• Non ci sono risultati.

LA VALUTAZIONE DEL DANNO BIOLOGICO DI NATURA PSICHICA: UN APPROCCIO PSICODINAMICO

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "LA VALUTAZIONE DEL DANNO BIOLOGICO DI NATURA PSICHICA: UN APPROCCIO PSICODINAMICO"

Copied!
17
0
0

Testo completo

(1)

TAGETE 4 - 2014 Year XX

ISSN 2035 – 1046

620

LA VALUTAZIONE DEL DANNO BIOLOGICO DI NATURA PSICHICA:

UN APPROCCIO PSICODINAMICO

V.A. Cappelli 1 - M. Ricci Messori 2 - A. Tagliabracci 3

ABSTRACT

Il presente lavoro nasce come tesi di specializzazione, esito di un’esperienza formativa (quella in medicina legale) e di un interesse personale (quello per la psichiatria ad indirizzo psicodinamico e, più strettamente, per la psicoanalisi) che si sono fusi concretizzandosi in questa proposta. L’argomento che qui si affronta, non senza il timore riverenziale che incutono i territori di confine, è quello della valutazione del nesso causale tra evento traumatico e danno biologico di natura psichica, in una chiave di lettura che vada oltre il mero utilizzo delle definizioni manualistiche e della testistica psicometrica e che contempli concetti teorici prelevati non solo dalla psichiatria psicodinamica ma anche dalla psicoanalisi stessa. Il lavoro si sofferma inizialmente su quello che è l’attuale inquadramento giuridico e medico- legale del danno biologico di natura psichica, prosegue attraversando alcune delle più importanti teorizzazioni psichiatriche e psicoanalitiche relative al rapporto tra evento traumatico e sviluppo di patologia psichica, con uno sguardo particolare al concetto di

1 V.A. Cappelli- Medico legale, Scuola di specializzazione in Medicina Legale, Università Politecnica delle Marche

2M. Ricci Messori - Medico psichiatra, professore a contratto di Psicopatologia Forense, Università Politecnica delle Marche

3A. Tagliabracci - Medico legale, Professore Ordinario di Medicina Legale e Genetica Forense, Direttore della Scuola di Specializzazione in Medicina Legale, Università Politecnica delle Marche

(2)

TAGETE 4 - 2014 Year XX

ISSN 2035 – 1046

621

strutturazione soggettiva e di capacità di simbolizzazione. Spostando il punto di vista sulla questione qua trattata, emerge come il legame causale tra evento e malattia sia spesso già inscritto nella soggettività del nostro paziente e come sia testimonianza di ciò il particolare racconto che egli ne fa. E se il racconto è un punto di partenza nella valutazione del nesso causale, è importante impostare l’ascolto in modo tale da riconoscere, in questo testo orale, il valore simbolico che il paziente attribuisce all’evento traumatico. Qualora poi vi fosse il dubbio che la soggettività del medico possa alterare tale ascolto, questi vanno assolutamente confermati: il valutatore per la sua stessa natura umana è portato spesso ad applicare ragionamenti induttivi che a volte sconfinano nel campo dell’euristica. Questa problematica, tuttavia, se riconosciuta dal medico stesso, può in qualche modo essere parzialmente controllata.

Inoltre, seppure la metodologia di valutazione del paziente deve basarsi principalmente sul colloquio e sull’ascolto improntato alla teoria psicoanalitica, può essere utile a volte ricorrere alla testistica, principalmente non con lo scopo di tracciare un identikit personologico del soggetto bensì con quello di identificare la tendenza alla simulazione del soggetto. Infine va ricordato che il medico legale o psichiatra forense, investiti dal giudice dell’arduo compito di rispondere al quesito sul rapporto tra evento e malattia, assurgono al ruolo di elementi ordinatori spesso rispetto ad una vicenda che nulla possiede dell’ordine e della verità; l’insorgere della patologia psichica, infatti, facilmente getta nello scompiglio più assoluto l’entourage del paziente e più in generale la società: dopotutto i vecchi manicomi non sono forse l’espressione più evidente dell’atavico timore dell’uomo verso la follia?

