Capitolo 4
Gassificazione dei fanghi: stato dell’arte
4.1
Introduzione
Nel tentativo di utilizzare il combustibile solido come sorgente di combustibile gassoso, un approccio promettente appare quello della produzione del syngas attraverso processi di gassificazione, utilizzando come alimentazione del processo un'ampia gamma di biomasse di scarto provenienti da differenti settori, quali quello della lavorazione del legno, dell'industria agro-alimentare o ancora dei processi di depurazione delle acque reflue [7].
Nella gassificazione, non verificandosi la totale combustione o ossidazione delle biomasse, si producono minori emissioni inquinanti rispetto a quanto avviene per l’incenerimento. Infatti all’interno del gassificatore vengono mantenute le condizioni di processo ideali per la produzione del syngas ed essendo le temperature operative generalmente più basse rispetto all’incenerimento, la maggior parte degli inquinanti sono trattenuti nelle ceneri.
Per tenere sotto controllo la produzione di NOx, il gas combustibile generato dal
processo di gassificazione viene in seguito ossidato in stadi successivi, l’ultimo dei quali viene realizzato in un boiler, dove l’energia è recuperata sotto forma di vapore. Il vapore così prodotto viene inviato ad una turbina collegata ad un generatore elettrico.
La gassificazione dei fanghi di depurazione presenta diversi vantaggi: - riduzione di volume dei prodotti di scarto;
- distruzione di batteri patogeni presenti nei fanghi; - controllo delle emissioni in atmosfera a basso costo; - recupero energetico;
- miglior efficienza rispetto all’incenerimento dal momento che il gas prodotto può essere usato direttamente nella produzione di potenza.
Il principale vantaggio rimane comunque la produzione di un gas di sintesi di composizione chimica e potere calorifico costanti, che permettono la riduzione della complessità del controllo delle reazioni di ossidazione che avvengono all’interno del boiler. Inoltre utilizzando il syngas come combustibile si osserva una notevole diminuzione della produzione di CO2, a parità di energia prodotta, rispetto alla quantità
generata dalla combustione di combustibili fossili.
Il maggiore inconveniente è l’alto contenuto di tar e polveri volanti nel gas di sintesi prodotto [8].
In letteratura scientifica è comunque presente solo un numero limitato di ricerche nelle quali si descrivono impianti pilota o su scala di laboratorio per la realizzazione della gassificazione dei fanghi da depurazione di acque reflue.
4.2
Sperimentazione su scala di laboratorio
Presso il Dipartimento di Ingegneria Ambientale dell’Università di Trento è stato progettato e messo a punto un apparato sperimentale, su scala di laboratorio, per la realizzazione della gassificazione di fanghi da depurazione (Figura 4.1) [7].
Tale impianto è costituito da un gassificatore a letto fisso, operante in discontinuo a pressioni comprese tra 1 e 10 bar, ed in grado di raggiungere elevate temperature (1000°C).
Un forno a pozzo accoglie al suo interno il reattore, entro il quale vengono inserite le biomasse sottoposte a gassificazione. Alcuni strati di materiale refrattario possono essere utilizzati sotto la base del reattore, per collocarlo nella posizione desiderata, e in corrispondenza della sezione superiore del forno, per limitare gli scambi termici convettivi con l’ambiente esterno.
Il reattore è costituito da un cilindro (diametro interno 142 mm, altezza 400 mm, spessore 4 mm) in lega nickel-ferro-cromo (Incoloy 800) ed è dotato di due flangie cieche a chiusura delle due sezioni di base; nella flangia superiore risultano saldate 8 tubazioni di piccolo diametro per l’ingresso e l’uscita del gas attraverso un camino centrale e per il collegamento degli strumenti di misura e controllo.
La strumentazione di controllo ed acquisizione dati è posizionata nella parte superiore dell’impianto.
Figura 4.1: Apparato sperimentale per la gassificazione di fanghi di depurazione del Dipartimento di
Ingegneria Ambientale di Trento (2006)
Nel reattore, riempito ad altezza variabile con il materiale reagente (biomassa), è previsto il lavaggio dei prodotti di reazione mediante un flusso di gas inerte (azoto o elio), al fine di evitare l’instaurarsi di reazioni secondarie e favorire il progressivo avanzamento dei gas verso la sezione di analisi. Tale sezione dell’impianto è costituita da un sistema per la rimozione dei composti condensabili (tar), da un gas-cromatografo e da uno spettrometro di massa per la caratterizzazione delle specie chimiche presenti nella corrente gassosa.
La composizione del gas di sintesi prodotto è influenzata dalla temperatura e dalla pressione di conversione, nonché dalla quantità di aria utilizzata come comburente. Il potere calorifico del gas prodotto si assesta sui valori tipici di un processo di gassificazione ed è funzione decrescente del contenuto di umidità del fango. La presenza dell’acqua infatti, da un lato aumenta la purezza e la qualità del syngas prodotto, ma dall’altro incrementa la quantità di energia che deve essere fornita al sistema per sostenere le reazioni di conversione.
Nel corso della sperimentazione realizzata con tale apparato sono state valutate le rese di conversione del processo di gassificazione di fanghi provenienti dai processi di
depurazione di acque reflue mediante l’impiego di un modello che ipotizza il raggiungimento dell’equilibrio termodinamico delle reazioni che hanno luogo all’interno del gassificatore.
