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Gli anni venti e l ascesa di Stalin

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Academic year: 2022

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Gli anni venti e l’ascesa di Stalin

La parola chiave del capitolo è pianificazione: con il regime di Stalin e con il dirigismo che caratterizza la dittatura comunista, tutto viene pianificato dallo Stato. Con la Rivoluzione di ottobre tutti i beni privati vengono nazionalizzati e divengono, di fatto, proprietà dello Stato.

La pianificazione, dunque, ebbe un significato economico: i beni vengono nazionalizzati e l’economia viene programmata in piani definiti, rispettando rigorosamente dei tempi rigidi ( si parla perciò di piani, di solito triennali o quinquennali).

I costi della forza-lavoro sono bassi, tutto è legato alla produzione e non ai lavoratori.

Europa dell’est ed Europa dell’ovest sono dunque contrapposte. L’Europa occidentale si basa su un’economia capitalistica, condotta da iniziative private. L’Europa orientale, invece, si basa sulla pianificazione dell’economia e rifugge le iniziative private.

In questo modo assistiamo alla realizzazione di un grande slancio economico. Nel 1917, durante la

Rivoluzione, l’economia era arretrata, limitata. Solo dopo la Rivoluzione d’ottobre si esce dall’arretratezza.

Nel 1924, dopo la morte di Lenin, subentra al governo Stalin. Il potere di Stalin, pur appartenendo alla sinistra, si configura come accentrato: si parla perciò di dittatura comunista.

Vengono realizzate le collettivizzazioni per l’uso dei beni di produzione in senso collettivo.

In Europa c’è la paura che possa scoppiare una rivoluzione come in Russia. Nascono, ad opera di prevenzione, le dittature.

Con l’Internazionale, si pensava di estendere la Rivoluzione in tutta l’Europa, tuttavia l’evento resta una cosa legata prettamente alla Russia (si parla, perciò di “russificazione”).

Il comunismo di guerra, del 1917, viene abbandonato. Nel 1921 nasce la NEP, la nuova politica economica.

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1. Qual era la situazione dell’Unione Sovietica all’inizio degli anni venti?

Nel dicembre del 1922 nasce l’Unione delle repubbliche socialiste sovietiche, primo grande stato

socialista della storia. Dopo la Rivoluzione, in Russia, assistiamo ad un degrado demografico, provocato dalla morte dei cittadini sia in guerra che durante la Rivoluzione. La popolazione civile era devastata dalle epidemie e dalla carestia. L’industria era poco sviluppata e il comunismo di guerra ebbe

conseguenze disastrose, perché i contadini reagirono alle requisizioni e il mercato nero era alimentato dalla penuria di beni alimentari.

La Russia era diventata un paese povero e rurale. Istituzionalmente si caratterizzava come repubblica federale, provvista di una Costituzione, emanata nel ’18 e rimodernata nel ’24.

Il potere, però era affidato al Partito comunista; quello dei bolscevichi, ormai, era tramontato.

2. In che cosa consisteva la Nuova politica economica?

La Nep, nuova politica economica, fu adottata dopo la fine del comunismo di guerra. Reintroduceva nuovi elementi di profitto individuale e di libertà economica, con l’obiettivo di rianimare la produzione interna. Aveva il seguente programma:

- cessò la requisizione delle campagne; gli ammassi (il grano) vennero regolati a un prezzo stabilito;

- i contadini erano liberi di vendere le eccedenze e di assumere manodopera salariata;

- viene liberalizzato il commercio interno;

- si sviluppò la piccola impresa. Allo stato spettava il controllo dell’industria pesante, delle banche e del commercio estero.

3. Quali furono i risultati della Nep?

La Nep ebbe risultati sia positivi che negativi. Diede vita a due orientamenti opposti, favorevoli o sfavorevoli ai suoi programmi. Dal polo positivo emergevano i kulaki, contadini agiati, sostenitori della Nep, e i piccoli imprenditori e commercianti, detti nepmany (uomini della Nep).

Dal polo positivo, invece, si pensava che la Nep fosse un ripiego strategico per rilanciare l’economia capitalistica. I principali oppositori furono i dirigenti bolscevichi.

Per bilanciare le concessioni economiche fu inasprita la repressione e irrigidita la disciplina interna al partito. Molte furono le accuse di deviazionismo (rispetto alla linea ufficiale del partito).

