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Diabete e complicanze vascolari: dal rischio trombotico alla resistenza all’aspirina

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Academic year: 2021

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Riassunto

Il diabete mellito è spesso associato a complicanze macro- e microvascolari (cardiopatia ischemica, eventi cerebrovasco- lari, arteriopatia periferica, nefropatia, retinopatia). Sono stati proposti vari meccanismi fisiopatologici alla base dell’elevata incidenza di eventi cardiovascolari (CV) dei pazienti diabeti- ci; tra questi, la disfunzione endoteliale, lo stato proinfiam- matorio e l’alterata funzionalità piastrinica. Le piastrine di tali pazienti, infatti, mostrano un’iperreattività in vitro e un’incre- mentata sintesi di TxA2. Per tale motivo, sono stati intrapresi vari studi sull’uso dell’acido acetilsalicilico (ASA) nei pazienti diabetici, allo scopo di ridurre le complicanze trombotiche.

Sulla base delle evidenze riportate in letteratura, viene racco- mandato l’uso dell’ASA nei pazienti diabetici ad alto rischio CV. Ciononostante, alcuni pazienti diabetici trattati con ASA mostrano un’elevata incidenza di eventi trombotici, attribui- bile all’“aspirino-resistenza”, alla base della quale sono stati proposti vari meccanismi. Tuttavia, l’ASA resta il farmaco con il più favorevole rapporto costo/beneficio e, probabilmente, allo scopo di migliorare la sua efficacia nei pazienti diabetici, dovremmo approfondire le conoscenze sui meccanismi alla base dell’“ASA-resistenza” e dovremmo prescrivere l’ASA alle dosi più appropriate.

summaRy

Diabetes and cardiovascular disease: thrombotic risk and aspi- rin-resistance

Diabetes mellitus is commonly associated with both microvas- cular and macrovascular complications (coronary artery disease, cerebrovascular events, severe peripheral vascular disease, ne- phropathy and retinopathy).

Many hypothesis have been made to explain the physiopath- ological mechanism by which diabetes is associated with an increased incidence of cardiovascular events: endothelial dys- function, an inflammatory state and an altered platelet func- tion.

Many studies have demonstrated that platelet degranulation and synthesis of TxA2 are increased in diabetic patients. For this reason, many studies on anti-platelet therapy have been made in order to reduce thrombotic complication of diabetes mellitus. Despite the recommendations on the use of acetylsali- cylic acid (ASA), some diabetic patients, although treated with ASA, have a high prevalence of recurrent thrombotic events;

it is possible that ASA failure in these patients could be due to “aspirin-resistance”. Nevertheless this drug remains the one with the greatest benefit if we consider the cost of it. To opti- mize its function, we should try to understand the causes of aspirin resistance, we should try to make a prescription at the right dose, tell the patients to assume aspirin constantly.

Rassegna

A.M. Cerbone, N. Macarone-Palmieri, G. Saldalamacchia, G. Di Minno, A.A. Rivellese

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università “Federico II”, Napoli

Corrispondenza: dott.ssa Anna Maria Cerbone,

Dipartimento Medicina Clinica e Sperimentale (Ed. 1), Università “Federico II”, via S. Pansini 5, 80131 Napoli e-mail: ancerbon@unina.it

G It Diabetol Metab 2006;26:78-86 Pervenuto in Redazione il 21-2-2006 Accettato per la pubblicazione il 31-5-2006

Parole chiave: diabete, vasculopatia, acido acetilsalicilico Key words: diabetes, vascular complications, aspirin

Diabete e complicanze vascolari:

dal rischio trombotico alla resistenza

all’aspirina

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Introduzione

È ampiamente noto che il diabete mellito è associato a com- plicanze microvascolari e macrovascolari1, che si manifestano come cardiopatia ischemica precoce, eventi cerebrovascola- ri e grave arteriopatia periferica, oltre che come nefropatia e retinopatia1. Infatti, i pazienti diabetici mostrano un incremen- to del rischio di cardiopatia ischemica, stroke e arteriopatia periferica di 2-4 volte rispetto ai pazienti non diabetici2. Inoltre, i pazienti diabetici, quando vanno incontro a un even- to vascolare maggiore, hanno una prognosi peggiore rispetto ai soggetti non diabetici3.

