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2036_2927 & F_n. 19_2018 ISSN S

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Academic year: 2021

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S & F_n. 19_2018

ISSN 2036_2927

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PAOLO AMODIO Docente di Filosofia Morale _ Università degli Studi di Napoli Federico II

GUIDO BARBUJANI Docente di Genetica _ Università degli Studi di Ferrara

EDOARDO BONCINELLI Docente di Biologia e Genetica _ Università “Vita-Salute San Raffaele” di Milano

ROSSELLA BONITO OLIVA Docente di Filosofia Morale _ Università degli Studi di Napoli – L’Orientale

BARBARA CONTINENZA Docente di Storia della scienza e delle tecniche _ Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”

MASSIMILIANO FRALDI Docente di Scienza delle costruzioni _ Università degli Studi di Napoli Federico II

ORLANDO FRANCESCHELLI Docente di Teoria dell’evoluzione e Politica _ Università degli Studi di Roma “La Sapienza”

ELENA GAGLIASSO Docente di Filosofia e Scienze del vivente _ Università degli Studi di Roma “La Sapienza”

GIANLUCA GIANNINI Docente di Filosofia Morale _ Università degli Studi di Napoli Federico II

PIETRO GRECO Giornalista scientifico e scrittore, Direttore del Master in Comunicazione Scientifica della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste

GIUSEPPE LISSA Professore Emerito di Filosofia Morale _ Università degli Studi di Napoli Federico II

GIUSEPPE O. LONGO Docente di Teoria dell’informazione _ Università degli Studi di Trieste

ROBERTO MARCHESINI Centro Studi Filosofia Postumanista_Direttore della Scuola di Interazione Uomo Animale (SIUA)_Docente di Scienze Comportamentali Applicate

DAVIDE MAROCCO Docente di Psicometria _ Università degli Studi di Napoli Federico II _ Già Lecturer in Cognitive Robotics and Intelligent Systems, Centre of Robotics and Neural Systems, School of Computing and Mathematics, University of Plymouth, UK

MAURIZIO MORI Docente di Bioetica _ Università degli Studi di Torino

TELMO PIEVANI Docente di Filosofia della Scienza _ Università degli Studi di Milano-Bicocca

VALLORI RASINI Docente di Filosofia Morale _ Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia

STEFANO RODOTÀ Docente di Diritto Civile _ Università degli Studi di Roma “La Sapienza”

(4)

SETTIMO TERMINI Docente di Cibernetica _ Università degli Studi di Palermo

NICLA VASSALLO Docente di Filosofia Teoretica _ Università degli Studi di Genova

I NTERNATIONAL A DVISORY B OARD

DAVID BANON Professeur au Département d’études hébraïques et juives, Université de Strasbourg; Membre de l’Institut Universitaire de France; Prof. invité au départment de pensée juive, Université hébraïque de Jérusalem

RENAUD BARBARAS Professeur à l’Université Paris 1 Panthéon-Sorbonne;

Membre de l’institut universitaire de France; Grand prix de philosophie 2014 de l’Académie Française

MYLÈNE BOTBOL-BAUM Professeure de philosophie et bioéthique, facultés de Médecine et des Sciences Philosophiques; Professeure à l’Unité d’éthique biomédicale – UCL (Université Catholique de Louvain), Bruxelles, Belgique

COLAS DUFLO Professeur de Littérature française et d’histoire des idées du dix-huitième siècle, Université Paris-Nanterre, France

EDWARD K. KAPLAN Kevy and Hortense Kaiserman Professor in the Humanities, Brandeis University, Waltham, Massachusetts

NEIL LEVY Deputy Director (Research) of the Oxford Centre for Neuroethics; Head of Neuroethics at the Florey Neuroscience Institutes, University of Melbourne

ANNA LISSA Maitre de Conférence Littérature juive et hébraïque Département d’Etudes hebraïques Universite Paris-8, France

DIEGO LUCCI Professor of History and Philosophy, American University in Bulgaria

MAX STADLER Professur für Wissenschaftsforchung, Eidgenössische Technische Hochschule, Zürich

R

EDAZIONE

PAOLO AMODIO (DIRETTORE) Università degli Studi di Napoli Federico II_

Dipartimento di Studi Umanistici_ Via Porta di Massa, 1 80133 Napoli tel. +390812535582

fax +390812535583 email: [email protected] VIOLA CAROFALO Università degli Studi di Napoli_L’Orientale CRISTIAN FUSCHETTO Università degli Studi di Napoli_Federico II FABIANA GAMBARDELLA Università degli Studi di Napoli_Federico II DELIO SALOTTOLO Università degli Studi di Napoli_L’Orientale ALESSANDRA SCOTTI Università degli Studi di Napoli_Federico II ALDO TRUCCHIO Université de Genève

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1

I

NTRODUZIONE

Scienza&Filosofia 19_2018, nuovo portale e nuovo editore. Ma sempre online per scelta, in ordine al dinamismo e all’immediata disponibilità della ricezione, adattandosi volentieri ai tempi e agli spazi che la rete in genere istituisce: vorrebbe essere agile e facilmente fruibile per chi è interessato a prender parte alle nostre discussioni. La sua mission non può dunque che essere diretta e senza scolastici orpelli:

Preoccupata di istituzionalizzarsi come depositaria della coscienza etica del progresso scientifico, a quasi trent’anni dalla sua nascita la bioetica sembra essere a un bivio: rinnovare il suo statuto o rischiare di smarrire definitivamente la sua mission di disciplina di incrocio tra sapere umanistico e sapere scientifico. È nostra convinzione che la bioetica possa continuare a svolgere un ruolo solo se, piuttosto che salvaguardare principi assiologici di una realtà data, sia intenzionata a ripensare criticamente i valori alla luce dei cambiamenti, epistemologici prima ancora che ontologici, dettati dall’età della tecnica. Il nostro obiettivo è quello di individuare ed evidenziare il potenziale d’innovazione filosofica tracciato dalla ricerca scientifica e, al contempo, il potenziale d’innovazione scientifica prospettato dalla riflessione filosofica.

Da questa mission la rivista trova l’articolazione che ci è parsa più efficace. Anche questo numero conterrà perciò le tipiche sezioni:

D

OSSIER

Il vero e proprio focus tematico scelto intorno al quale andranno a orbitare

S

TORIA

Esposizione e ricostruzione di questioni di storia della scienza e di storia di filosofia della scienza con intenzione sostanzialmente divulgativa;

A

NTROPOLOGIE

Temi e incroci tra scienze, antropologia filosofica e antropologia culturale;

E

TICHE

Riflessioni su temi di “attualità” bioetica;

L

INGUAGGI

Questioni di epistemologia;

A

LTERAZIONI

Dalla biologia evoluzionistica alla cibernetica, temi non direttamente “antropocentrati”;

C

OMUNICAZIONE

La comunicazione della scienza come problema

filosofico, non meramente storico o sociologico. In altri termini:

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quanto la comunicazione della scienza ha trasformato la scienza e la sua percezione?;

A

RTE

Intersezioni tra scienze e mondo dell’arte;

R

ECENSIONI

&R

EPORTS

Le recensioni saranno: tematiche, cioè relative al dossier scelto e quindi comprensive di testi anche non recentissimi purché attinenti e importanti; di attualità, cioè relative a testi recenti. Reports di convegni e congressi.

