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Numero 5/2019. Il dibattito economico oltre i confini a cura dell'osservatorio Economico e Finanziario Area Politiche per lo Sviluppo.

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Numero 5/2019

Il dibattito economico oltre i confini

a cura dell'Osservatorio Economico e Finanziario Area Politiche per lo Sviluppo

Redazione:

Nicoletta Rocchi Angela Potetti Paolo Picariello

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EUROPA

SOMMARIO:

Alcuni interventi, scelti tra i tanti, concernono i risultati delle recenti elezioni europee.

Cominciamo con The New York Times del 29.5: Le elezioni accendono una luce sulla polarizzazione nell'EU. Salvini, sostiene l'articolo, si è goduto il trionfo elettorale del suo partito di estrema destra; l'Europa è diventata l'incubatrice del risorgente nazionalismo;

c'è - come sostiene un ex diplomatico italiano in pensione - "uno spostamento a destra nell'equilibrio politico, con i politici che, potendo cercare bypassare le istituzioni e i tradizionali sistemi di check and balances rivolgerndosi direttamente al popolo e questo può portare a una fase in cui si perde la democrazia"; i partiti che erano al cuore della politica europea dalla II guerra mondiale sono cauti a pezzi. La domanda è: è una malattia allo stato terminale o, data l'alta volatilità dei risultati elettorali, è solo un gran mal di testa contemporaneo?

The New York Times del 21.5 si era già occupato del tema prima delle elezioni: Le elezioni europee misureranno il potere dei populisti. Anche se le forze populiste non sono d'accordo tra di loro su tutto, potranno comunque fare disastri perchè non avranno seggi sufficienti per agire in totale autonomia ma ne avranno a sufficienza per creare problemi e difficoltà serie non solo sulla produzione legislativa ma anche sulle nomine, il bilancio EU, gli accordi commerciali.

Su Project Syndicate del 27.5: Il gioco dei Troni Harold James sostiene una tesi differente: le elezioni europee nascono da una storia lunga e complessa e hanno avuto un risultato insoddisfacente per molti. Tuttavia, nonostante la conclusione piuttosto confusa e non chiara, il panorama politico europeo è cambiato in modi importanti, con i partiti tradizionali costretti a riorganizzarsi o a essere sostituiti. Il Trono din spade potrebbe dunque non essere finito.

Sempre su Project Syndicate del 7.5, George Soros scrive: La maggioranza silenziosa d'Europa parla male. la tesi sostenuta è che ciò che gli elettori hanno detto nelle elezioni europee è che vogliono preservare i valori su cui è fondata l'Unione Europea; ma i leader europei sono in grado di portare avanti le riforme che vogliono i loro elettori?

Su Social Europe del 14.5 un articolo di Branko Milanovic: Dove sono i limiti dell'Europa, sostiene che l'allargamento dell'EU a 28 ha unito paesi ed economie tra loro troppo diversificati, come si evidenza dagli indici Gini tra i paesi stessi. Il suggerimento è di fermare l'allargamento e creare le condizioni nei paesi che vogliono entrare per potelo fare in termini più paritari.

Un Big Read del Financial Times del 16.5: il PPE fa delle previsioni relativamente al dopo elezioni su questa importante forza politica europea. Da 20 anni il PPE di centro destra è dominante nelle politiche EU, ma sta rischiando il rinculo, coi partiti populisti che prevedibilmente ridurranno la sua influenza a Bruxelles.

Su Social Europe del 23.4 Colin Hines scrive: Un social and green new deal per invertire la marea populista. Un social green new deal europeo che respinga l'austerità

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e aumenti i fondi per l'occupazione, che sviluppi un programma di infrastrutture verdi per la de-carbonizzazione dell'economia, dell'energia e dei trasporti.

Su Project Syndicate dell'8.5 Silvia Merler, Simone Tagliapietra e Alessio Terzi scrivono: Ascoltare la maggioranza silenziosa dell'Europa. Gli autori danno conto di un'analisi dell'Eurobarometer il quale mostra che la quota degli europei attaccati all'EU è cresciuta al 56%. Tra i giovani la percentuale sale al 73%. E questi trend sono presenti anche nei paesi più euroscettici come l'Ungheria e l'Italia. C'è dunque crescente sostegno all'azione a livello EU e per innescare questo circolo virtuoso i governi devono investire risorse in politiche e programmi che stabiliscano un legame diretto coi cittadini.

Un interessante articolo, anche se un pò vecchiotto è quello sul Financial Times del 16/17.3: Europa: una storia di sospetti e di incomprensioni, di Tony Barber. Dopo avere commissionato la scrittura di un capitolo di un libro di storia europea comune a uno storico di ciascun paese, si è presto arrivati ad abbandonare il progetto: il britannico ha accusato lo storico spagnolo di avere definito "pirata" Francis Drake che per i britannici è l'eroe marinaio elisabettiano, vincitore dell'Invincibile Armada.

Riportiamo anche il programma proposto da Emmanuel Macron comparso su Project Syndicate del 4.3: Rinnovare l'Europa. Il manifesto del presidente della Francia per rafforzare e rinnovare l'Unione europea: l'Europa non è solo un mercato bensì un progetto e il rinnovamento va costruito intorno a 3 ambizioni: difendere la libertà, proteggere il continente, ritrovare lo spirito del progresso.

Ritorna su Social Europe 28.2 il quesito posto da James Galbraith: Come finanziare il Green New Deal in Europa. Piketty dà una risposta diversa da quella di Varoufakis.

L'autore propende per la seconda, che segue il perscorso del New Deal di Roosvelt.

Anche Stard Hollande su Social Europe del 28.2 scrive: Dove sbaglia Piketty. Il manifesto per la democratizzazione dell'Europa proposto da Piketty e altri ha visto la contrapposizione della proposta di Varoufakis di un Green New Deal finanziato con l'emissione di bond mentre il primo è finanziato dalle tasse.

Un articolo tra i tanti sulla brexit quello comparso sul Financial Times del 20.5 a firma Wolfgang Munchau: le dispute sulla brexit si impongono sulle scelte dell'EU. Perchè prolungare l'incertezza della brexit, è la domanda. Ilrischio di un'uscita improvvisa è equilibrata dal rischio di una brexit che impedisca l'agenda di riforme proposta da Macron.

Alcuni articoli sulla BCE e l'eurozona. Il primo è sul Financial Times del 24.6: Fare tutto quello che serve per l'euro di Wolfgang Munchau: Con la fine del mandato di Mario Draghi, considerato il salvatore dell'euro, il prossimo presidente della BCE avrà un compito duro. La banca non ha più munizioni: non ci sono più bond tedeschi, olandesi e finlandesi da comprare sul mercato. I leader europei farebbero bene a porsi il problema di come creare le condizioni perchè si possa agire come ha agito Draghi in caso di necessità.

Questa riforma è più importante della stessa nomina del nuovo presidente.

Infine un editoriale di The Economist del 22.6: Quale Boris vorrebbe la Gran Bretagna? Un'analisi spregiudicata su quello che si prevede sarà il prossimo primo ministro britannico.

Segue la segnalazione di tre report, tutti reperibili su Social Europe.

Il primo è il Rapporto dell'Eurofound sul futuro del manifatturiero in Europa: Le implicazioni occupazionali di una forte crescita delle tariffe globali. Pubblichiamo solo l'introduzione e le considerazione conclusive.

Il secondo è l'Indipendent Annual Sustainable Economy Survey (7°rapporto).

Pubblichiamo il sommario esecutivo: l'eurozona non è pronta alla prossima recessione perchè persistono gli squilibri e la struttura istituzionale resta incompleta.

Il terzo è il Minimum Wage report 2019 del WSI (Institute of economic and social reserach della Hans Bockler Stiftung): È il momento di un sostanziale incremento del minimum wage e di una politica di minimum wage di dimensione europea.

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Aggiornamenti

Seguono ora alcuni articoli tradotti più di recente.

È una miscellanea di articoli sul dibattito politico globale, sulle politiche economiche e finanziarie, sulle tecnologie e l'ambiente:

Su Project Syndicate del 30.5 Joshep Stiglitz scrive: Dopo il neo-liberismo. Negli ultimi 40 anni gli US e le altre economie avanzate hanno perseguito un'agenda di libero mercato, con tasse basse, deregolamentazione e tagli ai programmi sociali. Non ci sono più dubbi che questo approccio sia fallito in modo spettacolare; l'unica domanda è cosa verrà - o dovrebbe venire - dopo.

su Project Syndacate del 31.5 Simon Johnson scrive: Il paradosso populista. L'autore sostiene che quando i populisti anti-establishment arrivano al potere, attuano una serie di politiche che portano a una minore crescita economica e a un minor numero di posti di lavoro. Eppure, più arrabbiate diventano le persone, più è facile persuaderle che i media sono di parte, che gli esperti sbagliano e che i fatti non sono fatti. Per cui il superamento del paradosso populista - e la prevenzione della relativa spirale economica discendente - richiede politiche volte a creare più buoni posti di lavoro ovunque. E' una scommessa che i difensori della democrazia liberale non possono più evitare.