L’aumentato rischio CV dei pazienti diabetici viene attribuito sia all’aterosclerosi sia alla trombosi4. Infatti, la maggioranza degli eventi ischemici cerebrali e coronarici sono determinati da occlusioni vascolari causate sia dalla rottura delle placche arteriosclerotiche (con rilascio in circolo di materiale ateroma- sico, fibroso e necrotico), sia dall’attivazione piastrinica, con conseguente trombosi intravascolare.

Sono stati proposti vari meccanismi fisiopatologici che pos-

sano chiarire le cause dell’elevata incidenza di eventi CV nei pazienti diabetici.

In particolare, si è indagato il ruolo della disfunzione endote- liale, dello stato proinfiammatorio e della alterata funzionalità piastrinica nel determinismo delle complicanze vascolari del diabete mellito5-13 (Fig. 1).

Noi, in particolare, ci soffermeremo sul ruolo della alterata funzionalità piastrinica.

Alterata funzionalità piastrinica

Poiché le piastrine sembrano rivestire un ruolo importante nella trombosi acuta, l’aumentato rischio CV dei pazienti dia- betici può essere attribuito, almeno in parte, all’aumentata funzionalità piastrinica.

L’ipotesi che le alterazioni piastriniche e il danno endotelia- le possano verificarsi precocemente nei pazienti diabetici è stata già suggerita in alcuni studi su animali, che hanno di- mostrato che l’incremento dell’aggregazione piastrinica in ri-

DIAbete mellIto

Iperglicemia

Eccesso di acidi grassi liberi

Insulino-resistenza

Stress ossidativo Attivazione protein-kinasi C Recettore per prodotti finali

glicazione eNDotelIo

↓ ossido nitrico

↓ endotelina 1

↓ angiotensina II

↓ ossido nitrico

↓ attivazione NF-kB

↓ angiotensina II

↓ ossido nitrico

↓ tissue factor

↓ inibitore attivatore plasminogeno

↓ prostaciclina

Vasocostrizione Ipertensione Crescita cellule muscolari lisce vascolari

Infiammazione Rilascio chemiochine

Rilascio citochine Espressione molecole

adesione cellulare

Trombosi Ipercoagulabilità Attivazione piastrinica

Ridotta fibrinolisi

AteRoGeNeSI

Figura 1 Diabete mellito e aterogenesi

7.

(3)

sposta a vari agonisti si verifica ancor prima dei cambiamenti della parete vasale14,15. Infatti, l’incremento dell’aggregazione piastrinica e della sintesi di TxA2 è stato riscontrato nei ratti resi diabetici con streptozocina, dopo solo alcuni giorni di trattamento15,16.

L’iperaggregabilità piastrinica nei pazienti diabetici era ri- portata già nel 196517; da allora molti studi hanno succes- sivamente dimostrato che la degranulazione piastrinica e la sintesi di trombossano, che induce ulteriore attivazione pia- strinica, sono aumentati nei pazienti diabetici18,19, mentre la vasodilatazione indotta dalle piastrine è ridotta20.

Sebbene esistano numerose evidenze sull’aumentata sensi- bilità piastrinica in vitro in risposta a vari agenti aggreganti nei pazienti diabetici di tipo 221, al momento non è chiaro se tali alterazioni siano intrinseche alle piastrine oppure dipendano da fattori circolanti che influenzano la funzionalità piastrini- ca15,21,22.