Per favorire la fruibilità telematica della rivista, i contributi si aggireranno tra le 15.000 – 20.000 battute, tranne rare eccezioni, e gli articoli saranno sempre divisi per paragrafi.

Anche le note saranno essenziali e limitate all’indicazione dei riferimenti della citazione e/o del riferimento bibliografico e tenderanno a non contenere argomentazioni o ulteriori approfondimenti critici rispetto al testo.

A esclusione delle figure connesse e parti integranti di un articolo, le immagini che accompagnano i singoli articoli saranno selezionate secondo il gusto (e il capriccio) della Redazione e non pretenderanno, almeno nell’intenzione – per l’inconscio ci stiamo attrezzando – alcun rinvio didascalico.

Le immagini d’apertura ai singoli articoli – coperte da copyright – che appaiono in questo numero, sono di Nizzo de Curtis (www.nizzodecurtis.it). A Nizzo e al suo genio va la nostra amicizia e riconoscenza.

Un grazie particolare a Max Fraldi per la riuscita di questo numero.

In rete, luglio 2018

La Redazione di S&F_

(8)

S&F_n. 19_2018

I NDICE

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1 INTRODUZIONE 4 INDICE

DOSSIER

7 Tensegrities. La cosa è per natura inquieta 17 PATRIZIA ANNA D’ALESSIO Tensegrity and beyond

33 STEFANIA PALUMBO - ANGELO ROSARIO CAROTENUTO - MASSIMILIANO FRALDI Tensile integrity across the scales of the living matter: a structural picture of the human cell

51 ROSSELLA BONITO OLIVA L’immagine inventiva

66 MARIO ARGENZIANO E ANTONIO DE SIMONE Tenso-integrità e Tensio-ottimalità:

riflessioni intorno al rapporto tra strutture in architettura e preesistenze storiche

90 GIOVANNI SCARAFILE Tensegrità, multivocità ed etica delle immagini 101GIACOMO PEZZANO Processi, non cose. Per una filosofia della tensegrità

STORIA

125MARIO COSENZA Il primo Rousseau, la

scienza e un’incompatibilità

di fondo

ANTROPOLOGIE

144 MARCO PAVANINI Non siamo mai stati carenti. La tecnicità

costitutiva dell’esistenza umana secondo Paul Alsberg

ETICHE

156LUCA LO SAPIO Hugo Tristram

Engelhardt jr. La bioetica cristiana nella terra degli stranieri morali

LINGUAGGI

173ROSA SPAGNUOLO

VIGORITA Immediato

potere di escogitare. Per una “ecologia” del corpo senza rappresentazione

ALTERAZIONI

194FLORIANA VOLPICELLI, CARLA PERRONE CAPANO, UMBERTO DI PORZIO The tuned brain COMUNICAZIONE

208EMANUELE PERUGINI Bracciano smart Lake. Un esperimento riuscito di citizen science

ARTE

217MARIO COSENZA Arte e tecnica materiale nell’Encyclopédie

(10)

5 RECENSIONI&REPORTS

report

232 Transformations of the concept of Humanity

International Conference of Philosophy Università Statale degli Studi di Milano 23-24 Giugno 2018

(ROSANNA CUOMO)

recensioni

247Patrizia d’Alessio (sous la direction de), La Sinuosité du vivant, Hermann, Paris 2012

(ALESSANDRA SCOTTI)

253Giovanni Scarafile, Etica delle immagini, Morcelliana, Brescia 2016 (VIOLA CAROFALO)

258Rossella Bonito Oliva, Vita ordinaria e senso del comune. Per un’etica dell’opacità, LED, Milano 2016

(FABIANA GAMBARDELLA)

266Eduardo Viveiros de Castro, Metafisiche cannibali. Elementi di antropologia post-strutturale, ombre corte, Verona 2017

(DELIO SALOTTOLO)

272 Carmine Di Martino, Figure della relazione. Saggi su Ricœur, Patočka e Derrida, edizioni di pagina, Bari 2018

(FABIANA GAMBARDELLA)

(11)

S&F_n. 19_2018

D OSSIER

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Tensegrities.

La cosa è per natura inquieta

ABSTRACT: TENSEGRITIES. THE THING IS, BY NATURE, RESTLESS

Tensegrity is the way the world organizes itself.

“Tensegrity” is a kind of compound word, coined by Richard Buckminster Fuller in 1920s, that becomes autonomous and would eventually structure the way of the being of the world. Tension and integrity, or rather integrity for tension.

Tensegrity, in Fuller’s opinion, is a construction, an architectural model characterized by elements resistant to compression which, even if they don’t touch themselves, are interconnected by different continuous series of “islands of tension”: so, the structure is “differentiated”, there are elements in tension and elements in compression, the former are associative and cohesive, the latter dissociative.

Therefore, we have a sort of trespassing of the same concept of “tension”, generally imagined as accomplished and motionless: for the first time the “tension” seems to be anticipated by a previous state, the “pre-constraint”. More than half a century later, Donald Ingber, through tensegrity and pre- constraint, explained the function of the cells following the model of tensegrity such as the architectural form common to the whole living nature. In the sensitive terms of Philosophy (and Cognitive Sciences) we are in the presence of a real invitation to look to the forms through

“invisible” and “under visible”, that means, in epistemological terms, to re-conceptualize World, Life, Consciousness, Body and Perception.

The thing is, by nature, restless.

Se vogliamo descrivere i processi viventi o quelli mentali ... può anche darsi che si debbano introdurre nuovi concetti.

Werner Heisenberg

La realtà non è mai come la si vede:

la verità è soprattutto immaginazione.

René Magritte

Tensegrity is the way the world organizes itself: ecco la

dichiarazione immediata e condivisa che risulta da una qualunque

ricerca – si tratti di un dizionario o di un motore di ricerca –

fatta su una voce (tensegrità) che ai più risulta estranea e

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disagevole, e che a maggior ragione, una volta disambiguata, semina perplessità. “Tensegrità”, una sorta di composto semantico che però si fa autonomo e addirittura strutturerebbe il modo d’essere del mondo. Tensione e integrità, o meglio integrità per tensione.

Il termine – coniato dall’ingegnere-architetto-scienziato(- filosofo)-progettista di automobili a tre ruote-inventore della cupola geodetica (struttura in grado di autosostenersi pensata però senza necessità di utilizzazione pratica)-conduttore televisivo Richard Buckminster Fuller nel 1921 – nasce e sopravvive nelle diverse formulazioni disciplinari in un’aura di visionarietà (intesa letteralmente come facoltà di cogliere immagini al di là dell’evidenza immediata), per trovare applicazione sul terreno architettonico, biologico, fisico, biomeccanico, clinico, antropologico-filosofico (e persino in sentieri esoterici, di sapore antropologico-culturale). Il tutto con buona pace di Galilei, Newton (e Cartesio).

