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Sezioni specializzate per la impresa, accelerazione dei processi e competitività delle imprese - Judicium

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Academic year: 2022

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SEZIONI SPECIALIZZATE PER L'IMPRESA, ACCELERAZIONE DEI PROCESSI E COMPETITIVITÀ DELLE IMPRESE (∗).

SOMMARIO: 1. Il contesto di riferimento.- 2. L’istituzione delle sezioni specializzate in materia d’impresa.- 3. La competenza in materia di proprietà industriale ed intellettuale e in materia di diritto d’autore.- 4. (Segue). ... in materia di violazioni della disciplina antitrust nazionale e dell’Unione europea.- 5. (Segue). ... in materia “societaria”.- 6. Conclusioni.

1. Per fronteggiare la crisi economica che negli ultimi mesi ha assunto per l’Italia proporzioni particolarmente preoccupanti, il Governo, nell’ambito di un piano d’interventi urgenti ad ampio raggio, ha introdotto una serie di misure che dovrebbero “promuovere le condizioni per una ripresa del Paese basata essenzialmente sullo sviluppo di autonome attività d’impresa”. In questo contesto, al fine dichiarato di porre un freno alla patologica lentezza dei processi, che incide negativamente sulla competitività delle imprese ed ostacola il corretto funzionamento del mercato, si inscrive l’istituzione delle “sezioni specializzate in materia d’impresa”, per la “trattazione di quelle controversie in cui – tenuto conto dell’elevato tasso tecnico della materia – è maggiormente sentita l’esigenza della specializzazione del giudice”, valorizzando a tal proposito la “positiva esperienza delle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale”1.

In particolare, l’art. 2, d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito (con modificazioni) dalla l. 24 marzo 2012, n. 27, novellando il d. lgs. 27 giugno 2003, n. 168, ha riformato le sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale istituite presso alcune sedi di tribunali e di corti d’appello, mutandone la denominazione in “sezioni specializzate in materia di impresa” e, in ragione delle accresciute competenze, incrementandone il numero, portandole da dodici, quali erano, a ventuno. Peraltro, attesa la nota carenza di risorse finanziarie, è stato altresì precisato che l’istituzione di dette sezioni specializzate avviene “senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato” e “non comporta incrementi di dotazioni

(∗) Il testo con l’aggiunta delle note riproduce la Relazione al Convegno “La composizione delle crisi da sovraindebitamento (l. 27 gennaio 2012, n. 3) e le misure pro-competitive nel d.l. 24 gennaio 2012, n. 1” organizzato dall’Università Europea di Roma il 19 aprile 2012.

1 Così la Relazione al disegno di legge per la conversione del d.l. n. 1/2012.

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organiche” (art. 1, comma 1 e 1-bis, d. lgs. n. 168/2003).

L’idea sottesa all’intervento legislativo è dunque quella di utilizzare un modello già sperimentato con successo in materia di proprietà industriale ed intellettuale, al fine di disegnare un giudice specializzato, composto da “magistrati dotati di specifiche competenze” (art. 2, comma 1, d. lgs. n. 168/2003), dinanzi al quale concentrare una serie di controversie caratterizzate da particolare complessità tecnica, onde realizzare un’accelerazione della loro decisione, una qualità più elevata della risposta giudiziaria e quindi un recupero di efficienza del sistema con le risorse umane, strumentali e finanziarie esistenti, secondo la nota formula delle

“riforme a costo zero”: stessi giudici, stesso personale amministrativo, stesse strutture materiali, soltanto una ripartizione di competenze nell’ambito degli uffici giudiziari esistenti, quindi una diversa organizzazione del lavoro, senza oneri di bilancio.

L’idea di un giudice specializzato in materia d’impresa non è certo di nuovo conio. Senza risalire agli antichi Tribunali di commercio, la cui vita peraltro fu piuttosto effimera, basti pensare ai disegni di legge delega per la riforma del diritto societario elaborati rispettivamente dalla Commissione Mirone e dalla Commissione Rovelli tra il 1999 e il 2000, nei quali era prevista l’istituzione presso i tribunali delle città sedi di corte d’appello di sezioni specializzate nella trattazione di procedimenti che richiedono un elevato grado di conoscenza nei settori economico e finanziario, dotate di vaste competenze nel settore del diritto societario, del diritto dei mercati finanziari e creditizi, della proprietà industriale ed intellettuale, della concorrenza sleale e in materia fallimentare2; nonché una pluralità di riti differenziati per i processi innanzi ad esse, tesi ad assicurarne efficacia e celerità in funzione di una maggiore efficienza del sistema giudiziario.

