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CAPITOLO 1 IL CENTRO CULTURALE NELLA SOCIETÀ ATTUALE

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CAPITOLO 1

IL CENTRO CULTURALE NELLA SOCIETÀ ATTUALE

1 - PANORAMICA DELLA SITUAZIONE ATTUALE

In un momento di crisi globale come quello che il mondo intero sta attraversando e che ha pesanti ricadute nella società, la scelta di puntare su luoghi di cultura e aggregazione sociale appare ancora più importante e significativa che mai.

Per tornare a crescere, per ricominciare a costruire un’idra di cultura è necessario pensare in un ottica di medio-lungo periodo in cui lo sviluppo passi obbligatoriamente per la valorizzazione delle conoscenze, delle culture, puntando in questo modo sulla capacità di guidare il cambiamento. Cultura e ricerca innescano l’innovazione e creano occupazione, producono progresso e pertanto dovrebbero tornare al centro dell’attenzione quotidiana.

Alcuni paesi si sono già attivati fortemente in questa direzione, Germania, Francia, Stati Uniti hanno in qualche modo saputo cogliere la sfida, mentre in Italia è accaduto in troppi casi l’inverso di ciò che era necessario.

1.1– PANORAMICA MONDIALE

In tutto il mondo, solo negli ultimi anni, sono stati rinnovati o costruiti migliaia di centri culturali, che racchiudono musei e biblioteche tra cui, senza dubbio, le più grandi e ambiziose mai realizzate. In Europa spiccano le nuove biblioteche nazionali di Francia, Inghilterra, Germania, assieme alle biblioteche di Den Haag, Copenaghen, Monaco, Madrid, Vienna, Lione, Limoges, solo per citarne alcune. Il Nord America non è da meno e continua a rinnovare il sistema delle biblioteche pubbliche ed universitarie con edifici all’avanguardia, di ogni dimensione come le public Library di San Francisco, Chicago, Phoenix, Philadelphia, Seattle, Toronto, Vancouver, Salt Lake City e le decine di nuovi poli culturali sparsi tra Stati Uniti e Canada. In Giappone progetti molto importanti sono stati realizzati a Sendai, Kansai e Tokyo.

In Cina sono state realizzate le nuove biblioteche di Taiwan e Pechino e sono in costruzione centinaia di nuovi poli culturali in tutto il paese. Inoltre è stato da poco riaperto il Museo Nazionale Cinese, dopo quattro anni di rinnovamento e ampliamento che lo hanno trasformato in uno dei più vasti musei del mondo. Questo è stato solo l’avvio di un boom di costruzioni museali. Nel 2009 in Cina c’erano 3.020 musei, 328 dei quali privati. Da allora ogni anno ne sono stati aggiunti quasi cento.

Anche in alcuni paesi africani, pur con una inevitabile arretratezza, si comincia ad investire in questo settore, non solo con grandi edifici come a Johannesburg e Alessandria di Egitto, ma anche e soprattutto con servizi flessibili e adeguati alle esigenze del contesto, dai servizi mobili dello Zimbawe, ai centri rurali tematici in Benin, Mali e Mozambico, che servono prima di tutto come centri di informazione diffusi nel territorio.

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FIGURA 1 –Rispettivamente da sinistra a destra: interno della biblioteca di Limoges (Francia), Biblioteca di Phoenix (USA); sotto, progetto del nuovo Museo della cultura cinese di Pechino

1.2-SITUAZIONE ITALIANA

In Italia, la situazione che si riscontra è particolare poiché, per quanto riguarda le biblioteche, seppure in mezzo a mille difficoltà, qualcosa ha iniziato a muoversi, mentre per quanto riguarda i musei la situazione è più complessa e delicata.

Una nuova aria di rinnovamento è particolarmente vivace nelle città di piccola e media dimensione, soprattutto nel centro e nel nord, dove in questi ultimi anni si è investito per realizzare nuove biblioteche e nuovi punti di attrattiva culturale, spesso in edifici storici ristrutturati o in altri costruiti ex novo appositamente. Solo per citarne alcuni, ricordiamo le nuove biblioteche di Aosta, Trento, Pesaro, Terni, Orvieto, Lissone, Correggio, Pistoia, Bergamo.

Anche altre grandi città hanno deciso di investire in questo settore, benché nella realtà urbana di maggiori dimensioni la situazione sia assai più complessa. Capoluoghi di regione come Genova e Bologna hanno di recente rinnovato la biblioteca centrale, mentre altre grandi città hanno avviato importanti progetti per nuove grandi public library, come a Torino e Milano.

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11 Per quanto riguarda invece il mondo museale, si entra dentro un universo inesplorato nel quale la miriade di spazi di realtà locali sembra quasi soffocata da quelli più noti che sorgono all’interno dei grandi centri urbani. Ma non tutti. La proliferazione di nuovi musei, accanto a quelli di più antica istituzione, ha evidentemente risposto alle esigenze “di campanile”, allargando inequivocabilmente l’offerta, nonostante dall’altro lato abbia anche ulteriormente diluito le risorse sulle quali far conto. In generale però la maggiore criticità sta forse nella mancanza di un censimento, di un’analisi complessiva dell’esistente e delle condizioni nelle quali si trova. A colmare questa lacuna provvede l’Indagine statistica sui musei e sugli Istituti similari, effettuata dall’Istat in collaborazione con il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, le Regioni e le Province autonome. Un’iniziativa finalizzata alla costruzione di un sistema informativo nazionale sui musei italiani e le istituzioni similari.

Infatti ad oggi si conta che il numero dei musei e degli istituti affini, pubblici e privati, sia di circa 4.588, dei quali la maggior parte riguardante musei, gallerie e collezioni (3.847) e parti più esigue di aree o parchi archeologici (240) e di monumenti e complessi monumentali (501). Cifre che dimostrano quanto questi istituti costituiscano un patrimonio diffuso, quantificabile in 1,5 ogni 100 kmq, circa uno ogni 13.000 abitanti. Le regioni che ne contano il maggior numero risultano essere l’Emilia-Romagna (440) e il Piemonte (397). Nel Sud e nelle isole è concentrato il 52,1% delle aree archeologiche, mentre al Nord sono localizzati il 48% dei musei e il 43,1% dei monumenti.

1.3-SITUAZIONE PISANA

Proprio partendo dal dato precedentemente indicato sulla diffusione dei musei e delle istituzioni culturali in Toscana, si evince l’importanza che la Regione assegna a tali strutture e non deve quindi stupire la lodevole attività di incentivazione della cultura, intesa in tutte le sue forme, che ha visto protagonista Pisa negli ultimi tempi. In questi anni infatti il Comune di Pisa ha lavorato al fianco delle realtà associative locali per valorizzare i luoghi tradizionali d’incontro e acquisire nuovi spazi spesso recuperati al degrado e restituiti alla cittadinanza.

Si sono create sinergie che hanno consentito una collaborazione virtuosa tra mondo associativo, istituzioni pubbliche e privati cittadini e, anche grazie a piccoli contributi, sono state create una serie di manifestazioni culturali ricche e di buon livello, animando la città con musica, letture, recitazione, presentazioni di libri e lezioni aperte.

In molti casi l’apertura e la disponibilità di nuovi spazi si è trasformata in opportunità per gruppi e realtà giovanili che hanno potuto esprimere il proprio talento acquisendo visibilità e sviluppando una serie di relazioni utili per il loro futuro. Pisa vuole infatti proporsi come città attiva e viva nel presente e nel futuro, valorizzando la sua capacità di congiungere tradizione e innovazione, sapere scientifico e cultura umanistica. Grazie ad alcuni importanti finanziamenti il Comune ha potuto programmare il recupero di aree e strutture di grande valore monumentale, che, per mancanza di risorse, vedevano svilita la loro naturale vocazione storica e culturale.

