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9. SS.IPPOLITO E CASSIANO

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Academic year: 2021

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9. SS.IPPOLITO E CASSIANO

La Tavola XLIV della Descrizione raffigura la chiesa dei SS.Ippolito e Cassiano mostrandone la facciata e il fianco destro. La facciata è a capanna, percorsa da un motivo ad archetti ciechi lungo i salienti e bucata da un portale sormontato da una tettoia. Il lato destro presenta un ordine di monofore ed è privo di porte. Sul fondo si staglia un campanile cuspidato a base quadrata bucato sui lati visibili da coppie di bifore poggianti su un marcapiano [FIG.55]. Il testo corrispettivo è quanto di più scarno si possa trovare. Il Tronci infatti asserisce di non poter dire su questa chiesa niente di più di quanto non abbia già detto rispetto a S.Egidio e a S.Sebastiano, essendo anch'essa sottoposta a S.Paolo a Ripa d'Arno. Il testo riporta dunque tra le righe un'informazione sul patronato di SS. Ippolito e Cassiano, appartenente all'Ordine di S.Stefano di commenda Grifoni, esattamente come le altre tre chiese sopracitate.

Segue poi un'informazione mutila riguardante la fondazione della chiesa: non viene specificato l'anno, ma viene solo scritto che questa avviene per volontà dei pisani dopo “la vittoria”. Il testo si conclude bruscamente senza che l'autore indichi a quale vittoria si stia riferendo. Nonostante qui non compaiano riferimenti a datazioni, la chiesa dei SS.Ippolito e Cassiano è attestata come esistente già nel 1147.1 È possibile quindi che la vittoria a cui si

riferisce il Tronci sia la famosa conquista delle Baleari del 1115, la vittoria pisana più celebrata e vicina cronologicamente al 1147, ma se così fosse, considerando che il Tronci la nomina esplicitamente in altre parti del manoscritto,2 non si capisce il motivo dell'omissione

che rende il testo sulla storia di SS.Ippolito e Cassiano praticamente reciso.

Quel che si sa, a prescindere dal Tronci, è che la chiesa viene fondata e costruita nei pressi dell'Arno, nella zona ovest di Chinzica. Questa nel XII secolo è la parte d'Oltrarno meno abitata e, dal punto di vista delle costruzioni religiose, occupata in precedenza solo da S.Paolo a Ripa d'Arno e forse dalla chiesa dei SS.Cosimo e Damiano. Tuttavia il XII secolo è anche il momento in cui la parte occidentale di Chinzica comincia a popolarsi maggiormente, ragion per cui iniziano ad essere fondati una serie di nuovi edifici religiosi tra cui anche la chiesa dei SS.Ippolito e Cassiano.3

1 GARZELLA, 1990, p.117.

2 Alla vittoria dei pisani alle Baleari viene dato ampio spazio nella pagina dedicata a S.Andrea in Chinzica, c.XXVII r. della Descrizione, qui riportata a p.116.

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9.1. Testimonianze successive alla Descrizione.

Nelle prime piante successive alla Descrizione la chiesa dei SS.Ippolito e Cassiano è sempre indicata. Nelle piante Pezzini, Scorzi e Ricci è segnata al rimando 73 con il nome di “S.Casciano”, mentre nella pianta Lorenzi è segnata al rimando 131 con il nome di “S.Cassiano”. Inoltre, la chiesa dei SS.Ippolito e Cassiano sembra essere rappresentata come emergenza tridimensionale anche in una nutrita serie di piante icnografiche seicentesche. Benché queste non siano particolarmente attendibili, alcuni edifici, specialmente chiese, vi vengono rappresentati tridimensionalmente, seppur in modo piuttosto standardizzato e dunque non necessariamente fedele alla realtà. Nonostante questo, in questa serie di piante, è rappresentato un edificio religioso proprio nella stessa posizione occupata dalla chiesa dei SS.Ippolito e Cassiano nelle piante successive [FIG.56].

L'11 maggio 1682 l''Arcivescovo Francesco de Conti d'Elci visita la chiesa. In quest'occasione viene specificato il suo status di parrocchia, nonché il suo essere sottoposta alla religione di S.Stefano. Il suo rettore, il curato Volpi, è insignito e cavaliere cappellano dello stesso Ordine. Viene resa inoltre nota la presenza nella chiesa di un altare intitolato a S.Bartolomeo, quale beneficio posseduto dal canonico Jacopo Navarrete. Non è però un beneficio particolarmente seguito, infatti l'altare si dimostra bisognoso di arredi: innanzitutto una nuova predella essendo quella presente “tutta rotta” e tre tovaglie “non essendovene alcune”, ma anche candelieri, paliotto e guanciali. Inoltre le messe legate a questo beneficio non vengono più celebrate, così il rettore viene invitato a provvedere.4

Tutte le Visite successive avvenute tra '600 e '700 sono svolte dal Priore dell'Ordine di S.Stefano. La Visita fatta nell'aprile 1684 dal canonico Lionardi, in vece del Priore Marchetti, appena due anni dopo, permette di gettare uno sguardo più completo sullo stato della chiesa e sulla sua struttura: risultano esservi, per esempio, cinque altari in tutto. L'altare maggiore è in marmo e custodisce reliquie di santi. È dotato di sei candelieri e un baldacchino in raso giallo e verde, mentre il restante ornamento è dorato. Risulta essere ben tenuto, completo di tovaglie, paliotto, guanciali e vasi con fiori; inoltre è sormontato da una tavola raffigurante la Vergine Maria e i Santi Ippolito e Cassiano. Gli altri quattro altari sono dedicati alla Madonna del Governo, a S.Bartolomeo, ai SS.Pietro e Andrea, e a S.Pietro.

