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Academic year: 2022

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il volo

www.pwc.com/it

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Registrazione n. 37 presso il Tribunale di Milano in data 22 gennaio 2007

Pubblicazione a uso interno Editore: PricewaterhouseCoopers SpA Piazza Tre Torri 2, 20145 Milano, Italy

Consulenza redazionale Studio Lucchini Impaginazione Corigrafica

ci si può fidare di qualcuno è di dargli fiducia”

Ernest Hemingway

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Indice

Trust & Fly

2021#ripartiamo 11

Cover story

Yes we trust 13

Trust & Courage 15

Trust & Change 16

Trust & Agile 17

Trust & Leadership 18

Trust & Purpose 19

Trust & Values 21

Quindi, yes we trust 24

Change 27

Il volo dei Voli 29

In volo con il Volo 37

Tra fiducia e digitale, nuove responsabilità 41

Be the change you want to see 47

Smart and sustainable mobility 51

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Holobotics: innoviamo, con record 61 Singolarità, innovazione e cambiamento: il summit di Milano 67

Fiducia nei giovani 71

Volo dei Talenti 73

Ti senti creativo? 75

Care 79

Best Performance Award: l’eccellenze nello sviluppo sostenibile 81

Migration 83

Avere cura, fare la differenza e lavorare insieme 87

Workplace Health Promotion 89

Nudge for Innovation: la spinta gentile all’imprenditorialità creativa 91

Think Global, Be Global 95

Il rischio condiviso 99

Working smart 103

Move! L’energia per il cambiamento 105

La Torre e il Campo 109

Smart working o working smart? 113

Always learning 117

Never stop learning 119

What would you like to learn today? 125

Decolla il programma Digital Upskilling Italia 127

In cima alla montagna, all’ombra dei valori 135

Upskilling: l’astronave giunge a terra 139

eLearning: la rivoluzione accelerata 143

PwC Coaching School - Compagni nel viaggio della consapevolezza 147

Facile dire digitale 151

Proud to be PwC: il progetto Corridoi Umanitari 157

Nuovo Piano di Corporate Responsibility 159

Un viaggio lungo 5 anni 161

Moving “circolare” verso la Torre PwC 165

Corporate Responsibility FY18 170

Diversity & Inclusion 173

Le donne PwC sul podio a Belgrado 2016 - Alcune testimonianze 175

Frantumiamo il gender gap, ora! 179

Esser coraggiosi, domandare, saper dire no 183

HeForShe: una campagna di libertà 189

Parole preziose 191

Progetto Be Kind - Un viaggio nella diversità con persone gentili 193

Le Pantere nella tana di PwC 197

Alumni 201

#WeareAlumni ricordare il passato per progettare il domani 203

Sommario 206

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Trust & Fly

Trust & Fly

2021#ripartiamo

Faremmo bella figura a dire «lo sapevamo» quando, vent’anni fa, nel 2001 fu una copertina con un pilota a far decollare il primo numero de “il volo”, il giornale di PwC. Era il desiderio di viaggiare lontano, dell’impegno a comunicare la vitalità, la forza, la storia e i valori della nostra organizzazione.

Un anno fa decidemmo di fare un altro salto e di varare il passaggio del nostro trimestrale il volo da cartaceo a online.

Il dilemma carta-online impegna da inizio millennio editori, università, filosofi della comunicazione. Abbiamo assistito in tutto il mondo a scelte drastiche per l’online di grandi testate storiche, e poi clamorosi ripensamenti.

Abbiamo visto altre testate nascere digitali e poi lanciare le versioni cartacee.

La nostra non è stata una scelta irreversibile. Scegliemmo il trimestrale online per un’informazione agile, fresca, più aderente all’agenda di un’organizzazione

Andrea Toselli Presidente e

Amministratore Delegato PwC Italia

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che ha scelto il digitale per ogni processo di business. È comunque momento di pensiero ben diverso dalla frenesia delle mail e delle condivisioni social.

Scegliemmo di sostenere quel pensiero, ogni anno, con un’edizione più corposa, ben rilegata, per i temi meritevoli di una lettura più profonda, supportata dalla fisicità, dalla plurisensorialità, così da favorire la riflessione e la memoria.

Cari lettori de il volo, nelle prossime pagine trovate i capitoli più significativi della nostra storia recente: le novità di business, i programmi di apprendimento continuo, le iniziative in ambito sociale, culturale e sportivo. Tutto ciò che ha confermato il respiro strategico delle nostre scelte, e che, in una prospettiva ben più ampia di quest’ultimo furibondo anno, ci hanno permesso di assorbirne l’onda, senza farci travolgere, e di preparare la ripartenza con la più concreta fiducia.

Da qui, il titolo di questo numero: Trust and Fly. Fiducia nel coraggio, nel

cambiamento, nel modello di business, nello scopo e nei valori che animano tutte le persone di PwC: colleghi, alumni, clienti, amici.

Con questi abbiamo avuto l’onore di volare in questi anni. Ecco perché, con fiducia, ci prepariamo alle nuove rotte da percorrere insieme.

Buona lettura Andrea Toselli

Yes, we trust

Trust & Courage Trust & Change

Trust & Agile Trust & Leadership

Trust & Purpose Trust & Values Quindi, yes we trust

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Yes, we trust

Yes, we trust

di Leonardo Cadeddu e Amelia Donadio

Cosa? Iniziamo questo numero del Volo giocando con un motto dal suono quasi sacro? emblema di una cultura politico-economica che ha influenzato gli anni più recenti della vita del pianeta?

Beh, PwC non è nata proprio come Breakaway Firm, azienda che rompe gli schemi?

Non abbiamo fatto vacillare fin dai primi giorni un tabù del marketing, scherzare con il brand? “PwC” diventò una serie di acrostici, con vari messaggi chiave:

Partners With Clients, People Who Collaborate, Propitious Wave of Change, Powerful and Worlwide Challenge, Play With Courage.

Ecco che possiamo giocare, allora, con le parole e con i concetti più cari.

Perché giocare è una cosa molto seria.

Trust & Courage

Play With Courage. Coraggio, che è motore di fiducia.

E se sappiamo che “coraggio” ha la radice nel cuore (cor habeo, avere cuore), guardiamo dentro la parola “trust”.

«To believe that someone is good and honest and will not harm you, or that something is safe and reliable»

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Così la prima voce del Cambridge Dictionary. Buona. Vediamo altro.

«To believe that something is true although you have no proof»

Buona anche questa, aggiunge il valore del fidarsi sulla parola.

E tra i sostantivi?

«The belief that you can trust someone or something».

Ok, si aggiunge il credere, il sistema di convinzioni. Avanti.

«A legal arrangement in which a person or organization controls property and/or money…»

No, questo non c’entra. Stiamo parlando di persone, non di legge.

Dunque fiducia, senza bisogno di prove. E coraggio. E quindi un nuovo concetto di delega.

Qualcosa a che fare con lo smart working, o con il working smart, meglio, o con il modello culturale Agile, meglio ancora, e con le nuove abilità di leadership?

Forse il 2021 ci chiama a una lettura ancora più ricca dei nostri valori, dello stesso purpose, del nostro ruolo nel mondo, come azienda e come persone.

Riflettiamoci.

Trust & Change

Chi non ha sentito almeno una volta, in un discorso motivazionale, la storia del termine wēijī?

Gli ideogrammi di cui è composto conterrebbero sia il concetto di “crisi” sia quello di “opportunità”.

Bufala. Ispirativa, poetica, ma non vera. Molti linguisti parlano di pseudoetimologia.

Pare che a diffonderla sia stato JFK in persona, affascinato dal tentativo di conciliare i concetti di pericolo, opportunità e cambiamento.

Vaglielo a dire, a chi nel 2020 ha lasciato dei pezzi sul campo, che la crisi è un’opportunità. Un po’ come “Mussolini ha fatto anche cose buone”.

Eppure che Change is the new normal lo abbiamo sostenuto noi stessi a gran voce.

Che il cambiamento sia la costante del vivere è nostra piena consapevolezza.

Non è senza tempo il grido di Bob Dylan, The times they are a-changing (1963)?

come il panta rei.

È quindi legittimo trovare, dentro la crisi stessa, l’onda da cavalcare.

Come disse il presidente Obama, «This victory is not the change we seek: it’s only the chance for us to make that change».

