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l incontro 20 marzo 2014 N 30

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Aut. Trib. Ancona n. 17/06 Reg. periodici Trib. di Ancona - Direttore responsabile Nicola Di Francesco - Direttore Isidoro Carancini Grafica&impaGinazione Punto&Virgola di Paola Ponzetti Jesi - stampa Errebi Grafiche Ripesi falconara m.ma CN/AN1406/2010 valido dal 30/11/2010

l’incontro

news

20 marzo 2014 N° 30

A tutte le famiglie e agli operatori economici periodico del

circolo culturale filottrano

saldami e leghe non preziose

C O N E R O D E N T A L

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Una primavera di impegno politico

RestauRo del santuaRio della beata veRgine di toRnazzano

di isidoro Carancini

Agenzia di Osimo Carancini Maurizio s.a.s.

Agente Procuratore

Piazza G. Marconi, 2 -

60027

Osimo

(AN)

Ph. 071.72.30.500 - fax. 071.713.35.37

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: osimo.649@agenzie.realemutua.it

F.G.F.

S

ono giorni di grande impegno quel- li che ci porteranno alle elezioni co- munali del prossimo 25 maggio! C’è un grande fermento di liste civiche con personaggi che si affacciano per la prima volta all’impegno politico. L’Amministra- zione Comunale è il perno della vita cit- tadina e i progetti, la fantasia e la voglia di fare sono chiaramente espressi nei pro- grammi dei candidati che si presentano per essere scelti a guidare, per i prossimi cinque anni, la cosa pubblica.

Per il cittadino che deve scegliere non sempre è semplice perché l’orientamen- to è dettato molto spesso da vari fattori come l’appartenenza politica, l’amicizia e anche da qualche interesse personale. Ma credo che, al di sopra di tutto ciò, il cit- tadino dovrebbe essere mosso dall’amo- re per la propria città, lasciando la scelta politica alle elezioni nazionali. Scegliere con coscienza significa contribuire fatti- vamente al miglioramento e alla crescita della propria Città. Tutte le componenti politiche si presentano ormai come “li- ste civiche” anche se la caratterizzazio- ne politica non può sfuggire agli occhi dell’elettore. Avremo pertanto, da notizie ancora non definitive, le due liste tradi- zionali una di Centro-destra e l’altra di

Centro-sinistra che vedranno in lizza, rispettivamente, il Sindaco uscente, Fran- cesco Coppari e Lauretta Giulioni. Ma la novità, questa volta, è rappresentata dai

“grillini“ che dovrebbero presentare una lista guidata da Francesco Casarola.

Il sistema elettorale è sempre lo stesso maggioritario che assegna la vittoria alla lista che abbia ottenuto il maggior nume- ro di voti (anche un solo voto), ma è stata modificata la rappresentanza comunale che sarà composta dal Sindaco e da dieci Consiglieri (sette di maggioranza e tre di minoranza). Pertanto le liste che, con il vecchio sistema, erano composte da venti candidati, saranno ridotte a dieci, sem- preché non avvengano ulteriori modifi- cazioni. Anche la Giunta verrà ridotta da cinque a quattro assessori.

Noi ci auguriamo che la campagna elet- torale sia aperta al dibattito e all’appro- fondimento dei problemi della Città, alla conoscenza delle difficoltà del momento attuale e alle strategie per affrontarle e su- perarle. Auguriamo soprattutto ai candida- ti di avere idee chiare e sufficiente capacità operativa per non ridurre la funzione am- ministrativa a semplice rappresentatività.

Auguriamo alla Città di saper scegliere, perché la scelta può rappresentare un ul- teriore passo di crescita per un paese vivo ed attivo come Filottrano.

È

in atto una inizia- tiva delle Parroc- chie di Filottrano per il restauro di questo Santuario che non ha solo un grande valore religioso, ma rappre- senta un monumento della nostra tradi- zione civile e l’opera dovrebbe incontrare la disponibilità e la sensibilità di tutti i cittadini. Il costo del- le opere di restauro è molto alto ed è indica- to con una previsione di 445.000 euro tra Chiesa e Canonica. Il 50% della spesa sarà coperto dalla CEI (Con- ferenza Episcopale Italiana). Si può contri- buire alla realizzazione dell’opera, che verrà eseguita nel triennio 2014-2016, con piccoli contributi mensili (2-5-10 euro) che possono essere versati direttamente in Parrocchia o di- sponendo un versamento dal proprio c/c sul c/c n. 38474 della BCC di Filottrano inte- stato “Parrocchia Santa Maria Assunta-San- tuario di Tornazzano”. Coordinate Bancarie IBAN: IT28E0854937360000010138474----

È un piccolo impegno, partecipiamo!

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santa maRia assunta in festa peR don CaRlo

seguedallaprimapagina >

Q

uest’anno Filottrano ha avuto l’occasione di assistere a una Pasquel- la non tradizionale che ha però permesso di far cono- scere uno dei canti di que- stua del nostro territorio a una gran fetta della popola- zione che non vi aveva mai assistito. I canti di questua sono canti augurali di ca- rattere religioso che dei mu- sicisti offrivano di casa in casa in occasione di deter- minate festività religiose o legate al lavoro contadino.

La Pasquella, in particolare, accompagna la questua del 6 gennaio (o della sera del 5), giorno dell’Epifania o

della Pasquella, secondo la denominazione popolare. Il nome deriva dal fatto che era ritenuta la prima “Pasqua” dell’anno solare, infatti interessava uno dei periodi più pro- speri per le famiglie contadine che solita- mente in quei giorni lavoravano la carne di maiale.

Per tradizione, i questuanti iniziavano il loro canto all’esterno della casa con formu- le di saluto, avanzando la richiesta di aprire la porta ed essere accolti per cantare e por- tare l’allegria; proseguivano all’interno rie- vocando la Natività, il passaggio dei magi e augurando la buona sorte per l’anno ven- turo. Quindi iniziava la richiesta di offerte di vino e cibarie, in particolare dei prodotti appena fatti con la “pista”; se l’offerta era stata generosa, i cantori ringraziavano ag- giungendo strofe di augurio e prosperità

L

a comunità parroc- chiale ha ricordato lo scorso dicembre don Car- lo Carbonetti per il suo 25° anno di sacerdozio.

Ripercorrendo le varie tappe della sua vita sa- cerdotale, ricaviamo al- cune date significative:

venne ordinato sacerdote il 7 dicembre del 1988, quando fu assegnato alla parrocchia di Sant’Andrea in Castelferretti, come viceparroco; nel 1993 si aggiunse l’incarico di vi- cerettore del seminario regionale di Ancona; nel 2001 venne nominato di-

rettore dell’Ufficio Diocesano per le Comunicazioni Sociali, ruolo che riveste tutt’oggi; venne inoltre desti- nato alla popolosa parrocchia Santa Maria Assunta a Filottrano, affian- cando l’allora parroco don Roberto Peccetti, a cui succedette nell’otto- bre 2005.