Sono stati realizzati progetti importanti, alcuni dei quali già terminati, che entro il 2015 restituiranno alla città nuovi spazi e nuove opportunità per lo sviluppo della cultura.

Palazzo Lanfranchi – situato sul Lungarno Galilei, è stato uno dei primi interventi. Alla fine degli

anni Settanta (1976-1980) il Comune di Pisa commissionò la ristrutturazione del Palazzo all’Architetto Massimo Carmassi, che attraverso un attento restauro, consentì la riscoperta e la valorizzazione delle diverse fasi costruttive. Dal 2007 è sede del Museo della Grafica, che si configura come una delle più importanti raccolte pubbliche di grafica contemporanea, in grado di

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12 presentare a studiosi, studenti e appassionati un panorama artistico di livello eccelso. Dalla sua riapertura il Palazzo ha ospitato esposizioni di grafica, rassegne fotografiche, incontri, laboratori per ragazzi.

Domus Mazziniana – il Memoriale a Mazzini nasce grazie

all’intervento di recupero e riallestimento della Domus Mazziniana, finanziato nell’ambito delle Celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia.

All’interno un moderno centro espositivo, dotato di supporti multimediali interattivi e da un apparato didascalico visivo che fa da cornice ai molti cimeli mazziniani, conduce il visitatore lungo un percorso didattico che ripercorre le vicende più salienti dell’Italia risorgimentale e della vita di Mazzini. Un piccolo auditorium attiguo alla preziosa biblioteca che conta su oltre 40 mila volumi di storia politica e istituzionale d’Italia e d’Europa, unica per la amplissima documentazione di pubblicistica politica, culturale e documentaria di area repubblicana e democratica, rende la Domus uno spazio ideale per iniziative culturali, dibattiti, presentazioni di libri ed altri eventi consoni ai valori che il luogo esprime.

Stazione Leopolda – è un centro polivalente e di

aggregazione socio-culturale realizzato all’interno delle strutture di una delle prime stazioni ferroviarie costruite in Italia. Realizzata nel 1844 dal Granduca Leopoldo II di Toscana, dal 1929 era divenuta sede del mercato ortofrutticolo. Nel 1996 il comune avviò i lavori di restauro per realizzare un centro di aggregazione con spazi diversificati per attività culturali e sociali. Ospita infatti durante tutto l’anno eventi interdisciplinari e numerosi

laboratori. Negli edifici adiacenti alle sale espositive, si trovano anche un laboratorio multimediale aperto al pubblico, una fumettoteca, una ludoteca e una sala-prove per il teatro, la danza e la musica. Un ampio cortile consente inoltre di organizzare attività che prevedono uno scambio tra l’interno e l’esterno.

Abbazia San Zeno – la chiesa, oramai sconsacrata era parte di un abbazia, già attestata dal 1029, in

uso ai monaci Camaldolesi. Attualmente di proprietà del Comune di Pisa, si presenta come uno spazio di grande suggestione scenica e di alto interesse monumentale. Il suo interno è stato dotato di impianti e supporti necessari allo svolgimento di mostre, convegni, congressi.

Bastione San Gallo del Giardino Scotto – l’intervento di recupero degli spazi interni del Bastione

Sangallo rientra in una più complessiva riqualificazione del Giardino Scotto, luogo di aggregazione privilegiato per le famiglie, recentemente dotato di strutture idonee al gioco dei bambini, punti di sosta, attrezzato per cinema e spettacoli durante i mesi estivi. Il restauro del Bastione, che interessa una superficie di circa 680 mq, restituisce nuovi spazi aggiuntivi, coperti, di ampie dimensioni e grande suggestione scenica, destinati ad ospitare iniziative culturali, storiche, e visite guidate per i turisti.

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Arsenali Repubblicani e la Torre guelfa – l’area della

Cittadella, uno dei luoghi più significativi per la storia della Pisa medievale, con i suoi edifici monumentali: gli Arsenali Repubblicani, la Torre Guelfa, le mura medievali, la porta Degazia, e con le strutture mai completate realizzate dall’architetto Michelucci, è stata acquistata dall’Amministrazione Comunale che ha avviato un piano di riqualificazione complessivo restituendo alla città uno spazio, di grande pregio e valore storico-monumentale, per lungo tempo abbandonato. Si sta intervenendo in particolare: sul recupero degli Arsenali Repubblicani, destinati ad ospitare un punto espositivo e di servizio a supporto del vicino Museo delle Navi Antiche, all’interno

degli Arsenali Medicei; sulla Torre Guelfa dove si realizzerà un nuovo corpo scala che valorizza gli ambienti interni e un ascensore per consentire l’accesso anche a persone con ridotta o impedita mobilità, e si procederà ad interventi funzionali ad un riuso degli spazi interni a fini museali ed espositivi.

Cittadella Galileiana – nascerà all’interno del complesso dei Vecchi Macelli, un’area di 15.000 mq

di cui circa 500 coperti, la Cittadella Galileiana, un moderno science center capace di diventare polo attrattivo per il turismo didattico e scientifico e luogo di studio, aggregazione e interesse, grazie alla ludoteca scientifica, al museo del calcolo, al centro convegni e agli spazi verdi che circondano l’insieme degli edifici. Un vero e proprio parco della didattica scientifica, nel cuore della città. Agli spazi ricavati, si devono poi aggiungere quelli per i laboratori didattici universitari (Geo Lab, Bio Lab, e il laboratorio di Chimica), il teatro multifunzionale, il posto-ristoro e l’area esterna dedicata ai bambini e un auditorium da 90 posti. La Cittadella Galileiana, oltre all’area dei Vecchi macelli, si estende poi verso la Cittadella, annettendosi gli edifici delle ex Stallette, dove troveranno posto incubatori ed acceleratori di impresa nei settori hi-tech e delle tecnologie ambientali, con annesse strutture di servizio associate allo svolgimento di queste funzioni.

Logge di Banchi sopra le Logge – nel cuore del centro storico è stata

realizzata un’importante opera di architettura contemporanea, capace di proporre una fusione sinergica tra classico e moderno, mettendo in relazione due edifici storici di grande pregio come le “Logge di Banchi”, l’antico mercato della lana e della seta realizzato dal Buontalenti all’inizio del Seicento, e il trecentesco Palazzo Comunale. L’edificio, che prende significativamente il nome di “Sopra Le Logge”, nasce dalla necessità di consentire l’accesso alla parte superiore delle “Logge di Banchi” dove si trova l’ottocentesco Archivio di Stato di Pisa, e dove s’intende, dopo l’acquisizione dal demanio richiesta dal Comune, creare un nuovo spazio per eventi ed esposizioni. Una suggestiva interazione tra i rivestimenti marmorei seicenteschi, la pietra verrucana del palazzo medievale e il vetro, l’acciaio brunito e il corten della struttura contemporanea. L’intervento è parte di una più

complessiva riqualificazione delle Logge dei Banchi, che prevede il restauro dei piani interrati, dove si trovano gli storici bagni pubblici, il restauro dell’area dei Banchi, e il piano superiore. Il nuovo edificio, nella sua caratteristica strutturazione a scala, è oggi un centro espositivo dove si svolgono mensilmente mostre ed esposizioni dedicate all’architettura contemporanea e al designer.