Studi recenti indicano che l’alterata funzione piastrinica, carat- teristica dei pazienti diabetici, potrebbe essere correlata a vari meccanismi, tra cui le alterazioni metaboliche, lo stress ossi- dativo e la disfunzione endoteliale presenti in tali pazienti15. Esistono, inoltre, numerose evidenze che le piastrine dei pazienti diabetici sono più larghe e iperreattive, mostrando incremento dell’adesione e dell’aggregazione e aumentata generazione di trombina piastrine-dipendente23,24.

Inoltre, è noto che nei pazienti diabetici le membrane piastri- niche presentano aumentata espressione della GpIb (media- tore del binding del fattore di Willebrand), e della GpIIb-IIIa (mediatore dell’interazione delle piastrine con il fibrinogeno e che rappresenta la via finale dell’attivazione piastrinica, che conduce all’aggregazione piastrinica)13.

L’aumentata espressione delle molecole adesive sulla super- ficie piastrinica suggerisce un’interazione tra le piastrine e i leucociti e un ruolo delle piastrine nel danno vascolare me- diato dai meccanismi infiammatori25-27 (Tab. 1).

Nei pazienti diabetici di tipo 2, inoltre, è stata descritta un’as- sociazione tra controllo glicemico e trombofilia23. Infatti, una

riduzione dell’HbA1c dello 0,5% sembra comportare una si- gnificativa riduzione della tendenza alla trombofilia24,28. In uno studio di Davi et al., è descritto un incremento della biosintesi di TxA2, quale causa di aggregazione piastrinica.

Secondo lo stesso autore, inoltre, uno stretto controllo me- tabolico indurrebbe una significativa riduzione della sintesi di trombossano 229.

Poiché è riportato che un miglioramento del controllo me- tabolico nei pazienti diabetici si associa oltre che a una ri- duzione della perossidazione lipidica anche a una ridotta attivazione piastrinica in vivo (valutata attraverso il dosaggio dei metaboliti urinari del trombossano), è verosimile che l’au- mentata perossidazione lipidica rappresenti un importante le- game biochimico tra il deterioramento del controllo glicemico e la persistente attivazione piastrinica15.

Profilassi antiaggregante nei pazienti diabetici

Da quanto riportato, deriva che lo stato “protrombotico”

presente nel diabete potrebbe derivare, oltre che dalla di- sfunzione endoteliale e da uno stato proinfiammatorio, anche dalla presenza di una incrementata adesione e aggregazione piastrinica24,30.

Di conseguenza, sono state valutate e sono ancora in cor- so di valutazione varie strategie antiaggreganti, allo scopo di ridurre le complicazioni trombotiche dell’aterosclerosi nei pazienti diabetici (Fig. 2).

Lo studio più ampio di profilassi con acido acetilsalicilico nei pazienti diabetici è rappresentato dall’Early Treatment Diabe- tic Retinopathy (ETDRS)15,31. Sebbene lo scopo iniziale fosse quello di esaminare l’impatto della terapia antiaggregante sulla progressione della retinopatia diabetica, tale studio ha anche fornito l’opportunità di valutare gli effetti della terapia a lungo termine sulle complicanze CV del diabete. I risultati del follow-up a 5 anni indicano una riduzione del 28% dell’IMA, oltre che una riduzione significativa del 18% degli eventi va- scolari maggiori.

Un’ampia analisi dell’efficacia dell’aspirina è riportata nell’An- tiplatelet Trialists’ Collaboration30,32. In particolare, un’analisi di sottogruppo su circa 1000 eventi CV maggiori in più di 4500 pazienti diabetici ha rivelato che i benefici della terapia antiaggregante erano simili a quelli ottenuti in pazienti non diabetici30,33.