Manyà et al. (2006) [8] hanno invece messo a punto un impianto su scala di laboratorio (Figura 4.2) nel quale l’elemento centrale risulta un gassificatore a letto fluido (Bubbling Fluidised Bed, BFB) in acciaio.
I fanghi sono inviati al reattore, insieme a materiale inerte (sabbia), mediante un alimentatore ad elica, con l’ausilio di aria, in quantità pari al 33% del quantitativo totale alimentato al reattore, al fine di condurre una migliore fluidizzazione del letto. La quantità rimanente di aria necessaria è introdotta attraverso un distributore a piatto. All’uscita del reattore il gas viene inviato ad un ciclone, per rimuovere le particelle residue di carbone, e successivamente viene filtrato. L’altezza del letto è mantenuta costante a valori prestabiliti attraverso un sistema che raccoglie la cenere prodotta in un serbatoio posto al di sotto del reattore.
Dal gas in uscita vengono derivate due correnti dirette l’una ad un analizzatore infrarosso CO/CO2 continuo, che monitorizza il processo, e l’altra, dopo aver
attraversato un misuratore di temperatura e pressione, ad un micro-gas cromatografo che ne fornisce la composizione volumetrica (N2, O2, H2, CO, CO2, CH4, C2H2,
C2H4,C2H6, H2S).
Lo scopo di questa sperimentazione è stato investigare come il processo di gassificazione sia influenzato dalla quantità d’aria impiegata e dall’altezza del letto (150 mm e 300 mm), ovvero dal tempo di permanenza dei fanghi nel reattore.
Durante la sperimentazione sono stati usati fanghi provenienti da un impianto di trattamento di acque reflue urbane, precedentemente sottoposti a digestione anaerobica ed essiccamento termico, ridotti infine in granuli di dimensioni 250÷500 µm.
La sperimentazione ha fornito dati riguardanti:
- composizione media del gas prodotto su base secca; - quantità di gas ottenuto;
- valore energetico del gas freddo prodotto (η, definito come il rapporto tra il potere
calorifico inferiore del gas prodotto e il potere calorifico inferiore dei fanghi secchi alimentati);
- percentuale media del carbonio presente nella biomassa, recuperato nel gas; - distribuzione della massa prodotta.
Gli autori hanno riscontrato che:
- le concentrazioni di H2, CO, CH4, C2H4 e C2H6 aumentano all’aumentare
dell’altezza del letto e diminuiscono all’aumentare del parametro λ, definito come il rapporto tra la quantità di aria alimentata e l’aria stechiometrica della reazione di combustione; la concentrazione di N2 mostra un andamento inverso;
- la percentuale di carbonio nella biomassa convertita in gas e la quantità di gas
prodotto aumentano con l’aumentare di λ (influenza maggiore) e dell’altezza del letto (influenza minore);
- il valore di η non dipende da λ, ma cresce all’aumentare dell’altezza del letto; - la produzione di tar e ceneri non mostra andamenti significativi in funzione di λ e
dell’altezza del letto.
Per valutare la quantità e la natura del tar formatosi durante il processo di gassificazione di fanghi, condotto a pressione atmosferica ed a temperature comprese tra 800 e 1000°C, Adegoroye et al. (2004) [37] hanno impiegato un sistema (Figura 4.3) dotato di un gassificatore spouted bed (letto a scarico continuo). Il reattore è costituito da un cilindro, con diametro interno pari a 32 mm, in lega nickel-ferro-cromo (Incoloy 800). Le condizioni operative impiegate permettono di raggiungere alte conversioni dei fanghi, usati come combustibile solido, e di produrre un gas combustibile con un buon potere calorifico e dunque di buona qualità.
I fanghi secchi impiegati per questa sperimentazione sono ridotti in granuli di dimensione intorno a 200÷300 µm e contengono circa il 90% in peso di materiale volatile (tale quantità risulta circa il doppio di quella dei tipici combustibili bituminosi). I volatili prodotti vengono decomposti alla temperatura di gassificazione attraverso una serie complessa di reazioni di pirolisi e/o ossidazione, originando gas, tar e, allo stadio finale, nerofumo.
Le prove sono state realizzate impiegando una miscela compressa di aria/N2 o una
miscela aria/vapore/N2 in qualità di agente fluidizzante.
Figura 4.3: Schema dell’impianto di gassificazione impiegato da Adegoroye et al. (2004)
La quantità di tar residua nel gas dipende dalle condizioni operative quali temperatura, pressione, tempo di residenza nel reattore, altezza del letto e natura del materiale del letto.
L’esperienza ha mostrato che usando un gassificatore spouted bed, il tar è raccolto in quantità trascurabili, inferiori all’1,6% in peso rispetto ai fanghi alimentati. Questo viene raccolto, principalmente, nella trappola appositamente posizionata sulla linea del gas all’uscita dal reattore e, in piccole quantità, alla testa del gassificatore stesso e nel letto finale.
Il confronto tra i parametri monitorati nel processo di gassificazione di due differenti tipi di fanghi, oggetto dello studio di Adegoroye e collaboratori, denominati fanghi Biogran e fanghi Danish, ha evidenziato quanto segue.
1. La quantità di tar prodotta durante la gassificazione dei due tipi di fanghi è limitata (0,3÷1,6% dell’alimentazione), inducendo ad ipotizzare che all’interno del reattore
spouted bed avvengano anche reazioni secondarie di pirolisi, che portano alla trasformazione del tar. Infatti, dal confronto di tali valori con quelli ottenuti mediante l’impiego di un reattore a maglia metallica, per il quale il tempo di residenza tende a minimizzare le reazioni secondarie, è stata osservata una marcata differenza, dal momento che quest’ultima soluzione ha prodotto quantità di tar primario decisamente maggiori (circa il 20% in peso dei fanghi alimentati).