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Centro espositivo San Michele degli Scalzi –

l’intervento di riutilizzo, restauro e riqualificazione del complesso di San Michele degli Scalzi, comprese le aree esterne, è stato realizzato in un contesto particolarmente degradato, abbandonato da circa trent’anni. L’area di San Michele degli Scalzi situata ad est della città di Pisa, a margine del fiume Arno e del parco urbano delle Piagge, è caratterizzata dalla presenza del complesso monumentale di origine

medievale, costituito dalla chiesa e dai resti di un complesso monastico. La riqualificazione del polo culturale si inserisce a pieno titolo nel processo di valorizzazione del sistema museale e culturale della città, che si snoda lungo l’area del fiume Arno. Il polo completa questo sistema che, con il fiume Arno e il parco urbano delle Piagge, rappresenta l’unione ideale tra la città antica e l’area di espressione moderna di Pisa Nuova e Cisanello. Il nuovo centro espositivo d’arte moderna e contemporanea, si relaziona fisicamente con il parco urbano delle Piagge ed il fiume Arno, attraverso un sistema di piazze ed una scalinata gradinata. La superficie complessiva dell’intervento è stata di mq.2.800 circa e, in questi primi anni di apertura, il Centro di San Michele ha ospitato mostre, presentazione di libri, incontri su progetti europei, appuntamenti di musica, danza, teatro.

Nuova Biblioteca comunale – la realizzazione della

nuova biblioteca comunale, costituita da un fabbricato a tre piani fuori terra e da un piano interrato, nell’area a verde abbandonata antistante il sagrato della chiesa medievale di S.Michele degli Scalzi (in luogo del fabbricato ex dopolavoro dello stabilimento Richard Ginori, poi occupata da un centro sociale ), è un investimento di grande rilevanza che rilancia il ruolo della biblioteca attraverso una modernizzazione dei servizi, puntando all’accoglienza di un pubblico più vasto e composito: dai bambini , ai giovani e ai meno

giovani. La nuova biblioteca si presenta come un ambiente più ampio e confortevole: la collocazione dei libri a scaffale aperto, la progressiva automazione dei servizi , un orario di apertura più lungo, spazi con materiale multimediale, rappresentano i punti salienti della crescita del servizio. L’intervento va poi letto come parte di una più complessiva riqualificazione delle Piagge, completando quanto già iniziato con il centro espositivo SMS e con altri interventi di riqualificazione dell’area destinata a diventare un parco urbano, con la creazione di piazze, nuovi percorsi pedonali, aree attrezzate per l’attività fisica (urban fitness) e punti di attrazione e aggregazione socio-culturale. Il polo di arte contemporanea di San Michele degli Scalzi è logisticamente localizzato in strettissimo contatto e sinergia con la nuova biblioteca comunale, in modo da creare una situazione di ampio respiro culturale, supportandosi reciprocamente in molte attività, anche espositive, con eventuale interscambio di personale e ottimizzazione dei costi e delle risorse. La nuova biblioteca si configura come “ piazza coperta”, luogo di incontro, di scoperta e di opportunità, culturalmente stimolante, un luogo interessante e attrattivo per diversi nuovi tipi di pubblico, non solo professori e studenti, ma anche casalinghe, pensionati, turisti. All’ampliamento dei pubblici corrisponde un ampliamento dei materiali: non solo libri come supporto per trasmettere conoscenza, ma giornali, riviste, film, cd musicali, e-book, internet.

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15 2 – EVOLUZIONE DELLA SOCIETÀ

Per poter rapportarsi alla progettazione di un nuovo centro culturale, occorre innanzitutto prendere coscienza di come sia cambiata la società di oggi rispetto ad un passato nemmeno troppo remoto. Secondo l'orientamento dei più noti sociologi e sulla base di numerose rilevazioni di istituzioni internazionali, sembra che la società attuale sia contraddistinta da almeno tre direttrici fondamentali: − l'insieme dell'umanità si sta interconnettendo attraverso una rete di rapporti che si estende

progressivamente all'intero pianeta

− la rapidità e profondità dell'evoluzione dei modi di vita 'quotidiani', determinata dalle innovazioni tecnologiche, rappresenta una novità assoluta nella storia umana

− le trasformazioni antropologiche ed ecologiche globali, dovute all'interazione tra fattori evolutivi (sociali, culturali, economici, tecnologici) sono di un'ampiezza senza precedenti Studiosi di diverse discipline (antropologi, sociologi, biologi) stimano che i mutamenti in atto stiano modificando, in modo irreversibile, il nostro modo di vivere quotidiano, il nostro modo di pensare e di percepire il mondo e la convivenza umana.

Un aspetto estremamente importante per questo lavoro è la diffusione estrema dei mezzi di comunicazione di massa e della rete di connessione globale, che si è verificata negli ultimissimi anni. La società moderna è fin troppo schiava di internet, che è diventato ormai pane quotidiano di ogni individuo e “luogo” vero e proprio di incontro, scambio e ricerca in qualsiasi campo. Inoltre gli smartphone, i tablet, la sempre maggiore facilità ed economicità di acquisto di un pc e il mondo dei social network, hanno contribuito in modo estremamente significativo a rendere la rete la principale vetrina di diffusione di informazioni e contenuti quanto mai vari e disparati.

Questo dato non va sottovalutato, soprattutto in relazione al fatto che il cambiamento della abitudini quotidiane, ha portato conseguentemente anche a dei mutamenti nei processi cognitivi ed intellettuali dei singoli individui, che si riflettono poi nelle scelte da intraprendere per progettare delle strutture intimamente connesse con la conoscenza e lo studio come un biblioteca ed un museo.

2.1–SOCIETÀ DELL’IMMAGINE

La multimedialità, la prevalenza dell’informazione iconica sulla parola scritta e le libertà di utilizzo consentite dalle nuove tecnologie cambiano radicalmente i processi percettivi e cognitivi: da

analitici, strutturati, sequenziali e referenziali, essi diventano generici, globali, simultanei e olistici1.

La scrittura comporta la traduzione di significati di sequenze lineari di simboli visivi, una valutazione rigorosa dei contenuti secondo una scala gerarchica da definire di volta in volta per l’articolazione di una frase, un pensiero. Prima della parola scritta il vedere non era una decodifica strutturata dei segni grafici, ma solo una percezione di immagini, vissute in modo più sensoriale, emotivo e meno distaccato.

In quella che si può definire come “società dell’immagine”, con la massiccia presenza del mezzo televisivo e degli strumenti multimediali, il processo cognitivo torna a essere quello basato sull’immagine: l’homo sapiens diventa (o ritorna) homo videns e la sua “intelligenza sequenziale” torna ad essere “intelligenza simultanea”. Le due cose convivono da sempre e ciascuna interviene nel modo opportuno per far fronte a specifici ordini di esigenze. Nel momento in cui, però, l’utilizzo del medium visivo prevale in modo così schiacciante sul linguaggio scritto nella comunicazione e

1 Moscogiuri M., L’architettura della biblioteca, Linee guida di programmazione e progettazione, Edizioni

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16 nella trasmissione delle informazioni, l’intelligenza simultanea rischia di prendere il sopravvento su quella sequenziale.

