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LA TUTELA DELLA NELL’ATTIVITÀ PROFESSIONALE DEL MEDICO

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LA TUTELA DELLA PRIVACY

NELL’ATTIVITÀ PROFESSIONALE DEL MEDICO

Prof. Mauro Barni* - Prof. E. Turillazzi**

Sommario

1) Premessa; 2) Dal segreto professionale alla privacy; 3) L’essenziale del Codice privacy;

4) I dati inerenti salute e sessualità; 5) Il trattamento dei dati personali in ambito sanitario; 6) Trattamento e deroghe informative; 7) SSN e privacy; 8) Il consenso; 9) La comunicazione dei dati all’interessato; 10) Rapporti con il Garante e chiarimenti per il medico di medicina generale; 11) Progetto di linee-guida di deontologia medica per la tutela della privacy.

1) Premessa:

La emanazione (con D L.vo 30 giugno 2003, n. 196, pubblicato nella GU suppl. ord.

29 luglio 2003, n. 174) del Codice (Testo Unico) in materia di protezione dei dati personali, costituisce un punto di arrivo, di limpida matrice dottrinaria e di moderna tecnica legislativa, di un lungo processo di affermazione di un diritto costituzionalmente garantito (artt. 76-87), iniziato in Italia con la legge 31 dicembre 1996, n. 675 e seguito da una impressionante serie di decreti e pareri del Garante della privacy. Il pregio fondamentale del “T.U.” (come per brevità si indica) sono la elevatezza concettuale e la ispirazione democratica, che profondamente permeano uno degli aspetti emblematici (la riservatezza) dell’esercizio della medicina e l’armonia di valori, di diritti, di doveri, di interessi che vi ineriscono.

Ed è questo aspetto del T.U. che investe come un ciclone di modernità gli archetipi stessi della deontologia medica e della medicina giuridica, tanto da imporre un riordinamento delle idee e dei “luoghi comuni” propri dell’antica (ma perenne) concezione del segreto professionale inerente l’esercizio delle professioni sanitarie, che già peraltro, dall’avvento in poi della medicina pubblica, aveva subito (e in maniera per lo più assolutamente legittima) le erosioni prodotte dalla affermazione di “attività di rilevante interesse pubblico” (cui fa preciso ed esplicito riferimento il recentissimo T.U.).

*Professore Emerito di medicina legale nell’Università di Siena

**Ricercatore di Medicina legale nell’Università di Foggia

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La rilevanza dei dati inerenti la persona nel quadro delle funzioni-esigenze informative che sviluppano e alimentano una rete di vitale importanza sociale a livello globale, non poteva ignorare la esigenza di un residuale forse ma sacrosanto rispetto di quanto resta della cittadella della privacy della persona ed a presidio della libertà e della dignità individuale. Ed è questa cogenza che mobilita interventi di sostanza sociologica, politica, etica, giuridica a difesa dell’ultimo non superabile argine vs. la pervasione della sfera personale, garanzia del fondamento individuale e collettivo della democrazia, i cui principi generali sono ben definiti anche in sede sopranazionale.1

Le caratteristiche del provvedimento nelle sue implicazioni straordinariamente vaste2 saranno indubbio oggetto e dominante motivo di competenze diverse di varia portata generale e specialistica. Ci preme peraltro ed esclusivamente sottolineare gli aspetti che ineriscono la deontologia medica (dal rapporto medico-paziente sino alle obbligazioni giuridiche del medico), pur ritenendo essenziali anche quelli relativi alle organizzazione sanitaria, cui dedicheremo un successivo contributo.

La profusione delle implicazioni, anche in ambito deontologico rende anzitutto necessaria una rapida analisi della “nuova” filosofia che sottende la categoria dei dati di più diretto apprezzamento e interesse medico, che ne valorizza il rilievo culturale, scientifico, sanitario, sociale nel rispetto (anch’esso di rilievo culturale, umanistico, sociale) della persona, in maniera diversa dalla tutela del segreto (classicamente e penalisiticamente coagulata attorno all’interesse individuale) ma con esso non confliggente, aperto anzi ad una necessaria convivenza di impegni pubblici e privati, di cui il medico e la sanità non può non essere consapevole partecipe.

1 Direttiva 95/46 CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali nonché alla libera circolazione dei dati;

Direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche.

2 Il T.U., autentico codice non di cornice ma fortemente strutturato, entrato in vigore il 1 gennaio 2004, si compone di tre parti (vedi Redon: Rassegna di giurisprudenza in materia di privacy, Resp. civ. e Prev, 2003, 68: 398-1024).

- la prima (artt. 1-45) contenente disposizioni generali riordinate in modo tale da comprendere tutti gli adempimenti e le regole di trattamento, sia generici che attuati agli enti pubblici e da soggetti privati;

- la seconda (artt. 46-140) contenete disposizioni relative a specifici settori (del trattamento giudiziario, amministrativo, a minori, forze di polizia, difesa e sicurezza dello stato, istruzione, storia, statistica, ricerca scientifica, sistema bancario, finanziario, assicurativo, libere professioni, giornalismo, arte, marketing, ecc.) tra i quali l’ambito più strettamente sanitario è denito dagli artt.

79-90;

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3 Con una battuta: dalla tutela del segreto professionale alla tutela della privacy, dalla individuazione della giusta causa di rivelazione, alle regole del trattamento, la distanza è grande, la ragione è diversa, la prassi è tuttavia complementare anche per il medico di medicina generale che diventa così il protagonista assoluto (titolare) dei dati inerenti la persona che gli affida (confida) il proprio stato di salute. E non è piccolo riconoscimento!

2) Dal segreto professionale alla privacy:

Si potrebbe dire “in principio era Ippocrate”; ma l’imperativo di riservatezza contenuto nel giuramento è di per se stesso ben più estensivo e denso di impegni e di impulsi morali di quanto non lo sia, ad esempio, la previsione penalistica vigente (art. 622 c.p.): costituisce infatti la struttura portante di un rapporto di fiducia, tanto più essenziale in era pre-scientifica allorché l’affidamento al medico era più completo,la soggezione, filiale quasi, mentre, per converso, il senso del dovere e la soggettività (non controllabile) del potere paludato da contenuti di serietà (di riservatezza, anche) connotavano il rapporto paziente-medico, venendo ad occupare il sanitario una posizione di garanzia ante litteram, quella di salvaguardia della salute. Prima di tutto!

