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IL SERVIZIO IDRICO INTEGRATO

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I L SERVIZIO IDRICO INTEGRATO

(Avv. Daniela Anselmi)

Milano, 12 ottobre 2010

1. Le previsioni in materia di servizio idrico integrato contenute nell’art. 23 bis: dalla I^ versione alle

successive modifiche

Com’è noto, la più recente riforma dei servizi pubblici locali (di rilevanza economica) è avvenuta ad opera dell’art. 23 bis del D.L. n. 112/2008, convertito in legge n. 133/2008, il quale disciplina appunto “l’affidamento e la gestione dei servizi pubblici di rilevanza economica”.

Tale disposizione è stata da ultimo modificata dall’art. 15 del D.L. 25 settembre 2009, n. 135, rubricato “Adeguamento alla disciplina comunitaria in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica”, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166.

a) Per quanto concerne specificamente il servizio idrico integrato, l’art. 23 bis– nella sua I versione - dettava una disciplina specifica per tale settore solo con riguardo alla durata degli affidamenti ed al regime transitorio.

Più precisamente, il comma 8 dell’art. 23 bis disponeva che “Salvo quanto previsto dal comma 10, lett. e), le concessioni relative al servizio idrico integrato rilasciate con procedure diverse dall’evidenza pubblica cessano comunque entro e non oltre la data del 31 dicembre 2010, senza necessità di apposita deliberazione dell’ente affidante. Sono escluse dalla cessazione le concessioni affidate ai sensi del comma 3”.

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Con specifico riguardo al regime transitorio (in generale), la volontà del legislatore era stata quella di delegificare la materia, riducendola al rango regolamentare.

Veniva, infatti, rimesso ad un apposito regolamento (di delegificazione appunto), previsto dal comma 10, lett. e) dell’art. 23 bis, con l’unica eccezione del settore idrico, il compito di disciplinare “fermo restando il limite massimo stabilito dall’ordinamento di ciascun settore per la cessazione degli affidamenti effettuati con procedure diverse dall’evidenza pubblica o da quella di cui al comma 3, la fase transitoria, ai fini del progressivo allineamento delle gestioni in essere alle disposizioni di cui al presente articolo, prevedendo tempi differenziati e che gli affidamenti diretti in essere debbano cessare alla scadenza, con esclusione di ogni proroga o rinnovo”.

Il legislatore, dunque, aveva voluto distinguere, quanto alla disciplina transitoria, il servizio idrico integrato (comma 8) da tutti gli altri settori (comma 10, lett. e)).

Con riguardo al combinato disposto dei commi 8 e 10, alcuni commentatori avevano dubitato della correttezza della loro formulazione testuale, in quanto sembrava esserci una sorta di tautologico rimpallo tra la premessa contenuta nel comma 8 (“salvo quanto previsto dal comma 10, lett. e) (…)”) e quella che faceva da incipit alla lett. e) del comma 10 (“(…) disciplinare, per i settori diversi da quello idrico (…)”).

Comunque, la cosa certa è che – almeno inizialmente - il legislatore aveva voluto tenere rigorosamente fuori dalla disciplina transitoria delegificata, riservata all’emanando regolamento governativo d’armonizzazione delle discipline settoriali, quella afferente il servizio idrico integrato, per il quale siffatta disciplina veniva dettata direttamente dalla norma di rango primario (il comma 8 dell’art. 23 bis).

Come visto, quindi, nella sua prima formulazione, l’art. 23 bis dettava una disciplina specifica per il servizio idrico integrato solo con riguardo alla durata degli affidamenti ed al regime transitorio.

Per quanto riguardava, invece, le modalità di affidamento, trovavano applicazione, anche per il servizio idrico integrato, i commi 2 e 3.

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Al comma 2 l’art. 23 bis prevedeva una modalità “ordinaria” per l’affidamento in gestione dei servizi pubblici locali “a favore di imprenditori o di società in qualunque forma costituite individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi del Trattato che istituisce la Comunità europea e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità”.

