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Tutor: Prof. Marco R ciclo – curriculum “Giustizia costituzionale e diritti fondamentali” Università degli Studi di Pisa – Dottorato in Scienze giuridiche Tesi di dottorato di Caterina Tomba ERMENEUTICHE PATOLOGIE

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(1)

PATOLOGIE

ERMENEUTICHE

AI FINI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE

DEL MAGISTRATO

Tesi di dottorato di Caterina Tomba

Dottorato in Scienze giuridiche

curriculum “Giustizia costituzionale e diritti fondamentali”

Università degli Studi di Pisa

XXXI

ciclo –

(2)

2

(3)

SOMMARIO

SOMMARIO ... 3

APPUNTI SULLE FORME DI RESPONSABILITÀ.PREMESSE TEORICHE PER UNO STUDIO SULLA RESPONSABILITÀ CIVILE DEL MAGISTRATO INDIPENDENTE ... 7

1. Della responsabilità ... 7

1.1 Della responsabilità morale ... 13

1.2 Della responsabilità politica ... 14

1.3 Della responsabilità giuridica ... 20

2. Il magistrato: quel che è ... 24

2.1 Il magistrato: quel che fa ... 42

3. Profili teorici della responsabilità del magistrato ... 56

3.1 I modelli di responsabilità nella storia della magistratura. Brevi cenni 59 3.2 La responsabilità del giudice alla luce dei principii costituzionali. Profili teorici ... 63

3.3 Una responsabilità politica? Brevissimi cenni al dibattito dottrinario .. 65

3.4 La responsabilità disciplinare. Brevi cenni ... 67

EVOLUZIONE NORMATIVA DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE DEL MAGISTRATO ... 73

1. Premessa ... 73

2. Il codice di procedura civile ... 74

3. Il referendum abrogativo del 1987… ... 85

3.1 …e la legge n. 117 del 1988 ... 87

4. La giurisprudenza della Corte di Giustizia ... 103

5. La legge n. 18 del 2015 ... 111

5.1 La recente giurisprudenza costituzionale sulla legge n. 18 del 2015 ... 122

VINCOLATIVITÀ ERMENEUTICA E RESPONSABILITÀ CIVILE DEL MAGISTRATO ... 127

1. Giudicato, precedenti e indipendenza funzionale interna ... 127

2. Giudici comuni e nomofilachia ... 133

2.1 Nomofilachia e Cassazione penale ... 136

2.2 Nomofilachia e Cassazione civile ... 139

2.3 Una forma “media” della regola dello stare decisis? ... 151

3. Il vincolo derivante dalle decisioni della Corte costituzionale ... 152

3.1 La manifesta infondatezza ... 156

3.2 L’inammissibilità (semplice e manifesta) ... 161

3.3 L’infondatezza. In particolare, l’infondatezza interpretativa ... 180

3.4 La fondatezza. Brevi cenni ... 185

(4)

4. Il vincolo comunitario ... 197

4.1 …e lo svincolo dei “controlimiti” ... 209

5. Un vincolo convenzionale? ... 216 6. La responsabilità civile dei magistrati: per uno spostamento di

prospettiva ... 226

6.1 Il diverso valore attribuito ai precedenti dalla disciplina della

responsabilità civile ... 231 OPERE CITATE ... 243

(5)
(6)
(7)

7

CAPITOLO

I

A

PPUNTI SULLE FORME DI RESPONSABILITÀ

.

P

REMESSE TEORICHE

PER UNO STUDIO SULLA RESPONSABILITÀ CIVILE DEL MAGISTRATO INDIPENDENTE

SOMMARIO: 1. Della responsabilità – 1.1 Della responsabilità morale – 1.2 Della

responsabilità politica – 1.3 Della responsabilità giuridica – 2. Il magistrato: quel che è – 2.1 Il magistrato: quel che fa – 3. Profili teorici della responsabilità del magistrato – 3.1 I modelli di responsabilità nella storia della magistratura. Brevi cenni – 3.2 La responsabilità del giudice alla luce dei principii costituzionali. Profili teorici – 3.3 Una responsabilità politica? Brevi cenni al dibattito dottrinario – 3.4 La responsabilità disciplinare. Brevi cenni.

1. Della responsabilità1

La configurabilità di una qualsiasi forma di responsabilità2 muove da un presupposto

logico-teorico: può esservi responsabilità se – e solo se – esiste uno schema comportamentale cui il soggetto deve e può conformarsi attraverso la sua condotta. In un sistema di regole è l’ordinamento che predispone, nella sua specie di ordo ordinans3, tale

schema comportamentale4. L’ordinamento disegna una cornice entro la quale il soggetto

     

1 Nei paragrafi che seguono si cercherà di fornire una sintetica e provvisoria definizione della

responsabilità e delle sue varie forme, consapevoli degli ulteriori approfondimenti che il tema richiederebbe.

2 Che si tratti di responsabilità giuridica, politica o morale, aspetti sui cui torneremo in seguito.

L’utilizzo comune del termine responsabilità, invece, non rileva nella trattazione filosofico-giuridica, «because the theories of philosophers do not stand and fall with the opinions of the people»; così BRADLEY

F.H., Ethical Studies, ed. ristampata, Oxford, 1961, 1.

3 Per tutti, MODUGNO F., Legge, ordinamento giuridico, pluralità degli ordinamenti. Saggi di teoria

generale del diritto, Milano, 1985, 67 ss.

4 Si accoglie, qui, l’impostazione di RESCIGNO G.U., voce Responsabilità (diritto costituzionale), in

Enc. dir., XXXIX, Milano, 1988, 1341. In senso parzialmente analogo MAIORCA C.,voce Responsabilità

(teoria generale), ivi, 1004 e, più specificamente, 1011, il quale individua quale presupposto teorico della

(8)

di essa destinatario abbia la libertà di scegliere come comportarsi5 ma oltre la quale tale

libertà di scelta gli sia preclusa dalla speculare previsione di una conseguenza6. La

limitazione della libertà di scelta, invero, non consiste in una vera e propria preclusione. Chiaramente non si potranno predisporre strumenti materialmente ed esclusivamente coercitivi ai fini del rispetto del limite, ma si dovranno individuare quali conseguenze seguiranno alla disobbedienza dei destinatari delle regole.

Lo strumento a tal fine individuato dagli ordinamenti giuridici fin dall’epoca romana è l’istituto della responsabilità, della quale non è semplice fornire una definizione generica riferibile a tutte le sue forme7, poiché queste rispondono ad esigenze diverse

dalle quali derivano effetti diversi8. Un’utile, seppur parziale, definizione dalla quale

partire, che esalta il ruolo dello schema comportamentale cui abbiamo fatto cenno, è quella di responsabilità come «condizione di chi è responsabile, cioè deve rispondere, trattisi di colpa, di impegno, di un incarico, di un obbligo, ecc.»9; utile perché da una parte

     

responsabilità la «rottura di un equilibrio ordinativo» della quale la responsabilità diventa riparatrice. La responsabilità, nella definizione che ne dà l’A., è «un “bene” contrapposto a un “male”», tentando, in tal modo, di costruire una teoria generale della responsabilità che prescinda dalle inevitabili implicazioni che deriverebbero da una impostazione definitoria di tipo dommatico.

5RESCIGNO G.U., voce Responsabilità (diritto costituzionale), cit., 1342-1343, rileva che perché possa

parlarsi di responsabilità è necessario presupporre «la convinzione che gli uomini siano in qualche misura liberi», affermazione che consente di includere nella nozione generale di responsabilità anche le ipotesi di responsabilità oggettiva o per fatto altrui, giustificate dall’esistenza di un «criterio di collegamento socialmente accettato tra chi risponde e ciò per cui risponde» cosicché «anche questi casi eccezionali di responsabilità senza colpa non contraddic[a]no l’idea fondamentale [...] per cui la responsabilità presuppone la convinzione che l’uomo abbia una qualche libertà». L’analisi di Rescigno sembrerebbe poter essere ricondotta a quel filone filosofico che tenta di costruire il concetto di responsabilità assumendo come presupposto l’appartenenza al pensiero del libero arbitrio ovvero del determinismo, impostazione, però, criticata da LÉVY-BRUHL H.,che, nel suo trattato L’idée de responsabilité, Parigi, 1884, 21, liberamente

consultabile sul sito Archive.org, scinde il concetto di responsabilità dallo studio delle leggi che regolano il comportamento umano poiché «il vaut la peine d’étudier pour elle-même la notion de responsabilité».