“Non sono molto incline agli an- niversari, ma credo che mi ci abitue- rò” – ha esordito don Carlo davanti alla folta assemblea eucaristica, riu- nitasi sabato 7 dicembre, nella mes- sa prefestiva. Ha proseguito ricor- dando un canto, oggi in disuso, che recitava: “io con voi mi trovo bene, perché siete sinceri come me, io per per la famiglia, indirizzati in particolare alle

giovani della casa, come corteggiamento; se, al contrario, la ritenevano insufficiente, ag- giungevano strofe piuttosto ingiuriose per il vergaro e i beni materiali della casa contadi- na. Ogni gruppo di cantori aveva quindi un proprio repertorio con strofe che potevano essere modificate a piacere o aggiunte, inse- rendo storie e personaggi del paese o della famiglia di cui erano ospiti.

Domenica 5 gennaio Quelli dell’Ara han- no cercato di rinnovare questa tradizione proponendo una personale Pasquella non di casa in casa, secondo tradizione, com’era stato già fatto in passato anche da altri gruppi, ma in un tour che ha interessato diverse chiese di Filottrano alla fine delle celebrazioni religiose (quella delle frazioni di Curanova e San Biagio e la chiesa di San-

ta Maria Assunta), Montoro, Imbrecciata, le vie del centro, la casa di riposo e la balera Ideal. Al termine del canto, adulti e bambi- ni si sono esibiti nel saltarello e in altri balli del repertorio, replicando l’esibizione, dalla prima mattinata alla sera, in ogni tappa. Le musiche, i canti e l’allegria dei partecipan- ti hanno sorpreso i filottranesi che, nono- stante freddo e maltempo, hanno assistito, partecipato, lasciato offerte e dolci per i più piccoli. Molti hanno sinceramente apprez- zato il poter ricordare, anche se in forme diverse, questa usanza tipica della civiltà contadina; per molti altri, invece, questa manifestazione è stata l’ennesima occasio- ne per scoprire un po’ della vita dei nostri nonni. Chissà che non potremo tornare presto a sentire per le vie del centro anche la Passione e il Cantamaggio!

Pasquella on tour! “Parliamo di droga”

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di silvia brunori

C R O N A C A & A T T U A L I T À {3}

L

’oratorio S. Cristoforo ha ospi- tato quattro incontri (10, 17, 24 febbraio e 3 marzo) dedicati a que- sto tema, curati e coordinati dal dott.

Francesco Pieroni, operatore della comunità Oikos di Jesi, indirizzati espressamente a genitori, insegnanti e educatori. Come indicato dal sot- totitolo dato all’iniziativa, “Informar- si, conoscere, prevenire”, gli incontri hanno affrontato il tema della droga a 360 gradi: dal concetto di dipendenza ai vari tipi di droghe con le loro carat- teristiche ed effetti, il disagio, le an- sie e le fragilità giovanili che possono essere alla base dell’avvicinamento, i tanti “perché”, le difficoltà familiari e sociali della tossicodipendenza, il difficile percorso di recupero fisico e psicologico dalla dipendenza.

Agli incontri ha partecipato un nu- mero crescente di genitori di giovani e adolescenti, nonni, insegnanti e ca- techisti vivamente preoccupati, che hanno posto domande e hanno po- tuto condividere ansie e turbamenti personali con una figura di grande esperienza e disponibilità. In parti- colare, è stata accolta come un dono la testimonianza di un ragazzo, ex ospite della struttura riabilitativa di Jesi, che è riuscito a rispondere alle domande dei genitori preoccupati dimostrando che, ritrovando forza e coraggio, è possibile riprendere in mano la propria vita.

Iniziative del genere forse non po- tranno evitare ai giovani di avvici- narsi alla droga o ai genitori di non provare una normale apprensione per i figli in crescita ma certamente informano, consapevolizzano e dan- no, forse, le basi per un dialogo più costruttivo con gli adolescenti.

voi darei la vita, perché amate la vita come me…”.

La messa è stata concelebrata con i confratelli del territorio di Filot- trano e con la presenza del vicario generale diocesano, mons. Roberto Peccetti, che non fa mai mancare il suo affetto e la sua presenza a don Carlo e agli ex- parrocchiani.

La serata si è conclusa con un mo- mento di convivialità al ristorante

“Sette Colli”, dove alla cena si sono alternati aneddoti e quiz per strin- gersi in un caloroso abbraccio e far sentire don Carlo in famiglia.

Alessandra Giuliodori e Giordana Santarelli

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l’incontro

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CIRCOLO CULTURALE

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andRea laRdini ConsiglieRe di pitti

immagine

C R O N A C A & A T T U A L I T À {5}

E

rano le 21.30 del 28 dicembre u.s.

quando nella bella chiesa dell’As- sunta, piena di pubblico in attesa, Francesco Falappa, l’ormai storico pre- sentatore della Corale, e brevemente il parroco don Carlo, hanno motivato i contenuti del Concerto, che quest’an- no ha avuto una sua speciale particola- rità: era dedicato a papa Francesco, e si è capito subito il perché.

Infatti la Corale presentava la “Misa Criolla” (Messa Creola) del noto com- positore argentino Ariel Ramirez, forme musicali folkloristiche sud-americane, per coro, orchestra e voce solista.

Considerata uno dei capolavori della musica argentina, la Misa Criolla è sta- ta eseguita da artisti di tutto il mondo e la Corale “don Nazzareno Coletta” si onora di averla rappresentata con suc- cesso per ben tre volte, questa era la quarta replica.,

Il Concerto si articolava sulle classi- che cinque sezioni di ogni Messa canta- ta: il Kyrie, il Gloria, il Credo, il Sanctus l’Agnus Dei.

L’esecuzione vocale nella lingua ma- dre, oltre che alla Corale, era affidata allo straordinario talento del mezzoso- prano Mariangela Marini, voce solista, sempre lieta di esibirsi nella sua città.

L’accompagnamento musicale era asse- gnato agli strumentisti del “Cusanino”, la benemerita Associazione Musicale filottranese, con Diego Garbuglia e Ni- cola Emiliani alla batteria e percussioni, Lorenzo Carancini e Matteo Ortenzi alle chitarre acustiche, Romualdo Cappellet- ti al basso acustico. L’armonizzazione al pianoforte era di Loredana Bravi e alla tastiera di Stefano Trappolini. Dirigeva il Concerto il M° Silvia Badaloni, che da molti anni, guida con passione, compe- tenza e abnegazione la Corale.

V

enerdì 31 gennaio 2014 si è con- clusa la cara esistenza di Giuliana Ferroni, per circa vent’ anni ostetrica condotta nel comune di Filottrano. Un lavoro, il suo, svolto con passione e de- dizione che ha inizio nel 1956 quando si diploma presso l’ Università degli Studi di Roma.Comincia a svolgere la sua attività in Abruzzo, in piccoli paesi tra le colline a ridosso del Gran Sasso.