L’enfasi successivamente mantenuta nella enunciazione del segreto medico, che, come documenta una storia aneddotica della medicina riportata in ogni testo di deontologia e di medicina legale (Aegrorum arcana visa andit sive intellecta eliminet memo

… della Scuola medica francese) tradiva una sostanziale insufficienza, una impotenza trascorsa sino all’epoca moderna, celata dietro paramenti solenni, lessici aulici e ritualità quasi sacrali. Molti sono stati i fattori (convergenti) di rottura: la acquisita e percepita dimensione pubblica della patologia umana, la raggiunta conoscenza (e la parziale padronanza) di plurime causalità patogene (prevenibili, curabili con provvedimenti e iniziative di carattere pubblico), l’addensarsi di interessi collettivi e politici sul “dato”

inerente la salute (epidemiologia, polizia amministrativa e criminale, assistenza e previdenza sociale); e tali da produrre (ma sono presupposti ben noti che qui si ricordano solo per chiarezza!) la sempre meno garantita e garantibile salvaguardia della riservatezza personale, anche in ragione del superamento scientifico e assistenziale della dualità del

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rapporto il cui presidio veniva prevalentemente affidato al sistema penale, del tutto autorevole ma incapace di regolare diritti privati con esigenze pubbliche.

Per quanto riguarda il nostro Paese, l’armonia dei valori e degli impegni, condensata nell’art. 622 c.p., rafforza notevolmente, blinda (come si direbbe giornalisticamente) la tutela del segreto, prevedendo peraltro generiche (e solo in poche circostanze esplicite) derogabilità, ora facoltative, ora obbligatorie. Da una parte il segreto non è violabile (e tanto meno impiegabile a profitto del medico stesso o di altri) neppure di fronte alle esigenze del processo penale (art. 200 c.p.p.); dall’altro si stabilisce la possibile ricorrenza di giuste cause di rivelazione, ma en passant, senza cioè dire né quando né come né perché (ameno nella nuda formula del precetto cui ben poco chiarificano i resoconti dei lavori preparatori): il tutto delegato alla sensibilità del privato verso l’offesa, come si evince dall’esigenza di querela di parte in costanza, peraltro, di un nocumento ed in palese contrasto con le procedure d’ufficio previste da una serie di norme, a cominciare dall’obbligo di denuncia e di referto definiti dagli artt. 361,362,365,366 c.p. e in relazione alla posizione del medico (pubblico ufficiale, incaricato di un pubblico servizio o esercente un servizio di pubblica utilità). Sull’ambiguo e solo apparentemente limpido concetto di giusta causa si è molto discusso in dottrina, ma troppo poco in giurisprudenza: causa prevista o prefigurata da norme generali (stati di necessità, ad es.) e speciali (obbligo di referto, denuncie sanitarie, adempimenti previdenziali) talune ondivaghe nel tempo e oscillanti tra garanzia e solidarietà (come quelle relative alle tossicodipendenze, all’aids, ecc)?; ovvero cause anche non previste dal diritto ma indubbiamente emergenti dalla sensibilità medica verso esigenze-bisogni-valori individuali e/o collettivi contrastanti con il diritto del paziente alla riservatezza?3 Ed è su questo terreno che ha profuso teorizzazioni e linee-guida la deontologia medico-legale, peraltro lungamente rimasta sola a “presidiare”

le poche (e ormai insufficienti condizioni poste dall’art. 622 c.p.): una deontologia quindi limitata alle previsioni del diritto penale e civile, anche dopo che la Costituzione aveva aperto nuovi spazi di impegno e di sintesi per la tutela dei diritti personali da un lato, e per la realtà pubblica dall’altro, a cominciare dalle indicazioni relative alla “libertà” della persona.

3 Per un dettagliato esame della letteratura cfr. da ultimo in Giusti G.: Trattato di Medicina legale e scienze affini, CEDAM, Padova 2000, vol. I. Fineschi V.: Il rapporto medico-paziente: consenso, informazione e

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5 La codificazione deontologica si apriva comunque alle nuove prospettive, tanto in campo medico che infermieristico. Basti ricordare l’art. 9 del Codice di Deontologia Medica (1998) che, dopo aver insistito sulla inviolabilità del segreto, enuncia e precisa le giuste cause di rivelazione, identificandole in specifiche norme giuridiche inerenti la informativa e prevedendo circostanze di non illiceità (consenso del paziente o di chi per lui, stato di necessità relativo alla vita o alla salute dell’interessato o di terzi quando il primo non sia in grado di consentire, “urgenza di salvaguardare la vita o la salute di terzi anche nel caso di diniego dell’interessato ma previa autorizzazione del Garante per la protezione dei dati personali”: anticipazioni tutte che il T.U. oggi chiaramente delimita. Quest’ultimo rivoluzionario principio di “deroga”, in buona parte ormai superato, fortemente risentiva del mutato clima fin troppo aperto ai venti dell’informazione e soprattutto dell’avvenuto intervento della legge 675/1976 che precedeva di poco più di un anno la promulgazione del nuovo codice di deontologia medica e le prime pronunce del Garante stesso, nonché dei fondamentali D.Lgs. 123 e 255/1997: ben poco avvertiti tuttavia dai medici, dal sistema sanitario e dalle istanze bioetiche italiane.

Eppure, la Convenzione europea di Bioetica4 già proclamava il diritto di ogni persona al «rispetto della propria vita privata quando si tratti di informazioni relative alla propria salute» (art. 9) riservando ai singoli paesi a titolo eccezionale limiti all’esercizio assoluto di tale diritto, da stabilire, tuttavia, per legge.