6 Per potersi parlare di responsabilità, infatti, non si può presupporre che l’uomo sia completamente

libero. «La libertà assoluta elimina a priori ogni necessità/dovere di operare una scelta – ciò che nel linguaggio ordinario si chiama, non a caso, una “scelta responsabile”», così MORAVIA S. Libertà, finitudine,

impegno. Genesi e significato della responsabilità nel mondo moderno, in MALAGOLA ANZIANI V. (a cura

di), Giustizia e responsabilità, Milano, 2003, 37, il quale, nel ripercorrere la «genealogia storica» del concetto moderno di responsabilità (che l’A. attribuisce a Hume e Hamilton), individua due condizioni preliminari: la “rivoluzione libertaria”, grazie alla quale si è demolita la concezione dell’attività umana come rientrante esclusivamente in un system, e la “rivoluzione de-assolutizzante”, vale a dire quella rivoluzione teorica che ha relativizzato il concetto di libertà d’azione.

7 Per la quale, per ora, si rinvia a MAIORCA C.,voce Responsabilità (teoria generale), cit.

8 Come già rilevava LÉVY-BRUHL H., L’idée de responsabilité, cit., 21, la nozione di responsabilità

«mal assise qui subsiste aujourd’hui dans les esprits doit-elle son incohérence et ses contradictions en

apparence inexplicables à la juxtaposition successive d’éléments d’âge et de provenance différents, qui se sont mêlés en elle sans pouvoir s’amalgamer».

9PREMOLI P.,Voce Responsabilità, in Il tesoro della lingua italiana. Vocabolario nomenclatore, V ed.,

Bologna, 1993, 1085.

(9)

si riferisce alla responsabilità come “condizione”, conferendogli un carattere di staticità, e dall’altra individua nelle varie ed esemplificative ipotesi determinanti responsabilità la prefigurazione di fattispecie astratte da cui deriva un vincolo, o un peso, gravante sul soggetto.

Ma per chiarire meglio cosa debba intendersi per responsabilità giova riferirsi all’etimologia del termine (respondere: movimento inverso di promettere, lt. re, indietro e spondere, promettere10), da cui emerge il carattere intersoggettivo dell’istituto: un

soggetto può dirsi responsabile solo in relazione ad altro soggetto (o istituzione), di fronte al quale deve, appunto, rispondere delle proprie azioni11. Dall’intersoggettività della

responsabilità deriva quanto segue: perché un comportamento possa determinare responsabilità è necessario che qualcuno possa esprimere un giudizio su quel comportamento. Allora la responsabilità, nella definizione che stiamo cercando di proporre, consiste nella capacità di rispondere di una propria azione per come giudicata da altri12 – almeno nel significato di responsabilità più vicino ai nostri giorni, evoluto

rispetto all’antico concetto di garanzia, di cui v’è traccia già nell’antica Grecia ma consolidatosi nell’ordinamento romano13 –. Il parametro del giudizio sarà da ricercare, di

volta in volta, nello schema comportamentale che l’ordinamento predispone per limitare la libertà di scelta di cui abbiamo parlato all’inizio, la cui natura sarà diversamente modulabile a seconda della forma di responsabilità di cui si tratti.

L’individuazione della cornice comportamentale di riferimento, però, non è sufficiente, come abbiamo detto, a dare effettività all’istituto: a tal fine è necessaria la      

10CORTELLAZZO M.ZOLLI P., Dizionario etimologico della lingua italiana, IV ed., Bologna, 1985.

La discendenza del termine dal corrispondente latino è stata ampliamente approfondita dalla dottrina francese, tra cui si veda in particolare VERNET R.P., Réflexions sur le problème de la responsabilité, in Rev. science criminelle, 1958, 365 ss. Una analisi semantica del termine in tutte le sue traduzioni in lingue

neolatine si trova in FODDAI M.A., Sulle tracce della responsabilità. Idee e norme dell’agire responsabile, Torino, 2005, 11 ss.

11 Non rileva, per ora, il concetto di responsabilità verso sé stessi, cui consegue un eventuale esame

delle coscienze dei singoli in caso di comportamenti percepiti dall’agente come moralmente non rispondenti al proprio animo. La responsabilità morale, infatti, anche quando rivolta verso gli altri, non presuppone l’esistenza di questi ultimi, ben potendo rilevare a prescindere dal loro giudizio. Così non è, come vedremo, per la responsabilità giuridica, nelle sue varie forme, e per la responsabilità politica, le quali necessitano nella loro configurabilità di un giudizio terzo rispetto a quello della coscienza dell’agente, che anzi perde qualunque tipo di incidenza. Per un approfondimento sulla responsabilità morale vedi infra, §1.1.

12MAIORCA C.,voce Responsabilità (teoria generale), cit., precisa che il giudizio sarà di disvalore

quando riferito al fatto difforme dallo schema, l’evento di rottura, e di valore quando riferito alla «risposta riparatrice».

13 Ampiamente approfondito da FODDAI M.A., Sulle tracce della responsabilità, cit., 37 ss.

(10)

previsione di una conseguenza concreta, che potremmo, per ora, definire genericamente sanzione14, la cui incisività sul soggetto responsabile sarà di grado maggiore o minore a

seconda del disvalore che l’ordinamento attribuisce alla condotta sanzionabile. La conseguenza concreta può essere sì sufficiente a garantire l’imperatività15 delle norme –

rectius regole – che definiscono la cornice, ma potrebbe non essere sufficiente nei casi in cui il comportamento che travalica la cornice – ovvero non vi si conforma, nel caso di obblighi inadempiuti – produce, a sua volta, un danno nei confronti di soggetti terzi. Allora, se il danno viene ritenuto meritevole di riparazione da parte dell’ordinamento, quest’ultimo dovrà prevedere un adeguato strumento riparatorio.

Se quanto affermato può sembrare scontato o banale, si deve rilevare che la dottrina, soprattutto giuridica, mostra una certa difficoltà a fornire una nozione di responsabilità.

Pur non approdando ad una definizione generale, fondamentale è la ricostruzione di Hart, che individua quattro categorie di responsabilità: responsabilità per ruolo, responsabilità causale, responsabilità-soggezione e responsabilità-capacità16. Nella prima

     

14 Sul punto non si condivide quanto affermato da RESCIGNO G.U., voce Responsabilità (diritto

costituzionale), cit., 1343, secondo cui «la materiale applicazione della sanzione non fa più parte della

responsabilità, è un fatto che conclude quella specifica vicenda di responsabilità». La posizione dell’A. muove dalla distinzione tra responsabilità potenziale e astratta, responsabilità potenziale e specifica e responsabilità attuale, che consistono nei tre modi, «necessariamente collegati e implicantisi», in cui si può essere responsabili: un soggetto può essere potenzialmente ma astrattamente responsabile dal momento in cui «è possibile in generale che, per una certa classe di fatti, […] incorra in responsabilità, se si avverano le condizioni»; sarà ancora potenzialmente ma in modo specifico responsabile se «a causa di una vicenda già iniziata nella quale […] è implicat[o], è possibile che, verificandosi certe condizioni, […] debba rispondere»; sarà attualmente responsabile dal momento in cui, «in una vicenda specifica, si sono verificate le condizioni che determinano la responsabilità, e per questa ragione […] viene fatt[o] responsabil[e], tale responsabilità viene fatta valere e accertata». Di qui la conclusione che ho citato all’inizio, che esclude che il momento sanzionatorio costituisca elemento costitutivo della responsabilità. Ad attenta lettura, invero, ciò che Rescigno esclude dalla responsabilità non è la previsione della sanzione, ma la sua materiale applicazione. Ma, a ben vedere, che la sanzione venga o meno applicata sembrerebbe questione che prescinde dalla costruzione del concetto stesso di responsabilità, ben potendo, la sanzione, essere prevista astrattamente senza che la concreta applicazione, o mancata applicazione, rilevi ai fini della previsione dell’ipotesi di responsabilità.