L'altare della Madonna del Governo è di patronato di Marcantonio di Federigo Mazzantini, è in pietra e ben arredato. Anch'esso è sormontato da una pittura su tavola definita “antica alla greca” raffigurante la Vergine con S.Torpè e S.Ranieri: l'immagine solitamente si tiene coperta per devozione, ma viene comunque scoperta ogni prima domenica del mese durante la messa

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parrocchiale. L'altare di S.Bartolomeo, descritto come bisognoso di più attenzione nella Visita Arcivescovile di due anni prima, non è più di patronato Navarrete, ma vede come compatroni il Signor Duca Altemps e il Signor Cavalier Legoli. Sugli ultimi due altari vi sono poche informazioni: quello dei SS.Pietro e Andrea necessita di una nuova predella e di un baldacchino, mentre quello di S.Pietro viene indicato essere stato fatto dai Navicellai.5

Anche se la descrizione degli altari sembra indicare una generale buona manutenzione, in realtà la chiesa risulta in stato di degrado. Proprio al momento della Visita infatti vi sono alcuni lavori all'interno dell'edificio volti a puntellare il tetto, bisognoso di restauro in corrispondenza del secondo architrave verso l'altare maggiore. Sembra inoltre essere testimoniato proprio un incidente sul lavoro avvenuto nel corso della Visita, che vede coinvolto un povero manovale travolto da parte dell'impalcatura approntata per puntellare il tetto.6 Infine, il Priore auspica che vengano imbiancate le pareti una volta finito il restauro del

tetto, poiché già bisognose di questo tipo di intervento nel momento della Visita, e ordina anche di spostare un armadio contenente paliotti dalla chiesa alla sagrestia.

Durante la Visita vengono descritte tre porte presenti nella chiesa, “una grande nella facciata, l'altra minore per fianco et una piccola che va in Sagrestia dirimpetto alla parte dell'Epistola”.7

Questo sembra discordare con quanto raffigurato dal Tronci dal momento che non raffigura porte sul prospetto laterale della chiesa. Essendo la chiesa orientata, il lato raffigurato nella tavola deve essere quello che si affaccia sulla strada, comprendente la parte detta del cornu

evangelii, alla destra dell'altare. La sagrestia, dal canto suo, è descritta come nuova, rifatta su

pianta quadrata e con soffitto voltato, nonché dotata di un'uscita attraverso la quale ci si ritrova nella via dietro la chiesa.8 Guardando la pianta Scorzi, alla sinistra della chiesa vi è

un'area costruita, occupata probabilmente anche dalla sagrestia, alla quale si accede dunque dalla parte del cornu epistolae. La locuzione “dirimpetto alla parte dell'Epistola” significherebbe in questo caso che la porta si trova sul prospetto laterale alla sinistra dell'altare maggiore, e non su quello opposto ad esso come il testo lascerebbe inizialmente intendere. Per quanto riguarda la porta sul lato destro, sembra strano giudicare una svista del Tronci la discordanza tra il suo disegno e l'effettiva descrizione compiuta in questo frangente, dato che

5 ASP, Ordine di S.Stefano, f.2812, pp.204-205.

6 Ibid., pp.206-207, “Visitò la Chiesa dove trovò in procinto una trave ben lunga per riporvi al resarcimento del Tetto il quale ha bisogno, che al secondo architrave, o cavalletto verso l'Altar Maggiore, si muti l'asticciuola che minaccerà rovina, e nel tempo che si proseguì la Visita restò resarcito con il miserabil caso d'un manovale, che dal peso d'una banda della trave fu sbalzato di piombo nella strada e poc'ove se ne morì”.

7 Ibid., p.207.

8 Ibid., p.209. “Sagrestia. Cuesta è stata fatta di nuovo dal medesimo Rettore quadra e in volta, con un uscio che riesce in strada dietro la Chiesa, con buon'imposte e serrature sicure. Vi sono alcuni armadi, uno grande non solo per riporvi i paramenti, ma anco per pararvisi i Sarcedoti, et un altro attaccato alla parete verso la volta e alto da terra, dove si tiene il Baldacchino per la Processione e altro perché non patischino d'umido.”

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le sue tavole solitamente combaciano bene con quanto si ritrova nelle fonti scritte. Dal momento che però non sono segnalati lavori nella chiesa che riguardano l'apertura di nuove porte, non si può nemmeno affermare con certezza che la porta laterale venga aggiunta in un momento successivo alla Descrizione.

