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I L REGNO GRECO - BATTRIANO : DAI PRIMI STUDI AI MODERNI SCAVI ARCHEOLOGICI .

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I L REGNO GRECO - BATTRIANO : DAI PRIMI STUDI AI MODERNI SCAVI ARCHEOLOGICI .

Nel 1738 Th. S. Bayer 1 faceva pubblicare a San Pietroburgo l’Historia Regni Graecorum Bactriani. Dopo secoli di silenzio, in piena Età dei Lumi, cominciava a riaffiorare l’interesse per le vicende dei Greci stanziati nella satrapia di Battriana, che si erano organizzati in regno indipendente intorno alla metà del III sec. a. C. staccandosi per sempre dal dominio seleucide.

L’opera analizzava nello specifico un tetradramma di Eucratide ed una dracma di Menandro, sebbene Bayer attribuisse quest’ultima a Diodoto, perché il medesimo sovrano era stato menzionato insieme ad Eucratide nell’Epitome di Giustino 2 . A partire dall’opera di Bayer, dunque, si assisté ad un progressivo aumento di studi sull’argomento. Nel 1759 fu la volta di J. de Guignes che in un suo intervento pubblicato nei Mémoires de Littérature tirés des Registres de l’Academie des Inscriptions et Belles- Lettres si occupò di alcuni avvenimenti che concernevano la storia del regno greco di Battriana e la sua caduta ad opera dei nomadi centro-asiatici 3 .

1

T HEOPHILUS (G OTTLIEB ) S IEGFRIED B AYER (Königsberg 1694 - San Pietroburgo1738), fu eminente orientalista e Professore di Antichità Greche e Romane presso l’Accademia delle Scienze di San Pietroburgo dal 1726 al 1738. B AYER si era già occupato di storia orientale nel suo Historia Osrhoena et Edessena ex nummis illustrata, St. Petersburg 1734; così come la successiva opera sul regno greco-battriano, la ricostruzione storica si basava fondamentalmente sull’analisi delle monete. Cfr. l’opera di J. F OY V AILLANT (1632-1706), Arsacidarum imperium, sive regum Parthorum historia ad fidem numismatum accomodata, Paris 1728, vol. I, dedicata alla storia dei Parti e così anche P. L ONGUERUE , Annales Arsacidarum, pubblicato a Strasburgo nel 1732. Quest’ultimo storico ha il merito di aver sostenuto la preminenza della tradizione di Strabone e Giustino su quella di Arriano in merito alla storia della Partia e della Battriana. Sui rapporti del mondo greco-romano con l’India ricordiamo i lavori dell’Abbé G UYON , Histoire des Indes orientales anciennes et modernes, 3 voll., Paris 1744, in particolare vol. I, pp. 1-257 (con un brevissimo accenno al regno greco-battriano); A.H. L. H EEREN De India Graecis cognita vol. I-II, Göttingen 1790-91 ; I D ., De India Romanis cognita, Göttingen 1792.

2

G IUSTINO , Prol. XLI e libro XLI.6.1-5.

3

Il lavoro aveva come titolo Recherches sur quelques événements qui concernent l’histoire

des Rois Grecs de la Bactriane, & particulièrement la destruction de leur Royaume par les

(2)

Anche in Inghilterra cominciarono ad essere pubblicati degli studi in proposito, stimolati soprattutto dalla colonizzazione inglese dell’India.

Un’opera che all’epoca ebbe grande successo fu certamente The Modern History of Hindostan: comprehending that of the Greek empire of Bactria, and other great Asiatic Kingdoms, bordering on its western frontier.

Commencing at the period of the death of Alexander del Rev. Thomas Maurice. Pubblicata a Londra nel 1802, essa faceva parte di un lavoro più ampio sulla storia dell’India il cui scopo era quello di interpretare la storia indiana alla luce delle fonti bibliche e classiche 4 . Nel 1822 fu pubblicato il Mémoire sur les médailles grecques de la Bactriane di J. Koehler, nel quale si presentavano cinque monete di Eucratide e tre di Eutidemo. A cento anni esatti dalla pubblicazione dell’opera di Bayer venne stampata a Bonn la monografia Zur Geschichte der griechischen und indo-skythischen Könige in Baktrien, Kabul und Indien di Ch. Lassen; si trattava della prima indagine che analizzava lo stato e l’avanzamento degli studi sulla Battriana ellenistica. Per tutto il corso del XIX secolo si ebbero studi e relazioni che trattavano l’argomento basandosi soprattutto sulle testimonianze numismatiche. Le monete, ancor più di oggi, costituivano all’epoca la base fondamentale delle informazioni a disposizione e di frequente giungevano in Europa insieme ai resoconti di chi a vario titolo si trovava a soggiornare fra

Scythes, l’établissement de ceux-ci le long de l’Indus, & les guerres qu’ils eurent avec les Parthes, tome XXV, Paris 1759, pp. 17-33. J OSEPH DE G UIGNES (Pontoise 1721- Parigi 1800), fu un noto orientalista, ebbe una brillante carriera accademica divenendo membro della Royal Society di Londra (1752), dell’Academie des Inscriptions et Belles-Lettres (1754) e Professore di Siriaco al Collège de France (1757). D E G UIGNES aveva una grande conoscenza delle lingue orientali, tra le quali il cinese, e dedicò la maggior parte dei suoi studi ai popoli dell’Asia Centrale, in particolare gli Unni, i Turchi, i Mongoli e i Tartari la cui storia egli descrisse nella sua Histoire générale des Huns, des Turcs, des Mogols et des autres Tartares occidentaux & c., Paris 1756.

4

L’indirizzo dell’opera è stato fortemente influenzato dalla mentalità dell’autore. T HOMAS

M AURICE (1754-1824) aveva infatti intrapreso la carriera ecclesiastica in giovane età e a

partire dal 1799 assunse il posto di Assistant Librarian al British Museum. The Modern

History of Hindostan è solo l’ultima parte di una serie di lavori dedicati alla storia, all’arte e

alla mitologia indiane: Indian Antiquities (1781-1797), in sette volumi, e History of

Hindostan (1795-1798), pubblicati entrambi a Londra.

(3)

Afghanistan ed India 5 . Potremmo citare ad esempio l’agente segreto Alexander Burnes, che raccoglieva informazioni sull’Afghanistan per il governo britannico; i francesi J.F. Allard, J. B. Ventura e C. A. Court che lavoravano come ufficiali nell’armata di Ranjit Singh, maharaja del Regno Sikh del Punjab; l’avventuriero inglese Charles Masson 6 , che darà un grande contributo alla conoscenza della storia afghana. Sempre per l’Inghilterra ricordiamo il libro di H.H. Wilson, Ariana Antiqua, del 1841, dedicato allo studio delle antichità afghane, nel quale si analizzavano una serie di siti archeologici e si affrontavano, tra l’altro, questioni di storia e numismatica

5

Sull’attività degli esploratori europei nell’India Nord-occidentale fra i secoli XVIII e XIX si veda G REY (1929); sulle esplorazioni francesi del Punjab tra 1822 e 1843 si vedano i ricchi contributi di L AFONT (1993) passim e (1994), pp. 9-68. Sui viaggiatori e mercenari europei in India nel XVII sec. si vedano ancora L AFONT (1993), pp. 77-116 e (1997), pp.

693-732.

6

C HARLES M ASSON (Londra, 1800 - Edmonton, 1853) pseudonimo di J AMES L EWIS , identità che assunse dopo aver disertato dal reggimento inglese di stanza ad Agra il 4 luglio 1827. Esplorò per tre anni l’Afghanistan, in particolare Peshawar, Kabul e Kandahar.

Recatosi a Bushire, si fece passare per un viaggiatore americano del Kentucky e impressionò positivamente alcuni rappresentanti del governo inglese per le sue conoscenze linguistiche e storiche, ricevendo l’incarico di scrivere un resoconto sui paesi da lui attraversati per l’East India Company. Inoltre, riuscì ad ottenere dall’inviato inglese in Persia, John Campbell, dei fondi per cominciare delle ricerche antiquarie in Afghanistan.

Nel 1832 iniziò l’esplorazione delle grotte buddiste di Bamyan, mentre l’anno successivo

intraprese un’indagine archeologica sul sito di Begram che egli identificò con l’Alessandria

al Caucaso fondata da Alessandro Magno (cfr. B ERNARD (1982), pp. 217-42), ma tale

identificazione, secondo F OUCHER (1939), p. 439, è errata, perché Alessandria al Caucaso

non fu costruita su Kapisa, ma costituiva una città a parte, il sito di Begram sarebbe dunque

da identificare con Kapisa stessa. Nel 1834 l’agente inglese a Kabul Claude Wade, raccolse

materiale sufficiente per smascherare la falsa identità di M ASSON , ma quest’ultimo ottenne

la grazia dal re per via del suo importante contributo all’archeologia e soprattutto per la sua

conoscenza della situazione geo-politica dell’Afghanistan. La pena di morte fu dunque

commutata nel 1835 nell’obbligo di diventare corrispondente da Kabul per fornire notizie

sul paese, ma l’avventuriero si dimise dall’incarico nel 1838. Dopo una serie di viaggi e

peripezie vissute sullo sfondo della prima guerra anglo-afghana (1838-1842), tra cui un

imprigionamento a Quetta, M ASSON rientrò in Inghilterra nel 1842 dove ricevette una

modesta pensione dall’East India Company. Per una biografia approfondita si veda

W HITTERIDGE (1986); per l’esplorazione di Begram cfr. E RRINGTON (2001), pp. 1-53.

