecisti. La scoperta delle lesioni diviene in tal modo precoce e permette una migliore stima della prognosi e la messa in opera di una terapia sia essa medica o chirurgica. L’ecografia, infine, è un esame che può essere ripetuto nel tempo così da permettere il monitoraggio regolare delle lesioni o la valutazione post-chirurgica (Chetboul V. e coll., 2003).

E’ importante ricordare che l’esame ecografico del fegato e delle vie biliari deve vertere ad ottenere informazioni circa:

⋅ caratteristiche peculiari riscontrate (sede, dimensione, forma, ecostruttura, eventuali reperti patologici e loro misurazione);

⋅ descrizione dell’ecogenicità usando i termini di anecogenicità, ipoecogenicità, isoecogenicità, iperecogenicità che si riferiscono alla intensità crescente con la quale le singole strutture riflettono il raggio ultrasonoro dal quale sono investite determinando immagini che vanno dal nero al bianco, con le varie sfumature di grigio tra loro interposte;

⋅ l’eventuale valutazione delle caratteristiche vascolari;

⋅ segnalare eventuali artefatti utili alla comprensione dell’immagine usando la terminologia classica quale riverbero, rinforzo, cono d’ombra posteriore, ecc;

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⋅ nel caso di riscontro di una lesione, descrivere le caratteristiche strutturali complessive ad esempio ecostruttura (omogenea, disomogenea, mista).

L’ecografia epatica deve essere eseguita dopo un digiuno di almeno 12 ore allo scopo di limitare la presenza di artefatti provocati dall’aria e materiale alimentare nello stomaco e dai gas intestinali. Evitare il più possibile eventi stressanti antecedenti all’esame ecografico dato che possono indurre polipnea ed aerofagia.

La frequenza degli ultrasuoni da utilizzare è in funzione della taglia del paziente da esplorare: 5MHz permettono una migliore penetrazione (10-12cm), si usa soprattutto per lo studio del fegato nella specie canina; 7,5MHz offre una migliore risoluzione ma la profondità di esplorazione non supera i 4-6cm, si usa nel gatto o per meglio apprezzare i dettagli nel cane.

Le sonde Convex e Microconvex sono da utilizzare in funzione delle dimensioni del soggetto in quanto permettono un miglior contatto cutaneo grazie alla loro superficie convessa; le sonde Lineari, per il transcostale, sono interessanti perché necessitano di una piccola superficie di contatto, fondamentale nell’approccio intercostale.

Si effettua una ampia tricotomia addominale fino ad includere gli ultimi spazi intercostali applicando, successivamente, uno specifico gel.

Si possono utilizzare tre posizionamenti del paziente:

Decubito dorsale: è l’esplorazione classica, posizionando l’animale su un cuscino di gomma. Il cuscino verrà tolto ogni qual volta renderà difficoltosa l’esplorazione delle porzioni laterali (ricordiamo che nell’esame ecografico è importante valutare l’insieme degli organi addominali). In decubito dorsale, la sonda verrà applicata dietro il processo xifoideo (finestra acustica

retroxifoidea), leggermente inclinata (circa 30°) cranio-dorsalmente e poi

spostata da destra a sinistra e da sinistra a destra lungo l’arco costale (Fig. 3.1). Il fegato deve essere studiato nella sua totalità ruotando

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progressivamente la sonda utilizzando, così, piani di scansione retrocostali trasversali e longitudinali. Non bisogna disdegnare il ricorso a piani di scansione “ibridi” allo scopo di migliorare la visione di eventuali lesioni. La visione del fegato è agevolata dall’atto inspiratorio poiché il movimento contribuisce a spostare caudalmente gli organi addominali.

Fig 3.1 – Fegato: esplorazione con approccio ventrale.

Decubito laterale sinistro e destro: oltre all’approccio laterale permette anche quello intercostale. In decubito laterale, la sonda viene posta in posizione intercostale parasternale; nella scansione intercostale, si posiziona la sonda a destra a livello del 10°, 11° o 12° spazio intercostale,

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posteriormente all’area d’esplorazione cardiaca (Fig 3.2). L’approccio intercostale destro viene utilizzato, spesso, per osservare oltre all’ilo epatico, anche la colecisti in caso di microepatia o quando i gas digestivi disturbano l’approccio ventrale.

Fig 3.2 – Fegato: esplorazione con approccio intercostale.

Stazione quadrupedale: in alcune occasioni (paziente non collaborativo o patologie per le quali è sconsigliato il decubito dorsale).

L’esame ecografico del sistema biliare viene eseguito secondo le modalità dell’esame del parenchima epatico, attraverso le finestre acustiche retroxifoidea, retrocostale ed intercostale destra (Spaterna A. e coll.., 2000).

Durante l’esame ecografico del fegato vanno studiati i tre elementi della struttura epatica: parenchima, tratto biliare, vasi.

Per quanto riguarda il parenchima epatico andrà esplorato interamente in scansione longitudinale e trasversale ricercando i limiti (teorici perché in realtà non sono definiti) dei vari lobi attraverso il contatto con gli organi vicini e attraverso la posizione della sonda nell’emiaddome destro o sinistro. Eventuali anomalie diffuse della ecogenicità del parenchima possono evidenziarsi mettendo a confronto le immagini della porzione destra del

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fegato con la corticale del rene destro e la porzione sinistra del fegato con il parenchima della milza. Per visualizzare le porzioni di parenchima più craniali, spesso, è necessario inclinare molto la sonda cranialmente ed esercitare una certa pressione sulla parete addominale.