La cosa non è negativa in quanto tale, se non fosse che c’è il rischio di sviluppare un’intelligenza, in sento etimologico, come capacità di intelligere, ovvero di “scegliere tra”, ben più superficiale di quella dei nostri lontani antenati, in quanto non risulta più sostenuta dalla memoria, elemento basilare della cultura orale, né collocata in una struttura di senso condivisa, né tanto meno integrata da un insieme elaborato di simboli e significati.

Da questo punto di vista l’apparente semplificazione e l’aumento delle possibilità di accesso e di manipolazione delle informazioni (spesso puramente illusori) che sembrano essere consentiti dalle nuove tecnologie informatiche e di comunicazione, possono essere, per certi versi inaspettatamente deleteri. È esperienza comune, per esempio, quanto la stessa scrittura di un testo su un pc consenta di ricorrere al copia incolla e possa dunque, per coloro che sono meno adusi alle attività di studio e scrittura, concorrere a semplificare eccessivamente o addirittura eliminare la fase di ricerca e di seria elaborazione del pensiero (basti pensare all’abitudine da parte di molti studenti delle scuole di svolgere le loro ricerche in buona parte, se non del tutto, su internet, componendole senza un’analisi, una rielaborazione o una seria verifica dei dati e delle informazioni reperite, nonché dell’attendibilità delle fonti).

L’homo videns rischia in tal modo di sviluppare un’intelligenza atrofizzata, favorita anche dal fatto che le immagini del video vivono di una vita autonoma, veloce, frammentaria, distante, sincopata. Guardare è più facile che leggere, ma è un guardare passivo e indifeso, che non consente l’attenzione critica necessaria per soffermarsi a capire ed approfondire.

2.2–CULTURAL DIVIDE E DIGITAL DIVIDE

Se anche fosse vero che oggi la comunicazione visiva schiaccia quella scritta, la questione non è di opporre la comunicazione scritta a quella visiva, ma piuttosto come migliorarle entrambe2.

La società di fatto si trova già in buona parte spaccata in due classi di cittadini: quelli che guardano solo la televisione e che ricevono immagini prefabbricate, senza poter minimamente scegliere criticamente il tipo di informazione che essi ricevono, e quelli che sanno rapportarsi al computer ed ai supporti informatici, che capaci di selezionare e elaborare le informazioni.

Da tempo infatti nella società contemporanea è andato consolidandosi il cosiddetto cultural divide, il “divario culturale” che separa coloro che hanno familiarità con libri, giornali, riviste e altri strumenti di informazione e divulgazione, e coloro che hanno la televisione come unico riferimento dal punto di vista comunicativo3.

Ma se un tempo a definire questa sfumata linea di demarcazione erano gli strumenti culturali dovuti al ceto sociale, al lavoro svolto o semplicemente alla predisposizione personale, da pochissimi anni è emersa un’ulteriore linea di demarcazione del cosiddetto digital divide, il divario digitale tra

2 Eco, Da Internet a Gutenberg, cit 3

A tal proposito sono interessanti i rapporti annuali elaborati dal Censis sulla situazione sociale italiana, che alla fine del 2006 segnalava che circa il 15% della popolazione italiana è completamente dipendente dalla televisione come unico e solo strumento di informazione, individuando una percentuale pari al 46,6% di “Poveri di ”, ovvero di persone che abitualmente utilizzano non più di tre media (intendendo per media qualsiasi strumento di comunicazione o informazione, dal libro, alla televisione, al telefono cellulare, alla carta stampata alla radio, al computer, alla rete internet). Oltretutto, la maggior parte di coloro che utilizzano abitualmente non più di tre visione, radio e telefono cellulare. Cfr. 36° Rapporto sulla situazione sociale del paese, Roma: Censis, 2006.

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17 coloro che hanno possibilità e le abilità per utilizzare le nuove tecnologie dell’informazione e coloro che sono tagliati fuori.

Digital divide e cultural divide sono due linee di demarcazione di non facile lettura che tendono anche a sovrapporsi ed intrecciarsi, poiché molti hanno familiarità con strumenti culturali e informativi tradizionali, ma hanno poca dimestichezza con gli strumenti informatici e di accesso alla rete. I fattori determinanti in tal senso sono soprattutto l’età anagrafica e il lavoro svolto, che spesso favorisce l’utilizzo di strumenti informatici e di internet.

Viceversa la familiarità con la strumentazione informatica è condizione necessaria ma non sufficiente a garantire l’acquisizione di cultura e informazione. Informazione non vuol dire infatti conoscenza: è un atto passivo che non presuppone necessariamente uno sforzo e un lavoro personale di elaborazione e non dà di per sé quel sapere che porta alla comprensione di un problema e che prelude l’elaborazione critica di una decisione. Mai come oggi inoltre sono state disponibili così tante informazioni e probabilmente, mai come oggi, è stato così difficile riuscire a distinguere tra queste informazioni quali siano affidabili, credibili e soprattutto pertinenti.

Proprio partendo da questi presupposti, la biblioteca, i servizi bibliotecari, i luoghi della cultura vissuta in maniera diretta, possono assumere una nuova importanza, diventando uno strumento utile per sviluppare una nuova competenza critica ed accrescere il bagaglio culturale del singolo individuo, distanziandosi però dal rumore di fondo nell’universo delle informazioni.

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18 3 – IMPORTANZA DI NUOVI LUOGHI PER LA CULTURA NELL’ERA DIGITALE

L’importanza che oggi assumono i luoghi per la cultura, siano essi musei o biblioteche o teatri o qualsiasi altro istituto analogo, è fondamentale, soprattutto se si pensa alla società contemporanea, nella quale assumono sempre maggior valore certi beni “immateriali” come la conoscenza, l’informazione e la creatività. L’offerta in servizi culturali e servizi alla persona è diventata essenziale anche nella competizione tra le città per attrarre risorse umane ed economiche, oltre che per rafforzare il capitale di una comunità o di un dato territorio.

D’altro canto, stanno scomparendo progressivamente i luoghi di aggregazione sociale, soprattutto per i giovani, sostituiti spesso da centri commerciali e di intrattenimento, ai quali si affida sempre più la gestione e la programmazione del tempo libero dei cittadini. La quotidianità finisce spesso per risolversi tra casa, scuola, lavoro e luoghi di consumo. Per contro, emerge sempre più forte la richiesta di “luoghi terzi” dove poter coltivare interessi conoscitivi di varia natura ed avere occasioni di incontro e di scambio con gli altri.

In questo contesto i musei e soprattutto le biblioteche possono assumere un ruolo essenziale, come luoghi per la socialità culturale, per lo sviluppo della creatività e dei propri talenti, per favorire anche il dialogo e l’integrazione.

3.1–BIBLIOTECHE

Prendendo in esame le biblioteche, è necessario recuperare l’analisi fatta in precedenza in merito al mutamento sostanziale che l’era di internet ha comportato sulle persone. Negli ultimi venti anni si è assistito ad una sempre maggiore espansione delle informazioni disponibili, della comunicazione in rete e dell’ipertestualità, che hanno fatto sì che siano mutati non solo il modo di accedere ai dati disponibili sul web, ma anche gli stessi processi percettivi e cognitivi di ognuno di noi. Gli ipertesti e le risorse documentarie di rete permettono una consultazione incrociata, multimodale e multimediale, in un labirinto di percorsi e collegamenti impossibile da seguire e realizzare sui tradizionali supporti; per non parlare della rapidità di accesso alle informazioni stesse e della maggiore semplicità di ricerca, accesso, indicizzazione e recupero delle informazioni che essi contengono. Infine, ma non per ultimo, la miniaturizzazione e la diffusione dei supporti rispetto alla mole sempre in crescita di dati contenuti.