(4)

greco-battriana e indo-greca 7 . All’opera di Wilson aveva collaborato con un mémoire lo stesso Charles Masson, che l’anno seguente fece pubblicare un Narrative of Various Journeys in Balochistan, Afghanistan and the Panjab including a Residence in those countries from 1826 to 1838, contenente una vera e propria miniera di notizie sulle monete greco-battriane, indo-greche, indo-scite, kushana ecc., sul luogo del loro rinvenimento e sui siti archeologici che egli stesso aveva individuato ed esplorato.

Nel 1877, in un luogo sconosciuto lungo il corso del medio Amu-darya, fu ritrovato un tesoro, detto dell’Oxus dall’antico nome del fiume. Il tesoro comprendeva 150 pezzi in oro, fra monete ed oggetti di lusso, come un modellino di carro scita, oltre a dei pezzi in argento, la cui quantità oscillerebbe fra 1.000 e 2.000. Delle monete in oro furono esaminati 64 esemplari, mentre di quelle in argento, soprattutto tetradrammi, 459 8 .

Verso la fine del secolo fu invece pubblicata la Geschichte Irans (Berlin 1888) di A. von Gutschmid, una storia dell’Iran dalla spedizione di Alessandro Magno fino alla comparsa degli Arsacidi, comprendente una sezione sul regno greco-battriano. Ma fu a partire dal ‘900 che le informazioni a nostra disposizione cominciarono a farsi più numerose grazie alle campagne archeologiche intraprese da vari paesi europei. Sir John Marshall, ad esempio, guidò un vasto programma di scavi a Taxila fra il 1912 e il 1934, sebbene la localizzazione della fase indo-greca della città proposta dall’archeologo inglese sia ancora oggi motivo di acceso dibattito.

È soprattutto grazie all’attività della DAFA (Délégation Archéologique Française en Afghanistan) 9 creata nel 1922 da Alfred Foucher (1865-1952), eminente indianista, specialista di storia del Buddismo e di arte del Gandhara, che si ebbe un grande contributo per l’avanzamento delle conoscenze sulle antichità afghane. Sotto la sua direzione furono intrapresi

7

H ORACE H AYMAN W ILSON (Londra 1786-1860), fu esperto di orientalistica e numismatica.

8

Per l’analisi delle monete che facevano parte del tesoro dell’Oxus si vedano i rapporti di P ERCY G ARDNER (1879), pp. 1-12, (1880), pp. 181-191, (1881), pp. 8-12; B ELLINGER

(1962), pp. 51-67. Per l’analisi degli oggetti si vedano anche i tre resoconti di C UNNINGHAM (1881), pp. 151-186, (1883a), pp. 64-67, (1883b), pp. 258-260; D ALTON

(1926) e B ARNETT (1968), pp. 34-53.

9

Sulla storia della DAFA cfr. O LIVIER -U TARD (1997).

(5)

scavi sull’Arg, la cittadella fortificata di Balkh (l’antica Battra), dal 1924 al 1925, ma malauguratamente non si trovarono tracce della presenza greca.

Non fu più fortunata la missione del 1947 condotta da D. Schlumberger nel quartiere della città vecchia chiamato Tepe Zargaran. Solo recentemente, in seguito a scavi clandestini, sono venuti alla luce i resti di colonne greco- battriane e pilastri di età kushana nella stessa zona in cui i sondaggi di Schlumberger avevano cercato di trovare, mancandole di poco, testimonianze della presenza greca 10 .

Con J. Hackin, successore di Foucher nella guida della DAFA, si intrapresero indagini a Bamyan, ma la scoperta più sensazionale fu certamente quella del cosiddetto Tesoro di Begram (conservato in parte al Musée Guimet di Parigi), rinvenuto nel sito omonimo negli anni fra il 1937 e il 1940. Questo tesoro consisteva in centinaia di oggetti risalenti ai primi due secoli della nostra era come vasi, statuette in bronzo e recipienti in vetro di provenienza alessandrina e vicino-orientale, ma anche mobili in avorio dall’India e altri oggetti di manifattura cinese.

Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale 11 le ricerche in Afghanistan poterono ricominciare. Già nel 1946 un ritrovamento fortuito a Khisht Tepe, un sito nei pressi di Qunduz, aveva portato alla luce un tesoro di 627 monete greco-battriane, la cui composizione fu oggetto di una monografia quasi vent’anni dopo 12 . La DAFA, all’epoca sotto la direzione di Schlumberger, avviò degli scavi a Surkh Kotal nel 1951, portando alla luce i resti di un santuario fondato (o ampliato) intorno al 125 d.C. dal sovrano kushana Kanishka 13 . Furono trovate iscrizioni che per la prima volta portavano l’attestazione della lingua battriana, ma scritte utilizzando l’alfabeto greco. Il 1951 vede anche la ristampa, riveduta e ampliata, dell’opera di W.W. Tarn, The Greeks in Bactria and India: questo libro

10

Per un accurato resoconto delle condizioni dei siti afgani dopo la fuga dei talebani si veda B ERNARD -J ARRIGE -B ESENVAL (2002), pp. 1385-1428, in particolare pp. 1403-1411 per il ritrovamento di antichità greco-battriane a Balkh e sul sito di Ai Khanum pp. 1421-1428.

11

Per un dettagliato resoconto delle missioni archeologiche in Afghanistan ed India nord- occidentale fra gli anni ’70 e ’90 del Novecento si veda F USSMAN (1996), pp. 243-259.

12

Il deposito è noto come Tesoro di Qunduz, cfr. C URIEL -F USSMAN (1965), passim.

13

Gli scavi sono stati pubblicati da S CHLUMBERGER -L E B ERRE -F USSMAN (1983).

(6)

rappresenta la prima, grande ricostruzione storica del regno greco-battriano.

Ricco di notizie, frutto di una lunga consuetudine con la storia ellenistica, The Greeks in Bactria and India risente tuttavia di un’impostazione troppo ellenocentrica nella quale sembra di scorgere un riflesso dell’espansione coloniale inglese senza contare un certo gusto per il romanzo, fattore che talvolta ha portato l’autore a passare con troppa disinvoltura dalla storia all’invenzione fantastica, piegando le fonti storiche alla sua visione storica.

Nel 1957, invece, uscì The Indo-Greeks a cura di A.K. Narain: anche questo lavoro si proponeva di analizzare le vicende dei Greci di Battriana, ma da un punto di vista indiano, come lasciano ben intuire il titolo e l’eloquente frase dell’autore : «Their history (sc. del regno greco-battriano ed indo-greco) is part of the history of India and not of the Hellenistic states; they came, they saw, but India conquered» 14 . I lavori di Tarn e Narain restano delle pietre miliari negli studi sulla storia dei Greci di Battriana, ma ormai risentono fortemente dell’età e delle nozioni che si avevano nell’immediato dopo guerra.

Ritornando ai ritrovamenti archeologici, alcune importanti scoperte epigrafiche avvennero in maniera fortuita a Kandahar (l’antica metropoli di Alessandria d’Arachosia), dove furono rinvenute, rispettivamente nel 1958 e nel 1964, la versione greca degli editti del re Aśoka (metà del III secolo a.C.) 15 . Le sorprese non dovevano fermarsi qui: nel 1961, infatti,

14

N ARAIN (1957), p. 11.