Un lavoro difficile e rischioso perché in quel periodo le donne partorivano in casa e in ospedale ci si andava solo se “le cose si mettevano male”. Tutto il compito era quindi affidato all’ ostetri- ca che da sola doveva svolgere il lavoro di medici e infermieri. Il più delle volte i casolari erano sperduti e ci si affidava alla competenza dell’ostetrica che non

L

’Assemblea dei soci di “Pitti Immagine”

ha nominato il nuovo Consiglio di Ammini- strazione della Società per il triennio 2014-2017.

Gaetano Marzotto è sta- to confermato alla presi- denza mentre sono stati nominati quattro nuovi consiglieri. L’assemblea

ha anche approvato il bilancio dell’esercizio 2012-2013, chiuso il 30 set- tembre 2013 con un fatturato di circa 32,8 milioni di euro. Andrea, che è il Presidente ed amministratore unico dell’Industria Confezioni Lardini, è uno dei nuovi consiglieri di “Pitti Immagine”. Questa nomina conferma il valore e il prestigio raggiunto dall’Azienda Lardini nel mondo dell’abbigliamento maschile. Ci congratuliamo vivamente con Andrea e con tutta l’Azienda per questo importante riconoscimento.

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aveva ecografi o sofisticati strumenti ma solo una” trombettina” in legno con cui ascoltare il battito del feto .

Nel ’62 si trasferice con la famiglia in Ancona e qui inizia a lavorare come libera professionista nella casa di cura Villa Igea . Finalmente un ospedale in cui svolgere il lavoro in modo più sicu- ro ma certamente meno coinvolgente di un parto in casa.

Nel ’72 vince la condotta a Filottrano e inizia un lavoro molto appagante sta- bilendo ben presto un buon rapporto con le sue “ donne”,così era solita chia- mare le pazienti che si recavano da lei.

Allo squillo del telefono,solitamente nel cuore della notte, era pronta a par- tire con la sua inseparabile valigetta per

correre in ospedale ad assistere la par- toriente. Il suo compito non si limitava solo all’assistenza durante il parto ma continuava anche nei giorni seguenti in ospedale e poi a casa fino a quando non cadeva l’ombelico e si faceva il ba- gnetto al neonato. In tutto ciò metteva tanta pazienza ed amorevolezza .Era bello osservare come muoveva con de- strezza quella piccola creatura!!

Negli anni ottanta,però, il reparto maternità viene chiuso e lei si ritrova a fare un lavoro poco consono ai suoi studi e questo la demoralizza un po’ e appena le si offre la possibilità, va in pensione per dedicarsi completamente ai suoi hobby: ricamo, uncinetto, tom- bolo, chiacchierino….

Tutti lavori che ha cercato di insegna- re anche ad altri per mantenere viva la tradizione anche nelle nuove genera- zioni. Di carattere forte e determinato era disponibile e generosa con tutti .

Una grande generosità che ha di- mostrato fino alla fine donando le sue cornee. Fortunato sarà chi le riceverà perché noi ci auguriamo che, oltre alla vista, quegli occhi possano acquistare la capacità di saper compiere tutte le cose belle che lei è stata in grado di re- alizzare!

I figli M. Teresa e Fulvio

Il Concerto iniziava con il Kyrie, con- cepito sui ritmi adatti ad esprimere la lenta supplica di questa struggente li- tania.

Seguiva il Gloria, basato su una del- le danze più popolari del Paese, il cui straordinario ritmo trasmette il giubilo della Gloria del Signore.

Il terzo brano era il Credo, il più dif- ficile di tutti i momenti della Messa per la grandezza del suo tema e per il rit- mo utilizzato, quasi ossessionante, che sovrasta la linea melodica ed entra con grande forza drammatica nelle alter- nanze tra voce solista e coro.

A seguire veniva il Sanctus. Ariel Ra- mirez lavorò al Sanctus sopra uno dei ritmi più belli del folklore boliviano, risoluto ed esuberante come richiede il proclama dei Cieli e della terra pieni di gloria.

L’ultimo brano era l’Agnus Dei, sup- plichevole e solenne.

Scroscianti applausi hanno fatto se-

La Corale “Don N. Coletta”

in concerto

Giuliana, la nostra ultima ostetrica ci ha lasciato

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guito ad ogni brano, segno del gradi- mento del pubblico, cui è stato con- cesso il bis del “Gloria” e, in atmosfera di Natale, un “Astro del Ciel”. Sono seguiti i ringraziamenti: anzitutto a don Carlo per l’ospitalità, all’Ammini- strazione Comunale per il suo patroci- nio, alla Banca di Credito Cooperativo, che da sempre sostiene la Corale. Poi, a vario titolo, alla Taverna dell’Arco, all’Alimentare Gobbi, al negozio “Fiori

& Fiori”, a Michele Gobbi, alla “Canti- na di Stacchio” e infine, ancora al “Cu- sanino” per l’allestimento elettronico- acustico.

Dopo un gentile omaggio a tutti i maggiori protagonisti del Concerto, la Corale ha dato l’arrivederci a Dicem- bre 2014, quando festeggerà il 30° an- niversario di fondazione con una sua speciale esecuzione, estendendo l’invi- to a partecipare a tutti i vecchi coristi e a quanti amano la musica e il canto.

La Corale “don Nazzareno Coletta”

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M E M O R I A S T O R I C A

{6} S T O R I A & C U L T U R A {7}

S

ono trascorsi dieci anni dall’emanazio- ne, nel marzo 2004, della legge che ha istituito il Giorno del Ricordo. Si tratta del riconoscimento e del recupero alla storia nazionale di pagine dolorose scritte da vi- cende complesse avvenute fra il 1943 e il 1956, su cui hanno agito rimozione da un lato e prima, revisione storiografica dall’al- tro, successivamente.

Il 10 febbraio 2014, proprio per celebra- re il Giorno del Ricordo, è stato trasmesso in televisione Magazzino 18, lo spettacolo teatrale scritto da Cristicchi e Jan Bernas, che assume il nome dal luogo in cui a Por- to vecchio di Trieste sono conservati ogget- ti appartenuti agli esuli – sedie accatastate mobili suppellettili

varie tante fotografie tante lettere – i qua- li li lasciarono con il proposito la speranza il forte desiderio di potersi riappropriare un giorno di quelle povere cose che ave- vano accompagnato il loro vivere quotidiano.

Occasione importante in mezzo ad altre, in questa ricorrenza, per

richiamare eventi legati all’uso delle foibe e all’esodo, che comportarono l’uccisione di tante persone e lo sconvolgimento della vita per tante famiglie.

‘Foibe’ è una parola friulana usata per indicare cavità naturali – doline, abissi, voragini, caverne, inghiottitoi… – tipi- che dell’altopiano calcareo, il Carso e altri territori carsici dei Balcani settentrionali, compreso fra l’Italia e la Slovenia. Da foi- be deriva il neologismo ‘infoibati’, coniato per significare le persone, uomini donne bambini italiani ma anche sloveni e croati, gettate/cadute nelle cavità da uccise e forse anche da vive, per il trascinamento da parte dei primi di file di esseri umani con i polsi legati e legati fra loro con fil di ferro, primi cui si sparava sull’orlo di una foiba. Le sal- me esumate di infoibati sono circa 1.000, ma si ipotizza che potrebbero essere 6.000- 7.000 o molte di più le persone uccise nelle foibe in due periodi: un mese circa dopo l’8 settembre 1943 (i nazi-fascisti rioccuparo- no il territorio ai primi di ottobre 1943) e maggio-giugno del 1945.