Continuando con la descrizione sommaria della chiesa, il pavimento non risulta essere in buono stato, bensì avvallato e bucato, e viene dunque ordinato di sistemarlo.9 Sul fondo

dell'edificio è presente una sepoltura coperta da una lapide in marmo recante due iscrizioni, di cui una quasi coeva fatta incidere dal rettore Volpi.10 Infine viene descritto il campanile, fatto

“a maniera di torre con sua aguglia sopra ben coperta e sano”,11 coerentemente con quanto

riportato nella tavola del Tronci.

La Visita successiva viene fatta dal Priore Cerati il primo febbraio 1734 e, seppur meno dettagliata, aggiunge alcuni nuovi elementi. Dal momento che la fabbrica della chiesa - così come la sagrestia e il campanile - è ritrovata “d'un buonissimo stato”, è possibile che i restauri di cinquant'anni prima siano stati portati a termine con successo. Infatti gli ordini da eseguirsi rispetto a migliorie da apportare all'interno dell'edificio sono pochi. Viene ordinato al rettore curato Battista Guasperi di cambiare i vetri alle finestre poiché quelli in uso rendono la chiesa oscura e di rifare le croci rosse a otto punte della Religione di S.Stefano poste sopra le due porte comunicanti con l'esterno. Rispetto alle suppellettili, viene ordinato di rifare i tre confessionali – di cui si fa parola qui per la prima volta – essendo tutti in cattivo stato, di dotarli di nuove grate e di fare poi l'inventario degli arredi e dei beni della chiesa.

Non vi sono particolari informazioni aggiuntive né sugli altari, né sulla sagrestia (dove però viene ordinato di mettere il vetro alla finestra che ne risulta priva), ma vengono date alcune indicazioni rispetto alla casa canonicale, la quale non è unita alla chiesa: il curato abita infatti in una casa presa a pigione, posta comunque entro i confini della sua cura.12

9 Ibid., p.208, “Pavimento. In due luoghi s'è trovato guasto, ciò è in mezzo di chiesa avvallato, e da una parte una buca, et il Sig. Curato disse, che assettato il cavalletto avrebbe fatto riempire la buca, e riporre in piano, e in pari il pavimento medesimo, il che s'ordina eseguivisi.”

10 Ivi. Il testo presenta alcune lacune. “ <Sepulchrum Presbiteri Errici de Pecciolis, Rectoris huius Ecclesie, et Suorum Successorum, qui [...]die 21 Junii Anno D. 1401. Fuit sep[...]ltus Dom. Andree di Liburno Abbatis S. [...]uli a Ripa d'Arno.> Il moderno Rettore v[...] scrivere in mezzo i caratteri moderni < 166[...] stilo pisano Nicolaus Vulpius Eques obe[...] Sacerdos Rector fecit ere suo P.L.M.>. Stava forse meglio Fecit esse suum.” 11 Ibid., pp.209.

12 ASP, Ordine di S.Stefano, f.2814, n.13. “Visitò i tre confessionali, che essendo tutti in cattivo stato ordinò che si rifacessero, che si cavassero le graticole che son rotte e si facessero nuove. (…) Passò poi a visitare la Sagrestia e la trovò ben corredata e provveduta di Sacri Arredi e decorosi: onde non ebbe che lodar la pietà del Sig.Curato, ed animarlo a sempre più cercare il decoro della sua Sagrestia. Solamente avendo osservato che la finestra ferrata, che da lume alla Sagrestia era senza impannata; ordinò che vi si facesse la vetrata, come anche un piccolo inginocchiatoio con la tavoletta della preparazione della messa. Visitò finalmente tutta la fabbrica della Chiesa, sepolture e campanile e tutto d'un buonissimo stato, ma esortò il medesimo detto Parroco a fare a tutte le finestre le sue vetrate, perché osservò che le impannate che vi sono rendono la chiesa oscura. Ed avendo domandato della canonica sentì che la Chiesa non aveva unita a sè la Canonica, e che il detto Curato abitava in

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Il Priore Cerati effettua una seconda Visita a SS.Ippolito e Cassiano il primo dicembre 1750. Ricevuto dal nuovo rettore, Lorenzo Rinuccini, trova anche questa volta un edificio in buono stato e una gestione soddisfacente. Gli altari risultano sempre “ben adorni, ben provveduti di tovaglie e senza difetto veruno” e vi sono arredi “in abbondanza”. La fabbrica in sé “non ha bisogno di alcuna cosa”, le sepolture sono “distinte secondo che prescrive il rituale” e in sagrestia tutto è tenuto “con somma diligenza”. Solo i confessionali e la casa canonicale non soddisfano appieno il Priore visitatore. I primi, dalla Visita precedente, vengono rifatti evidentemente solo in parte, poiché due di essi hanno ancora la grata malconcia. La canonica, dal canto suo, viene descritta come “una inservibil casuccia accanto alla Chiesa”. La sua posizione può indurre a pensare che tra la Visita del 1734 e quella del 1750 venga approntato per canonica un locale attiguo alla chiesa, diversamente da prima: in ogni caso, non sembra essere particolarmente decoroso.