15

Il primo testo, detto Kandahar I (abbr. Kah I) non appartiene propriamente al Corpus

degli editti del sovrano Maurya, ma costituisce una sorta di annuncio programmatico della

sua filosofia morale d’impronta dichiaratamente buddista. Il secondo testo (Kah II), invece,

è una versione parziale degli editti XII (dedicato alle sette religiose) e XIII (conversione del

re dopo la guerra contro i Kalinga). Gli editti hanno riscosso un enorme interesse fra storici,

linguisti, filologi e filosofi, perché attestano l’uso vivo e per niente barbarizzato della

lingua greca in Arachosia durante la dominazione della dinastia Maurya. Impressionante è,

ad esempio, la padronanza di concetti filosofici greci che vengono applicati nella versione

greca degli editti. Mi limito a citare alcune delle edizioni più importanti: per l’iscrizione

Kah I si veda il lavoro in collaborazione di B ENVENISTE - D UPONT -S OMMER - R OBERT –

S CHLUMBERGER (1958), pp. 1-48; P UGLIESE C ARRATELLI - L EVI DELLA V IDA (1958); per

Kah II si veda invece R ENOU – R OBERT – S CHLUMBERGER (1964), pp. 126-140. Una nuova

edizione critica e traduzione italiana della versione greca è disponibile in V IRGILIO (2003),

pp. 207-210. Una selezione degli editti di Ašoka con traduzione italiana, ristampa riveduta

(7)

Schlumberger, fu informato dal re dell’Afghanistan Mohamed Zahir Shah del ritrovamento di un capitello corinzio nella regione di Ai Khanum in cui all’epoca il sovrano si era recato a caccia. Era il preludio ad una scoperta di eccezionale valore storico 16 . Il sito di Ai Khanum, posto alla confluenza dell’Amu-Darya (l’antico Oxus) e della Kokcha, si rivelò essere una città greca. Dopo una prospezione archeologica nel 1964, gli scavi furono condotti da Paul Bernard, nuovo direttore della DAFA, sebbene i lavori dovettero interrompersi nel 1978 a causa dell’invasione russa. La città che lentamente riemergeva dall’oblio mostrò un insediamento greco nella concezione e nella decorazione, con tuttavia degli importanti influssi orientali. Vennero portati alla luce i resti di templi, di un palazzo reale, dei propilei, di un ginnasio, di una fontana, di un teatro, insomma di tutti quegli edifici che caratterizzavano ogni città greca di età ellenistica 17 : la documentazione rinvenuta in situ (iscrizioni economiche, religiose e funerarie, monete, resti di papiri) fecero avanzare come mai prima di allora le conoscenze sul regno greco-battriano, o almeno su una delle capitali del suo regno. Un fattore determinante che facilitò l’indagine archeologica del sito era dato dal fatto che dopo l’abbandono da parte dei Greci la città non era più stata rioccupata, cosicché non si verificò l’accumulo di strati posteriori come era successo a siti che contrariamente ad Ai Khanum erano stati abitati senza soluzione di continuità.

Nello stesso tempo, dal 1974 al 1978, J. Cl. Gardin condusse una prospezione archeologica della Battriana orientale per studiare il

e corretta di una precedente edizione del 1960, è stata curata da P UGLIESE C ARRATELLI

(2003).

16

In realtà già nel 1926 J. Barthoux, successore diretto di Foucher alla guida della DAFA, si era recato sul sito di Ai Khanum dove aveva individuato i ruderi di una fortezza e tracce di un insediamento abitato, ma dopo una breve indagine preliminare era giunto alla conclusione che la città sepolta dovesse risalire all’età achemenide. Sfortunatamente, Barthoux dovette rientrare al sito di Hadda per riprendervi gli scavi che aveva dovuto interrompere tempo prima a causa delle violente proteste degli abitanti locali e dei mullah che consideravano un sacrilegio scavare vicino alla tomba del santo mussulmano Hadda.

17

Un’equipe giapponese, basandosi sui dati forniti dagli archeologi francesi, ha messo a

punto una ricostruzione 3D di Ai Khanum da utilizzare in un documentario dedicato ai

grandi imperi eurasiatici. La pellicola è stata trasmessa in Giappone nel 2003, in Francia nel

2004 e prossimamente lo sarà in altri paesi europei. Cfr. L ECUYOT (2005), pp. 187-196.

(8)

popolamento della regione nel corso dei secoli. L’indagine rivelò l’esistenza di un’intensa attività agricola già a partire dal III millennio a.C., attuata grazie all’irrigazione dei campi tramite una fitta rete di canalizzazione, tecnica che continuò sotto la dominazione achemenide prima e successivamente greca.

Contemporaneamente la missione inglese conduceva degli scavi a Kandahar, che portarono alla luce anche un’iscrizione metrica greca, purtroppo mutila, risalente grosso modo al 275 a.C. 18 . L’iscrizione doveva far parte della base di una statua, forse dedicata al cane di proprietà di un certo figlio di Aristonax che lo aveva salvato da una belva durante una caccia. C’è però da dire che il contesto risulta poco chiaro a causa delle pesanti lacune dell’iscrizione, tanto che fra le altre ipotesi che sono state avanzate c’è anche quella che identifica l’iscrizione come ex-voto in un temenos dedicato ad Alessandro Magno.

Gli archeologi dell’ex-Unione Sovietica hanno dato un contributo importante all’avanzamento delle conoscenze sull’Asia Centrale ellenistica:

le missioni intraprese a Kodjent, capitale del Tajikistan, hanno portato ad identificare la città con Alessandria Eschate 19 , la fondazione più orientale di Alessandro Magno. A sua volta la JuTAKE, la missione archeologica turkmena, fin dal 1946 ha svolto una ricerca approfondita dell’oasi di Merv (Antiochia di Margiana) in Turkmenistan. In particolare si sono fatte ricerche per individuare i resti della muraglia che Antioco I aveva fatto costruire per circondare l’oasi. Inoltre, gli scavi hanno portato alla luce il sito di età ellenistica presso gli abitati di Erk-kala e Gyaur-kala 20 .

Alla metà degli anni ’70, poco prima dell’invasione russa dell’Afghanistan, una missione sovieto-afghana sul sito greco, e successivamente kushana, di Dilberdjin (in particolare a Jiga Tepe, ca. 40 km a NO di Balkh), ebbe modo di portare alla scoperta di un’iscrizione

18

Sugli scavi a Kandahar cfr. M C N ICOLL – B ALL (1996) e H ELMS (1997); l’iscrizione metrica è stata invece pubblicata da F RASER (1979), pp. 9-21, cfr. anche SEG XXX (1980), n. 1664; R OBERT (1981) n. 613; per un’altra interpretazione dell’iscrizione cfr.

O IKONOMIDES (1984), pp. 145-147; P EEK (1985), p. 76.

19

Cfr. N EGMATOV (1986).

20

Una buona sintesi dell’attività della JuTAKE, in particolare sulla ricerca delle Mura di

Antioco, è quello presente in B ADER -G AIBOV -K OŠELENKO (1995), pp. 39-50.

(9)

funeraria greca per un certo Diogene 21 . Alcuni anni prima gli scavi ad Emshi Tepe (circa 70 km a O di Balkh) avevano già restituito un frammento di ceramica recante la prima parte di un nome di persona Dio[…. 22

Allo stesso modo, fra i materiali venuti alla luce dagli scavi di Kampyr Tepe (Battriana settentrionale), i due archeologi Pugačenkova e Rtveladze hanno pubblicato un frammento di vaso iscritto con le iniziali Klew≥[…

unitamente ad altri due frammenti con indicazione di misura rispettivamente di peso, espresso in dracme, 15 (o 10?) d≥r≥c≥, e di liquido, espresso in choes (7 o 80?), …c≥ h≥/p≥ 23 .

Un’équipe russo-tajika diretta da I. R. Pičikjan è stata attiva presso Takht-i Sangin dal 1976 al 1991, dove è venuto alla luce un tempio del III sec. a.C. dedicato alla popolare divinità fluviale dell’Oxus 24 . Lo schema dell’edificio è a T rovesciata, tipologia estranea all’architettura greca, ma le decorazioni in stile ionico, così come il carattere delle offerte – tra le quali una statuetta di Marsia con dedica in greco al dio Oxus da parte di un certo Atrosokes 25 – , la presenza di ritratti ellenistici di re e/o funzionari in argilla e stucco, fanno pensare che ci troviamo di fronte ad un edificio religioso costruito grazie ad un importante contributo della dinastia seleucide 26 . La datazione e le caratteristiche appena elencate farebbero dunque propendere per un’iniziativa di Seleuco I . Al dossier epigrafico di Takht-i Sangin si è andata recentemente ad aggiungere una seconda iscrizione, assai breve e

21

Cfr. SEG XXVII (1977) n° 972 bis, XXXV (1985) n° 1479, XL (1990) n° 1385;

K RUGLIKOVA (1977), pp. 425-426; BE (1979) n° 606.

22

Cfr. K RUGLIKOVA -M USTAMINDY (1970), pp. 84-97; B ALL -G ARDIN (1982) n° 314.

23

Per il frammento di vaso con le iniziali Klew[ cfr. P UGAČENKOVA -R TVELADZE (1990), p.

100; per le unità di misura, Id., p. 106 n. 229.

24

Su Takht-i Sangin in generale si vedano L ITVINSKIJ -P IČIKJAN (1994), pp. 47-66; per un’analisi più approfondita sulle questioni archeologiche, architettoniche e storiche si veda l’opera degli stessi autori (2000) vol. I e (2001) vol. II (in russo). Sulla questione del culto praticato nel tempio (dio Oxus o tempio del fuoco) vedere le importanti conclusioni di B ERNARD (1994), pp. 81-121.

25

Sull’iscrizione di Atrosokes cfr. L ITVINSKIJ -P IČIKJAN (1981), pp. 202-204; SEG XXXI (1981) n. 1381; L ITVINSKIJ -P IČIKJAN -V INOGRADOV (1985), pp. 84-110.