Queste pagine di storia, tralasciando gli

assetti geopolitici precedenti, si inseriscono in un contesto segnato dalle politiche del fascismo, e dall’invasione nazi-fascista della Jugoslavia.

Richiamo con il quale non si intende giustificare quanto accadde, ma soltanto eviden- ziare il riproporsi, molto spes- so purtroppo, del fenomeno violenza-genera-violenza. Vio- lenza che rientrò nell’ambito della seconda guerra mondia- le per quanto riguarda il dopo 8 settembre 1943, quando nei

partigiani slavi si scatenò un forte deside- rio di vendetta contro i fascisti e i collabo- razionisti, non solo italiani, e anche civili.

Violenza che si ripeté, in un arco temporale dopo la fine della guer- ra nel teatro europeo, nel maggio-giugno 1945, periodo in cui il generale Tito con la IV armata occupò Trieste, quella Trieste che, d’al- tra parte e in aggiunta, aveva vissuto anche la tragedia legata al lager nazista nella Risiera di San Sabba.

E ora veniamo all’esodo di famiglie giu- liano-dalmate dall’Istria e dalla Dalmazia:

un numero incerto, ma in ogni caso im- pressionante di perso-

ne, sia che si tratti di 300.000-350.000 sia che si tratti di 250.000 esuli.

L’evento, frutto di una scelta forzata, è rappresentato da Pie- ro Delbello, direttore dell’IRCI – Istituto Regionale per la Cul- tura Istriano-fiumano- dalmata – come un serpente a “tre-quattro teste” per indicare le fasi di cui si compone il quadro d’insieme.

Fasi che iniziano a ridosso dell’Armistizio e del primo periodo di infoibamenti, nel 1943; la seconda, che consiste nelle parten- ze in modo particolare da Fiume nel maggio 1945, determinata dall’arrivo e dalla presa del potere dei partigiani slavi; la terza fase-

testa, spinta nel 1947 dalla risoluzione del Trattato di Pace di Parigi che cede la parte nord-occidentale dell’Istria alla Jugoslavia, e che svuota le cittadine dell’Istria e anche Pola della popolazione di etnia italiana;

l’ultima del 1954 (e che convenzionalmen- te finisce nel 1956) quando dopo il Memo- randum di Londra se ne vanno migliaia di italiani dall’ex Zona B del Territorio Libero di Trieste.

Vale infatti la pena ricordare che, in base a tale Memorandum, mentre si sancisce il definitivo ritorno alla madrepatria di pro- vincia e capoluogo di Trieste – la cosiddet- ta Zona A – si assegna all’amministrazio- ne della Jugoslavia la cosiddetta Zona B, l’Istria1.

Il dolore per lo sradicamento dalle terre natie e per l’identità perduta negli esuli si acuisce all’arrivo in Italia, dove essi non ricevono buona acco- glienza, tanto da es- sere relegati in campi profughi o in caser- moni, in condizioni di vita molto difficili e disagiate, che con- vincono / costringo- no molti di loro ad emigrare in Argentina, Canada, Uruguay, Sta- ti Uniti... e ad abban- donare le loro misere masserizie nei magaz- zini portuali, confluite poi al Porto vecchio di Trieste, nel Magazzino 18, dove, come si è detto, sono conservate.

Esse rappresentano una testimonianza molto toccante della profonda e lunga sof- ferenza di tante persone sia per l’esodo sia per la violenza subita dagli infoibati. Testi- monianza che chiede e sostiene il ricordo.

N

elle tante ricerche in archivi pubblici per scoprire qualche novità, alcuni anni addietro mi sono imbattuto in uno strano documento: un progetto per una tratta ferroviaria di collegamento tra vari comuni e con una singola STAZIONE a Fi- lottrano. Il nuovo secolo era foriero di no- vità e l’ Amministrazione Comunale non si lasciò sfuggire l’occasione di partecipare alla realizzazione di tale idea anche per uscire dal solito schema di vita troppo iso- lato e fuori dal resto del mondo.

L’idea della tratta ferroviaria era nata per iniziativa di alcuni comuni limitrofi che si consorziarono per la relativa realizzazio- ne. Il progetto dell’opera era stato redatto

Le foibe e l’esodo giuliano-dalmata Progetto per una stazione ferroviaria

a Filottrano

Raon l’Etape immagini di uno sCambio CultuRale tRa sCuole

di mina giuliodori

dall’ing. Pie- tro Lanino di Roma e l’impe- gno finanziario per il Comune di Filottrano

era stabilito in lire 5.000. Questa importan- te opera ferroviaria doveva unire i comuni di Osimo, Recanati, Porto Recanati, Lore- to, Montefano, Filottrano e Macerata, dove aveva sede il Comitato Promotore.

La stazione ferroviaria per Filottrano era stata individuata nella zona delle Fratte in Contrada San Biagio tra i confini di Osimo e Montefano. Dalla piantina allegata si può vedere la dislocazione progettuale della sta- zione nella zona detta “ Pian dei zingari”, tra la casa di Baiocco e la foce dei fossi riu-

niti di Quagliotto e Vallevecchie. Il proget- to purtroppo rimase solo sulla carta e non ebbe alcun seguito.

Il tema di questo progetto ferroviario venne trattato dallo studioso Lino Palanca e pubblicato dalla Deputazione di Storia Pa- tria per le Marche nell’anno 2008, ma Filot- trano, come altri centri , non viene nomi- nata , perché si era dissociata dal progetto.

N.B. – Mario Filippi ha pubblicato queste no- tizie, nel 2005, alla pagina 141 del volume “ Filottrano - Viaggio nel tempo”.

anno 1906

di mario filippi

di nazzareno Cionco

L

o scambio culturale con Raon l’Etape ebbe inizio nell’a.s. 1999-2000. L’avvio non è stato facile ma dopo vari incontri e la elaborazione del progetto europeo Come- nius si è dato inizio ad un bel rapporto di collaborazione scolastica e di amicizia che attraverso varie tappe ha condotto anche a favorire il gemellaggio tra le tre città: Filot- trano Kuppenheim e Raon l’Etape.

Raon è una città di 6.800 abitanti, a Nord Est della Francia, in Lorena, al confine con l’Alsazia. Circondata dalle vallate della Meur- the, della Plaine del Rabodeau e della Bruche.

lazione è impiegata in varie attività come le cartiere, le cave, le industrie tessili, meccani- che e delle telecomunicazioni.

Fino al secolo scorso i Raonnesi erano specialisti nello sfruttamento della fore- sta dal taglio degli alberi al trasporto dei tronchi e del prodotto semilavorato con il sistema del “flotage” lungo i fiumi o per via terra. Del ‘flotage’ vi è una bella documenta- zione pittorica con una serie di dodici qua- dri esposti nella sala d’onore del municipio.