Tensegrità per Fuller è una costruzione, un modello architettonico caratterizzato da elementi resistenti alla compressione che pur non toccandosi sono interconnessi da diverse serie continue di

“isole di tensione”: la struttura è dunque “differenziata”, vi sono elementi in tensione e elementi in compressione, i primi sono dunque associativi e coesivi, i secondi dissociativi.

C’è pertanto una sorta di superamento del concetto stesso di

“tensione”, sempre figurato come compiuto in sé e immobile, che

per la prima volta pare poter essere anticipato da uno stato

precedente, la pre-tensione o pre-condizionamento (pre-

constraint).

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9

Più di mezzo secolo dopo, Donald Ingber, proprio attraverso tensegrità e pre-tensione, sentì di poter spiegare la funzione delle cellule appunto attraverso il modello della tensegrità quale forma architettonica comune all’intera natura vivente. Il mondo vivente è insomma un sistema autopoietico, capace di autostabilizzarsi in maniera meccanica in virtù della distribuzione delle forze al suo interno, forze di tensione e compressione. Qui si impone la familiarità tra tensegrità e pre- condizionamento: prima di essere sottoposti a una forza esterna, la stabilità interna di una struttura consiste in uno stato di tensione che la precede, e la stabilità delle cellule risponde proprio a questo gioco di pre-vincoli.

La risposta sul piano clinico e diagnostico è stata immediata:

rinnovate ricerche mediante meccanorecettori e nuove conoscenze dei meccanismi patologici (anche connessi al cancro) si fondano appunto sulla tensegrità.

A voler impavidamente scivolare sul terreno spinoso della filosofia (e delle scienze cognitive), siamo al cospetto di un vero e proprio invito a guardare le forme attraverso l’invisibile e il sotto-visibile, e cioè, sul piano epistemico, a riconcettualizzare mondo, vita, coscienza, corpo e percezione.

Il fatto decisivo è che non c’è univocità associativa tra forma

geometrica poliedrale e meccanica/funzione: uguali forme

corrispondono a differenti risposte strutturali e biologiche

mediate dalla pretensione.

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È la tensione che consente alla “cosa” di prendere forma e di non perderla, la “cosa” è, per natura, inquieta. Elasticità versus rigidità della res extensa; riposizionamento continuo, interconnesso e progressivo versus dura lex della gravità;

autopoiesi versus catene di montaggio di corpi e sistemi. Ora, più o meno consapevolmente, la questione attraversa un filone filosofico variegato – per restare in tema potremmo dire una sinusoide speculativa – che da Nietzsche arriva a Bergson e Merleau-Ponty, a Vigotskij, a Ruyer, a Deleuze, a Canguilhem, a Morin e ai nuovi paradigmi della complessità.

E c’è un dato, ma solo per certi versi, curioso: se Cartesio sembra l’imputato principale dell’incomprensione del vivente, secoli prima di lui Platone pareva quanto meno aver intuito la disponibilità filosofica di concettualizzazioni giocabili sul piano dell’invisibilità o della sotto-visibilità proprio in relazione alla geometria del vivente. Nel Timeo si legge:

Quando ciò che se ne va è di più di ciò che affluisce, allora tutto l’essere vivente si consuma, mentre se è minore cresce. Ora, se la struttura di tutto l’essere vivente è giovane e i triangoli sono nuovi, come nave uscita di recente dal cantiere, essa mantiene i triangoli solidamente connessi fra loro, e la sua massa è teneramente condensata, poiché è nata di recente dal midollo e si nutre di latte:

e quando essa accoglie in sé quei triangoli che si introducono dall’esterno e di cui si compongono il cibo e le bevande, poiché essi sono più antichi e più deboli dei suoi triangoli, essa li divide e li domina con i suoi triangoli nuovi, e rende grande l’essere vivente poiché lo nutre di molti elementi simili. Quando però i triangoli originari perdono il loro vigore a causa delle numerose lotte che per molto tempo hanno sostenuto contro molti triangoli, non sono più in grado di tagliare ed assimilare i triangoli che entrano con la nutrizione, ma, anzi, essi vengono separati con facilità da quelli che giungono dall’esterno: così tutto l’essere vivente si consuma, essendo sottomesso in questa lotta, e questa condizione si chiama vecchiaia.

Alla fine, quando i legami che collegano insieme i triangoli del midollo, allentati per la fatica, non possono più resistere, allentano a loro volta i legami dell’anima, la quale, sciolta secondo natura, vola via con piacere: infatti tutto ciò che è contro natura è doloroso, mentre è piacevole ciò che è conforme alla natura.

Una suggestione, certo, ma non un’approssimazione insignificante.

Ma forse a questo punto, per chiudere con i suggerimenti per

filosofi, vale la pena di chiamare immediatamente a rapporto il

Nietzsche dei Frammenti postumi (siamo nel giugno-luglio 1885):

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11 37 [4] Morale e fisiologia.

Riteniamo avventato che si sia così a lungo considerata proprio la coscienza umana come il grado più alto dello sviluppo organico e come la più meravigliosa di tutte le cose terrene, anzi quasi come il loro fiore e il loro fine. Ciò che è più meraviglioso è invece il corpo:

non si finisce mai di ammirare, considerando come il corpo umano sia divenuto possibile; come una tale enorme unione di esseri viventi, ciascuno dipendente e sottomesso, e tuttavia in certo senso a sua volta imperante e agente con volontà propria, possa vivere, crescere e sussistere per qualche tempo come un tutto; e ciò avviene chiaramente non grazie alla coscienza! Per questo «miracolo dei miracoli» la coscienza è appunto solo uno «strumento» e niente più – nello stesso senso in cui lo stomaco è un altro strumento. Il magnifico collegamento della vita più molteplice, l’ordine e il coordinamento delle attività superiori e inferiori, le mille forme di obbedienza, che non è un’obbedienza cieca, e ancor meno meccanica, ma un’obbedienza selettiva, intelligente, piena di riguardo e finanche riluttante – tutto questo fenomeno «corpo» è, misurato dal punto di vista intellettuale, tanto superiore alla nostra coscienza, al nostro

«spirito», al nostro consapevole pensare, sentire e volere, quanto l’algebra alla tavola pitagorica. L’«apparato nervoso e cerebrale» non è, per produrre in genere il pensiero, il sentire e il volere, così finemente e «divinamente» costruito; mi sembra anzi che proprio per questo, per il pensare, sentire e volere, non ci voglia affatto un

«apparato», ma che tutto ciò, ed esso soltanto, sia «la cosa stessa».