Per il resto la stessa gestione da parte del rettore, a parole, appare ineccepibile: nella sua cura non vi sono scandali di nessun genere, la dottrina cristiana viene impartita tutte le domeniche e le messe vengono celebrate tutti i giorni festivi. Al momento del riscontro pratico, però, il curato Rinuccini ammette di non essere uso a segnare le date delle messe nella vacchetta, così che il Priore “gli prescrisse che dovesse farlo, ed egli promesse di eseguire questo volere.”13

Le ultime due Visite alla chiesa vengono fatte dal Priore Angiolo Fabroni, rispettivamente nel 1772 e nel 1778. In questa fase il ruolo di rettore è ricoperto da Salesio Ferdinando Donati il quale, oltre ad essere uno degli ultimi curati della chiesa, è anche un fervente riformatore in stretto contatto con il Granduca Leopoldo e un personaggio a tratti piuttosto scomodo.

La Visita dell'11 maggio 1772 è riportata in modo telegrafico: il Priore Fabroni “visitò l'Altar Maggiore, i due Altari laterali, visitò l'Olio Santo, le Reliquie, i Confessionali, le Sepolture, visitò la Sagrestia e la Canonica, gli Arredi Sacri ed i Libbri Parrocchiali, e la Vacchetta delle Messe e tutto ritrovò a dovere”.14 Il solo elemento riguardante l'edificio che si evince da

queste poche righe è il mutato numero di altari, infatti gli altari laterali da quattro sono passati a due. Lo stesso dato si evince dalla Visita successiva del 24 aprile 1778, che, tra l'altro, come articolazione, ricalca quella precedente, restituendo un elenco di elementi visitati e ritrovati “a dovere”.15 Tra questi viene citata anche una camera mortuaria mai nominata prima, dotata

Cura, ma in una casa presa a pigione: onde avendo osservato che sopra le due porte della chiesa esteriormente le croci della Religione erano scolorite assai: ordinò che si rifiorissero; siccome che il Curato facesse l'Inventario delle suppellettili della chiesa, de suoi beni e dell'entrate.”

13 Ibid., n.4.

14 ASP, Ordine di S.Stefano, f. 2815, n.16.

15 Ibid., n.1. “(...) dopo la dovuta adorazione, visitò devotissimamente il SS.mo Sacramento, quale ritrovò decentemente tenuto, e conservato. Indi deposti gli abiti Pontificali vistò l'Altare Maggiore e i due Altari laterali, l'Olio santo, la Stanza Mortuaria, e l'Altare in essa esistente come pure le Sante Reliquie e i Confessionali, e tutto

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addirittura di un altare.

In un'altra fonte quasi coeva, l'elenco dei possidenti in Pisa al 1783, si trova conferma del fatto che la chiesa sia orientata. Nella descrizione delle strade confinanti con essa, infatti, è segnata una “Via dell'Alloro sterrata che da Via S.Pavulo va alla via di Lungarno davanti alla chiesa di S.Casciano”, sulla quale sono posti “la facciata ed ingresso della medesima”.16

Parallela alla Via dell'Alloro è invece la “Via detta di S.Casciano, che dalla via S.Pavulo passando dietro alla chiesa di S.Casciano và alla via di Lungarno.” Su di essa, oltre al retro della chiesa, sia affaccia anche un lato della casa canonicale.17

Questi sono però gli ultimi anni della chiesa dei SS.Ippolito e Cassiano come parrocchia e, in questa fase, la figura di Ferdinando Salesio Donati diventa centrale. L'obiettivo lorenese di diminuire le chiese curate in Pisa per razionalizzarne l'entità, pur vedendo alcune sparute soppressioni tra gli anni '50 e gli anni '60 del '700, diventa più organico verso gli anni '80, nello stesso periodo in cui si procede alla soppressione di compagnie e confraternite.

Nel 1782, per volontà del Granduca Pietro Leopoldo, ha luogo innanzitutto una variazione dei confini della cura di SS.Ippolito e Cassiano: la sua parte situata extra moenia viene annessa alla cura della parrocchia di S.Giovanni al Gatano situata, appunto, all'esterno della cinta muraria. La stessa cosa accade anche alla cura della chiesa dei SS.Cosimo e Damiano.18

Sempre nello stesso anno avviene inoltre uno scambio epistolare tra il Granduca e l'Arcivescovo Angiolo Franceschi, sempre riguardante la razionalizzazione delle cure pisane. Stentando l'Arcivescovo a mandare al Granduca un feedback concreto e completo sul da farsi, il sovrano decide di consultarsi proprio con Salesio Ferdinando Donati, in virtù della sua vicinanza alle idee riformatrici.19

È proprio il parroco Donati a stilare nel 1785 una sorta di piano segreto volto alla ristrutturazione parrocchiale della zona di Chinzica, esponendolo per lettera al proposto livornese Antonio Baldovinetti. Il piano è esposto in via confidenziale proprio in virtù della sua natura assolutamente radicale e poco “ortodossa”, poiché l'idea sottesa che emerge è quella di stilare una riorganizzazione delle cure assecondando l'arbitrio del sovrano e saltando a piè pari la consultazione dell'Ordinario.20

ritrovò a dovere. Passato dipoi in Sagrestia e Canonica visitò gli Arredi, e Parament sacri, i Libbri della Parrocchia, e quant'altro, e tutto ritrovò a dovere, e proprio. E così terminò la Visita della suddetta Chiesa.” 16 ASP, Ufficio Fiumi e Fossi, f.2793 Ter, p.280 r.