4. Quali linee si confrontavano a proposito dell’industrializzazione del paese?

Si contrapposero due linee di pensiero circa la linea giusta per promuovere l’industrializzazione.

I sostenitori della Nep, come Bucharin, erano convinti che questa fosse l’unica via per consentire lo sviluppo del paese senza perdere il consenso dei cittadini, seppur lentamente. Essi proponevano una trasformazione graduale del sistema economico.

Gli oppositori, invece, tra cui anche Trockij, ritenevano che una industrializzazione accelerata fosse la soluzione migliore, dato che l’Urss disponeva in abbondanza di materie prime strategiche e di forza- lavoro: bisognava trasferire gli investimenti dal settore agricolo a quello industriale.

5. Quale posizione assunse Stalin in proposito?

Stalin assunse la posizione di Bucharin, convinto che l’unica via che consentisse lo sviluppo del paese era quello di trasformare gradualmente il sistema economico.

6. Su quale tema Stalin combatté e sconfisse Trockij?

Il terreno di scontro fu la prospettiva strategica in cui si doveva edificare il socialismo. Trockij sosteneva la teoria della rivoluzione permanente: l’Unione Sovietica doveva intensificare il proprio slancio

rivoluzionario attraverso l’accelerazione della politica economica e mettendosi alla testa di una rivoluzione internazionale.

Stalin, invece, sosteneva la teoria del socialismo in un solo paese, promuovendo l’industrializzazione senza prendere chiaramente posizioni pro o contro la Nep.

7. Quale posizione occupava inizialmente Stalin nel partito?

Stalin era inizialmente alleato di Bucharin. Successivamente prese una posizione neutrale, di “centro” tra la destra di Bucharin e la sinistra di Trockij.

8. Perché i quadri del partito appoggiarono Stalin?

La posizione di “centro” di Stalin risultò realistica e coerente ai quadri del partito, stanchi di attendere una rivoluzione internazionale che non sarebbe mai arrivata, promossa da Trockij. Stalin rappresentava la più sicura garanzia di difesa del loro ruolo. Nel 1925, essendo l’apparato schierato dalla sua parte, Stalin vinse sul suo rivale, ottenendo il potere assoluto.

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Il regime staliniano

Il 1929 fu un anno di crisi. Come l’Italia e la Germania, anche la Russia fu colpita. Dopo la Rivoluzione e la partecipazione alla guerra, a causa del comunismo di guerra e della collettivizzazione, l’Unione Sovietica sembrò vivere la crisi del ’29 in maniera doppia rispetto agli altri paesi.

Il processo che accompagnò il regime staliniano fu quello di una realizzazione, in maniera più forte, della collettivizzazione forzata. Si dichiarò guerra ai contadini, la proprietà privata venne eliminata: quello che Lenin decretò con le tesi d’aprile, in favore dei contadini, vennero smantellate. Le terre vengono gestite dallo Stato.

I kulaki, i proprietari terrieri, vennero sterminati perché si opponevano allo Stato.

La collettivizzazione agricola del 1930 fu un vero disastro economico che non favorì la crescita dell’economia sociale, di conseguenza generò un malcontento tra la popolazione.

Si assiste ad un aumento della produzione che non corrispondeva alle richieste di mercato.

Visti questi problemi l’Unione Sovietica pensò di sviluppare l’industria pesante e di orientare lo sviluppo della tecnica e dell’economia verso l’industria pesante.

Alla base dell’industria c’è lo sviluppo della tecnica, intesa come obiettivo di fondamentale importanza. Il binomio tecnica – esistenza è un aspetto caratteristico.

Il partito è simbolo del potere, si indentifica con lo Stato e quindi con Stalin.

Viene istituito un apparato burocratico rigido (ruoli e compiti sono decisi da Stalin stesso e sono fissi) e i ruoli vengono gerarchizzati.

Viene a mancare ogni forma di libertà, chi non aderisce al partito è punito con comportamenti terroristici.

Viene applicata all’ideologia del paese la propaganda del regime, seppur ideologicamente conforme al pensiero di sinistra.

La persona di Stalin è venerata, è presente il culto della sua figura, garanzia fondamentale per ottenere il consenso.