2. L’analisi gas cromatografica accoppiata alla spettrometria di massa (GC-MS) indica la presenza di composti aromatici e policiclici con atomi sostituiti (O, N).
3. L’analisi termogravimetrica (TG) del tar raccolto nella trappola ha fornito una stima della distribuzione dei punti di ebollizione. Il 60÷70% del tar dei due tipi di fanghi presenta temperature di ebollizione inferiori a 450°C.
4. L’analisi cromatografica (SEC) ha mostrato che la dimensione molecolare della porzione di tar, trattenuta dal riempimento della colonna, diminuisce con l’aumento della temperatura; al contrario di quanto riscontrato per il materiale non trattenuto dalla porosità della colonna, le cui dimensioni aumentano con l’aumentare della temperatura.
5. L’analisi spettroscopica in fluorescenza (UV-F) ha mostrato un aumento di anelli polinucleari, di strutture eterocicliche e alchili o sostituzioni di eteroatomi con l’aumentare della temperatura di formazione del tar.
4.3
Impianti pilota
Dogru et al. (2002) [29] hanno realizzato la gassificazione di fanghi di depurazione in un gassificatore throated downdraft, al fine di verificare se tale tecnologia sia concretamente utilizzabile per ottenere, con elevata efficienza, un gas pulito da impiegare per la produzione di energia o nella sintesi di chemicals.
Il processo di gassificazione descritto da Dogru (Figura 4.4) è un processo autotermico e consiste in una serie di complessi processi chimici e termici, che avvengono simultaneamente e/o in modo consecutivo.
L’impianto pilota (Figura 4.5) usato in questa sperimentazione è costituito da: - un gassificatore downdraft;
- un packed bed scrubber; - un filtro;
- un ventilatore per la circolazione del gas; - un bruciatore pilota.
Figura 4.4: Diagramma a blocchi del processo di gassificazione
applicato da Dogru et al.(2002)
Le fasi principali del processo hanno luogo all’interno del gassificatore, in zone distinte: - zona di essiccamento, nella quale viene rimossa l’umidità dai fanghi per evaporazione,
mediante un riscaldamento progressivo da 70 a 200°C. La velocità di essiccamento dipende dall’area superficiale del combustibile, dalla velocità di ricircolazione,
dall’umidità relativa, dalla differenza di temperatura tra gas e combustibile solido e dalla diffusività dell’acqua nel combustibile;
- zona di pirolisi, nella quale si osserva la degradazione termica dei fanghi secchi, condotta a temperature tra 350 e 500°C, usando l’energia termica ottenuta dalla parziale ossidazione dei prodotti di pirolisi. Il 60÷70% dei fanghi sono convertiti in un liquido, (contenente acqua, tar e olio), un gas (contenente CO, CO2, H2 e idrocarburi
leggeri), ceneri e carbone residuo;
- zona di ossidazione, nella quale i prodotti volatili formatisi nella zona di pirolisi vengono ossidati con reazioni esotermiche, favorendo un rapido aumentano della temperatura fino a 1000÷1100°C. I prodotti, comprendenti CO, CO2, H2, H2O,
idrocarburi gassosi, tar e carbone, passano nella zona di gassificazione sottostante; - zona di gassificazione o riduzione, nella quale avviene la conversione dei prodotti,
generatisi nella zona di ossidazione, in un gas per lo più costituito da CO e H2, che
lascia il gassificatore a temperature prossime a 700°C.
Figura 4.5: Schema dell’impianto pilota impiegato da Dogru et al.(2002)
L’impiego di un gassificatore downdraft consente di ottenere:
- alta conversione di carbonio; - quantità ridotte di cenere e tar.
Inoltre tale tipo di reattore è di semplice costruzione e può essere facilmente impiegato in impianti in cui si richiede la co-produzione di calore ed energia, come nel caso del trattamento dei fanghi.
Il packed bed scrubber utilizza degli spray d’acqua per raffreddare i gas in uscita dal gassificatore, rimuovendo l’80÷90% di cenere volante, polvere, tar e condensato.
Il successivo filtro consente un lavaggio del gas ed i prodotti eliminati dallo stesso vengono riciclati come combustibile al gassificatore.
Nel corso di questa sperimentazione sono state realizzate prove in diverse condizioni operative e con differenti tipi di fanghi alimentati, caratterizzati mediante un’analisi elementare, al fine di quantificarne il contenuto di carbonio, idrogeno, ossigeno, azoto e zolfo, nonché la percentuale di materiale volatile e la percentuale di umidità in essi contenute.
L’esito delle prove realizzate è stato poi valutato quantificando il residuo in carbonio, le ceneri ed il potere calorifico del gas prodotto.
Il contenuto di ceneri delle biomasse impiegate è risultato inferiore a quello del carbone e, sebbene le ceneri siano state continuamente rimosse dal gassificatore, è stata osservata la formazione di clinker, a causa delle elevate temperature di utilizzo che procurano una diminuzione della qualità del gas prodotto.
Il gas prodotto è costituito da una frazione combustibile (20÷23% in volume), contenente H2, CO, CH4, C2H4, C2H6, e una frazione non combustibile (N2, CO2).