15 Si conceda, qui, il solo riferimento a BOBBIO N., Teoria generale del diritto, Torino, 1993.

16 HART H.L.A., Responsabilità e pena. Poscritto: responsabilità e retribuzione, trad. a cura di JORI M.,

Milano, 1981, 239 ss. Nota la storia con cui l’A. apre la sua riflessione, dalla quale risultano evidenti le eterogenee declinazioni del termine “responsabile”: «Come capitano della nave, X era responsabile della sicurezza dei propri passeggeri e equipaggio. Ma durante il suo ultimo viaggio egli si ubriacò ogni sera, e fu responsabile della perdita della nave con tutto ciò che trasportava. Si disse che fosse pazzo, ma i medici ritennero che fosse responsabile delle proprie azioni. Per tutto il viaggio si comportò in modo del tutto

irresponsabile, e vari incidenti nella sua carriera dimostrarono che egli non era una persona responsabile.

Egli sostenne sempre che le eccezionali tempeste invernali erano responsabili per la perdita della nave, ma nelle azioni legali intraprese contro di lui egli fu dichiarato penalmente responsabile per il suo comportamento negligente e in azioni civili separate fu ritenuto legalmente responsabile per la perdita di

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categoria, ciò che delimita la sfera di responsabilità è, come suggerisce il termine, il ruolo, che per sua natura produce una serie di obblighi, tanto giuridici quanto morali, non necessariamente predeterminati. Un soggetto che ricopre un ruolo all’interno di una organizzazione sociale assume alcuni «doveri specifici di provvedere al benessere altrui, o di contribuire ai fini e scopi dell’organizzazione. […] Tali doveri sono le responsabilità di una persona»17. La responsabilità causale è caratterizzata dalla totale assenza di una

connotazione morale nel giudizio sul responsabile, che viene considerato tale in base ad un giudizio neutrale, fondato su un criterio di collegamento naturalistico tra responsabile e risultato – tanto da poter dire che «siano responsabili non solo gli esseri umani»18

ovvero su una presunzione di collegamento, in cui non si presenta l’elemento della volontarietà. La terza categoria, definita responsabilità-soggezione, accomuna due ipotesi di responsabilità: la responsabilità morale e la responsabilità giuridica. In entrambi i casi, infatti, la responsabilità si identifica, secondo Hart, con la soggezione ad una regola (giuridica o morale) la cui violazione determina l’assoggettamento ad una pena o più genericamente a una conseguenza. Vi è, però, da aggiungere che nella responsabilità-soggezione di tipo giuridico Hart ritiene necessario che l’assoggettamento alla conseguenza sia subordinata alla soddisfazione di alcune condizioni: «criteri mentali o fisici», «connessione causale con il danno», «relazione con l’agente», e così via. In tal modo si giustifica la presenza di ipotesi, frequenti maggiormente nel diritto civile, di responsabilità oggettiva19. Da ultimo, la responsabilità-capacità, in cui la capacità

consiste «nell’abilità di capire quale condotta richiedono le norme giuridiche o la morale, di porsi il problema e giungere a una decisione a proposito di queste richieste e di rispettare le decisioni prese»20. Tale categoria di responsabilità è quella in virtù della

quale, pur potendo astrattamente ritenere qualcuno responsabile per soggezione, non lo si potrà ritenere responsabile per capacità.

Dalla categorizzazione di Hart, pur potendo trarsi numerosissimi spunti di riflessione, non sembra possa ricavarsi, come abbiamo avvertito in precedenza, una definizione assoluta e generica di responsabilità. Ci sembra, inoltre, che tale teorizzazione sia      

vite e di beni. Egli è tuttora vivo, ed è moralmente responsabile della morte di molte donne e bambini» 240, (corsivo nostro).

17 Ivi, 241. 18 Ivi, 243. 19 Ivi, 254 s. 20 Ivi, 256.

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ancorata a e costruita sulla base di realtà fattuali, norme, o regole, che, se subissero una qualche variazione sostanziale, ovvero ne mutasse la ratio, renderebbero la categorizzazione inadeguata.

Astratto, invece, ci sembra il concetto generale di responsabilità proposto da Scarpelli21: «dico di un soggetto che ha responsabilità (oppure: è responsabile) se ha, o

aveva, un dovere di comportamento; se è a lui eventualmente riferibile, o attualmente riferito, un comportamento, in sé stesso, oppure in quanto produttivo di certi effetti, contrastante con il dovere, e pertanto oggetto di una valutazione negativa; se, in dipendenza dal riferimento del comportamento oggetto della valutazione negativa, è a lui eventualmente imputabile, o attualmente imputata, una conseguenza, a sua volta oggetto di una valutazione negativa».

Sciogliendo la definizione di Scarpelli, allora, possiamo dire che la responsabilità è dotata: a) di un presupposto necessario, consistente nella libertà e capacità di scelta; b) di elementi necessari, consistenti nella previsione i) di uno schema comportamentale di riferimento, ii) di un giudice (in senso astratto) del comportamento e iii) della conseguenza concreta; ai quali si dovrebbe a nostro avviso aggiungere, rispetto alla costruzione di Scarpelli, c) un elemento ulteriore ed eventuale, lo strumento riparatorio del danno prodotto22.

In base alla diversa modulazione del presupposto, degli elementi necessari e dell’elemento eventuale si possono costruire le varie forme di responsabilità, alle quali faremo solo qualche cenno utile ai nostri fini, classificabili in responsabilità giuridica, responsabilità politica e responsabilità morale23.

     

21 SCARPELLI U., Riflessioni sulla responsabilità politica. Responsabilità, libertà, visione dell’uomo, in

Atti del XIII Congresso Nazionale della Società italiana di Filosofia giuridica e politica, Milano, 1982, 47.

In senso analogo ma più sintetico, MORTATI C.,Istituzioni di diritto pubblico, Padova, 1991, 229, «si

chiama “responsabilità” la situazione che si verifica quando si sia chiamati a rispondere degli effetti non conformi a quelli che si sarebbero dovuti attendere dall’esplicamento di una attività», definizione accolta da BIONDI F., La responsabilità del magistrato. Saggio di diritto costituzionale, Milano, 2006, 3.

22 Si accolgono, in questa ricostruzione, le argomentazioni di coloro che ritengono il risarcimento, lo

strumento riparatorio, cosa a sé rispetto alla sanzione, pur riconoscendo l’esistenza di previsioni normative (quali ad esempio quelle relative alla responsabilità contrattuale comune) in cui sanzione e risarcimento si sovrappongono. Il riferimento è a KELSEN H., La dottrina pura del diritto, Torino, 1966, 146 s. e CESARINI

SFORZA W., Risarcimento e sanzione, in AA.VV., Scritti giuridici in onore di Santi Romano, I, Padova,

1940, 149 ss.

23 Tale tripartizione si deve a RESCIGNO G.U., voce Responsabilità (diritto costituzionale), cit., ma, con

specifica attenzione alla responsabilità politica, già in ID, La responsabilità politica, Milano, 1967. Sulla

costruzione per cui la responsabilità politica sia cosa diversa dalla responsabilità giuridica si tornerà infra § 1.2, cui si rinvia anche per i riferimenti alla dottrina contraria e adesiva.

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1.1 Della responsabilità morale

Senza pretese di completezza, può qui solo accennarsi ad alcuni caratteri della responsabilità morale24, poiché – come avvertito in precedenza, nota 11 – tale forma di

responsabilità, perché possa dirsi sorta, non abbisogna necessariamente di un giudizio di valore o disvalore che altri, rispetto al soggetto agente, esprimano sul comportamento tenuto da quest’ultimo25. Un individuo potrebbe essere soggetto ad un obbligo di

comportamento il cui adempimento lo esima da responsabilità verso terzi ma, al contempo, l’adempimento di quell’obbligo potrebbe renderlo moralmente responsabile verso sé stesso, la sua ideologia, la sua fede religiosa e, più in generale, la sua coscienza morale26. È, a titolo meramente esemplificativo, ciò che accade in tutte le ipotesi in cui

un ordinamento giuridico attribuisce all’individuo la possibilità di fare appello      

24 Sul tema si veda, in particolare, ABBAGNANO N., Il giudizio di responsabilità nella morale e nel

diritto, in Riv. Fil., 1957, 35 s.