17 Ibid., p.281 r.

18 GRECO, 1984, pp. 231-232. 19 Ibid, pp.220-221.

20 Ibid, p.222 viene citato l'incipit della lettera: “Eccomi a fare una confessione quasi auricolare, è vero che per lettera non si può fare ma io non voglio l'assoluzione e solamente intendo esigere il segreto d'una quasi confessione, che è necessario perché Secretum Regis abscondere bonum est e perché non venga a trapelarlo l'Antistite che moveret omnem lapidem, e gli altri e specialmente ora i miei colleghi mi lapiderebbero.”

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Il piano di Donati prevede l'istituzione in Chinzica di cinque parrocchie: S.Paolo a Ripa d'Arno (con se stesso come rettore), S.Antonio, S.Maria del Carmine, S.Sepolcro e S.Martino. Emerge dunque una struttura parrocchiale gestita fondamentalmente dai regolari, il che in realtà si rivela un controsenso rispetto alla politica leopoldina, volta piuttosto a rafforzare il rapporto tra l'Ordinario e le parrocchie, e a contenere quelle forze centrifughe incarnate, sì, dalle confraternite, ma anche dagli esponenti della chiesa regolare.21

Dettato probabilmente anche da aspirazioni private dello stesso Donati, il progetto esposto a Baldovinetti resta, nella sua globalità, tale. L'unico aspetto a divenire realtà in tempi relativamente brevi è l'effettiva annessione della parrocchia dei SS.Ippolito e Cassiano a S.Paolo a Ripa d'Arno. Nel gennaio del 1786 l'Arcivescovo Franceschi dà le disposizioni per il trasferimento e quindi il commendatore Grifoni procede a fare esaminare da un perito i locali di SS.Ippolito e Cassiano per poter proseguire alla loro profanazione e vendita. In questo frangente però si scopre che i soldi richiesti a suo tempo dal Donati al Grifoni per restauri vari e per ricostruire la canonica, sono stati mal spesi. Così, il Grifoni, già indebitato nei confronti dell'Ordine per colpa del Donati, non potendo sostenere le nuove spese previste dalla costruzione di una nuova canonica adiacente a S.Paolo (sempre voluta dal curato), fa revocare e sospendere il trasferimento già deliberato.22

Gli avvenimenti del 1786 contribuiscono ad inasprire il rapporto tra il commendatore Grifoni e il rettore Donati, già di per sé burrascoso. Pare inoltre che il parroco sia inviso allo stesso popolo della sua cura per via della radicalità delle sue idee, tra cui l'atteggiamento fortemente censorio verso le manifestazioni di culto popolare e ludiche. Nello stesso anno, addirittura, circolano tra il sacerdote Benigno Ciabatti (il cappellano dei Grifoni) e il reverendo Antonio Ticciatti (residente presso Michele Grifoni a Firenze) una serie di “Sonetti dedicati al merito Impareggiabile del molto Rev.do Sig.re Vanesio Fernando Dannati Innovatore de' Riti Cristiani e Priore di S.Paolo”, dall'esplicito piglio satirico.23

Per evitare che la faccenda assuma le dimensioni di uno scandalo e per togliere questo scomodo personaggio dalla controversa vicenda tra S.Ippolito e S.Paolo, il Granduca decide di promuovere il Donati a vice-Priore della conventuale di S.Stefano. Dal canto suo, la chiesa dei SS.Ippolito e Cassiano continua a svolgere il ruolo di parrocchia, come è testimoniato nella pianta di Pisa stilata nel 1787, al rimando 39.24

21 Ibid, pp. 221-223. 22 Ibid., p.246. 23 Ibid., p.247.

24 La simile pianta del 1793 presenta invece una discordanza: al rimando 39 è è collegata infatti la dicitura “S.Cosimo parrocchia”, così come il rimando 41 è collegata la dicitura “S.Cosma e Damiano”. Essendo queste due chiese fondamentalmente la stessa, è possibile che sia occorso un errore nella stesura dei rimandi di questa

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Il progetto sulla chiesa tuttavia è solo rimandato. L'11 aprile 1798 il commendatore Gaetano Grifoni informa la Segreteria del Regio Diritto dell'intenzione ancora viva di traslare la parrocchia dalla chiesa dei SS.Ippolito e Cassiano nella più ampia S.Paolo a Ripa d'Arno. Nella lettera il commendatore si riserva comunque di attendere il parere favorevole del Granduca Ferdinando III, in quanto Gran Maestro dell'Ordine di S.Stefano, al quale sono ancora sottoposte tutte e due le chiese in questione. Inoltre si dice disposto a sobbarcarsi le spese per costruire la nuova canonica, come da programma.25 Evidentemente, in quindici anni

di tempo, i vecchi dissapori e i buchi economici lasciati dalla precedente gestione risultano riassorbiti: l'approvazione regia alla traslazione arriva il 23 giugno e viene emanata dalla Segreteria del Regio Diritto il 30 dello stesso mese.