La città presenta degli scorci e dei particola- ri molto caratteristici come le dodici fontane bronzee dislocate nel centro cittadino istal- late alla fine del 18° secolo durante i lavori di captazione delle acque e di risanamento delle condotte per portare acqua corrente in tutti i quartieri. Il caratteristico Museumotel un albergo composto da costruzioni con una particolare architettura spesso sede di mostre di vari artisti raonnesi e non.

Il nome deriva dalle parole

‘Ravon’, confluenza dei due fiumi, e ‘Tape’ imposta do- vuta dai mercanti che tran- sitavano nel territorio. Nel Medio Evo, risale al 13°

secolo, era una città fortifi- cata situata sulla riva destra

della Meurthe. Sulla riva sinistra sorse un al- tro villaggio, La Neuville. I due insediamenti si sviluppano con rivalità lungo i secoli.

L’attuale città è il risultato della fusione dei comuni cresciuti sulle rive opposte e usciti quasi completamente distrutti dalla seconda guerra mondiale. Nel 1947, consi- derate la disastrosa situazione economica, le distruzioni e la diminuzione di popola- zione, conseguenze del conflitto mondiale, decisero di fondersi sotto il nome di Raon l’Etape, chiamata la “Porta dei Vosgi” poi- ché venendo da Nancy è il primo comune del dipartimento che si incontra.

Situata a circa 300 metri s.l.m. sul mas- siccio dei Vosgi, in una stretta vallata dove confluiscono i fiumi La Plaine e La Meur- the deve molto della sua crescita e svilup- po allo sfruttamento delle foreste di abeti del territorio circostante: il 59% del suo ter- ritorioè ricoperto da foreste. Oggi la popo-

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P E R S O N E & P E R S O N A G G I {9}

P E R S O N E & P E R S O N A G G I {8}

di isidoro Carancini

N

ella campagna di Russia del 1941-43, Filottrano ha perduto sedici suoi valorosi ragazzi: Angelo- ni Giovanni (18/4/910), Bianchetti

Pacifico (5/4/911), Camperio Ma- rino (10/8/922), Falasconi Egisto

(15/4/914), Felicetti Cesare (17/1/923), Giampieri Aurelio (26/12/919), Mar- coni Giuseppe (15/3/922), Spadari

Cesare (2/2/915), Zitti Nazzareno (4/9/914) e Socci Marino (23/8/912)

di Cantalupo.

Marino era un bersagliere, ma la guerra non ha rispetto per nessuna di-

visa e le sofferenze dei soldati erano uguali per tutti specialmente per colo-

ro che erano stati destinati sul fronte russo, dove il freddo e gli scarsi mezzi di cui disponevano hanno aggiunto sofferenze alle sofferenze. In tutte le

lettere inviate alla moglie e alle sorelle traspare molto chiara- mente questa sofferenza: “ma cosa ci vuoi fare bisogna farsi coraggio e speriamo che tutto vada bene e che il Signore ci aiutasse fino all’ultimo della nostra vita tribolata“. Questa frase rivela chiaramente la condizione difficile, quasi di rassegnazione, in cui Marino si trovava nell’agosto del 1942.

Le lettere sono scritte tutte su carta fornita dalle Forze Arma- te italiane dove la sofferenza dei soldati contrasta con le scritte fasciste che inneggiano alla vittoria e all’unità con i soldati tedeschi. “Fra germani- ci e italiani siamo un blocco di 150 milioni di uomini risolu- ti e compatti e piantati, dalla Norvegia alla Libia, nel cuore dell’Europa. Questo blocco ha

già nel pugno la vittoria”. Questi scritti far- neticanti ci danno la misura dell’orrore delle dittature e della guerra che non risolve mai i problemi delle nazioni ma genera solo tanti lutti e tanto dolore.

Marino faceva parte del 6° Reggimento Ber- saglieri che era inquadrato nella 3ª Divisione Celere Principe Amedeo Duca d’Aosta. Nel dicembre 942 tutto l’ARMIR (Armata Italia- na in Russia) era schierato sul fronte del Don come si può vedere dalla cartina allegata e nei primi giorni dello stesso mese si scatenò un potente attacco sovietico. L’azione dei russi rientrava nella grande battaglia di annienta- mento iniziata a Stalingrado e che già aveva travolto numerose divisioni germaniche e romene. Le nostre truppe, prive di armi mo- derne, che tenevano un tratto di linea asso- lutamente sproporzionato ai loro effettivi e ai loro mezzi, resistettero eroicamente e con grande dignità per molti giorni ma poi, esauste e isolate dagli alleati, senza rinforzi, senza più munizioni, dovettero iniziare il

indicata dal Ministero della Guerra, il 19 di- cembre del 1942 ed è indicato come ”irrepe- ribile”. Sono state fatte tante ricerche anche in maniera molto tardiva perché gli archivi di Mosca sono stati aperti solamente negli anni ‘990, ma del corpo di Marino e del luo-

Socci Marino

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ripiegamento: quella che fu detta “la marcia della morte”. La confusione generale e gli er- rori organizzativi impediscono di soccorrere con automezzi le migliaia di uomini in riti- rata che devono marciare a piedi, nella neve e con temperature di 30 gradi sotto lo zero, per centinaia di chilometri in cerca di una via di scampo. Male equipaggiati con vestiti e scarpe assolutamente inadatti: gli scarponi dei nostri soldati erano di cuoio autarchico e chiodate cosicché, attraverso i fori dei chiodi, l’acqua poteva penetrare all’interno favorendo il con- gelamento dei piedi, la testa era coperta con un semplice passamontagna, neppure di lana.

Non aggiungo altro nella descrizione delle atroci sofferenze dei nostri soldati, ma credo sia sufficiente per capire quale triste sorte sia toccata al nostro Marino e ai tanti che sono morti in questo indescrivibile modo; si cal- cola che l’Italia ha perduto, in Russia, 74.800 soldati morti in battaglia e nella tragica riti- rata. Nella scheda del Comune di Filottrano la morte di Marino, sul fronte del Don, viene

go della sua sepoltura nessuna traccia.

NOI VOGLIAMO RENDERE ONORE AD UN EROE DELLA NOSTRA TERRA, AL SUO SACRIFICIO SIMBOLO DELL’ANELI- TO DELL’UOMO VERSO UN MONDO DI PACE! GRAZIE MARINO.

(6)

di mina giuliodori

L

o Sri Lanka, conosciuto ufficialmente come Ceylon fino al 1972, deve la metafora della ‘la- crima’ – ma può essere rappresentato anche come grossa pera e goccia – alla sua forma e posizione nell’Oceano Indiano, al largo della costa sud-orien- tale dell’India, da cui è separato tramite il Golfo di Mannar e lo Stretto di Palk.