25 Assente, nelle norme morali, sarebbe, in tal senso, il c.d. imperativismo eteronomo, su cui si veda

MODUGNO F., Appunti per una teoria generale del diritto. La teoria del diritto oggettivo, III ed., Torino,

2000, 8 ss.

26 La “coscienza morale” a cui ci si riferisce è espressione assai difficile da definire. Si accoglie qui la

definizione di coscienza di ABBAGNANO N., voce Coscienza, in Dizionario di filosofia, II ed. riveduta e accresciuta, Torino, 1971, 184, secondo il quale questa consiste nel «rapporto dell’anima con se stessa, [nella] relazione intrinseca all’uomo “interiore” o “spirituale”, per il quale egli può conoscersi in modo immediato e privilegiato e perciò giudicarsi in modo sicuro e infallibile». Tale nozione racchiude in sé la connotazione morale della coscienza, in contrapposizione ad altra definizione di quest’ultima quale mera “consapevolezza di sé stessi”. La qualificazione di coscienza come coscienza morale, infatti, permette di far convivere nel medesimo concetto due aspetti centrali nel nostro discorso: l’aspetto, appunto, morale, inteso come «possibilità di auto-giudizio», e l’aspetto teoretico, inteso come «possibilità di conoscersi in modo diretto e infallibile», ibidem. L’aspetto teoretico della coscienza compare per la prima volta tra i filosofi con PLOTINO, Enneadi, V, 3,1, trad. a cura di CILENTO V.,Bari, 1949, 23 ss., che si riferisce alla

Sua con-sensazione in termini di «riflessione su di sé», contrapponendosi alla scuola stoica che trattava di coscienza nei soli termini di consapevolezza, escludendo qualunque genere di dinamismo interiore rivolto all’anima. L’aspetto morale, invece, diventa qualificante della moderna nozione di coscienza con TOMMASO D’AQUINO, Summa Theologiae, quaest. 79, art. 13, trad. a cura di CENTI T.S.–COGGI R.–

BARZAGHI G. – CARBONE G., Bologna, 2014, liberamente consultabile in

www.edizionistudiodomenicano.it, 905, secondo cui «la coscienza […] accusa, rimorde e riprende». L’aspetto centrale del pensiero di Tommaso è proprio il momento dell’auto-giudizio, della necessità che l’individuo qualifichi i suoi comportamenti come rientranti nel bene o nel male. Sulla scia di tali ricostruzioni teoriche si è, così, aperta la strada per le più ampie riflessioni filosofiche sul concetto di coscienza in generale e di coscienza morale in particolare. Ci limitiamo qui a rinviare, per la ricostruzione storico-filosofica e per i riferimenti bibliografici, a VIANO C.A., La coscienza: voci e mistificazioni, in (a

cura di) BORSELLINO P.–FORNI L.–SALARDI S., Obiezione di coscienza. Prospettive a confronto, in

Notizie di Politeia, Anno XXVII, n. 101, 201, nonché a MIEGGE M., Percorsi e modelli della coscienza:

dall’Emile di Rousseau alla Fenomenologia dello Spirito di Hegel, in GABBI L.–PETRUIO V.U. (a cura di),

Coscienza. Storia e percorsi di un concetto, Roma, 2000.

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all’obiezione di coscienza, ipotesi nelle quali l’adempimento dell’obbligo comporterebbe il sorgere di una responsabilità morale intollerabile verso sé stessi27, ma l’inadempimento

dell’obbligo renderebbe responsabili verso il destinatario del comportamento dovuto. In tali casi l’ordinamento sceglie di far prevalere l’intollerabilità della responsabilità morale individuale sulla responsabilità, che quindi si esclude, verso i terzi – pur con tutti i correttivi che nelle singole fattispecie vengano disposti –28.

La responsabilità morale29, allora, assume: come presupposto necessario, la libertà e

la capacità di scelta, intesa come libera adesione ad uno schema di valori morali che l’individuo sente come propri30; come elementi necessari, la coscienza morale del singolo

individuo, l’auto-giudizio31 e l’auto-sanzionabilità32; come strumento riparatorio,

elemento eventuale, la previsione di un qualche dovere che abbia lo scopo di riparare il danno prodotto sia verso sé stessi sia, eventualmente, verso terzi33.

1.2 Della responsabilità politica

     

27 In questo senso si esprime SAPORITI M., La coscienza disubbidiente. Ragioni, tutele e limiti

dell’obiezione di coscienza, Milano, 2014.

28 Sull’obiezione di coscienza si vedano, fra i più recenti, oltre a SAPORITI M., La coscienza

disubbidiente, cit., GRANDI F., Doveri costituzionali e obiezione di coscienza, Napoli, 2014; DI COSIMO G.

–PUGIOTTO A.–SICARDI S., La libertà di coscienza, Napoli, 2015.

29 Per ampi approfondimenti in tema di responsabilità morale, oltre a quanto già segnalato supra, nota

26, rilevano i volumi, cui si rinvia, ai quali fa riferimento anche RESCIGNO G.U., voce Responsabilità, cit.,

nota 6, tra i quali, per una ricostruzione teorico-generale, si segnala, in particolare, MORI M., Utilitarismo e morale razionale. Per una teoria etica obiettivista, Milano, 1986.

30 È questo il momento “morale” della norma, che la distingue dalla regola di condotta secondo la

tradizionale ricostruzione crisafulliana che individua nell’istaurazione del rapporto tra essa e il soggetto ad essa obbligato la sua stessa validità: CRISAFULLI V., Lezioni di diritto costituzionale, Padova, 1970, 17 s.

31 HART H.L.A., Responsabilità e pena, cit., 254, secondo il quale nella responsabilità morale è

condizione determinante che l’agente possa emettere un giudizio sul proprio agire.

32 Non avrebbe senso parlare, infatti, di responsabilità morale se il soggetto non ritenesse che ad un

proprio comportamento immorale debba seguire una conseguenza concreta. In senso analogo si esprime STUART MILL J., An examination of Sir William Hamilton’s philosophy, New York, 1884, liberamente

consultabile in https://archive.org/details/examinationofsir00mill, che attribuisce alla supposta coincidenza tra responsabilità e pena, fondendo utilitarismo e retributivismo morale (come evidenzia RIPOLI K.,La coercizione nella dottrina etico-giuridica di John Stuart Mill, Genova, 1990, 101) un significato anche

soggettivo, nel senso di consapevolezza di meritare una sanzione.

33 Può essere utile, per meglio comprendere tale ricostruzione, riferirsi esemplificamente alla religione

cattolica: il presupposto necessario perché si possa attribuire ad un individuo una responsabilità morale è che esista una morale cattolica, nella fattispecie quella espressa dalle Sacre Scritture, e che questi abbia liberamente ritenuto di farla propria; elementi necessari saranno, ad esempio, la previsione del divieto di dire falsa testimonianza, il giudizio di disvalore dell’individuo in relazione ad una falsità da questi testimoniata, il conseguente impegno di preghiera; elemento eventuale sarà testimoniare, in relazione alla medesima fattispecie, il vero.

(15)

Caretti magistralmente evidenzia «l’impossibilità di definire la nozione di responsabilità politica su un piano meramente astratto e sganciato dalla diretta osservazione della realtà effettuale dei diversi sistemi costituzionali»34. Una nozione di

responsabilità politica che non tenga conto, infatti, dell’evoluzione storica delle forme di governo e dei concreti strumenti in cui questa si esplica sarebbe in principio viziata, poiché, nell’ambizione di essere nozione generale e astratta, dovrebbe fondarsi su concetti che, per essere sganciati dalla realtà dei singoli ordinamenti, dovrebbero darsi per presupposti senza poter essere verificati alla stregua della realtà concreta35.

