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Editoriale – Pagg. 1 - 7 29 giugno 2014

LE FRONTIERE DELLO SVILUPPO

L’innovazione ci può salvare

Senza innovazione non si cresce, né come economia, né come società. E siccome produttività e redditi vanno (o dovrebbero andare, in una organizzazione statale che funziona) di pari passo con la sussidiarietà e la giustizia sociale, garantendo a chi è rimasto indietro un presente e un futuro dignitoso, possiamo concludere che innovazione fa rima anche e soprattutto con equità e progresso.

In Sardegna molto se ne è parlato in questi ultimi giorni, anzitutto per merito del salone Sinnova, fortemente voluto dall’amministrazione regionale e da Sardegna ricerche, che ha concesso una meritata vetrina e una importante arena di confronto ai giovani rappresentanti di 128 aziende che della ricerca e dell’innovazione, soprattutto nei settori dell’Ict e dell’agroalimentare, hanno fatto il loro credo.

Queste realtà rappresentano una grossa fetta di futuro per un’Isola che deve mettere da parte il miraggio di scopiazzare la Silicon Valley, puntando sul suo immenso patrimonio di creatività e sulla spiccata – e per certi versi insospettabile – vocazione alla modernità delle sue più giovani generazioni.

L’attuale arretratezza del sistema pubblico e privato, per certi versi, può trasformarsi in una grande opportunità. Può consentire a un modello virtuoso – che metta in rete l’impegno della Regione, di Cagliari città metropolitana, delle università, di enti come Sardegna Ricerche, del sistema delle imprese, del venture capital e degli istituti di credito più illuminati – di entrare in contatto con uno smisurato numero di potenziali clienti, offrendo loro una non più rinviabile possibilità di modernizzarsi.

Si può persino dire di più. Se è importantissimo capire e conoscere le nostre radici – sapere, cioè, da dove veniamo – occorre però uscire in fretta dall’inganno che Su connottu è quello che ci può salvare. L’esperienza è importante, quando però serve a evitare nuove e vecchie trappole. Se invece viene utilizzata (magari con lo spauracchio dell’inafferrabilità delle certezze, quando si tratta di nuove scommesse) per immobilizzare il sistema può rivelarsi mortifera. E ci porta all’attuale situazione di stagnazione economica, sociale e di valori.

Cosa fare per migliorare, favorendo la cultura – non solo imprenditoriale – dell’innovazione? Anzitutto occorre una rivoluzione culturale, di testa, che parta dai banchi della scuola. Magari evitando, come si è fatto in un recente passato e per motivi

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probabilmente molto meno che nobili, di depotenziare progetti di altissimo profilo come quello della Scuola Digitale, snaturandoli o privandoli di alcuni importanti passaggi legati alla formazione del personale docente, alla dotazione delle infrastrutture immateriali e alla realizzazione dei contenuti. Magari avviando un gigantesco piano di alfabetizzazione digitale (a oggi esiste ancora una vasta fetta d’Italia – il 34% della popolazione, secondo recenti statistiche – che non ha mai effettuato una connessione a internet), che arriverebbe comunque in ritardo di dieci anni. Ed evitando, a partire dal governo centrale, di sabotare (con l’introduzione di sempre nuovi balzelli e astruse norme di legge) tutto ciò che è prodotto della ricerca scientifica e della modernità.

E, ancora. Alle aziende digitali e innovative non servono contributi a pioggia ma concrete azioni di miglioramento di quello che questa nuova generazione di imprenditori chiama

“ecosistema”: più facilità di accesso al credito, meno burocrazia, più certezze normative, meno “tutto e subito” e più visione di sistema.

Non scordiamoci che in Sardegna non partiamo dall’anno zero, visto che da almeno vent’anni l’amministrazione regionale non ha lesinato sui fondi per la ricerca scientifica e tecnologica.

Qua esiste una realtà come Tiscali. E c’è, giova ricordarlo, il gruppo Unione Sarda, che all’inizio degli anni ‘90 si mise alla testa dei sognatori che credevano alla rivoluzione di internet e che oggi totalmente rinnovato dall’attuale proprietà e modernizzato nel management continua con pervicacia a battere ogni possibile nuova strada legata all’informazione digitale, alla produzione di contenuti e alla sinergia tra i vari mezzi di comunicazione, tradizionali e altamente innovativi.

Questo tessuto deve crescere fino a diventare una rete di imprese capace di entrare in connessione, da Teulada a La Maddalena, passando per Magomadas e Budoni. Ognuno dei capi dell’Isola può e deve diventare protagonista nella sfida per la modernità. Perché se non cambiamo – subito e ora – forse non ci sarà un domani.

Anthony Muroni

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