Ed ecco un altro gioco di parole: una lineetta soltanto sopra la C, e via a un mondo di significati.

La pandemia del 2019-2020 ha già creato un mondo diverso. Alcuni hanno saputo prepararsi, e gestire gli eventi con comportamenti resilienti, senza farsene piegare.

Noi di PwC siamo stati tra questi.

Non è stato ottimismo (che a volte è pura incoscienza): è stata fiducia.

Trust & Agile

“Agile” = che si può fare, con leggerezza.

Il senso è dentro la parola.

L’emergenza epocale è stata gestita con successo in PwC anche grazie all’introduzione, ben prima del Covid, della cultura “Agile”.

La conversione totale al digitale non è stata una sorpresa, anzi pervade da tempo l’intera organizzazione.

È un modello culturale che ha generato stili e comportamenti congruenti, e che ci consente di essere agili nel lavoro e in equilibrio con la vita privata, guidati dall’idea del seguire il progetto anziché il calendario, e ottenendo performance migliori in termini di produzione, di risultato economico e di soddisfazione delle persone, clienti e collaboratori.

L’elasticità operativa della Change Agility ci ha permesso di reagire rapidamente e di andare avanti con determinazione, senza perdere tempo nella riorganizzazione del lavoro. Tutte le nostre persone sono state messe in condizione di portare avanti i propri compiti in modo agile.

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Trust & Fly Yes, we trust Allo stesso tempo, quest’esperienza ci ha fatto comprendere il valore di progetti

e strumenti digitali che avevamo sviluppato negli ultimi anni (GSuite, CRM, formazione digitale, iniziative di Welfare e di responsabilità sociale), offrendo anche, nel giro delle prime settimane, servizi in streaming per allenamenti, consigli alimentari, yoga, wellbeing.

Il team di Change Management ha accompagnato l’evoluzione della cultura interna, ascoltando i bisogni delle persone, assorbendo le loro necessità e proiettandole all’interno di tutta la Firm.

Senza dimenticare il trasferimento nella nuova Torre, simbolo concreto di questa nuova cultura di lavoro basata sulla valorizzazione degli obiettivi e di un cambiamento che sarebbe superficiale intitolare smart working, e che è invece working smart, ricco com’è di scelte e di risultati intelligenti, che sfata il tabù della presenza fisica in ufficio e che, grazie a una potente infrastruttura tecnologica, ci permette flessibilità ed efficienza.

“Agile” ha significato per noi progredire e migliorare come Firm, come professionisti e come persone.

È questa la vera chance: la capacità di accelerare e consolidare la nostra consapevolezza rispetto al poter scegliere se, quando e come cambiare il nostro lavoro. Se sapremo far tesoro di ciò che abbiamo imparato, mettendo in pratica quest’abitudine al working smart in modo sostenibile, la sfida darà i propri frutti anche nel lungo periodo.

Trust & Leadership

“Lavoratore nomade”.

Così è stato definito il nuovo tipo di lavoratore1.

«Lavora dove vuole e quando serve, non ha orari fissi, utilizza strumenti informatici per svolgere la propria attività ovunque. La categoria comprende sia freelance che dipendenti, sia Millennials che cinquantenni. Non coincide con il telelavoro. È una modalità nuova di lavorare.»

La previsione degli autori è che presto il prefisso smart perderà specificità: tutti i

lavoratori del terziario saranno, in una certa misura, smart worker.

Ma se il lavoratore è nomade, libero, meno controllato, serve più delega.

“De-lega”: con il “de” che indica allontanamento, e il verbo “legare” che significa mandare, affidare, investire qualcuno della propria autorità.

Nella gestione per obiettivi la delega è il punto di snodo della leadership.

Ma quali le nuove regole di ingaggio? Come conciliare flessibilità e autonomia con qualità, puntualità, accountability, senso imprenditoriale? E come cambia, al contempo, la leadership che devono esercitare i capi degli smart worker, sia in qualità di gestori di personale in smart work sia, a loro volta, di smart worker?2 È naturale per tutti la separazione fisica da quel contenitore emotivo che è l’ufficio? Come si manifestranno le qualità empatiche dei leader per bilanciare il senso di solitudine e di freddezza, la mancanza di confronto e di socialità, insomma gli aspetti più ansiogeni del nuovo lavoro, e per sviluppare collaborazione in team dislocati nello spazio e nel tempo?

Saprà il leader trasmettere una visione comune a persone che s’incontrano di rado? Saprà cogliere esigenze e segnali deboli, e farsene carico, con sensibilità e calore? Saprà superare i pilastri del vecchio modo di lavorare, il patto fisico, il controllo del tempo e dello spazio, puoi crescere se stai dove accadono le cose, vicino a chi ha il potere, mi fido delle persone che vedo e che tocco?

Di nuovo, fiducia.

Trust & Purpose

«L’obiettivo era ambizioso. L’interesse dell’opinione pubblica altissimo. Gli esperti erano ansiosi di dare il proprio contributo. Trovare i fondi non era un problema.

Samuel Pierpoint Langley iniziò nei primi del Novecento la sua avventura per diventare il primo uomo che avesse mai pilotato un aeroplano. Godeva di grande stima: era un alto dirigente della Smithsonian Institution e un professore di matematica che aveva lavorato anche ad Harvard. Tra i suoi amici annoverava uomini potenti dell’economia e della pubblica amministrazione. Il dipartimento

1Tiziano Botteri e Guido Cremonesi, Smart Working & Smart Workers, Franco Angeli 2016 2Claudio Allievi, Gestire le persone nell’era dello Smart Working, https://www.officelayout.soiel.it/

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della Guerra lo aveva finanziato con 50.000 dollari, somma imponente per l’epoca. Aveva radunato i migliori ingegni del tempo, un vero dream team per talento e preparazione tecnica. Usavano i materiali migliori, la stampa li seguiva ovunque. Tutto il Paese aspettava con ansia di leggere che ce l’aveva fatta.»

Così Simon Synek, nel suo Start with why, racconta la storia del pioniere dell’aviazione. Con la squadra che aveva messo insieme e le risorse di cui disponeva, il successo pareva garantito.

«A pochi chilometri di distanza - continua Synek - nella cittadina di Dayton, Ohio, anche Wilbur e Orville Wright lavoravano alla loro macchina volante. Grazie alla loro straordinaria passione per il volo, erano riusciti a radunare intorno a sé un piccolo gruppo di collaboratori entusiasti. Non avevano soldi loro, né fondi pubblici, né relazioni di livello. Nessun titolo accademico. Eppure il gruppo, che si riuniva in un negozio di biciclette, riuscì a tradurre la visione in realtà.

Il 17 dicembre 1903 un piccolo pubblico assistette al primo volo umano della storia.»

Perché i fratelli Wright riuscirono nell’impresa dove un gruppo molto meglio equipaggiato aveva fallito? Non fu solo fortuna. Entrambi i team erano motivati, avevano etica del lavoro e menti scientifiche. Identico l’obiettivo. La differenza fu che i fratelli Wright riuscirono a ispirare le persone intorno a loro, e da veri leader seppero guidare il loro team alla scoperta di una tecnologia destinata a cambiare il mondo.

I fratelli Wright erano partiti dal perché.

Le aziende non vivono oggi col budget. Vivono con un purpose, declinato in valori che non si esauriscono in un mandato di governance, ma che durano nel tempo.

Pensiamo al purpose di PwC: build trust in society and solve important problems.

In una realtà sempre più complessa, noi aiutiamo i sistemi che caratterizzano il nostro mondo a funzionare, ad adattarsi e a evolversi in modo che possano essere di concreto beneficio per la società e la comunità. Questi sistemi possono essere i mercati dei capitali, i sistemi fiscali o economici nei quali operano le imprese e gli individui. Aiutiamo i nostri clienti a prendere decisioni informate e a operare efficacemente in questo contesto.

Questo è il nostro business.

Trust & Values

In PwC abbiamo background e culture diverse, ma siamo accomunati dagli stessi valori e comportamenti, che racchiudono aspirazioni e aspettative, che ci guidano nelle azioni quotidiane, nelle scelte e nel modo i cui agiamo con i clienti e con i colleghi.

Ci aiutano a fare del nostro meglio.

Come sono cambiati questi valori, nella ripartenza?