Il gas in uscita dal gassificatore viene inviato ad uno scrubber e di seguito ad un filtro, allo scopo di ridurre il contenuto dei contaminanti (tar, polvere e condensato).
I prodotti di scarto del processo di gassificazione sono dunque carbone, cenere, tar, condensato ed acqua, mentre il prodotto principale risulta il gas di sintesi.
La temperatura riveste un ruolo rilevante: temperature più elevate consentono l’impiego di minori quantità d’aria, provocano minor produzione di tar e cenere e soprattutto permettono di ottenere un gas di sintesi di qualità superiore.
Dalla sperimentazione effettuata, Dogru et al. hanno tratto le seguenti conclusioni relative all’impianto pilota impiegato.
1. Alte velocità di alimentazione portano a problemi di formazione di clinker, ridotti sulla grata del gassificatore, a causa di una distribuzione non uniforme della temperatura nella zona di ossidazione.
2. A causa della presenza di contaminanti è difficoltoso effettuare misurazioni di flusso, il gas è quindi trattato in uno scrubber e condotto attraverso un filtro per rimuovere tar e condensato.
3. L’efficienza termica aumenta con l’incremento della velocità specifica di gassificazione e della quantità di gas combustibile.
4. I flussi di gas secco e di carbone aumentano con la velocità di alimentazione, mentre le ceneri rimangono costanti.
Petersen e Werther (2005) [27] hanno impiegato un altro tipo di impianto pilota per la gassificazione dei fanghi, dotato di un gassificatore a letto fluido circolante (CFB). Sono stati studiati processi di gassificazione e pirolisi, allo scopo di individuare meccanismi e cinetiche di reazione.
Il reattore è stato alimentato con fanghi provenienti da impianti di trattamento di acque reflue della rete civile tedesca, disidratati e ridotti in pellet di dimensioni pari a 2,9 mm, con densità pari a 1728 kg/m3.
L’impianto pilota (Figura 4.6) risulta costituito principalmente dalle seguenti apparecchiature:
- una colonna (che costituisce il reattore a letto fluido circolante, CFB); - un ciclone;
- una camera post-combustione; - un filtro ceramico;
- una trappola per il tar; - un analizzatore per i gas.
L’impianto viene riscaldato elettricamente dall’esterno così come il gas fluidizzante (fino a 800°C).
Il reattore CFB è realizzato in acciaio, senza rivestimento refrattario (diametro interno 100 mm, altezza 15 m).
Il letto del gassificatore è costituito da sabbia silicica; dopo il primo esperimento la sabbia è conservata e miscelata con materiale fresco per l’esperimento successivo. La velocità minima di fluidizzazione è di 4,4 cm/s per sabbia originale e di 6,5 cm/s per la miscela di sabbia attiva e fresca.
I gas e le ceneri volanti, prodotti nel CFB, passano attraverso un ciclone e successivamente entrano in una camera di post-combustione (diametro interno 300 mm,
lunghezza 4,3 m) riscaldata elettricamente dall’esterno, dove i gas energetici vengono bruciati con aria.
Figura 4.6: Flowsheet dell’impianto pilota impiegato da Petersen et al.(2005)
Allo scopo di separare il gas prodotto da particelle del letto fluido e dalle ceneri volanti eventualmente trascinate, vengono impiegati un filtro ceramico ed un ciclone. A valle di tali apparecchiature è posizionata una trappola, al fine di raccogliere il tar prodottosi durante il progressivo raffreddamento della corrente gassosa.
Un sistema di analisi del gas, costituito da analizzatori disposti in serie ed alimentati da una pompa a membrana (flusso pari a 1 l/min), permette infine di quantificare i principali componenti gassosi presenti nella corrente di output (O2, CO, CO2, H2, CH4,
C2H4, H2O).
L’impianto risulta equipaggiato con:
- termocoppie per effettuare misure di temperatura;
- sensori per effettuare misure di pressione (pressione media intorno a 7000 Pa); - ingressi per l’alimentazione del combustibile solido a diverse altezze: 1,75 m, 2,5 m,
3,5 m, 4,6 m.
I parametri che influenzano la gassificazione considerati nella sperimentazione condotta da Petersen e Werther sono:
- il tipo di agente fluidizzante impiegato (aria, N2, miscela CO2/N2);
- la temperatura (variabile tra 1023 e 1123 K);
- il parametro λ, definito come il rapporto tra la quantità di aria alimentata e l’aria stechiometrica della reazione di combustione (λ = 0,3 e λ = 0,6);
- la velocità superficiale del gas (3,5 m/s e 5 m/s); - l’altezza di alimentazione (2,5 m e 4,6 m).
Phuphuakrat et al. (2009) [40] hanno effettuato una sperimentazione per caratterizzare il contenuto di tar presente nel syngas prodotto in un gassificatore a letto fisso down-draft. Gli autori intendono studiare come il parametro λ, definito come il rapporto tra la quantità di aria alimentata e l’aria stechiometrica della reazione di combustione, influenzi la resa in tar; l’obiettivo finale è quello di strutturare un processo in grado di convertire il fango in un gas combustibile pulito da poter essere impiegato in un motore diesel per la produzione di energia elettrica, da utilizzare nello stesso impianto di depurazione delle acque.