Al contrario, una tale enorme sintesi di esseri e intelletti viventi, che si chiama «uomo», potrà vivere solo quando sarà creato quel sottile sistema di collegamento e di comunicazione, e in tal modo un’intesa rapida come il lampo fra tutti questi esseri superiori e inferiori – e precisamente a opera di soli mediatori viventi: ma questo è un problema morale e non un problema di meccanica! Di favoleggiare dell’«unità», dell’«anima», della «persona», ce lo siamo oggi vietato: tali ipotesi servono solo a rendere il problema più dif- ficile, questo è chiaro. E anche quei piccolissimi esseri viventi che costituiscono il nostro corpo (o meglio: del cui cooperare ciò che chiamiamo «corpo» è la migliore immagine), non sono per noi atomi spirituali, ma qualcosa che cresce, lotta, si accresce e a sua volta muore: sicché il loro numero muta in modo variabile, e la nostra vita è, come qualunque vita, in pari tempo un continuo morire. Ci sono dunque nell’uomo tante «coscienze» quanti sono gli esseri – in ogni istante della sua esistenza – che costituiscono il suo corpo. Ciò che distingue quella che è abitualmente pensata come l’unica «coscienza», l’intelletto, è proprio che essa rimane protetta e staccata dall’infinita varietà delle vicende di queste molte coscienze, e, come coscienza di rango superiore, come pluralità e aristocrazia dominante, ha a che fare solo con una scelta di esperienze, per di più solo esperienze semplificate, rese perspicue e intelligibili, e dunque falsate, – perché l’intelletto continui da parte sua in questo sem- plificare e rendere perspicuo, e dunque falsare, preparando ciò che si chiama comunemente «una volontà». Ogni siffatto atto di volontà presuppone per così dire la nomina di un dittatore. Ma ciò che presenta questa scelta al nostro intelletto, ciò che ha già in precedenza semplificato, assimilato e interpretato le esperienze, in ogni caso non è appunto questo intelletto: non più di quanto lo sia ciò che esegue la volontà, ciò che accoglie una pallida, esigua ed estremamente imprecisa rappresentazione di valore e di forza, e la traduce in forza viva e in precisi criteri di valore. E proprio la stessa specie di operazione che si svolge qui si deve svolgere in tutti i gradi inferiori, continuamente, nel reciproco comportamento di

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tutti questi esseri superiori e inferiori: questo stesso scegliere e presentare le esperienze, questo astrarre e pensare insieme, questo volere, questo ritradurre il sempre indeterminatissimo volere in at- tività determinata. Seguendo il filo conduttore del corpo, come si è detto, apprendiamo che la nostra vita è possibile grazie al concerto di molte intelligenze di valore assai disuguale, e quindi solo grazie a un costante e svariatissimo comandare e obbedire – o per parlare in termini morali: grazie all’ininterrotto esercizio di molte virtù. E come si potrebbe mai cessare di parlare moralmente ! - - Così chiacchierando, mi abbandonai sfrenatamente al mio istinto pedagogico, perché ero felice di avere qualcuno che riuscisse ad ascoltarmi. Ma proprio a questo punto Arianna non ne poté più – la storia si svolge infatti al tempo del mio primo soggiorno a Nasso –: «Ma Signore, disse Arianna, Lei parla il tedesco dei porci! ». – « Il tedesco, risposi io gaiamente, semplicemente il tedesco! Lasci stare i porci, mia dea! Lei sottovaluta la difficoltà di dire cose sottili in tedesco! ». – « Cose sottili ! esclamò Arianna strabiliata: ma quello era solo positivismo!

Filosofia che grugnisce! Poltiglia e sterco di concetti arraffati da cento filosofie! Dove può mai portare ciò?». – E giocherellava intanto impazientemente con il famoso filo che guidò un giorno il suo Teseo attraverso il Labirinto. Dunque venne in luce che, nella sua formazione filosofica, Arianna era indietro di due millenni.

E la tensegrità non poteva non trovare spazio nella riflessione sferologica e immunologica di Peter Sloterdijk che la declina in termini antropotecnici, schiume di natura:

Il merito principale del XX secolo è stato quello d’introdurre il tempo nell’analisi della schiuma. Abbiamo appreso che le schiume sono processi e che all'interno del caos degli elementi pluricellulari avvengono continuamente delle inversioni di strati, dei salti e delle riformattazioni. Questo disordine ha un orientamento che porta a una stabilità e a un’inclusività superiori ... La dinamica processuale della schiuma fornisce così lo schema di tutte le storie che trattano di spazi a crescita immanente. In queste geometrie tragiche, tra gli spazi co-isolati restanti ci si è spinti a una tale misura di tensione interna o tensegrità che il loro rischio esistenziale può essere espresso con una formula di co-fragilità. Insieme, le grandi cellule di una schiuma arrivata alla maturità conoscono una crescita della loro durata esistenziale; insieme, esse si dissolvono nell’implosione finale. Si noti che nelle schiume non esiste più una cellula centrale, e che l’idea di una capitale sarebbe in sé aberrante. Di recente, così, il motivo del policamerismo ha fatto carriera nelle teorie dello spazio sviluppate in fisica. La conseguenza è che sempre più spesso si ricorre alla metafora della schiuma tanto in ambito microscopico quanto nei fenomeni mesocosmici e, alla fine, nei processi di dimensioni galattiche e perfino cosmiche (Schiume, 2015, p. 41-42).

La tesi di Sloterdijk è che l’architettura rappresenterebbe un

compimento successivo delle spontanee costruzioni di spazio nei

corpi del gruppo. Sull’isola antropica, o meglio antropogena, ha

origine un’avventura protoarchitettonica: in ordine alla sinergia

tra costruzione animale di nidi e nicchie e attività ominide per

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l’accampamento, le esigenze di spazio divenute poi umane si sono cristallizzate in misura tale che, a partire da esse, nascono costruzioni “offensive” di capanne, villaggi e città. E ancora:

anche se l’“inserto” umano si basa su un effetto serra, in origine le serre antropiche primarie non hanno pareti e tetti di natura fisica, ma di «pareti fatte di distanza e di tetti fatti di solidarietà». L’uomo, l’animale che prende le distanze, si alza nella savana e guarda l’orizzonte: abitanti di una “rimozione”, gli uomini si organizzano tra loro da soli. E allora, le isole antropogene sono i cantieri di una creazione di spazio assai complesso. È l’insieme e l’incrocio di tipologie di spazio specificamente umani che produce l’«antropotopo», senza quell’apertura – simultanea – non si darebbe lo stare insieme degli esseri umani con i loro simili e con il resto in un insieme comune. Tali movimenti d’“insularizzazione” (islands of tension?) che creano, mettendolo in scena, lo spazio, passano l’uno nell’altro grazie a poliedrici effetti di retroazione: la sfera dei gruppi umani costituisce sin da principio uno spazio cibernetico, dove reale e virtuale si combinano in un vero e proprio “orizzonte” di realtà del mondo umano. L’isola umana è una

«stazione spaziale che si comprende come il nostro primo “mondo della vita”». Proprio come la tensegrità pensata da Fuller, l’isola antropogena è l’integrazione di invenzioni spaziali fluttuanti e reticolati interni nel gioco delle resistenze e delle pre-tensioni: la tensegrità sociale ne è l’analogo morale.