Act with integrity

Difendere ciò che è giusto, garantire risultati di qualità, prendere decisioni con responsabilità personale.

Integrità oggi significa anche piena consapevolezza della socialità d’impresa.

Questa sofferenza globale, epocale, ha reso ancora più peccaminoso pensare in modo egoistico, ha acceso riflessioni molto spinte sull’azienda socialmente sostenibile. Il futuro non potrà più ignorare i valori etici, il rispetto per l’ambiente, la cura dei dipendenti e un pensiero che va al di là delle generazioni.

Our purpose

is why we exist

Our values define

how we behave

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Trust & Fly Yes, we trust Make a difference

Essere informati e farsi domande sul futuro del mondo, lavorare in modo che le nostre azioni abbiano un impatto significativo.

È stato proprio questo lo spirito del programma #Italia2021 - Competenze per riavviare il futuro.

Tra maggio e dicembre 2020 ci siamo messi a disposizione delle istituzioni e delle imprese.

Discutendo di energia, industria, turismo, mobilità, rilancio dei consumi,

infrastrutture, media, pubblica amministrazione, in partnership con Sky, abbiamo realizzato una grande piattaforma digitale di discussione nella quale è stato possibile sviluppare proposte e progettare azioni con i massimi esponenti della politica e dell’economia, per una ripresa dell’Italia post-pandemia. Ci siamo rivolti a imprese che come noi credono nel futuro del nostro Paese e come noi s’impegnano a costruirlo. Abbiamo voluto ascoltarle e dar loro voce come motore della ripresa.

7 milioni di lavoratori in lavoro agile, sono un cambiamento potente.

Se vuoi cambiare una persona, dicono gli esperti, falle fare una cosa nuova per 30 giorni di seguito. Dopo un anno, si può dire ormai che non siamo “dentro” il cambiamento: tutti siamo già cambiati.

E sotto questo risultato, come sempre, c’è il lavoro dei nostri 7.000 professionisti, consapevoli che oggi è il tempo delle azioni indispensabili per non soccombere, ma anche il tempo della progettualità per pianificare il domani. Per sostenere l’italianità nella ripartenza (magari anche per cambiare qualche stereotipo dell’italianità), per spingerci a ripetere le migliori esperienze della nostra storia, come la ricostruzione dopo la guerra, o come il Rinascimento dopo il Medio Evo.

(E chissà che questa esperienza sia per tutti noi anche un buon solidificatore della memoria, che non può essere solo una lapide, o una giornata di ricordo nazionale. Dev’essere parte integrante della rinascita, dev’essere incorporata nel metodo.)

Care

Impegnarsi per conoscere le persone e capire ciò che è importante per ognuna di loro, metterle nelle condizioni esprimere il proprio potenziale.

“Abbiate cura di voi stessi”, e “Avremo cura di voi” sono i mantra che da anni c’ispirano. La resilienza era già un impegno, oggi è piena realtà, nel breve, nel medio e nel lungo termine. È stato un allenamento continuo di resilienza, anche il periodo della sofferenza.

Nasce da qui il programma PwC per le persone, volto ad aiutare persone e imprese a navigare in tempi di incertezza, gestendo i momenti i difficoltà e poi ripartire. Non semplici webinar, ma workshop interattivi, ricchi di confronto tra i professionisti PwC, che hanno messo a disposizione di chiunque, gratuitamente, la loro esperienza, e tutti i lavoratori, indipendentemente dall’azienda e dalle aree/funzioni aziendali, su varie tematiche trasversali all’organizzazione, in particolari sui digital skill necessari per assicurare una solida ripartenza professionale.

Work together

Collaborare e condividere relazioni, idee e conoscenze anche al di fuori del proprio mondo, integrare i punti di vista, chiedere e dare feedback, aiutare gli altri a crescere.

Sempre più, siamo chiamati a lavorare insieme. A pensare insieme, a sentire insieme.

Il mondo non è fatto di città, province, regioni o Stati. Quella è solo geografia.

La realtà è la vita quotidiana delle persone di tutto il mondo. Questa pandemia ha fatto capire a tutti - speriamo davvero che tutti l’abbiano capito - che il mondo è una cosa sola.

If you wanna go fast go alone, if you wanna go far go together, dice un poverbio africano. Stavolta abbiamo dovuto andare veloci, ma andare tutti insieme.

Ricollegandoci al nostro claim fondativo, People, Knowledge, Worlds, abbiamo sentito il dovere di allargare lo sguardo al di là del visibile, di conciliare ancora meglio gli obiettivi di business con l’attenzione al capitale umano, alle relazioni, ai valori diffusi, al benessere dei lavoratori, alla loro condizione psicofisica, alla sicurezza, all’equilibrio tra stakehoder value e shareholder value.

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molti strumenti: sono più istruiti delle generazioni precedenti, hanno viaggiato, parlano le lingue, han saputo inserire più donne nei ruoli chiave.

Da sempre iperconnessi, hanno davvero un digital mindset. Il working smart è per loro naturale, l’ufficio come spazio sempre aperto, che stimola le relazioni e la creatività, ben oltre i confini aziendali. Gestiscono team con età, cultura e aspettative differenti, quindi anche i valori D&I è nella loro zona di comfort.

Sanno creare impresa: dal 2017 c’è stato un boom di start-up fondate da under 35, in Italia quasi 600.000 aziende (soprattutto food, web e sharing economy).3 Quando fanno impresa hanno un orizzonte più ampio del prossimo quinquennio, o delle prossime elezioni, o del paio di generazioni successive.

Sono più affascinati dalla customer experience che dall’engagement, tengono più alla reputazione che all’immagine, più al caring che al pricing, considerano valore i sentimenti di piacere e di gratitudine. Di fiducia.

Me, We

Aggiungendo spessore alla sua leggenda, Muhammad Ali fu l’autore della poesia più breve di sempre: “Me, we”. Due sillabe: la seconda ottenuta solo ribaltando una lettera della prima.

Paladino dei diritti umani, della solidarietà, del cambiamento, capace di stravolgere religione e identità, di annullare la persona che era stato, in nome degli altri.

Chissà se davvero l’idea fu sua: comunque nei giorni in cui l’America si ritirava dal Vietnam, aprile del 1975, il dislessico pugile nero recitò quella poesia di fronte agli studenti di Harvard, futura classe dirigente americana.

Diceva che tutti noi siamo una sola cosa. Che le azioni dei singoli hanno effetti su tutti. Che conviene fidarci gli uni degli altri.

Come se l’emergenza ci avesse dato una grande lezione di democrazia, diffusa, planetaria. Come se incrementare la digitalizzazione in alcuni distretti economici che rischiano di perdere quote di mercato, e quindi presenza, vita, significasse davvero situarsi su un livello umano più alto.

Come se quel verso di Imagine, It’s easy if you try, fosse possibile, per davvero.

Reimagine the possibile

Sfidare lo status quo, cimentarsi in cose nuove, sperimentare, aprire la mente.

Il quadro economico così provato dalla crisi ci induce a immaginare la ripresa con logiche inedite. Basta pensare a quanto la dimensione relazionale è oggi al centro di ogni business, a quanto impatta sulla vita delle persone. Basta pensare alla mobilità, ridotta in modo drastico, con evidenti ripercussioni per alcuni settori, ma anche con risvolti interessanti (un mondo in cui le persone si muovono meno per lavoro è un mondo in cui hanno più tempo per se stesse). Se riusciremo a incentivare questo sistema potremo trarne un beneficio in termini di qualità di vita.

Quindi, yes we trust

Sul numero di gennaio del Time, tradizionalmente dedicato alla “Person of the year”, nel 2006 brillava uno specchio, con la scritta “You”. Era l’avvento del Web 2.0. Stavano nascendo i social e l’utopia del popolo che controlla l’informazione.

Passano sette anni, 2013: la copertina del primo magazine del mondo è sui Millenial, e sulla loro nomea di pigri, narcisisti e mammoni: “The ME ME ME Generation”.

Tra altri sette anni tre quarti o più della forza lavoro sarà fatta da Millennial. E non saranno solo peones: saranno manager, leader, ispiratori del mondo.