26

Sui ritratti regali e la loro possibile identità si veda L ITVINSKIJ (2002).

(10)

frammentaria, incisa lungo il bordo di una grande coppa databile al 200-150 a.C. . Anche in questo caso si tratterebbe di un ex-voto per il dio Oxus 27 .

Non vanno poi dimenticati gli scavi presso l’antica Samarcanda, nel sito di Afrasiab 28 , iniziati nel 1874 e portati avanti da archeologi russi, e successivamente uzbeki. Nel corso degli anni sono state portate alla luce le fortificazioni ellenistiche e, in particolare, un vaso ed un astragalo iscritti in greco 29 . D’altra parte a Termez (l’Antiochia Tharmata della Tabula Peutingeriana) e a Derbent, presso le Porte di Ferro, sono stati rinvenuti resti di fortificazione di età ellenistica e kushana 30 . Da alcuni anni tutti questi siti sono nuovamente oggetto di indagine in seguito alla creazione della MAFOUZ, la missione archeologica franco-uzbeka 31 . Nel corso delle ultime campagne di scavo a Samarcanda, ad esempio, è stato portato alla luce un

27

L’iscrizione è stata pubblicata da D RUJININA (2001), p. 263, ed è presente anche in SEG LI (2001) n. 1915. Il testo è il seguente: UOXOI vacat OX[---?].

28

Afrasiab è il nome moderno che designa il sito dell’antica Samarcanda. La città fu distrutta nel 1220 dai Mongoli guidati da Tamerlano. La nuova Samarcanda fu poi ricostruita ai bordi del sito antico. Per gli scavi russi a Samarcanda rimando alla collezione di studi Afrasiab pubblicata in russo a Taškent vol. I (1969), in particolare pp. 3-152 per la storia degli scavi fino al 1966, vol. II (1973), vol. III (1974); per la bibliografia dei lavori per il periodo 1874-1972 cfr. vol. IV (1975), pp. 144-162; in inglese si veda inoltre Š IŠKINA

(1994), pp. 81-99 (il contributo contiene anche una buona panoramica della storia degli scavi dal 1874 alla fine degli anni ’80 del Novecento); G RENET (2004), pp. 1043-1067. Sul complesso della fortificazione ellenistica cfr. Š IŠKINA (1986), pp. 71-78.

29

Il vaso con iscritto il nome NIKIAΣ è stato pubblicato da Š IŠKINA (1975), p. 69 (non vidi), poi in SEG XLIV (1994) n. 1303; cfr. anche B ERNARD (1985), p. 139, (1994), p. 511 n. 76. L’astragalo con incise le lettere KTHΣ è stato pubblicato da A XUNBABAEV (1991), pp. 72-77 (non vidi), cfr. SEG XLIV (1994) n. 1303, si vedano anche B ERNARD (1990), p.

359, R APIN (1992), p. 392, B ERNARD (1994), pp. 510-511. Alle testimonianze dell’uso del greco a Samarcanda si può aggiungere la serie di mattoni in argilla cruda contrassegnati da lettere greche pubblicati in Š IŠKINA (1994), p. 87, fig. 3; L ECUYOT -R APIN (2000), pp. 31- 52.

30

Per Termez si vedano G RENET -R APIN (2001), pp. 79-89; per una panoramica dei recenti risultati degli scavi si veda P IDAEV (2003), pp. 1-14. Su Derbent cfr. R TEVELADZE (1986), pp. 34-39; R APIN (1999), pp. 18-19. I nuovi risultati degli scavi presso le fortificazioni ellenistiche di Derbent saranno pubblicati prossimamente a cura di R ACHMANOV e R APIN .

31

Per gli scavi della missione franco-uzbeka si vedano B ERNARD -G RENET - I SAMIDDOV

(1990), pp. 356-380, (1992), pp. 275-311 e R APIN –I SAMIDDOV (1994), pp. 547-565,

L ERICHE -A NNAEV (1996), 277-303, B ERNARD (1996), pp. 331-365.

(11)

grande magazzino-granaio costruito nella prima fase di occupazione greca, poi distrutto da un incedio, e di nuovo ricostruito nella seconda fase ellenistica 32 .

Anche l’Italia è da tempo parte attiva nell’indagine archeologica della valle dello Swat (Pakistan) con missioni curate dall’IsMEO (Istituto per il Medio ed Estremo Oriente), oggi IsIAO (Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente). In particolare per il periodo indo-greco, sono da segnalare i siti di Udegrām e di Barikot (Bīr-kot-ghwandai), due località che dovrebbero corrispondere alle città di Ora e Bazira note dalle spedizioni di Alessandro Magno 33 . A Udegrām nel 1960 fu rinvenuto un ostrakon con resti di un’iscrizione greca che costituisce la prima testimonianza diretta dell’uso del greco nell’India Nord Occidentale 34 . Altri due ostraka con caratteri greci furono scoperti a Barikot rispettivamente nel 1981 e nel 1984. Gli scavi di Barikot fecero inoltre emergere una massiccia opera di fortificazione di tecnica greca risalente al II sec. a.C., oltre ad alcune monete di sovrani indo- greci, figurine di terracotta e ceramica della Battriana ellenistica di un tipo simile a quello di Ai Khanum.

Una seconda équipe guidata da M. Tosi, sempre a cura dell’IsIAO, partecipa alle ricerche archeologiche nel delta del Murghab (Turkmenistan) nell’ambito di una missione congiunta italo-russa-turkmena. Nello specifico, si stanno svolgendo attività di ricognizione del cosiddetto “muro di Antioco”, una fortificazione, sorta intorno ad Antiochia di Margiana, che

32

Il granaio è stato scoperto al di sotto della grande moschea medievale. Esso era composto di otto ambienti due dei quali contenevano miglio, e quattro orzo. L’edificio è ancora in corso di scavo, quindi si dovrà attendere una pubblicazione più dettagliata nel prossimo futuro.

33

L’identificazione dei due siti con le città indiane di Ora e Bazira era stata proposta da S TEIN (1930), pp. 11-12 e da T UCCI (1958), p. 296. Gli scavi di Udegrām furono eseguiti da G. Stacul nel 1960, mentre i lavori a Barikot cominciarono nel 1968. Nel 1985 venne individuata la fortificazione ellenistica e successivamente fu ampiamente studiata nel 1987 e nel 1992 da C ALLIERI (1990) e (1992). La città si estende per una decina di ettari, le mura sono in pietra e munite di torri debordanti poste a 29 m di distanza l’una dall’altra.

34

L’ostrakon di Udegrām presentava solo le tre lettere NOY e fu pubblicato da P UGLIESE

C ARRATELLI (1966), pp. 31-36, insieme ad altre iscrizioni frammentarie greche. Lo

studioso ipotizzava che si trattasse del genitivo della parola NOYΣ , ma lo stato talmente

frammentario rende praticamente impossibile giungere a conclusioni certe.

(12)

Strabone e Plinio il Vecchio attribuiscono all’iniziativa del sovrano seleucide Antioco I 35 .

Un posto a parte meritano i ritrovamenti monetari recenti 36 . Da sempre le fonti numismatiche hanno rivestito un carattere primario per tentare una ricostruzione storica e cronologica del regno greco-battriano. Negli ultimi anni, gli scavi clandestini in Afghanistan si sono intensificati a causa dell’instabile situazione politica di uno stato che a fatica sta cercando di ritornare alla normalità dopo anni di conflitti sanguinosi. Anche il Pakistan, che data la sua posizione è il centro di smistamento principale delle antichità afghane in Occidente ha registrato un picco nella scoperta di tesori monetari.

Per quanto riguarda l’Afghanistan, il ritrovamento di certo più sensazionale è stato quello avvenuto nel villaggio di Mir Zakah nel 1994 37 . Nel 1947, in una sorgente nei pressi del villaggio, era già stato scoperto un tesoro di grande entità, chiamato Mir Zakah I. All’epoca, la DAFA riuscì a compiere uno scavo di salvataggio recuperando le monete anche dagli abitanti del villaggio 38 . Alla fine si contarono più di 10.000 pezzi che andavano dai darici di età achemenide, alle monete indiane a punzone multiplo (punch marked coins), a quelle greco-battriane, indo-greche, alle imitazioni postume del sovrano indo-greco Ermeo e ad una grande quantità di emissioni del re indo-scita Azes II 39 . Ma il tesoro scoperto nello stesso luogo nel ’94 (Mir Zakah II) si è rivelato di gran lunga più consistente, dal momento che stando alla stima fatta da Bopearachchi erano presenti 3 tonnellate di monete, in gran parte in argento e bronzo, oltre a 120 Kg di oggetti in oro. Sfortunatamente il contenuto è già stato disperso fra vari

35

Cfr. ad esempio C ALLIERI (1996), pp. 569-578; Id. (1998), pp. 163-172; B ADER – C ALLIERI – K HODZHANIYAZOV (1998), pp. 159-186.