3) L’essenziale del Codice privacy:

A parte le già accennate benemerenze sostanziali, va sottolineato anche un pregio formale del T.U., che risiede nel fatto che esso si rivela tra l’altro assai più aperto, di quanto non sembri, alla tutela dei diritti e delle libertà fondamentali della persona;

permette inoltre di semplificare l’impianto, l’articolazione e la “leggibilità” delle norme che si intendono inserire nel testo, essendo state eliminate dal dettato i vari riferimenti alle disposizioni regolamentari di attuazione (e potendosi così fare a meno dei corrispondenti richiami che figurano nelle norme regolamentari attualmente in applicazione). Prima di procedere ad un commento degli aspetti del T.U. inerenti la deontologia medica e la

4 Consiglio d’Europa: Convenzione per la protezione dei diritti dell’uomo e della dignità dell’essere umano riguardo all’applicazione della biologia e della medicina: convenzione sui diritti dell’uomo e della biomedicina (Oviedo, 4 aprile 1997), ratificata dall’Italia con L. 24 aprile 2001, n. 145.

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medicina legale, se ne ritiene utile uno sguardo d’assieme, assumendo in primis il fatto che “chiunque ha diritto alla protezione dei dati che lo riguardano”. Il Codice, in linea con la Carta dei diritti dell’UE, riconosce così in via autonoma e distinta, rispetto al diritto della privacy e alla riservatezza, il diritto alla protezione dei dati personali, ossia il diritto di ognuno alla titolarità delle informazioni sulla persona fisica che non necessariamente riguardano la sua sfera intima o familiare. Il T.U. prescrive in particolare che il trattamento dei dati personali deve svolgersi nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità dell’interessato, con particolare riferimento alla riservatezza, all’identità personale nonché, ovviamente, alla tutela dei dati personali. Alla base del trattamento dei dati il Codice pone il principio di semplificazione (il trattamento dei dati deve essere effettuato in modo da garantire il rispetto della riservatezza e della identità personale contemperato all’esigenza di facilitare l’adempimento degli obblighi da parte dei titolari del trattamento stesso) nonché il principio di effettiva necessità (con specifico riferimento al trattamento dei dati effettuato con mezzi informatici) per cui l’utilizzazione dei dati personali deve essere ridotta al minimo e riservata ai soli casi in cui non possano essere utilizzati dati anonimi oppure non sia possibile ricorrere a modalità che permettano di identificare l’interessato solo in caso di emergenza. Si tratta di un principio fondamentale la cui applicazione pratica dovrà essere attentamente controllata dall’autorità garante posto che il trattamento dei dati attraverso reti informatiche dovrà essere ispirato ad un criterio di non eccedenza nella disponibilità dei dati stessi rispetto alle reali esigenze pur essendo l’interessato garantito attraverso un procedimento di anonimizzazione dei dati stessi. Si tratta comunque di momenti e di garanzie procedurali, a livello complesso e

“secondario” del trattamento dei dati sensibili, che hanno carattere generale e non implicano particolari competenze da parte del medico curante. Si può solo notare che la maggiore e più libera disponibilità dei dati sensibili che tiene conto di interessi pubblici e di esigenze sociali effettive definite come di pari rango, è compensata da forme cautelative (ad es. anonimato) già esperimentate con successo per quanto riguarda la denuncia dell’aids.

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7 4) I dati inerenti salute e sessualità:

La tutela della privacy si esalta dunque nella protezione dei dati personali, con particolare riguardo ai dati sensibili; così definiti dall’art. 4 del T.U. (ed è così giunto il momento di definire una terminologia non del tutto ovvia):

Dati personali Qualunque informazione relativa a persona fisica, persona giuridica, ente od associazione, identificati o identificabili, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale.

Dati sensibili I dati personali idonei a rivelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, le adesioni a partiti, sindacati, associazioni ed organismi a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale.

E sono proprio questi ultimi dati quelli che particolarmente interessano il cittadino, per la difesa della propria salute, il medico (nonché l’esercente altre professioni sanitarie), il sistema sanitario pubblico e privato, soggetti tutti impegnati nel legittimo trattamento dei dati inerenti salute e sessualità.

Mentre nel rapporto sin qui scandito da principi etici, deontologici, giuridici ha avuto rilievo la riservatezza del medico o di chiunque nell’esercizio di una professione sanitaria venga a conoscenza di un segreto, la tutela della privacy si pone invece a garanzia del trattamento dei dati sensibili. Da un illusorio divieto di base si passa così ad una regolamentazione della inevitabile gestione dei dati, che nascono e si formano nella e per la persona sana e malata ma che incessantemente si precisano e si moltiplicano nel rapporto della persona con i presidi sanitari e non solo con essi. Si può dunque affermare che l’uno e l’altro ordine di tutela (segreto, privacy), in buona misura coincidenti e, comunque, non alternativi, si muovono su diversi percorsi: la rivelazione del primo solo per

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giusta causa, la corretta gestione (trattamento) dei dati nel rispetto comune del diritto alla riservatezza.

Per meglio intendere i problemi medico-legali che suscita tale nuovo modo di intendere e di garantire la privacy, occorre ricordare alcune definizioni raccolte nell’art. 4 del T.U.

Trattamento Qualunque operazione o complesso di operazioni, effettuate anche senza l’ausilio di strumenti elettronici, concernenti la raccolta, la registrazione, l’organizzazione, la conservazione, la consultazione, l’elaborazione, la modificazione, la selezione, l’estrazione, il raffronto, l’utilizzo, l’interconnessione, il blocco, la comunicazione, la diffusione, la cancellazione e la distruzione dei dati, anche se non registrati in una banca dati, definita quest’ultima come qualsiasi complesso organizzato di dati personali ripartito in una o più unità dislocate in uno o più siti.

Si fa subito rilevare come l’atto medico, anche il più elementare, comporti un primo trattamento di dati sensibili già nella raccolta stessa dell’anamnesi (da cui scaturiscono dati identificativi e dati sensibili inerenti soprattutto la salute e la vita sessuale) nella esecuzione e descrizione dell’esame obiettivo, nella formulazione diagnostica e prognostica, nella prescrizione a fini diagnostici e curativi.

Almeno le prime due forme e fasi del trattamento dei dati (anamnesi, esame obiettivo) connotano ab initio ogni rapporto medico-paziente e presuppongono pertanto un consenso informato. Ma si tratta di un consenso preliminare e assolutamente diverso da quello classico che poi riguarda la gestione clinica (diagnostica e terapeutica) del caso.