Come possiamo credere nel mondo, se non crediamo in loro? Che poi, a ben vedere, i leader Millennial hanno

Trust is letting go of needing to know all the details

before you open your heart

proverbio

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Change

Il Volo dei Voli

In volo con il Volo: il cambiamento come attitudine di tutti Tra fiducia e digitale, nuove responsabilità Be the change you want to see - Change Ambassador

Smart and sustainable mobility Drops of Change

Holobotics: innoviamo, con record

Singolarità, innovazione e cambiamento: il summit di Milano Fiducia nei giovani

Volo dei Talenti Ti senti creativo?

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Il Volo dei Voli

il volo febbraio 2020

Questo è un Volo davvero unico. Segna un cambiamento.

Salite a bordo con noi. Guardatevi intorno,

con quale lista di passeggeri in questi 20 anni abbiamo avuto l’onore di volare.

E prepariamoci alle nuove rotte da percorrere insieme.

di Leonardo Cadeddu

Signore e signori, è il comandante che vi parla.

Per cortesia vogliate prestare la massima attenzione.

Non sarà la solita dimostrazione delle caratteristiche e delle procedure di sicurezza dell’aeromobile.

Nessun rischio di depressurizzazione della cabina. L’unico rischio è che i nomi che state per ascoltare, a meno che siate abituati a vivere accanto a celebrità planetarie, vi aumentino la pressione sanguigna, o il battito cardiaco; vi azzerino la salivazione; insomma vi sparino l’eccitazione oltre le dimensioni abituali.

Nessun rischio di evacuazione dell’aeromobile. Anzi, vorrebbero salirci tutti, a bordo, fosse anche solo per vederle da vicino, le persone che sto per nominare, per stringere loro la mano, per ringraziarle di quanto il loro genio ha donato al genere umano.

Le maschere dell’ossigeno resteranno negli appositi scomparti, anche se

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Trust & Fly Change davvero potreste sentire qualche affanno nel respiro, pensando ai miti che

siedono tra noi in questo volo.

Il sentiero luminoso servirà solo nel caso qualcuno di voi provasse un certo disorientamento per la situazione; qualcuno di noi, anzi: io stesso vivo questo momento con tutta l’emozione che merita.

E se udiremo «brace, brace» non sarà l’annuncio di un dramma: sarà l’invito a tenerci forte tutti insieme, per prepararci all’impatto di una lista di passeggeri che pochi equipaggi al mondo hanno avuto l’onore di accompagnare.

Iniziamo, dunque.

Senatrice Rita Levi Montalcini, lei è un onore per il nostro equipaggio, per il popolo italiano, per i popoli di tutto il mondo. Sono per noi un esempio i suoi

studi, la sua passione per la scienza e per l’umanità, di cui il premio Nobel è solo una delle testimonianze.

È un esempio per noi la sua concezione e il suo rispetto per i giovani, di cui lei stessa nell’intervista ci ha parlato con concretezza e passione, prove di una fiducia profonda nelle capacità innovative del genere umano.

La invitiamo a sedere accanto al professor Howard Gardner, della Harvard University, del quale abbiamo ammirato la teoria delle intelligenze multiple, e ancora più quella delle 5 minds for the future. Oltre alla mente disciplinata, la più classica, quella che distingue vero/falso, astratto/concreto ecc., alla mente sintetica, che raccoglie informazioni da fonti diverse e le mette insieme in modo sensato e originale, alla mente creativa, che coltiva nuove idee, esplora, sperimenta, si pone domande insolite e giunge a risposte inattese, ispirano il lavoro delle nostre persone la mente rispettosa, che accoglie le differenze, che si sforza di capire gli altri e di collaborare, e la mente etica, che valuta obiettivi e contesti sociali, bisogni e desideri collettivi, ben oltre gli interessi personali.

E vediamo ora di ricercare un posto adeguato al ricercatore per eccellenza.

Ci perdoni il gioco di parole, signor Renato Mannheimer. Lei che, proprio nel primo numero del Volo, ci spiegò come stava cambiando la comunicazione nelle imprese, con la crescente attenzione all’individuo, con l’evoluzione verso uno stile sempre meno persuasivo e sempre più informativo, e con il ruolo

centrale dell’etica, troverà piacevole viaggiare accanto a Jacques Attali, economista e banchiere francese, eminenza grigia del presidente francese Mitterand. Un genio poliedrico. Economista, filosofo, storico, giornalista, autore di libri tradotti in più di venti lingue. E pure direttore d’orchestra. Ospite in una nostra convention nel 2011, seguendo il filo del pensiero descritto nel suo libro Breve storia del nostro futuro, ci invitò a essere “transumani”, ossia

“altruisti, interessati alla storia del futuro, coscienti che la sorte dei contemporanei e dei discendenti li riguarda direttamente, preoccupati di dare aiuto, di comprendere, di lasciare dopo di loro un mondo migliore (…), capaci di mettere in piedi, accanto all’economia di mercato, un’economia dell’altruismo, un’economia

‘relazionale’, della disponibilità gratuita, del dono reciproco, del servizio pubblico, dell’interesse generale…”.

E lei signora Lella Costa, che partendo da una riflessione sulle diversità di genere ci ha aiutato a ragionare su temi complessi come varietà, anomalie, arricchimento, cultura, giovani, vero, finto e falso, inclusione. Che ha acceso in noi una riflessione su cosa sia la cultura, cosa sia la bellezza, per il nostro Paese.

Può accomodarsi accanto al signor Fabio Volo, attore, scrittore, sceneggiatore e conduttore radiofonico e televisivo, del quale potrà apprezzare la verve multiforme e disincantata, e l’arguzia nell’aver scelto un nome d’arte così favorevole al nostro incontro :-).

Lì vicino può accomodarsi anche lei, signor Giulio Casale, lei attore, “cantattore”

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come si definisce, “poeta rock” com’è stato definito, proprio lei, artista insomma tutto genio e (credevamo) sregolatezza, proprio lei che ha dato una limpida testimonianza sul rapporto tra individualità e squadra, tra disciplina e rispetto delle regole (proprio a noi, professionisti delle regole).

In quest’altra fila da tre sedili possiamo far accomodare tre penne sopraffine: ne avranno da raccontarsi sull’arte dello scrivere.

Prego, qui, signor Beppe Severgnini, lei che in un numero del Volo satireggiò sulla nostra mania delle riunioni: “Degli uffici ci piacciono le riunioni, anche se ci fanno perdere tempo. Tutti abbiamo provato il tedio esistenziale di certi incontri. Il Loquace Aziendale parla, e noi facciamo disegnini con la matita. Il Capo riassume, l’esperto spiega tutto di X, ma noi ci occupiamo di Y. Intanto le ore passano, e noi abbiamo combinato poco o niente. Eppure qualcuno è contento. Quando la coscienza gli chiederà «Cos’hai fatto oggi?», potrà rispondere con aria fintamente affranta (ma intimamente compiaciuta): «Oggi? Un sacco di riunioni». Suona bene. Ma le riunioni dovrebbero essere un mezzo (rapido!). Se sono un fine è un disastro.”

Veda ora se questa riunione può rivelarsi per lei utile e piacevole

.

Accanto a lei facciamo accomodare Khaled Hosseini, l’autore di Il Cacciatore di aquiloni e di Mille splendidi soli, che, nel ruolo di ambasciatore USA per l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), ci scrisse una lettera per ringraziarci per una importante donazione di PwC a favore della campagna “The Power of 10”. L’UNHCR ha poi usato questa donazione per costruire scuole, formare insegnanti e garantire l’istruzione a più di 20.000 bambini rifugiati del Darfur che vivevano nella regione orientale del Ciad.

Si accomodi qui anche lei, signor Giorgio Faletti, romanziere ma anche attore e cantautore. Una carriera all’insegna dell’eclettismo e del cambiamento.

Non a caso lei fu scelto come testimonial di una nostra convention nell’ottobre 2002, in un momento in cui la professione del revisore si apriva a nuove dimensioni. «Ignoravo - dichiarò dal palco - che esistesse la figura dei revisore dei conti. Poi, di colpo me ne sono trovati lì seicento, e ho pensato:

è una grande realtà (Worslspechbreumcraft…

aspetta… PricewaterhouseCoopers, nome difficile, sembra un codice fiscale, o un esercizio per logopedisti…). Persone determinate, motivate, molto specializzate. L’effetto collaterale della specializzazione, però, è la monomania: essere talmente dentro il proprio campo da non riuscire a vedere altro. Trovo importante questo sforzo di offrire ai clienti altri servizi, ampliando il proprio quadro di competenze.»