Il 5 luglio il vice-cancelliere dell'Ordine di S.Stefano, Giacinto Viviani, rende note le ultime disposizioni da parte dell'Ordine prima che si proceda alla soppressione e traslazione della parrocchia. Citando il “benigno rescritto” di Sua Altezza ricorda che il parroco è tenuto a restare “nella solita sua abitazione finché non sia terminata la fabbrica della nuova casa canonicale”. Dopodiché chiarifica la destinazione d'uso della chiesa dei SS.Ippolito e Cassiano una volta soppressa: non deve essere immediatamente profanata, ma mantenuta per fungere da stanza mortuaria o per ospitare funzioni ecclesiastiche. Una volta riconosciutane l'inutilità, la chiesa può poi diventare un fondo qualunque di proprietà Grifoni, essere profanato e, volendo, venduto a guadagno della famiglia.26

L'effettiva soppressione e traslazione vengono decretate dall'Arcivescovo Franceschi il 24 agosto 1799.27 Nello stesso documento compare un'introduzione volta a sottolineare

seconda pianta e “S.Cosimo parrocchia” si riferisca piuttosto a “S.Cassiano parrocchia.”

25 ACDP, Atti Straordinari, f.72. “Sig. Senatore Segretario del Regio Diritto, Firenze, 11 aprile 1798. Il Sig. Cav.re Priore Gaetano Grifoni di Firenze moderno Rettore della Commenda detta di S.Paolo di questa Città giudicherebbe molto opportuno, e volentieri aderirebbe alla traslazione della Parrocchia dalla Chiesa sotto il titolo dei SS.Ippolito e Cassiano in quella di S.Paolo detta volgarmente a Ripa d'Arno, che è molto più ampla e situata dentro il territorio della stessa Cura di S.Cassiano, obbligandosi a sostituire a proprie spese il comodo necessario per l'abitazione del parroco, che ne à prestato il pieno suo assenso. Trattandosi di due chiese, che quantunque appartenenti alla Commenda Grifoni, sono però sempre addette alla Religione di S.Stefano Papa e Martire non credo di dovere procedere ad una tale Traslazione, che per altro giudico assai conveniente, senza l'assenso di Sua Altezza Reale, anche come Gran Maestro dell'Ordine. Ne attenderò adunque le sovrane determinazioni.”

26 Ibid., “(...) Con tale Rescritto è stato ancora approvato che il Parroco presente resti nella solita sua abitazione finché non sia terminata la fabbrica della nuova Casa Canonicale, alla fabbricazione della quale si suppone che obbligato si sia lo stesso Sig. Prior Grifoni (…); che non si proceda adesso alla profanazione della Chiesa dei SS.Ippolito e Cassiano, e si conservi o per uso di stanza mortuaria, o per comodo di qualche messa giornaliera, o per altre funzioni ecclesiastiche; e che finalmente riconosciuta nel tempo successivo l'inutilità dell'esistenza della Chiesa predetta, questa ancora debba diventare un fondo, e un capitale di più a benefizio della nominata Commenda Priorale.”

27 Ibid., “ (…) Per tenore delle presenti con l'autorità nostra Ordinaria, trasferiamo la Cura delle Anime dalla Chiesa dei SS.Ippolito e Cassiano in quella di S.Paolo detta volgarmente a Ripa d'Arno, la dichiariamo Parrocchiale col titolo di Prioria e concedendo conforme, concediamo ogni opportuna, e necessaria facoltà ai Rettori che per i tempi saranno nella medesima di potersi valere del titolo di Priore, e gli accordiamo tutti gli Onori, i Diritti, e Preminenze soliti, e consueti, e che godono tutti gli altri Priori Secolari di questa Città e

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l'importanza di avere nella diocesi chiese ben costruite, dotate di tutte le suppellettili e sufficientemente spaziose per il popolo che devono accogliere. Questa premessa viene presentata come la motivazione sottesa alla decisione del Grifoni di avanzare istanza per sopprimere SS.Ippolito e Cassiano. La decisione viene indicata quindi come giusta e conveniente per il popolo stesso, essendo la chiesa di S.Paolo più magnificente e “assai più ampla, e adattata alle Ecclesiastiche Funzioni di quella di S.Cassiano, provveduta di Sagri Ministri, e ben corredata delle necessarie suppellettili”. Viene infine ordinato, coerentemente con quanto scritto dal Viviani, che la chiesa soppressa non venga profanata, ma “resti aperta ad uso di pubblico Oratorio per commodo di qualche messa giornaliera, o per altre funzioni ecclesiastiche”, mentre la chiesa di S.Paolo aggiunga tra i suoi contitolari i santi Ippolito e Cassiano e ne celebri le ricorrenze.