In altri termini, il medico deve informare il paziente dell’uso che si intende fare dei dati personali sensibili e ottenere il consenso, senza burocrazia, evocando le leggi non scritte della fiducia reciproca.

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9 Il paziente (e potenzialmente il cittadino) è l’interessato, cui deve essere assicurato un trattamento dei dati personali, connotato da “un elevato livello di tutela dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità, con particolare riferimento alla riservatezza, all’identità personale e al diritto alla protezione dei dati personali” (art. 2 T.U.).

Le altre figure interessate nel processo del trattamento sono anch’esse definite (art.

4 T.U.) ed oltre all’interessato, che è il cittadino, la persona, il paziente, sono il:

Titolare La persona fisica, la persona giuridica, la pubblica amministrazione e qualsiasi altro ente, associazione ed organismo cui competono, anche unitamente ad altro titolare, le decisioni n ordine alle finalità, alle modalità del trattamento dei dati personali e agli strumenti utilizzati, ivi compreso il profilo della sicurezza.

Responsabile del trattamento La persona fisica, la persona giuridica, la pubblica amministrazione e qualsiasi altro ente, associazione od organismo preposti dal titolare al trattamento dei dati personali.

Incaricato La persona fisica o giuridica autorizzata a compiere operazioni di trattamento dei dati dal titolare e dal responsabile.

Garante L’autorità istituita dalla legge 31 dicembre 1996, n. 675, all’articolo 153.

Non ci sembra necessario illustrare ulteriormente i soggetti interessati, bastandoci ricordare che nel rapporto medico-paziente, il primo è il titolare, il secondo l’interessato.

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5) Il trattamento dei dati personali in ambito sanitario

Il vasto corpus normativo e regolamentare precedente al Codice della privacy delinea un quadro nel quale il trattamento dei dati sensibili, riguardanti cioè la salute e la vita sessuale della persona che faccia ricorso al Servizio Sanitario Nazionale e comunque all’assistenza medica, pubblica o provata, deve svolgersi nel pieno rispetto dei diritti di libertà e di dignità dell’interessato, il quale ha la possibilità di fare riferimento ad interlocutori preferenziali e privilegiati (il medico di medicina generale, il titolare del trattamento dei dati, l’Autorità Garante) per ottenere ogni sorta di informazioni e di tutela.

Tali fondamentali principi costituiscono la ratio della nuova disciplina, la quale, peraltro, punta su modalità assai semplificate per informare i cittadini e consente all’interessato di manifestare il consenso al trattamento dei dati con un’unica dichiarazione resa al medico di famiglia ed ai suoi sostituti (come già espresso in una nota informativa del Garante del 30 giugno 1997) o all’organismo sanitario (il consenso vale anche per la pluralità di trattamenti sanitari erogati da distinti reparti ed unità dello stesso organismo nonché da più strutture ospedaliere e territoriali). Vengono inoltre codificate misure essenziali per il rispetto dei diritti del paziente: come il divieto di appelli nominativi nelle sale di attesa (non nello studio privato del medico generico o specialista!), l’invito alla cautela nelle informazioni telefoniche e nelle informazioni sui malati ricoverati, la estensione delle esigenze di riservatezza anche agli operatori sanitari non vincolati dal segreto professionale. Viene ad es. introdotta la possibilità (non l’obbligo) di non rendere immediatamente identificabile in farmacia l’intestatario delle prescrizioni mediche ma solo ove l’interessato lo richieda: un tagliando da applicare sullo spazio della ricetta destinato alle generalità dell’intestatario consentirà la tutela della riservatezza, permettendo peraltro al farmacista o all’amministrazione dell’ASL la sua rimozione se riterranno indispensabile verificare l’esattezza della prescrizione o la corretta fornitura del materiale. Dal complesso degli adempimenti e delle tutele così sommariamente delineato risulta ancor più evidente che primo e fondamentale titolare dei dati personali emersi in primo luogo dalla raccolta alla fonte (l’interessato) e della loro gestione è il medico di medicina generale o, comunque, il sanitario cui il paziente abitualmente confida la cura della propria salute.

Il medico è la cerniera tra l’interessato e le persone o istituzioni deputate per ragioni di interesse sociale/pubblico alla conoscenza, conservazione, elaborazione,

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11 estrazione, raffronto, utilizzo dei dati: secondo gli ulteriori momenti di trattamento, disciplinati da T.U. Il medico della persona raccoglie e informa, riceve e restituisce all’interessato “nuovi” dati elaborati attraverso stazioni ulteriori di diagnosi e cura, di ricerca e di protezione sociale.

Il medico diviene quindi l’autentico depositario di un diritto a lungo rivendicato e oggi scandito da molteplici doveri. La fase di raccolta dei dati (che precede – comunque – l’atto medico vero e proprio (anamnesi, esame obiettivo, prescrizioni diagnostiche e/o terapeutiche) non può prescindere, in ragione della riservatezza e delle tutele previste dal T.U. dall’acquisizione di uno specifico consenso informato non necessariamente firmato da non confondere, né da sovrapporre e tanto meno da assommare, al consenso informato relativo alle successive scelte di diagnosi e cura, che ai sensi dell’art. 32 Cost.

presuppongono l’adesione della persona.

Il trattamento dei dati sensibili presuppone infatti (giova ripeterlo anche per fugare perplessità e allarmismi) una attività medica diversa (in genere preliminare e propedeutica) dal trattamento sanitario vero e proprio, di cui è presupposto (nella massima parte dei casi) un consenso specifico scaturito da una informazione specifica, che non può essere confuso con l’autorizzazione a curare. La raccolta dei dati e quasi tutte le operazioni successive si avvalgono di modalità di trattamento, che non implicano il ricorso costante alla autorizzazione del Garante, riservata a particolarissimi dati e situazioni, anche per le quali sono possibili misure di snellimento per le quali il dato sensibile viene scisso dal dato identificativo (anonimato). Restano comunque dominanti la salvaguardia della libertà personale da un lato, il soddisfacimento di interessi pubblici rilevanti dall’altro cui il T.U. si adopera ad offrire elementi non compromissori di armonizzazione.