L’accesso telematico alle numerose e ricchissime banche dati bibliografiche ha alimentato, ed alimenta tuttora, una fame di documenti che, solo in misura esigua, sono per ora accessibili in forma digitalizzata e trasmissibile in rete. Di pari passo, la produzione tipografica mondiale è cresciuta incredibilmente negli ultimi trent’anni (si calcola che sia più che raddoppiata dagli anni ’70 ai ’00), con un aumento deciso dei patrimoni bibliotecari.

Nasce così l’esigenza di attivare percorsi selettivi, in grado di aiutare il lettore a trovare i testi davvero importanti e le opere di qualità, che sono solo una quota ridotta dell’insieme. Inoltre, proprio la sovrabbondanza dei materiali disponibili rende preziosi per ogni classe di lettori, sia pure in forma diversa, i servizi che agevolano a raggiungere ciò che cercano in una selva sempre più fitta e sterminata.

Va detto che sono aumentati esponenzialmente gli utenti che, per le più svariate ragioni, si rivolgono alle diverse biblioteche. Tale incremento è dovuto per esempio all’allungamento della vita ed i decenni relativamente liberi della terza età, al sempre maggiore numero di studenti, professori e ricercatori, ma anche di chi è semplicemente insoddisfatto della pseudo-cultura trasmessa dalla televisione, troppo spesso superficiale e modellata dalle esigenze di mercato.

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19 C’è di base proprio una riscoperta del valore della pagina scritta, la consapevolezza della necessità di integrare i moduli digitali con il libro cartaceo: quel libro che resta insostituibile non solo per ragioni estetiche (ragioni da non sottovalutare mai, nel computo dei benefici della lettura), ma anche per il diverso modo di assimilazione che il libro rende possibile rispetto allo schermo del computer. Aprendo una piccola parentesi, si può affermare con certezza che il libro, nella forma che ha assunto a partire dal IV secolo d.C., è uno strumento tecnico perfetto. Infatti, può assumere molte forme a seconda delle tecnologie e del contesto socio-culturale che lo producono: manoscritto o a stampa, stampato in tipografia e comprato in libreria, o scaricato da internet e stampato a casa propria, rilegato in mille modi diversi, di ogni foggia, dimensione e spessore. Rimane sempre e comunque un libro, il mezzo più pratico, economico e flessibile inventato dall’uomo per trasportare informazioni a basso costo: non necessita di batterie, non si blocca per errori di sistema, non diventa obsoleto dopo due anni, si può leggere in qualsiasi condizione e situazione (a tavola, a letto, in spiaggia, in aeroplano) e pur avendo una durata ormai sempre più limitata4 dà certamente maggiori garanzie di conservarsi nel tempo di qualsiasi supporto elettronico, facilmente danneggiabile, attaccabile da virus digitali, da agenti di natura patogena, chimica, elettromagnetica e comunque di rapida obsolescenza funzionale. Basti pensare che la copia su carta permanente o su microfilm hanno durata molto maggiore della copia digitale: le copie digitali non possono di per sé considerarsi un mezzo di prevenzione, ma piuttosto un utile mezzo di agevolazione all’accesso5. Difficilmente dunque il documento su supporto cartaceo verrà completamente soppiantato dal documento su supporto digitale, anche se in alcuni casi il vantaggio che se ne trae è notevole. Il riferimento va a quei tipi di testi che non sono prettamente fatti per essere letti, ma piuttosto per essere consultati: dizionari, enciclopedie, ecc. Tutti questi testi possono essere contenuti su supporto digitale con enorme guadagno di tempo di consultazione e comodità d’uso, oltre che di spazio di conservazione.

Proprio la conservazione riveste pertanto un ruolo fondamentale per tramandare il patrimonio documentario al fine di rendere disponibile la conoscenza che racchiude in maniera continua attraverso il tempo che trascorre. Da questa necessità è quindi scaturita tutta la ricerca sulla conservazione dei beni, non solo librari (anche per le finalità del museo che saranno descritte in seguito), sulle caratteristiche dei materiali che li compongono, sulle condizioni (in particolare termoigrometriche ed illuminotecniche) in cui si preservano al meglio e chiaramente sulle azioni da mettere in pratica per evitare di dover intervenire quando ormai è troppo tardi.

Tutta questa serie di aspetti si ripercuote poi anche a livello concreto, influendo sulle scelte funzionali, impiantistiche e architettoniche. Si pensi all’edificio in sé per sé. Proprio le nuove tecnologie, che dovrebbero ridurre lo spreco di spazio, in realtà ne aumentano il fabbisogno e, se è vero che si guadagna spazio grazie alla miniaturizzazione di certi documenti, è anche vero che il fabbisogno di superficie per ospitare la strumentazione informatica è sempre crescente e continuerà

4 Si valuta che la maggior parte dei libri moderni stampati su “carta acida” possa non durare più di settanta

anni. In particolare molti libri stampati nella seconda metà dell’Ottocento presentano gravi problemi di mantenimento. Da questo periodo in poi fu avviato il sistema di produzione industriale della carta, con il conseguente utilizzo del legno come materia prima, in sostituzione dei materiali fino ad allora utilizzati (stracci, cotone, canapa, lino). La carta che risulta da questo processo produttivo contiene lignina, sostanza degradabile destinata a deteriorarsi più velocemente e innescando processi di decomposizione che demolisce le catene di cellulosa che la compongono. Cfr Moscogiuri M., L’architettura della biblioteca, Linee guida di programmazione e progettazione, Edizioni Silvestre Bonnard, Milano, 2004

5 La durata del nastro magnetico, prima che inizi a deteriorarsi è stata valutata da due a cinque anni; quella del

disco magnetico e del disco ottico di non più di trent’anni. L’obsolescenza “tecnica” (ovvero la leggibilità dei documenti e dei supporti) è valutata in cinque anni per i nastri e i dischi magnetici e di massimo dieci per i dischi ottici. L’obsolescenza delle attrezzature e del software è di circa 3-5 anni. Cfr. Robert Danton, The New

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20 ad aumentare man mano che aumenteranno le dotazioni di attrezzature nelle sale di consultazione e

reference6. Inoltre tali tecnologie hanno bisogno di condizioni particolari per potersi mantenere al

meglio e funzionare correttamente e questo di nuovo influirà sull’edificio.

A questo si aggiungono l’esigenza di una distribuzione interna delle funzioni assai differente rispetto a quella delle biblioteche tradizionali e la necessità di adeguare gli edifici agli standard attuali sempre più severi. Non vanno dimenticate infatti le necessità spaziali e distributive connesse alle nuove attività (che saranno elencate nel capitolo relativo alla progettazione), come ad esempio quelle del “settore di ingresso” o della sistemazione del patrimonio documentario “a scaffale aperto” al fine di renderlo direttamente accessibile agli utenti, così come prevedono le moderne teorie della biblioteconomia7 e come avviene nelle biblioteche anglosassoni da circa 150 anni. Appare dunque chiaro come la maggior parte degli edifici esistenti sia inevitabilmente destinata a non rispondere più efficacemente alla loro funzione e a necessitare di rinnovamento, ampliamento o trasferimento in altra sede di nuova realizzazione.