Altra fila da tre, per i super manager che hanno onorato le pagine del Volo.

E se è l’eclettismo la cifra di questa comitiva, quale manager la interpreta meglio di lei, signor Sergio Marchionne, laureato in filosofia, poi dottore commercialista e avvocato. Lei ci spiegò in un’intervista il “miracolo della virtù” che la guidò nel rinnovamento della più grande azienda italiana. Con l’America nel cuore, ma senza convergere verso i modelli americani, lei ci spiegò che le organizzazioni europee sono nate e cresciute in un terreno culturale fertilizzato da un forte senso di responsabilità sociale e di dialogo costruttivo con i lavoratori. E citò il Mel Gibson di Bravehart: “Gli uomini non seguono gli uomini. Gli uomini seguono il coraggio”.

Potrà conversare con un manager a lei ben noto, Luca Cordero di

Montezemolo, suo presidente in Fiat e in Ferrari, ma anche capo di Alitalia, Italo, Confindustria, che a noi parlò come presidente di Telethon, nei vent’anni dalla sua fondazione (oggi trenta). Un modello di eccellenza italiana: un esempio dell’Italia che funziona e che tende al miglioramento continuo, secondo criteri

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Trust & Fly Change improntati all’assoluta trasparenza e al fondamentale concetto di squadra, il

“sistema Telethon”, una realtà composta dai ricercatori, dai malati e dalle loro famiglie e da molti esponenti della società civile.

Entrambi potrete discutere di risanamenti di aziende con Tim Sanders, uno dei manager più famosi del mondo, che nell’intervista del 2006 ci spiegò come sia l’amore la killer app, e quanto valori come cordialità, capacità di relazione, generosità, calore umano, talento emotivo e autenticità costruiscano lo stile del “manager empatico”. Si è saputo che il suo più famoso risanamento, quello di Yahoo!, non fu fatto bilancio alla mano, tagliando qua e là, ma analizzando e risolvendo problemi organizzativi e anche personali dei lavoratori, partendo dall’assunto che un

problema personale si riflette inevitabilmente sulla performance.

Qui si accomodi lei, signor Paolo Nespoli, lei che nel 2013, protagonista della nostra Territorial Convention, salì sul palco, stupito, aspettando la fine del lungo applauso, come a chiedersi il perché di tutto quel clamore. “Sono solo un astronauta”, sembrava pensare. E che poi ci raccontò il suo mestiere con un taglio da un lato filosofico, di riflessione sulla sfida al superamento dei propri limiti, dall’altro pragmatico, sul senso del gestire al meglio le risorse a disposizione, facendo un po’ di tutto, con versatilità e capacità di adattarsi. Fu lì che emerse la somiglianza con il nostro mestiere: «Ci saranno quelli che incitano a resistere, in attesa che tornino le condizioni di dieci anni fa. Non funziona, perché non torneranno più.

Meglio sforzarsi di capire i nuovi criteri che regolano una situazione e trarne i nuovi vantaggi». E concluse con un’esortazione filosofica e pragmatica insieme:

«Inutile predire il futuro. Sogniamo l’impossibile; poi svegliamoci e osiamo».

Lì accanto può accomodarsi anche lei - perché ne avrete da dirvi su come si vede il nostro pianeta dall’alto - signor Marco Lant, leader delle Frecce

Tricolori. Anche lei, comandante, parlando con noi di equilibrio, rischio ed errore, condivisione, senso di appartenenza, gerarchia e competenza, altruismo e trasmissione, tracciò un paragone molto stretto tra il pilota delle Frecce e il consulente PwC. Determinato, ma non aggressivo. Deciso nell’azione, ma non irresponsabile. Competitivo, ma non esibizionista.

Metodico, ricco di automatismi preziosi, ma non ingabbiato nell’inflessibilità. Team player, ma non egocentrico. Riflessivo, capace di ponderare le decisioni, ma non tanto da rinviarle. Disinvolto, capace di essere sociale, capace di confrontarsi con i colleghi e il pubblico.

E magari accanto a questi due top flyers (la prudenza non è mai troppa) può accomodarsi lei, signor Paolo Crepet, lei che è il più famoso psichiatra italiano,

lei con noi dialogò di valori, della struttura di credenze e comportamenti che ci guidano nella scelta di cosa è giusto per il nostro percorso di vita, che orientano le nostre emozioni e la nostra volontà verso certe scelte.

E sempre di valori (e sempre che quei due la lascino un po’ tranquillo) lei potrà dialogare con Maria Grazia Giommi, vice questore della Polizia di Stato.

Già ne dialogò con noi, di cultura della legalità, di rispetto delle regole, di percezione della sicurezza, di prevenzione, di educazione, in un’intervista che ci offrì un’idea ben diversa, rispetto al nostro immaginario, di un vie questore. Già il titolo: Le donne, i cavalier, l’arme...

E magari, sulla cultura della legalità può dare un buon punto di vista anche lei, signora Silvia Polleri, si accomodi qui, prego, ideatrice di un ristorante dal nome

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esplicativo, InGalera. Sostenuto da PwC, il ristorante del carcere più stellato d’Italia, gestito dai detenuti del penitenziario di Bollate, è uno splendido esempio di startup sociale. Un percorso riabilitativo, teso a eliminare lo stigma impresso dalla società a chi ha conosciuto il carcere, offrendo ai detenuti, regolarmente assunti, una vera chance professionale, con la possibilità di riappropriarsi o apprendere la cultura del lavoro e responsabilizzarsi per rientrare nella società.

La lista dei nomi è ancora lunga, e sarebbe da percorrere con il tempo che merita.

Ah se non ci fosse il solito tempo da rispettare, anche per questo decollo!

Uniamo dunque in un solo grande insieme tutti i personaggi che ci hanno fatto l’onore di conversare con noi, in questi 20 anni di pubblicazioni, e rivolgiamo loro un grazie di cuore per quanto ci hanno trasmesso, insegnato, ispirato.

Ora prepariamoci al decollo: controllate che la vostra cintura sia ben agganciata, tavolino, sedile, e poi mente e cuore ben disponibili a questa rassegna di talenti straordinari.

Per ogni ulteriore informazione sul viaggio che faremo insieme non c’è un opuscolo di fronte a voi, ma dai vostri dispositivi elettronici in ogni momento potete raggiungere Vantage, e trovare la risposta più efficace a qualunque domanda, compresa la domanda delle domande: “What would you like to learn today?”.

Ed è sempre a vostra disposizione la redazione di questo giornale.

Grazie per l’attenzione, vi auguriamo un piacevole ventennale di volo.

In volo con il Volo: il cambiamento come attitudine di tutti

il volo ottobre 2017

Dai progetti di cambiamento al cambiamento come attitudine di tutti di Matteo Veneziani

Per me, appassionato di volo (ho volato per anni in parapendio, attualmente ho la licenza di pilota d’aliante e pilota VDS avanzato a motore), scoprire che l’house organ dell’azienda che mi aveva appena assunto si chiama Il volo è stata una piacevole sorpresa. Io stesso uso spessissimo la metafora del volo e del pilota nell’ambito del mio lavoro, al punto di aver progettato un corso di outdoor training per manager proprio su questo tema.

Oggi però voglio parlare di un tema molto attuale per PwC (e non solo) sul quale la Leadership ha deciso di darmi una responsabilità precisa: il “cambimento”.

Sono stato assunto in PwC a febbraio scorso, dopo quattro mesi di collaborazione a progetto, con un doppio incarico: sono Head of Innovation, Process & ICT (la funzione nata dalla fusione di Information Technology Group – ITG con Process &

Organization – P&O) e sto per avviare un processo di IT Transformation all’interno di PwC Italy. Contestualmente mi è stata affidata la responsabilità di Change Leader Italy, ovvero rappresentante di PwC Italy al tavolo dei Change Leader dei 20 territori facenti parte dello Strategic Council a livello Globale PwC.

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Trust & Fly Change I lettori de Il volo ricorderanno che a fine 2015 un numero intero della rivista è

stato dedicato al tema del cambiamento, allora i leader di PwC Italy espressero il loro pensiero a riguardo. Nel 2016 la leadership, sia a livello di territorio, sia a livello globale, ha focalizzato meglio il tema del cambiamento e ha deciso di declinarlo in funzione delle specifiche esigenze di PwC, arrivando a definire il ruolo di Change Leader.