In deroga alle modalità di affidamento ordinario di cui al citato comma 2, il successivo comma 3 disponeva che, “per situazioni che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e utile ricorso al mercato, l’affidamento può avvenire nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria”.

In tali casi, si prevedeva che l’ente affidante desse adeguata pubblicità alla scelta, motivandola in base ad un’analisi del mercato e contestualmente trasmettere una relazione contenente gli esiti della predetta verifica all’Autorità garante della concorrenza e del mercato e alle autorità di regolazione del settore, ove costituite, per l’espressione di un parere sui profili di competenza da rendere entro sessanta giorni dalla ricezione della predetta relazione (comma 4).

Come accennato sopra, l’art. 23 bis è stato successivamente modificato prima dall’art. 15 del D.L. 25 settembre 2009, n. 135 ed infine dalla legge 20 novembre 2009, n. 166, di conversione del D.L. 135/2009.

Per quanto riguarda la disciplina del servizio idrico integrato, l’art. 15 citato ha modificato l’art. 23 bis anche con riguardo alla disciplina del regime transitorio degli affidamenti (che, come detto, era specifica per il servizio idrico integrato).

Innanzitutto, si evidenzia che la disciplina transitoria degli affidamenti dei servizi pubblici locali introdotta nell’art. 23-bis del d.l. 112/08 con l’art. 15 del d.l.

135/09 convertito dalla l. 166/09 si fonda, diversamente da quella prevista dalle originarie disposizioni di cui ai commi 8 e 9 dello stesso art. 23-bis, non sulla tipologia dei servizi, ma sulle modalità attraverso cui è avvenuto l’affidamento e sulla natura giuridica dei soggetti gestori dei servizi.

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E’, quindi, necessario distinguere a seconda che si tratti di affidamenti in house, di affidamenti a società “miste” e di affidamenti a società a partecipazione pubblica quotate in borsa.

Il nuovo comma 8 dell’art. 23 bis, così come modificato dal D.L. n. 135/2009 dispone: “Il regime transitorio degli affidamenti non conformi a quanto stabilito ai commi 2 e 3 è il seguente:

a) le gestioni in essere alla data del 22 agosto 2008 affidate conformemente ai principi comunitari in materia di cosiddetta “in house” cessano, improrogabilmente e senza necessità di deliberazione da parte dell'ente affidante, alla data del 31 dicembre 2011;

b) le gestioni affidate direttamente a società a partecipazione mista pubblica e privata, qualora la selezione del socio sia avvenuta mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi di cui alla lettera a) del comma 2, le quali non abbiano avuto ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l'attribuzione dei compiti operativi connessi alla gestione del servizio, cessano, improrogabilmente e senza necessità di apposita deliberazione dell'ente affidante, alla data del 31 dicembre 2011;

c) le gestioni affidate direttamente a società a partecipazione mista pubblica e privata, qualora la selezione del socio sia avvenuta mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi di cui alla lettera a) del comma 2, le quali abbiano avuto ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l'attribuzione dei compiti operativi connessi alla gestione del servizio, cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio;

d) gli affidamenti diretti assentiti alla data del 1° ottobre 2003 a società a partecipazione pubblica già quotate in borsa a tale data e a quelle da esse controllate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio, a condizione che la partecipazione pubblica si riduca anche progressivamente, attraverso procedure ad evidenza pubblica ovvero forme di collocamento privato presso investitori qualificati e operatori industriali, ad una

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quota non superiore al 30 per cento entro il 31 dicembre 2012; ove siffatta condizione non si verifichi, gli affidamenti cessano, improrogabilmente e senza necessità di apposita deliberazione dell'ente affidante, alla data del 31 dicembre 2012;

e) le gestioni affidate che non rientrano nei casi di cui alle lettere da a) a d) cessano comunque entro e non oltre la data del 31 dicembre 2010, senza necessità di apposita deliberazione dell'ente affidante”.

