• Non ci sono risultati.

da Lorenzo Mondo nel 1990, hanno contribuito inoltre a gettare un’ombra sull’impegno antifascista dello scrittore.

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi " da Lorenzo Mondo nel 1990, hanno contribuito inoltre a gettare un’ombra sull’impegno antifascista dello scrittore. "

Copied!
5
0
0

Testo completo

(1)

INTRODUZIONE

Sulla figura di Cesare Pavese regna ancora oggi un silenzio che è difficile da scalfire.

Se la vita dello scrittore appare segnata da profonde cicatrici e sconfitte, la sua esperienza politico- ideologica risulta piena di fraintendimenti: le annotazioni che lo stesso Pavese ha strappato da Il mestiere di vivere, al quale appartenevano originariamente, e pubblicate sotto il nome di «taccuino segreto»

1

da Lorenzo Mondo nel 1990, hanno contribuito inoltre a gettare un’ombra sull’impegno antifascista dello scrittore.

La sua vicenda letteraria è stata spesso giudicata sospesa in un limbo: a volte compiuta, a volte irrisolta, sempre sul punto di avvicinarsi ad un esito per poi rifuggirne a causa di una mancanza di focalizzazione, fino a sfociare in pesanti critiche e diffidenze per le sue propensioni

“irrazionalistiche”.

Sembra un malinteso anche l’episodio relativo alla “conversione” cattolica, avvenuta nel 1944 durante l’esilio a Serralunga di Crea, dove Pavese si comunica e dibatte temi religiosi presso il collegio dei Padri Somaschi.

La storia della critica pavesiana è caratterizzata dal dibattito scoppiato dopo il suicidio dello scrittore, avvenuto il 27 agosto 1950 in una camera d’albergo a Torino.

Dopo la sua morte, infatti, sono stati molti gli interventi, spesso di carattere moralistico, volti a condannare il gesto, come se fosse stato, scrive Alberto Asor Rosa, «un tradimento che si andava ad aggiungere alle incompiutezze e alle impotenze di cui era costellata la sua vita»

2

.

Fu un periodo di silenzio profondo in cui quasi si faceva fatica a pronunciare il suo nome: per alcuni diventò difficile persino digerire il tremendo atto con cui aveva posto fine alla sua vita.

La critica letteraria, trovatasi di fronte ad un «caso Pavese»

3

così complesso, ha seguito dei criteri metodologici «psicologico-biografici che vedevano nell’esperienza personale dell’autore la chiave di volta per l’interpretazione della sua opera»

4

.

Il vero punto di svolta nella critica dell’autore fu rappresentato dalla pubblicazione del famoso articolo di Furio Jesi

5

, in cui finalmente si svincolava l’esegesi pavesiana dai limiti di una critica di meri contenuti storico-sociali o biografici.

1

L. M

ONDO

, Pavese e il taccuino segreto, «La Stampa», 8 agosto 1990.

2

A. A

SOR

R

OSA

, Ritratto di Cesare Pavese, «La Repubblica», 14 luglio 2000.

3

Cfr. M. I

SNEGHI

, Il caso Pavese, in AA.VV., Omaggio a Giancarlo Folena, Editoriale Programma, Padova 1993, vol.

III, pp. 2231-2240.

4

M. P

ONZI

, La critica e Pavese, Cappelli, Bologna 1977, p. 27.

5

F. J

ESI

, Cesare Pavese, il mito e la scienza del mito, «Sigma», n. 3-4, dicembre 1964, pp. 95-120. Ora in I

DEM

,

Letteratura e mito, Einaudi, Torino 1977, pp. 131-160.

(2)

L’articolo di Jesi costituisce una svolta radicale: qui il mito diventa uno dei motivi centrali della poetica dello scrittore e permette un’interpretazione criticamente corretta delle sue opere.

Sono anni di grande fervore di studi dell’opera pavesiana e risulteranno preziose anche le indicazioni sulla tematica mitica da parte di Eugenio Corsini e Armanda Guiducci

6

.