Soprattutto negli anni ’36-’38 c’è un clima di terrore, il “grande terrore”. La popolazione è sospettosa con gli altri. Basta una parola, un atteggiamento sospetto per attivare la persecuzione. Il terrore è rivolto soprattutto ad ingegneri, tecnici, dirigenti storici. Nel ’40 vengono sterminati i bolscevichi. Si attuano operazioni terroristiche contro i nemici del popolo o contro individui socialmente pericolosi. Ci si appella all’Articolo 58, che qualifica perseguibili i reati contro lo Stato o i comportamenti sfavorevoli allo Stato.

Vengono deportati anche i cittadini malati.

Anche in Russia ci sono i campi di concentramento, i gulag, visti come campi di lavoro per dissidenti politici.

Il clima freddo e rigido della Siberia, dove sono collocati, provvede maggiormente alla morte dei prigionieri.

A tal proposito è stato scritto il libro “Arcipelago gulag”, scritto nel ’36 ma pubblicato solo nel ’73.

L’Unione Sovietica crollerà nel 1991.

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1. Che cosa fu la collettivizzazione e perché fu decisa?

La collettivizzazione, in termini comunisti, significava trasformare la proprietà privata in collettiva. Nel caso specifico riguardante il regime staliniano, il termine riguarda l’agricoltura. Nel 1927 la raccolta di grano era inferiore a quella degli anni precedenti. L’Unione Sovietica si affacciava alla “crisi degli ammassi”, cioè al crollo dei sostentamenti agricoli. Per fronteggiare tutto ciò, Stalin ripristinò le

requisizioni di cereali e si scagliò propagandisticamente parlando verso i kulaki, nemici del socialismo e del paese. Nel ’29 Stalin ritenne che l’unico modo che avrebbe permesso di ottenere risorse agricole sufficienti era quello di eliminare la proprietà privata contadina e, di conseguenza, venne decisa la collettivizzazione forzata dell’agricoltura. Avrebbero completato il progetto di Stalin la meccanizzazione e modernizzazione delle campagne per innalzarne la produttività e l’unificazione di molte aziende

contadine in fattorie cooperative (kolchoz), di proprietà dello stato.

2. Quale fu la politica di Stalin verso i kulaki?

I kulaki, nemici del socialismo e del paese, contadini agiati, non erano ben visti da Stalin. Stalin

collettivizzò tutte le terre, dichiarando una vera e propria guerra ai contadini, che opposero resistenza in ogni modo: con le armi, imboscando le derrate alimentari, macellando il bestiame. Stalin decise che dovevano sparire “come classe sociale” e contro di loro impiegò il terrore. Divise i kulaki in tre categorie:

- quelli impiegati in attività controrivoluzionarie;

- i supersfruttatori, che non potevano che contribuire alla controrivoluzione;

- coloro che erano “leali nei confronti del regime”.

Per le prime due categorie erano previste la confisca dei beni e la deportazione in lontane regioni, come la Siberia e la fucilazione in caso di resistenza. Per la terza categoria, il trasferimento in altro luogo della regione di residenza. I beni dei deportati venivano trasferiti alle fattorie cooperative.

3. Quali furono le conseguenze economiche della collettivizzazione?

La collettivizzazione diede un esito economicamente disastroso: la produzione di grano diminuì a causa della resistenza dei contadini o del ritardo rispetto ai piani di produzione.

Si avviò un meccanismo di depredazione delle risorse agricole a causa di tali ritardi e nell’inverno 1932- 33 si assistì alla più grande carestia della storia europea recente. Per fronteggiare il crollo della

produzione agricola il governo impedì la fuga dei contadini dai kolchoz tramite i passaporti interni che a loro non venivano conferiti. I contadini, stremati, si piegarono. Solo nel ’35 il governo consentì loro di coltivare piccoli lotti di terra e allevare animali di piccola taglia.

4. Come venne realizzata l’industrializzazione dell’Urss?

Contestualmente alla collettivizzazione, venne intrapresa la strada dell’industrializzazione accelerata. Lo strumento adottato per far riprendere il paese arretrato fu la pianificazione integrale dell’economia, diretto dal Gosplan.

Si ebbero due piani, entrambi quinquennali: il primo tra il ’28-’32, il secondo tra il ’33-’37. Il terzo venne interrotto dalla Seconda guerra mondiale. Grazie alla pianificazione l’Unione Sovietica divenne una grande potenza industriale.