Ulteriori modifiche, come accennato sopra, sono intervenute in sede di conversione del decreto legge in esame.

Più precisamente, in sede di approvazione da parte del Senato del ddl di conversione, in data 4 novembre 2009, sono state modificate le lettere a) e d) nel modo seguente:

- a) le gestioni in essere alla data del 22 agosto 2008 affidate conformemente ai principi comunitari in materia di cosiddetta “in house” cessano, improrogabilmente e senza necessità di deliberazione da parte dell'ente affidante, alla data del 31 dicembre 2011. Esse cessano alla scadenza prevista dal contratto di servizio a condizione che entro il 31 dicembre 2011 le amministrazioni cedano almeno il 40% del capitale attraverso le modalità di cui alla lettera b) del comma 2;

- d) gli affidamenti diretti assentiti alla data del 1° ottobre 2003 a società a partecipazione pubblica già quotate in borsa a tale data e a quelle da esse controllate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio, a condizione che la partecipazione pubblica si riduca anche progressivamente, attraverso procedure ad evidenza pubblica ovvero forme di collocamento privato presso investitori qualificati e operatori industriali, ad una quota non superiore al 40 per cento entro il 30 giugno 2013 e non superiore al 30 per cento entro il 31 dicembre 2015; ove siffatte condizioni non si verifichino, gli affidamenti cessano improrogabilmente e senza necessità di apposita deliberazione dell’ente affidante, rispettivamente, alla data del 30 giugno 2013 o del 31 dicembre 2015.

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Per effetto delle modifiche apportate dall’art. 15 in esame, dunque, non è più prevista una disciplina specifica per il servizio idrico integrato con riguardo al regime transitorio.

L’art. 15 ha introdotto altresì modifiche con riferimento alla disciplina degli affidamenti.

I commi 2, 3 e 4 dell’art. 23 bis, dopo le modifiche apportate dall’art. 15 del d.l.

135/09 convertito dalla l. 166/09, prevedono che:

“2. Il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali avviene, in via ordinaria:

a) a favore di imprenditori o di società in qualunque forma costituite individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi del Trattato che istituisce la Comunità europea e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento e proporzionalità;

b) a società a partecipazione mista pubblica e privata, a condizione che la selezione del socio avvenga mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi di cui alla lettera a), le quali abbiano ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l'attribuzione di specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio e che al socio sia attribuita una partecipazione non inferiore al 40 per cento.

3. In deroga alle modalità di affidamento ordinario di cui al comma 2, per situazioni eccezionali che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e utile ricorso al mercato, l'affidamento può avvenire a favore di società a capitale interamente pubblico, partecipata dall'ente locale, che abbia i requisiti richiesti dall'ordinamento comunitario per la gestione cosiddetta “in house” e, comunque, nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria in materia di controllo analogo sulla società e di prevalenza dell'attività svolta dalla stessa con l'ente o gli enti pubblici che la controllano.

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4. Nei casi di cui al comma 3, l'ente affidante deve dare adeguata pubblicità alla scelta, motivandola in base ad un'analisi del mercato e contestualmente trasmettere una relazione contenente gli esiti della predetta verifica all'Autorità garante della concorrenza e del mercato per l'espressione di un parere preventivo, da rendere entro sessanta giorni dalla ricezione della predetta relazione. Decorso il termine, il parere, se non reso, si intende espresso in senso favorevole”.