Successivamente è sopravvenuta un’eclissi più oscura e profonda della prima, dovuta questa volta, più che ad un sentimento di carattere moralistico, alla distanza abissale tra il mondo dello scrittore e il nostro: gli anni che ci separano dalla sua morte sembrano essere l’equivalente di diversi secoli, se misurati in rapporto alla velocità dei cambiamenti avvenuta nelle nostre società postindustriali e globalizzate. Il cambiamento, frenetico, spinge Pavese ai margini.

Questo vistoso calo d’interesse critico, rilevabile dagli anni Ottanta in poi, si protrae per tutto il decennio successivo in cui sembrò davvero che il tempo della “fortuna” di Pavese fosse definitivamente tramontato.

Il quadro delineato da Luca Doninelli e Sergio Pautassio è sconfortante: il primo scrisse che

«Pavese è forse [...] il più fuori moda fra gli scrittori della nostra storia recente; in un certo senso, il meno facilmente recuperabile, assimilabile: e dunque – diciamola tutta – il più dimenticato»

7

. Il secondo conferma questa tendenza in un volume critico in cui afferma che «a occuparsi di Pavese in questi ultimi tempi sono stati solo alcuni happy few» e che «il periodo trascorso ha contribuito, sì, a sopire le esagerazioni e a ridimensionare il caso umano, ma anche a stendere un velo di oblio sulla sua opera»

8

.

Indicative in tal senso sono anche le parole di Pierre Laroche, che si occupa della ricezione dell’opera pavesiana in Francia. Lo studioso traccia un quadro allarmante con riferimento agli studi critici francesi ma che potremmo indirizzare anche al panorama italiano:

Gli anni ˊ90 sono segnati da un rapido declino, che va fino all’estinzione, dell’interesse da parte della critica per Pavese, se si eccettuano alcuni lavori universitari che tentano di tenere viva la fiamma. Dopo questo rinnovamento – e per trent’anni – dei metodi d’analisi, la critica pavesiana batte forse la fiacca?

9

Sicuramente oggi, grazie anche all’opera infaticabile delle istituzioni come il «Centro Pavesiano Museo casa natale»(CE.PA.M.), che opera nella casa natale dello scrittore, l’interesse per Pavese

6

Cfr. E. C

ORSINI

, Orfeo senza Euridice: i Dialoghi con Leucò e il classicismo, ivi, pp. 121-146 e A. G

UIDUCCI

, Il mito Pavese, Vallecchi, Firenze 1967, pp. 333-348.

7

L. D

ONINELLI

, Un supremo conforto per la solitudine, «Il Giornale», 16 giugno 1990.

8

S. P

AUTASSIO

, Cesare Pavese, l’uomo libro. Il mestiere di scrivere come il mestiere di vivere, Arcipelago, Milano 1991, p. 21.

9

P. L

AROCHE

, La réception de Pavese en France, «Esperienze letterarie», 2000, a. XXV, n. 3-4, p. 224.

(3)

sembra aver ripreso un certo slancio. È stato istituito, per esempio, un «Osservatorio permanente sugli studi pavesiani nel mondo» che ha il compito di monitorare il panorama letterario internazionale per individuare nuovi studi sulla produzione dello scrittore langarolo. A partire dal 2001 i risultati di questo monitoraggio sono stati resi noti attraverso la pubblicazione di cinque volumi a cadenza annuale. Specialmente in concomitanza del cinquantesimo anniversario della sua scomparsa sono fioriti studi numerosi e riviste prestigiose hanno dedicato al Nostro varie monografie anche in ambito internazionale

10

.

Il mito rappresenta la chiave di lettura e nucleo tematico di tutta la poetica di Cesare Pavese, occupando da sempre un posto rilevante nella ricezione critica dello scrittore piemontese.

E’ oltremodo significativo che, in pieno neorealismo, egli prenda in considerazione tematiche squisitamente decadenti, prediligendo l’investigazione del mito primogenio e irrazionale, al fine di recuperare i suoi momenti più significativi ed esemplari, donandogli forma e parola.