Tuttavia, dal trial US Physicians’ Health Study si evince che il trattamento con aspirina può essere più utile in pazienti diabe- tici che in soggetti non diabetici ad alto rischio34,35. Tale studio ha dimostrato una riduzione del rischio di IMA del 44% in corso di terapia con aspirina (al dosaggio di 325 mg) vs trattamento con placebo. In tale studio, l’analisi dei sottogruppi nei pazienti diabetici ha rivelato che il trattamento con ASA riduce il rischio di IMA dal 10,1% (aspirina) al 4,0% (placebo)34.

tabella 1 Alterazioni della funzionalità piastrinica e della coagulazione nel diabete mellito 4.

↓ espressione della glicoproteina Ib sulla superficie piastrinica

↓ espressione della glicoproteina IIb/IIIa sulla superficie piastrinica

↓ secrezione di trombossano A2

↓ attivazione piastrinica

↓ trombogenicità del sangue mediata dall’iperglicemia Disfunzione endoteliale:

↓ produzione di ossido nitrico piastrinico

↓ livelli di fibrinogeno

(4)

L’HOT (Hypertension Optimal Treatment) ha esaminato gli effetti di 75 mg/die di aspirina vs placebo in 18.790 pazien- ti ipertesi35. L’aspirina ha ridotto significativamente l’IMA del 36%, con effetti simili nei pazienti diabetici e in quelli non diabetici. Tale studio fornisce ulteriore evidenze per l’efficacia e la sicurezza della terapia con aspirina in pazienti diabetici con pressione sistolica inferiore a 160 mmHg.

Pertanto, sulla base degli studi clinici presenti in letteratu- ra, l’ADA (American Diabetic Association) raccomanda l’uso della terapia con aspirina a basse dosi (81-325 mg/die) in prevenzione primaria in pazienti diabetici ad alto rischio di eventi cardiovascolari24,36,37, anche in assenza di manifesta- zioni cliniche evidenti30,31,38, se sono presenti i seguenti fattori di rischio38,39: familiarità per cardiopatia ischemica, fumo di sigaretta, ipertensione arteriosa, peso corporeo > 120% del peso ideale, micro- o macroalbuminuria, colesterolo totale >

200 mg/dl, LDL Col > 100, HDL Col < 55 nelle donne e < 45 negli uomini, e trigliceridi > 200.

L’American Heart Association27,40 raccomanda, in prevenzio- ne primaria, una dose di 75-160 mg/die.

Una valida alternativa farmacologica da utilizzare in pazienti intolleranti all’aspirina è fornita dalla ticlopidina15.

La ticlopidina e il clopidogrel sono farmaci antiaggreganti tienopiridinici che inibiscono il binding dell’ADP alle piastrine (Fig. 2). Bloccando i recettori per l’ADP, questi agenti pre- vengono l’attivazione della GpIIb-IIIa e, quindi, il binding del fibrinogeno alle piastrine. Il clopidogrel e la ticlopidina inibi- scono, oltre che l’aggregazione piastrinica indotta dall’ADP, l’amplificazione dell’aggregazione indotta da altri agonisti. In letteratura esistono alcuni studi sull’utilizzo degli antiaggre- ganti tienopiridinici anche nei pazienti diabetici.

Il TIMAD (Ticlopidine Microangiopathy of Diabetes), uno studio

randomizzato, doppio cieco, che aveva come obiettivo quello di verificare l’efficacia della ticlopidina (250 mg × 2) nel ridurre la progressione della retinopatia diabetica non proliferativa in 435 pazienti seguiti per 3 anni41, ha dimostrato che la progres- sione della retinopatia era complessivamente meno grave nei pazienti che assumevano ticlopidina rispetto al placebo. Tale studio, inoltre, supporta l’ipotesi che le piastrine sono coinvol- te nella patogenesi della microangiopatia diabetica.

