14 CULTURA DOMENICA, 3 SETTEMBRE 2017
INTERVENTO – GLI SBARCHI A LAMPEDUSA, IL SOCCORSO IN MARE DA PARTE DELLE ORGANIZZAZIONI NON GOVERNATIVE, L’IMPEGNO DEL GOVERNO ITALIANO E IL RUOLO DELL’UE: PROSPETTIVE E PROPOSTE NELL’ANALISI DI ATTILIO ASCANI, DIRETTORE FOCSIV
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li italiani sisono accorti del lavoro di otto Ong in- ternazionali impegnate in attività di soccorso in mare alla fine aprile, quando il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro affermava, nel corso di un programma televisivo, che
«alcune di loro potrebbero essere finanziate dai traffi- canti». Il tema poi è stato ‘ca- valcato’ dall’on. di Maio, che ha coniato l’immagine delle navi «come taxi del mare», invocando maggiori control- li e verifiche amministrative sulle Ong. Molto rapidamen- te sulla gogna dei media e dei social network sono finite tutte le Ong, indipendentemente dal fatto che siano coinvol- te in attività di soccorso in mare, nell’accoglienza dei migranti o in qualsiasi altra attività umanitaria, tutte col- pevoli di promuovere la tan- to paventata ‘invasione dell’I- talia’ speculandoci sopra.
Nel mese di luglio il ministro Minniti fallisce l’obiettivo di arrivare a dirottare una parte dei migranti su Fran- cia e Spagna ma produce il codice per le Ong arrivando ad ipotizzare il divieto allo sbarco dei profughi per chi non lo firma. Ma soprattutto raggiunge un accordo con il governo Libico di Tripoli e la guardia costiera libica ini- zia a riportare indietro tutti i migranti che riesce a inter- cettare in una fascia di mare che comprende anche acque internazionali, arrivando a sparare alle navi di Ong che si avvicinano.
L’impatto di queste politiche La nave Iuventa, gestita da un gruppo di giovani tedeschi della Ong Jugend Rettett, arriva a Lampedusa e viene posta sotto sequestro giudi- ziario, l’Ong viene accusata di aver effettuato soccorsi in
modalità non conformi alle regole, anche se lo stesso pro- curatore aggiunto di Trapani ritiene che non ci siano state connivenze con i trafficanti e che «la motivazione resti essenzialmente umanitaria».
Quattro Ong sottoscrivono il codice, mentre altre abban- donano l’area. Msf annuncia la sospensione delle costose attività in mare.
Ma certamente il risultato più importante per il governo Italiano è stato di aver ridot- to gli sbarchi: al 22 agosto il numero dei migranti sbarcati nel mese sulle coste italiane è di 2.859 contro i 10.366 dell’agosto 2016. Questo gra- zie al fatto che, in Libia, la guardia costiera ha iniziato ad operare quattro motove- dette, riattivate dalla Marina italiana con 50 agenti adde- strati in Italia, fermando i barconi in mare (non ci sono notizie di traf- ficanti fermati) e consegnandoli alla polizia che li rinchiude in cen- tri di detenzione.
Ridotti gli arrivi sulle nostre coste: al 22 agosto sono stati 2.859 contro i 10.366 dello stesso periodo del 2016. Ma il dibattito oggi è focalizzato sui flussi e nessuno parla più delle guerre e delle persecuzioni da cui si scappa.
In un’Europa ispirata dall’unica logica dei respingimenti, ignorando che la frustrazione di chi non ha più prospettive è la vera culla del jihadismo
I migranti, le Ong e il codice Minniti
Si attivano anche altre mili- zie, come a Sabratha, ferma- no i migranti prima che ven- gano imbarcati, con la pro- spettiva di ricevere finanzia- menti dall’Europa in cambio del loro ‘lavoro’, così come già avviene per le tribù del Sud della Libia. È legittimo sospettare che molti di quelli che ieri gestivano il traffico, oggi stiano cambiando tipo- logia di business: fino a ieri ci si arricchiva trasportando i migranti, domani si faran- no i soldi trattenendo i migranti e facen- dosi finanziare per gestire la loro permanenza in Libia.