Molte esperienze insegnano inoltre che un nuovo edificio attira un pubblico assai più numeroso e nuove fasce di utenza, benché ovviamente saranno la qualità e le caratteristiche del servizio a garantire o meno l’assiduità di questi nuovi utenti. In questo settore infatti, è la risposta a creare la domanda, soprattutto in una situazione come quella italiana che non ha molti esempi a cui fare riferimento, ma in cui è sperimentato che, laddove sia stato realizzato un efficace rinnovamento dell’architetture dei servizio e dell’edificio, il consenso è stato sempre maggiore di qualsiasi aspettativa.

3.1.1– BIBLIOTECHE DIGITALI, ELETTRONICHE E VIRTUALI

In questo paragrafo, per una comprensione della situazione attuale delle biblioteche e del loro rapporto con il mondo informatico, vengono descritte le nuove tipologie di biblioteche che sono sorte a seguito dell’utilizzo sempre maggiore delle risorse elettroniche e digitali.

Biblioteca digitale – è di fatto una biblioteca immateriale, che non ha un vero e proprio corrispettivo

fisico, ma è costituita da uno o più server accessibili in rete che conservano e rendono disponibili documenti digitalizzati (testi, immagini, documenti sonori o multimediali) in vari formati e protocolli, sia originali (realizzati direttamente come file digitali) sia convertiti da altri supporti (per esempio tramite scansione), catalogati e gestiti elettronicamente. Una biblioteca digitale prevede che ogni operazione sia effettuata attraverso la rete, indipendentemente dalla localizzazione dell’utente, il quale può compiere ricerche sull’OPAC (on line public access catalogue), consultare un documento on line o scaricarlo sul suo computer (gratuitamente o a pagamento) e può talvolta usufruire di servizi di referenze on line.

Biblioteca elettronica – è una biblioteca digitale che abbia anche un suo corrispettivo in

un’istituzione bibliotecaria fisicamente esistente, che provvede a digitalizzare e rendere accessibili in rete da parte di utenti remoti i suoi cataloghi e le sue risorse documentarie (in tutto o in parte),

6

Il reference (termine di derivazione anglosassone) indica le attività di consulenza, informazione e orientamento che i bibliotecari svolgono con gli utenti delle biblioteche. In italiano non esiste una precisa traduzione del termine. Il reference può comunque venire associato all'idea italiana della sala di consultazione della biblioteca, dove bibliotecari specializzati assistono gli utenti nelle loro ricerche utilizzando le opere di consultazione.

7 La biblioteconomìa è la disciplina che studia l'organizzazione delle biblioteche. Il suo campo di indagine va

dallo studio dell'acquisizione dei beni librari o di risorse informative alla loro catalogazione, indicizzazione e conservazione, dalla localizzazione delle biblioteche alle procedure di accessibilità ai servizi da esse offerte.

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21 eventualmente anche con servizi di reference, di fornitura di documenti, di prestito inter bibliotecario. La biblioteca elettronica si indica talvolta con l’acronimo OPAL (on line public

access library).

Tra le biblioteche digitali, la prima è stata quella del progetto Gutenberg, sviluppato dall’Illinois University a partire dal 1971 e finalizzato a rendere disponibili in rete gratuitamente il maggior numero possibile di testi. Vi sono state anche alcune iniziative italiane, sviluppatesi a partire dagli anni ’90, che hanno avuto come obiettivo la diffusione di testi letterari italiani, soprattutto classici della letteratura, spesso anche in forma gratuita. Si ricorda infine come la biblioteca italiana telematica (Bit), a cura dell’omonimo centro interuniversitario (Ci-Bit) che raccoglie circa duemila testi della cultura italiano, non solo letterari, ma anche filosofici, storici, giuridici, politici, scientifici, religiosi e artistici.

Tra i progetti più ambiziosi di biblioteche digitali vi sono quelli delle biblioteche francesi ed inglesi. Tra tutti spicca Gallica, server allestito dalla Bibliotheque Nationale de France, archivio in corso d’opera che consente oggi la consultazione in rete delle collezioni di testi e immagini digitalizzati, comprendente oltre 80.000 opere dal Medioevo al XX secolo. La biblioteca municipale di Lione ha intanto portato a termine Enluminures, contenente 12.000 immagini di manoscritti e incunaboli del periodi compreso tra il V sec. e il rinascimento, mentre la Oxford University ha realizzato l’Oxford text archive (Ota) che comprende 2.500 testi letterari e di saggistica in 25 lingue diverse, testi classici latini, greci e di alcune lingue straniere tra cui l’italiano. La british Library ha avviato diversi progetti di digitalizzazione e diventerà senza dubbio uno dei centri principali al mondo per la conservazione e la distribuzione di documento in formato elettronico.

Tra i progetti italiani di digitalizzazione del patrimonio documentario vi è quello avviato dalla Biblioteca Sormani di Milano, ma il più ambizioso è certamente quello della futura Biblioteca Europea dell’Informazione e della Cultura, sempre di Milano (BEIC), che dovrebbe diventare non solo una delle più grandi biblioteche del mondo, ma anche una delle maggiori e-library integrata con le altre biblioteche italiane ed internazionali, con la capacità di consentire l’accesso in rete a parte del patrimonio documentario ancor prima dell’apertura materiale dell’edificio.

Oltre ai libri anche i periodici stanno subendo una progressiva smaterializzazione. Non si fa riferimento ovviamente ai quotidiano del giorno o alle riviste fresche di stampa, che rientrano per la loro funzione in parte ricreativa nella categoria dei documenti da leggere e che dunque non scompariranno (pur avendo ormai tutti una versione on line con relativo archivio), bensì ai periodici di settore, soprattutto di tipo scientifico ed accademico, che, oltre a poter essere archiviati su supporto digitale, sempre più diverranno periodici elettronici, consultabili anche solo on-demand, sollevando utenti (in particolare le biblioteche universitarie e di ricerca) da costi di acquisto e conservazione che si fanno sempre più proibitivi.

Biblioteca virtuale – costituisce un sistema coordinato di più biblioteche elettroniche interagenti

accessibili in rete. Mediante l’informatizzazione delle procedure, il coordinamento catalografico e bibliografico, e i servizi vari, questi sistemi di biblioteche elettroniche danno origine a meta-OPAC (cataloghi collettivi virtuali) e mettono a disposizione di utenti remoti un patrimonio documentario virtuale, distribuiti nello spazio in più sedi anche molto distanti tra loro.

La biblioteca più grande del mondo è una biblioteca virtuale, l’OCLC (on line computer library

center), ente americano senza fini di lucro attivo dagli anni 60, che offre prodotti, servizi, sistemi

informativi alle biblioteche, alle organizzazioni culturali e ai loro enti.

Tutti i paesi stanno elaborando un catalogo bibliografico nazionale. In Italia l’ICCU (istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografiche) conta circa 15.000 biblioteche pubblicamente accessibili e di queste circa 2.000 aderiscono al Servizio Bibliotecario Nazionale, partecipando alla realizzazione del catalogo unico nazionale.

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22 In un futuro non troppo lontano con la progressiva diffusione delle tecnologie di comunicazione e digitalizzazione, già importante per lo sviluppo della cooperazione tra istituti italiani, potrebbe mutare da catalogo on line, dispensatore di soli record bibliografici, a rete digitale, distributrice al contempo di informazioni e di contenuti digitalizzati, sia essi stampati, manoscritti, spartiti musicali, immagini, video o audio. In prospettiva, ogni biblioteca di ogni punto del mondo connessa alla rete potrà essere collegata a ogni altra e offrire servizi di prestito interbibliotecario e di reference.