Su Social Europe del 21.5 Paul Mason torna sul suo tema, quello del post-capitalismo:

La città post-capitalista....via Amsterdam 1619. La tesi sostenuta è che ciò che rende la città del 211esimo secolo precorritrice del mondo post-capitalista è che, per la prima volta nella storia moderna, la rete può trascendere il mercato.

Su Project Syndicate dell'11.6 Dani Rodrik si interroga: Le regole globali possono prevenire l'autolesionismo? La tesi sostenuta è che la maggior parte delle disavventure politiche nell'economia globale odierna - come nel caso della tariffe imposte da Trump - si verificano a causa di fallimenti nazionali e non della mancanza di cooperazione internazionale. E, con l'eccezione di due casi, ai paesi dovrebbe essere permesso di commettere errori.

Su Social Europe del 12.6 è affrontato il tema dei Big Data: Big Data e il recinto dei beni comuni di Ekkerhard Ernst: le distopie digitali sono esagerate, ma le disuguaglianze continuano a crescere. La risposta sta nel trattare i dati come beni comuni e i Big data come tema di azione collettiva.

Sul Financial Times del 21.6 Brooke Masters scrive un interessante articolo su I plutocrati stanno costruendo l'agenda delle Università. L'intervento dà conto delle donazioni dei ricchi e delle distorsioni che generano.

Due articoli sulla Cina. Il primo, su Project Syndicate del 2.6: La vittoria di Deng Xiaoping di Ian Buruma. L'autore è critico sulla figura di Deng. A decidere e fare il massacro degli studenti indifesi e di altri cittadini nella piazza Tiananmen di Pechino, non è stato il comunismo, ma una versione del capitalismo autoritario. E' un modello che piace agli autocrati di tutto il mondo.

Su Project Syndicate del 28.5 un intervento di Michael Spence: Oltre la disoccupazione: nelle economie moderne, si può avere un lavoro ma si continuano a nutrire preoccupazioni importanti in molti settori, tra cui la sicurezza, la salute, l'equilibrio tra lavoro e vita privata, il reddito e la distribuzione, la formazione, la mobilità le opportunità. Concentrandosi esclusivamente sul tasso di disoccupazione i policymakers ignorano molte dimensioni dell'occupazione che influiscono sul benessere.

Sempre su Project Syndicate del 28.5 Howard Davies offre Una guida per i responsabili della crisi. Un libro scritto da tre autrici, protagoniste della crisi finanziaria in cui si esamina il passato. Ma è interessante per le proposte per il futuro.

Su Project Syndicate del 29.5: Chiudere il gap della global governance di Kermal Davis. L'attuale ondata di nuove tecnologie probabilmente trasformerà il mondo,forse più profondamente che mai e potenzialmente accelererà la crescita economica. Trovare modi efficaci per governare il questo ambiente digitale sarà la sfida globale più grande del

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21esimo secolo.

Su The New York Times del 26.6 un articolo di Davidf Brooks: Come l'intelligenza artificiale può salvare le nostre vite. partendo dall'esempio dell'esperimento effettuato quest'anno all'Università di san Francisco, dove, collegando le persone al monitor del cervello sono stati in grado di generare un linguaggio sintetico simile a quello naturale con la sola attività cerebrale, l'articola illustra le molte possibilità dell'AI.

Su Project Syndicate del 24.6 Johan Rockstrom scrive: Arrivare alle emissioni zero- net: a un certo punto le energie rinnovabili saranno così economiche affidabili ed efficaci che i combustibili fossili non avranno più senso logistico o economico. Ma, seppure questo memento arriverà prima di quanto ci si aspetti, non sarà mai abbastanza presto. A meno che i governi non agiscano a partire dal vertice del G20 a Osaka.

Infine due articoli sulla moneta globale annunciata da facebook. Il primo, sul Financial Times del 22/23.6 di Chris Hughes: La moneta di Facebook sposta il potere nelle mani sbagliate. Il secondo, sempre sul Financial Times del 26.6: Facebook entra in acque rischiose di Martin Wolf.

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Le elezioni accendono la luce sulla polarizzazione dell'EU

I populisti hanno raccolto seggi in parlamento, ma così hanno fatto anche i partiti di sinistra

Lunedì Matteo Salvini si è goduto il trionfo dopo la forte vittoria del suo partito di estrema destra, la Lega, nelle elezioni pr il parlamento europeo che lo hanno reso il politico dominante in Italia e il più forte pretendente alla leadership dei populisti europei.

Ma se, negli ultimi anni, l'Europa è stata l'incubatrice del risorgente nazionalismo, ora si sente come un attivo campo di battaglia.

Con il progetto di unità dell'Europa vecchio di decenni sempre più in bilico, il voto di questo week end ha energizzato entrambi i fronti di un continente polarizzato. E' stato uno scontro tra nazionalisti arrabbiati e ostili che vogliono respingere quella che vedono come una burocrazia remota che ha voluto strafare a Bruxelles contro quelli che erano una volta i soddisfatti sostenitori dell'Europa che hanno cercato di difendere un'unità che non più essere data per scontata.

"C'è un vento di energia positiva" ha detto Salvini il cui partito anti-immigranti ha ottenuto il 34% dei voti in Italia. "Ha portato aria fresca".

Forse. Se i populisti hanno aumentato la loro fetta di seggi nel parlamento europeo, è stato tuttavia loro negato quella sorta di terremoto di dimensione europea che i loro sostenitori avevano predetto - e i loro critici temuto - perchè la partecipazione al voto in alcuni posti è balzata al livello più alto da 20 anni.

Quasi il 75% degli elettori sostiene ancora partiti che sostengono l'Europa, bloccando una grande vittoria populista. I partiti pro-Europa come i verdi hanno ottenuto risultati insperati.

Per i critici di Salvini - che lo vedono come una versione europea del genere di uomo forte populista che sembra in ascesa in tutto il mondo - l'aria che la lasciato entrare è una nociva nebulosità.

Le recenti elezioni in India, Australia e Filippine hanno dimostrato sostegno pubblico ai leaders duri e Salvini e gli altri populisti europei stanno cercando di schiacciare qualcuno degli stessi pulsanti. Si oppongono all'immigrazione, accusano la globalizzazione,promettono di ritornare ai bei vecchi tempi andati.

ma come hanno ampiamente rivelato le elezioni europee, questo appeal ha dei limiti, almeno per ora, perchè si mobilitano anche gli oppositori, in un'era di volatilità politica. Le elezioni mostrano che il pubblico non vuole abbattere l'unione europea e se molti vogliono cambiarla,spesso non sono d'accordo sul come.

Se poco altro è stato chiaro nella spaccatura dei risultati, le elezioni hanno dimostrato che le linee di battaglia tra i populisti e l'establishment politico stanno ancora formando una cruciale - e complicata - arena politica.

"La vecchia divisione destra-sinistra è sostituita da una spaccatura dominante tra populisti e anti-populisti" ha detto Kaki Laidi, professore di analisi politica all'Università di Parigi nota come Science Po. L'Europa è in uno stato di fermento politico fin dalla crisi del 2008, che ha creato divisioni tra nord e sud, ricchi e poveri e ha generato risentimenti che sono esplosi nel rinculo populista dopo la crisi migratoria del 2015.

Nuovi partiti o quelli che una volta erano marginali in molti paesi improvvisamente hanno trovato nuovi elettorati mentre l'establishment politico è crollato in Grecia, Spagna, Italia, Francia e altrove. Nel voto del week end, la leader del partito nazionalista di estrema destra francese, Marine Le Pen ha sconfitto il presidente Emmanuel Macron che si presentava come il volto della modernità filo-europea.

Nell'Europa dell'est, leaders di destra in Ungheria e Polonia guidano ora i governi nazionali e normalmente sfidano le norme istituzionali democratiche dell'Unione Europea. Il partito di Viktor Orban, primo ministro ungherese che ha minato le norme democratiche, ha ottenuto più della metà dell'elettorato.. Ma in Germania e altrove, le forze populiste non hanno rispettato le attese e la minaccia a un establishment europeo che ha perso voti è venuta da forti affermazioni dei Verdi e dei liberali, entrambi solidamente filo-europei.

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In Italia, luogo di nascita del fascismo e poi membro fondatore del bloco europeo, Salvini ha superato le sue più alte aspettative. Questo risultato ha già cementato il suo dominio sulla politica italiana.