Sebbene, come visto, l’art. 15 non abbia più previsto una disciplina specifica per il servizio idrico integrato, proprio con riferimento a detto settore la legge di conversione n. 166/2009 ha introdotto nell’art. 15 il comma 1-ter, il quale testualmente dispone: “ Tutte le forme di affidamento della gestione del servizio idrico integrato di cui all’articolo 23-bis del citato decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, devono avvenire nel rispetto dei principi di autonomia gestionale del soggetto gestore e di piena ed esclusiva proprietà pubblica delle risorse idriche, il cui governo spetta esclusivamente alle istituzioni pubbliche, in particolare in ordine alla qualità e prezzo del servizio, in conformità a quanto previsto dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, garantendo il diritto alla universalità ed accessibilità del servizio”.

2. L’individuazione da parte del regolamento dei criteri per la corretta gestione del servizio

Come accennato, il comma I-ter dell'art. 15 prevede che “tutte le forme di affidamento della gestione del servizio idrico integrato di cui al 23-bis (…) devono avvenire nel rispetto dei principi di autonomia gestionale del soggetto gestore e di piena ed esclusiva proprietà pubblica delle risorse idriche”.

In sintesi, il citato comma I-ter afferma che le forme di affidamento del servizio idrico integrato debbono avvenire:

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a) nel rispetto dei principi di autonomia gestionale del soggetto gestore;

b) nel rispetto della piena ed esclusiva proprietà pubblica e del governo pubblico (qualità e prezzo) delle risorse idriche;

c) garantendo il diritto alla universalità ed accessibilità del servizio.

La disposizione in esame sottolinea, quindi, le responsabilità della gestione, mette in rilievo caratteri (universalità ed accessibilità) che debbono essere di tutti i servizi pubblici, e che nel settore idrico sono particolarmente rilevanti.

Da tale previsione alcuni commentatori ne hanno dedotto che tutti i modelli di gestione contemplati dall'ordinamento generale sarebbero utilizzabili dagli enti competenti, con conseguente piena autonomia degli enti locali, per questo tipo di servizio, nella scelta della forma di gestione ritenuta più adeguata per il territorio (vale a dire anche liberamente l'in house).

Siffatta interpretazione, peraltro, ad avviso della maggior parte di coloro che hanno commentato la disposizione de qua, sembra smentita dal testo.

Tutte le forme di affidamento utilizzabili non sono, infatti, tutte quelle contemplate dall'ordinamento generale, ma soltanto quelle di cui al 23-bis, si intende nei termini in cui l’art. 23 bis le disciplina.

Inoltre, posto che i principi di autonomia sono riferiti al soggetto gestore e non all'ente locale, questi commentatori hanno evidenziato come sia invero l'autonomia della gestione ad essere enfatizzata e non tanto quella dell'ente locale (di utilizzare vari e possibili modelli di gestione).

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3. Presupposti per la gestione in house del servizio idrico integrato previsti dal regolamento

Come visto, con riguardo alle modalità di affidamento, in linea generale, della gestione dei servizi pubblici locali, l’art. 23 bis, dopo le modifiche apportate dall’art.

15 del d.l. 135/09 convertito dalla legge 166/09, prevede, al comma 2, una modalità

“ordinaria” per l’affidamento, a favore dei seguenti soggetti:

a) imprenditori o società in qualunque forma costituite individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi del Trattato che istituisce la Comunità europea e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento e proporzionalità;

b) società a partecipazione mista pubblica e privata, a condizione che la selezione del socio avvenga mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi di cui alla lettera a), le quali abbiano ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l'attribuzione di specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio e che al socio sia attribuita una partecipazione non inferiore al 40 per cento.

Con riguardo alla modalità “ordinaria” di affidamento, il regolamento governativo, all’art. 3, prevede i parametri che le procedure competitive ad evidenza pubblica devono rispettare, analogamente a quanto già previsto dal comma 7, primo periodo, dell’art. 113 del D.lgs. n. 267/2000, stabilendo che dette procedure “sono indette nel rispetto degli standard qualitativi, quantitativi, ambientali, di equa distribuzione sul territorio e di sicurezza definiti dalla legge, ove esistente, dalla competente autorità di settore o, in mancanza di essa, dagli enti affidanti”.