Erano anni che aspettavo l’occasione giusta di un viaggio organizzato, e con amici viaggiatori, per sod- disfare la mia curiosità di visitare lo Sri Lanka, che fino a qualche tempo fa e per circa un quarto di secolo, a partire dal 1983 – ma i motivi della contrapposizione nazionalistica risalgono all’epoca della dominazione coloniale inglese, terminata con l’indipendenza nel 1948 – era dilaniato da un susseguirsi di sanguinosi scontri armati. Il conflitto si svolse fra singalesi, che costituiscono l’etnia nettamente maggioritaria, e i ta- mil, di provenienza dal sud-est dell’India e stanziati a nord-est dell’isola; comportò gran-

de spargimento di sangue anche con omicidi e suicidi. Problema che influì negativamente sui rapporti civili e sulla crescita dell’economia. Nel frattempo, la situazione si aggravò con l’arrivo nel 2004 della catastrofe dello tsunami, la cui furia sulla costa uccise decine di mi- gliaia di persone e devastò molta parte delle regioni costiere e chilometri e chi- lometri di territorio verso l’interno.

L’occasione attesa si presenta con un viaggio fra il 2013 e il 2014.

Toccata terra a Colombo, capitale sostituita da Sri Jayewardanapura Kotte (certi nomi sono per noi impronun-

ciabili), ma sempre la città più grande del paese e la più importante per l’economia, le tappe del viaggio si snodano in molti dei siti tutelati dall’UNESCO come patrimonio dell’umanità, attraversando le Provin- ce del Nord-Ovest, del Centro-Nord, del Centro, del Sud, per ritornare ad Ovest: territorio prevalentemente pianeggiante (le montagne si trovano solo nella parte centro-meridionale) caratterizzato dal clima tropicale e dalla diffusione della foresta.

La prima visita ci mette in contatto con gli ele- fanti che vivono protetti ma in cattività permanente nell’ampio spazio dell’Orfanotrofio degli Elefanti a Pinnewala – località situata fra Colombo e Kandy –

V I A G G I & R E P O R T A G E {11}

V I A G G I & R E P O R T A G E {10}

dove sono accuditi dai loro guardiani, e dove i turisti possono soddisfare la loro curiosità. Nei giorni suc- cessivi la nostra guida, Nissanka, ci conduce alla sco- perta di rilevanti siti archeologici. Il primo assaggio avviene di fronte all’imponenza di Aukana (“man- giatore del sole”) Buddha, magnifica statua scolpita nella roccia in posizione eretta e alta dodici metri.

Ma è l’escursione ad Anuradhapura, il maggiore sito archeologico dell’isola e uno dei principali del mon- do, che allarga la scoperta e suscita ammirazione per le molte rovine ben conservate immerse nel verde. Si tratta di un complesso immenso che fa immergere nel buddhismo, con il gran numero di pellegrini per lo più vestiti di bianco, con le loro offerte di fiori bastoncini di incenso accesi bandierine multi- colori, e in preghiera – per altro rituali che si ripropongono pres- so tutti i templi buddhisti dello Sri Lanka. Ma ci fa immergere soprattutto, vicino al “Palazzo di bronzo” di cui rimangono i resti di 1600 colonne, con il colossale Sri Maha Bodhi, il sacro albero (Ficus religiosa), tra l’altro il più antico del mondo accudito per oltre 2000 anni, la cui auten-

ticità storica è comprovata; con il dagoba-pagoda bianco di Ruvanveli- saya, protetto da un muro di elefanti e circondato da un bel parco pieno di verde; con l’immensa cupola del- lo stupa Jetavana Dagoba, attual- mente alto 70 metri; con il Kuttam Pokuna, ossia vasche gemelle ma in realtà di diverse dimensioni, usate probabilmente da monaci, dotate di un sistema di riempitura e filtraggio dell’acqua. A 14 km da Anuradhapu- ra, di Mihintale abbiamo ammirato e fotografato la suggestiva scalinata orlata da alberi di frangipani: proibi- tiva, a detta della guida, la salita dei 1.840 gradini per raggiungere la cima della storica collina, a quell’ora del giorno.

Invece Sigiriya, la piattaforma rocciosa di origine vulcanica e con pendii ripidi, ricca di vedute e di teso- ri archeologici, circondata da fossati mura e giardini, si visita e come, e si scala. Con un’arrampicata sui gradini di roccia e proseguendo su una scala in acciaio, arrivia- mo a una terrazza e poi fino alla sommità della rocca, sede anticamente di un palazzo-fortezza, di cui sono rimaste soltanto le fondamenta: vi si gode uno splendi- do panorama! Lungo la salita è visibile qualche traccia degli affreschi che decoravano la parete rocciosa. Pitture rupestri che si ammirano però in notevole quantità e in migliore stato, ancora, in una galleria scavata a circa metà altezza nella roccia e coperta a riparare dal sole i dipinti, immagini di fanciulle sorridenti a seno nudo. A seguire, Polonnaruwa, altra antica capitale, ora ampio sito archeologico in cui spicca il gruppo del Palazzo Rea- le, una struttura che conserva tre dei sette livelli originari (a quanto si racconta) con muri spessi tre metri; con una breve passeggiata raggiungiamo il complesso di dodici edifici chiamato il “Quadrilatero” o Quadrangolo, di cui rimane un gruppo di rovine posto su una piattaforma sollevata. E poi il Vatadage, una costruzione tipica, a for- ma circolare dotata di guardiani di pietra e “pietre di luna” – mezzelune su cui sono incisi ad archi concen- trici motivi floreali e animali – sulla soglia delle quat-

tro entrate che conducono al dagoba centrale. E ancora, il Gal Vihara, un gruppo di quattro statue di Buddha, molto belle ma non tutte allo stesso livello, ognuna delle quali ricavata da un unico blocco di granito, e in diverse posizioni: una scultura con la figura eretta alta 7 metri, una del Buddha sdraiato che entra nel nirva- na e lunga 14 metri, due in posizione seduta. Il tutto purtroppo sormontato da una brutta tettoia di metallo che getta ombre sulle statue. Tante statue di Buddha e di altre figure anche all’interno dei templi scavati nella roccia a Dambulla, con le cinque grotte impreziosite da dipinti murali realistici a tal punto da sembrare tessuto.

Con l’arrivo a Kandy ci troviamo in una vera città, il cui centro brulica per il fermento dei mercati di strada e del traffico dei mezzi di trasporto, tra cui numerosi tuk-tuk, taxi a tre ruote di vari tipi, colori e decorazio- ni, guidati da persone che per integrare un reddito bas- so stanno svolgendo un secondo o terzo lavoro. Kandy è una città sacra del buddhismo, infatti una meta de- gli abitanti, almeno un pellegrinaggio nella vita, e dei turisti è il Tempio del Sacro Dente (salvato dalla pira funeraria del Buddha e introdotto in Sri Lanka) che sorge all’interno del Palazzo Reale, nei pressi di un in- cantevole lago artificiale; la reliquia, che nessuno può vedere, è protetta nel cuore di una serie di scrigni uno dentro l’altro a forma di dagoba. A pochi chilometri da Kandy, non si può che ammirare e lasciarsi trasportare dal fascino e dalla grandiosità (circa 60 ettari) dei Giar- dini botanici di Peradeniya, un parco dalle ricche col- lezioni di piante tropicali, tra cui ficus baniani enormi bambù viali di palme una serra di orchidee, ma anche pipistrelli giganti in volo o poggiati su alberi…

Proseguendo il percorso verso la zona montana di Nuwara Eliya, si incontrano tante piantagioni di tè, coltura introdotta durante la dominazione britanni- ca, con donne impegnate nell’operazione di raccolta manuale lungo le pendici, mentre un paio di uomini, secondo il sistema inglese a detta della guida, stanno fermi a osservare e controllare il ritmo del loro lavoro.