L’impianto pilota (Figura 4.7), progettato e sviluppato dalla King Mongkut’s University of Technology (North Bangkok, Thailand) è costituito dalle seguenti apparecchiature:
- un gassificatore down-draft, strumentato con sei termocoppie (Figura 4.8); - due cicloni, il primo a valle del reattore, il secondo posizionato tra le prime due
trappole per il tar;
- due venturi scrubbers;
All’inizio di ogni prova, condotta in batch, il reattore viene caricato con 300 kg di fango, precedentemente essiccato, ridotto in pellets di 38÷50 mm. Questo fango contiene circa il 40% di materiale volatile e l’11% di umidità.
Prima dell’accensione viene misurata l’altezza del letto (Figura 4.8) per valutare la densità della carica e la velocità con cui essa si consuma.
Figura 4.7: Flowsheet dell’impianto pilota impiegato da Phuphuakrat et al.(2009)
Per avviare la combustione, viene utilizzato un bruciatore che rimane acceso per circa 3 min.
Durante il transitorio iniziale, il syngas prodotto viene direttamente spurgato alla torcia tramite l’apposita valvola di bypass. Non appena si raggiungono condizioni stazionarie, identificate con le temperature nel letto all’incirca costanti, il bypass viene chiuso e il syngas inviato alla sezione di lavaggio; contemporaneamente inizia il campionamento del gas per l’analisi.
Il livello del letto viene misurato ad intervalli di circa 30 min per determinarne l’esaurimento.
Il syngas, in uscita dal reattore, passa attraverso un ciclone per l’abbattimento delle polveri e, quindi, viene lavato in due venturi scrubbers con l’acqua di ricircolo, proveniente dal bacino ad essi sottostante, con una portata pari a 100 l/min.
Dopo gli scrubbers, il gas attraversa tre assorbitori, intervallati da un ciclone, riempiti rispettivamente con 1,8, 7,5 e 3,4 kg di segatura, all’interno dei quali vengono catturati umidità e tar.
Figura 4.8: Schema del gassificatore down-draft utilizzato da Phuphuakrat et al.(2009)
L’ultimo dispositivo della sezione di pulizia è un filtro in carta, normalmente utilizzato per trattenere il articolato fine prima di inviare il syngas al motore diesel.
La prove di gassificazione sono state condotte per alcuni valori del parametro λ compresi nel range 0,29÷0,36, a cui corrispondono temperature della zona di ossidazione di 975÷1074°C.
1. L’analisi cromatografia (SEC) ha evidenziato come i composti rilevati nel tar abbiano un peso molecolare compreso nel range 50÷500.
2. L’analisi gas cromatografica accoppiata alla spettrometria di massa (GC-MS) indica la presenza di composti aromatici e policiclici dal benzene al pyrene. 3. All’aumentare di λ diminuisce la massa di tar prodotto, dal momento che
aumenta la temperatura della zona di ossidazione e con essa le reazioni di cracking e combustione.
4. Aumentando λ si assiste, contemporaneamente, alla diminuzione nel tar dei composti con peso molecolare 50÷300 e all’aumento di quelli con peso molecolare 300÷500: questo avviene perché i primi vengono facilmente decomposti all’aumentare delle reazioni di ossidazione.
5. L’efficienza del sistema di purificazione del syngas dipende dalle condizioni operative, dai componenti e dalla massa del tar; il 26÷53% del tar può essere abbattuto nei venturi scrubbers, mentre il 14÷36% negli assorbitori con segatura. Prima dell’uscita dalla sezione di lavaggio il 44% degli idrocarburi aromatici leggeri viene rimosso.
4.4
Impianti full-scale
Applicazioni e studi di fattibilità di impianti full-scale relativi a tecnologie alternative all’incenerimento, quali gassificazione e pirolisi, risultano ad oggi difficili da reperire. A seguito di una ricerca effettuata in letteratura scientifica e sul web, sono emerse soltanto due interessanti applicazioni di gassificazione di fanghi: un sistema denominato “KOPF Sewage Sludge Gasification System” in uso a Baligen in Germania ed un progetto in studio a Philadelphia, in Pennsylvania, da parte di Primenergy.
Pochissime risultano anche le applicazioni di pirolisi di fanghi di depurazione, spesso abbandonate ancor prima di aver espresso tutta la loro potenzialità, a causa della scarsa economicità della tecnologia impiegata.
Infine è risultato di notevole interesse uno degli impianti di trattamento di acque reflue più grandi d’Europa, il Crossness Sewage Treatment Works (STW), situato in Abbey Wood, nel distretto londinese di Bexley, nel quale è presente una sezione di incenerimento fanghi decisamente all’avanguardia.
Il primo innovativo impianto di gassificazione di fanghi di depurazione è stato messo a punto da KOPF AG a Baligen in Germania, nell’agosto 2004. L’obiettivo del processo è la valorizzazione dei fanghi attraverso la conversione in elettricità e calore, nonchè la produzione di un residuo solido in granuli privo di inquinanti, che può essere utilizzato in molteplici applicazioni.
I fanghi, provenienti da un impianto di trattamento delle acque che tratta 10 milioni di metri cubi l’anno (125000 abitanti equivalenti), vengono essiccati fino a ottenere un’umidità residua pari al 15÷30%. L’energia necessaria a tale impianto di essiccamento viene fornita da un sistema di pannelli fotovoltaici e sono necessarie dalle due alle otto settimane per ottenere il tenore di umidità richiesto.