Tuttavia, l’ampio utilizzo clinico della ticlopidina è limitato da- gli effetti collaterali di tipo ematologico. Per tale motivo, negli ultimi anni è stato studiato il clopidogrel, farmaco di nuova ge- nerazione. Nello studio CAPRIE, il clopidogrel, alla dose di 75 mg/die, si è dimostrato essere più efficace dell’aspirina (325 mg/die) nel ridurre l’elevato rischio di eventi ischemici ricorrenti in 19.185 pazienti con recente stroke ischemico, recente IMA o arteriopatia periferica. Circa il 20% di tali pazienti era affetto da diabete6,42,43. Il clopidogrel si è dimostrato più efficace del- l’aspirina nella prevenzione dell’IMA fatale e non fatale44. In uno studio di Bhatt et al.42, sono riportati i risultati nel sottogruppo dei pazienti diabetici dello studio CAPRIE. Gli eventi/anno erano il 15,6% nei 1914 pazienti diabetici ran- domizzati al clopidogrel e il 17,7% nei 1952 pazienti diabetici randomizzati alla terapia con aspirina, con una riduzione del rischio assoluto del 2,1% (p = 0,042).

Quindi, il clopidogrel sembra essere un efficace agente an- tiaggregante per la prevenzione secondaria in pazienti diabe- tici che presentano controindicazioni all’uso dell’aspirina45. Lo studio CURE (Clopidogrel in Unstable Angina to Prevent Re- current Events) ha confermato l’efficacia del farmaco, esami- nando i risultati relativi agli eventi CV ottenuti con l’associazione clopidogrel più aspirina, rispetto all’aspirina da sola, in pazienti con cardiopatia ischemica acuta46. In tale studio, 12.562 pa-

Figura 2 Meccanismi d’azione dei farmaci antiaggreganti

27.

Fosfodiesterasi Collagene Trombina GpII-IIIa TxA2

(recettore fibrinogeno)

ADP

COX TxA2

R ADP

R

↓ cAMP

Attivazione

ADP Clopidogrel

Ticlopidina Dipiridamolo

Aspirina

(5)

zienti con angina instabile o IMA non-Q trattati con aspirina, β- bloccanti e altre terapie convenzionali, erano randomizzati per ricevere o il clopidogrel (330 mg come dose carico e, dopo, 75 mg) o il placebo, in aggiunta all’aspirina, per 12 mesi.

Dopo un follow-up di 9 mesi, i pazienti che seguivano la duplice terapia antiaggregante mostravano una riduzione significativa del 20% di eventi (morte CV, IMA non fatale o stroke) rispetto ai pazienti che ricevevano aspirina più placebo (p < 0,001)46. Un’analisi dei sottogruppi mostrava un consistente risultato in pazienti diabetici. La tendenza che favoriva l’aggiunta di clopi- dogrel era consistente tra tutti i sottogruppi analizzati.

Va tuttavia aggiunto che significativamente più pazienti, nel gruppo trattato con clopidogrel più aspirina, presentavano manifestazioni emorragiche (3,7% vs 2,7%), anche se l’in- cremento non si verificava per le emorragie pericolose per la vita, per cui il beneficio del clopidogrel sembra superare il rischio correlato al suo utilizzo46.

Sulla base dei dati del CURE, l’American College of Cardiolo- gy e l’American Heart Association (ACC/AHA) hanno redatto linee guida che raccomandano l’aggiunta del clopidogrel al- l’aspirina in pazienti con angina instabile e IMA non Q. Inoltre, il clopidogrel dovrebbe essere somministrato per 9 mesi, sia nei pazienti trattati solo con terapia medica, sia nei pazienti sottoposti a interventi coronarici percutanei27,47.

Nella pratica clinica, sono stati studiati altri farmaci antipia- strinici come l’indobufene, il dipiridamolo e la picotamide48,49. In pazienti diabetici con arteriopatia periferica, la picotamide riduce il rischio relativo di eventi vascolari50. Inoltre, in pazienti diabetici di tipo 2, tale farmaco sembra ridurre l’escrezione urinaria di albumina51.