Per una teoria sociologica che non utilizzi il temine “sistema” in chiave contemplativa, ma che, viceversa, si interessi delle sue elaborazioni operative sotto forma di costruzioni di macchine, case e istituzioni, queste innovazioni sono necessarie perché rendono esplicito, in modo inedito nella storia della tecnica, il significato di strutture sistemiche, l’assicurazione di prestazioni di stabilità connessa all’adattamento al movimento. L’esplicitazione dell’edificio e dell’area coperta grazie a una statica [Statik] calcolata conduce per vie dirette o traverse all’esplicitazione di ciò che si riferisce allo status sociale [Stand] e a chi sta in piedi [stehen] in generale, e da lì all’esplicitazione di ciò che è istituzionale, statuale e sistemico dal punto di vista dell’architettura o della logica costruttiva. La statica è diventata la Scienza Prima; la teoria del Ge-stell l’etica primaria. È una teoria moderna par excellence, nella

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misura in cui si occupa di costrutti a prova di terremoto e a prova di eccezione. Non a caso, uno dei più significativi filosofi del diritto di oggi, Pierre Legendre, parla di diritto e di Stato come di grandezze che è possibile conservare solo grazie a un’intelaiatura morale o a una costruzione che supporti le norme (échafaudage, montage) Il fatto che i termini “Stato” e “statica” derivino dalla stessa radice, dovrebbe ricordarci il legame interno tra queste due arti della costruzione, la costruzione di case e la costruzione di norme. Come va pensato, però, lo status, in un caso e nell’altro, da quando la logica costruttiva dell’architettura moderna è arrivata ad avere concetti di stabilità che sono al di là di tutto ciò che la statica classica era capace di immaginare? (Ibid., pp. 342-343).

I primi collettivi umani sono cupole ad alta pressione o a tensegrità, funzionanti in ordine al principio della stabilizzazione attraverso carichi contrapposti o a tensione atmosferica. L’integrazione di un gruppo, la stabilità del suo modello, la sua riproduzione simbolica dipendono dalla sua capacità di imporre ai propri membri quell’obbligo alla ripetizione che rende possibile la cultura. In termini sistemici, l’integrazione di un gruppo, la stabilità del suo modello, la sua riproduzione simbolica dipendono dalla forza di imporre ai membri quell’obbligo alla ripetizione che rende possibile la cultura. E le forme linguistiche sono pur sempre ingiunzioni che, nel caso di conflitti o delusioni, si fanno minaccia. Per questa ragione, sostiene Sloterdijk, avremo una descrizione adeguata dei collettivi solo quando saremo in grado di scoprire attraverso quali canali il flusso di comandi entra al loro interno. In girotondo con la (probabilmente troppo) statica politica di Carl Schmitt e in virtù dell’immunologia sistemica, Sovrano è colui che dispone del diritto di minacciare:

Fa parte della struttura morale [dei collettivi] un’intesa su chi comanda chi, e su chi e quando qualcuno può essere oggetto di minaccia ... Nelle scienze strategiche una minaccia viene definita come “un consiglio armato”; in chiave sociologica andrebbe descritta come un suggerimento armato di sanzione. Dal punto di vista della nuova logica costruttiva di Buckminster Fuller – o meglio, nella prospettiva che è possibile formulare grazie al suo analogo morale – le “società”, tanto quelle primitive quanto quelle sviluppate, sono tensegrità dell’aspettativa, cioè molteplicità rafforzate da ingiunzioni e minacce fatte di azioni conformi a regole e condizioni abitative (Ibid., p. 345).

(20)

15

E, se non diventasse troppo in questa sede, si potrebbe tornare a Niklas Luhmann e alla sua teoria della latenza caratteristica dei sistemi, dove il gioco tradizionale tra implicito ed esplicito perde ogni sua regola per conservare, certo, il comando di esplicitare l’implicito, ma va a promuovere l’implicito in una sorta di sotto-visibile che non può essere misurato solo in base alla norma dell’esplicitazione, e che sta lì inter-detto nella sua innocenza.

Ma l’eco della tensegrità non si ferma qui e ha anche raggiunto, più o meno felicemente, lidi etno-antropologico-culturali. Mi riferisco, in particolar modo, a Carlos Castaneda. Nel 1990, Castaneda dà alle stampe un libro dal titolo Tensegrità. I movimenti magici che aumentano l’energia vitale. “Tensegrità”

sarebbe la versione moderna dei passi magici: posizioni e movimenti del corpo che erano state sognate e fissate da uomini e donne veggenti vissuti in Messico in tempi antichi, e insegnati a Carlos Castaneda dal maestro Don Juan Matus, un indiano Yaqui, erede di un stirpe di veggenti che trova le sue origini nell’antico Messico. Castaneda sostiene che se nell’ambito delle ricerche scientifiche, l’uomo moderno ha potuto constatare che esiste una forza coesiva che tiene unite le parti di un atomo e poi di una cellula, una forza che conduce atomi e cellule a unirsi in tessuti e organi, già Don Juan insegnava che i veggenti del Messico antico erano a conoscenza del fatto che l’uomo, come conglomerato di campi energetici, viene tenuto insieme non da qualche involucro o fascio di energia, ma da una specie di vibrazione che simultaneamente tiene in vita e al proprio posto tutte le parti: una forza, una sorta di energia che, attraverso la sua vibrazione, salda i campi energetici in una singola unità.

Attraverso pratiche che, per sua stessa ammissione, il maestro Don Juan non riusciva bene a comprendere, gli esseri umani possono percepire l’energia così come fluisce nell’universo, direttamente.

Sicché, ognuno sarebbe in grado di annullare il sistema di

(21)

trasformazione del flusso di energia in dati sensoriali inerenti al tipo di organismo che possediamo. E il trasformare l’afflusso di energia in dati sensoriali realizza altresì un sistema di decodificazione che trasforma l’energia che fluisce nell’universo all’interno della nostra vita quotidiana. Una percezione diretta dell’energia addirittura perfezionabile e autoapplicabile dagli iniziati. Questi cioè, ogni qualvolta lo desiderano, sono in grado, incorporandosi, di percepirsi reciprocamente come un conglomerato di campi energetici. Gli esseri umani percepiti in tal modo appaiono al veggente come delle gigantesche sfere luminose (che corrispondono alla larghezza delle braccia estese verso l’esterno).

Va da sé che la stragrande maggioranza di coloro che lavorano con le strutture di tensegrità rigettano o semplicemente ignorano la versione di Castaneda e dei seguaci di Don Juan (vi sono state però rabbiose reazioni quando la Cleargreen, società che faceva capo a Castaneda ha addirittura registrato il marchio

“Tensegrity”

®

), così come, per molti studiosi di storia e antropologia, il libro di Castaneda sarebbe pura fiction, scientificamente debole per metodo investigativo e assai vago nei suoi esiti. Come che sia, resta un dato ambiguo, avvitato com’è intorno a un’assai enfatizzata visione del mondo, davvero senza scarti, tra esoterismi, riverberi ecologisti, proiezioni cliniche e terapeutiche. Ma, almeno, nella “pre-tensione” castanediana, qualcosa da indagare c’è.