3.2–MUSEI

Tra le poche istituzioni che nel tempo continuano a costituire un fermo punto di riferimento nell’eterogeneo e mutevole mondo della cultura, i musei sono il luogo in cui i significati culturali sembrano trovare un loro oggettivo riconoscimento. Nell’immaginario collettivo sono lo spazio in cui gli oggetti e i “beni” conservati ed esposti sono l’espressione validata e certificata di un “patrimonio” il cui valore culturale è accertato, codificato, condiviso, e proprio in virtù di questo preservato ed esibito.

I musei costituiscono pezzi importanti dei territori e delle città, sono luoghi nei quali l’osservazione dell’Arte, nelle sue innumerevoli forme prodotte nel tempo, ha l’obbligo di diventare strumento di creazione. L’Italia incerta di questi anni, non può non prevedere nelle sue innumerevoli città spazi museali rappresentativi delle diverse realtà, che siano allo stesso tempo anche attrattivi. Non più isole sperdute e spesso abbandonate, ma parti indispensabili di luoghi senza differenze.

Come luogo qualificato di indiscusso, e pertanto rassicurante consumo culturale, il pubblico è spinto a frequentare il museo proprio per riconoscere e riconoscersi in valori storici, estetici e identitari selezionati, spiegati e narrati ed eventualmente per reinterpretarne la qualità ed il significato.

In un paesaggio che fornisce sempre meno punti di riferimento, almeno sul piano simbolico, dovrebbe, dunque, rappresentare più che mai un presidio fondamentale della cultura, anzi quasi un’icona: l’istituzione per definizione e per eccellenza, che riceve la sua legittimazione dal fatto di definire, custodire e proporre al pubblico ciò che merita di rappresentare una testimonianza del patrimonio di civiltà di una comunità ed è destinato all’eredità della memoria.

Se in questa prospettiva è possibile rintracciare una continuità rispetto al passato, a ben vedere i musei costituiscono però una realtà tutt’altro che statica e prevedibile. Diversamente da quel che può apparire facendo riferimento all’immagine tradizionale che li accompagna, sono istituzioni che hanno sperimentato, nel corso degli ultimi anni, una profonda trasformazione che ne ha modificato sostanzialmente ruolo, funzioni e significato.

Negli ultimi anni, infatti, la spinta a superare la tradizionale staticità dell’istituzione museale si è fortemente

accentuata, producendo interessanti innovazioni che hanno riguardato le forme organizzative e gestionali, le

politiche tariffarie, gli orari di apertura, le modalità di promozione e comunicazione al pubblico, gli strumenti messi a disposizione e non ultimo, gli stessi contenuti dei servizi proposti, tanto che da contenitori di beni tendono oggi a diventare luoghi di eventi, spazi che propongono, ospitano e offrono location per esposizioni temporanee, percorsi tematici, seminari, attività culturali e altre manifestazioni di varia natura.

Tutte queste novità introdotte si traducono quindi in necessità di spazi appositi e percorsi accuratamente progettati, cosa che non è fattibile in tutti i musei, soprattutto quelli predisposti all’interno di palazzi storici o di edifici già riadattati. Per questo un edificio nuovo, appositamente

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23 studiato, può garantire il maggior soddisfacimento delle esigenze dell’utente, che verrà messo al centro dell’attenzione. Ovviamente tutto questo ha la necessità di essere sviluppato all’interno di una struttura che sappia anche conservare al meglio il proprio patrimonio artistico e culturale. La conservazione infatti deve essere ancora l’elemento chiave di un museo; se le opere si degradano non c’è modo di poterle conservare e tanto meno di poterle esporre: non c’è quindi una mostra, né un attrattiva rilevante senza le opere da presentare al pubblico.

3.2.1–MUSEI E MONDO DIGITALE

Negli ultimi anni si è assistito a un dirompente processo di tecnologizzazione degli ambiti domestici e lavorativi e, in particolar modo, negli usi e nelle pratiche legate al tempo libero. La convergenza tra comunicazione e informazione, i costi decrescenti della tecnologia sul fronte della produzione e del consumo, lo sfruttamento del web in modo quotidiano, sono solo alcuni tra i fenomeni più significativi a livello globale. Si tratta di cambiamenti che riguardano inevitabilmente anche l’ambito dei consumi e delle pratiche culturali.

In passato, il primo impatto con il vasto universo digitale aveva portato un'ondata di shock nel mondo della cultura. Si temeva che nessuno sarebbe più andato in un museo, dato che "con pochi click ci si poteva connettere a qualunque museo del mondo e vederne le opere d'arte dalla propria poltrona". Era evidentemente un errore grossolano. La riproduzione non toglie interesse per l’opera, ma potenzia piuttosto l'appeal dell'originale: il fatto che la Gioconda sia su ogni libro di testo non ha certo diminuito le visite al Louvre, che ancora oggi è uno tra i musei più visitati al mondo.

È stato sicuramente più significativo invece il cambiamento che è avvenuto nel rapporto tra il museo ed il pubblico. Si è capito infatti che il mondo del web “non cercava di creare uno specchio di ciò che esisteva in un museo, bensì doveva diventare lo strumento per realizzare un museo completamente diverso, legato, ma al contempo distinto, da quello reale e fisico ”. Il museo on line non rappresenta infatti una semplice vetrina o una copia virtuale del museo reale. Piuttosto rappresenta uno spazio digitale per la diffusione e la conoscenza attraverso l’interazione con l’utenza e la produzione di nuovi contenuti.

L’allargamento dell’accesso ai contenuti artistici, scientifici e culturali, l’estensione dei canali di comunicazione e di ascolto del pubblico, l’arricchimento degli strumenti e delle forme di mediazione all’interno del museo, il rafforzamento dell’esperienza e del valore educativo della visita, il consolidamento del senso di comunità e di appartenenza, sono solo alcune delle possibilità che possono derivare da un utilizzo più maturo e consapevole della cosiddetta “digital culture”. Le esperienze più significative che si stanno sviluppando a livello internazionale ci raccontano di un panorama in grande fermento, caratterizzato da progetti spesso fortemente interdisciplinari e capaci di coinvolgere le diverse funzioni dell’organizzazione museale. I fronti su cui si stanno sperimentando le potenzialità del web moderno sono molteplici e spaziano dai progetti finalizzati ad avvicinare pubblici non abituali, alle modalità innovative di coinvolgimento nell’attività dell’istituzione, dalle iniziative che sfruttano le abilità e gli interessi del pubblico per creare senso di comunità, alle potenzialità delle piattaforme digitali per ampliare e intensificare l’esperienza reale di visita.

Rispetto a quindici anni fa il sistema digitale attuale prevede che la comunicazione e la produzione di contenuti non sia più unidirezionale, dal museo verso l’utente, ma piuttosto reciproca tra le parti. In questo modo si crea un rapporto più diretto, informale e per certi versi paritario e più partecipato tra gli stessi attori.

Per quanto riguarda poi i vari Blog museali, si riscontrano varie strategie di selezione e scelta dei contenuti, i quali fanno si che si generino varie tipologie di informazioni distinte: vi sono blog

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24 infatti che promuovono le attività museali, altri legati a progetti specifici o temporanei o per la discussione di nuovi contenuti e altri ancora gestiti dagli stessi curatori o direttori.

In molti di questi casi i social network possono giocare un ruolo cruciale nel processo di disseminazione dell’informazione, di costruzione partecipata dei contenuti, di aggregazione di comunità interessate a specifiche istituzioni culturali o a tematiche peculiari. Facebook, Twitter, Flickr, Youtube non sono solo semplici piattaforme di aggregazione di contenuti, ma spazi di azione sociale che fungono da habitat privilegiato per la cogenerazione e la propagazione dell’informazione e la condivisione dell’esperienza vissuta.