Pavese fu un intellettuale che visse in un’epoca di frontiera, sentendo in qualche modo l’esigenza di rifondare la cultura e la propria lingua, della quale avvertì l’insufficienza e l’inadeguatezza rispetto al contenuto narrativo. Questo travaglio artistico si traduce in un’inesausta ricerca in territori e linguaggi nuovi per il suo tempo, permettendoci dunque di cogliere, secondo il parere di Mauro Ponzi, quello che è l’aspetto più interessante della sua operazione cuturale: cioé «il tentativo di riportare a livello di produzione artistica i risultati acquisiti dalla psicoanalisi e dalla antropologia a livello di ricerca scientifica»

11

.

Il mito, infatti, oltre a essere teorizzato in alcuni saggi come centro propulsore della poesia e venendosi a costituire così una vera e propria “poetica del mito”, è anche il filo conduttore attraverso il quale Pavese lega insieme i molteplici interessi portati avanti negli anni della guerra nei confronti di discipline come l’antropologia e l’etnologia, la storia delle religioni e la psicologia.

Nel delineare l’evoluzione del mito come perno della scrittura simbolica di Pavese, in questo lavoro si prenderà come punto di riferimento privilegiato una prospettiva junghiana: le elaborazioni teoriche pavesiane, infatti, utilizzano spesso un linguaggio che rimanda al mito, al simbolo e all’archetipo, concetti chiave della psicologia analitica di Carl Gustav Jung.

Nella poetica che Pavese porta avanti dal 1942 in poi si possono riscontrare, in modo non sempre del tutto esplicito, certe affinità e suggestioni che suggeriscono altri temi junghiani come quelli del destino e dell’«Individuazione»: la “ricerca del proprio mito” , come direbbe Jung, divenne un tema fondamentale nella vita di Pavese, al punto che il rapporto con esso sarà il centro ispiratore della propria attività poetica e vocazione esistenziale.

10

Cfr. A. C

ATALFAMO

, Cesare Pavese. La dialettica vitale delle contraddizioni, Aracne Editrice, Roma 2005, p. 9.

11

M. P

ONZI

, op. cit., p. 17.

(4)

Secondo una testimonianza di Fernanda Pivano, all’inizio degli anni ´40 Cesare Pavese volle imparare il tedesco e si mise così a leggere dei libri in lingua originale; la scelta cadde su Freud ma successivamente egli passò a leggere Jung

12

.

In una recensione apparsa sul «Corriere della Sera» poco dopo la morte di Pavese, Emilio Cecchi scrisse che la passione dello scrittore per gli studi di mitologia ed etnologia era nata proprio sotto il segno di Jung, «nell’ideale di creazione di un linguaggio che tanto si identificasse alle cose, da abbattere ogni barriera tra il comune lettore e la realtà simbolica e mitica più vertiginosa»

13

.

Anche secondo Michel David, Pavese «era forse, con Saba, lo scrittore più adatto a capire il senso della ricerca psicoanalitica», sottolineando come «sia stato uno dei pochissimi, se non l’unico, scrittore italiano ad aver sentito l’influenza di Jung prima del 1945»

14

.

Il lavoro di tesi è strutturato in quattro capitoli.

Nel primo di essi mi sono soffermato sul momento fondamentale costituito dalla prima introduzione in Italia di un’opera di Jung attraverso la casa editrice Einaudi, per volontà proprio di Cesare Pavese.

Intorno al 1941 avviene così il primo contatto assodato dello scrittore con la psicologia analitica.

Ma in che misura si possono riscontrare tracce effettive del pensiero junghiano nella poetica sul mito di Cesare Pavese?

E ancora: lo scrittore ne fu contaminato in modo diretto o si tratterebbe, piuttosto, di una continua elaborazione e mediazione personale sviluppatasi sulla scorta delle coeve letture etnoantropologiche?

Il lavoro intellettuale che Pavese condusse nel dopoguerra lo portò a reintrodurre nuovamente Jung in Italia tramite la «Collana di studi religiosi, etnologici e psicologici», in collaborazione con Ernesto de Martino, pioniere dell’antropologia e storia delle religioni in Italia.

Nel secondo capitolo ho cercato di portare alla luce alcuni spunti poetici e letterari risalenti agli anni Trenta che in qualche modo possono aver indirizzato lo scrittore verso la successiva concezione del mito.

Nell’opera poetica Lavorare stanca, mediante una sintesi ingenua ma molto potente, Pavese delinea i primi nuclei che saranno i temi ricorrenti della sua poetica.