LA PATOLOGIA PSICHICA ED IL SUO RISARCIMENTO IN SEDE CIVILE

Le Sentenze di San Martino hanno posto l’indicazione alla risarcibilità del danno morale degenerato in quadro psichico al di sotto della sfera del danno biologico4. Il

4“… Definitivamente accantonata la figura del cd. danno morale soggettivo, la sofferenza morale, senza ulteriori connotazioni in termini di durata, integra pregiudizio non patrimoniale. Deve tuttavia trattarsi di sofferenza oggettiva in sé considerata, non come componente di più complesso pregiudizio non patrimoniale. Ricorre il primo

(3)

TAGETE 4 - 2014 Year XX

ISSN 2035 – 1046

622

messaggio più importante di cui si fanno portatrici è il seguente: “È compito del giudice accertare l'effettiva consistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dal nome attribuitogli, individuando quali ripercussioni negative sul valore-uomo si siano verificate e provvedendo alla loro integrale riparazione”5.In sostanza, con queste sentenze, il danno biologico di natura psichica, per compiersi, necessita che il patema d’animo legato ad un certo evento colposo sconfini in un quadro clinico patologico.

Riconducendo inoltre il concetto di danno psichico a quello più generale di danno biologico, si sottolinea anche in questo campo l’importanza dello stato anteriore del soggetto, tenendo conto che per danno biologico “…non deve intendersi la semplice lesione all’integrità psico-fisica in sé e per sé, ma piuttosto la conseguenza del pregiudizio stesso sul modo di essere della persona…”6. Il danno psichico risente in maniera esorbitante dello stato anteriore del soggetto: la sua causazione in termini medico-legali difficilmente presenta un aspetto lineare del tipo: evento → trauma → danno ma al contrario segue quella che viene definita “causalità circolare”7. Diverse proposte si sono alternate nel corso degli ultimi anni, al fine di creare una metodologia valutativa oggettiva e condivisa in un settore ove, agli occhi dei profani, vige la più totale soggettività. Buzzi e Vanini, nella loro guida alla valutazione del danno psichico, elaborano un metodo8 che sembra rispondere contemporaneamente alle esigenze di determinazione del nesso causale e di quantificazione del danno psichico. Essi riutilizzano, modificandola, una scala dei “life events” elaborata da Rahe e Holmes nel

caso ove sia allegato il turbamento dell'animo, il dolore intimo sofferti, ad esempio, dalla persona diffamata o lesa nella identità personale, senza lamentare degenerazioni patologiche della sofferenza. Ove siano dedotte siffatte conseguenze, si rientra nell'area del danno biologico, del quale ogni sofferenza, fisica o psichica, per sua natura intrinseca costituisce componente …” tratto da Cassazione SSUU 26972 del 11.11.2008;

5Cfr. Cassazione SSUU 26972 del 11.11.2008;

6Ibidem, pag. 11

7Cfr. F. Buzzi, M. Vanini “Guida alla valutazione psichiatrica e medicolegale del danno biologico di natura psichica” Giuffrè Editore, 2006, Milano, pag. 16;

8Ibidem, pag. 60-63;

(4)

TAGETE 4 - 2014 Year XX

ISSN 2035 – 1046

623

19679, aggiungendo ex novo alcuni eventi di maggiore interesse in ambito peritale e giungendo alla costruzione di otto classi di rilevanza dell’evento, ad ognuna delle quali corrisponde un certo range di coefficienti di rilevanza dell’evento. Il coefficiente di rilevanza (compreso tra 0,10 e 1) rappresenta la minore o maggiore incisività di un evento della vita con aspetti stressanti o traumatici. Il coefficiente va moltiplicato, secondo il metodo qui presentato, con la percentuale di danno biologico stimato nel paziente in esame, al fine di ricavarne un danno “normalizzato” per la rilevanza dell’evento di vita. Il metodo, in definitiva, aggira in maniera elegante ed efficace il problema del nesso causale, dissolvendolo nella quantizzazione stessa del danno.

Tuttavia ci possiamo proporre di andare oltre e di pensare che il coefficiente di rilevanza dell’evento cambi da soggetto a soggetto: in questo punto si coagula la problematica relativa alla valutazione del nesso causale. Noi medici legali riconosciamo la presenza di danni biologici psichici in casi ove l’evento traumatico non assume l’aspetto di una calamità naturale o di una lunga prigionia: il Disturbo dell’Adattamento è un esempio di ciò ed infatti la sua comparsa è favorita dall’attribuzione da parte del soggetto di un elevato valore personale ad un evento stressante, seppure possono concomitare altre situazioni stressanti come un basso supporto socio familiare o la percezione di minaccia10. Ciò sta a significare che nella valutazione del danno biologico psichico viene fatto salvo quello di idoneità lesiva dell’evento, ma essa va correlata alla persona che sottoponiamo ad accertamento medico legale, ovvero l’evento deve essere idoneo in quel determinato soggetto a produrre lo scompenso psichico.