Ma è stato accompagnato anche dal collasso di un'altra forza populista, il suo partner di coalizione, N^Movimento 5 stelle - così come ha fatto la sorprendente ripresa del partito democratico di centro sinistra, filo-europeo, dopo la sua esperienza quasi mortale alle elezioni nazionali dell'anno scorso. Il linguaggio divisivo contro l'Unione europea come causa di tutti i mali del continente "ha in realtà galvanizzato la gente" ha detto Nathalie Tocci, direttore dell'istituto per gli Affari Internazionali italiano e senior adviser del capo della politica estera europeo. "Improvvisamente l'Europa ha significato qualcosa!.

Tocci ha sostenuto che dato il risultato della partecipazione al voto e il ringiovanimento dello spazio politico europeo determinato dalla nuova presenza dei verdi e dei liberali "i nazionalisti non sono andati così bene come molti avevano temuto".

La vittoria di Salvini, ha detto la Tocci, ha reso quasi impossibile l'isolamento dell'Italia in Europa e considera l'intensione di Salvini di formare un gruppo populista al parlamento europeo fino a 140 membri "completamente irrilevante".

Fuori dall'Italia, non era chiaro che ci fosse un movimento populista pan-nazionale alla guida. "Già all'interno della sua alleanza nazionalista o comunque lui la chiami, già all'interno di quel gruppo sono discordi tra di loro" ha detto Tocci.

"Si, sono anti-immigrazione, ma Salvini è quello che dice agli altri paesi europei che devono condividerne l'onere" ha aggiunto"Ma provate a convincere Orban. Fate pure.

Questo è il punto dei nazionalisti. Non si aiutano l'uno con l'altro".

Malgrado i populisti di estrema destra europei non abbiano corrisposto alle peggiori paure dell'establishment politico, purtuttavia Salvini ha preso quasi un terzo dei voti nel suo paese.

Ci è riuscito sfruttando il vento politico oggi prevalente in buona parte del mondo,con gli autocrati in Russia e Cina che stabiliscono il ritmo della competizione geopolitica e il presidente Trump che agisce come un one-man stress test del sistema americano di checks and balances. Leaders dal pugno duro, spesso con impulsi antidemocratici sono saliti al potere un pò ovunque.

L'incumbent primo ministro indiano, il polarizzante nazionalista hindu con tendenze di destra narendra Modi ha ottenuto una stupefacente rielezione la settimana scorsa., con un'agenda populista a favore della maggioranza Hindu in India e determinando nuove paure alle comunità minoritarie nel paese, soprattutto i musulmani.

Il presidente Rodrigo Duerte delle Filippine, che ha intrapreso una campagna anti-droga che gli attivisti sui diritti civili stimano abbia ucciso 200.000 sospetti spacciatori, ha ottenuto questo mese al senato più seggi, cancellando completamente l'opposizione all'upper house."Così muore la democrazia nella nostra epoca, sulle spalle di un demagogo che inaugura una dittatura popolare con il consenso delle masse e persino delle elite." ha detto Richard Heydarian, professore di scienze politiche e autore di

"L'ascesa di Duerte:Una rivolta populista contro la democrazia dell'elite".

Ciascun paese aveva le sue sfumature e complessità, ma da un punto di vista globale, era chiaro dove stesse spostandosi l'asse politico.

"C'è uno spostamento a destra dell'equilibrio politico" ha detto Stefano Stefanini, un ambasciatore italiano NATO in pensione.

"I leaders possono cercare di bypassare le istituzioni e i tradizionali sistemi di cheecks and balances rivolgendosi direttamente al popolo" ha detto "E questo può portare a una fase in cui perdi la democrazia".

Questo punto non è ancora arrivato, ma egli teme che gli strumenti di social media come facebbok e Twitter, così adorati da Trump e da Salvini, possano accelerare il processo.

"La democrazia contemporanea corre lo stesso rischio della democrazia dell'antica Grecia: trasformarsi in tirannide" ha detto.

In Europa, gli sconvolgimenti dell'identità politica - migrazione, globalizzazione,

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disuguaglianza economica - avevano portato a mettere seriamente in discussione la democrazia liberale di mercato, ha detto Roberto Menotti, senior adviser all'Aspen Institute Italia.

"In genere il cambiamento crea paure e questa è probabilmente una semplice spiegazione di tale spostamento" a destra , ha detto "Ma, al tempo stesso, mi sembra che un altro grande trend sia la volatilità".

I partiti che erano al cuore della vita politica europea dalla II guerra mondiale sono caduti a pezzi e i risultati elettorali li hanno ulteriormente erosi. Il brexit party, un vero e proprio pop-up che è spuntato solo qualche settimana fa ha ottenuto circa il 32% del voto in Gran Bretagna.

"Se sia una specie di malattia terminale o solo un gran mal di testa temporaneo di certo non lo sappaiamo" ha detto Menotti.

Ciò che è chiaro nella storia recente, specie in Europa, è che le cose cambiano molto velocemente. Solo 5 anni fa, l'ex primo ministro Matteo Renzi, dell'italiano partito democratico, divenne un mito della sinistra europea ottenendo più del 40% alle elezioni europee.

Il Movimento 5 stelle , partner di coalizione della lega, è diventato il primo partito italiano alle elezioni politiche dello scorso anno, ma ora ha perso metà del sostegno e sta dietro al partito democratico. Salvini, operativo in politica da una vita, non ha perso tempo a cercare di consolidare la sua vittoria con acquisizioni che possono aiutare la sua longevità.

Lunedì pomeriggio, ha ripreso la campagna elettorale, sostenendo a Roma che il risultato elettorale gli dava il mandato di rinegoziare le regole di bilancio europee imposte per abbassare il debito italiano pericolosamente alto ma che potrebbero urtare i suoi piani di introdurre popolari tagli fiscali.

"Userò il consenso per cercare di cambiare le regole europee che stanno danneggiando il popolo italiano" ha detto.

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Le elezioni EU misureranno il potere dei populisti.

Il voto è considerato fondamentale nella formazione del corso del blocco nei prossimi 5 anni

Da settimane i populisti europei di estrema destra si sono lanciati attraverso il continente, presentandosi come un fronte unito che batterà l’establishment politico e otterrà un grosso sfondamento nelle elezioni europee di questa settimana.

L’ultimo abbraccio del gruppo è avvenuto a Milano sabato sera, dove l’agitatore italiano, Matteo Salvini, si è pavoneggiato con l’icona della destra francese, marine le Pen e quasi una dozzina di altri leaders populisti. Hanno sferzato l’Unione Europea, i migranti e l’Islam e hanno promesso l’aurora di una nuova era nazionalista.

Ma di una cosa non hanno parlato:dello scandalo scoppiato nel week end in Austria che ha portato al collasso della coalizione di governo della nazione dopo che il vice cancelliere di estrema destra è stato incastrato in un video mentre prometteva favori a una donna che affermava di essere un investitore russo.

Lo scandalo ha scosso l’Austria. Il vice cancelliere, leader del Partito della Libertà di estrema destra, si è immediatamente dimesso e sono state convocate nuove elezioni per settembre. Ma se ne è anche mormorato in tutta Europa, solo pochi giorni prima delle elezioni europee, come un remainder che la Russia ha profondi legami anche con molti altri partiti populisti.,

“Ciò che è strano” ha detto un parlamentare conservatore britannico, Tom Tugendhat, “è quanti di questi movimenti nazionalistici sembrano essere a favore della Russia e non del proprio paese”.E’ troppo presto per sapere se lo scandalo austriaco influenzerà le elezioni del parlamento europeo che cominciano giovedì e finiscono domenica. Le elezioni sono fondamentali per la formazione del corso dell’EU nei prossimi 5 anni, specialmente se i leaders mainstream riusciranno a recuperare i voti alienati.

Infatti, il voto ha determinato un netto contrasto: i populisti stanno giocando con la rabbia e il nazionalismo, mentre i leaders mainstream stanno cercando di vendere ai loro apatici elettori il mantenimento dello status quo. IL presidente francese Macron, che incarna l’establishment europeo, sostiene che occorre più Europa e non meno.

“Queste elezioni sono tra i costruttori e i demolitori” ha detto Marietje Schaake, parlamentare social-liberale olandese.-. “Le persone andranno a votare nella consapevolezza di ciò che è in gioco?” Molti populisti di estrema destra considerano le elezioni come un barometro di quanto sia arrabbiata e alienata l’Europa e come la loro migliore possibilità da anni di allargare il loro potere a Bruxelles, sede dell’unione europea. Non si prevede che i populisti ottengano il maggior numero dei 751 seggi al parlamento europeo, tanto meno la maggioranza, ma gli analisti prevedono un grande sfondamento elettorale che certamente disgregherà la politica europea.

“Per la prima volta vedremo una significativa rappresentanza populista a livello europeo”

ha detto Mujtaba Rahaman, managing director per l’Europa all’Eurasia Group, una società di consulenza per il rischi politico, “così c’è quanto meno un rischio di insorgenza polpulista che cercherà di conquistare o paralizzare le istituzioni dall’interno, con implicazioni sulla capacità di agire dell’Europa”.