36

Per le pubblicazioni numismatiche apparse fra 1996 e 2001 si veda B OPEARACHCHI

(2003), pp. 189-194, per una panoramica aggiornata dei ritrovamenti monetari cfr. Id.

(1999c), pp. 15-121.

37

Cfr. B OPEARACHCHI (1995a), pp. 612-616.

38

Il tesoro è stato pubblicato da C URIEL -S CHLUMBERGER (1953), pp. 67-106.

39

Il tesoro di Mir Zakah I era conservato al Museo di Kabul, ma nel 1993 è stato

completamente saccheggiato e i pezzi sono stati dispersi sul mercato antiquario.

(13)

collezionisti. Malgrado ciò Bopearachchi è riuscito a visionare 38.000 pezzi nel bazar di Peshawar così come altri esemplari adesso conservati in collezioni private.

Il tesoro ha rivelato pezzi di straordinario interesse, fra gli altri l’unico tetradramma conosciuto di Naštenes figlio di Xatrannos, un principe iranico che ha regnato su una parte della Battriana in un periodo fra il 50 a.C. e il 30 d.C 40 . Le pozze in cui i due tesori sono stati trovati non sembrano aver rivestito un carattere sacro, sembra strano infatti che degli ipotetici sacerdoti non avessero mai ripulito il fondo della pozza lasciando accumulare gli oggetti per secoli. In secondo luogo, come faceva notare già a suo tempo Curiel 41 , il fondo non è cementato come ci si dovrebbe aspettare se la pozza fosse stata concepita per una funzione sacrale. Bopearachchi pensa che i due depositi siano frutto di una lunga tesaurizzazione, religiosa o secolare, e che siano stati nascosti nelle pozze in un periodo di turbolenza intorno al III sec.

d.C., età delle monete più recenti 42 .

Dagli scavi clandestini di Ai Khanum sono venuti alla luce gli importanti tesori di Ai Khanum III (rinvenuto da un contadino nel 1974 e subito rivenduto al bazar di Kabul) e Ai Khanum IV (rinvenuto nel 1993). I due tesori sono analoghi nella composizione agli altri due scoperti dalla DAFA nel 1970 e nel 1973 (Ai Khanum I e II) 43 . Ai Khanum IV, in particolare, sarebbe composto di circa 1.500 pezzi, i più antichi dei quali sono monete di Achantos e Paro, tetradrammi a nome di Alessandro e di Lisimaco. Le monete più numerose sono quelle dei sovrani greco-battriani, a leggenda monolingue greca, fino ad Eucratide I, compresi un gran numero di esemplari di serie commemorative di Agatocle.

40

Il tetradramma è di peso attico D/ bordo perlato, testa del sovrano a d. con elmo di tipo greco-battriano e diadema, R/ re a cavallo a d., leggenda greca in alto NASTHNHS, in basso [X]A≥TRANNO≥[U≥] . Per lo studio della moneta cfr. B OPEARACHCHI (1993b), pp. 609- 11 e B OPEARACHCHI -G RENET (1993), pp. 299-307; per la sua provenienza da Mir Zakah II cfr. B OPEARACHCHI (1995a), p. 611.

41

C URIEL in C URIEL -S CHLUMBERGER (1953), p. 99.

42

B OPEARACHCHI (1995a), pp. 315-16.

43

Ai Khanum I è stato pubblicato da P ETITOT -B IEHLER (1975), pp. 23-57, mentre per Ai

Khanum II cfr. H OLT (1981), pp. 7-44.

(14)

Dalla regione di Kuliab (Tadjikistan), altri scavi clandestini hanno messo in circolazione sul mercato antiquario un tesoro che in origine avrebbe contenuto 800 pezzi. Le serie più antiche sono quelle a nome di Alessandro, proseguendo poi con quelle seleucidi, fino ad arrivare alle emissioni di Eucratide I che rappresentano la parte più recente del tesoro.

Anche qui siamo di fronte ad una composizione analoga a quella dei tesori di Ai Khanum II-IV.

Anche il Pakistan, lo abbiamo premesso, ha registrato numerosi ritrovamenti negli ultimi anni. Per brevità mi limiterò a citare quelli più cospicui 44 . A Wesa (regione di Chah) un abitante del villaggio ha scoperto un tesoro di 1.000 dracme e 220 tetradrammi indo-greci, mentre nei pressi di Khauzikhelai (valle dello Swat) un contadino ha trovato per caso nel letto del fiume un deposito di 800 monete indo-greche fra le quali il pezzo più importante per la sua unicità è un tetradramma di peso indiano battuto dal sovrano indo-greco Nicia. Lo stesso luogo aveva in passato portato alla luce l’unico tetradramma di peso attico di Diomede. Nel 1989 un contadino di Siranwali (fra Gujaranwala e Sialkot) trovò un tesoro di 400 monete indo- greche, soprattutto di Menandro. Nel 1993 lo stesso individuo ha scoperto un altro tesoro di 300 pezzi a pochi metri di distanza dal luogo di rinvenimento del primo. Questi due ritrovamenti rivestono un’importanza particolare, perché attestano per la prima volta la presenza di Menandro nella regione di Sialkot, l’antica Sagala, che sarebbe stata una delle capitali del suo regno. Il tesoro più consistente degli ultimi anni in area pakistana proviene dal villaggio di Sarai Saleh (fra Haripur e Bagra, distretto di Abotabad), dove, durante i lavori di costruzione di una tomba per il capo spirituale del posto, una ruspa ha portato alla luce un vaso di bronzo ripieno di monete indo-greche ed indo-scite. Naturalmente le monete più pregiate sono state subito rivendute a collezionisti, ma secondo i calcoli di Bopearachchi, che è riuscito a ricostruire successivamente almeno la metà del tesoro, esso doveva essere composto di circa 1.500 dracme e 500 tetradrammi indo-greci di Menandro e dei suoi successori fino ad Ippostrato.

Il tesoro ha accresciuto le nostre conoscenze sulle serie monetali di vari

44

Per maggiori e più approfonditi particolari rimando a B OPEARACHCHI (1995a) e

B OPEARACHCHI - U R R AHMAN (1995).

(15)

sovrani indo-greci, in particolare di Artemidoro che fino a questa scoperta era conosciuto attraverso 36 esemplari, mentre col tesoro di Sarai Saleh vanno aggiunti 50 nuovi esemplari.

L’India, a sua volta, è stata nel 2001 lo scenario di un ritrovamento d’estrema importanza: a Vaisali (Stato di Bihar), un piccolo centro nella media valle del Gange, non lontano da Patna (antica Pataliputra), gli abitanti hanno scoperto un tesoro di mille stateri d’oro di Diodoto e di Eutidemo I mentre scavavano il letto di un fiume alla ricerca di argilla per i mattoni.

Prima che si potesse intervenire, più della metà dei pezzi era stata fusa dal gioielliere del posto. Fortunatamente non tutto è andato perduto ed una parte è stata messa a disposizione degli studiosi ed il resto acquistato dai commercianti d’antichità di Nuova Delhi 45 .

Sempre a scavi clandestini, purtroppo, si deve la scoperta di alcuni documenti importanti per l’accrescimento delle nostre conoscenze sul regno greco-battriano. Il primo è una pergamena compilata nella località di Asangorna, probabilmente situata nei pressi dell’attuale villaggio di Sang- Charak a qualche decina di silometri a sud di Balkh 46 . Nello specifico si tratta di una ricevuta di avvenuto pagamento di una tassa di venti stateri da collegare all’attività di un santuario. Oltre a gettare luce sull’amministrazione fiscale ed i suoi funzionari, la pergamena testimonia che il sovrano Antimaco I, noto fino ad allora solo dalle sue monete, aveva associato al potere suo fratello Eumene, altrimenti sconosciuto, e il figlio di quest’ultimo, Antimaco, presumibilmente l’Antimaco II Niceforo che regnò a sud dell’Hindukush prima dell’avvento di Menandro.

Ricordiamo poi due bracciali d’oro fabbricati entrambi in Asia Centrale verso il II sec. a.C. 47 : il primo, a forma di serpente, reca l’indicazione del peso dell’oggetto LA, ovvero 31 dracme; il secondo rappresenta un mostro

45

Una descrizione preliminare del tesoro è stata fatta a cura di B OPEARACHCHI – G RIGO

(2001), pp. 22-24, mentre maggiori particolari si possono trovare in B OPEARACHCHI – F LANDRIN (2005), pp. 206-208.

46

La pergamena è stata acquistata da Robert Senior, il quale ne ha fatto dono all’Ashmolean Museum di Oxford dove si trova ancora oggi, cfr. R EA -S ENIOR -H OLLIS

(1994), pp. 261-280.

47

Cfr. B ERNARD -B OPEARACHCHI (2002), pp. 237-278.

(16)

marino, presumibilmente un khvto", che porta la firma dell’orefice, MHSTWR EPOEI .