Il mio curriculum in effetti è ricco di cambiamenti; ho sempre lavorato in contesti di cambiamento, sia come consulente (Accenture, Bain), sia come manager (Olivetti, A2A) e negli ultimi anni come CIO (per una azienda del food retail, per Expo 2015 e infine per il Gruppo ILVA). Ora mi trovo nella privilegiata posizione di supportare il cambiamento in PwC.

Che significa “cambiamento”?

Ma cosa significa per PwC “cambiamento”? E cosa dobbiamo cambiare?

Personalmente non credo esista una sola risposta a queste domande, ma soprattutto il rischio è che l’eventuale risposta diventi obsoleta molto velocemente.

Oggi il cambiamento per PwC Global prende le forme del BOS Programme (BOS sta per Business Operations Solutions) ovvero dell’insieme di progetti di innovazione che sono stati lanciati in questi mesi e che porteranno tutti i territori PwC nel mondo a implementare best practice su alcuni processi chiave: in primis su come gestiamo il nostro capitale più prezioso, ovvero le nostre persone; poi su come gestiamo la relazione con i nostri clienti; e, progetto che in Italia è a un livello avanzato di completamento, come collaboriamo tra di noi presso i clienti e nei processi interni aziendali.

Questi progetti portano con sé nuove piattaforme tecnologiche (Workdays, Salesforce, Google Suite), ma sono iniziative mirate a cambiare il modo di lavorare delle persone e non semplici aggiornamenti di tecnologia.

Il BOS Programme però è solo un punto di partenza; un concetto fondamentale

è che il cambiamento in PwC non è un progetto con una data di completamento, ma deve diventare un’attitudine di tutti quanti. Chi ha letto il documento Vision 2020, che determina la strategia a livello Global di PwC, avrà notato che si fa riferimento a un mondo che cambia velocemente (secondo alcuni megatrends ben individuati), e quello che si vuole fare è rendere PwC un’azienda dotata di Change Agility ovvero della capacità di reagire e, dove possibile, anticipare il cambiamento.

Per questo non ritengo possibile definire un singolo obiettivo per il cambiamento, quindi una singola risposta alla domanda iniziale, se non quello di “avere il cambiamento come attitudine di tutte le persone di PwC”. Perché tutti i progetti e tutte le innovazioni che potremo introdurre in azienda per facilitare il cambiamento non saranno efficaci se non avremo persone con l’attitudine al cambiamento.

Ma come fare allora? Nel momento in cui

spostiamo la nostra attenzione dai “progetti di cambiamento” alla “attitudine al cambiamento” spostiamo il focus da “cosa facciamo” a “come facciamo le cose”; quindi il cambiamento è innanzitutto sui comportamenti delle persone, che devono costruire competenze e capabilities individuali. E quando si parla di comportamenti ci vengono in supporto immediatamente i pilastri della nostra azienda, ovvero i nostri Valori, che sono stati recentemente ben descritti:

• Act with integrity

• Make a difference

• Care

• Work together

• Reimagine the possible

Penso che, se sapremo interiorizzare questi valori, farli nostri e far sì che diventino la nostra guida nel quotidiano, sapremo anche acquisire quella Change Agility necessaria a restare relevant e a perseguire con successo la nostra purpose: build trust in society and solve important problems.

Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiare se stesso

Lev Tolstoj

Quando soffia il vento del cambiamento, c’è chi costruisce muri e chi mulini a vento

Proverbio cinese

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Siamo tutti attori del cambiamento

Per questo sto lavorando con chi si occupa per PwC Italy di Cultures & Values per coordinare le nostre azioni. Vogliamo costruire una Change Agent Network, coinvolgendo quei colleghi particolarmente predisposti a essere evangelisti del cambiamento, attraverso i Valori di PwC.

Il cambiamento non è un problema del Change Leader e basta, non si risolve con progetti o team dedicati, ma è un’attitudine che deve vedere tutti coinvolti.

Come diceva Tolstoj, «tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiare se stesso», e invece noi di PwC siamo chiamati tutti a essere attori del

cambiamento, a partire dal Change Leader e dalla Leadership, che devono guidare con l’esempio.

Vogliamo che il cambiamento sia un’attitudine che porti le persone non solo a reagire al

cambiamento, con scelte indotte da fattori esterni, ma a essere attori del cambiamento, attraverso scelte guidate dalla intenzionalità.

Il cambiamento quindi non come reazione darwiniana per la sopravvivenza, ma come specifica intenzione e scelta, avendo come punti fermi i nostri Valori. Quindi le azioni che metteremo in campo saranno orientate a facilitare l’attitudine al cambiamento, l’apertura non solo a sperimentare nuovi modi di fare le cose, ma a proporre proprie idee di cambiamento. In questo farò molta leva anche sulla Comunicazione, per rendere il cambiamento patrimonio di tutti e per raccogliere da tutti suggerimenti e idee.

Tra fiducia e digitale, nuove responsabilità

il volo novembre 2019

di Roberta Tagliabue

Le parole “fiducia” e “digitale” nello stesso titolo?

Vorrai dire che il valore più umano dell’umanità, ossia quel sentimento di sicurezza che deriva dal confidare in qualcuno o in qualcosa, e la preziosissima relazione che ne deriva, che è poi il centro della visione strategica di PwC, può stare nella stessa frase con il concetto di “digital”, ossia il rischioso territorio dell’automatizzazione, della spersonalizzazione, dell’artificialità?

E, a proposito, sarà poi che troviamo anche l’armonia tra quei due mondi proprio nel discusso concetto di “intelligenza artificiale”?

Beh, è andata proprio così. È stato il messaggio con cui ha esordito Maurizio Lonati, National Training Partner, che ha aperto i lavori del seminario

dichiarando l’aspetto celebrativo ma anche indicandone la rotta: enfasi sul tema dell’Upskilling, una delle priorità del Network PwC a livello Global e collegamento con altre parole chiave del nostro mondo: condivisione, networking, leadership.

«Il cambiamento digitale - ha detto forte e chiaro - ci darà un potere immenso.

E da un grande potere derivano grandi responsabilità. Amplificando la nostra intelligenza, avremo la grande responsabilità di amplificare sempre più il nostro cuore.»

Non vince la specie più forte o più intelligente ma quella che risponde meglio al cambiamento

Charles Darwin

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Trust & Fly Change Sono questi i temi affrontati nel seminario per i 130 nuovi Senior Manager del

Network PwC Italia, un numero molto importante che esprime la nostra crescita anche nell’ultimo anno.

Luca Ruggi, Human Capital Director, evidenzia il ruolo della funzione HC attraverso la presentazione di un’agenda “trasformativa ed evolutiva”, ricca d’importanti progetti e orientata al supporto del business. Una strategia articolata e un piano operativo che mira a far convergere obiettivi aziendali ed equilibri di vita privata dei collaboratori.

Chiarissimo anche il messaggio di Paola Barazzetta, Diversity and Inclusion Leader: la D&I è un modello culturale, prima che un impianto progettuale. Se la Diversity ha tante declinazioni, l’Inclusion ha un preciso obiettivo individuale e aziendale: creare tutte le condizioni affinché sia garantita l’inclusione effettiva di ogni forma di diversità, attraverso la quale il singolo, l’organizzazione e l’intera collettività accrescono il proprio impianto valoriale.

Nel pomeriggio ci si divide in gruppi per appartenenza alle LoS. I partecipanti incontrano i LoS Leader, Lorenzo Pini Prato (Assurance), Fabiano Quadrelli (Consulting), Massimo Benedetti (Deals) e Fabrizio Acerbis (TLS), con cui trattano modelli organizzativi specifici delle LoS, metodi e approcci al lavoro e strategie di business. Un’ora e mezza di condivisione esperienziale.

Posizionamento: trust and change

Poi di nuovo in plenaria, per incontrare Andrea Toselli, Territory Senior Partner.

Il suo è un esordio valoriale: condivisione, responsabilità nel ruolo,

presenza, capacità di essere visibili, ed efficacia comunicativa sono elementi imprescindibili per chi assume un ruolo importante per il futuro

del Network.