Prima di questo weekend, la Russia non era mai stata un tema principale alle elezioni se addirittura non lo era del tutto. Ma gli stretti legami tra il Partito della Libertà austriaco e la Russia non sono un’anomalia.

Salvini, il leader della populista Lega, in Italia, è da molto tempo esplicito nel suo apprezzamento del presidente Putin e ha indossato un t-shirt con Putin in una riunione del ParlaMENTO Europeo, Le Pen è fortemente filo-Russia e il suo partito di estrema destra una volta ha ricevuto prestiti da una banca di stato rusa.

Da anni Putin coltiva i legami con i partiti estremisti europei come alleati nel suo tentativo di incoraggiare la frammentazione politica dell’EU. Molti dei partiti mainstream continentali considerano Putin con cautela o sfiducia esplicita, mentre molti leader populisti hanno

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chiesto legami più stretti con la Russia.

La Russia è chiaramente interessata al risultato delle elezioni del parlamento europeo.

Investigatori, gruppi di appoggio e accademici dell’EU dicono che websites e social media accounts legati alla Russia stanno diffondendo un’enorme quantità di disinformazione intesa a screditare i partiti mainstream prima delle elezioni.

Agata Gostynska Jakubowska,una senior research fellow al Center for European Reform di Bruxelles ha detto che lo scandalo austriaco è una tempestiva munizione per chi sostiene che i partiti populisti sono profondamente compromessi dai loro legami con Putin.

“Rafforza chi si interroga sulle buone intenzioni dei populisti e chi chiede maggiore trasparenza nel modo in cui questi partiti sono stati finanziati e investigazioni sui loro legami con la Russia” ha detto.

La politica europea si sta frammentando dalla crisi del 2008 e la rabbia populista si è approfondita dopo l’afflusso dei migranti dall’Africa e dal Medio oriente, facendo rivivere alcuni dei peggiori e più vecchi impulsi del continente. L’antisemitismo è in crescita, sentimenti anti-elite e anti-immigranti restano acuti. Movimenti nazionalisti e identitari o nazionalisti bianchi stanno guadagnando influenza, mentre i partiti neo-fascisti, una volta marginalizzati, si fanno sentire di più. Tuttavia se i populisti una volta dichiaravano di volere abbattere l’EU, hanno ora ammorbidito i loro programmi per venire incontro all’opinione pubblica. I sondaggi negli stati membri, tranne la Gran Bretagna, mostrano che gli elettori, anche se scontenti della situazione attuale, vogliono cambiare il blocco ma non distruggerlo. Per questo, leaders come Salvini e Le Pen parlano di cambiare l’Unione europea dall’interno.

Invocando temi bollenti come l’immigrazione, il terrorismo e l’islamofobia, i populisti di estrema destra e di estrema sinistra danno la colpa ai remoti burocrati di Bruxelles e chiedono di devolvere più potere ai governi nazionali. Sperano che le elezioni blocchino Bruxelles e al tempo stesso diano loro ulteriore influenza nella politica interna che è quello cui la maggior parte di loro è soprattutto interessata.

Durante la campagna i populisti hanno dominato l’attenzione dei media. Salvini, vice primo ministro dell’Italia sta facendo così spesso campagna che i suoi critici dicono che non sta quasi mai al lavoro. Un fiume di fotografie ha documentato il suo incontro con il primo ministro ungherese Viktor Orban ai confini serbo-ungheresi, con i due uomini sopra una torre di controllo per guardare coi binocoli attraverso la frontiera vuota. – il modo in cui agli ufficiali americani piace guardare alla Corea del Nord daPanmunjom.

“Per difendere i confini e la sicurezza dei nostri figli” ha postato Salvini su Twitter, chiedendo un voto per il suo partito. Anche se i diversi gruppi populisti vinceranno un consistente numero di seggi, gli analisti dubitano che formeranno una potente coalizione, date le questioni di ego e le differenze ideologiche. Salvini cerca di presentarsi come leader naturale – anche quando gli altri non concordano – e ha recentemente annunciato un’alleanza di partiti populisti, di estrema destra, anti-immigrazione ed euroscettici chiamata “Verso un’Europa di senso comune”.

Nalla riunione di sabato a Milano, Salvini e i leader populisti degli altri paesi hano preso il microfono per arringare alla folla. Le Pen è stata applaudita quando ha cominciato a parlare e ha promesso alla folla che “stavano vivendo un momento storico e potrete dire ai vostri nipoti: io c’ero”.

Ma ha parlato in francese e molti altri in inglese, causando la reazione di un partecipante:

“Basta con questo inglese. Vogliamo l’italiano!”

L’Austria alla manifestazione di Milano non c’era. In passato, Le Pen aveva elogiato il partito delle libertà austriaco e il suo leader Heinz.Christian Stache, vice cancelliere, che alcune ore prima aveva rassegnato le dimissioni.

A una domanda fattale prima della manifestazione, Le Pen ha definito i problemi di Strache un affare interno e ha criticato il momento in cui il video è stato reso pubblico, prochi giorni prima delle elezioni. Ha detto che il movimento populista restava unito “nella nostra concezione di cooperazione per l’Europa, il nostro comune desiderio di proteggere i

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nostri cittadini, il nostro comune rifiuto di vedere il nostro paese sommerso dalla migrazione”.

I sondaggi di opinione suggeriscono che i partiti populisti potrebbero ottenere 180 seggi al parlamento europeo, abbastanza per creare seri ritardi e difficoltà. Schahke, la parlamentare olandese ha detto che “la vera storia è la frammentazione e quello che accadrà al centro”. I populisti non saranno d’accordo su tutto, sostiene la parlamentare.

“Ma possono fare un disastro”. Oltre all’approvazione o al rigeto delle leggi, i parlamentari europei hanno nuovi poteri che potrebbero permettere ai populisti di bloccare gli accordi commerciali, approvare il biulancio del blocco e giocare un ruolo importante nel determinare chi sostituirà i più potenti leader dell’EU. Intanto gli elettori sono imprevedibili.

Ogni elettore registrato nei 28 paesi può votare. Ma la partecipazione al voto è normalmente bassa nelle gare europee, cosa che avvantaggia ai motivati, più strettamente concentrati sui partiti populisti. Uno studio dell’elettorato dell’European Council on Foreign Relations ha trovato che gli elettori europei sono più volatili che polarizzati.

L’immigrazione, il tema principale per molti populisti, è solo terza tra le preoccupazioni degli elettori europei, dietro il radicalismo islamico, molto del quale di coltivazione interna, e l’economia nazionale.

“Falciate di votanti si stanno spostando fluidamente tra i partiti di destra e di sinistra”.

Infatti, se molti elettori sono attratti dai populisti, lo studio ha dimostrato che molti altri sono terrorizzati da loro e dal crescente sentimento nazionalista.

Il gioco dei troni

Harold James (prof. storia e affari internazionali università di Princeton)

Le elezioni del Parlamento europeo sono state una storia lunga e complessa con un risultato sorprendente e, per molti, insoddisfacente. Tuttavia, nonostante la confusa conclusione, sembra emergere un nuovo ordine politico europeo, che probabilmente lascerà i partiti tradizionali sia della sinistra che della destra.

PRINCETON - Le elezioni del Parlamento europeo che si sono concluse il 26 maggio si sono rivelate una replica di Game of Thrones , una storia lunga e complessa con un risultato sorprendente e, per molti, insoddisfacente. Come per Game of Thrones , alcuni fan richiedono un finale diverso. Vorrebbero licenziare gli autori e riscrivere la sceneggiatura.

Gli antieuropei, che cercarono un momento come se potessero essere guidati dal triumvirato populista di Matteo Salvini, l'ungherese Viktor Orbán e l'americano Steve Bannon a una trionfante conquista di Bruxelles, furono respinti. Persistono anche i cittadini europei che sostengono gli establishment-partiti dell'Unione europea. E i politici che hanno inventato il processo Spitzenkandidaten nel tentativo di influenzare la scelta del prossimo capo della Commissione europea sono sembrati ridicoli, poiché alcuni pezzi dei vecchi partiti dell'UE sono stati portati via. In breve, le aspettative convenzionali sono state deluse a tutto tondo.

Un risultato ovvio delle elezioni è stato chiaro molto prima che i risultati venissero annunciati: il duopolio di lunga data in Europa delle forze di centro-sinistra e di centro- destra è decisamente finito. Questo duopolio era stato più evidente a livello nazionale, dove un partito un po 'conservatore e un partito un po' socialista combattevano tipicamente il livello delle pensioni, la politica salariale, l'entità dei trasferimenti sociali e questioni simili. Ciascuna parte aveva quindi bisogno di moderare la propria posizione per attirare l'elettore mediano. I sistemi che producevano nella politica nazionale erano abbastanza stabili e alcuni speravano che lo stesso meccanismo potesse tradursi a livello

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europeo.