Prendiamo in esame la definizione del Disturbo Post-Traumatico da Stress (DPTS) che

9T.H. Holmes, R.H. Rahe “The social readjustement rating scale” Journal of Psychosomatic Research, Vol. 11, pp.

213 - 218, Pergamon Press, 1967;

10Cassano G.B. et al. “Trattato di psichiatria” Masson, Milano, 1992, pag. 1943-1966;

(5)

TAGETE 4 - 2014 Year XX

ISSN 2035 – 1046

624

riporta il DSM IV-TR: si definisce evento traumatico idoneo “… eventi che hanno implicato morte o minaccia di morte o gravi lesioni o una minaccia all’integrità fisica propria o di altri …” (Criterio A1). Tale definizione appare diversa rispetto a quella del DSM III in cui si richiedeva che l’evento fosse collocato al di fuori dell’esperienza umana abituale. Da questa modulazione delle caratteristiche dell’evento emerge, in contrapposizione, l’importanza maggiore che si concede alla risposta soggettiva (Criterio A2) che dovrà essere di paura intensa, orrore e sentimenti di inermità. Questo cambiamento che emerge dalle progressive versioni del DSM rende conto del fatto che l’evento acquista il significato traumatico ( e quindi l’idoneità lesiva) non solo per sua stessa gravità ma anche per il rilievo che assume nell’esperienza soggettiva del traumatizzato. In altre parole, se il trauma tocca determinate “corde” del soggetto, produrrà la risposta di cui sopra, che ne rappresenta l’epifenomeno.

PERCHE’ LA PSICOANALISI AIUTA LA VALUTAZIONE FORENSE DEL DISAGIO PSICHICO

Ma qual è esattamente la clinica che il medico legale che si occupa di danno psichico o lo psichiatra forense si trovano ad affrontare nel suo lavoro? Quali entità nosologiche si trovano a diagnosticare? O meglio, è più corretto iniziare domandandoci: in quali schemi categoriali sovradeterminati si trovano ad inserire (spesso a forza) i vari e variegati quadri psicopatologici che incontrano nel loro percorso? Vi è, in questa considerazione, una nota critica, se non addirittura polemica, che deriva dalla empiricità di tali quadri e dalla necessità dell’inquadramento diagnostico in schemi rigidi. Va specificato che la variabilità clinica presente in questo campo viene mal riassorbita nelle diagnosi per categoria tanto care alla moderna psichiatria e psicologia. In primo luogo, approcciando il problema dal punto di vista psicodinamico, è possibile distribuire questi disturbi lungo un asse che ha ai suoi vertici rispettivamente i disturbi della sfera nevrotica e quelli della sfera psicotica. Più specificamente, i disturbi correlati sintomatologicamente con l’ansia, come il disturbo

(6)

TAGETE 4 - 2014 Year XX

ISSN 2035 – 1046

625

d’ansia libera o generalizzata ed il disturbo da attacchi di panico appartengono più spesso alla sfera nevrotica, mentre i disturbi che insorgono con deliri schizofrenici e paranoidei, nonché allucinazioni, appartengono alla sfera psicotica; stessa cosa dicasi per i disturbi maniaco-depressivi e per gli episodi maniacali in genere. Per quanto riguarda il disturbo depressivo, esso può afferire alla sfera nevrotica o psicotica, a seconda che il disturbo sia reattivo e caratterizzato da una certa risposta alla terapia o che invece vi sia una completa perdita acritica di interesse per la vita, magari con vissuti melanconici, ideazione suicidaria e deliri di colpa che investono il paziente ed i famigliari. Questa collocazione serve a comprendere che spesso il disturbo nasconde una base strutturale della personalità del soggetto. La differenziazione delle realtà strutturali coperte dal fenomeno serve a comprendere la capacità di base dell’individuo di rapportarsi all’ambiente circostante, in termini di eventi più o meno prevedibili e di reagire ad essi. Soggetti con strutture di personalità psicotiche o borderline avranno maggiori difficoltà ad integrare un evento traumatico nella loro realtà e più facilmente potranno andare incontro a manifestazioni patologiche di ordine psichiatrico.

Altro motivo che ci induce ad approfondire questo aspetto relativo ai quadri psicopatologici attiene alla valutazione strettamente quantitativa del danno biologico psichico. Per la precisione i disturbi caratterizzati da perdita di contatto con la realtà (la cui sintomatologia, quindi, comprende deliri, allucinazioni e passaggi all’atto) hanno percentuali di invalidità molto superiori. Questo è comprensibile sapendo che è stato attribuito un particolare punteggio alla “alterazione dell’esame di realtà”, a cui spetta una quantificazione del danno biologico pari o superiore al 45%. Il ragionamento in termini psicodinamici e, anzi, psicoanalitici, sembra aiutare la valutazione del paziente anche nel suo stato premorboso e può, in qualche modo, fornire una lontana idea della prognosi.