L’impianto tratta circa 230 kg/ora di fanghi disidratati (con un contenuto di fango secco pari a 160÷180 kg), generando circa 70 kW di energia elettrica dal gas prodotto, di cui 15 kW sono impegati per il gassificatore, mentre il resto è disponibile per coprire la domanda energetica del processo.
L’impianto necessita di gas naturale come combustibile ausiliario solamente durante la fase di start-up del gassificatore e della camera di post-combustione.
Il valore energetico del gas freddo prodotto (Cold Gas Efficiency, CGE), espresso come il rapporto tra il contenuto energetico del gas e quello dei fanghi di partenza, è pari al 65÷70%, in funzione del grado di umidità residua dell’alimentazione (in pratica circa i 2/3 dell’energia contenuta nei fanghi viene trasformata in gas combustibile).
La fattibilità economica del processo è stata riscontrata per impianti di piccole dimensioni, in grado di trattare una quantità di fanghi disidratati inferiore a 1000 ton/anno.
Lo schema di questo processo, denominato Sewage Sludge Gasification System è riportato in Figura 4.9.
L’apparecchiatura principale del processo è il gassificatore a letto fluido, che garantisce un elevato grado di contatto tra i reagenti, in modo da permettere la realizzazione di reazioni complete, uniformi e veloci. L’unico parametro che influisce sull’andamento della reazione è l’alimentazione di aria preriscaldata: viene infatti addizionato solamente un terzo dell’aria necessaria alla combustione completa. Operando in condizioni d’aria sub-stechiometriche si raggiunge una temperatura di circa 850°C, tipica delle reazioni di gassificazione. In tali condizioni i composti organici ad alto peso molecolare vengono decomposti con alta efficienza in composti gassosi, mentre la porzione inorganica genera un residuo granulare inerte.
L’alimentazione ideale per il gassificatore consiste in fango ridotto in grani, di taglia compresa tra 2 e 10 mm, meccanicamente stabile, con basso contenuto di polvere e con umidità residua del 15÷30%.
I fanghi disidratati vengono prelevati dallo stoccaggio e alimentati nella parte inferiore del Gas Cooler. Quest’ultimo ha la doppia funzione di raffreddare e di purificare il gas prodotto nel gassificatore, alimentato nella parte superiore dell’apparecchiatura, dove viene introdotta anche acqua nebulizzata ad alta pressione. Le gocce molto fini di acqua evaporano e raffreddano velocemente il gas fino a una temperatura inferiore ai 150°C, evitando così la formazione di diossine e furani. Conseguentemente al raffreddamento, la piccola quantità di olio e tar presente nel gas condensa e viene adsorbita, nella parte inferiore dell’apparecchiatura, dai granuli di fango, che vengono successivamente alimentati al gassificatore, attraversandolo con un tempo di permanenza di circa 30 minuti.
Mantenendo la temperatura del letto fluido al di sotto del punto di fusione delle ceneri, il solido prodotto risulta privo di scorie e di semplice rimozione; esso viene poi raffreddato a temperatura inferiore a 60°C e raccolto in un silo, sottoforma di granuli minerali inerti e non lisciviabili, pronti per essere utilizzati in varie applicazioni.
L’aria necessaria al processo viene iniettata nel gassificatore dal basso e, grazie alla presenza dell’ossigeno atmosferico, le reazioni di gassificazione e ossidazione procedono in parallelo. La temperatura di esercizio viene controllata regolando la quantità di aria alimentata.
Nel ciclone, posizionato all’uscita del gassificatore, il gas viene separato dalla polvere proveniente dal letto fluido. Attraversando il successivo scambiatore di calore, la temperatura del gas viene abbassata fino a circa 600°C e nello stesso tempo l’aria d’alimentazione viene preriscaldata fino a 400°C. Tale scelta di temperature consente di evitare la condensazione delle piccole quantità di olio e di tar presenti nel gas. Come detto, tranne che nella fase di start up, grazie al preriscaldamento dell’aria il processo di gassificazione è energeticamente autosufficiente.
Il gas prodotto viene poi inviato al Gas Cooler per un ulteriore rapido raffreddamento e successivamente ad un filtro (diametro dei pori inferiore ad 1 mm) per ottenere un contenuto residuo di polvere inferiore a 2 mg/m3.
Infine il gas viene raffreddato ad una temperatura inferiore a quella ambiente, in modo tale da condensare gran parte dell’umidità in esso contenuta (originata dalla reazione di gassificazione e dall’acqua nebulizzata nel Gas Cooler). Le gocce più piccole vengono eliminate per centrifugazione: in questo modo condensano circa 300 litri di acqua per tonnellata di fanghi, che vengono rinviati al trattamento delle acque. Per abbassare l’umidità relativa, ed evitare quindi la condensazione a valle, la temperatura viene in seguito leggermente aumentata.
Il processo descritto consente di ottenere un gas essenzialmente privo di inquinanti e contenente idrogeno (6-10% in vol.), monossido di carbonio (6-10% in vol.) e metano (3-5% in vol.), le cui percentuali relative variano in funzione delle caratteristiche dei fanghi alimentati. Esso può quindi essere utilizzato come combustibile in un sistema cogenerativo per la produzione di energia elettrica e calore. L’efficienza relativa alla sola generazione di elettricità è pari al 30%, mentre se si considera anche la produzione di calore si ottiene un valore prossimo al 90%.