La dicotomia sinistra-destra è scoppiata in Italia già nei primi anni '90. Si è concluso in Francia più recentemente, con le elezioni presidenziali del 2017, in cui né i candidati di vecchia sinistra né quelli di vecchia destra hanno raggiunto il secondo turno di deflusso. Il Partito socialdemocratico tedesco (SPD) si è sistematicamente indebolito attraverso la sua partecipazione (politicamente responsabile) al grande governo di coalizione con l'Unione democratica cristiana. E nel Regno Unito, la Brexit ha distrutto il partito conservatore e forse anche il partito laburista.

In Grecia, il partito al potere Syriza ha avuto una cattiva reputazione , riflettendo evidentemente il parere di molti elettori che è gradualmente diventato un tradizionale partito di centrosinistra. Con alcune eccezioni degne di nota, Spagna e Austria, ad esempio, i socialdemocratici di vecchio stampo si sono comportati male. Francia e Germania, i due paesi tradizionalmente al centro del processo europeo, sono i due esempi più eclatanti. Il 6% dei voti dei socialisti francesi li ha consegnati all'irrilevanza e l'SPD non sembra molto più convincente al momento.

Le perdite subite dai partiti tradizionali di centrosinistra riflettono la realtà del mondo aperto di oggi. Dato che l'Europa diventa più importante a livello mondiale, dovrà fare molto di più che ridistribuire la ricchezza: la semplice riproduzione di vecchi sistemi di welfare su scala europea è una ricetta per conflitti infiniti tra diverse parti dell'Unione.

Il risultato più interessante delle elezioni fu la relativa debolezza dei partiti populisti di destra e nazionalisti. Anche loro, generalmente, includevano una grande misura di protezione sociale nelle loro piattaforme. Ad esempio, il National Rally di Marine Le Pen (la sua nuova facciata per il vecchio Fronte Nazionale), era più a sinistra sulle questioni sociali della lista del "Rinascimento" del presidente francese Emmanuel Macron , che ha per poco battuto.

I sostenitori dei partiti populisti hanno percepito correttamente che l'assistenzialismo vecchio stile funziona solo in un contesto strettamente nazionale. Ma in generale non ce n'erano abbastanza per giustificare il ritorno a un'Europa degli Stati nazionali. In effetti, i primi risultati hanno indicato che mentre Le Pen batteva Macron, il suo partito ha ricevuto una percentuale minore di voti rispetto alle ultime elezioni del Parlamento europeo del 2014.

Una ragione per la performance relativamente debole dei partiti nazionalisti è stata la facilità con cui le discussioni su sleaze, corruzione e opacità si sono diffuse attraverso i confini nazionali. Lo scandalo in corso per i contratti che coinvolge i nazionalisti austriaci (il curioso nome Freedom Party) ha probabilmente causato la caduta della sua quota del voto popolare rispetto al 2014, e le sue controparti altrove - in Germania e Danimarca, ad esempio - sono andate di più male del previsto

Questa è stata infatti la prima elezione del Parlamento europeo con temi autenticamente europei. I partiti verdi pro-europei - con il loro impegno per i beni pubblici (la maggior parte ovviamente, la sicurezza climatica) che semplicemente non possono essere generati su base nazionale - hanno fatto molto bene ovunque. Allo stesso tempo, i Verdi hanno scosso gran parte dell'ideologia che ancora ingombra i vecchi partiti politici della sinistra e della destra convenzionali. La loro più grande vittoria fu in Germania, dove arrivarono secondo, battendo facilmente l'SPD; ma si sono anche esibiti con forza nel Regno Unito.

Gli altri grandi vincitori sono stati i partiti liberali nell'alleanza, guidati dal carismatico Guy Verhofstadt , impegnato a lavorare con Macron. Insieme ai Verdi, i liberali sono quasi certamente la voce parlamentare più potente che dà forma alla leadership e all'agenda della nuova Commissione.

Nonostante la natura frammentaria del nuovo Parlamento europeo, dovrebbe essere facile trovare una maggioranza per un'agenda che rifletta ciò che la maggior parte dei cittadini dell'UE ha votato. Una delle caratteristiche salienti degli sconvolgimenti politici post-2016 sia nel Regno Unito che negli Stati Uniti è il modo in cui le legislature nazionali si sono affermate di fronte a un esecutivo disfunzionale e irregolare. I parlamentari europei

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dovrebbero seguire lo stesso percorso.

Per cominciare, dovrebbero trarre le giuste lezioni dagli scandali populisti in Austria e altrove, e rendere la lotta alla corruzione una priorità assoluta a livello nazionale e comunitario. Inoltre, il nuovo parlamento dovrebbe contribuire a sviluppare un approccio coordinato dell'UE alle sfide globali in materia di energia e sicurezza, di fronte alle pressioni di Stati Uniti e Russia per definire l'agenda politica. Queste discussioni saranno anche legate al dibattito sulla corruzione e sull'influenza opaca.

Il Trono di Spade potrebbe essere finito, ma nuove lotte per il potere nell'UE stanno appena cominciando. Le elezioni del Parlamento europeo hanno cambiato il panorama politico del continente in modi importanti, con le parti tradizionali costrette a riorganizzarsi o essere sostituite. È probabile che ciò che accadrà dopo abbia una visione avvincente.

La maggioranza silenziosa dell’Europa parla male (George Soros)

Ciò che gli elettori hanno detto nelle elezioni del parlamento europeo è che vogliono preservare i valori su cui è fondata l’Unione Europea: Ma i leder europei possono portare avanti le radicali riforme istituzionali che anche gli elettori vogliono?

Le elezioni del parlamento europeo hanno prodotto risultati migliori di quanto ci si potesse attendere e per una semplice ragione: la muta maggioranza filo-europea si è espressa. E ha detto che vuole preservare i valori su cui è fondata l’EU, ma vuole anche cambiamenti radicali nel modo in cui funziona l’EU. La principale preoccupazione pare essere il cambiamento climatico.

Ciò favorisce i partiti europeisti, in particolare i Verdi. I partiti anti-europei, che non ci si può aspettare facciano qualcosa di costruttivo, non sono riusciti ad ottenere i risultati che si aspettavano. Né sono in grado di formare un fronte unico di cui avrebbero bisogno per diventare influenti.

Una delle istituzioni che deve essere modificata è il sistema Spitzenkandidat, fornendo una forma di elezione indiretta della leadership europee. IN effetti, come Franklin Dehousse ha spieagato in un brillante ma pessimistico articolo sull’Osservatore Europeo, è peggio che nessuna selezione democratica. Ogni stato membro ha vari partiti politici ma la loro combinazione trans-europea produce costruzioni artificiali che non hanno altro scopo se non quello di promuovere le ambizioni personali dei loro leader.

Questo si può osservare meglio nel Partito Popolare Europeo (PPE) che è riuscito a conquistare la presidenza della Commissione Europea. L’attuale leader Manfred Weber, che non ha esperienza di governo nazionale, sembra intenzionato a qualunque compromesso per mantenere la maggioranza parlamentare. Ivi compreso l’abbraccio del primo ministro autocrate dell’Ungheria, Viktor Orban.

Orban ha posto un problema serio a Weber, perché ha apertamente infranto le norme europee e stabilito quello che equivale a uno stato di mafia. Quasi la metà dei partiti nazionali che costituivano il PPE volevano espellere il partito di Orban, Fidesz. Invece di dare corso, Weber è riuscito a convincere il PPE a fare una richiesta relativamente facile a Fidesz: consentire all’Università dell’Europa centrale (CEU, da me fondata) di continuare a funzionare liberamente in Ungheria come Università americana.

Fidesz non ha rispettato l’impegno. Anche così, il PPE non lo ha espulso ma ha solo sospeso il processo in modo che potesse essere considerato parte del PPE quando verrà scelto il presidente della Commissione. Orban sta ora cercando di far rientrare Fidesz come membro in buona fede del PPE. Sarà interessante vedere se Weber troverà il modo di accettarlo.

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Il sistema Speitzkenandidat non si basa su un accordo intergovernativo, quindi potrebbe essere facilmente modificato. Sarebbe molto meglio se il presidente della commissione europea fosse eletto direttamente da una lista attentamente selezionata di candidati qualificati, ma ciò richiederebbe modifiche al trattato. Il presidente del consiglio europeo potrebbe continuare a essere eletto da una maggioranza qualificata degli stati membri, come prescrive il trattato di Lisbona.

Le modifiche che sarebbero necessarie al trattato sono giustificate dalla maggiore legittimità democratica conferita dalle elezioni del parlamento europeo. L’affluenza alle recenti elezioni ha superato il 50%, in forte aumento rispetto al 42.6% del 2014. E’ la prima volta che l’affluenza alle urne è aumentata dalle prime elezioni del 1979, quando partecipò il 62%degli elettori.