9.2. Dopo la soppressione.

La Visita dell'Arcivescovo Alliata compiuta il 14 marzo 1813 suggella l'avvenuto trasferimento, dal momento che l'alto prelato annovera tra le chiese visitate quel giorno anche la chiesa parrocchiale sotto il titolo di SS.Ippolito e Cassiano e S.Paolo a Ripa d'Arno.28

Una volta soppressa, la chiesa pare assolvere il ruolo di oratorio sicuramente per alcuni anni, dato che nel 1810, durante la dominazione francese, è indicata come sede di una compagnia religiosa detta delle Stimmate di S.Francesco. La compagnia è amministrata da un provveditore e un camarlingo tramite “regolamenti particolari che lei medesima si è stabiliti” e “sussiste delle offerte volontarie degli individui che la compongono”.29 Due delle cinque

vecchie campane della chiesa dei SS.Ippolito e Cassiano vengono lasciate in loco proprio per essere utilizzate dalla compagnia, pur risultando nell'inventario della parrocchia di S.Paolo a Ripa d'Arno.

Proprio una vicenda legata a queste due campane getta luce sulla sorte della chiesa soppressa. Il 31 ottobre 1815, infatti, Costantino Della Bianca, parroco di S.Paolo, si accinge a depennare le due campane dall'inventario dei beni della chiesa poiché queste vengono ridate alla famiglia Grifoni, patrona della vecchia chiesa di SS.Ippolito e Cassiano. Il motivo di questa restituzione è la demolizione della stessa chiesa, indotta dal suo stato di rovina.30

Diocesi. Ed in questa Traslazione dichiariamo, e vogliamo che vi si abbiano, e s'intendano compresi, tutti gli obblighi, legati di messe, benefizi, cappellanie ed uffiziature di qualsivoglia Padronato, eccettuati quelli che fossero stati ordinati, istituiti da pii Benefattori i cadaveri dei quali siano tumulati nella predetta chiesa de i SS.Ippolito e Cassiano.”

28 ACDP, Visite Pastorali, f.36, pp. 201-202. 29 ASP, Comune div. E, cc.581 v- 582 r.

30 ACDP, Atti Straordinari, f. 76, n.27, “31 ottobre 1815. Ill.mo Rev.mo Mons. Arcivescovo di Pisa. Decreto con cui si ordina di depennarsi dall'inventario della Chiesa di S.Paolo a Ripa d'Arno le due campane della Chiesa

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Bisogna però considerare che l'isolato in cui si trova, stretto tra Vicolo dell'Alloro, Via S.Casciano e il Lungarno, risulta ancora occupato da fabbricati nel catasto particellare del 1830, nella pianta Van Lint del 1846 e nelle piante Grassi del 1831 e 1851. Nel catasto è inoltre individuabile una particella, la numero 2322, coincidente con lo spazio occupato in precedenza dalla chiesa [FIG.57]. La situazione si presenta analoga a quanto successo per la chiesa di S.Egidio, demolita, ma la cui area risulta, nel suo caso, tuttora edificata. È possibile dunque pensare che il perimetro della vecchia SS.Ippolito e Cassiano venga mantenuto e la sua area occupata da un nuovo fabbricato, magari costruito utilizzando in parte i materiali ricavati dalla demolizione della chiesa. Il fabbricato in questione, nel 1830, risulta essere un casamento occupante un'area di 1039 braccia quadre, di proprietà di tale Cercarelli Gregorio Settimio di Domenico.31 La dicitura “casamento” indica a sua volta un edificio che non viene

necessariamente usato solo come abitazione, ma dove l'alloggio per famiglie può coesistere con parti adibite a magazzino o a sede di attività produttive.32

Nel catasto dei fabbricati del 1877 la particella 2322 risulta però inesistente. Questa assenza è riconducibile ai grandi cambiamenti che la zona vive nello stesso periodo. A partire dalla costruzione della nuova stazione dei treni nel 1862, l'area di Chinzica diventa un luogo d'interesse per nuove costruzioni e tracciati stradali. Quando poi nel 1869 una disastrosa alluvione danneggia il Ponte a Mare, viene seriamente vagliata l'ipotesi di costruire un nuovo ponte che ricalchi la posizione intermedia del medievale Ponte Nuovo, non più esistente, ma un tempo sorto all'altezza della chiesa della Spina. Sembra però più conveniente costruire il nuovo ponte leggermente più ad ovest per favorire una maggiore urbanizzazione sull'asse via Solferino (odierna via Roma) e Campo al Canapaio (odierna via Crispi). L'area di Chinzica delimitata tra il Lungarno, la Via S.Antonio e la chiesa di S.Paolo a Ripa d'Arno si dimostra il luogo perfetto dove fare sviluppare un nuovo quartiere cittadino.33 Il cosiddetto Campo al