Com’è noto, però, in quel contesto, la prospettiva della creazione delle sezioni specializzate in materia di impresa è stata accantonata3 sulla base di argomentazioni

2 Con esclusione peraltro della competenza in materia di dichiarazione di fallimento e delle successive competenze gestorie del tribunale civile.

3 A questo proposito CONSOLO, Le liti societarie e finanziarie: progetti processuali e tipologie di tutele al di là del “favoloso” art. 11, in Corr. giur., 2002, p. 685 s., fece rilevare il

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fondate sull’allontanamento dal giudice naturale e sul meno prosaico timore di perdere clienti ed onorari in seguito alla concentrazione delle cause in pochi uffici giudiziari, pervenendosi quindi all’istituzione non di un giudice specializzato ma di un processo ad hoc per le sole controversie societarie (d. lgs. n. 5/2003)4, le cui disposizioni, peraltro, sono già state consegnate all’archeologia processuale, essendo state abrogate dall’art. 54, l. n. 69/2009.

Quasi parallelamente il legislatore nazionale, in virtù degli obblighi assunti dall’Italia in seno all’Unione europea e disattesi da tempo in ordine all’istituzione di Tribunali dei marchi comunitari in “numero per quanto possibile ridotto” (art. 91 Reg. n. 40/94/CE sul marchio comunitario), superando le resistenze che in sede di riforma del diritto societario avevano impedito la creazione di un giudice specializzato, ha istituito dodici sezioni specializzate, con competenza non solo sui marchi comunitari ma, in applicazione del principio di parità di trattamento, su tutta la materia della proprietà industriale ed intellettuale (d. lgs. 27 giugno 2003, n.

168). Ciò in quanto “l’elevato grado di tecnicismo e la elevata rilevanza economica”5 delle controversie relative a tali materie esigono un giudice dotato di specifiche competenze professionali e tecniche.

Poiché tali sezioni hanno assicurato in questi anni, senza impiego di nuove risorse, un giudice specializzato ed una “corsia preferenziale” per la decisione di controversie particolarmente rilevanti per l’economia italiana6, si è ritenuto di utilizzare lo stesso strumento, adattandolo alle esigenze contingenti, per fronteggiare la cronica lentezza della giustizia civile, che, riflettendosi sulle imprese, impedisce la crescita e lo sviluppo dell’economia e tiene lontani gli

grado di incompiutezza della proposta legislativa, auspicando piuttosto una revisione di più ampio respiro dell’ordinamento giudiziario (fondato sulla contrapposizione tra AGO e giudice amministrativo) e della carta costituzionale seguita dalla creazione di “giudici specializzati per l’impresa”, da affiancare ad altri giudici specializzati in relazione alle diverse tipologie di situazioni giuridiche soggettive tutelabili – lavoro, famiglia, pubbliche amministrazioni, rapporti tributari -, tutti facenti capo ad un “unico ‘portale’ del servizio giustizia, riconducibili cioè “sotto un grande ‘timpano’ di un edificio più complessivo ... che è quello della giurisdizione tout court sulle situazioni giuridiche soggettive dei cittadini, fuori dal quale rimarrebbe unicamente ... la giurisdizione penale”.

4 CASABURI,“Liberalizzazioni” e sezioni specializzate, in Dir. ind., 2012, p. 18

5 Così la Relazione illustrativa al d. lgs. n. 168/2003.

6 CASABURI,“Liberalizzazioni” e sezioni specializzate, cit., p. 13.

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investitori stranieri7.

Insomma, un ennesimo intervento sul processo civile episodico, urgente e, soprattutto, senza impiego di nuove risorse, sia in termini di organico, sia in termini di mezzi da destinare alle nuove sezioni.