Stranamente, in questa occasione, il sistema Spitxenkandidat promette di produrre una squadra di sogno. Il presidente Emmanuel Macron, che si oppone in via di principio al sistema, è in gran parte responsabile di come si sono sviluppate le cose. A a una cena con il primo ministro spagnolo, Pedro Sanchez, vincitore delle elezioni politiche spagnole prima del voto per il parlamento europeo, i due leader hanno concordato di sostenere due Spitzenkanditaten che sembrano ideali per la Commissione e per il Consiglio.

La Germania è la principale sostenitrice del sistema Spitzenkandidat. Se Weber perde, la Germania spingerà per Jeans Weidman, presidente della Bundesbank, a presidente della BCE. Non sarebbe la soluzione ideale. In realtà, egli è squalificato dal fatto che ha testimoniato davanti alla Corte costituzionale tedesca contro la BCE quando cercava di invalidare le cosiddette (OMT) le transazioni monetarie della BCE che hanno rappresentato una politica cruciale per superare la crisi dell’euro all’inizio di questo decennio. Spero che questo fatto verrà ampiamente reso noto.

Qualsiasi altro candidato qualificato sarebbe preferibile a Weidman come presidente della BCE. Allo stato attuale, la Francia non avrà nessuno dei migliori incarichi. Sarebbe buona cosa se non ne avesse neppure la Germania, perché questo lascerebbe spazio agli altri paesi.

Ci sono molte istituzioni dell’EU oltre al sistema Spitzekandidaten che richiedono una riforma radicale. Ma questo può attendere fino a quando non si scoprirà se e in che misura si concretizzerà la promessa dei risultati delle elezioni parlamentari. Non è ancora il momento di cantare vittoria, rilassarsi e festeggiare. C’è molto lavoro da fare per trasformare l’EU in un’organizzazione ben funzionante che corrisponda al suo potenziale.

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Dove sono i limiti dell’Europa?

(Branko Milanovic)

Sappiamo che c’è una cosa come una “area monetaria ottimale”, sebbene sia possibile che gli estensori del Trattato di Lisbona non ne fossero consapevoli. La crisi greca ha reso popolare il concetto. Come dice il nome steso, pone limiti a quella che dovrebbe (idealmente) essere un’area monetaria unica.

Analogamente negli anni ’90, quando in una parte del continente, paesi come l’URSS, la Cecoslovacchia e la Jugoslavia si sono dissolti, con i loro stati membri costituenti impegnati a unirsi all’EU, ci si poneva una domanda simile: perché dovremmo lasciare un’unione ed entrare in un’altra, anziché tenerci la nostra piena indipendenza? Una delle risposte ho cercato di darla in un articolo del 1996, dove ho sostenuto che ci fosse uno scambio tra l’indipendenza nel policymaking e ( ad esempio una politica fiscale e un’autorità monetaria piene) e il reddito. Paesi come l’Estonia e la Slovenia erano abbastanza disponibili ad abbandonare l’indipendenza monetaria e (in grande misura) quella fiscale,in cambio di trasferimenti monetari e il quadro istituzionale forniti dall’EU.

Ma tale ragionamento non coglie tuttavia la domanda: dove era il punto in cui un paese avrebbe trovato troppo oneroso il costo, in termini di rinuncia alla discrezionalità d politica, e deciso di conseguenza di rimanere fuori (ponendo così un limite all’espansione dell’unione?) Forse la Svizzera e la Norvegia rappresentano tali esempi di non-EU.

Quasi nessuno guardava alla disuguaglianza come fattore limitante della crescita dell’unione. Tuttavia ci sono almeno tre motivi perché potrebbe esserlo.

Primo, un’unione con stati membri con livelli di reddito molto diversi richiede grandi trasferimenti dai più ricchi ai più poveri per funzionare normalmente.

Secondo, un’unione molto disuguale è, per definizione, composta da stati membri le cui dotazioni di capitale e lavoro sono molto diverse. Di qui la politica economica ottimale per un membro povero può non essere altrettanto ottimale per un membro ricco (troviamo qui echi dell’area monetaria ottimale).Terzo, e attualmente forse più importante, se tale unione implica libertà di movimento i sistematici flussi di lavoro che ne conseguono – con le persone che si spostano verso i paesi più ricchi – possono essere politicamente destabilizzanti se i paesi ricchi non vogliono accettare migranti.

Il terzo punto può considerarsi largamente responsabile della brexit. Si potrebbe sostenere che senza l’allargamento ad est dell’EU, non ci sarebbe stata alcuna brexit. Pertanto l’EU, implicitamente, si trovava essa stessa di fronte a uno scambio: avere l’UK o l’Europa orientale – ma non entrambe. Atttraverso una successione di passi, e largamente inconsapevole di tale scelta, l’EU ha scelto l’Europa orientale.

Differenze di reddito

Dietro agli spostamenti delle persone ci sono le differenze di reddito tra i paesi. E’ per questo che si stima che la Romania abbia perso almeno 2 milioni dei suoi cittadini da quando è entrata nell’EU. Ma quanto sono apie le differenze di reddito all’interno dell’unione?

Cominciamo con la più semplice e la più importante, ignorando le differenze di reddito all’interno dei paesi e guardando solo a quelle tra paesi EU (così assumendo in effetti che tutti in un dato paese membro abbiano il reddito medio o il PIL medio pro capite di quello stato membro). E prendiamo come misura della disuguaglianza il coefficiente Gini, che va da 0, piena uguaglianza a 100, quando l’intera reddito appartiene a una sola persona/entità.

I risultati sono abbastanza impressionanti. Nel 1980. Quando l’EU era composta solo da 9 membri, il coefficiente Gini tra i paesi era di tre punti. La combinazione dei nove membri in un unico gruppo ha aggiunto al totale della disuguaglianza EU una quantità del tutto insignificante. Più di 9/10 della disuguaglianza dell’EU19 era dovuto alle differenze di redito all’interno dei paesi (cioè alle differenze di reddito tre poveri e ricchi all’interno delle Francia, dell’Olanda ecc).

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Dieci anni dopo, nel 1990, il Gini tra i paesi ora EU12 era già raddoppiata a sei punti. Dopo ulteriori 14 anni, con l’allargamento a est, il numero degli stati membri è salito a 25 e il Gini è a sua volta di nuovo raddoppiato a 13 punti. E’ ulteriormente aumentato leggermente (13.5) con l’aggiunta della Bulgaria, la Romania e la Croazia.

Ora le stime della disuguaglianza tra le persone (cioè tra tutti i cittadini) nell’EU è in un range tra 37 e 39 punti Gini. Ciò significa che un terso della complessiva disuguaglianza EU (13.5 su 37-39) è stata sistematicamente incorporata a causa delle sottostanti differenze di reddito tra i paesi.

Si confronti l’EU28 con gli US50 – gli US composti dai loro membri (gli stati). La disuguaglianza complessiva US50 è più alta di quella EU28: il Gini per gli US è al più basso 40, laddove il Gini europeo è a metà di 30. Ma solo undecimo di tale disuguaglianza negli US è “causata” dalla disuguaglianza tra stati mentre, come abbiamo visto, un terzio della disuguaglianza in Europa è causata da differenze nel reddito tra gli stati membri.

Difficile aggiustare

La disuguaglianza europea (che disaggregata in questo modo appare molto simile alla disuguaglianza cinese, allo stesso modo determinata in grado significativo, da differenze di reddito provinciali) è molto più difficile da aggiustare. Richiede trasferimenti di potere d’acquisto strettamente geografici dagli stati ricchi a quelli poveri. Poiché la composizione della popolazione differisce, questo si traduce in trasferimenti ad esempio dagli olandesi ai bulgari. Ma un bilancio EU dell’1% del totale del PIL è risibilmente insufficiente per tali trasferimenti.

La soluzione alternativa è consentire alle persone di migrare. Questo è ciò che è avvenuto nell’EU con conseguenze politiche oggi evidenti.

Possiamo legittimamente chiedere: ci sono limiti all’allargamento, limiti imposti da una maggiore disuguaglianza che deriva dall’accesso di nuovi membri più poveri? Se anche solo la Turchia entrasse, il Gini dalla nuova unione sarebbe di 17 punti. Se i i 4 candidati balcani occidentali si unissero anch’essi, salirebbe ulteriormente a 17.5. Questa disuguaglianza, che non è soggetta alle politiche economiche interne o di dimensione EU (quest’ultima a causa della dimensione insufficiente del bilancio), rappresenterebbe allora quasi metà della disuguaglianza totale tra i 615 milioni di cittadini del’unione.

Sarebbe un’unione ingestibile

Per questo l’EU non dovrebbe continuare in tale insostenibile politica, che sembra offrire ai paesi candidati una possibile membership alla fine di un lungo (o piuttosto interminabile) tunnel. Tale politica porta solo frustrazione da entrambe le parti. L’EU dovrebbe guardare alle cose come stanno e creare una nuova categoria di paesi che non saranno membri per un realistico periodo di tempo.