Può essere utile, però, iniziare l’indagine partendo da una generalissima quanto ovvia definizione: la responsabilità politica è quella forma di responsabilità caratterizzata dall’elemento della politicità. Occorre chiarire, allora, cosa debba intendersi con l’aggettivo qualificante “politica”. Come segnalato da autorevole dottrina36, il termine –

di derivazione greca (πολιτική, da πόλις, città) –può assumere essenzialmente quattro connotazioni: «1° la dottrina del diritto e della morale; 2° la teoria dello Stato; 3° l’arte o la scienza del Governo; 4° lo studio dei comportamenti intersoggettivi»37. Come appare

immediatamente evidente, esclusa l’ultima accezione, che lo stesso Abbagnano segnala essere oggi impropria38, il concetto di politica è strettamente legato, o meglio non può

prescindere, da quello di potere. Qualunque sia, infatti, la definizione di “politica” che si voglia accogliere – che sia volta a «determin[are] quali scienze [sia] necessario coltivare nelle città e quali ciascuna classe di cittadini [debba] apprendere, e fino a che punto»39, a

«giunge[re] a scoprire alcune leggi storiche e a stabilire gli imperativi morali»40, ovvero

sia «la scienza di dirigere le azioni libere nella società civile o nello Stato»41i suoi attori

sono coloro i quali hanno, o ambiscono ad avere, la pretesa di occuparsi della cives      

34 CARETTI P., voce Responsabilità politica, in Enc. giur., XXXI, Roma, 1993. Problema che, come

abbiamo visto, riguarda già il concetto di responsabilità genericamente inteso.

35 Nota ANGIOLINI V., Le bràci del diritto costituzionale ed i confini della responsabilità politica, in

Riv. dir. cost., 1998, 57-58, che «quella di responsabilità politica è una di quelle nozioni, che un tempo si

sarebbero dette “dommatiche”, forgiate dai giuristi in relativa autonomia dalle risultanze dei testi giuridici e costituzionali, per orientare la stessa interpretazione del diritto» e dunque «rischia facilmente di divenire scientificamente incontrollabile».

36 ABBAGNANO N., voce Politica, in Dizionario di filosofia, cit., 679. 37 Ibidem.

38 Ivi, 681.

39 ARISTOTELE, Etica nicomachea, I, 2, 1094a 26 e 1094b 1, trad. a cura di NATALI C., Bari, 1999, 15. 40 TREITSCHKE H.G., La politica, trad. a cura di RUTA E., Bari, 1918, 6.

41 ABBAGNANO N., voce Politica, cit., 680, riportando il Philosophia rationalis sive logica di Wolff.

(16)

esercitando un potere latu sensu inteso. Allora, di responsabilità politica non può parlarsi se non riferendosi al potere politico, che diviene, nella nostra costruzione, il presupposto necessario di questa forma di responsabilità. Rescigno apre, infatti, la sua descrizione della responsabilità politica dando per «posto (o presunto) che qualcuno eserciti un qualche potere politico»42. Da ciò deriva che chi può dirsi responsabile politicamente

dovrà necessariamente essere titolare di un potere politico ovvero dovrà ambire ad ottenerlo43. Altrettanto non vale, invece, se ci si rivolge a coloro i quali possono esprimere

il giudizio, la critica, in base alla quale sorge la responsabilità politica.

Quest’ultima, infatti, proprio in ragione di tale constatazione44, è stata distinta in

responsabilità politica istituzionale e responsabilità politica diffusa45. La responsabilità

politica istituzionale è «quel meccanismo politico istituzionale per cui ad un soggetto della vita politica è riconosciuto il potere di imputare attraverso modi e procedimenti istituzionali fatti politici negativi a carico di un diverso soggetto investito di poteri politici al fine di determinarne la cessazione dalla carica»46. In queste ipotesi, afferma Rescigno,

chi giudica è dotato di un «potere privilegiato di critica»47. La responsabilità politica

diffusa, invece, si caratterizza, tra l’altro, per il fatto che i soggetti che giudicano il comportamento eventualmente determinante responsabilità non sono qualificati, vale a dire non hanno un «potere di critica qualificato»48, ma sono variabili: in queste ipotesi

«soggetti attivi sono tutti coloro che sono capaci di determinare un equilibrio politico sfavorevole verso i soggetti che lottano per il potere politico»49.

     

42 RESCIGNO G.U., voce Responsabilità, cit., 1344.

43 RESCIGNO G.U., La responsabilità politica, cit., 121, parla di «tutti coloro che lottano per il potere

politico».

44 Invero, ibidem, anche sul versante soggettivo passivo rileva una distinzione, che non riguarda, però,

la titolarità del potere bensì la predeterminabilità dei soggetti responsabili, assente nelle ipotesi di responsabilità c.d. diffusa.

45 RESCIGNO G.U.,in particolareop. ult. cit., 110 ss. In altra opera, ID, La responsabilità politica del

Presidente della Repubblica. La prassi recente, in Studi parl. pol. cost., 1980, nn. 49-50, 13, Rescigno

individua una terza forma di responsabilità, definita istituzionale-libera, che si troverebbe a metà strada tra quella istituzionale e quella diffusa perché dotata di alcuni caratteri dell’una e di altri caratteri dell’altra. Accoglie esplicitamente la distinzione MANZELLA A., I controlli parlamentari, Milano, 1970. GALIZIA M., Studi sui rapporti fra Parlamento e Governo, Milano, 1972, in particolare 301 ss., parla, invece, di

«responsabilità politica statica» in contrapposizione alla «responsabilità politica dinamica», attribuendo a quest’ultima un ruolo di privilegio perché attribuibile al soggetto in modo permanente, o almeno fintanto che questi rimanga soggetto politico.

46 RESCIGNO G.U., La responsabilità politica, cit., 66. 47RESCIGNO G.U., voce Responsabilità, cit., 1345. 48RESCIGNO G.U., La responsabilità politica, cit., 88. 49 Ivi, 121.

(17)

Ciò posto, la responsabilità politica si struttura nel seguente modo: dato il potere politico, questo viene giudicato da altri al fine di produrre effetti sul potere stesso50. A

tale basico schema, poi, si aggiungono delle peculiarità: in primo luogo, il presupposto necessario (l’esistenza del potere politico) può essere in quanto tale motivo di giudizio; in secondo luogo, e questo è l’aspetto che maggiormente si vuole mettere in rilievo, «tra le imputazioni (le critiche) e la “sanzione” (la perdita del potere o la diminuzione del potere) non c’è un legame visibile, predeterminato, certo, controllabile». Nella responsabilità politica «manca [...] il collegamento predeterminato dalle norme [giuridiche] tra un certo (nominato e specifico) fatto e una certa (nominata e specifica) conseguenza»51. Questa affermazione vale, secondo la dottrina che qui si accoglie52, a

negare il carattere giuridico della responsabilità politica, che costituisce, quindi, una

     

50 RESCIGNO G.U., voce Responsabilità, cit., 1343, identifica gli effetti da produrre o in una modifica

della «linea di condotta» del detentore del potere politico ovvero nella rimozione o attenuazione del potere stesso.