In alcune fasi del processo, per esempio durante lo start-up o il run-down, può prodursi un eccesso di gas, che non può essere utilizzato nel sistema cogenerativo. Tale gas viene alimentato ad una camera di post-combustione, operante a circa 850 °C, in cui viene eliminato in modo non dannoso per l’ambiente.
Nella fase di start-up, per raggiungere la temperatura di esercizio nel gassificatore, viene utilizzato del gas naturale, mentre allo stazionario la quantità di gas prodotta è sufficiente a mantenere tale temperatura.
Come detto in precedenza, il granulato minerale che si ottiene con questo processo di gassificazione è totalmente inerte, non lisciviabile e privo di umidità. Esso è molto ricco di potassio e fosforo e pertanto può essere impiegato in varie applicazioni. Le proprietà meccaniche dei grani consentono l’impiego di tale sottoprodotto nella stabilizzazione delle discariche, nella produzione di asfalti e, grazie al contenuto di inquinanti estremamente basso e alla ricchezza di minerali, come riempimento e come substrato in progetti di riconversione di terreni in agricoltura.
Nell’ambito dello sviluppo di metodi innovativi di smaltimento delle biomasse, che non comportino lo spargimento nel terreno di materiale biologicamente attivo, il progetto in studio a Philadelphia, in Pennsylvania, da parte di Primenergy (azienda leader in tecnologie per la gassificazione), prevede l’essiccamento termico e la gassificazione giornaliera di circa 220 tonnellate di fanghi di depurazione umidi, con un contenuto di umidità del 75%.
Il processo di gassificazione consiste nella conversione di materiale organico solido in un combustibile gassoso, che può essere impiegato per produrre energia. Rispetto alla combustione diretta dei fanghi per incenerimento, questo processo di gassificazione presenta due vantaggi:
- basse temperature di esercizio;
- il gas prodotto può essere preventivamente lavato o trattato, al fine di rimuovere potenziali inquinati, prima della combustione per la generazione dell’energia. Per ridurre il volume ed il peso del materiale trattato, l’acqua viene rimossa dai fanghi mediate essiccamento. L’essiccatore è in grado di processare circa 10 tonnellate/ora di fanghi con un contenuto di umidità del 75%, fornendo 3 tonnellate/ora di biomassa con umidità del 9-10%. I fanghi essiccati vengono poi alimentati al gassificatore e l’energia termica ricavabile dai gas prodotti è sufficiente a rendere autotermico l’intero processo. Le ceneri scaricate dal gassificatore, in quantità inferiore al 10% in peso rispetto al fango umido alimentato, sono biologicamente inerti, inodori, prive di agenti patogeni e possono essere immesse nei terreni.
4.5
Co-gassificazione di fanghi con altre biomasse
Negli ultimi anni, sono stati compiuti degli studi anche per valutare la possibilità di riutilizzare impianti di gassificazione già esistenti, alimentati con biomassa, per gassificare fanghi in miscela con biomasse di scarto o carbone.
Paterson et al. [41] hanno mostrato come, ad esempio, la presenza di fanghi nella gassificazione del carbone sia tecnicamente vantaggiosa, perché aumenta la resa e il potere calorifico del gas combustibile prodotto.
Il syngas ottenuto da co-gassificazione presentava, inoltre, tenori di H2 e CO superiori
rispetto a quello ricavato dal solo fango; aveva, tuttavia, un contenuto inferiore di CH4.
Pinto et al. (2007) [42], per studiare la gassificazione di miscele di fanghi e carbone, hanno realizzato un impianto, su scala da laboratorio, con un gassficatore a letto fluido operante a pressione atmosferica (Figura 4.10).
Obiettivo della sperimentazione era inoltre investigare come variano le emissioni di inquinanti gassosi (NH3, H2S e HCl) dell’impianto dopo la miscelazione del carbone
con il fango.
Il gassificatore è costituito da una colonna alta 1,5 m e con un diametro interno di 8 cm. Il syngas in uscita dal reattore attraversa un ciclone, un sistema di condensazione e due filtri, per poi essere raccolto in buste e venire analizzato in un gas cromatografo.
Il fango utilizzato, essiccato termicamente e ridotto in granuli, contiene circa il 50% di materiale volatile e il 9% di umidità, contro il 25 e il 2% del carbone.
Il mezzo gassificante è una miscela di aria e vapore, con una portata di vapore pari a 5 g/min e una d’aria che cade nel range 0÷14 g/min.
La portata di biomassa, che viene mantenuta costante durante tutto l’arco della prova, è di circa 5 g daf/min. Sono state fatte prove con miscele con un contenuto di fango dallo 0 al 100%.
La temperatura della zona di ossidazione viene fatta variare da 750 a 900°C. Dalla sperimentazione gli autori hanno riscontrato quanto segue.
1. L’aggiunta di fango nella gassificazione del carbone provoca, nel syngas prodotto, un aumento del contenuto di CO2 direttamente proporzionale alla
frazione in peso del fango; il tenore di CO non sembra invece variare. Diminuisce inoltre la concentrazione di H2, mentre aumenta quella di CH4 ed
idrocarburi (CnHm).
2.Incrementando il quantitativo di fanghi nella miscela diminuisce la resa in gas. Dal momento che la frazione di ceneri dei due componenti è circa uguale, probabilmente la gassificazione del fango, rispetto a quella del carbone, avviene più lentamente a causa della scarsa reattività del char.