Forse potrebbe attendere fin quando questi paesi diventeranno ricchi per conto loro, il che significa che l’EU dovrebbe incoraggiare con tuti i mezzi l’investimento e il coinvolgimento cinese in tali paesi – l’opposto di quello che facendo ora. O forse potrebbe aspettare fin quando la convergenza di reddito tra i membri dell’EU e una più bassa disuguaglianza di tutta l’EU permetta un’altra fase di allargamento – che è improbabile possa accadere prima della seconda metà del secolo.

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Le elezioni europee

Da 20 anni, il partito popolare di centro destra è dominante nelle politiche dell’EU.

Ma ha di fronte un rinculo alle prossime elezioni, con i partiti populisti che si prevede diminuiranno la sua autorità a Bruxelles.

L’alleanza politica che domina l’Europa prese forma in una fredda notte del marzo 1998, dopo cena in un bungalow della Germania dell’Ovest. Intorno al tavolo di Helmut Kohl c’era un branco di premier e di operatori dietro le quinte, il circolo di fiducia del cancelliere tedesco negli affari europei. Fu una notte fatidica per la politica EU, con le cui pesanti conseguenza il centro destra europeo è alle prese di fronte alle elezioni europee prossime.

Si incontrarono al Kanzlerbungalow a Bonn perché le ambizioni di dimensione continentale di Kohl per il partito popolare europeo erano in difficoltà. Il centro destra europeo era alle prese di una crisi di identità. In anni di tentativi personali, Kohl aveva lentamente aperto il PPE – un’alleanza pan-EU lanciata nel 1976 con profonde radici democratiche cristiane – agli altri filoni del pòensiero di centro destra. Ma nel 1998 l’espansione non aveva tenuto il passo della realtà elettorale. Il centro sinistra era in ascesa in buona parte dell’Europa, mentre i tradizionali partiti democristiano del PPE barcollavano, In Italia il PPE era di fronte al test definitivo: Silvio Berlusconi un conquistatore di voti populista che aveva schiacciato a Roma i democristiani stava cercando di aggirare il PPE con un nuovo gruppo di destra. Wilfried Martens, un padre fondatore del PPE che partecipava alla cena l’ha descritta come questione di “vita o di morte” per il movimento di centro destra.

“Più di tutti gli altri, Kohl temeva uno scenario in cui il PPE sarebbe stato diviso in sinistra e destra” scrisse il primo ministro belga nella sua autobiografia. “Si può avere il programma migliore, ma se non si hanno i numeri c’è poco che si possa fare, riteneva Kohl. Era chiaro come la luce del giorno che il PPE doveva intraprendere una controffensiva”.

Gli ex colleghi ricordano un frustrato Kohl dire che i democristiani non avevano ricostruito l’Europa per consegnarla ai socialisti. La controffensiva tratteggiata quella notte venne chiamato il “bungalow memo” – un progetto in sette punti per la conquista di Bruxelles da parte del centro destra. I dissensi erano evidenti, ma la volontà di cementare il potere vinse la coerenza ideologica: “Se ci poniamo dei limiti….non saremo mai in grado di ottenere una posizione di maggioranza” diceva il memo.

La spirale negativa

Fu il tocco finale a uno spettacolare ribaltamento del partito, un’esplosione big bang negli anni ’90 e oltre avrebbe reso il PPE una rete di influenza senza rivali nell’EU – in particolare per la cancelliera tedesca Angela Merkel. La sua formidabile macchina politica resta al vertice a Bruxelles e sembra sfidare la gravità. Ha meno di un terzo dei seggi al parlamento europeo e intorno al tavolo dei summit EU, tuttavia opera con grande influenza. Ma le sue fortune stanno sbiadendosi, i ranghi dei suoi leaders riducendosi, i suoi partiti membri stanno cedendo voti ai nazionalisti estremisti, ai populisti e ai liberali.

Che possa rinnovare la sua presa sul potere è uno dei test più importanti delle prossime elezioni europee e dell’immediato post-elezioni. Il partito di KMohl ha guadagnato forza abbracciando Forza Italia di Silvio Berlusconi, i gollisti francesi e i conservatori nordici realizzando un patto di collaborazione anche coi Tory della Gran Bretagna. Due criteri blandi per la membership hanno prevalso: l’avversione per il socialismo e la lealtà al progetto europeo. Guardando a est, ha attratto nel centro destra gli stati che stavano per entrare dove i cristiani democratici erano marginali – compreso un riformista liberale ungherese di nome Viktor Orban.

Nel 1999, questa frenesia M&A ha contribuito a creare il partito più grande nel parlamento europeo, scalzando i socialisti per la prima volta. I IN un decennio, la sua rappresentanza intorno al tavolo dei summit EU è passata da 15 leaders a 16 su 27 nel 2012, precuocendo le posizioni sui trattati, i salvataggi, e le discussioni assortite dell’EU.

“Il PPE non ha vinto alle elezioni” dice Steven Van Hecke, un professore al KU Leuven in

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Belgio. “Ha vinto prendendosi i partiti”. La sua influenza si è tradotta in posti di lavoro. Dal 2004, il PPE ha una stretta mortale sulla presidenza della Commissione Europea o del Consiglio europeo, le posizioni più importanti a Bruxelles. Quella generazione di leaders sta lasciando la carica quest’anno, proprio mentre la presa del PPE sembra scossa. I partiti conservatori che il PPE ha abbracciato negli anni ’90 – dalla Spagna, alla Francia, all’Italia – stanno tutti traballanti. I partiti politici mainstream, sia di destra che di sinistra, stanno sentendo la stretta. Si prevede che gli elettori ritornino a un parlamento europeo più diviso, con una maggioranza pro-europea più sottile, frammentato in una molteplicità di partiti e circondato da populisti che vogliono buttare giù la casa dell’EU. Alcuni personaggi importanti del PPE temono persino una scossa in cui sia sovvertita la guida del loro partito.L’incubo del PPE di Kohl è di nuovo una possibilità: un partito diviso tra sinistra e destra , con pochi numeri per essere efficace che gioca come secondo violino coi socialisti e i populisti. E questa volta la minaccia alla destra non è Berlusconi ma l’estrema destra di Salvini della Lega in Italia o Orban, il premier ungherese illiberale e bad boy del PPE.

“Saremo molto più deboli, questo è certo” dice un personaggio centrale nell’espansione del PPE.”Siamo stati dominanti per 20 anni. Ma questo non è automatico, è una legge della storia”.

La riconciliazione del centro destra

Sulla sua strada per diventare il partito di governo a Bruxelles,il PPE ha assunto due tratti della CDU tedesca: la sua ampiezza take-all-comers e la sua efficacia come macchina politica.

La CDU è stata unica tra i 5 governi cristiani democratici coinvolta nel lancio del progetto europeo a 6 nel 1957. Il suo modello di politica era una sintesi, una lezione tratta dalla pericolosa divisione protestante-cattolica nella politica pre-bellica della destra tedesca. La CDU ha cercato di trattare in modo uguale tutte le tradizioni, fossero conservatrici, liberali o dell’ala cristiano sociale. La priorità: monopolizzare la destra e tenerla legata al centro.

Questo approccio alla riconciliazione centro-destra dopo il 1945 è diventata il modello del PPE per affrontare il progetto europeo che si espandeva oltre le terre cristiano democratiche al nord protestante e all’est conservatore.

Kohl ha iniettato un senso di scopo e di fraternità. Fin dai primi momenti l’allora cancelliere tedesco mantenne un fermo interesse nello sviluppo del PPE, promettendo di rispondere personalmente a proposte di politica faxate entro 30 minuti, normalmente con una parola scarabocchiata con uno spesso tratto di penna.

A metà degli anni ’80 ha iniziato la tradizione degli incontri pre-summit dei capi di stato e di governo del PPE, per condividere i problemi e sviluppare approcci comuni , un’abitudine estesa ai leaders del partito all’opposizione e nei paesi membri richiedenti.

“Per me è diventata una famiglia politica” dice Jyrki Katainen, vice presidente della commissione ed ex premier della Finlandia. Lo spirito collettivo è qualcosa che Katainene vede come distintivo del PPE rispetto al gruppo socialista che faticava a riunire kle sue grandi star, come Tony Blair, Gerhard Schroder e Francoise Hollande.

Per il PPE coordinemanto e disciplina significava potere. I testimoni mostrano meraviglia a come gli odierni leaders nazionali – alcuni degli uomini e delle donne più potenti d’Europa sedevano atetnti alle riunioni mentre Joseph Daul, presidente del PPE, fa prediche al gruppo. Sia una questione di nomine, di nuovi trattati, dell’euro-crisi o di specifiche preoccupazioni nazionali, i leaders del partito e i ministri cercano di agire come in un caucus, con posizioni ampiamente socializzate e preparate prima delle formali deliberazioni dell’EU.