Canapaio deve però essere globalmente riorganizzato affinché prenda le sembianze di una lunga strada di collegamento. Per raggiungere questo scopo vengono portate avanti una serie di espropriazioni e demolizioni, nelle quali, evidentemente, è coinvolto anche parte

dei Santi Ippolito e Cassiano. Costantino Dalla Bianca Parroco della Chiesa di S.Paolo a Ripa d'Arno di Pisa espone, qualmente in occasione della traslazione della Parrocchia della Chiesa dei Santi Ippolito e Cassiano nella Chiesa di S.Paolo, le tre campane ivi esistenti furono date per uso della Parrocchia dal fù Cav. Commendatore Gaetano Grifoni. Le due poi della chiesa di S.Ippolito furono lasciate per uso della Compagnia di S.Francesco allora posta in detta Chiesa, finché per la minaccia di rovina non fu demolita. E siccome le dette due campane sono descritte nell'Inventario della Parrocchia, e dopo la demolizione della Chiesa sono state richieste dagl'Eredi Grifoni in conguaglio delle tre date in S.Paolo, e state consegnate al molto Reverendo Sig.Antonio Soldaini come Agente de' detti Eredi Grifoni, come dalla sua ricevuta. Perciò fa istanza affinché siano depennate dall'Inventario della Parrocchia.”

31 ASP, Catasto terreni, f.508, c.183 v. 32 CACIAGLI, 1997, p.126.

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dell'isolato compreso tra Vicolo dell'Alloro (chiamato “del Galloro” già nelle mappe catastali) e via S.Casciano34 e, con questo, il casamento costruito al posto della chiesa dei SS.Ippolito e

Cassiano.

I lavori per il tracciato della nuova strada vanno di pari passo con la costruzione del Ponte Solferino, entrambi inseriti nel piano Micheli, approvato nel 1871, ma mai completamente realizzato. La costruzione del ponte, dal canto suo, è approvata con decreto ministeriale nel giugno del 1872 e va di pari passo con i lavori nel Campo al Canapaio. Dall'insieme di questi interventi emerge non solo la ridefinizione di un'area urbana, ma anche un nuovo percorso preferenziale atto a condurre i turisti dalla stazione alla Torre Pendente, sfruttando l'allineamento della nuova strada e del nuovo ponte con la preesistente via Solferino. La nuova via viene chiamata dapprima via S.Cassiano, poiché si configura come un allargamento e un prolungamento della vecchia strada omonima verso piazza S.Antonio.35 Considerando

nuovamente l'assenza della particella 2322 dal catasto delle fabbriche del 1877, questa strada viene quindi interamente realizzata nei primi anni '70 dell'800. Successivamente, come si può vedere nella pianta inclusa nella guida di Erichsen e Ross del 1909, viene chiamata via Fibonacci e, infine, via Crispi.

Col passare del tempo neanche la toponomastica viene in aiuto al ricordo della chiesa dei SS.Ippolito e Cassiano. L'unico riferimento di questo tipo al vecchio assetto urbanistico dell'isolato è Vicolo del Galloro, delimitato da un piccolo isolato confinante a sua volta con l'invaso di piazza Saffi: confrontando le vecchie piante con l'attuale visione zenitale, è possibile pensare che la chiesa dei SS.Ippolito e Cassiano si trovasse proprio dove ora c'è questa piazzetta che raccorda via Crispi al ponte Solferino [FIG.58].

34 Ibid., pp.40-41.

35 Lo stesso Da Scorno, nella sua guida di stampo commerciale, nel 1874 segnala la presenza dell'Hotel de Londres all'angolo tra “Via S.Antonio e nuova strada Via S.Cassiano che conduce al nuovo ponte Solferino”. Si veda DA SCORNO, 1874, p.167.

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BIBLIOGRAFIA: CACIAGLI, C., 1994, pp.35, 36, 39, 108, 109, 110. GRECO, G., 1984, pp. 15, 34, 49, 50, 112, 118, 119, 120, 146, 154, 177, 221, 225, 230, 231, 232, 245, 246, 248. GARZELLA, G., 1990, pp.117, 119, 149, 186, 189, 190, 199, 220, 222, 227, 238, 240, 241. TOLAINI, E., 1979. pp. 98, 105, 116, 175, 234. TOLAINI, E., 1992, p.60. TRONCI, P., 1643, cc. XLIV r, XLV r. 9.3. Appendice.

Dalla Descrizione di Paolo Tronci

c.XLV r. S.Ippolito e Cassiano (XLV)

Della Chiesa Parrocchiale di S.Ippolito e Cassiano non ho che dir da vantaggio di quello che scrissi delle Chiese di S.Sebastiano, e S.Egidio, essendo ancor questa stata membro

dell'Abbatia di S.Paolo a Ripa d'Arno. Vogliono alcuni che la fusse fondata dalli Pisani l'Anno […] quando ottennero la Vittoria.

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