Collegata ad esse, la sosta per vi- sitare una fabbrica di tè.

Il penultimo giorno del nostro viaggio giungiamo a Rawana (ca- scate) Ella immerse in un paesag- gio verde suggestivo ma al momento con ridotta quan- tità d’acqua, e con tanti venditori ambulanti intorno. E verde è la vasta cornice di Buduruwagala, un sito iso- lato con statue di Buddha e altre figure stagliate nella roccia nel X secolo; una scultura è dipinta di bianco, le altre conservano solo tracce di colore. Concludiamo la giornata a Kataragama, centro religioso nell’estremo sud dello Sri Lanka che comprende in una parte un tempio induista e in un’altra un tempio buddhista; vi si incon- trano tanti pellegrini, famiglie con bambini, di tutte le religioni, induisti buddhisti musulmani, che visitano entrambi i templi portando offerte di frutta su vassoi in quello induista e di fiori in quello buddhista, per l’ac- quisto dei quali si trovano bancarelle vicino all’entrata e lungo il sentiero. C’è gran movimento, anche festoso;

per esempio, un folto gruppo di persone che contorna- no suonatori di tromba e di tamburi e danzatori scalzi sul terreno sabbioso, nel mezzo.

L’ultimo giorno di permanenza in Sri Lanka è ri- servato a un’escursione lungo un tratto di costa meri- dionale dell’Oceano Indiano, a Galle, e a Colombo.

Le spiagge, con le palme, sono luoghi incantevoli;

in un altro tratto dell’oceano suscita stupore, anche se sappiamo che si tratta di una rappresentazione per noi e non di attività vera in quel momento, la vista di due pescatori individuali

inerpicati su lunghe pertiche conficcate sul fondo dell’ac- qua vicino alla costa, e con una canna da pesca in mano:

un metodo curioso, tipico della tradizione singalese. È pesca vera, invece, quella cui assistiamo al momento del tiro di reti sulla spiaggia, della suddivisione e vendita di quel pesce freschissimo, con specie di crostacei mai viste, mentre lungo la strada si vendono noci di cocco reale caricate su biciclette.

Lacrima dell’India

lo stato insulaRe dello sRi lanka

Galle, capoluogo della Provincia meridionale, è una città situata all’estremità sud-occidentale, esem- pio di architettura tra i meglio conservati della colo- nizzazione europea, con la sua porta le fortificazioni il faro le chiese protestanti, ma anche con i suoi pit- toreschi vicoli; molto piacevole la passeggiata lungo un tratto dei bastioni!

E per finire, Colombo, da dove questo viaggio trop- po breve ha preso l’avvio. A pomeriggio piuttosto avan- zato, di Colombo si fa una visita panoramica, sufficien- te per rendersi conto del traffico abbastanza caotico della grande città, con auto pullmini carretti tuk-tuk in ogni dove; possiamo soffermarci solo sul Monumento all’Indipendenza, formato da un colonnato eretto nel 1948, che porta incisa nei bassorilievi della fascia supe- riore la storia dello Sri Lanka ex Ceylon.

Come in genere da tutti i viaggi, traggo dalla visita pur breve nello Sri Lanka un arricchimento di co- noscenza sia sul piano storico-artistico-culturale, sia sul piano naturalistico (pur sempre cultura) per la grande ricchezza e varietà di flora e fauna, certo non tutta incontrata. Il clima e l’abbondanza delle preci- pitazioni favoriscono una rigogliosa vegetazione, si parla infatti di oltre 3.000 specie in scenari che van- no dalla giungla alla foresta tropicale alla montagne alle lagune ai laghi alle spiagge con palme alle colli- ne di tè…; e un incredibile numero di specie animali che si trovano soprattutto nelle foreste e nei Parchi Nazionali: 92 di mammiferi, 435 specie di uccelli, 107 di pesci, 98 di rettili, 242 di farfalle.

(7)

I N O S T R I P O E T I ( 1 ) {13}

C omunemente, è “poeta” chiunque componga versi, siano essi lirici, epici, classici, romantici. I poeti nasco- no in ogni tempo e in ogni luogo, indi- pendentemente dalla loro razza, cultura e condizione sociale. Essi si esprimono in lingua o in dialetto e “cantano” quan- to loro suggerisce il cuore, inneggiando al Sacro e al profano, alla Patria e agli eroi, ai vivi e ai morti, ai cieli e alla ter- ra, ai monti e al mare, all’amore e agli affetti più cari dell’uomo e della donna.

Anche la nostra Filottrano ha avuto ed ha i suoi poeti. Ne tratteggerò alcuni, quelli che mi hanno colpito di più, sen- za nella togliere a quanti altri, forse con pari valore, hanno affidato alla Musa i loro versi.

Inizio questa serie con Germano Sas- saroli, il poeta che più rappresenta Fi- lottrano e al quale l’Amministrazione Comunale ha dedicato una via della cit- tà e la Direzione Didattica ha intitolato l’edificio della Scuola Elementare.

Più mejo de micchì non se po stà! Meglio di qui non si può stare!

Se magna senza spenne ri quatrì; Si mangia gratis;

Se ciarla, se sta allegri commo và, si chiacchiera e si sta allegri e ri dolori non se fa sintì. e i dolori non si fanno sentire.

Evviva dongua chi ce dà a magnà, Evviva dunque chi ci offre da mangiare, evviva ste vivanne e sto bon vì! Evviva queste vivande e questo buon vino!

Viva cinguanta ò tutti vuà! Viva cinquanta volte tutti voi!

Evviva chi ha ‘nventato San Martì! Evviva chi ha inventato San Martino!

Che a dilla chiara e tonna fra de no’, A dirla chiara e tonda tra di noi,

sci ce ne fosse al mese due o tre, se ce ne fossero due o tre al mese, per lia, che non se more da minchiò! non si muore certo da minchioni.

Aecce ri quatrì non è coè Che vale avere tanti soldi quanno s’ha da tené su ru comò; se si tengono dentro il comò;

ra mejo è dongua da magnà e da bé. è meglior cosa, dunque, mangiare e bere.

Germano Sassaroli

{1814-1887}

di giovanni santarelli

Di Germano Sassaroli ha scritto esau- rientemente l’amico Mario Filippi in una sua monografia del 1987, nel cen- tenario della morte del poeta. A me pia- ce qui riproporre un suo sonetto dialet- tale, non celebre e conosciuto quanto quello della “polenta”, ma ugualmente ilare e giocoso. A fianco la mia libera traduzione.