Il go-
verno Italiano fa molto affi- damento sul lavoro (che sup- poniamo ben retribuito) del- le tribù del Sud della Libia per il controllo della frontie- ra meridionale. Quelle stesse tribù che tradizionalmente sono dedite alla tratta de- gli esseri umani. Il 19 aprile
«Avvenire» aveva riportato le dichiarazioni di padre Zerai, che chiedeva di annullare il patto concluso con le tribù del Fezzan, le popolazioni lo- cali che abitano nel Sud della Libia. «Centinaia di rifugiati e migranti africani sono ra-
piti in Li- bia per
c h i e - derne un ri- scatto o per essere m e s s i in vendi- ta per il lavoro forzato o lo sfrut- tamento sessuale: siamo di fronte a un autentico merca- to degli schiavi», denunciava don Mosè, in seguito al rap-
porto dell’Oim pubblicato a Ginevra. «Ciò accade soprattutto a Sabha, la città del Fezzan dove le persone sono 'of- ferte' a un prezzo
che varia tra i 200 e i 500 dollari per un periodo di 2-3 mesi nei quali resta- no in completa balia dei compratori. Come schiavi». Di più: uomini e donne «sono venduti aper- tamente al mercato, come fossero una merce qualsia-
si».Padre Zerai, che nel 2015 è stato candidato al Nobel per la pace per il suo la-
voro con i migranti, oggi è indagato dalla procura di Trapani per fa- voreggiamento dell’immigrazione clandestina.
I migranti che vengono ripor- tati indietro che fine fanno?
Secondo il viceministro degli Esteri Mario Giro «riportarli in Libia, in questo momen- to, vuol dire riportarli all’in- ferno. Per ora non è stato possibile avere dei campi
‘normali’ in Libia, sotto il controllo delle istituzioni in- ternazionali, è un obiettivo da raggiungere, quello rea- le». L’Oim, Organizzazione internazionale per le migra- zioni, ritiene che in Libia si- ano già intrappolati oltre 350 mila profughi. Ci sono circa 35 centri di detenzione.
Il giornalista Domenico Qui- rico ha visitato il centro Ta- riq al-Siqqa a Tripoli, quello dove portano i giornalisti e i donatori nord-europei. Vi sono ammassate 1.400 per- sone in uno spazio destinato a 400. «Non ci sono letti o
«Fino a ieri ci si arricchiva trasportando i migranti, domani trattenendo
i profughi e facendosi
finanziare la loro permanenza»
IL ‘CASO ISLANDA’ – IL CALO DELLE NASCITE DI BAMBINI DISABILI NEL PAESE NORDEUROPEO, L’OMBRA DI UN AUMENTO DEGLI ABORTI, LE DOMANDE LEGITTIME SUL «DOPO DI NOI»
Il mito impossibile di un mondo
senza Down
«Mio figlio disabile è la cosa più bella che mi sia accaduta nella vita». Capita di sentire genitori capaci di dire fra- si di questo genere. Onore a chi lo fa senza retorica né paranoia. Ma il percorso di elaborazione della sofferenza (e un figlio che nasce disabile è una sofferenza) può essere auspicato o accompagnato o contemplato, ma non impo- sto dall’esterno.
«Mio figlio disabile è un dono di Dio». Se detto in retta co- scienza, in piena consape- volezza, con fede autentica scevra da nevrosi, è una frase eroica. Tuttavia, l’Ivan Kara- mazov che alberga i cuori dei più restituirebbe volentieri il dono al mittente. Chi ha figli
‘normali’, o chi non ne ha, fa
bene a fermarsi sulla soglia del dolore.
È notizia degli ultimi gior- ni che, secondo un servizio dell’emittente statunitense Cbs, in Islanda non nascono più bambini con Sindrome di Down. Chi è nell’ambien- te sa che l’Islanda è la punta dell’iceberg, ma il trend non è diverso in alcun Paese. Anche in Italia, secondo i dati dispo- nibili sul sito dell’Associazione italiana persone Down (www.
aipd.it), nasce un bambino con Sindrome ogni 1.200.
Dove si sono diffusi i test pre- natali, le mamme che vengo- no a conoscere la Sindrome del proprio bambino scel- gono in gran parte l’aborto.
E per le altre anomalie rico- noscibili in anticipo va diver-
Attilio Ascani, direttore della Focsiv
Sopra, uno sbarco di migranti a Lampedusa