Gli altri due documenti sono iscrizioni metriche che provengono da due luoghi diametralmente opposti dell’antico regno greco-battriano, ovvero Kuliab (Tajikistan) e Kandahar (Afghanistan) 48 . L’iscrizione di Kuliab è la dedica, composta da un certo Eliodoto, di un altare ad Estia per la salvezza di Eutidemo I e di suo figlio Demetrio I. Il componimento in tetrametri trocaici potrebbe essere databile all’epoca immediatamente posteriore alla fine delle ostilità con Antioco III, che aveva tenuto Eutidemo per ben due anni sotto assedio a Battra.

L’iscrizione di Kandahar, e precisamente dalla sua antica necropoli, è un componimento in distici elegiaci di un certo Sophytos figlio di Naratos, forse un personaggio di origine indiana. L’autore narra in prima persona in che modo, dopo la caduta in disgrazia della sua famiglia, si sia dato al commercio in terre lontane ritornando in patria ricco e stimato. Il greco raffinato dell’iscrizione ci apre uno spaccato sull’alto livello culturale di Alessandria d’Arachosia e sull’adesione alla lingua, e ai valori della grecità da essa veicolati, da parte d’individui non provenienti dalle famiglie dei coloni che si erano stanziati nella città fondata da Alessandro Magno.

48

Cfr. B ERNARD -P INAULT -R OUGEMONT (2004), pp. 227-356.

(17)

S TORIA PERDUTA O STORIA IGNORATA ?

1. L’età ellenistica.

La storia del regno greco-battriano rappresenta, come noto, uno dei punti più complessi che si presentano allo studioso dell’Ellenismo in oriente. Scarse e frammentarie sono le notizie che ci vengono dalle fonti classiche, fattore, questo, che rende la ricostruzione degli eventi piuttosto ardua e non priva di interrogativi. I motivi di questo apparente silenzio non sono da imputare esclusivamente ad un semplice disinteresse da parte degli storici greci e latini sulle sorti di un regno che all’epoca si trovava ai confini del mondo conosciuto. Malgrado la lunga distanza che separa le sponde orientali del Mediterraneo dall’odierno Afghanistan, ci sono indizi che attestano, in epoca ellenistica, una continuità di rapporti fra la Battriana e l’Occidente. Era proprio la sua posizione geografica a permetterle di giocare un ruolo di primo piano nello scacchiere geopolitico del tempo. Oltre ad essere allo stesso tempo un baluardo di difesa dalle incursioni dei nomadi e punto di contatto col mondo di questi ultimi, la Battriana aveva un ruolo di interlocutore privilegiato nelle relazioni con la vicina India. Infine, non va dimenticato che durante il periodo in cui fece parte del regno seleucide, essa rifornì l’esercito di contingenti di cavalleria e, almeno in un caso attestato, di elefanti da guerra.

Certo, sarebbe inutile negare che nei testi giunti fino a noi le vicende del regno greco-battriano vengono riportate solo nel momento in cui si incrociano con la storia occidentale, molto spesso in relazione alla nascita e all’espansione della vicina Partia a spese del regno seleucide.

Ad ogni modo, i pochi frammenti superstiti di storici come Apollodoro

d’Artemita sembrano rivelare un interesse che andava ben al di là del

semplice excursus. Durante l’età ellenistica, si assisté infatti ad una grande

fioritura di studi etnografici, dovuta alla spedizione di Alessandro Magno in

Oriente e alla formazione dei vari stati ellenistici. Inoltre, non va trascurato

lo spazio che alla Battriana veniva riservato nel genere delle storie

(18)

universali, come ben testimoniano le Storie di Polibio e le Storie Filippiche di Pompeo Trogo.

L’argomento potrebbe essere stato affrontato con ogni probabilità, anche nelle parti andate perdute delle Storie di Nicola di Damasco, senza escludere gli Indikà e altre opere erudite di Alessandro Poliistore 49 . In effetti, lo storico e poeta bizantino Agazia di Mirina (532-581 d.C.), fa largo uso dell’opera del Poliistore quando deve ricordare gli avvenimenti della storia ellenistica. Proprio da Alessandro Poliistore dovrebbero derivare le notizie relative alla ribellione dei Parti guidata da Arsace I e alle conquiste di Mitridate I, indizio che nella sua opera storica aveva affrontato anche dei temi di storia e cronologia dell’Iran orientale 50 . In questo caso siamo costretti ad avanzare una congettura, è tuttavia possibile immaginare che

49

Le Storie di N ICOLA DI D AMASCO , storico vissuto alla corte di Cleopatra e successivamente a quella di Erode il Grande, constavano di 144 libri e avevano come punto di partenza la storia del re assiro Nino per poi concludersi con la morte di Erode il Grande (4 a.C.). I frammenti sono stati raccolti in FGrHist II A 324; C 229. A LESSANDRO DI

M ILETO (FGrHist 273), fu, come esprime bene il soprannome P OLIISTORE , autore enciclopedico. Fra le opere che trattavano dell’Oriente mi limito a citare gli Indikà , i Chaldaikà, e la monografia in un libro Sulla Siria. Di tutte le sue opere sono rimasti solo 145 frammenti sparsi in citazioni di autori più tardi.

50

A GAZIA DI M IRINA aveva scritto una Storia in cinque libri proseguendo dal punto in cui si era interrotto P ROCOPIO DI C ESAREA , narrando dunque gli eventi che si produssero dal 552 al 559 nella seconda parte del regno di Giustiniano I. Nell’affrontare la storia dei Persiani Sassanidi, A GAZIA aveva consultato anche documenti ufficiali persiani che l’interprete Sergio aveva tradotto per lui (162.4; 162.14). Fra le fonti greche a cui egli fa maggiormente riferimento c’è per l’appunto A LESSANDRO P OLIISTORE , ma non sono in grado di dire se quella che aveva davanti fosse la versione integrale dell’opera o piuttosto un’epitome; cfr.

74.27 a proposito di Arsace I «La supremazia macedone durò sei anni in meno dei Medi (=

360 anni), se bisogna accettare la testimonianza di Alessandro Poliistore anche su questo argomento. Comunque, nonostante il loro lungo periodo di dominazione, i Macedoni furono cacciati dai Parti. Costoro, membri di una fino ad allora insignificante dipendenza, divennero padroni di tutto l’impero ad eccezione dell’Egitto. Arsace, il capo della rivolta, dette il suo nome alla dinastia che gli succedette, gli Arsacidi, e poco tempo dopo Mitridate portò a grandi livelli la rinomanza dei Parti». Da questa narrazione dovrebbe dipendere anche la succinta informazione di S INCELLO , p.686, 15 Bo: ejkravthsan de; th'" Persikh'"

ajrch'" Makedovne" e[th s*g, ou}" ejkbalw;n jArsavkh" oJ Parquai'o" Pavrqoi" th;n

basileivan Persw'n parevdwken, e[nqen kai; jArsakivdai oiJ basilei'" Persw'n

ojnomavzontai.

(19)

nell’opera di Alessandro ci fosse almeno un accenno a due temi di storia greco-battriana strettamente collegati alle vicende di questi due re parti come l’indipendenza della Battriana e le guerre di Eucratide contro Mitridate I.

I libri perduti della Biblioteca Storica di Diodoro Siculo (dal XXI al XL) illustravano la storia ellenistica partendo dalla descrizione della guerra dei Diadochi contro Antigono Monoftalmo conclusasi con la battaglia di Ipso del 301 a.C. . La maggior parte dei frammenti superstiti raccolti in età bizantina tratta principalmente di eventi inerenti alla storia romana o ad essa correlati, ma questo fatto è dovuto semplicemente agli interessi di chi ha ordinato l’edizione degli estratti, ovvero l’imperatore bizantino Costantino VII Porfirogenito, e non implica in alcun modo che il contenuto dei libri perduti di Diodoro esponesse esclusivamente questi temi. Inoltre, bisogna aggiungere il particolare non trascurabile che delle 53 antologie di testi antichi, frammenti diodorei compresi, solo 4 sono giunte sino a noi 51 . Credo perciò che sussista la non remota eventualità che nella Biblioteca di Diodoro Siculo fossero stati inseriti anche alcuni episodi inerenti il regno greco- battriano, come la secessione di Diodoto o l’assedio di Battra da parte di Antioco III o, ancora, le imprese di Eucratide. Questi episodi, infatti, a giudicare dalle poche testimonianze superstiti di altri autori antichi, sembrano essere stati quelli che avevano goduto di maggiore popolarità nella storiografia antica. I libri dal XXIII al XXXIV avranno descritto i regni di Antioco II, Seleuco II, Antioco III, la ribellione della Media ad opera di Timarco, l’espansione di Mitridate I, la campagna partica di Antioco VII Sidete e potrebbero rappresentare perciò la cornice storica nella quale furono probabilmente incluse le vicende dei Greci di Battriana.