La vita e le opere di Germano Sassa- roli sono consultabili presso la nostra Biblioteca Comunale.

in occasione d’un san martino in campagna

(8)

S P O R T I VA M E N T E {15}

C R O N A C A & C U L T U R A {14}

In seicento per salutare Scarponi

di francesco fiordomo

un tRionfo di pubbliCo peR il Raduno del fans Club dell’aquila

di filottRano

G

rande festa per Michele Scarponi.

Quasi 600 tifosi hanno gremito l’Hotel Anton di Recanati per il radu- no annuale del Fans Club guidato da Fabio Bucco. Sono arrivati anche da Treviso, Biella, Foligno, dall’Abruzzo per incoraggiare l’Aquila di Filottrano reduce dal tour in Argentina ed in pro- cinto di partire per la Spagna.

Tirato a lucido, su di giri e davvero elegantissimo, Scarponi è entrato in sala con la moglie Anna ed i piccoli gemellini che indossavano la maglia dell’Astana. Due gregari di lusso per papà Michele che affronta la nuova sta- gione con idee chiare e tanta energia. “I cambiamenti fanno bene, dopo tre anni avevo questa esigenza e sono contento della scelta fatta, all’Astana ho trovato grande organizzazione e un gruppo con il quale si può lavorare bene – ha detto Scarponi –. È risaputo che nelle ultime stagioni qualche problemino c’è stato. Ci mettiamo una pietra sopra, adesso sono molto concentrato sulla nuova avventura. In Italia penso di de- buttare con la Tirreno-Adriatico, poi il Giro d’Italia. È l’obiettivo della stagio- ne”.

Per evitare i problemi del recente pas- sato, sembra che nel gruppo Astana il patto sia di ferro. “Nibali punta al Tour, aveva bisogno di una spalla di qualità e non potevano che chiamare Scarponi- sorride l’atleta di Filottrano-, sarò alsuo fianco, con licenza di fare qualcosa di buono in alcune tappe o in situazioni che si possono creare. Al Giro d’Italia i compagni lavoreranno per me, ci sa- ranno tanti avversari agguerriti ma non li temo, mi farò valere, gli anni passano e non ho tanto tempo a disposizione.

Ho vinto a tavolino un Giro d’Italia, vorrei vincerlo ancora indossando la maglia rosa”.

F

igura caratteristica, sia per le sue quali- tà professionali, meccanico specializ- zato nella riparazione di macchine agri- cole, che per la sua passione per il volo, Candido Pasquini , che gli amici chiama- no “Candì“, ha avuto una grande avven- tura in volo. Candido, ex paracadutista ed appassionato di volo, ha una grande esperienza acquisita durante il servizio militare e con la costante attività con deltaplani ed ultraleggeri;

si è costruito da se un ul- traleggero, il “Pipistrone”, che viene custodito presso l’hangar, in territorio di Monefano, proprio sulle sponda sud del Fiumicel- lo; a fine settimana que- sto luogo è pieno di vita e Candido non manca mai di farsi un volo, attorniato da tanti amici appassiona- ti di volo e paracadutismo.

Candido, nella notte tra

il 16 e il 17 febbraio scorso, era in volo, di ritorno dal Ciad su un aereo delle Airlines da Addis Abeba a Roma ed era tranquillo anche perché volare è la sua vita e il viaggio procedeva regolarmen- te e mai si sarebbe aspettato una disav-

Cosa ne pensa Scarponi delle esterna- zioni di Danilo Di Luca che hanno fat- to tanto discutere innescando l’ennesi- ma polemica sul ciclismo? “Penso che non si perda mai l’occasione di sparare sul ciclismo. Questo sport è passione, sudore, sacrificio, rinunce continue e pesanti. Le vittorie si costruiscono con la serietà e il sudore. Non è possibile mettere tutto e tutti sullo stesso piano, generalizzare, non è più tollerabile che del ciclismo si parli in termini negativi.

Delle parole di Di Luca mi ha colpito il clamore suscitato dalle sue parole, e le molte strumentalizzazioni”.

Impegnatissimi gli appassionati del suo Fans Club che conta 350 iscritti, sia marchigiani che di altre regioni. A guidare il gruppo c’è sempre Fabio Buc- co che si avvale della collaborazione di Niso Belardinelli, Oliviero Graziosi, Franco Canullo, Alessio Franciolini, Bruno Quercetti, Giorgio Grassi, Gior-

dano Giacchè ed Enzo Marinelli. “Da dieci anni siamo a fianco di Michele ed è stato un susseguirsi di emozioni rac- conta- racconta Bucco-anche quest’an- no ci stiamo organizzando e il succes- so del raduno dell’Anton ci dà nuova energia. Qualcuno ha già prenotato il Camper per le tappe dolomitiche e stia- mo cambiando i vessilli. Ora ci sono i colori dell’Astana e devo dire che siamo molto contenti e curiosi”.

Tra i seicento tifosi di Michele Scar- poni anche il Presidente della Federci- clismo Marche, Lino Secchi, Francesco Lasca, Giorgio Farroni, Barbara Lancio- ni, il sindaco di Filottrano, dirigenti ed organizzatori del territorio. Lando e Dino hanno poi concluso il pomerig- gio nel segno della risata.

(l’articolo viene pubblicato per gentile concessione del Corriere Adriatico che l’ha presentato nel numero di lunedì 3 febbraio) ventura come

quella di essere dirottato a Gi- nevra.

“Mi trovavo su quel volo – così ci rac- conta – di ritorno dalla capitale del Ciad dove ero stato per lavoro. Avevo raggiun- to un filottranese mio amico che esporta attrezzature industriali e macchinari per il movimento terra e servivano delle ri-

parazioni urgenti in quanto i mezzi si erano guastati mentre stavano lavorando su una cava di pietra nel Ciad. Non era la prima volta che ci andavo, ma questa proprio non la dimenticherò mai. Mi sono imbarcato ad Addis Abeba e dopo

un’ora e mezzo di viaggio sono iniziate cose strane: le mascherine dell’ossigeno che venivano giù, le manovre repentine e inusuali per un volo di linea. Una voce dall’altoparlante ci parlava in inglese, ma io non lo capivo… pensavo fosse il co-

mandante, invece no. Solo dopo ho capito che era il co-pilota e che stava suc- cedendo qualcosa di ano- malo, ma non riuscivo ad immaginare cosa“.

L’aereo è atterrato all’ae- roporto di Cointrin di Gi- nevra alle ore 6:05 senza conseguenze per i 198 pas- seggeri. Candido è sbar- cato sano e salvo senza aver subito alcuna paura durante lo strano viaggio esercitando anche un’opera di tranquil- lizzazione sulle spaventate persone che viaggiavano accanto a lui. Bentornato,

“Candì“, i filottranesi continueranno a vederti volare sul tuo “pipistrone”!

(Cisi)

L’avventura di Candido Pasquini

(Candì)

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