Il comma 2, anche tenuto conto dell’allegato ordine del giorno 9/2897/2, presentato presso l’Assemblea della Camera dei Deputati ed accolto dal Governo nel corso dell’esame del disegno di legge AC 2987 di conversione del D.L. 135/2009,

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chiarisce che le società a capitale interamente pubblico possono partecipare alle procedure competitive ad evidenza pubblica di cui all’articolo 23 bis, comma 2, lettera a), sempre che non vi siano specifici divieti previsti dalla legge.

I successivi commi 3 e 4 contengono, poi, alcune prescrizioni con riguardo all’indizione delle procedure competitive ad evidenza pubblica per l’affidamento dei servizi pubblici locali ed in tema di contenuto del bando di gara o della lettera di invito, finalizzate a garantire il rispetto dell’assetto concorrenziale dei mercati interessati

A tal fine, il comma 3 prevede che il bando di gara o la lettera di invito:

a) esclude che la disponibilità a qualunque titolo delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali non duplicabili a costi socialmente sostenibili ed essenziali per l’effettuazione del servizio possa costituire elemento discriminante per la valutazione delle offerte dei concorrenti;

b) assicura che i requisiti tecnici ed economici di partecipazione alla gara siano proporzionati alle caratteristiche e al valore del servizio e che la definizione dell’oggetto della gara garantisca la più ampia partecipazione e il conseguimento di eventuali economie di scala e di gamma;

c) indica, ferme restando le discipline di settore, la durata dell’affidamento commisurata alla consistenza degli investimenti in immobilizzazioni materiali previsti nei capitolati di gara a carico del soggetto gestore. In ogni caso la durata dell’affidamento non può essere superiore al periodo di ammortamento dei suddetti investimenti;

d) può prevedere l’esclusione di forme di aggregazione o di collaborazione tra soggetti che possiedono singolarmente i requisiti tecnici ed economici di partecipazione alla gara, qualora, in relazione alla prestazione oggetto del servizio, l’aggregazione o la collaborazione sia idonea a produrre effetti restrittivi della concorrenza sulla base di un’oggettiva e motivata analisi che tenga conto di struttura, dimensione e numero degli operatori del mercato di riferimento;

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e) prevede che la valutazione delle offerte sia effettuata da una commissione nominata dall’ente affidante e composta da soggetti esperti nella specifica materia;

f) indica i criteri e le modalità per l’individuazione dei beni di cui all’articolo 10, comma 1, e per la determinazione dell’eventuale importo spettante al gestore al momento della scadenza o della cessazione anticipata della gestione ai sensi dell’articolo 10, comma 2;

g) prevede l’adozione di carte dei servizi al fine di garantire trasparenza informativa e qualità del servizio.

Il comma 4, in particolare, sempre al fine di promuovere e proteggere l’assetto concorrenziale dei mercati interessati, indica alcune prescrizioni specifiche per il bando di gara o la lettera invito concernente la cosiddetta “gara a doppio oggetto”, stabilendo che, nel caso di procedure aventi ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l'attribuzione di specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio, il bando di gara o la lettera di invito assicura che:

a) i criteri di valutazione delle offerte basati su qualità e corrispettivo del servizio prevalgano di norma su quelli riferiti al prezzo delle quote societarie;

b) il socio privato selezionato svolga gli specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio per l’intera durata del servizio stesso e che, ove ciò non si verifica, si proceda a un nuovo affidamento ai sensi dell’articolo 23-bis, comma 2;

c) siano previsti criteri e modalità di liquidazione del socio privato alla cessazione della gestione.

Il comma 5, infine, analogamente a quanto già previsto dall’art. 113, comma 11, del D.lgs. n. 267/2000, demanda ai contratti di servizio la regolazione dei rapporti degli enti locali con i soggetti titolari della gestione dei servizi pubblici locali e con i soggetti cui è affidata la gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali, nonché le penali e le misure sanzionatorie, facendo comunque salve le disposizioni contenute nelle discipline di settore vigenti alla data di entrata in vigore del regolamento.