51

Le raccolte superstiti sono gli Excerpta de Legationibus, Excerpta de Virtutibus et Vitiis, Excerpta de Insidiis, e infine Excerpta de Sententiis. Frammenti dei libri XXI-XXVI di D IODORO S ICULO sono contenuti anche nelle Eclogae Hoeschelianae, mentre F OZIO ha conservato alcuni estratti dai libri XXXI-XL. Sulla trasmissione del testo diodoreo cfr.

B ERTRAC in B ERTRAC -C HAMOUX -V ERNIÈRE (1962), pp. cxxiii-clxiii, in particolare p. cxlii,

dove si mette in evidenza come G IOVANNI T ZETZES sia stato l’ultimo filologo bizantino ad

aver avuto a sua disposizione il testo completo della Biblioteca di D IODORO S ICULO . La

perdita definitiva dei libri VI-X e XXI-XL si verificò infatti in seguito al sacco di

Costantinopoli del 1204.

(20)

Non abbiamo notizia di monografie specifiche sul regno greco-battriano e malgrado il naufragio di una parte non trascurabile della tradizione scritta non permetta l’assoluta sicurezza, pare che le vicende di questo stato fossero sempre strettamente legate alle storie partiche e a quelle dei Seleucidi.

Polibio è il primo autore in ordine cronologico che abbiamo a disposizione per raccogliere alcune notizie storiche sul regno greco- battriano. Lo storico di Megalopoli, narrando la spedizione di Antioco III volta a riconquistare le Satrapie Superiori, fra le quali era inclusa la Battriana, ha modo di descrivere la lunga guerra che il Seleucide dovette sostenere contro Eutidemo I. I passi in questione sono tratti dai libri X e XI 52 , giunti a noi in modo frammentario perché già nell’antichità, destino comune ai lavori di grande mole, l’insieme dei libri dal VI al XVIII fu antologizzato e finì nella raccolta nota come Excerpta antiqua 53 . Nel primo frammento (X.48-49), dopo un breve accenno ai nomadi Apasiaci e al fiume Oxus, viene illustrata una battaglia fra i due eserciti rivali presso il guado del fiume Ario (odierno Hari-rud). Nel secondo (XI.34) il testo superstite comincia improvvisamente dalle trattative di pace intavolate da Antioco III ed Eutidemo, con la mediazione dell’ambasciatore seleucide Telea, e poi ratificate dal giovane Demetrio figlio ed erede di Eutidemo. In mezzo alla narrazione di questi due eventi si trovava la descrizione dell’assedio che Eutidemo dovette sostenere per ben due anni, dal 208 al 206 a.C., a Battra, la capitale del regno. L’assedio, a detta dello stesso Polibio 54 , aveva suscitato l’interesse degli scrittori di poliorcetica, diventandone uno dei temi privilegiati, a tal punto che per importanza era messo su un piano di parità con quelli ben noti di Taranto, Corinto, Gaza e Cartagine. Segno che all’epoca di Polibio si poteva ancora avere accesso a descrizioni della Battra ellenistica e ad altre notizie o curiosità sul regno, in particolare da un punto di vista militare.

Risulta assai difficile azzardare una stima dell’estensione originaria del testo andato perduto, anche perché la notizia di Polibio, è inserita

52

Da X.28 a X.31 abbiamo alcune parti superstiti della narrazione della guerra contro Arsace II, figlio e successore del fondatore della dinastia arsacide.

53

Da non confondere con gli Excerpta historica, una raccolta di estratti dei libri XIX-XL fatta per volere dell’imperatore bizantino Costantino VII Porfirogenito (913-959 d.C.).

54

P OLIBIO , XXIX.12.7.

(21)

nell’ambito di una polemica sull’eccessiva lunghezza e l’accumulazione di fatti superflui nelle descrizioni degli assedi fatte dagli esperti di storia militare. Di conseguenza, è possibile che la narrazione dell’assedio di Battra sia stata più succinta di quanto non ci si aspetti, ma è anche lecito pensare che nel racconto della guerra fra Antioco ed Eutidemo si alternassero excursus geografici e storici sul regno di Battriana di entità pari o maggiore a quella dei frammenti superstiti, come lascia intuire un altro frammento polibiano a proposito del fiume Oxus. In questo caso bisognerebbe chiedersi quali fonti possa aver utilizzato Polibio per i fatti anteriori alla spedizione di Antioco III, dato che per sua stessa ammissione 55 molti storici avevano scritto riguardo alle vicende dei Seleucidi e dei Tolemei anteriori al 220 a.C., anno da cui inizia l’esposizione delle Storie.

Fra gli storici di cui Polibio potrebbe aver fatto uso andrà ricordato Filarco (FGrHist 81) 56 . L’intervallo cronologico delle sue Storie copre infatti il periodo che va dal 272 a.C., anno dell’invasione del Peloponneso da parte dell’esercito di Pirro, al 220/19 a.C., anno della morte di Cleomene di Sparta. Per questo motivo non è escluso che egli abbia accennato alla secessione di Diodoto parlando del regno di Seleuco II (246-226), sotto il quale forse si verificò tale evento. Anzi, secondo l’analisi di Pédech 57 sarebbe lecito prospettarsi uno scenario del genere, in quanto Filarco nel X o XI libro delle sue Storie potrebbe aver individuato le cause che portarono alla defezione di Andragora in Partia e alla progressiva indipendenza della Battriana nella politica seleucide portata avanti durante gli ultimi anni di regno di Antioco II (261-247). Filarco, almeno nel frammento 6, non mostra di aver avuto una buona opinione di Antioco, presentandolo come un uomo dedito al bere e che affidava le cure di governo ai suoi due amanti ciprioti Aristos e Themison. Sarebbe assurdo basarsi solo su questo breve passo per dare un giudizio sull’operato del re, tuttavia è indubbio che la sfera dei suoi

55

P OLIBIO , II.37.6.

56

Di F ILARCO si hanno scarsi e contraddittori dati biografici. Polibio ci informa che era un contemporaneo di Arato di Sicione (ca. 271-213 a.C.), mentre per quanto riguarda il luogo di nascita le fonti indugiano fra le città di Atene, di Naucrati o di Sicione. La sua opera principale, le Storie, era strutturata in 28 libri di cui restano solo 83 frammenti che sono stati tratti principalmente dalle numerose digressioni che costellavano la narrazione.

57

P ÉDECH (1989), pp. 423, 431- 433.

(22)

interessi fu rivolta soprattutto ai suoi possedimenti occidentali. Nel libro XX, invece, sarebbe da porsi la narrazione della fallita spedizione di Seleuco II contro Arsace I (che nel frattempo aveva ucciso Andragora) e Diodoto I. Nelle Storie Filippiche di Pompeo Trogo l’impunità della satrapie ribelli è in un certo qual modo imputata alla discordia fra i due fratelli Seleuco ed Antioco Hierax. Questo tema dai tratti marcatamente moralistici Trogo potrebbe averlo preso in prestito proprio dallo stesso Filarco, il cui lavoro si distingueva proprio per una spiccata tendenza alla drammatizzazione dei fatti, alla loro connotazione morale, al gusto eccessivo per l’aneddoto e le digressioni dotte. Se tale fatto fosse verificabile, confermerebbe ulteriormente l’ipotesi esposta sopra. In particolare, sembra che i frammenti 35 e 36 dedicati all’India vadano collegati proprio alle digressioni che Filarco inserì nel libro XX a contorno della spedizione di Seleuco II nelle Satrapie Superiori 58 . Naturalmente, non si può ignorare la feroce e parzialmente ingiusta critica polibiana 59 alla

58

Il frammento 35 parla di una pianta che stimolava o attenuava l’attività sessuale, donata dal re indiano Chandragupta a Seleuco I, probabilmente durante la sua spedizione orientale che portò il seleucide a cedere l’Arachosia al sovrano maurya in cambio di 500 elefanti.

Proprio degli elefanti tratta il frammento 36, in particolare della loro affezione per i bambini. P ÉDECH (1989), p. 433 nota giustamente che queste due digressioni mostravano che Filarco nell’esposizione degli avvenimenti fosse risalito fino ai rapporti fra India e regno seleucide. Aggiungo che la spedizione di Seleuco II contro la Partia e la Battriana fu equiparata nella propaganda ufficiale ad una nuova anabasi sulla scia di quelle di Dioniso, Alessandro Magno e Seleuco I (si vedano ad esempio le emissioni con il ritratto di Dioniso con la corona d’edera al dritto e l’elefante al rovescio o quelle con la rappresentazione dei Dioscuri, dell’arco e della faretra sciti o la Nike che incorona il sovrano, cfr. N EWELL (1938), pp. 79-80, 198-200, 202-203 e (1941), pp. 19, 63, 171) .