Circa le modalità dell’informazione al paziente, il T. U. punta dunque ad una semplificazione della disciplina attraverso l’adozione di modalità di agevolazione in base alle quali:

- l’interessato o la persona presso la quale sono raccolti i dati personali devono essere previamente informati per lo più oralmente circa le modalità/finalità del trattamento cui i dati sono destinati;

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- avendo chiara la natura obbligatoria o facoltativa del conferimento dei dati e le conseguenze di un eventuale rifiuto a rispondere.

In ambito sanitario, l’art. 78 del T.U. individua anche le modalità di semplificazione per l’informativa all’interessato da parte del medico “di famiglia” (o del pediatra), sotto tre profili:

a) per quanto riguarda l’ambito “oggettivo” di applicazione, l’informativa può essere fornita, con un unico atto, per il complessivo trattamento di dati relativi al paziente (diagnosi, cura, riabilitazione, ecc.) e può riguardare anche dati raccolti presso terzi;

b) sotto il profilo “soggettivo”, essa può riguardare anche il trattamento di dati (“correlato” a quello del medico “di famiglia”), effettuato da altro professionista che con quello venga, in vario modo, in contatto professionale nell’interesse del paziente;

c) circa le modalità, l’informativa è resa preferibilmente (ma non obbligatoriamente) per iscritto, ma anche con modalità alternativa come le più recenti carte tascabili o altri simili strumenti, integrandola oralmente se necessario.

Appare evidente, che l’informazione al paziente dovrà comunque essere adeguata alla sua cultura, alle sue possibilità cognitive, alle sue condizioni psichiche e di emotività;

dovrà garantire, inoltre, una comprensione corretta e completa dei dati che possono essere trattati, delle operazioni eseguibili e delle rilevanti finalità dell’interesse pubblico perseguito. Se questo è vero, non si può, tuttavia, fare ancora una volta a meno di rilevare la peculiarità del sistema normativo predisposto dal legislatore, atteso che il medico di medicina generale si trova a dover fornire al paziente una serie piuttosto vasta e articolata di informazioni, in modo semplificato ma omnicomprensivo, e a dover affrontare tematiche delicatissime (aids, HIV positività, tossicodipendenza, interruzione volontaria della gravidanza) nei confronti delle quali è tuttora presente una forma di diffidenza e di pudore. Proprio per questo motivo, al fine di non pregiudicare il rapporto fiduciario che

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13 necessariamente deve essere alla base del rapporto medico-paziente, appare difficile inquadrare le modalità dell’informazione in regole standardizzate e rigide, dovendosi semmai rivalutare il ruolo delle norme deontologiche che sembrano, ancora una volta le sole in grado di indicar quali siano i presupposti che il medico deve rispettare affinché la comunicazione possa dirsi corretta. È come dire no a qualunque modulo prestampato, che complicherebbe e burocratizzerebbe ulteriormente il primo contatto tra medico e paziente.

Ma il T.U., preordinando nuove regole deontologiche (affidate al FNOMCeO) dimostra quanto questo tema sia caro al Garante, che ha già precisato come negli studi privati non siano necessarie procedure complesse, garanzie pedantesche e comunicazioni eccessive al Garante (anche il ricorso a test genetici, se non sistematica non necessita di autorizzazione del Garante). Ma di queste tranquillizzanti precisazioni sarà detto più oltre.

6) Trattamento e deroghe informative

In sintesi, la rivelazione dello stato di salute attraverso i dati che vi inseriscono, può avvenire:

a) con il consenso dell’interessato ed anche senza autorizzazione del Garante se il trattamento riguarda dati e operazioni indispensabili per perseguire le finalità di tutela della salute e dell’incolumità fisica dell’interessato;

b) anche senza il consenso dell’interessato e previa autorizzazione del Garante se la finalità di tutela della salute riguarda un terzo o la collettività (art. 76 T.U.).

La rivelazione per giusta causa condiziona, come si è visto, la assolutezza del segreto medico e analogamente operano le deroghe alla riservatezza previste dal T.U., in presenza di un consenso che il carattere della norma ritiene solo in parte liberatorio (dati gli interessi che si alimentano della conoscenza dei dati sensibili) e anche di un mancato consenso/dissenso dell’interessato.

Le previsioni di specifiche deroghe in tutto l’ambito del trattamento nei casi in cui si impongono cogenti esigenze di tutela della salute della collettività, ha trovato un’attenta

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normazione di carattere generale laddove nell’art. 24 del T.U. sono state riunite, in ragione della sostanziale omogeneità della disciplina, le disposizioni che autorizzano il trattamento dei dati personali anche in assenza del consenso dell’interessato, unificando, in sostanza, le plurime condizioni a suo tempo previste dalla legge n. 675/1996. L’art. 24 fa salve le specificità riconosciute, in alcuni casi, per la comunicazione e, soprattutto, per la diffusione dei dati a fini giudiziari. La disciplina risulta ora più chiara, essendo state eliminate alcune duplicazioni contenute nella previgente disciplina. Il presupposto di liceità del trattamento relativo alla sussistenza di un obbligo legale è riferito correttamente alla necessità di adempiere comunque ad un obbligo previsto dalla legge e non più al solo caso di “dati raccolti e detenuti” in base al medesimo obbligo. Inoltre il legislatore ha inteso chiarire che il presupposto di liceità del trattamento riferito all’esigenza di salvaguardare la vita o l’incolumità di un terzo è comunque applicabile anche fuori dai già previsti casi in cui veniva specificato che l’interessato non potesse, per incapacità o altri motivi, prestare i proprio consenso. In relazione al caso in cui la medesima finalità riguardi la vita o l’incolumità dell’interessato, la disciplina risulta conforme a quella vigente (art. 78) in relazione al trattamento di dati idonei a rivelare lo stato di salute per finalità di cura della persona, che in base alle disposizioni previgenti risultava più rigorosa rispetto a quella del trattamento di dati comuni o sensibili effettuato da soggetti diversi da quelli sanitari. La disciplina prevede ora che anche in queste ultime evenienze, se manca il consenso della persona incapace o altrimenti impossibilitata a prestarlo, è necessario acquisire il consenso dei prossimi congiunti o familiari, al fine di procedere al trattamento dei dati personali dell’interessato ma solo se sia impossibile acquisire anche il consenso di tali soggetti o vi sia rischio grave ed imminente per la salute della persona. Il consenso potrà essere acquisito anche successivamente (art. 82, comma 2). Questa novità legislativa non è di poco conto ove si pensi che la normativa deontologica di più recente approvazione (Codice di deontologia medica del 1998) dovrà essere rapidamente adeguata in quanto vincolava

“alla previa autorizzazione del Garante” la potestà di sottrarsi all’obbligo del segreto professionale quando vi sia l’urgenza di salvaguardare la vita o la salute di terzi e l’interessato non abbia prestato il proprio consenso.