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Tornando ora alle previsioni dell’art. 23 bis sulle modalità di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali, oltre alla modalità “ordinaria” di cui si è detto la disposizione in esame contempla altresì una ipotesi “derogatoria”, stabilendo che, in deroga alle modalità di affidamento ordinario di cui al comma 2, per situazioni eccezionali che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e utile ricorso al mercato, l’affidamento può avvenire a favore di società a capitale interamente pubblico, partecipata dall'ente locale, che abbia i requisiti richiesti dall'ordinamento comunitario per la gestione cosiddetta “in house” e, comunque, nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria in materia di controllo analogo sulla società e di prevalenza dell'attività svolta dalla stessa con l'ente o gli enti pubblici che la controllano.

In tali casi, ai sensi del successivo comma 4, l'ente affidante deve dare adeguata pubblicità alla scelta, motivandola in base ad un'analisi del mercato e contestualmente trasmettere una relazione contenente gli esiti della predetta verifica all'Autorità garante della concorrenza e del mercato per l'espressione di un parere preventivo, da rendere entro sessanta giorni dalla ricezione della predetta relazione, con la precisazione che, decorso detto termine, il parere, se non reso, si intende espresso in senso favorevole.

Infine, il comma 4 bis, introdotto dall’art. 15 del d.l. 135/09 convertito dalla legge 166/09, demanda al regolamento la definizione delle soglie oltre le quali gli affidamenti assumono rilevanza ai fini dell’espressione del predetto parere dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato.

Al riguardo, l’art. 4 del regolamento dispone, al comma 1, che “Gli affidamenti di servizi pubblici locali assumono rilevanza ai fini dell’espressione del parere di cui all’articolo 23-bis, comma 4, se il valore economico del servizio oggetto dell’affidamento supera la somma complessiva di 200.000,00 euro annui”.

I commi da 2 a 4 del citato art. 4 dettano, poi, previsioni specifiche per il servizio idrico integrato.

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In particolare, si prevede che, solo per i servizi relativi al settore idrico, nella richiesta del parere all’Autorità garante, l’ente affidante può rappresentare specifiche condizioni di efficienza che rendono la gestione “in house” non distorsiva della concorrenza, ossia comparativamente non svantaggiosa per i cittadini rispetto a una modalità alternativa di gestione dei servizi pubblici locali.

Le condizioni di “efficienza” previste dalla citata disposizione sono le seguenti:

a) chiusura dei bilanci in utile, escludendosi a tal fine qualsiasi trasferimento non riferito a spese per investimenti da parte dell’ente affidante o altro ente pubblico;

b) reinvestimento nel servizio almeno dell’80 per cento degli utili per l’intera durata dell’affidamento;

c) applicazione di una tariffa media inferiore alla media di settore;

d) raggiungimento di costi operativi medi annui con un’incidenza sulla tariffa che si mantenga al di sotto della media di settore.

Dal tenore letterale della norma, si evince che le condizioni di efficienza necessarie per ottenere l’affidamento in house dei servizi idrici hanno carattere cumulativo, di talchè la mancanza anche di una sola delle predette condizioni determinerebbe l’impossibilità di procedere a siffatto affidamento.

Il terzo comma della disposizione in esame precisa, poi, che, nel rendere il parere in questione, si tiene espressamente conto delle condizioni rappresentate ai sensi del comma 2 sopra menzionato e dichiarate dall’ente affidante sotto la personale responsabilità del suo legale rappresentante.

Infine, l’ultimo comma prevede che l’ente affidante verifichi annualmente l’effettivo rispetto delle condizioni di cui al comma 2 ed invii gli esiti di tale verifica all’Autorità garante della concorrenza e del mercato.