P.A.

(22)
(23)

P

ATRIZIA

A

NNA D

’A

LESSIO

T

ENSEGRITY AND BEYOND

1. Introduction 2. Pre-stress state and trauma’s compensation

3. Between physical and psychological stress 4. Physical stimulation and its consequences

ABSTRACT:TENSEGRITY AND BEYOND

The tensegrity concept describes the organization of matter into compressive and tensional moments, aimed at providing stability to a structure. Its legacy by engineers and architects is well established.

In the past decades, thanks to the work of the American biologist Donald Ingber, the notion of tensegrity has been brightly developed in cell biology. In this paper, the new fields that the tensegrity concept could invest are described, with the aim to provide a holistic vision on the tensegrional strategies the body is performing to conserve its stability, integrity, shape and youth. On the base of James Oschman’s work on connective tissue, the fundamental hypothesis that aging is a mere matter of body shortening, as a consequence of stress to the musculo-skeletal apparatus, is discussed. A few considerations are spent on the reversibility of a negligible tensegrional support, through the implication of the para-sympathetic system. The latter is the most potent anti-inflammatory device of the body, set in motion by physical stimulation, beyond immune and biochemical regulations.

Vivre est une invention arrachée à la terreur … les êtres sont inégaux devant l’angoisse.

Anne Defourmantelle, Éloge du risque

(24)

DOSSIER Patrizia Anna d’Alessio, Tensegrity and beyond

18

1. Introduction

The term “tensegrity” is the contraction of “tension by integrity”, a concept that has been exported from Richard Buckminster Fuller’s visionary architectural vocabulary to be introduced into biology by Donald Ingber. But knowledge of its physical principles was familiar to Romans already, as they used it in the construction of aqueducts. At the edge of the 20th century, Eugène Freyssinet utilized the concept to give birth to

“reinforced concrete”. Here, we will try to implicate its importance along quite different routes, transcending architecture, and after a first halt in cell biology, observe its more ample implication in human aging hypotheses. We think indeed that tensegrity addresses a line of evidence that Western biology is still ignoring, between visible and invisible phenomena and at the root of human behavior, operating at the early stages of the development of intentionality.

In order to illustrate the importance of tensegrity in the human body – as a constitutive principle, as well as a functional mechanism – two conditions will be analyzed: 1. the passive transformation of human morphology over time through a negligible exploitation of tensegrity structures in the body, that will induce its shortening, on the way to the ineluctability of aging;

2. the dynamic integration of the relationship between elastic and compressive behaviors into body’s dynamic structures (muscles, tendons) in order to create tensegrional devices, oriented towards morphology conservation.

The architectural ambition of sustaining buildings was indeed the initial motivation for the development of tensegrity, in order to build structures that would not collapse when challenged by time, aiming at some extension in stability, if possible. For that reason, tensile rebar was inserted in concrete, generating

“reinforced concrete”.

(25)

Tensegrity systems naturally belong to the class of initial deformation systems, completing a family of constructions generally qualified as “pre-stressed” the initiator of which was Eugène Freyssinet (1879-1962) inventor of the “reinforced concrete” during the first quarter of the 20th century.

The concept of tensegrity, after its enunciation by the American architect Richard Buckminster Fuller

1

(1892-1983), was used to build several structures, in order to exemplify the concept.

Tensegrity is at the heart of systems working as «islands of compression in an ocean of traction». Fuller uses the term to describe the notion of integrity obtained by a complex system maintained by elastic tractional elements.

As the XXth century proceeded, new definitions arose such as that of René Motro a French physicist, Professor at the “Laboratoire de Mécanique et Génie Civil” of the University Montpellier 2, who proposed

a system of tensegrity as a stable status of auto-equilibrium, containing a discontinuous ensemble of compressed components within a continuum of tensed components2.

The American cell biologist, Donald E. Ingber, Founding Director of the Wyss Institute for Biologically Inspired Engineering at Harvard University, and professor of Vascular Biology became interested in tensegrity because of

the age-old question of how life emerged through self-organization of inorganic components3.

How groups of molecules

self-assemble to create living cells with emergent properties, including the ability to change shape, move, and grow.

He was in fact interested in the

fundamental design principles that guide self-assembly in natural systems4

1 R. Buckminster Fuller, Tensegrity, in «Portfolio Art news Annual», 4, 1961.

2 S. Djouadi, R. Motro, J.C. Pons, B. Crosnier, Active Control of Tensegrity Systems, in «Journal of Aerospace», 11, 2, 1998.

3 D. Ingber, The Architecture of Life, in P. d’Alessio – J. Dhombres, The Architecture of Life: from Plato to tensegrity, Brepols, Turnhout 2005.

4 Ibid.

(26)

DOSSIER Patrizia Anna d’Alessio, Tensegrity and beyond

20

and identified in the tensegrity concept and constructions the possibility of a theoretical assessment. He further linked the basic concept to the geodesic architecture first described by Buckminster Fuller,

which self-organizes and mechanically stabilizes hierarchical collections of interacting components in three dimensions5.

This type of organization allows shape and pattern stability to emerge «through establishment of a mechanical balance between global attractive (tensile) forces and local repulsive (compressive) forces», in simpler terms, «through continuous tension and local compression». As Ingber began to understand the model, he played with the hypothesis that it could be useful to shed a new light on cell structures.

I began to explore the possibility that cells may use tensegrity architecture to structure themselves: I constructed one of the simplest types of tensegrity models by connecting six wood dowels (compressions struts) with a continuous series of elastic tension cables. The resulting structure was stable and exhibited a spherical form when unanchored even though none of the rigid struts physically contacted any other; these struts were effectively pulled up against the force of gravity and stabilized in space through interconnection with a continuous series of tensed cables (continuous tension)6.

What really changed in the last decades is the fact that the area it addressed by the tensegrity concept has considerably expanded its horizon. The notion of elasticity has become central for biology and medicine, far beyond mechanics. Moreover, numerous discoveries regarding the tensile nature of the fibers contained in the connective tissue and their organization were able to shed new light on their capacity to play a strategic role in the architecture of the living. Flexible water-containing structures, that Jean-Claude Guimberteau

7

calls “microvacuoles”, are in fact multifibrillar flexible bodies enclosing microvolumes ensuring shape and mobility, but adaptability and resistance to gravitational forces as well. Moreover, knowledge about ion

5 Ibid.

6 Ibid.

7 J.-C. Guimberteau, Videofilms Strolling under the skin, ADF Video productions, 2005; The Skin excursion, EndoVivo Productions, 2009.

(27)

exchanges within a given tissue and their importance in signaling, has fundamentally changed our vision of the “body inside”.