Non mancano comunque alcuni aspetti critici: la tecnologia digitale è costosa, invecchia in fretta, richiede competenze molto specialistiche, non facilmente recuperabili in un museo. Inoltre, la "spettacolarizzazione" digitale delle gallerie, se da un lato può coinvolgere emotivamente il visitatore, dall'altro può snaturare il rapporto con l'oggetto, facendolo diventare quasi uno sfondo, un pretesto.

In questo settore l’Italia sembra scontare un ritardo piuttosto marcato rispetto ad altri paesi (quelli anglosassoni in testa) sia per una minore sensibilità e conoscenza nei confronti delle nuove tecnologie sia per una maggiore distanza rispetto alla filosofia e ai capisaldi concettuali che sottendono la nuova cultura digitale. I primi siti web di musei risalgono ai primi anni ’90. Per quanto riguarda il numero di contenuti disponibili sul web relativi a database, cataloghi, immagini, audio e video, il loro numero è aumentato linearmente dai primi anni ‘90 fino al 2000, ma solo negli ultimi anni si è vista una maggiore crescita ed attenzione al prodotto digitale. Lo stesso si può dire sugli strumenti di contatto con l’utenza, ovvero e-mail, newsletter, forum, chat e cosi via.

Anche la funzione conservativa del museo ha risentito inevitabilmente degli effetti delle nuove tecnologie.

La digitalizzazione di tutti i reperti, ne consente la completa fruizione, anche se solo virtuale, da parte degli utenti. Questo processo ha infatti permesso ai musei di recuperare reperti e collezioni che giacevano da anni nei magazzini e che nessun visitatore aveva mai visto, di organizzare archivi digitali, di poter esibire mostre virtuali sempre diverse e articolate, secondo le esigenze specifiche di particolari fasce d’utenza, il tutto senza di fatto perdere l’interesse per l’opera originale, che rimane elemento di richiamo verso il museo, inteso in questo caso come edificio reale e concreto.

Utilizzando supporti digitali è possibile inoltre raccogliere tutta insieme in una sola volta la versione digitale di centinaia di opere e creare una sorta di ricchissimo catalogo. Rispetto al tradizionale prodotto cartaceo, quello multimediale mette a disposizione strumenti di zoom che permettono non solo di ingrandire un singolo particolare, ma di esplorare con la stessa minuziosità e precisione l'intera opera riprodotta.

Quando il prodotto editoriale multimediale viene sviluppato sfruttando a pieno le opportunità del digitale, permette di accedere immediatamente all'opera che si sta cercando, ai suoi disegni preparatori, alle sue diverse versioni o copie, ai suoi restauri reali o virtuali, alle foto a luce radente o alle radiografie, che possono apparire in dissolvenza sull'immagine stessa o accanto alla sua riproduzione. In sostanza si può dire che con le tecnologie digitali l'opera d'arte diventa "interfaccia di se stessa8", ovvero, facendo clic sui particolari della riproduzione, sulla scheda descrittiva o sulla sua etichetta, il fruitore può accedere sia a spiegazioni semplici, in audio-video, sia ad approfondimenti testuali, bibliografie e confronti di taglio specialistico. Per non parlare poi dell'assoluto vantaggio che dà il digitale se si analizzano riproduzioni di oggetti tridimensionali come le sculture, le architetture o gli arredi che si possono quindi visitare in maniera virtuale (in particolare nel caso di edifici distrutti).

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25 3.3–CAMPI DI INTERVENTO COMUNI TRA BIBLIOTECHE E MUSEI

La distinzione che spesso si fa tra biblioteche e musei tende a far apparire le due istituzioni come fortemente lontane tra loro, come due contesti diversi, tradizionalmente separati ed autonomi. In realtà si tratta di un falso dualismo in quando sono caratterizzati dalla stessa funzione: fornire contenuti e servizi culturali in quanto istituzioni strategiche per la ricerca e per la formazione, soprattutto alla luce di un ottica moderna nella quale la centralità dell’utente riveste sempre più un ruolo centrale. Si riconosce infatti come i servizi messi a disposizione debbano incontrare i bisogni dell’utente, reale o potenziale, favorendone l’accesso alle informazioni, innescando curiosità ed offrendo opportunità didattiche che non esistevano in passato.

Inoltre i due istituti si rivolgono sostanzialmente allo stesso pubblico, in quanto la gran parte degli utenti di un servizio utilizza anche l'altro; e molte volte vi sono proposte di attività e di servizi che possono essere svolte in entrambi gli istituti culturali.

E quali allora possono essere i possibili terreni di incontro e di scambio?

Per quanto concerne la memoria locale ci si trova di fronte a varie istituzioni, che operano ognuna di esse isolata, senza che vi sia un servizio strutturato rivolto all'utente. Per la storia locale entrambi gli istituti possono svolgere il servizio di reference, dove la biblioteca può essere il primo approccio, mentre al museo (e all'archivio) spetta l'approfondimento e la conservazione.

Per quanto riguarda le collezioni diventa interessante comprendere come gestire, ad esempio, le piccole collezioni di libri antichi presenti nelle biblioteche di pubblica lettura (molte volte ritenute un “peso” piuttosto che un valore) e come garantirne, insieme e al meglio, la conservazione, l'accesso, la fruizione. D'altro canto, la catalogazione e la soggettazione dei documenti della biblioteca del museo può, e forse deve, essere fatta all'interno della rete bibliotecaria, che permette la pubblicazione nell'OPAC e di conseguenza la disseminazione dell'informazione. Questo significa orientare le acquisizioni in base a programmi e a progetti di ricerca pluriennali, che vedano coinvolte le due istituzioni.

Gli interventi relativi alla didattica, rivolti soprattutto a bambini e giovani, vedono sia la biblioteca che il museo impegnati, in base alle risorse disponibili, alle attitudini personali degli addetti, alla storia della singola istituzione. Evidenti sono però i vantaggi che un'offerta didattica progettata in comune porterebbe, sia nella differenziazione dell'offerta, sia nella migliore capacità di individuazione degli interlocutori, sia nella maggiore forza nelle attività di promozione.

Non può poi essere tralasciato il tema del multiculturalismo, vale a dire la progettazione e l'offerta di servizi a un segmento di popolazione in grande e rapida crescita, che presenta sue specificità culturali e linguistiche, e che in misura notevole le nostre istituzioni culturali non riescono a raggiungere.

Lo stesso vale per l'impiego di volontari nei servizi, inteso non solo come tentativo di risposta alle difficoltà economiche con cui ci stiamo rapportando, ma anche come elemento di riconoscimento, da parte della comunità nella quale l'istituzione è inserita, dell'importanza della dimensione culturale della società, della valorizzazione di persone che possono, nell'ambito del volontariato culturale, esprimersi e contribuire alla crescita complessiva.

Forse il concetto che meglio ricomprende gli ultimi due aspetti è quello relativo alla inclusione

sociale: le istituzioni hanno senso nella loro esistenza se sono capaci di svolgere un ruolo educativo

nei confronti della società in cui sono inseriti.

Le biblioteche e i musei hanno una enorme possibilità nell'offerta di spazi e di occasioni per un uso creativo del tempo libero, utile al raggiungimento del proprio benessere e di conseguenza degli altri, alternativo, come già indicato, alla frequentazione dei centri commerciali e perciò privo da implicazioni economiche.

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