Nel seguente schema i diversi disturbi sono stati posti lungo una retta che rappresenta il continuum tra nevrosi e psicosi. L’area verde è un’area di minor definizione che

(7)

TAGETE 4 - 2014 Year XX

ISSN 2035 – 1046

626

rappresenta soggetti ad organizzazione borderline. La teoria psicoanalitica classica non distingue questa particolare forma di organizzazione strutturale, considerandola una maschera fenomenologica che sottende, per lo più, la struttura psicotica. Invece la psichiatria psicodinamica le riconosce una dignità ontologica e questo fa sì che si possa verificare una buona sovrapposizione, in termini di causalità circolare tra organizzazione borderline di personalità e determinati disturbi oggetto di valutazione medico-legale, in particolare il DTPS. Bisogna infatti ricordare che il DPTS non si sviluppa necessariamente come risposta alla gravità dell’evento oggettivamente riconosciuta bensì si basa sulla personale percezione di tale gravità. Inoltre soggetti con organizzazione borderline di personalità presentano storie famigliari particolari, cariche di eventi a valenza traumatizzante, che determinano da un lato la strutturazione patologica del soggetto e dall’altro favoriscono determinate condotte (impulsività, aggressività con passaggi all’atto, tossicodipendenze e condotte di abuso in generale) che più facilmente mettono il soggetto a rischio di incorrere in ulteriori eventi traumatici. Ecco che il concetto strettamente psicoanalitico di ripetizione del trauma trova una sorta di substrato neurobiologico nel fenomeno del kindling neuronale. Esso rappresenta una sensibilizzazione biologica al trauma, che rende il soggetto maggiormente responsivo agli eventi spiacevoli in generale (non solo quelli che ricordano i traumi passati).

(8)

TAGETE 4 - 2014 Year XX

ISSN 2035 – 1046

627

IL MONDO PSICHICO COME EFFETTO DI SIMBOLIZZAZIONE, AFFETTIVITA’

E CREATIVITA’

Avvicinarsi alla teoria psicoanalitica del trauma, quindi, rende la visione d’insieme del paziente diversa, proprio perché a cambiare è il punto di vista sulla problematica offerta ai nostri occhi.

A questo proposito occorre rispolverare, per meglio comprendere l’utilità dell’inquadramento psicodinamico del paziente, alcuni concetti della psicoanalisi freudiana. Il punto fondamentale dell’insegnamento del padre della psicoanalisi si appoggia quindi su due cardini clinici. Il primo riguarda il ricordo traumatico rimosso, che riemerge in corso di analisi e che spesso contiene vissuti di violenza e seduzione secondo la modalità di percezione stessa dell’evento da parte del soggetto. La seconda verità clinica che ci svela Freud con il suo lavoro attiene all’organizzazione

(9)

TAGETE 4 - 2014 Year XX

ISSN 2035 – 1046

628

dell’inconscio, che non è caos di rappresentazioni psichiche ma segue un filo simbolico in cui gli eventi sono legati a determinati significanti e, di rimando, per un meccanismo di libere associazioni, ad altri significanti ancora, come in una catena. Questo ci porta a parlare del concetto di nachtraglichkeit, che Freud elaborò per spiegare la nascita del sintomo. Questa espressione deriva dall’aggettivo nachtraglich, che vuol dire “a posteriori” ed esprime la capacità di un evento successivo di significare come traumatico un evento precedente. Volendo spiegare ciò in altri termini, l’evento è traumatico perché vi sono fatti successivi che lo rendono tale. Questa teoria evidenzia come lo sviluppo sintomatico sia legato a due caratteristiche: in primo luogo alla percezione soggettiva degli eventi della vita e poi al particolare connubio di esperienze reali che vive un soggetto. Il primo punto spiega come la definizione che si dà di

“traumatico” sia estremamente soggettiva e variabile, fatto ben evidente nella clinica, in particolare nell’ambito medico-legale. Il secondo punto rende conto del fattore di idoneità lesiva dell’evento: in altre parole, indipendentemente dal percipiens, un certo percorso di vita può influenzare il soggetto in maniera decisiva.