The tensegrity concept can also be applied to social sciences, because it has to do with life in general. Thus the gliding of fibers or the dispersion of tension, minimizing compressive forces, might play a dynamic role in social life, or at least in its communication forms. For that reason we will primarily concentrate on the concept of pre-stress, eventually created by Freyssinet, but abundantly considered by Fuller and Ingber.

2. Pre-stress state and trauma’s compensation

Pre-stress is by definition the condition that allows matter to be a perfect receptacle for what has to come, because this can only be stress. Pre-stress is a sort of permissive condition, an alert system, well relaxed, but tonic, able to stretch itself immediately if needed. Thus, pre-stress is already contained in the primordial model of Ingber.

The pre-existing tension in the cables served to minimize movement of the struts and hence, to stabilize the architectural form of the model. However, when the same model was physically anchored at multiple points to a rigid foundation, the entire spherical model spontaneously spread and flattened to minimize stresses and strains within its elements. This structural transformation precisely mimicked the flattening observed when spherical cells attach to a culture substrate. Furthermore, if the anchors of the spread adherent model were cut, the model cell spontaneously retracted, rounded, and bounced off the substrate, just as living cells do when their molecular anchors are clipped8.

Once the tensed condition acquired, it has to be reversed as soon as possible, tension being extremely expansive for a building as well as for a cell, and a balanced distribution is always the option to which the whole system aspires. As Ingber puts it,

it is impossible to see the pre-stress within adherent cells in culture on rigid dishes because they exist in a state of isometric tension and thus, this feature of cell structure is commonly invisible to viewers. However, when the same cells are cultured on flexible rubber substrates, this internal tension can be easily visualized as the cells pull on their adhesions and cause the substrate to … fold up

8 D. Ingber, op. cit.

(28)

DOSSIER Patrizia Anna d’Alessio, Tensegrity and beyond

22 in wrinkles9.

From wrinkles to the whole body, there is only one step:

Tensegrity also is essentially the way all animal bodies are built.

Indeed, our bodies are composed of 206 compression-resistant bones that are pulled up against the force of gravity and stabilized by interconnection with a continuous series of tensile muscles, tendons and ligaments.

Because the aim remains to resist gravity as long as possible:

it is the tone or pre-stress in our muscles that gives us stability10.

Not only stability, one would add, but also the key of aging or alternately, not aging. We are stuck to the idea of an apparent inevitability, with its notion of wear (usura), corresponding to very old concepts that we have obediently integrated, calling upon irreversible corruptions of the elastic mechanics that maintain the body in its youthful shape. In fact, it is the opposite. We are built by powerful mechanisms aiming at a permanent cellular renewal. It is only when this possibility fails that the body resigns itself to accompany the shape modification called aging.

But this change of form is not inevitable. If trauma and gravity reduce the body, it is also true that understanding this mechanism of decay can make us appreciate, develop, practices to preserve or reconquer this elastic quality of the body, ultimate strategy for the maintenance of its neoteny, a question of morphology.

Because, what is observed is not aging (the ultimate outcome of chronic inflammation with its corollary loss of function) but a progressive alteration of morphology. In fact, the change of shape that takes place over time does not in any way stand for aging, understood as malfunction of parts as in a car, but rather for compensation strategies in front of trauma.

What happens while this morphological transformation is accomplished? Everything starts with the stress of the individual, more or less intense, contrariety or deep shock, but also physical

9 Ibid.

10 Ibid.

(29)

trauma, the body does not make the difference. In any case, the pre-stressed body implements a compensatory scheme, based on tensegrity. The first of these changes, is endured by the preferred dialogue partner of the brain, the muscle. In his chapter “Gravity and Physical and Emotional Structure”

11

, James Oschman, American biologist and considered the initiator of connective tissue research, depicts how any trauma is recorded as a change in the internal structure of the body. In his youth, working at the Woods Hole Research Center, Massachusetts, Oschman had the chance to have as next door colleague Albert Szent- Györgyi

12

, whose seminal work on the semi-conductivity of proteins and about identification of myosin have so much contributed to the development of the current integrated vision in biology.

In the case of a mild trauma, the structures involved are organized to retrieve their original position, once the healing phase is completed. However, repetitive “displacements” can have cumulative effects. This is particularly the case if there is a change in the way of carrying loads, because then a change with respect to gravity is installed. Indeed, there is an ideal

“pattern”, and it is possible – according to Oschman – that

all traumas to the body alter the relation to gravity by causing deviations from the original pattern, the form we have inherited to enable us to cope with gravity13.

These small post-traumatic adjustments function exactly like reward behaviors in the face of psychological suffering, that we call compensatory changes. Oschman insists on this point:

Even a small change in alignment and movement will result in compensatory changes throughout the body14.

By themselves innocent, these alterations seem at first glance to provide adaptability and thus stability. But in fact,

11 J. Oschman, Energy Medicine: The Scientific Basis, Churchill Livingstone - Elsevier Limited editors, London 2000, pp. 160-161.

12 A. Szent-Györgyi, Nobel Prize in Physiology or Medicine in 1937, credited with discovering vitamin C and the components and reactions of the citric acid cycle.

13 J. Oschman, Energy Medicine: The Scientific Basis, cit.

14 Ibid.

(30)

DOSSIER Patrizia Anna d’Alessio, Tensegrity and beyond

24

the patterns of neural activity, blood and lymph flow, and muscular contraction will be altered15.

In addition, these so far minimal adaptive changes will pursue their neo-architectural assessment during the recovery process with even more damage.

If recovery is prolonged, some muscles will atrophy from disuse, others will become hypertoned from being overworked.

Indeed, “muscles act as pumps” because they have kept this modus operandi from the time when the essential activity of an organism consisted in swallowing and expelling (notably the primal soup contained in the sea, from which it drew its nutrients).

By their pumping movement, the muscles mobilize blood and lymph, but when they become immobilized and “flaccid”, nutrition and oxygenation of cells and tissues will be reduced. Finally,

when a muscle is chronically shortened, it gradually loses the ability to relax. Tension will always be present16.

One could add that tension will become ubiquitous, communicating its condition to far regions, as a consequence of the local change. This tensegrional interpretation of the decay of the youthful morphology of the human body contributes in our view to the possibility of a non-intrinsic aging mechanism, rather a “in response to” mechanisms of aging.

This same hypothesis is highlighted by this passage from Plato’s Timaeus:

Instead of considering the organization of the bodies only from the point of view of a mechanical assembly (a juxtaposition of elementary triangles), we could define them as a tension, internal to their geometric assembly, which confers them their cohesion. It is by this way that fatigue and the wear of time can contribute to the relaxation of this “structural tension” and thus favor illness and death17.

In essence, trauma, in general, generates immobilized muscle groups, that become hypertonic, unable to relax. It is the emergence of a specific attitude associated to a substantial loss of elasticity. Postural imbalances resulting from physical or

15 Ibid.

16 Ibid.

17 Plato, Timaeus, 81b, translation L. Brisson, GF Flammarion, Paris 1999.

(31)

psychological trauma can equally lead to chronic disease. When pre-stress and tensegrity do not account any more for the dynamics of a body, eventually broken by its soul, the flexor muscles, vital for our posture (shoulders, gait), especially the psoas, supporting the strategic relationship between the spine, pelvis and the musculoskeletal system, are compromised.