Più recentemente, altri farmaci studiati come gli anticorpi mo- noclonali contro il complesso glicoproteico IIb-IIIa, per esem- pio l’abciximab, sono raccomandati dalle linee guida ACC AHA 2002 in pazienti diabetici sottoposti a stent coronarici51. Sulla base quindi dei dati disponibili in letteratura, l’ADA rac- comanda che pazienti diabetici con storia di eventi cardio- vascolari (IMA, pregresso by-pass vascolare, stroke o TIA, vasculopatia periferica, claudicatio o angina)27,39 dovrebbero essere trattati con aspirina (81-325 mg/die) in prevenzione secondaria27,39,51.

In presenza di allergia o di controindicazioni all’uso del- l’ASA, una valida alternativa è rappresentata dal clopidogrel (75 mg/die)52.

Resistenza all’aspirina

Come già riportato, l’aspirina riduce il rischio di recidive di eventi CV nella maggior parte dei pazienti con vasculopatia e, in individui selezionati, è efficace in prevenzione primaria. Tut- tavia, non risulta protetta la totalità della popolazione a rischio CV, e la spiegazione di ciò è stata attribuita alla presenza di soggetti “non-responder” all’aspirina53,54 (Tab. 2).

Come riportato, basandosi sui risultati dei trial clinici, l’ADA55 raccomanda l’uso di basse dosi di aspirina (75-150 mg/die) come efficace regime antiaggregante in pazienti diabetici ad alto rischio di eventi CV27,32,37 e, al momento, non esistono evidenze che indichino che dosi più elevate di aspirina siano più efficaci nei diabetici rispetto ai pazienti non diabetici30. D’altra parte, alcuni pazienti diabetici, pur trattati con aspiri- na, presentano un’alta percentuale di eventi trombotici32,57,58. Si è ipotizzato che il fallimento dell’aspirina potrebbe essere attribuito alla “resistenza” delle piastrine di tali pazienti al- l’aspirina56-58.

Il suggerimento della ridotta efficacia dell’aspirina nei pazienti diabetici per la prima volta fu posto da Di Minno et al.59, che dimostrò che dosaggi di aspirina sufficienti in soggetti nor- mali erano inefficaci in pazienti affetti da angiopatia diabetica, probabilmente perché tali pazienti, a causa di un elevato tur- nover piastrinico, presentano un’alta percentuale di piastrine

“nuove” giovani in circolo, normalmente reattive (con intatta ciclossigenasi) e quindi insensibili all’azione dell’aspirina.

Un recente lavoro di Watala et al.56 conferma tale concet- to e lo definisce come “aspirino-resistenza”, cioè inibizione incompleta della funzionalità piastrinica da parte dell’aspiri- na nonostante l’impiego di dosi terapeutiche del farmaco, che risultano efficaci in altre condizioni. Gli autori correlano la ridotta risposta all’aspirina a uno scarso compenso glico- metabolico. Ciò è in accordo con report precedenti di un’au- mentata biosintesi di trombossano in pazienti diabetici con scarso controllo glicemico19,29,56.

Inoltre, sembra che l’iperglicemia non sia il solo fattore me- tabolico determinante la “resistenza” all’aspirina, come del resto è indicato dall’associazione tra alterata funzione pia- strinica e concentrazioni di colesterolo totale e frazioni lipo- proteiche60, 61.

tabella 2 Terminologia utilizzata in letteratura per descrivere l’effetto dell’aspirina.