51 Ibidem.

52 Come segnalato supra, nota 23, fautore della scissione tra responsabilità politica e responsabilità

giuridica è stato RESCIGNO G.U.,La responsabilità politica, cit., 45: Altri altrettanto autorevoli Autori,

invece, ritengono che la responsabilità politica, pur con tutte le sue peculiarità, rientri in ogni caso nel genus responsabilità giuridica. Primo fra tutti, PACE A., Il potere di inchiesta nelle Assemblee legislative, Milano,

1973, 139, nota 35, ma anche in ID, Le forme extrapenali di responsabilità del Capo dello Stato, in LUCIANI

M.–VOLPI M.(a cura di), Il Presidente della Repubblica, Bologna, 1997, 383 s., che parte dall’assunto per cui le responsabilità politiche diffuse e le responsabilità istituzionali-libere, invero, altro non sarebbero che responsabilità di fatto, «il che val quanto dire che non sono ipotesi di responsabilità». Ne consegue che la responsabilità politica istituzionale-formale, unica forma di responsabilità politica, è anche responsabilità giuridica per la sola esistenza di norme giuridiche che la disciplinano; in senso analogo, pur con i dovuti distinguo, GALEOTTI S.,voce Controlli costituzionali, in Enc. dir., X, Milano, 1962, 324; GALIZIA M.,

Fiducia parlamentare, in Enc. dir., XVII, Milano, 1968, 388 ss.; PITRUZZELLA G., Responsabilità politica,

in Dig. disc., pubbl., XII, Torino, 1997, 289 ss.; MORTATI C., cit., 585, nota 1; FERRAJOLI C.F., La

responsabilità politica come responsabilità per rappresentanza, in AZZARITI G. (a cura di), La

responsabilità politica nell’era del maggioritario e nella crisi della statualità, Torino, 2005, 123 ss.;

SCARPELLI U., Riflessioni sulla responsabilità politica, cit.; FERRARA G., Sulla rappresentanza politica. Note di fine secolo, in Riv. dir. cost., 1998, 20 ss. Accolgono, invece, la posizione di Rescigno, CARETTI

P., voce Responsabilità politica, cit.; NOCILLA D.,Brevi note in tema di rappresentanza e responsabilità

politica, in AA.VV., Scritti in onore di V. Crisafulli, Padova, 1985; ID., Crisi della rappresentanza e partiti

politici, in Giur. cost., 1989, II, 527 ss.; AMATO G., L’ispezione politica del Parlamento, Milano, 1968;

LANCHESTER F., Rappresentanza, responsabilità e tecniche di espressione del suffragio, Roma, 1990; da

ultimo, ANGIOLINI V., La difficile convivenza tra responsabilità politica e responsabilità giuridica, in

ZANON N.–BIONDI F.(a cura di), Percorsi e vicende attuali della rappresentanza e della responsabilità politica. Atti del convegno, Milano, 16-17 marzo 2000, Milano, 2001, 3 ss. Unanime, invece, la dottrina

nel tenere distinta la responsabilità politica da quella morale. L’idea secondo cui le regole della politica debbano essere considerate cosa a sé rispetto alle regole della morale, sì da escludere una necessaria corrispondenza tra i due tipi di responsabilità, sembrerebbe pressoché condivisa, nonostante il tema sia tornato ad essere oggetto di ampie riflessioni. Valgano, per tutti, i riferimenti a BOBBIO N., Teoria generale

della politica, Torino, 1999 e CROCE B., Etica e politica, Bari, 1981. Provocatoria, invece, la riflessione di

RODOTÀ S., Elogio del moralismo, Bari, 2011.

(18)

forma autonoma di responsabilità rispetto alle varie sotto-forme di responsabilità giuridica53.

È ora necessario, sulla base di quanto detto in apertura, lasciare da parte queste generalissime considerazioni per meglio comprendere quale sia la funzione ultima della responsabilità politica.

L’evoluzione dei rapporti tra Parlamento e Governo è, chiaramente, lo sfondo su cui, se non il motore da cui, nasce la moderna concezione di responsabilità politica54. Il nesso

di consequenzialità tra l’istaurarsi del rapporto di fiducia tra Parlamento ed Esecutivo e la concreta difficoltà di far ricorso allo strumento individuale dell’impeachment, a partire dall’ordinamento inglese, ha condotto, infatti, all’abbandono di quest’ultimo come strumento di giudizio dell’attività politica e all’emergere di strumenti prevalentemente istituzionali, non ascrivibili alla categoria della responsabilità giuridica, in generale, e di quella penale, in particolare55. La successiva affermazione della sovranità popolare e,

ancor più, del principio di rappresentanza56 e il conseguente rafforzamento del ruolo del

popolo nelle dinamiche politiche ha, poi, da una parte aperto la strada a ipotesi di responsabilità politica diverse da quella del Governo e, dall’altra, inciso sugli strumenti necessari a farle valere57. L’ormai inscindibile legame esistente tra sovranità popolare e

responsabilità politica ha, in definitiva, determinato, e continua a determinare, il progressivo moltiplicarsi dei soggetti potenzialmente e concretamente titolari di responsabilità politica, degli strumenti di giudizio e imputazione della responsabilità e delle conseguenze concrete cui si può incorrere se politicamente responsabili.

     

53 Sulla responsabilità giuridica vedi infra, § 1.3.

54 Per una ricostruzione storica della responsabilità politica si rinvia a RESCIGNO G.U., La responsabilità

politica, cit., 153 ss.

55MORTATI C., Lezioni sulle forme di governo, Padova, 1973, 115 ss., con specifico riguardo

all’ordinamento inglese. Interessante quanto osservato in relazione alle prime fonti di responsabilità dell’ordinamento inglese da FODDAI M.A., Sulle tracce della responsabilità., cit., 6 s., «nella gran parte dei

casi si tratta di quotidiani e giornali che riportano l’appassionato dibattito sulla responsabilità costituzionale che animò il Parlamento inglese nella seconda metà del XVIII secolo».

56FERRAJOLI C.F., La responsabilità politica come responsabilità per rappresentanza, cit., 125, nota

che la effettività della responsabilità politica costituisce «il banco di prova della rappresentatività del sistema politico». In senso analogo, NOCILLA D., Crisi della rappresentanza e partiti politici, cit.; PALADIN

L., Diritto costituzionale, Padova, 1998, 265 ss.; FISICHELLA D., La rappresentanza politica, Roma-Bari, 1996. Sul diretto rapporto tra responsabilità e rappresentanza si veda il recente ZANON N.–BIONDI F.(a

cura di), Percorsi e vicende attuali della rappresentanza e della responsabilità politica, cit.

57 In senso analogo CARETTI P., voce Responsabilità politica, cit.

(19)

Allora il significato storico che la responsabilità politica ha assunto e, correlativamente, la funzione da essa svolta nella vita politica degli ordinamenti moderni è certamente la «sottoposizione dell’attività politica esercitata dagli organi costituzionali a determinate regole dell’ordinamento»58.

Ecco le ragioni per le quali, per fare un breve cenno all’ordinamento italiano, la responsabilità politica è configurabile in modo diverso a seconda dell’organo cui si riferisce. Così, la responsabilità politica del Presidente del Consiglio è diversa da quella dei singoli ministri nonché da quella del Consiglio dei ministri, per certi aspetti tutte altrettanto diverse da quelle degli organi esecutivi regionali; così anche la responsabilità politica del Presidente della Repubblica, certamente di natura peculiare rispetto a tutti gli altri organi costituzionali; e ancora, direttamente rapportabile con il corpo elettorale è la responsabilità dei partiti politici, a loro volta collegialmente soggetti attivi della responsabilità politica dei singoli parlamentari, con ciò escludendo a priori l’ipotizzabilità di ogni forma di responsabilità politica di ciascuna Camera, nonché, chiaramente, del corpo elettorale; e così via59.

Per concludere e riportare il discorso allo schema di riferimento della responsabilità che qui si sta cercando di dimostrare valevole per tutte le forme di responsabilità, la responsabilità politica si connota come segue: il presupposto necessario consiste nell’esistenza di un potere politico e del rapporto di rappresentanza; gli elementi necessari consistono nel soggetto dotato di un potere politico (determinato o determinabile), nel soggetto dotato (istituzionalmente o astrattamente) del potere (privilegiato o variabile) di critica e nella, seppur solo negli intenti, conseguenza della rimozione o diminuzione del potere politico (trattasi, qui, di potenziale e non automatica conseguenza, tale da non renderla definibile in termini di sanzione); non ipotizzabile, invece, in questo caso ci sembra l’elemento eventuale, proprio ed anche perché il principio di rappresentanza non consente pretese riparatorie in caso di cattivo esercizio di un potere politico.

     

58 Ibidem.

59 La bibliografia di riferimento è sconfinata. Si conceda, qui, oltre alle voci enciclopediche citate, il

solo rinvio a AZZARITI G.(a cura di), La responsabilità politica nell’era maggioritaria, cit., e in particolare

ivi, SACCO F., Note sulla responsabilità politica del Presidente della Repubblica, 45 ss., CAVALLARI D., La

responsabilità politica del ministro per gli atti dei dirigenti: comparazione fra Italia e Gran Bretagna, 78

ss., GIRELLI F., Sulla responsabilità politica di Sottosegretari di Stato e Vice ministri, 103 ss., PREZIOSO F.,

Il difficile equilibrio tra principio di legittimità e principio di legalità, 163 ss., PRINCIPATO L., La

responsabilità politica per fatto delle autorità amministrative indipendenti, 193 ss.