However, the body does not passively contemplate its increasing vulnerability. It tries to thwart the already existing compensation, in order to restart a balance. Thus, Oschman explains,

connective tissue fibers will be laid down to thicken and strengthen these structures that are called upon to provide extra support18.

Except that the underlying tension is no longer there, the reactivity, which makes the living, is lost. Functional vacuum envelopes have been created instead. Worse, traces of an altered structure (and function) can be retained indefinitely after the lesion is healed.

A widely held misconception» – Oschman tells us – «in our culture is that these accumulated imbalances cannot be reversed. This is not the case19.

One of the consequences of this progressive muscular degeneration mainly deprives the brain of its permanent conversation with its privileged partners, the muscles. In fine, a deterioration of morphology results in an alteration of the inbuilt communication.

3. Between physical and psychological stress

From Plato’s Timaeus triangular/tensional anatomy and physiology to the emergence of the concept of tensegrity in architecture and contemporary biology, there has been a long history

20

around the basic forms and geometric properties of matter and bodies

21

, in

18 J. Oschman, Energy Medicine: The Scientific Basis, cit.

19 Ibid.

20 P. d’Alessio and J. Dhombres, Architecture of Life, from Plato to tensegrity, cit.

21 D.W. Thompson, From Growth and Form, Canto edition, Cambridge University Press 1992.

(32)

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26

and around the notions of tension, tensor, elasticity. When the concept of tensegrity finally appeared at the beginning of the 20th century, the ancient vision that a body is maintained in its equilibrium structure because of the elastic properties of its geometric components reappeared.

Going back to pre-stress, is it possible to develop the analogy between physical and psychological stress? If a (profound) distress is able to shorten the muscles, would conversely, an (intense) pleasure have the capacity to lengthen them?

An emotional response – says Oschman – immediately precipitates the contraction of the flexor muscles and movement away from structural balance22.

This point is important because gravity

pulls the structure downward, making the body shorter.

In fact, according to Oschman, trauma is substantially an architectural lesion, accounting more than other phenomena to the aging phenomenon, in becoming shorter and drowned in a sea of tension. Would aging thus be the aerodynamic consequence of the choice to stay vulnerable, defining a certain availability of man to be exposed to risks, conditions rich in evolutionary perspectives? This again seems coherent with the “in response to”

mechanism.

Ineluctably, reversibility becomes an issue. If we stick to the idea that tensegrity is not only a structural element of matter and body, but contributes as well to such vital functions as movement, migration, regeneration and communication, thus pathological processes leading to chronic diseases and accelerating aging and death, will be characterized by a lack of available tensegrity devices (that we identify with a negligible tensegrional status), we could aim at re-introducing. One of the most important contributions to aging (via the describe tensegrional/gravitational mechanism) is the installation of chronic inflammation. This undeniably enhances the tensional

22 J. Oschman, Energy Medicine: The Scientific Basis, cit.

(33)

status through activation of the ortho-sympathetic system

23

. Conversely,

recovery from an emotional shock requires flexibility and resiliency of the musculoskeletal system, an ability to return the body toward the ideal pattern of relationship with gravity24.

A great ally of tensegrity is thus represented by the activation of the vagal tonus, principal tool of the para-sympathetic system

25

, based essentially on relaxation of the contractures, governing healing, secretions and the alternation from tension to relaxation, allowing the body to return to a state of pre-stress.

Essentially, pre-stress consists in alertness, which in turn allows a sensitive body to comply to an alteration of the environment without freezing in the posture of compensation.

Indeed, verticality can be trained and seems to be the most powerful antidote to the change of form over time. Relaxation, a synonym of anti-inflammation, is brought by such simple activities as tasting a taste we like (which in turn immediately activates the vagus nerve) or listening to a sound or a melody we like (here physical waves are being transduced into electromagnetic modifications in the body, contributing to the relaxation of excessive tension).

In his informative book Scrupulous Souls, Anguished Lives, Sad Obsessed, Pierre Henri Castel

26

challenges Plutarch and Evagrius

23 The autonomic nervous system functions to regulate the body’s unconscious actions. The ortho-sympathetic system (SNS) helps us to cope with acute challenging conditions, to which we have immediately to adapt, risking survival. Its deployment is stopping all other activities in order to establish a “flight or fight response”, within seconds.

24 J. Oschman, Energy Medicine: The Scientific Basis, cit.

25 The para-sympathetic nervous system (PSNS) is one of the two divisions of the autonomic nervous system (a division of the peripheral nervous system (PNS)). The autonomic nervous system is responsible for regulating the body’s unconscious actions. The para-sympathetic system is responsible for stimulation of “rest-and-digest” or “feed and breed” activities that occur when the body is at rest, especially after eating, including sexual arousal, salivation, lacrimation (tears), urination, digestion and defecation, maintenance of body temperature. Its action is described as being complementary to that of the sympathetic nervous system, which is responsible for stimulating activities associated with the “fight-or-flight” response.

26 P.H. Castel, Scrupulous Souls, Anguished Lives, Sad Obsessed, Ithaque, Paris 2011.

(34)

DOSSIER Patrizia Anna d’Alessio, Tensegrity and beyond

28

to give an account of the question of psychic constraint. The ancients, did they know about it? Initially, the debate around Aristotelian and Neo-Platonic instructions focuses on the opposition between virtue and reason: is

virtue defined by reason

or is

virtue defined by a determination of reason27.

But

to act in accordance with what is held for the “juste milieu” sort of equidistance of emotional investments, virtue by definition, is still subject to an inevitable form of social negotiation.

Considering for a moment the basic equipment of an individual allowing him to face the phases of the transformation of the relation to himself ... it seems clear that it will be

by bodily feeling that everything starts28.

Thus, “feeling better” is an act of resetting. In fact we feel

“better” when we feel “ourselves”.

Thus, for an individual in perfect health, even sporty, too restrictive a work organization (or social organization) can make him/her loose this precious balance. Faltered between the exhaustion attributed to “overwork” (but in fact due to a motivational deviation) and inexplicable physical pains (cynically labeled as “algodystrophy” by doctors, this individual tries to treat the famous “back pain”, the most common noxa in the world, whether in a developed country or not. There everything stops, or rather a query begins, in which the person will be as alone as if living at the dawn of humanity.

In order not to get lost in this quest for the sensation of ourselves, let us turn to Spinoza read by Deleuze

29

. Reformulating the question of Plutarch and Evagre, as well as of Saint Augustine, he proposes that the essential is to

27 Ibid., p. 59.

28 Ibid., pp. 271-272.

29 G. Deleuze, Leçon sur Spinoza, February 24th 1978, http://www.yrub.com/philo/spinozadeleuze1.htm

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