Il tratto biliare andrà osservato esplorando il corpo e collo della colecisti (parete, contenuto, grado di distensione), le vie biliari intraepatiche (nella norma non si vedono) e le vie biliari extraepatiche (dotto cistico e coledoco).

Le strutture vascolari tra cui la vena porta e la vena cava caudale vanno valutate nel loro tragitto e diametro (Chetboul V. e coll., 2003).

3.2. ECOGRAFIA INTERVENTISTICA

L’ecografia è la tecnica principale per valutare i disordini del parenchima epatico e delle vie biliari. Non sempre, però, la sola ecografia fornisce reperti patognomonici o indicazioni sulla gravità e prognosi di una patologia; per questo va confrontata con i rilievi clinici e biochimici ematici allo scopo di poter selezionare le ipotesi più probabili. Altre volte, può mancare una correlazione tra le anomalie ecografiche ed i rilievi clinico ematici. Per questo è spesso necessaria una biopsia epatica o una colecistocentesi.

Procedure bioptiche percutanee ecoguidate sono entrate nella pratica clinica di routine nei piccoli animali, poiché con tecnica B-mode real time è possibile un preciso posizionamento dell’ago anche in caso di lesioni profonde. Con questa procedura è possibile analizzare qualunque lesione focale o generalizzata con una tecnica sicuramente più veloce che offre minore rischio per il paziente rispetto ad altri metodi bioptici (Romeo T. e Citi S., 2002).

Il prelievo di campioni di bile attraverso colecistocentesi sotto guida ecografia, viene eseguito per effettuare esami citologici, colturali, antibiogrammi, ecc. Si procede, dopo avere posto il paziente sotto sedazione o

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anestesia, utilizzando un ago spinale 22G collegato a siringa da 12ml tentando di svuotare completamente la cistifellea (Mc Gahan J.P. e coll., 1983; Nelson R.W. e Couto C.G., 2006; Center S.A., 2009) (Fig 3.3, Fig 3.4)..

Fig 3.3 – Tecnica per effettuare colecistocentesi percutanea ecoguidata.

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La colecistocentesi percutanea ecoguidata (CPE) è indicata, in particolare, in corso di diagnosi di colecistiti batteriche o per la valutazione della funzionalità epatica (Voros K. e coll., 2002).

Nel cane, fino all’avvento dell’ecografia, la bile veniva prelevata generalmente in seguito a incannulazione chirurgica del duodeno, del dotto biliare comune o della colecisti stessa, oppure mediante colecistocentesi in corso di laparotomia. E’ ritenuta ad oggi molto utile come mezzo diagnostico nelle colecistiti e per la determinazione di bactibilia (Rivers B.J. e coll., 1997). La CPE è una pratica che può essere utilizzata al fine di decomprimere la colecisti in pazienti con ostruzione del tratto biliare extraepatico conseguente ad una pancreatite acuta (Herman B. e coll., 2005).

La superficie ventrale dell’addome caudale, fino al processo xifoideo, deve essere preparata chirurgicamente. Nel cane è descritto l’approccio transepatico che si attua mediante l’inserimento dell’ago nel tessuto epatico adiacente alla colecisti fino ad arrivare alla parete di questa e perforarla. Il suddetto metodo permette l’aderenza del parenchima epatico alla sede di prelievo al fine di garantire l’emostasi ed evitare la fuoriuscita di bile in cavità peritoneale, minimizzando i rischi di coleperitonite (Mc Gahan J.P. e coll., 1983; Savary-Bataille K.C. e coll., 2003; Center S.A., 2009).

Viene aspirata la maggior quantità di bile possibile per ridurre la possibilità di perdita di bile in addome (Rivers B.J. e coll., 1997; Staatz A.J. e coll., 2002). La viscosità della bile in cani con ostruzione biliare extraepatica può creare difficoltà nell’aspirazione della bile in corso di colecistocentesi. L’uso di un ago a calibro maggiore o di un catetere può facilitarne l’aspirazione ma può aumentare il rischio di fuoriuscita della stessa (Mc Gahan J.P. e coll., 1983; Savary-Bataille K.C. e coll., 2003; Center S.A., 2009).

In Medicina Veterinaria i rischi associati a questa procedura sono assai bassi e le complicazioni altrettanto infrequenti. Come possibili complicazioni

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possiamo avere fuoriuscita di bile e conseguente coleperitonite, emorragia, reazione vaso-vagale (può produrre arresto respiratorio, bradicardia, morte), batteriemia, emobilia (Otto R. e coll., 1984; Van Sonneberg E. e coll., 1992; Penninck D.G. e Finn-Bodner S.T., 1998).

Figura

Fig 3.1 – Fegato: esplorazione con approccio ventrale.
Fig 3.2 – Fegato: esplorazione con approccio intercostale.
Fig 3.4 – Colecistocentesi sotto controllo ecografico.

Riferimenti

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