59

P OLIBIO II. 56-63 si lancia per la lunghezza di ben 8 capitoli in una critica serrata di

F ILARCO , in particolare per la trattazione degli eventi relativi alla guerra di Cleomene. In

questo caso specifico, le critiche che egli rivolge a F ILARCO sono dovute più a motivi

politici che a motivi stilistici. Infatti, F ILARCO manifesta chiaramente una tendenza assai

favorevole al re di Sparta Cleomene III, che aveva attuato la sua politica espansionistica a

spese della lega achea fra 227 e 222 a.C. e per di più aveva anche espugnato Megalopoli,

patria dello stesso P OLIBIO , nel 223. Naturalmente P OLIBIO , ipparco della lega come suo

padre Licorta prima di lui, non poteva vedere di buon occhio un ritratto così positivo del

nemico. Per quanto riguarda la critica alla storiografia drammatica e all’abitudine di mettere

dei discorsi fittizi in bocca ai personaggi storici, lo stesso P OLIBIO non si attenne

(23)

metodologia storica di Filarco, che è grosso modo quella che ho appena riassunto, ma questo fattore non esclude a priori che Polibio potesse aver utilizzato ugualmente alcuni dei numerosi dati delle Storie di Filarco per un’eventuale trattazione della secessione della Battriana o per una parte delle notizie etnografiche.

Ad ogni modo, quelli di Polibio sono i frammenti più ampi e dettagliati che possediamo su un preciso spaccato di storia greco-battriana. Lo studio del Walbank 60 ha messo in evidenza che per la stesura di questi frammenti, e in generale per l’intera esposizione dell’anabasi di Antioco III, Polibio ha utilizzato essenzialmente una fonte autoptica, per cui si potrebbe pensare principalmente a due tipi di documentazione: da una parte penserei alle effemeridi reali che registravano giorno per giorno le fasi della campagna e che rappresentavano la fonte ufficiale che sarebbe stata poi conservata negli archivi regi. Dall’altra non è difficile immaginare che all’epoca in cui Polibio scriveva, circolassero una sorta di commentari storici/diari di viaggio di qualche personaggio che aveva preso parte alla spedizione e che contenevano informazioni di prima mano sulle Satrapie Superiori. Questo genere di opere, infatti, era molto diffuso sebbene i testi non siano giunti fino a noi. Inoltre, come fonte aggiuntiva si potrebbe fare il nome dello storico Mnesiptolemo di Kyme (FGrHist 164) che dedicò un’opera storiografica alle imprese di Antioco III 61 .

L’avanzata dei Parti nei territori seleucidi a partire dalla metà del III sec. a.C. e la minaccia che essi rappresentavano per le sorti degli stati ellenistici, stimolarono negli storici l’interesse per le origini di questo

rigidamente ai principi che aveva esposto, dato che, come fa notare N ICOLAI (1998), vol. I, pp. 11-12, non è possibile che tutti i discorsi presenti nelle Storie fossero fondati su materiale documentario o fossero stati realmente pronunciati. Anche per quanto riguarda la presenza di aneddoti di colore nell’opera polibiana basterà vedere i passi dedicati alla presunta follia di Antioco IV e la sua passione per le tradizioni romane (frammenti del libro XXVI= A TENEO V 193d – 194c; X 439a).

60

W ALBANK , (1979) II, pp. 232, 236, 239.

61

Testimoniato da A TENEO X.40 e XV.53, (Mnhsiptolevmou tou' iJstoriogravfou tou' para; jAntiovcwi tw''i prosagoreuqevnti Megavlwi). Segnaliamo, inoltre, S IMONIDE DI

M AGNESIA (al Sipilo) (FGrHist 163) che aveva composto un’opera poetica che trattava

delle imprese di Antioco III.

(24)

popolo e per la storia delle nazioni con le quali esso venne a contatto.

Mitridate I (c.171-139/8 a.C.) fu il vero e proprio fondatore della Partia come potenza di rilievo internazionale, arrivando ad occupare stabilmente buona parte dei possedimenti orientali seleucidi fino a Seleucia al Tigri e facendo prigioniero Demetrio II di Siria.

Fu così che sui Parti fiorì una serie di studi sia all’interno di opere di più vasto respiro, come le Storie dopo Polibio di Posidonio d’Apamea (FGrHist 87) 62 , sia in speciali monografie come i Parqikav di Apollodoro d’Artemita (FGrHist 779). Questo personaggio 63 è di primario interesse per la nostra ricerca, perché risulta essere una fonte ben informata della storia dei Greci di Battriana. Apollodoro, infatti, era nativo di Artemita, una città a est del Tigri, nell’Apolloniatide 64 , regione che, all’epoca in cui lo scrittore visse, fra la metà del II e il I sec. a.C., era passata sotto la dominazione partica.

Questa sua particolare condizione di greco suddito di una dinastia

“barbara” gli aveva permesso di avere notizie dettagliate e di prima mano non solo sull’oggetto principale della sua ricerca, la storia dei Parti, ma anche sulle vicende del regno greco-battriano. Non va dimenticato che l’indipendenza della Partia e quella della Battriana iniziarono quasi contemporaneamente e che i loro destini furono sempre legati da un

62

L’opera, come dice il titolo, era una continuazione delle Storie di Polibio che andava dal 144 a.C., anno in cui s’interrompe la trattazione dello storico di Megalopoli, fino all’86 a.C.

ed era forse corredata da un’appendice sulle campagne di Pompeo. All’interno vi erano ampi excursus etnografici, in particolare sulle popolazioni dell’Europa nord-occidentale come i Celti e i Germani; ma non mancavano informazioni molto dettagliate su popolazioni orientali come i Parti, di cui aveva illustrato, ad esempio, la struttura bipolare dell’assemblea deputata all’elezione dei re, composta dai magi e dai nobili (S TRABONE

XI.9.3=FGrHist 87 f 71). Non è escluso, sebbene rimanga a livello congetturale, che Posidonio potesse aver accennato al regno greco-battriano, forse a proposito dei suoi rapporti con i Parti. Sui frammenti delle Storie cfr. la recente raccolta a cura di V IMERCATI

(2004), in particolare pp. 313-383 (frammenti certi) e 401-465 (frammenti attribuibili).

63

Su A POLLODORO D ’A RTEMITA si vedano B EHR (1888); M ÜNZEL (1894) s.v. Apollodoros (58) von Artemita, col. 2853-54; C HAUMONT (1986b) s.v. Apollodoros of Artemita;

N IKONOROV (1998), 107-119.

64

Sulla storia e la localizzazione di Artemita rimandiamo a C HAUMONT (1986a), pp. 63-

107.

(25)

rapporto di interdipendenza. Va da sé che per scrivere una storia partica non si poteva prescindere dall’esporre anche una storia delle origini del regno greco-battriano. Bisogna anche premettere che non è esclusa la possibilità che questo autore, per ottenere informazioni, abbia visitato personalmente molti dei luoghi che ha descritto e si sia spinto addirittura fino all’India: per citare un esempio, la descrizione dei funerali del re Menandro I che ritroviamo in un frammento conservato in Plutarco 65 , è da considerarsi, come faceva già notare Bussagli 66 , di matrice buddista e nello specifico ricorda molto da vicino il racconto indiano noto come La Guerra delle Reliquie (del Buddha). Si tratta di una tradizione che lo stesso Apollodoro potrebbe aver appreso durante i suoi viaggi.

Oltre a ciò il sovrano indo-greco, com’è noto, è stato il protagonista di un’opera letteraria indiana, un dialogo buddista intitolato Milindapañha (Le domande di Menandro) 67 . L’opera è ambientata nella città di Sagala (odierna Sialkot) dove Menandro tiene la sua corte. Il re oppresso dall’angoscia si reca dal saggio monaco buddista Nagasena al quale pone una serie di domande, da qui il titolo, per risollevare il suo stato d’animo e scacciare le paure che lo tormentano. Menandro è talmente compiaciuto dalle risposte del monaco che decide di lasciare il regno al figlio e di dedicarsi all’ascesi.

La cronologia di Apollodoro di Artemita è pressoché sconosciuta, tuttavia molti studiosi tendono, sulla scia di Tarn 68 , a collocare il suo floruit intorno al 100 a.C., con una ipotetica data di nascita all’epoca dell’invasione

65

P LUTARCO , Precetti politici, (=Moralia, 821d-e).

66

B USSAGLI (1956), pp. 238-239.

67

I Milindapañha giunti fino a noi in una versione in pali del IV d.C., constano di due parti distinte, delle quali la prima è quella più antica, mentre la seconda è più recente ed ha subito parecchi interventi sul testo. L’opera fu composta nell’India nord-occidentale intorno al II a.C., grosso modo in una data non troppo lontana dalla morte di Menandro. La lingua in cui fu redatta originariamente doveva essere con buona probabilità il sanscrito, ma ne esiste anche una traduzione cinese datata al IV-V d.C., corrispondente in gran parte alla prima parte della versione pali, che talvolta conserva particolari assenti nel testo indiano giunto sino a noi.

68

T ARN (1951), p. 45; W OLSKI (1959), pp. 36, 39; L IEBMANN -F RANKFORT (1969), p. 896;

C HAUMONT (1986b), pp. 160-161 ; A LONSO N UÑEZ (1988/89), p. 133, (1989), p. 3,

D RIJVERS (1998), p. 281

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