E non è semplificazione da poco!

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15 7) SSN e privacy

Il rilevante interesse pubblico, che l’esercente la professione sanitaria è chiamato a rispettare in consapevole deroga della più rigorosa tutela della privacy e che giova ripeterlo riguarda il trattamento dei dati idonei a rivelare lo stato di salute per finalità di tutela della incolumità fisica dell’interessato, di un terzo o della collettività, trova riscontro nel fatto che gli organismi sanitari pubblici sono abilitati al trattamento dei dati sensibili propri delle singole persone nello espletamento di attività versate in ambito:

a) amministrativo-sanitario (prevenzione, diagnosi, riabilita-zione dei soggetti assistiti);

b) amministrativo-sanitario (programmazione, controllo e valutazione dell’assistenza sanitaria);

c) amministrativo-sanitario (sperimentazione e farmacovigilanza);

d) medico-legale (certificazioni);

e) igienistico (igiene e sicurezza dei lavoratori e della popolazione in genere);

f) organizzativo (trapianti d’organo, emotrasfusioni)

g) ordinario (rapporto, controllo ecc nei confronti dei soggetti convenzionati);

h) sociale (tutela della maternità, IVG, consultori familiari, ecc.);

i) socio-sanitario (tossicodipendenze: prevenzione, recupero e controllo);

j) assistenziale (persone handicappate: accertamento, integrazione, comunità-alloggio, albi);

Nell’esercizio di tali funzioni il trattamento dei dati identificativi e sensibili è consentito solo ai soggetti tenuti a perseguire le predette attività ma entro limiti scanditi dal principio della indispensabilità, ed anche per gli organismi pubblici è comunque essenziale il consenso dell’interessato, scritto o anche oralmente manifestato da documentare peraltro da parte dell’organismo sanitario pubblico nella attualità ma anche in riferimento a ulteriori fasi del trattamento stesso.

Esula dai limiti di questa trattazione la analisi del capitolo relativo agli Enti che verrà affrontato in altra sede, dato anche il suo interesse medico legale. Qui occorre invece riprendere un discorso diretto soprattutto il singolo medico pratico.

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8) Il consenso

Per rendere maggiormente chiari i problemi e i compiti sin qui considerati occorre insistere sulla essenzialità, necessità, specificità dello “specifico” consenso dell’interessato, attraverso un quadro sinottico delle sue caratteristiche essenziali e delle possibili alternative. Il consenso rimane comunque il momento focale del rapporto che, anche in questo caso pone il medico di medicina generale, al centro di ogni procedura, di ogni trattamento.

Consenso

informato: previa delucidazione degli scopi, i limiti del trattamento prestato: dall’interessato o da un suo legale

scritto: quando si tratti di dati sensibili realmente impegnativi

orale: documentato, non con atto firmato dall’interessato ma mediante annotazione dell’esercente la professione sanitaria sulla scheda nosologica del paziente

unico: valido cioè per altri professionisti di seconda istanza rispetto al m.m.g. pediatria di l.s. siano essi sostituti temporanei, specialisti, farmacisti che verranno edotti del consenso stesso con adeguate modalità (menzione nella richiesta di esame specialistico o nella ricetta)

differito: quando dal consenso immediato si debba prescindere per situazioni di emergenza sanitaria pubblica, impossibilità fisica dell’interessato, incapacità di agire, incapacità di intendere dell’interessato e in mancanza di chi ne eserciti la tutela, rischio grave imminente e irreparabile per la salute e l’incolumità dell’interessato

recuperabile: in un secondo tempo, quando le condizioni di cui sopra non possono sussistere.

ripetuto: al raggiungimento della maggiore età ai fini dell’acquisizione, previa informazione, di un diretto consenso.

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17 9) La comunicazione dei dati all’interessato

Della centralità del medico curante si ha conferma nell’art. 84 del T.U., che prevede la informazione dell’interessato o del suo legale rappresentante, relativamente ai dati personali idonei a rivelare lo stato di salute, da parte di esercenti la professione sanitaria o di organismi sanitari pubblici o privati ma “solo per il tramite di un medico designato dall’interessato o dal titolare” che per l’appunto si identifica per lo più nel medico abitualmente curante.

E anche questo è un aspetto se non innovativo (la lettera di dimissione dall’ospedale è per tradizione indirizzata dal primario al medico curante) quanto meno ricognitivo di un ruolo fondamentale del medico (in genere) di medicina generale. La deontologia medica si arricchisce così definitivamente di un capitolo essenziale, che ne supera e inquadra ogni altro nel contesto del rispetto della persona ma anche di interessi pubblici, definiti di pari rango.

Il medico curante tanto nella raccolta quanto nella trasmissione all’interessato dei dati pervenutigli da altre istanze diagnostico-curative sarà portatore di un ruolo e di un messaggio di grandissimo rilievo umanistico, da riferire al come interrogare, al come informare al come e al quanto trasmettere in situazioni di particolare reattività, a quanto non dire in caso di rifiuto di conoscere: problemi vecchi e nuovi, non solubili neppure alla luce del progresso bioetico in quanto appartenenti alla sfera più intima di ogni persona, portatrice di diritti, di doveri ma anche d sensibilità, che il medico curante può talora più di ogni altro penetrare. Così il T.U. rinuncia ad una parte non trascurabile della sua funzione giuridica e pubblicistica per valorizzare nel medico la rilevanza etico-scientifica del trattamento e l’attitudine al bilanciamento di interessi e di valori. Deontologia – bioetica – senso medico-legale si fondono così nella definizione e nella costruzione della personalità del curante che necessita di una specifica formazione, oggi poco perseguita e molto trascurata.