La conoscenza del contesto socio-economico a livello mondiale guida il comportamento delle nostre persone; i cambiamenti repentini sugli scenari politici caratterizzanti il mercato, misurano la nostra capacità di reagire. Il cambiamento non è più un obiettivo da perseguire: è una condizione necessaria insita nel profilo del professionista. Come ha affermato in altre sedi Bob Moritz,

Chairman PwC Global, «The world around us is changing, and we will continue to change. What can we do today to our future?».

Risposta: evolvere, crescere in maniera sostenibile, posizionandosi sul livello della fiducia che ci viene riconosciuta dal nostro pubblico e con i clienti ai quali noi riconosciamo fiducia.

E poi il percorso di digitalizzazione, accompagnato dalle narrazioni dei più esperti in sala, testimoni di tempi in cui gli strumenti digitali neanche s’intravedevano. Oggi bisogna riconvertire le competenze in ottica digitale, ripensare l’approccio al lavoro e la metodologia, creando maggiori efficienze sui lavori ripetitivi. Il riferimento ricorrente è all’importante progetto di Upskilling già da qualche mese avviato dal Network.

Ma in ogni “piega” dell’intervento di Andrea Toselli campeggia la nostra purpose:

“Build trust in society and solve important problems”. Posizionarsi sulla fiducia è la nostra vera strategia e visione per il futuro.

Soft skills al centro

Seconda giornata. Cambia l’agenda. Intervengono Emanuele Castellani, Paola Lazzarini, Yadvinder S. Rana e Giovanni Caruso di Cegos, per una giornata di formazione che ci aiuta a capire quali competenze digitali e non solo dovrà avere il manager per gestire il proprio ruolo, ma anche per stimolare domande importanti: quali speranze avrai? che colori useresti? a quali dettagli farai più attenzione? quali sono i tuoi sogni? quali ideali nel tuo cuore? E ancora: come gestire il talento? come esprimerlo affinché non si traduca in un danno?

Perché è vero: il talento, senza supporto nel saper fare, rischia di rivelarsi una maledizione. Ed ecco di nuovo la responsabilità della formazione.

E poiché sono i comportamenti delle persone a fare la differenza, parliamo di una formazione sempre più orientata alle competenze soft, a discapito delle competenze tecniche, già assodate nel ruolo del manager.

Seguono tre workshop sui temi della “Negotiation”, con un focus specifico sulle tecniche di negoziazione in contesti complessi, della “Digital transformation”

con una riflessione sul particolare momento in cui viviamo oggi, un momento unico, che fa da spartiacque tra analogico e digitale e del “Design Thinking”,

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un modello manageriale in grado di fornire nuove modalità per lavorare e trovare soluzioni, innovando, e per guidare i propri collaboratori, in un contesto di business in costante cambiamento.

Respons-”abilità”

Si rientra a casa, dopo due giornate molto intense. Tutti hanno ben capito che è la celebrazione di un importante traguardo per loro e per tutti, ma da oggi il loro ruolo si fa più impegnativo, la fiducia da parte dei loro interlocutori non è un punto di arrivo, ma un principio, da far crescere.

Una grande responsabilità, per i 130 nuovi Senior Manager. Che è proprio ciò che la parola dice: respons-”abilità”. L’abilità di dare risposte a chi ci pone delle domande. Ma anche l’abilità di porre le domande giuste, se siamo noi ad aver bisogno di risposte importanti.

Insomma, sarà sempre più importante per noi concentrarci su ciò che ci rende davvero essere umani: la nostra empatia, i nostri principi, i nostri valori.

Quale futuro con l’intelligenza artificiale?

«Oggi, con più di 660 milioni di persone che la leggono, Xiaoice è

probabilmente la poetessa più seguita al mondo. Xiaoice è un’intelligenza artificiale».

Inizia così Fabio Moioli, testimonial d’eccezione dell’era digitale e del cambiamento in corso.

Esperto di intelligenza artificiale, direttore Enterprise Services di

Microsoft Italia, la divisione che supporta le aziende italiane nel percorso di digitalizzazione.

E incalza: «Oggi tutti voi potrete scattare una fotografia col cellulare usando una delle tantissime app basate su intelligenza artificiale, scegliere uno stile di pittura e creare un quadro come questo». E racconta che con un algoritmo sono stati creati artificialmente quadri di Rembrandt. Immagini poi passate da stampanti 3D, che i maggiori esperti al mondo hanno ammesso avrebbero scambiato per un capolavoro originale.

E poi trasmette brani musicali composti da un’intelligenza artificiale, parla di riconoscimento visivo degli oggetti, fondamentale per le auto che si guidano da sole, della capacità di tradurre in via simultanea lingue particolarmente complesse e distanti, di meraviglie realizzate da computer quantistici, e via così.

Poi, finalmente, la domanda delle domande: “Quale futuro stiamo creando con l’intelligenza artificiale?”

segue

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Trust & Fly Change

Be the change you want to see

il volo luglio 2019

Nasce la rete degli Italy Change Ambassador

Team Change Italia

L’obiettivo ambizioso di PwC Italia è quello di cambiare il modo di vedere le cose, di cambiare i comportamenti e le attitudini delle persone.

Per facilitare l’attitudine al cambiamento - l’apertura a sperimentare nuovi modi di fare le cose, ma anche di proporre idee

di cambiamento - è stata creata internamente a PwC la rete di Italy Change Ambassador, a supporto del team Change, parte della nuova unità organizzativa Change & Global Projects (C&GP), che si occupa di accompagnare le nostre persone nei processi di cambiamento, gestendo l’impatto umano in termini organizzativi, di processo e tecnologici.

Gli Ambassador, parte integrante della strategia di change adoption del Team Change, sono colleghi appartenenti alle LoS, scelti perché particolarmente predisposti a essere “evangelisti” del cambiamento.

“Ciò che il bruco

chiama fine del mondo, il resto del mondo la chiama farfalla»

Lao Tse

«Mi rendo conto - risponde - che tecnologie così potenti possono creare preoccupazioni. Credo però che il pericolo più grande non sia l’intelligenza artificiale, ma il suo opposto: la stupidità naturale».

E spiega: saremo ancora noi esseri umani a decidere quando usare questa tecnologia, e quando non usarla, come usarla, come distribuirne i benefici, ad esempio per aumentare la redditività agricola, per diffondere i valori positivi della vita e non quelli negativi, per costruire la libertà anziché per distruggerla.

«Se oggi io mostro un esame medico a un algoritmo - provoca - forse ottengo un responso un po’ più efficiente che mostrarlo a un medico umano, ma se lo mostro a un medico umano e a un algoritmo insieme, il risultato è infinitamente migliore. E pensiamo a quanto tempo in più il medico potrà dedicare alla relazione con il paziente!».

L’intelligenza artificiale sarà la nuova elettricità: la collaborazione uomo- macchina servirà non solo per automatizzare i processi, ma per ampliare l’efficacia dell’intelligenza umana.

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Il Change Ambassador è una persona che supporta l’attività di change management, utilizzando canali off-line, on-line e... on-life, cioè le relazioni interpersonali, i momenti e le occasioni di incontro ecc.

Attraverso il proprio network, gli Ambassador generano conversazioni e interesse attorno a specifici temi, diventando veri e propri influencer.

I Change Ambassador sono

- committed: forniscono indicazioni riguardo opportunità di miglioramento e supportano le attività a livello locale;

- aware: effettuano attività di responsabilizzazione sui cambiamenti e monitorano costantemente l’accettazione o la resistenza;

- excited: fungono da esempio di impegno ed entusiasmo per i colleghi, così da infondere ottimismo e contribuire ad abbattere le criticità;

- informed: contribuiscono alla condivisione delle conoscenze con gli utenti finali e diffondono le informazioni in modo chiaro e tempestivo.

L’ingaggio dei Change Ambassador sui progetti sarà un modo per aumentare la loro responsabilità e creare la Change Agility per il futuro. Il continuo dialogo tra gli Ambassador e il Team Change permetterà di mitigare le sorprese e anticipare e affrontare i rischi legati all’introduzione di cambiamenti.

Gli Ambassador saranno chiamati a dare feedback al Team Change e ai Change Manager, identificando anticipatamente le sfide per ciascuna LoS e aiutando il team Change a indirizzare gli interventi.