La visione del PPE è lungi dall’essere unificata su tutte le questioni né è sempre decisiva.

Ma è un aspetto strutturale di ogni grande negoziato EU, parte di un regolare ciclo di policymaking. “Quello che era stato iniziato da Helmut Kohl e Wilfried Martens è stato importante” dice Antonio Lopez-Istruiz, segretario generale del PPE. “Le persone si sono abituate a prendere le decisioni all’interno del PPE, con una bandiera del PPE. Quello che

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all’inizio sembrava aertificiale, col passare del tempo è diventato naturale”.

Infatti per qualcuno il modo di essere del PPE è diventato troppo naturale per l’EU.

Mentre manca dei numeri per trasformare da solo l’EU, il PPE ha però i numeri per bloccare ogni cambiamento – come hanno scoperto molti politici di centro sinistra e liberali. Il peso del PPE a Bruxelles ha naturalmente ristretto il campo della visione della policy – normalmente il legame con Berlino.

“Sono estremamente potenti” dice Shahin Vallee, ex ufficiale e consigliere di Macron.”C’è un rapporto simbiotico tra il potere della Merkel e la Germania e il potere del PPE. Il PPE è lo strumento della Merkel per proiettare il potere in Europa”.

L’impazienza su questo dominio sta senza dubbio crescendo nelle capitali europee, proprio quando l’EU si sta preparando a scegliere i nuovi presidenti per tute le istituzioni di vertice del blocco, incluso l’importante ruolo della commissione. Il PPE ha contribuito a stabilire il costume che il gruppo più grande alle elezioni europee rivendichi il ruolo, in particolare quando Jean-Claude Juncker fu nominato presidente della commissione nel 2014 dopo avere guidato la campagna del partito come candidato alla guida.

Questa volta ha nelle mani una battaglia più grande. Il candidato del PPE, Manfred Weber, un parlamentare bavarese, non ha esperienza di governo a differenze dei precedenti nominati alla commissione. Intanto nel Consiglio europeo il leaders del PPE hanno solo 9 seggi su 28. Macron si oppone esplicitamente al processo del candidato guida . dove i candidati all’incarico del partito vincente reclamano il ruolo nella commissione – e al “clan thinking” che vede come contrario al progetto europeo.

“Lo spettro politico filo-europeo in Europa dovrebbe riconoscersi nelle istituzioni. E, oggi, purtroppo, non è così” dice Frans Timmermans, il socialista candidato che ha speso gli ultimi 4 anni come vice di JNuncker.”Dopo 15 anni di leadership conservatrice,è quasi un partito di governo nella commissione. Non è una situazione salubre”.

Orban v i “grandi sintetizzatori”

Gli insiders PPE ammettono che il prezzo che hanno pagato per una preminenza nell’EU assume la forma di Orban e del suo brand di virulento nazionalismo. L’ungherese da al PPE un dilemma familiare: fino a che punto può arrivare l0’allelanza per mantenere la presa sull’EU?

Quando, negli anni ’90, era minacciato, l’approccio del PPE è stato quello di colonizzare i

“partiti popolari” conservatori in modo da poter coprire l’intero spettro della politica di destra filo-europea. Questa tolleranza è andata avanti per anni quando Orban ha agito contro i migranti, fatto campagne anti-semitiche e portato avanti un tipo di governo illiberale che ha sollevato opposizione in Ungheria.

Consapevole dei molti simpatizzanti con Orban all’interno del PPE – che ritengono abbia preso correttamente una dura posizione durante la crisi migratoria - Daunt voleva domare

“l’enfante terrible” all’interno della famiglia.

Ma la linea è stata superata quest’anno quando Orban ha corteggiato i leaders di estrema destra come Salvini, ha sferzato i burocrati EU accusati di liquidare la “cultura cristiana” e ha fatto una campagna elettorale con manifesti contro Juncker il presidente PPE della commissione. Il Fidesz party di Orban è stato sospeso dal PPE a marzo e il tono del gruppo è cambiato in modo marcato.

“Non mi importa chi resta o chi lascia” ha dichiarato Daul la settimana scorsa “Abbiamo delle regole che vanno rispettate”.

La strategia della braccia aperte di Kohl ha raggiunto i suoi limiti.”Questa filosofia della grande tenda non è più credibile se le contraddizioni non possono essere gestite all’interno del movimento” dice Luuk van Middelaar, un teorico politico olandese ed ex dirigente EU.”Orban è oltre il limite e non sanno più come gestire questa cosa. Possono solo pensare di portare le persone dentro la tenda, sono ideologicamente incapaci a pensare all’esclusione. I PPE sono grandi sintetizzatori”.

Sara Hagermann, professore associato in politica europea alla London School of Economics sostiene che le elezioni potranno determinare se “Orban resterà qualcosa che

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il PPE potrà gestire internamente”. Gestirlo come oppositore esterno potrebbe essere più facile per il partito. Ma ci sono inconvenienti: perdere i seggi di Orban potrebbe portare i socialisti vicini al primo posto nel parlamento europeo. L’ungherese potrebbe inoltre agire come punto di riferimento pr la destra europea – restringendo l’appeal del PPE, allo stesso modo in cui temevano avrebbe fatto Berlusconi nel 1998.

Con i PPE divisi sul destino di Orban, alcuni osservatori ritengono che l’ungherese abbia il sopravvento. Può scommettere sulla non volontà del PPE di espellerlo alla fine di quest’anno mentre ci può essere la possibilità per lui di lavorare con politici nazionalisti e anti-immigranti come Salvini.”Ho l’impressione che la battaglia identitaria per la destra europea è una battaglia che Orban sta vincendo, non perdendo” dice Vallee. “Sta spingendo il PPE e, in realtà, l’intera politica europea, a destra”.

Carl Bildt, ex primo ministro svedese che ha partecipato al bungalow dinner di Kohl vede la questione Orban come fondamentale per il PPE. “Avrebbero dovuto avere una linea più ferma fin dall’inizio” dice “E’ ovvio che hanno sottovalutato Orban. Pensavano di poterlo manipolare. Ora conosco Orban ed egli è un tipo dannatamente furbo. E’ stato lui a manipolarli”.

Un Social and Green New Deal per invertire la marea populista

(Colin Hines organizzatore del Green New Deal Group. ex coordinato della Greenpeace Internationa unit)

L'UK ha ora 6 mesi per uscire dalla debacle della brexit. Ma da questo potrebbe emergere un programma di dimensioni europee per trasformare l'Extinction Rebellion guidata dai giovani in un movimento di successo e per invertire la recente spinta data ai populisti antiambientalisti dal successo elettorale del True Finns party.

Per ottenerlo servirà il sostegno a un programma per contrastare il crescente senso di insicurezza sociale ed economica della maggioranza e al tempo stesso per risolvere il caos climatico. Un inizio si potrebbe avere nelle elezioni per il parlamento europeo - con il coinvolgimento dell'UK reso ora virtualmente inevitabiledall'allungamento della sua permanenza all'interno dell'EU, potenzialmente alla fine di ottobre.

Centrale in questa campagna deve essere la domanda di un Social and Green New Deal di dimensione europea. Il primo dovrebbe respingere l'austerità e invece aumentare significativamente i fondi per l'occupazione nei lavori interpersonali, per affrontare le preoccupazioni delle persone di tutte le età, come l'inadeguatezza della salute, dell'istruzione e della casa attraverso la cura per gli anziani. Un Europen Green New Deal consisterebbe in un enorme programma di infrastrutture verdi per assicurare la rapida decarbonizzazione dell'energia, dei trasporti, dell'uso delle risorse e dell'agricoltura. Il vantaggio politico di questo approccio gemello è che sarebbe visto dagli elettori in tutta Europa come di beneficio per tutta la comunità.

Fondamentale è anche la necessità di regole per assicurare che tutti questi lavori sociali e infrastrutturali siano adeguatamente remunerati e sicuri. Il loro vantaggio aggiuntivo è offrire una struttura di carriera in un vasto range di skills per molri decenni. Tale lavoro è anche relativamente difficile da automatizzare e virtualmente impossibile di ricollocare all'estero.

Tale approccio è fattibile per tre tendenze. Primo, c'è una crescente resistenza pubblica agli svantaggi sempre più chiari dell'austerità e della privatizzazione. Le domande di cambiamento stanno ora salendo nell'agenda politica, perchè le persone di tutte le classi sono preoccupate sui temi sociali - anche i ricchi sono spaventati per come esse colpiranno i loro figli e nipoti.

proprio mentre si sta verificando tutto ciò, anche le preoccupazioni sul cambiamento climatico stanno conquistando il centro della scena. I massimi scienziati dell'ONU hanno

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