(20)

1.3 Della responsabilità giuridica

Veniamo, ora, all’ultima forma di responsabilità, che è quella che qui maggiormente rileva, vale a dire la responsabilità giuridica. Una elaborazione teorica del concetto di responsabilità giuridica sembrerebbe esser stata tentata da Villey60, il quale, collocando

la nascita del significato «autenticamente giuridico» della responsabilità nel diritto romano e in particolare nella Lex Aquilia61, individua il carattere giuridico della

responsabilità nella mera sottoponibilità dell’atto al giudizio di un tribunale, a nulla rilevando connotazioni morali e psicologiche del comportamento ingiusto62. Ma questa

costruzione è strettamente legata ai pilastri teorici del diritto romano, che pur avendo prodotto notevoli influenze sul concetto moderno di responsabilità giuridica, sono stati abbandonati dalle filosofie moderne che hanno condotto alle codificazioni tradizionali, incentratesi, invece, sull’elemento soggettivo e sui concetti, moderni, di volontà, libertà, potere e autodeterminazione. Allora, sul piano teorico, deve rilevarsi una certa difficoltà ad approdi definitori che si incentrino sulla giuridicità come carattere precipuo di questa forma di responsabilità, riscontrabili esclusivamente procedendo a contrario, a partire dall’analisi delle varie sotto-forme di responsabilità giuridica. La responsabilità giuridica, o più in generale la responsabilità derivante da illecito – secondo quanto vedremo in seguito –, è stata utilizzata essenzialmente come termine di paragone per fornire definizioni specifiche e giustificare peculiarità delle altre forme di responsabilità o, più frequentemente, delle sue sotto-forme.

Indispensabile, allora, ricorrere, in primis, alla “più teorica” delle definizioni: «un individuo è giuridicamente obbligato ad un certo comportamento, se il suo      

60 VILLEY M., Esquisse historique sur le mot responsable, in Archives de philosophie du droit, Parigi,

1977.

61 Su cui si rinvia a CANNATA A., Sul testo della Lex Aquilia e la sua portata originaria, in VACCA L.

(a cura di), La responsabilità civile da atto illecito nella prospettiva storico-comparatistica, Torino, 1995, 32 ss.

62 VILLEY M.,op. ult. cit., 51. «Sont responsables (mot qui est d’ailleurs de peu d’utilité, on n’est pas

obligé d’en faire un usage constant) tous ceux qui peuvent être convoqués devant quelque tribunal, parce que pèse sur eux une certaine obligation que leur dette procède ou non d’un acte de leur volonté libre». Il

criterio di imputazione della responsabilità tipico del diritto romano, e lontano da quello contemporaneo, consisteva, ad avviso della dottrina maggioritaria, nell’iniuria, l’ingiustizia del danno prodotto, a nulla rilevando l’elemento soggettivo della culpa. Sul tema si rinvia a SCHIPANI S., Responsabilità ex lege

Aquilia, criteri di imputazione e problema della «culpa», Torino, 1969.

(21)

comportamento opposto è elevato a condizione di un atto coercitivo, considerato come sanzione»63: in tal caso dovrebbe parlarsi di responsabilità giuridica. Gli elementi

distintivi della responsabilità giuridica consisterebbero, allora, nella giuridicità dell’obbligo e nel rapporto di condizione/effetto esistente tra l’inadempimento dell’obbligo e la sanzione. Ciò sembrerebbe, a prima vista, sufficiente per distinguere questa forma di responsabilità da quelle finora considerate: nella responsabilità morale mancherebbe il carattere giuridico dell’obbligo; nella responsabilità politica mancherebbero entrambi gli elementi, potendo essere solo parzialmente giuridico l’obbligo e solo potenzialmente e relativamente consequenziale la sanzione. In altre parole, nella responsabilità morale, come si è avuto modo di dimostrare supra, è irrilevante il giudizio esterno, eteronomo (da parte dell’ordinamento) sul comportamento – e ciò varrebbe ad escludere la giuridicità dell’obbligo –; nella responsabilità politica, in particolar modo nella sua sotto-forma di responsabilità diffusa, non varrebbe in assoluto affermare che il giudizio di disvalore si fondi su una norma giuridica e che dal giudizio di disvalore discenda una certa e predeterminata sanzione (in alcuni casi addirittura imprevedibile e/o contraria alle intenzioni di coloro che esprimono il giudizio64).

Ma la definizione kelseniana di responsabilità giuridica è ancorata alla retrostante concezione teorica della norma giuridica e della sanzione65. Il carattere della giuridicità

si ricollega, in questa definizione, naturaliter al dovere cui è sottoposto l’individuo all’interno dell’ordinamento, che assume la forma di dovere giuridico dal momento in cui «una norma giuridica ricollega un atto coercitivo come sanzione del comportamento opposto»66. Il legame esistente tra dovere giuridico e norma giuridica viene qui definito

in termini di coincidenza, per cui «il dovere giuridico coincide con la norma giuridica»

     

63 KELSEN H., La dottrina pura del diritto, cit., 142.

64 L’assenza della sanzione giuridica è la ragione fondante la scissione tra responsabilità politica e

responsabilità giuridica operata da Rescigno, il quale ricostruisce cinque «schemi» di responsabilità politica a dimostrazione e supporto della sua autonomia e peculiarità. Cfr., in particolare, RESCIGNO G.U., La responsabilità politica, cit., 36 ss.

65 Varrebbe, così, la definizione di giuridicità che le teorie imperativiste coercitive o sanzionistiche

forniscono in relazione alla norma. Se sull’imperatività delle norme giuridiche, però, deve darsi conto della moderna tendenza a ricostruzioni teorico-generali differenti, quali fra tutte quella di MODUGNO F.,voce Norma (teoria generale), in Enc. Dir., XXVIII, Milano, 1978, 328 ss., lo stesso non sembra essere avvenuto

in relazione alle teorie della responsabilità, probabilmente perché poco incentratesi sul carattere della giuridicità.

66 KELSEN H.,La dottrina pura del diritto, cit.,137.

(22)

che lo sancisce67. Questa posizione appare, invero, condivisibile fin tanto che esprima un

rapporto unidirezionale, mentre non sembrerebbe condivisibile se costruita in termini bidirezionali, poiché non tutte le norme giuridiche esprimono doveri giuridici68: si pensi,

ad esempio, delle cc.dd. norme costitutive, in cui del tutto assente sembrerebbe essere il carattere della doverosità. Le norme costitutive, infatti, si caratterizzano per il fatto che «la loro funzione è di produrre e realizzare determinate situazioni o determinati effetti […] in modo immediato»69, vale a dire senza che sia necessario un comportamento, di

qual si voglia natura, dei soggetti dell’ordinamento. Da accogliere, invece, se riferita solo alle norme scrictu sensu prescrittive, che si esprimono nella formula “se c’è A, ci deve essere B”, in cui il Sollen si manifesta nella forma della sanzione in senso giuridico70. Più

opportuno, allora, potrebbe sembrare riferirsi al rapporto tra norma giuridica e dovere giuridico in termini di contenuto/contenitore, che implica che ogni qual volta vi sia un dovere giuridico vi sia anche una norma giuridica che lo contiene e che, viceversa, ogni qual volta vi sia una norma giuridica non è detto che essa contenga, e quindi vi sia, un dovere giuridico.

Ciò precisato, il rapporto di consequenzialità tra dovere giuridico e sanzione permette di individuare, a seconda dei casi, due soggetti teoricamente obbligati giuridicamente: l’obbligato “positivo”, vale a dire colui che può comportarsi in modo tale da far sorgere la sanzione (mediante la «violazione del dovere»), e l’obbligato “negativo”, ossia colui che può comportarsi in modo tale da evitare la sanzione (mediante la «esecuzione del dovere»71). In entrambi i casi il comportamento positivo o negativo costituisce un atto

illecito, ovvero un atto contrario alla norma giuridica che contiene il dovere giuridico72.