L’evento traumatico considerato causale, quindi, secondo un movimento logico e non cronologico, ha materializzato il fantasma del primo trauma, spesso sconosciuto allo stesso paziente: si tratta di nachtraglichkeit, in altre parole l’evento è responsabile oggettivamente della risposta soggettiva del paziente. La teoria della causalità circolare cara alla medicina legale evidenzia in maniera lampante ciò che Freud ed i suoi contemporanei intuivano dalla pratica analitica. Mi preme qui di parlare di altre teorie circa la capacità individuale di affrontare gli eventi. Un’altra famosa psicoanalista, Melanie Klein, ha analizzato a fondo le fasi di sviluppo dei bambini individuando tra i 4-5 ai 12 mesi (in particolare tra 6 e 9 mesi) una fase in cui vi è centralità dei concetti di “integrazione”, “lavoro del lutto” e “riparazione”, in cui si passa da un mondo oggettuale totalmente fantasmatico (popolato da oggetti completamente buoni o cattivi) ad una conciliazione delle percezioni interiori con gli attributi reali dell’oggetto. La capacità di elaborare il lutto dell’oggetto buono in questa

(10)

TAGETE 4 - 2014 Year XX

ISSN 2035 – 1046

629

fase depressiva infantile permette al bambino di creare una sua propria modalità, anche creativa, di affrontare gli eventi e di dar loro una risposta personale, riuscendo a trovare risorse interne che gli impediscono di sviluppare gravi sintomi psichici e di instaurare una modalità di reazione sicuramente nevrotica, ma comunque sana, ai traumi più o meno eccezionali in cui incorrerà nella vita. Lo psicoanalista John Bowlby, in contrapposizione alla teoria freudiana delle pulsioni ed alla teoria kleiniana e lacaniana sulla patogenicità psichica della figura della “madre divorante”, elaborò una teoria basata sull’importanza del legame affettivo nella prima infanzia. Quanto più tale legame si configura come sicuro, stabile e forte, tanto più il bambino cresce sicuro di sé e delle sue capacità, nonché in grado di sopportare maggiormente le frustrazioni oggettuali, avendo introiettato un modello affettivo positivo. Si tratta di una visione ulteriore del modello del trauma, ove l’alterazione psichica in età adulta consegue, spesso, ad un modello di legame affettivo sbagliato. La buona base affettiva rende la percezione di sé stabile per cui anche gli eventi peggiori hanno minore capacità di destabilizzare il soggetto. La lezione della Klein e quella di Bowlby trovano una sorta di compenetrazione nella concezione di “madre sufficientemente buona” sviluppata da Winnicott, psicoanalista britannico. Egli sosteneva che la madre adeguata è quella che riesce, in un abile equilibrio, a sostenere affettivamente e con le cure materiali il bambino, senza però sopraffarlo ed anzi, creandogli intorno quel minimo di spazio vuoto che servirà a farlo emergere come soggetto. Quindi la teoria dice che la costruzione della trama percettiva del soggetto si basa su una sua capacità di simbolizzazione, la quale si sviluppa fin dalla più tenera età. Secondo la psicodinamica i soggetti si possono collocare in una sfera più nevrotica (isterica o fobico-ossessiva) o psicotica, a seconda che tale capacità di simbolizzazione sia più o meno sviluppata. La teoria strutturalista di Jacques Lacan, ortodossia dell’insegnamento freudiano, è abbastanza decisa nel definire una rottura netta tra costruzioni di personalità nevrotiche e psicotiche, tuttavia, pare chiaro che la capacità di simbolizzazione è legata a doppio filo alla significazione degli eventi reali. Da questo punto di vista, emerge che le strutture premorbose psicotiche possiedono minori strumenti di elaborazione del

(11)

TAGETE 4 - 2014 Year XX

ISSN 2035 – 1046

630

trauma e di conseguenza sarebbero maggiormente disposte a sviluppare, rispetto ad un soggetto nevrotico, una sintomatologia di tipo psichico anche a seguito di eventi considerati, nel senso comune, meno rilevanti. Tale sintomatologia psichica può non essere rappresentata dal classico delirio allucinatorio, bensì fermarsi ad idee fisse e persistenti (la cui certezza in effetti è l’aspetto maggiormente delirante) con vissuti particolari di irrealtà (dissociazione) e affettività coartata, vissuti depressivi e melanconici, tanto bene descritti nei criteri di Bonn dalla scuola fenomenologica e definita come stato di pre-psicosi.

E’ POSSIBILE UNA VALUTAZIONE PSICOANALITICA DEL DISAGIO PSICHICO IN SEDE MEDICO-LEGALE?