In particolare mi sono soffermato sul concetto di immagine simbolica su cui Pavese si concentra in queso periodo. Nodo centrale nella teoria di Pavese è che fra tutte le immagini che si affollano nella mente di uno scrittore ce n’è una che è decisiva, rivelatoria: ed è sempre quella ritornante.

12

Cfr. A. C

AROTENUTO

, Jung e la cultura italiana, Astrolabio, Roma 1977, p. 56.

13

A. M. CIRESE, Cesare Pavese, La Lapa, a. I, n. 1, settembre 1953, p. 18.

14

M. D

AVID

, La psicoanalisi nella cultura italiana, Bollati Boringhieri, Torino 1990, p. 525.

(5)

Il terzo capitolo riguarda la maturazione della poetica del mito: lo scrittore, con la sua teoria degli «stampi» mitici, sfiora a tratti il concetto di archetipo così come Jung lo aveva definito; ma gli interessi poliedrici e le ricerche di Pavese affondano le radici in un particolare terreno mitico- simbolico che lo pone in relazione a Jung mediante figure come Platone, Vico, Creuzer, Nietzsche, Cassirer, Kerényi, Otto, Eliade, e di tutta una letteratura compromessa con le poetiche più decadenti e irrazionali.

Attraverso le teorie sul simbolismo delle immagini archetipiche a cui si rifanno tutte le azioni umane, Pavese è in grado di collocare in un sistema più ampio le antinomie principali della sua poetica: il rapporto adulto / ragazzo, città / campagna, mito / logos, incosciente / cosciente.

Nel quarto capitolo prenderò in esame tre opere che, proprio in virtù della loro progressione cronologica, tesimoniano la costruzione e l’evoluzione del mito come tema centrale della poetica pavesiana.

In Feria d’agosto viene definita una mitopeia infantile, cioé una capacità di concepire miticamente la realtà nell’identificazione tra invenzione e conoscenza oggettiva, per cui le successive rivelazioni delle cose si cristallizzano in eventi assoluti.

Questa raccolta di prose contiene le prime prove narrative della nuova poetica, da cui prenderanno le mosse le opere successive.

I Dialoghi con Leucò costituiscono l’esempio più appariscente di sviluppare un discorso dettato dall’influenza delle letture psicoantropologiche. In questo caso Pavese utilizza un pretesto: si serve, cioè, dei simboli della mitologia classica reintepretati in un contesto del tutto differente che ne stravolge il significato originario.

Nell’ultimo romanzo della maturità La luna e i falò il recupero delle radici all’interno di un

orizzonte storico sarà la scommessa per un tentativo d’integrazione che si rivelerà fallimentare.

Riferimenti

Documenti correlati

Al di là dei giudizi di valore e dei gusti personali, ciò che deve essere apprezzato è il tentativo di Dolce di elaborare un’estetica e una critica d’arte basata sulla Poetica

Il processo di costruzione del pensiero proporzionale, già avviato nella scuola primaria, progredirà con gradualità nella scuola secondaria, dove si perverrà alla

- Sa utilizzare comunicazioni procedurali e istruzioni tecniche per eseguire, in maniera metodica e razionale, compiti operativi complessi, anche collaborando e cooperando con

è descritto, infatti, con termini molto simili a quelli usati dall’autore per illustrare la propria situazione psichica ed emotiva, sia nelle numerose lettere inviate agli amici

• Il 75% della rifrazione della luce si verifica nella cornea, il cristallino rifrange ulteriormente i raggi luminosi, deviandoli in modo che siano messi a fuoco sulla retina. •

la PAMM (Paramacular Acute Middle Maculophaty) che è espressione di una ischemia della retina intermedia, con sofferenza e progressiva, parziale distruzione dello strato

Traversare una strada per scappare di casa lo fa solo un ragazzo, ma quest'uomo che gira tutto il giorno le strade, non è più un ragazzo e non scappa di casa.. Ci sono d'estate

10 alunno con livello di conoscenze e abilità complete e corrette, autonomo e sicuro, con apporti personali nelle applicazioni, anche in situazioni nuove o complesse. 9 alunno