Sempre secondo la costruzione kelseniana, ciò basterebbe a concludere che la responsabilità giuridica si sostanzi nell’illiceità di un atto cui segue una sanzione. Anche in questo caso occorre una precisazione: l’illiceità dell’atto e la conseguente previsione      

67 Ibidem.

68 Per tutti, CARCATERRA G., Corso di filosofia del diritto, Roma, 1996, 179 ss.

69 CARCATERRA G., Le norme costitutive, Torino, 2014, 47, cui si rinvia per più ampi approfondimenti. 70 Si veda, al riguardo e per le autorevoli critiche, MODUGNO F., Appunti per una teoria generale del

diritto, cit., 23 ss.

71 KELSEN H., La dottrina pura del diritto, cit., 138.

72 Più precisamente l’illiceità dell’atto non consiste nella mera contrarietà alle norme giuridiche, ma si

identifica nella previsione, per quell’atto, di una sanzione, di una conseguenza sfavorevole predisposta dall’ordinamento. La contrarietà alle norme giuridiche, in altre parole, è necessaria ma non sufficiente a qualificare l’atto come atto illecito, poiché «l’efficacia di un ordinamento giuridico si manifesta tanto nell’effettivo adempimento delle norme giuridiche […], quanto nell’applicazione delle norme giuridiche (cioè nell’esecuzione delle sanzioni da esse stabilite)» ivi, 139.

(23)

della sanzione non comportano sempre e necessariamente, a nostro avviso, l’insorgere di responsabilità giuridica. Certamente se c’è responsabilità giuridica questa deve dirsi sorta in conseguenza ad un atto illecito per cui l’ordinamento ha previsto una sanzione, ma non riteniamo che possa dirsi il contrario. Vi possono essere dei casi, infatti, in cui una norma giuridica contiene un dovere giuridico e la relativa sanzione senza che né l’autore dell’atto illecito né terzi possano essere considerati giuridicamente responsabili. Un esempio certamente semplicistico ma emblematico può essere utile a dimostrare quanto si sta affermando: il principio di legittimità costituzionale (norma giuridica) impone al legislatore di adottare leggi conformi a Costituzione (dovere giuridico); se il Parlamento adotta una legge in contrasto con la Costituzione (atto illecito), la Corte costituzionale la dichiarerà illegittima (sanzione)73. Può parlarsi, in questo caso, di responsabilità giuridica

del legislatore?

A nostro avviso no74, perché ciò che caratterizza realmente la responsabilità giuridica

non è la previsione di una qual si voglia sanzione come reazione dell’ordinamento ad un qualsiasi atto illecito, bensì uno specifico carattere della sanzione consistente nella sua configurabilità come peso gravante sul soggetto ritenuto responsabile.

Ciò rende specificabile la responsabilità giuridica rispetto al concetto generale di responsabilità, in cui la sanzione, la conseguenza, è sì presente, ma potrebbe anche      

73 Non rileva, in questa sede, il rapporto tra norma legislativa e norma costituzionale, dunque

l’annullamento come criterio di risoluzione dell’antinomia, su cui basti qui il riferimento a MODUGNO F., Appunti per una teoria generale del diritto, cit. 131 ss., bensì il rapporto tra atto (illecito) del legislatore e

atto della Corte costituzionale. È evidente, infatti, che le decisioni di accoglimento della Corte costituzionale abbiano una natura peculiare, sempre più lontana dall’originaria idea di mero atto repressivo dello sconfinamento del limite della costituzionalità, ma tale carattere, in ogni caso, non dovrebbe essere tralasciato.

74 Fondamentale tenere distinti, però, due profili inerenti la responsabilità dello Stato: la responsabilità

per il solo fatto di aver adottato una legge in contrasto con la Costituzione, a nostro avviso non giuridica, e la responsabilità, sì giuridica, derivante dalla produzione di un danno a causa della illegittimità costituzionale della legge, fondata sulla concreta idoneità «a ledere situazioni giuridiche soggettive» RUOTOLO M., Legge, diritto comunitario e responsabilità civile dello Stato, in MODUGNO F.(a cura di), Trasformazioni della funzione legislativa, Milano, 1999, 394. Sul tema, tornato all’attenzione della dottrina

grazie alla previsione della responsabilità dello Stato per violazione del diritto euro-unitario, si vedano, oltre a RUOTOLO M.,op. ult. cit., in particolarePIZZORUSSO A., La responsabilità dello Stato per atti

legislativi in Italia, in Foro it., 2003, V, 175 ss.; PACE A., Problematica delle libertà costituzionali. Parte

generale, Padova, III ed., 2003, 283 ss.; MORTATI C., Appunti per uno studio sui rimedi giurisdizionali

contro i comportamenti omissivi del legislatore, in Il Foro it., vol. 93, 1970, 153 ss.; BUONAURO C., Il

risarcimento del danno da atto legislativo, Milano, 2004; LOMBARDI G., Illecito costituzionale e

responsabilità del legislatore, in Dir. pubbl. comparato ed europeo, 2000, 1793; BIFULCO R., La

responsabilità dello Stato per atti legislativi, Padova, 1999; ROPPO V., Appunti in tema di illecito

«comunitario» e illecito «costituzionale», in Danno e responsabilità, 1998, 961 ss.; PASQUINELLI C., Le

leggi dannose. Percorsi della responsabilità civile tra pubblico e privato, Torino, 2013.

(24)

manifestarsi semplicemente come attribuzione di un fatto ad un determinato soggetto in termini, si consenta l’atecnicismo, di colpevolezza.

Nella responsabilità giuridica, insomma, la sanzione si identifica in un peso, in un ulteriore dovere che si sovrappone e consegue ad un dovere originario senza che vi sia una necessaria corrispondenza soggettiva tra i relativi titolari. Ciò permette di estendere il concetto di responsabilità giuridica anche alle ipotesi, sempre più frequenti negli ordinamenti moderni, di «responsabilità oggettiva per rischio»75, senza dover

abbandonare, come auspicato invece da parte di alcuni autori, una ricostruzione di responsabilità giuridica fondata sul concetto di dovere giuridico, in favore di una diversa «tecnica normativa sulla quale basare il giudizio di responsabilità»76.

In conclusione, la responsabilità giuridica assume: a) come presupposto necessario, la libertà di scelta all’interno di un ordinamento giuridico; b) come elementi necessari, l’esistenza di una norma giuridica contenente un dovere giuridico la cui inosservanza, rilevata dal giudice (qui nel suo generico ma giuridico significato), faccia gravare un peso, e dunque un dovere ulteriore, su un determinato soggetto (individuato secondo criteri di collegamento socialmente accettati); c) come elemento ulteriore ed eventuale, strumenti riparatori dei danni prodotti.

Fatte queste riflessioni teoriche possiamo ora utilizzare, ai nostri fini, la magistrale definizione che Gustavo Zagrebelsky pone come premessa alle sue considerazioni sulla responsabilità dei magistrati: la responsabilità è «lo strumento sanzionatorio e riparatorio in risposta ad atti illeciti»77; con una precisazione però: la responsabilità giuridica è uno

degli strumenti sanzionatori e l’unico strumento eventualmente riparatorio in risposta ad atti illeciti.

2. Il magistrato: quel che è78

     

75 L’espressione si deve a TRIMARCHI P., Istituzioni di diritto privato, VII, Milano, 1986, 15.

76 DI MAJO A., Problemi e metodo del diritto civile, vol. III, Milano, 1987, 185, secondo il quale la

tecnica che dovrebbe preferirsi sarebbe quella «di permettere-autorizzare l’esercizio dell’attività, con il limite dell’accollo (del rischio) dei danni da essa provocati a carico del soggetto o dei soggetti che dall’attività traggono profitto».

77 ZAGREBELSKY G., La responsabilità del magistrato nell’attuale ordinamento. Problemi di riforma,

in Giur. Cost., 1982, 780.

78 Nelle pagine che seguono si terrà conto dell’evoluzione storica del ruolo e delle funzioni del giudice,

e delle relative implicazioni sul suo regime di responsabilità, soltanto con riguardo agli ordinamenti di civil

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