Sempre Jacques Lacan, nel Seminario - Libro XXIII “Le Sinthome”11, riconosceva l’estrema particolarità del disagio psichico e come l’esistenza di compensazioni potesse ridurre il disagio legato ad essa. Questa teoria riflette la verità clinica della variabilità delle supplenze che i soggetti, nevrotici o psicotici, adottano nella vita reale.

Per cui egli, con la teoria dei nodi borromei, arriverà a dire che ogni soggetto è annodato in una modalità particolare ed unica, che gli permette di tenere insieme i diversi registri del reale, simbolico ed immaginario in modo più o meno efficace. Ma come può tutto ciò servire alla valutazione forense del paziente che lamenta una patologia psichiatrica? Nella pratica di valutazione medico-legale del paziente va innanzitutto chiarita la necessità di un numero multiplo di colloqui, da tre a cinque. Gli scopi di questi incontri ripetuti sono i seguenti:

1 - eseguire un’anamnesi fisiologica e patologica del paziente accurata, che non trascuri nessun periodo della sua vita. In particolare è utile domandare l’eventuale presenza, nella sua infanzia, di eventi traumatici più o meno significativi. Sarà altrettanto importante stabilire come egli si pone rispetto a tappe fondamentali della vita umana, come l’istruzione, il servizio militare, il diploma o la laurea, il lavoro, la

11J. Lacan, cur. Di Ciaccia A. “Il Seminario. Libro XXIII. Il Sinthomo. Testo stabilito da Jacques-Alain Miller” 2006, Astrolabio Ubaldini;

(12)

TAGETE 4 - 2014 Year XX

ISSN 2035 – 1046

631

maternità o la paternità. Il valore che questi eventi assumono per il soggetto, in termini simbolici ed affettivi, può essere alla base di eventuali disturbi psichici. In particolare il lutto impossibile del genitore che perde un figlio e sviluppa un disturbo depressivo è chiaro esempio di ciò. L’impossibilità di portare avanti un lavoro di elaborazione simbolica dell’evento traumatico può dipendere dal particolare valore (profondamente narcisistico) che si attribuisce all’oggetto. Meglio ancora, con il colloquio clinico si può definire se l’oggetto che è andato perduto nell’evento traumatico agiva da fattore di supplenza ad una eventuale alterazione del pensiero di base.

2 - rintracciare le coordinate edipiche del soggetto, al fine di comprendere se egli strutturalmente afferisce in maggior misura al campo nevrotico o psicotico. In questo caso non si tratta solo di avere un racconto soggettivo del romanzo famigliare bensì di verificare il rapporto del soggetto con l’autorità paterna in generale (intesa in senso lato come grande Altro delle istituzioni, della società, del linguaggio e della cultura). Il rapporto del soggetto con l’Altro, elaborazione simbolica del suo Edipo, dice molto sia sulla sua strutturazione che sulla sua personalità pre-morbosa. A questo proposito vanno indagati anche possibili tendenze agli agiti, oppure alla visione dissociata dal punto di vista affettivo degli eventi, in quanto questi sono elementi prognostici negativi per il paziente che danno un’idea anche della realtà della sintomatologia che lamenta.

3 - grande attenzione deve essere posta alle parole del paziente, alla sua descrizione dell’evento traumatico, alla terminologia che egli utilizza così come al vissuto affettivo che esprime in relazione a tutto ciò. E’ fondamentale, quindi, passare dal ruolo di occhio valutatore a quello di investigatore, alla stregua di quanto fa lo psicoanalista in seduta, facendo parlare il paziente affinché emergano, possibilmente, le sue associazioni libere, che informano sui processi mentali del paziente. La modalità di espressione dei concetti può far emergere dei significanti-chiave intorno a cui si organizza il pensiero inconscio del soggetto e che potrebbe spiegare il particolare valore affettivo che attribuisce al fatto (qualora esso non abbia particolare valenza

(13)

TAGETE 4 - 2014 Year XX

ISSN 2035 – 1046

632

traumatica oggettiva). Al medesimo modo il discorso del paziente con alta probabilità tenderà ad organizzarsi intorno ad elementi ricorrenti su cui si deve focalizzare l’ascolto e che rappresentano significanti fondamentali anche relativamente alle sue vicende traumatiche passate. La numerosità del colloqui che si svolgono ha il pregio di permettere una adeguata valutazione del paziente dal punto di vista metodologico. I primi due colloqui servono a definire l’anamnesi fisiologica e patologica del paziente e sono maggiormente interattivi in linea teorica. I successivi colloqui, che possono oscillare numericamente tra uno e tre, servono ad approfondire la conoscenza del paziente, al fine di individuarne i tratti salienti di personalità e si avvalgono principalmente dell’ascolto delle sue parole.