5. Quali disfunzioni e distorsioni presentò la pianificazione sovietica?

La pianificazione fissava obiettivi eccessivi, anche se apparentemente sembrava seguisse una logica di razionalità economica. Stalin riteneva che il requisito essenziale per gli industriali fosse “padroneggiare la tecnica”, cioè che il lavoro dovesse essere svolto da tecnici e lavoratori specializzati. Ai lavoratori non proletari si preferì quelli di provenienza contadina e di sicura lealtà politica, che vennero preparati attraverso un’istruzione tecnica accelerata ma professionale. Rappresentò un’importante opera di promozione sociale ma al contempo un disastro: l’industria si rivelò inefficiente, lenta, insufficiente.

Un altro fallimento riguardante la pianificazione fu la trasformazione della distribuzione territoriale:

avvenne l’urbanizzazione, creando disagi nelle città.

6. Che cosa fu il “Grande terrore”? Quali finalità aveva?

A partire dal ’35 la dittatura staliniana sfociò in vero e proprio terrore. Il suo strumento operativo fu la polizia segreta, la Nkvd. L’assassinio del segretario del partito di Leningrado scatenò un clima di inaudita violenza e l’Unione Sovietica, negli anni ’36-’38, visse l’epoca del “Grande terrore”. Il terrore si sviluppò su due piani diversi. La prima dimensione fu quella “pubblica”, che processò con l’accusa di

“deviazionismo” e “cospirazione” ingegneri, tecnici, dirigenti “storici” tra i quali anche Bucharin, fucilato

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nel ’38. Quando nel ’40 anche Trockij verrà assassinato, l’intero gruppo dirigente bolscevico scomparve.

Ultimo bersaglio fu lo stato maggiore dell’Armata rossa.

L’altra dimensione fu quella caratterizzata da operazioni terroristiche. Chi era scomodo al regime fu deportato nei gulag, campi di lavoro collettivi. Un clima di sospetto, anche verso i propri familiari iniziò a girare per il paese: i tribunali emettevano condanne sulla base di semplici sospetti e confessioni estorte con la forza della Nkvd.

Il terrore fu “categoriale e preventivo” (A.Graziosi): eliminò le categorie pericolose e avviò un’operazione di pulizia che rimuovesse ogni ostacolo preventivamente, in vista di una trasformazione totalitaria della società e degli individui.

7. Quali strumenti di propaganda e acquisizione del consenso elaborò Stalin?

Oltre al terrore, Stalin si serviva della propaganda ideologica. Fece ruotare il paese attorno al conformismo, eliminando e censurando ogni forma di espressione artistica, letteraria e scientifica.

I nemici della rivoluzione furono demonizzati, attorno alla parola d’ordine “emulazione socialista”.

Riguardo alla massa operaia di nuova generazione, costituita da contadini, il regime mescolò incentivi economici alla repressione e alla propaganda. Qualsiasi resistenza veniva punita, ad egual modo i crimini come il “sabotaggio”. La propaganda esaltava il modello positivo dell’”eroe del lavoro”.

Stalin mescolò il terrore poliziesco alla mobilitazione delle messe e lui ne era al centro, come un perno, temuto e rispettato, odiato per i suoi crimini ma venerato per la sua grandezza storica.

8. Quale fu l’atteggiamento del governo sovietico verso la religione e le chiese?

Contemporaneamente venne scatenata una persecuzione religiosa che sradicasse l’influenza delle chiese nella società civile, mirando ad una secolarizzazione forzata (riduzione del ruolo e del peso della

componente religiosa nella vita sociale). Il regime rivalutava la famiglia tradizionale e, preoccupato per il crollo demografico, rendeva più difficile il divorzio, dichiarava un crimine l’aborto e puniva

l’omosessualità.

9. Presso quali strati sociali Stalin ebbe consenso, e perché?

Il consenso al regime fu notevole fra operai, tecnici, impiegati e funzionari, membri del partito,

esponenti di un vasto strato sociale che doveva a Stalin la propria ascesa ad un ruolo importante nella vita pubblica, che comportava anche privilegi materiali. Presso questi ceti si formò un vero e proprio

“culto” della figura di Stalin, padre severo ma giusto, che colpiva i nemici con le “purghe”. Manipolando la storia, Stalin fece di se stesso l’erede dell’intera tradizione dei grandi zar russi.

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