Il rispetto dei diritti dell’interessato è del resto fortemente valorizzato nell’art. 83 del T.U. che si riferisce in modo particolare, con splendida circolarità di concetti alla dignità e alla libertà delle persone interessate al segreto professionale e non solo alle esigenze pubbliche e sociali previste dall’ordinamento. Vi ineriscono le condizioni d’ambiente, di cultura, di famiglia, di rispetto delle sofferenze, del disagio indotto dal ricovero, della

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credenza religiosa, delle abitudini di vita, che d’altronde, sono in misura uguali rispettabili da parte della sensibilità umana e sociale. Il medico di medicina generale ne è per sua vocazione e missione il primo interprete a motivo della dimestichezza con i luoghi, i modi, i tempi di informazione, di raccolta, di ritrasmissione, di registrazione dei dati sensibili.

10) Rapporti col Garante e chiarimenti per il medico di medicina generale Significato d’indole chiaramente medico-legale riveste il rapporto tra i titolari (medico, ente di ricovero, di cura, di ricerca, ecc.) posti di fronte a dati di particolare sensibilità e – contemporaneamente – di rilevante interesse pubblico, tra i quali hanno oggi particolare rilievo i dati genetici e biometrici, la procreazione assistita, le indagini epidemiologiche, la sperimentazione e la ricerca, le malattie mentali, infettive e diffusive, i trapianti d’organi e di tessuti, la medicina telematica, ecc. La notificazione, che raramente compete al medico curante, va presentata al Garante dal titolare prima dell’inizio del trattamento su modello predisposto dal Garante; è seguita da altra notificazione prima del termine del trattamento o per segnalare eventuali notificazioni del trattamento medesimo.

La notificazione si intende comprensiva dei dati identificativi e dei dati inerenti la salute e la vita sessuale. L’inizio del trattamento può aver luogo dopo 45 giorni anche in assenza di riposta del Garante. La autorizzazione del Garante può essere già preformulata per trattamento analogo (e allora la comunicazione al Garante è utile solo agli effetti documentativi), ovvero trasmessa per via telematica al richiedente ovvero (in particolari casi) pubblicata in G.U. È stata comunque chiarita la esenzione del medico di medicina generale da notificazioni e procedure complesse.5 Il T.U. contiene altri molteplici capitoli di

5 Anche questo è un capitolo assai complesso che non deve turbare più di tanto il medico di medicina generale o lo specialista, che hanno tuttavia fatto udire la loro preoccupazione tanto da indurre il legislatore alla predisposizione di un decreto-legge (21 gennaio 2004, n. 10), non ancora convertito in legge. Il Garante ha peraltro già emanato comunicati esplicativi (6 febbraio 2004 e 26 aprile 2004) che esonerano il medico e lo specialista dal notificare al Garante l’acquisizione di dati genetici e biometrici, nell’ambito di ordinari rapporti con il paziente,le prescrizioni di trattamenti di procreazione assistita (essendo materia dei Centri di FMA), la denuncia di malattie mentali, infettive e diffusive essendo materia di obblighi medico-legali previsti da altre norme e leggi.

Possono altresì considerarsi operanti (lettera del Garante in data 6 febbraio 2004) le seguenti semplificazioni

«eliminazione per i MMG e pediatri di L.S. dell’obbligo di rispettare una serie di misure imposte dal Codice della Privacy (le due principali: divieto di chiamare i pazienti in attesa per nome e obbligo di distanze di cortesia negli ambulatori), purché si ottemperi alle stesse disposizioni secondo modalità adeguate a

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19 interesse sanitario quali la sperimentazione dei farmaci, la ricerca e le pubblicazioni scientifiche, le carte magnetiche, le banche dati, le cartelle cliniche. Si tratta per lo più di adempimenti che interessano la Autorità sanitaria locale e il suo rapporto con l’Autorità garante della privacy. Qui basta dire che per quanto riguarda il singolo medico, tenuto peraltro a conoscere anche le procedure complesse se operante a livelli di responsabilità gestionale delle strutture sanitarie pubbliche o private, è necessario e sufficiente sapere le essenziali motivazioni culturali e le implicazioni che ne discendono per il corretto esercizio professionale. D’altronde, il T.U. stesso (art. 12) sottolinea la pertinenza di tali nozioni alla deontologia medica, prevedendo la redazione da parte della FNOMCeO (come sintesi espressiva degli Ordini dei medici e degli odontoiatri) di un semplicissimo codice privacy (da collegare al Codice di Deontologia Medica) avente peraltro valore legale assoluto e del quale, a titolo meramente indicativo, si è elaborata una proposta qui riportata.

11) Proposta di linee-guida di deontologia medica per la tutela della privacy in attuazione dell'art. 12 (Codice di deontologia e di buona condotta) del Codice Privacy (DLG 30 giugno 2003, n. 196)

I ) D i r e t t i v e g e n e r a l i

1) II medico è tenuto al rispetto della privacy secondo regole stabilite dal codice in materia di protezione dei dati personali (D.Lgs. 30 giungo 2003, n. 196).

2) A tal fine il medico assume la qualifica di titolare dei dati sensibili inerenti la salute e la vita sessuale dell'interessato, di cui venga edotto nell'esercizio della professione.

3) L'acquisizione dei dati personali identificativi e sensibili inerenti cioè la salute e la vita sessuale (fin dalla raccolta dell'anamnesi o dall'esame obiettivo), la loro registrazione, trasmissione, rivelazione, la loro utilizzazione, elaborazione, ecc., sono tutte espressioni di trattamento dei dati stessi.

se, in attesa del codice di deontologia specifico, tali norme debbano nel frattempo essere rispettate o meno);

non necessità di apporre il tagliando sulle ricette relative ai medicinali coperti dal Ssn e di omettere le generalità del paziente nelle ricette ripetibili relative a medicinali non coperti dal Ssn, se non su esplicita richiesta del paziente».