LA TESTISTICA: QUALE RUOLO IN UNA VALUTAZIONE PSICODINAMICA?

L’utilità dei test è contestata soprattutto nel campo forense, ove si ritiene spesso che il test difficilmente ha il valore di prova nel definire la situazione mentale specifica di un soggetto in un dato momento passato. Va ricordato che, nonostante l’ampio utilizzo che la psicologia forense fa dei test, essi sono nati prevalentemente in un ambito clinico e quindi il loro valore forense dipende dall’applicazione che se ne fa.

L’esecuzione dei test di personalità MMPI sul paziente sottoposto a valutazione forense per danno biologico psichico può essere d’aiuto in vari modi: in primo luogo le scale di valutazione dei test permettono di raffrontare la coerenza del riferito dal paziente con le risposte che vengono fornite nei test. Il test, più che un mezzo di definizione della personalità del paziente, diviene strumento di valutazione della sua coerenza nella narrazione dei vissuti affettivi. In questo senso esso, più che modificare quanto emerge dai colloqui, va a conferire validità alla parola del periziando. In questo senso esso può rappresentare un metodo utile alla valutazione della capacità di simulazione del paziente.

In sintesi la testistica MMPI e Rorschach hanno lo scopo di individuare la credibilità del soggetto nelle sue manifestazioni cliniche, ovvero si tratta di due strade (una di tipo

(14)

TAGETE 4 - 2014 Year XX

ISSN 2035 – 1046

633

psicometrico e l’altra di tipo proiettivo) di individuare la predisposizione del paziente al malingering, ovvero a quella tendenza all’esagerazione dei sintomi che inficia di base l’accertamento medico-legale12. A questo proposito vorrei soffermarmi sull’approccio del medico al paziente che ritiene simulatore. Ricordiamo che spesso è lui stesso, con la sua intervista, a suggerire al paziente i sintomi di cui soffre, quindi un primo comportamento adeguato consiste nell’evitare di suggerire al paziente il sintomo stesso e anzi lasciarlo parlare del suo malessere il più possibile: la simulazione, spesso, non è pronta a sostenere un discorso così argomentato.

L’INDAGINE PSICOANALITICA COME INVESTIGAZIONE FORENSE

Cosa hanno in comune il racconto che il paziente fa di sé con la metodologia della consulenza tecnica? A questa domanda si può rispondere ricordando che il racconto del periziando, così come spiegato sopra, rappresenta la maniera che ha lo stesso di rimettere in ordine i fatti della sua vita dando un senso all’accaduto. Al contempo anche la consulenza tecnica, al di là dei suoi scopi prettamente medico-legali e giuridici, rappresenta un modo, per il suo scrittore, di reinterpretare e rielaborare un determinato fatto. Quanto più i fatti che vanno a costituire l’evento dannoso appaiono scabrosi, tragici fino al paradossale, maggiore sarà lo sforzo che il consulente dovrà fare per mettere in ordine questo “non-senso” in un dispositivo come la consulenza tecnica, che si propone di dare un “senso” all’evento. La dimensione del reale, legata all’evento materiale ed ai suoi fatti nudi e crudi, viene plasmata al fine di essere adattata alla dimensione simbolica della consulenza. In questo senso l’indagine medico-legale può assumere l’aspetto di un plot narrativo13 al pari di un romanzo. Se

12Magliona B., Bianchi A. e Volterra V. “Sulla materia del danno psichico” Osservatorio Medico-Legale in

“Responsabilità civile e previdenza” n.11, 2009, Giuffrè Editore, pagg. 2393-2406;

13Questo tema è estremamente interessante al fine di comprendere la metodologia della consulenza tecnica e viene sviluppato in maniera magistrale nel capitolo Come i periti mettono in trama (pagg. 71-105) del libro “Il delitto non sa scrivere – La perizia psichiatrica tra realtà e fiction” (A. Verde, F. Angelini, S. Boverini e M.