3. L’aumento di temperatura della zona di ossidazione, da 750 a 900°C, provoca, nel syngas, un aumento del contenuto di H2, CO e CO2 ed una diminuzione di
quello di CH4 e di CnHm. Entrambi gli effetti sono dovuti all’aumento delle
reazioni di cracking degli idrocarburi. Per quanto riguarda gli inquinanti, con l’incremento di temperatura aumenta il tenore di H2S ma diminuisce quello di
NH3; il contenuto di HCl resta pressoché invariato.
4. All’aumentare del rapporto d’aria λ diminuisce la quantità di H2, idrocarburi
leggeri e tar nel syngas; aumenta, tuttavia, la concentrazione di CO e, in particolare modo, di CO2. Rapporti d’aria elevati promuovono inoltre le reazioni
di combustione, comportando quindi una diminuzione del potere calorifico del gas. Incrementando λ diminuiscono tuttavia NH3, H2S e HCl, che vengono
Gli autori concludono quindi che gli impianti di gassificazione già esistenti potrebbero essere facilmente impiegati per la gassificazione di miscele di fanghi e biomassa o fanghi soltanto. Le condizioni operative ottimali, per la gassificazione della miscela, sono le seguenti:
- temperatura compresa nel range 850÷900°C; - bassi rapporti d’aria.
In queste condizioni si ottiene infatti un syngas con un buon potere calorifico, a causa delle maggiori concentrazioni di H2, CH4 e CnHm, e basso contenuto di inquinanti (NH3
e HCl).
Sempre Pinto et al (2008) [43], utilizzando lo stesso impianto rappresentato in Figura 4.10, hanno studiato anche la co-gassificazione di pellet di paglia con l’aggiunta di fanghi.
Le condizioni operative utilizzate, vale a dire la temperatura e le portate di alimentazione di biomassa e mezzo gassificante, sono le stesse della precedente esperienza. Nuovamente sono state processate miscele con un contenuto di fango dallo 0 al 100%.
I risultati trovati dagli autori sono riportati di seguito.
1. L’aggiunta di fango nella gassificazione del pellet di paglia provoca, nel syngas prodotto, un aumento del contenuto di CH4 ed idrocarburi (CnHm): i fanghi
hanno infatti un contenuto superiore di volatili, che quando rilasciati, crackizzano velocemente, innalzando il tenore di CnHm nel gas. Le
concentrazioni di questi composti sono tuttavia inferiori a quelle trovate con la co-gassificazione con carbone. All’aumentare del contenuto di fango nella miscela, diminuiscono inoltre i tenori di H2 e CO ed aumenta la CO2; diminuisce
anche la resa in gas.
2. L’aumento di temperatura provoca, nel syngas, un aumento del contenuto di H2,
CO, CO2, H2S ed una diminuzione di quello di CH4, CnHm e NH3.
3. All’aumentare del rapporto d’aria λ diminuisce la quantità di H2, CnHm, NH3,
H2S, HCl e tar nel syngas; aumenta, tuttavia, la concentrazione di CO2.
Diminuisce anche il tenore di CO, che si ossida. Al crescere della temperatura cala il potere calorifico.
Concludendo, gli autori sostengono che la presenza del pellet di paglia sia benefica per la co-gassificazione del fango, il cui quantitativo nella miscela non dovrebbe superare il
50% in peso. All’aumentare del tenore di fango, infatti, aumenta il contenuto di idrocarburi nel syngas, aspetto positivo se questo deve essere bruciato, negativo se deve essere impiegato per la produzione di H2 o in celle a combustibile.
Le condizioni operative ottimali sono: - temperatura intorno a 900°C; - rapporti d’aria non superiori a 0,3.
Con queste condizioni si possono infatti ottenere rese elevate e syngas con alta concentrazione di H2 e basse concentrazioni di idrocarburi e tar.
Tuttavia, le massime rese e tenori di H2 sono inferiori rispetto a quelli trovati con la
co-gassificazione di fanghi e carbone.
4.6
Gassificazione dei fanghi: modellazione matematica
In letteratura scientifica sono presenti numerosi modelli matematici di reattori di gassificazione, che per lo più sono stati proposti per carbone e biomasse convenzionali come cippato di legno (Di Blasi et al., 2004, [49]).
Tuttavia non sono al momento disponibili in letteratura studi sperimentali di gassificazione di fanghi in reattori updraft e i pochi modelli proposti per fanghi da depurazione riguardano impianti pilota a letto circolante (Petersen, Werther, 2005 [27]). In quest’ultimo studio, è stato sviluppato, sulla base di prove sperimentali, un modello matematico monodimensionale che simulasse il comportamento del reattore. Nel modello sono state considerate le caratteristiche fluidodinamiche di un letto circolante, con flusso di gas e solido ascendente al centro e discendente alle pareti. Il processo è stato descritto con una completo sistema di equazioni che descrivono le reazioni di pirolisi, combustione e gassificazione. La maggior parte delle espressioni cinetiche sono state prese in letteratura, mentre sono stati introdotti dei parametri aperti (fattori di splitting) per la descrizione del rilascio in fase di de volatilizzazione delle specie CO, C2H4 e C6H6. I valori numerici di tali parametri sono stati ricavati fittando i calcoli del
modello con misure assiali delle varie specie gassose in fase di pirolisi.
Il modello ha quindi descritto in maniera piuttosto accurata il comportamento del reattore; in particolare, in condizioni di gassificazione con aria, si è osservato che la simulazione di processo offre una buona descrizione della zona di combustione nella parte inferiore del reattore.