“Responsivo”

all’aspirina Risposta a dosi terapeutiche di aspirina (misurata attraverso i test di attivazione piastrinica)

“Non-responsivo”

all’aspirina Persistente attivazione piastri- nica nonostante l’assunzione di dosi terapeutiche di aspirina Resistenza

“clinica”

all’aspirina

Recidive di eventi ischemici coronarici, cerebrali o periferi- ci, nonostante l’assunzione di dosi terapeutiche di aspirina Resistenza

“biochimica”

all’aspirina

Persistente attivazione pia-

strinica (misurata con test di

funzionalità piastrinica) nono-

stante l’assunzione di dosi te-

rapeutiche di aspirina

(6)

Tali osservazioni sono in accordo non solo con precedenti stu- di nei quali è riportato che la risposta piastrinica all’aspirina era ridotta in pazienti affetti da iperlipidemia60, ma anche con quelli che riportano che l’ipercolesterolemia dei pazienti sembra es- sere correlata con l’aumentata formazione in vivo di F2-isopro- stano 8-epi-PGF2α, il che fornisce un meccanismo insensibile all’aspirina e probabilmente correla la perossidazione lipidica all’amplificazione dell’attivazione piastrinica56,61 (Tab. 3).

Osservazioni recenti indicano che i pazienti diabetici ricevono dall’aspirina una minore protezione cardiovascolare rispetto ai pazienti non diabetici32,57.

Più recentemente un’analisi di sottogruppo del PPP (Primary Prevention Project)57,62 ha dimostrato un’efficacia più bassa nella prevenzione primaria di eventi CV nei pazienti diabetici trattati con aspirina a basse dosi (100 mg/die) rispetto ai sog- getti con altri fattori di rischio CV.

Come possibile spiegazione, sembra possa essere escluso il basso dosaggio di aspirina utilizzato nello studio PPP, in quanto lo studio ETDRS31 mostra risultati simili, pur con do- saggi più elevati di aspirina (650 mg).

Altra possibile spiegazione della resistenza all’aspirina po- trebbe essere la produzione di TxA2 attraverso una via di biosintesi insensibile all’aspirina78,63 e derivante da sorgenti differenti oltre le piastrine, attraverso la Cox2, enzima indu-

cibile espresso principalmente nei monociti-macrofagi sotto stimolo infiammatorio. Infatti, come accennato nei paragrafi iniziali, la disfunzione endoteliale e l’infiammazione potrebbe- ro avere un ruolo importante nell’inizio e nella progressione della vasculopatia diabetica57. Nel diabete, inoltre, sono au- mentati i livelli circolanti di molecole adesive derivanti dall’en- dotelio, che indicherebbero un fenotipo infiammatorio delle cellule endoteliali65,66.

Tale ipotesi è confermata da lavori sperimentali64, nei quali l’esposizione di cellule endoteliali in coltura ad alte concen- trazioni di glucosio induce un’attivazione della Cox2, una de- pressione della NO-sintasi e un’alterazione del bilancio della sintesi di prostanoidi a favore della sintesi di TxA2 rispetto alla PGI264.

Inoltre, alte concentrazioni di glucosio in vitro sembra in- ducano l’espressione di varie citochine proinfiammatorie e β-integrine nei monociti57, aumentando così l’adesione dei monociti e dei neutrofili alle cellule endoteliali57.

La presenza, quindi, di uno stato proinfiammatorio potrebbe essere responsabile dell’aspirino-resistenza.

Un altro possibile meccanismo alla base della resistenza al- l’aspirina nei pazienti diabetici potrebbe essere l’esistenza di polimorfismi del gene che codifica per la Cox1, che potrebbe rendere l’enzima resistente all’effetto dell’aspirina.

Infine, altri fattori di rischio CV, comunemente associati al diabete, potrebbero essere responsabili della “resistenza”

all’aspirina nei pazienti diabetici. È stato di recente sugge- rito, infatti, che l’aspirina67,68 possa essere meno efficace in soggetti con pressione sistolica > 145 mmHg. A conferma di ciò, è stato verificato che nel trial PPP, la maggior parte dei pazienti diabetici presentavano valori pressori > 145 mmHg.

Inoltre, nel Physicians’ Health Study34, l’aspirina sembra ave- re minore efficacia in presenza di elevati livelli di colesterole- mia.