Majorana; DeriveApprodi, 2008, Roma);

(15)

TAGETE 4 - 2014 Year XX

ISSN 2035 – 1046

634

poi il romanzo che si narra è un poliziesco, come spesso accade, questo fa rassomigliare l’indagine medico-legale all’indagine psicoanalitica, in cui si tende a valutare la ricaduta sull’analizzante di fatti pregressi ormai coperti da una spessa coltre di polvere accumulatasi nel corso degli anni. Alla luce ciò è evidente come essa non possa accollarsi il ruolo di rappresentazione di verità, seppure redatta nell’oggettività assoluta, perché comunque frutto di una elaborazione soggettiva: il racconto che si dipana tra le righe della consulenza dice qualcosa del consulente- scrittore, ci informa circa la sua necessità di porre rimedio al reale degli eventi tramite un racconto il più possibile formale dei fatti, oppure del suo coinvolgimento emotivo per lo stile poliziesco della narrazione. A volte il ricorso eccessivo a classificazioni e definizioni fino all’esibizione di sapere scientifico altamente specialistico e ridondante (il sapere costituito universitario) ci dicono che cerca riparo dagli eventi imperscrutabili di cui parla, in altre relazioni si evidenzia l’utilizzo dell’autorità scientifica oltre la necessità insita negli scopi della consulenza, quasi a voler imprigionare il nucleo di ignoto racchiuso in ogni caso.

Dice Verde “… la perizia concreta, che si cala nel Reale e si affaccia sul perturbante, è destinata a scontrarsi: … gli schemi saltano, e ciascun perito fa fronte come può allo smarrimento che ne consegue, appellandosi al proprio sapere tecnico, perfezionando un proprio stile ed elaborando un plot personale più o meno autonomo e difforme dal modello.”14. In altre parole la consulenza non è mai oggettiva e anzi il consulente ha emesso un verdetto, in cuor suo, prima ancora di scriverla. Si dirà di più: la sua relazione, al pari di una creazione letteraria, costituisce la possibilità di dare un senso personale alla vicenda che si presenta sotto i suoi occhi, secondo le vie che egli, inconsciamente, preferisce. Riconoscere questo aspetto contro-transferale può aiutare in maniera decisiva l’elaborazione di un giudizio finale medico-legale.

CONCLUSIONI

14A. Verde, F. Angelini, S. Boverini e M. Majorana “Il delitto non sa scrivere – La perizia psichiatrica tra realtà e fiction” edizioni DeriveApprodi, 2008, Roma, pag. 73;

(16)

TAGETE 4 - 2014 Year XX

ISSN 2035 – 1046

635

In sintesi, seppure gli attuali metodi di valutazione e quantificazione del danno psichico conducono verso un giudizio il più possibile spurio da eccessivi elementi di soggettività, in realtà l’adeguata valutazione del nesso causale richiede un esame approfondito che prenda in considerazione sia un giudizio sulla struttura di personalità che la valutazione del valore personale attribuito all’evento dal paziente.

Un simile approccio, in effetti, rimetterebbe in dubbio l’annosa ricerca di un profilo comune di valutazione, affidando la decisione principalmente all’esperienza psicodinamica del consulente, tuttavia ritengo che vi sarebbe un oggettivo guadagno in termini di inquadramento della patologia psichica oltre i fini giudiziari legati al risarcimento, nonché una più idonea equivalenza in termini monetari. Questo ultimo pensiero si basa sulla caratteristica per cui il risarcimento civile tenta di recuperare monetariamente lo stato antecedente. Se in effetti l’evento traumatico riveste più un ruolo occasionale e non specifico nel determinare la malattia, allora è palese che il nesso causale non dovrà essere riconosciuto. Qualora invece l’evento sembri in effetti causale alla malattia ma non assuma quegli aspetti di traumaticità comune alla maggior parte degli individui, la valutazione della struttura personologica del soggetto in esame e l’inquadramento in essa dell’evento costituisce la migliore maniera di definire con certezza il nesso causale e di rapportare il risarcimento allo stato antecedente. Una struttura soggettiva caratterizzata da scarsa capacità di simbolizzazione e da instabilità emozionale è più facilmente soggetta a rispondere in maniera patologica agli eventi della vita, tuttavia, se lo stato pre-esistente era compensato, nulla può escludere il risarcimento per intero anche a seguito di eventi traumatici di scarso conto. In questa ottica anche le neuroscienze confermano come in effetti soggetti con queste caratteristiche più facilmente vanno incontro ad eventi traumatici e più facilmente sviluppano risposte psicopatologiche ad essi.

In conclusione credo che la valutazione medico-legale del danno psichico possa risentire in maniera molto favorevole della visione psicodinamica e più strettamente psicoanalitica della personalità del periziando, seppure questo conduce fuori rotta

(17)

TAGETE 4 - 2014 Year XX

ISSN 2035 – 1046

636

nella ricerca di sistemi standardizzati di identificazione dei nessi causali laddove vi è ancora notevole “soggettività”.

Riferimenti

Documenti correlati