L’ingaggio ufficiale dei Change Ambassador è avvenuto tramite un evento, tenutosi il 15 maggio a Milano, durante il quale è stato presentato il progetto, gli obiettivi della rete di Italy Change Ambassador e gli strumenti che avranno a disposizione nella loro attività.

L’evento è iniziato con un intervento di apertura e di benvenuto agli Ambassador da parte di Marco Sala: «Sono estremamente contento di poter annunciare la partenza di questo progetto che, per tutti noi, sarà un’opportunità e un’esperienza sotto tanti profili, dal punto di vista personale ma anche formativo. Per tutti noi

questa è una challenging opportunity e come diceva Gandhi, Be the change you want to see».

Marco Sala ha sottolineato anche l’importanza che il progetto Italy Change Ambassador assume nell’attuale contesto aziendale ed economico-sociale in cui viviamo.

L’evento è stato l’occasione per permettere agli Ambassador, reclutati - su base volontaria - con dei criteri precisi e condivisi con la Leadership e con il Network, di cominciare a interagire innanzitutto conoscendosi, scambiandosi opinioni, informazioni, impressioni e suggerimenti. Durante l’evento sono stati presentati a grandi linee i primi progetti di change sui quali gli Ambassador saranno coinvolti fornendo il loro supporto e contributo.

Il principio di base più volte ribadito è che gli Ambassador saranno i depositari della veridicità e dell’ufficialità delle informazioni che saranno chiamati a diffondere. Dovranno rappresentare un riferimento sempre e comunque contro le fake news e i rumors che inevitabilmente nascono e prosperano in una realtà grande e complessa come PwC.

Il testimonial: Maurizio Cheli

Ospite d’eccezione all’evento del 15 maggio un orgoglio nazionale che ha fatto della capacità di adattamento ai cambiamenti - voluti o subiti - il suo punto di forza: Maurizio Cheli, il primo astronauta italiano ad aver volato sullo Shuttle.

L’esperienza e lo spessore professionale di un personaggio come Cheli non poteva rappresentare un migliore testimonial per trasmettere l’orgoglio e l’appartenenza alla nostra rete.

Ci associamo all’augurio di Cheli effettuato agli Ambassador di poter essere per le nostre persone l’esempio che vogliamo rappresentino per tutta la nostra Firm.

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Change

Smart and sustainable mobility

il volo novembre 2019

Impatto ambientale, sicurezza, congestione. Ma anche energia, sistemi di pagamento e di assicurazione, modelli di business, e altro ancora.

I molti lati di una nuova opportunità.

Intervista a Paolo Guglielminetti

Paolo Guglielminetti, 49 anni, ingegnere civile con PhD Ecole Polytechnique de Lausanne, partner e global railways & roads leader di PwC.

La sua esperienza ci aiuta a capire come sta cambiando la mobilità e per quali ragioni.

Nei paesi occidentali, il tasso di mobilità individuale tende a stabilizzarsi o comunque a crescere meno rapidamente, ma cresce la variabilità degli spostamenti, con la riduzione di quelli “sistematici” che si ripetono in modo identico tutti i giorni. I consumatori di mobilità hanno quindi esigenze più flessibili, e con più frequenza devono ricorrere a soluzioni intermodali, cioè facendo ricorso a una combinazione di modi di trasporto diversi. Si assiste anche a una riduzione alla propensione alla proprietà del mezzo di trasporto, e a una crescente diffusione, specie nelle aree urbane, delle soluzioni in sharing, anche se spesso “confinate” come offerta alle zone a maggiore densità di popolazione. Tutti questi fattori contribuiscono all’uso di soluzioni

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di smart mobility, con il ricorso sempre più frequente alle piattaforme online per pianificare e acquistare le soluzioni di viaggio.

Qual è il ruolo delle innovazioni tecnologiche?

Le nuove tecnologie funzionano da fattore abilitante per i nuovi comportamenti della mobilità, ma a mio avviso non ne sono il driver. Il cambiamento dei comportamenti di mobilità, legato ai megatrend che interessano le nostre società, richiede soluzioni di trasporto più intelligenti e flessibili. Il rischio del cambiamento climatico, nello stesso tempo, ha aumentato la tendenza all’uso di mezzi di trasporto a minor impatto ambientale, ad esempio con il ricorso alle vetture ibride ed elettriche. Tuttavia la velocità di diffusione delle nuove tecnologie è spesso difficile da prevedere, e talora sovrastimata. Due esempi:

nel 2012 si annunciava l’auto integralmente autonoma a disposizione di tutti entro cinque anni, ma la scadenza è trascorsa e ancora saranno necessari alcuni anni per rendere questa tecnologia disponibile su scala commerciale; e per l’auto elettrica, studi di settore immaginavano una quota del parco attorno al 10% nel 2020 nei principali mercati, ma oggi, a un anno da quella data, questa quota è ancora tra il 2% ed il 6% nei paesi a maggior diffusione.

Va detto che molte delle tecnologie oggi proclamate come innovative si basano su concetti non del tutto nuovi. I treni circolanti ad alte velocità in tubi a bassa pressione, gli aerotaxi, o ancora i droni per consegnare pacchi direttamente a domicilio, per esempio, sono stati immaginati e talora realizzati come prototipi diversi decenni fa. La vera innovazione sta nel renderle - oltre che tecnicamente sicure - economicamente sostenibili e tali da soddisfare una precisa esigenza di mobilità.

Che ruolo gioca la sostenibilità in questo scenario?

Le emissioni di gas serra del settore dei trasporti (incluso il trasporto aereo internazionale) costituiscono il 24% del totale dell’Unione Europea (dati 2016), mentre nel 1990 erano solo il 15%. Ciò è dovuto alla quota importante di consumi dei derivati del petrolio per lo spostamento di cose e persone (68% a livello UE).

La mobilità è quindi uno dei campi dove la ricerca di soluzioni più sostenibili è indispensabile, e il ricorso ai carburanti alternativi (elettrico, idrogeno, gas

naturali) nell’alimentazione dei veicoli, insieme a un maggiore utilizzo del

trasporto pubblico, sono elementi centrali per conseguire gli obiettivi di riduzione delle emissioni previsti negli accordi internazionali.

Tra l’altro le politiche della mobilità sostenibile non sono solo di interesse degli operatori e degli enti governativi, in quanto possono contribuire ai target di decarbonizzazione delle aziende, compresa la nostra. Nell’ultimo decennio molte aziende si sono concentrate nella (talora forte) riduzione dei viaggi non necessari (soprattutto quelli aerei), realizzando un contenimento delle emissioni.

Nei prossimi anni, le ulteriori riduzioni potranno essere ottenute implementando a livello aziendale soluzioni di gestione della mobilità anche per gli spostamenti casa-lavoro e a corto raggio (car pooling, car sharing elettrico, pacchetti di mobilità in luogo di car benefit ecc.).

La ricerca della sostenibilità, tuttavia, non si deve limitare agli aspetti ambientali.

A fronte di tanti annunci orientati all’ottimismo, del resto, per chi si sposta tutti i giorni è evidente che la mobilità è ancora oggi ben poco smart! La riduzione della congestione e della incidentalità sono ugualmente importanti, e richiedono un insieme di misure a vari livelli.

Infine, molta dell’intelligenza che si sta portando nella mobilità dipende dai livelli di connettività. Bisogna tenere presente, però, che il digital divide può impattare anche quest’ambito, soprattutto per alcuni settori della popolazione.

Esiste il rischio di sviluppare un’offerta di mobilità smart, flessibile ed efficiente solo per la popolazione giovane e urbana, connessa e digitalizzata, lasciando le

“aree interne” servite solo da strade poco manutenute, con persone obbligate a utilizzare veicoli inquinanti per carenza di distribuzione dei carburanti alternativi, e prive anche di connettività adeguata per informarsi e gestire i propri piani di viaggio con altre modalità. Sustainable mobility vuol dire anche un sistema di connessioni che mantiene e migliora la coesione territoriale, evitando la creazione di nuove periferie.

L’attenzione è spesso prevalente sui progressi a livello di veicoli, da quelli elettrici a quelli autonomi. Come devono evolvere le infrastrutture?

Lo sviluppo di infrastrutture intelligenti (e non solo di veicoli) è necessario per creare un eco-sistema della mobilità più sostenibile. Le reti infrastrutturali

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