In caso negativo, anche su segnalazione dell’Autorità, l’ente procede alla revoca dell’affidamento e al conferimento della gestione del servizio ai sensi dell’articolo 23- bis, comma 2.

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La disposizione in commento ha suscitato reazioni ed opinioni differenti da parte della dottrina.

Secondo alcuni autori, le condizioni previste nel comma 2 dell’art. 4 del regolamento non sostituiscono ma si aggiungono alle condizioni di cui al comma 3 dell’art. 23 bis, con la conseguenza che, al fine di realizzare siffatti affidamenti, occorrerà verificare il soddisfacimento dei requisiti previsti dal citato comma 3 dell’art. 23 bis e dall’art. 4, comma 2 del regolamento.

Ciò in quanto i regolamenti emanati ai sensi dell’art. 17 della legge n. 400/1988 (come il regolamento adottato ai sensi dell’art. 23 bis), in quanto fonti secondarie, non possono contenere disposizioni incompatibili o derogatorie rispetto a quelle stabilite dalle corrispondenti norme primarie.

In altri termini, non è ammissibile un contrasto tra le previsioni del regolamento attuativo e quelle della norma di legge ad esso gerarchicamente sovraordinata (ossia, appunto, l’art. 23 bis): le disposizioni regolamentari dovranno, pertanto, necessariamente ritenersi integrative e pertanto cumulative rispetto ai requisiti imposti dall’art. 23 bis al fine della dimostrazione dei presupposti per ricorrere all’affidamento in house.

Secondo altri autori, invece, nel caso in cui le predette condizioni di efficienza sussistano, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato non potrà che emettere un parere favorevole, il che determina la disapplicazione del comma 3 dell’art. 23-bis, il quale, come visto, consente l’affidamento in house (sopra soglia) solo se ricorrono

“situazioni eccezionali che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace ed utile ricorso al mercato”.

Secondo questo orientamento, infatti, ritenere che le condizioni previste nel comma 2 dell’art. 4 del regolamento si aggiungono (e non sostituiscono) alle condizioni di cui al comma 3 dell’art. 23-bis, significherebbe rendere ancora più difficile di quanto già non lo sia l’affidamento in house dei servizi idrici, in contrasto

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con lo spirito della norma regolamentare che è quello di “premiare” le gestioni in house “efficienti” e che siano “convenienti” per i cittadini.

Anche a voler trascurare tale aspetto, che potrebbe portare a considerare la norma regolamentare illegittima, ad avviso dei commentatori che aderiscono a questo secondo orientamento appare, comunque, contraddittorio l’obbligo, con essa imposto al soggetto gestore in house, di realizzare utili e, nel contempo, di praticare “una tariffa media inferiore alla media di settore”.

Sarebbe stato, invero, più logico, nell’ottica di un contenimento della tariffa, prevedere che il soggetto gestore sia tenuto a coprire i costi con i ricavi (proventi tariffari), fermo restando che, in caso di conseguimento di utili, questi dovranno essere integralmente (non almeno l’80%) reinvestiti nel servizio.

D’altra parte, secondo questo orientamento, il reinvestimento degli utili nel servizio non pare misura in grado di risolvere il problema dell’adeguamento delle infrastrutture idriche, giacchè, considerato il già ricordato obbligo di praticare una tariffa media inferiore alla media di settore, è da presumere che gli utili realizzati (eventualità che non può essere esclusa) saranno, comunque, di entità modesta.

Resta ancora da osservare che la norma regolamentare in esame non indica con quali modalità debba essere calcolata la tariffa media di settore né stabilisce quale sia l’organismo competente a determinarla.

E’, inoltre, da notare che la detta norma prevede condizioni di “efficienza”

gestionale solo con riferimento a parametri economici, mentre trascura del tutto quelli inerenti alla qualità del servizio idrico, che, invece, sono di sicura rilevanza per assicurare, appunto, una efficiente gestione del servizio stesso.

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