Evidenze sempre più numerose indicano che le statine, i fi- brati e gli ACE-inibitori, oltre ad avere come target i fattori di rischio tradizionali (ipercolesterolemia, ipertensione, insulino- resistenza) agirebbero sui marker circolanti di flogosi e sulla disfunzione endoteliale. Recenti dati sperimentali indicano che, attraverso i loro molteplici meccanismi d’azione, alcuni di tali farmaci possono anche interessare direttamente le vie molecolari dell’infiammazione che sono state implicate nella patogenesi, nella progressione e nelle complicanze sia del- l’aterosclerosi sia del diabete69,70.

Al momento, comunque, nonostante il fallimento della te- rapia in alcuni pazienti, l’aspirina resta il farmaco con il più favorevole rapporto costo/beneficio per la prevenzione de- gli eventi aterotrombotici. Tuttavia, per ottimizzarne l’effica- cia clinica, bisognerebbe approfondire le conoscenze sulle cause del suo fallimento terapeutico in alcuni pazienti, pre- scrivere l’aspirina a dosaggi adeguati, incoraggiare i pazien- ti ad assumere costantemente l’ASA e, infine, verificare se l’associazione dell’ASA con altre strategie terapeutiche (che tabella 3 Possibili meccanismi di “resistenza” al-

l’aspirina54.

Biodisponibilità – non-compliance – sottodosaggio

– scarso assorbimento (aspirina “tamponata”) – interferenze (FANS)

Funzionalità piastrinica

– incompleta soppressione sintesi TxA2 – accelerato turnover piastrinico (diabete!) – espressione della Cox2 nelle piastrine – ↓ sensibilità piastrinica all’ADP e al collageno

Polimorfismi singoli nucleotidi –

recettori: GpIIb-IIIa, recettore collageno, recetto- re Tx ecc.

enzimi: Cox1, Cox2, TxA2-sintetasi ecc.

Interazioni delle piastrine con altre cellule

– cellule endoteliali e monoliti forniscono PGH2 alle piastrine (bypassando Cox1) e di per sé sintetiz- zano TxA2

Altri fattori

– fumo, ipercolesterolemia, stress ecc.

(7)

agiscano sugli altri meccanismi fisiopatologici alla base del- l’aterotrombosi) ne incrementi l’efficacia.

Conclusioni

Sulla base di quanto riportato, si può ipotizzare che:

– uno stato vascolare infiammatorio-trombogenico sareb- be responsabile dell’aumentato rischio vascolare e, forse, dell’inefficacia clinica dell’aspirina nei pazienti diabetici;

– differenti classi di farmaci (per es., statine, ACE-inibitori ecc.), per il loro effetto sullo stress ossidativo e sul me- tabolismo dell’ossido nitrico, sull’infiammazione e sulla coagulazione, potrebbero rappresentare i candidati ideali per migliorare l’efficacia antitrombotica dell’aspirina nei pazienti diabetici;

– certamente, per migliorare l’efficacia clinica dell’aspirina nei pazienti diabetici, è fondamentale uno stretto control- lo glicemico, insieme a un controllo degli altri fattori di rischio CV;

– in alcuni pazienti diabetici (per es., in quelli affetti da va- sculopatia) potrebbero essere efficaci schemi differenti di terapia aspirinica (dosi refratte?) o associazioni di aspirina con altri farmaci antiaggreganti;

– l’efficacia clinica dell’aspirina potrebbe essere migliorata dall’utilizzo di altri farmaci antinfiammatori.

Tali ipotesi devono essere verificate da studi sperimentali (vol- ti a identificare meccanismi responsabili della ridotta efficacia dell’aspirina in alcuni gruppi di pazienti diabetici), ma soprat- tutto da trial clinici controllati, che serviranno a migliorare le nostre conoscenze sull’efficacia delle strategie farmacologi- che per la prevenzione e per la terapia delle complicanze CV nei pazienti diabetici.

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