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4) L'interessato ha a sua volta il diritto all'informazione sui dati inerenti la salute e la vita sessuale, che, di regola, non possono essere né acquisiti, né ulteriormente trattati senza il suo consenso, salvo che non ricorrano le condizioni previste dalla legge rappresentate da finalità di rilevante interesse pubblico (referto, notifiche di malattie infettive, ecc.) ovvero di tutela della salute o della incolumità fisica di un terzo della collettività.

5) Il medico è in ogni caso tenuto a informare l'interessato ed a sollecitarne il consenso nei casi in cui si renda obbligatoria una informativa stabilita dalla legge ovvero diretta a salvaguardare la salute di altre persone o della collettività, ferma restando la assoluta inviolabilità del segreto professionale quando la sua rivelazione possa esporre la persona assistita a procedimento penale.

II) Il consenso

6) La autorizzazione (consenso) al trattamento dei dati sensibili da parte dell'interessato e partire dalla raccolta dell'anamnesi, è sollecitata e concessa (di regola) oralmente e vale per successivi trattamenti e per ogni altro sanitario che tratti i dati sensibili contemporaneamente o successivamente.

7) L'autorizzazione orale va annotata dal medico nel documento sanitario relativo al paziente e della avvenuta espressione va fatta menzione nelle richieste d'esami e nella certificazione.

8) Il consenso al trattamento dei dati è propedeutico ad ogni atto medico ma non esime il medico dalla informazione e dall'ottenimento del consenso per le decisioni cliniche e per la gestione diagnostica e terapeutica vere e propria (consenso informato).

9) L'autorizzazione al trattamento dei dati va richiesta in forma scritta allorché i dati possano essere oggetto d'informativa ricorrendo le circostanze dì cui all'art. 4.

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21 10) La informazione dell'interessato deve essere estesa alle finalità calle modalità dei trattamento cui i dati sensibili sono destinati e alle conseguenze dei mancato consenso.

11) L'interessato va informato da parte del medico sui dati sensibili eventualmente raccolti anche da altri sanitari o presidii.

12) Allorché la prestazione medica abbia caratteri di urgenza o di immediata necessità, l'informazione del paziente c la autorizzazione a ulteriori trattamenti vanno effettuate appena le condizioni del paziente stesso lo consentano.

13) In caso di soggetto minore o incapace la informazione e la richiesta del consenso sono dovute al legale rappresentante (genitori, tutore, perente prossimo, ecc.).

III) Compiti del MMG e del PdLS

14) II MMG e il PdLS informano l'interessato relativamente al trattamento dei dati personali, in forma chiara e tale da rendere agevolmente comprensibili gli elementi informatori delle tutela della privacy.

I5) L'informativa può essere fornita per il complessivo trattamento dei dati personali necessario per ogni attività di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, svolte dal medico o dal pediatra a tutela della salute o dell'incolumità fisica dell'interessato, su richiesta dello stesso o di cui questi è informato in quanto effettuate nel suo interesse.

16) L'informativa può riguardare, altresì, dati personali eventualmente raccolti presso terzi, ed è fornita preferibilmente per iscritto, anche attraverso carte tascabili con eventuali allegati pieghevoli e va comunque integrata anche oralmente in relazione a particolari caratteristiche del trattamento.

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17) L'informativa riguarda anche il trattamento di dati correlato e successivo a quello effettuato dal MMG o dal PdLS che potrà essere effettuato da un professionista o da una struttura adeguata alla prestazione richiesta, che:

a. sostituisca temporaneamente il medico o il pediatra;

b. fornisca una prestazione specialistica su richiesta del medico e del pediatra;

c. possa trattare lecitamente i dati nell'ambito di un'attività professionale prestata in forma associata;

d. fornisca i farmaci prescritti;

e. comunichi dati personali al medico o pediatra in conformità alla disciplina applicabile:

18) L'informativa del MMG o del PdLS deve evidenziare analiticamente eventuali trattamenti di dati personali che presentino rischi specifici per i diritti e per le libertà fondamentali, nonché per la dignità dell'interessato, in particolare in caso di trattamenti effettuati:

a. per scopi scientifici, anche di ricerca scientifica e di sperimentazione clinica controllata di medicinali, in conformità alle leggi e ai regolamenti, ponendo in particolare evidenza che il consenso, ove richiesto, ì! manifestato liberamente;

b. nell'ambito della teleassistenza o telemedicina;

c. per fornire altri beni o servizi all'interessato attraverso una rete di comunicazione elettronica.

IV) Compiti dei medico ospedaliero

19) Il medico operante in una struttura pubblica o privata di tipo nosocomiale, non è tenuto in genere ad ulteriori procedure per informare il paziente sul

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23 trattamento di dati sensibili e per ottenere l'autorizzazione, essendo questo compito gestito e svolto dall'ente al momento del ricovero.

20) Il medico mantiene peraltro e in modo assoluto l'onere dell'informazione e della raccolta del consenso dell'interessato e dei suoi legali rappresentanti alle cure medico-chirurgiche secondo le normali regole deontologiche.

21) II medico è tenuto alla registrazione dm dati sensibili m cartella clinica nei modi stabiliti dalle amministrazione ospedaliera deputata a emanare specifico regolamento sulla scorta delle indicazioni previste dall'art. 92 del Codice in materia di protezione dei dati personali.

22) Il medico operante in organismi sanitari deve informare l'interessato sui dati emersi dalle indagini e delle prestazioni mediche per il tramite del medico curante o di altro medico designato dall'interessato, cui vanno indirizzate le documentazioni relative (lettera di dimissione, ecc.)

V) Compiti dello specialista

23) Analogo impegno compete allo specialista, i cui referti vanno indirizzati al medico curante o designato dall'interessato.

VI) Ulteriori precisazioni del Garante

24) Il MMG e il PdLS non debbono notificare al Garante il trattamento dei dati nel normale esercizio professionale e neppure dei dati genetici non trattati in modo sistematico.

25) II MMG e il PdLS non sono tenuti, nella gestione dei loro studi professionali, ad usare misure specifiche di riservatezza (numeretto, distanze di cortesia, ecc.).

26) La redazione di ricette per la prescrizione di farmaci a totale o parziale carico del SSN in forma criptata è dovuta solo se specificamente richiesta dal paziente.

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