Merita segnalare peraltro che nel testo del d.l. n. 1/2012 licenziato dal governo la rubrica dell’art. 2 recava la dizione altisonante “Tribunale delle imprese”, quasi ad evocare un autonomo ufficio giudiziario inquadrato nella giurisdizione ordinaria, come il Tribunale per i minorenni o il Tribunale di sorveglianza, nel testo invece si faceva riferimento a sezioni specializzate in materia d’impresa istituite presso alcune sedi di tribunale e corte d’appello testualmente indicate. In sede di conversione il richiamo al Tribunale delle imprese, che rischiava di essere foriero di dubbi interpretativi sulla reale natura dell’organo giudiziario, è stato soppresso, eliminando così il problema.

Veniamo dunque al risultato finale dell’intervento legislativo.

2. Le sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale già esistenti presso i tribunali e le corti d’appello di dodici città indicate nell’art. 3, comma 1, d. lgs. n. 168/2003, sono state riconvertite in “sezioni specializzate in materia di impresa”.

Ad esse ne sono state affiancate altre “presso i tribunali e le corti d’appello aventi sede nel capoluogo di ogni regione, ove [già] non esistenti”, ad eccezione della Valle d’Aosta, per la quale è stabilita la competenza delle sezioni specializzate presso il tribunale e la corte d’appello di Torino, e della Lombardia, per la quale è prevista una sezione specializzata aggiuntiva presso il tribunale e la corte d’appello di Brescia (art. 3, comma 1-bis, d. lgs. n. 168/2003), che va ad affiancarsi a quella aggiuntiva, già esistente, presso il tribunale e la corte d’appello di Catania.

7 Secondo il ministro della Giustizia, Paola Severino, l’istituzione delle sezioni specializzate per l’impresa dovrebbe consentire un miglior funzionamento dell’amministrazione della giustizia e

attrarre investimenti stranieri in Italia: in

http://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_13_1_1.wp?previsiousPage=mg_6_13&contentId=COM73 6598.

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La previsione di una competenza tendenzialmente regionale, con la sola eccezione della regione Val d’Aosta, del distretto di Brescia e del distretto di Catania, ha reso necessaria una norma di coordinamento. Pertanto, il novellato art. 4, d. lgs. n. 168/2003, dispone che “le controversie ... che, secondo gli ordinari criteri di ripartizione della competenza territoriale e nel rispetto delle normative speciali che le disciplinano, dovrebbero essere trattate dagli uffici giudiziari compresi nel territorio della regione [i tribunali circondariali] sono assegnate alla sezione specializzata avente sede nel capoluogo della regione individuato ai sensi dell’articolo 1. Alle sezioni istituite presso tribunali e corti d’appello non capoluoghi regionali [Brescia e Catania] sono attribuite le controversie che dovrebbero essere trattate dagli uffici giudiziari compresi nei rispettivi distretti di corti d’appello”.

All’ampliamento numerico ed alla nuova nomenclatura corrisponde un corposo aumento della competenza per materia.

Infatti, oltre alle tradizionali materie assegnate alle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale – (a) quelle di cui all’art. 134, Codice della proprietà industriale (CPI)8 e successive modificazioni (ivi comprese le controversie di concorrenza sleale, salvo quelle che non interferiscano, neppure indirettamente, con l’esercizio dei diritti di proprietà industriale, e le controversie in materia di diritto d’autore (art. 3, comma 1, lett. a) e b), d. lgs. n. 168/2003) -, sono altresì attribuite alle neo-istituite sezioni specializzate (b) le controversie relative alla violazione della normativa antitrust nazionale9 e dell’Unione europea (art. 3, comma 1, lett. c) e d), d. lgs. n. 168/2003), nonché, (c) in relazione alle società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata10, alle società

8 Di cui al d. lgs. 10 febbraio 2005, n. 30.

9 Si tratta delle cause di cui all’art. 33, comma 2, l. 287/1990, ossia le azioni di nullità e di risarcimento del danno, nonché i ricorsi intesi ad ottenere provvedimenti d’urgenza in relazione alla violazione delle disposizioni sulla concorrenza di cui ai titoli dal I al IV della medesima legge (il riferimento corre alla violazione delle norme sulle intese restrittive della concorrenza, l’abuso di posizione dominante e le operazioni di concentrazione).

10 L’estensione alle società a responsabilità limitata, alle società per azioni europee, alle società cooperative europee e alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato delle società costituite all’estero è avvenuta in sede di conversione del d.l. n. 1/2012. La versione originaria prevedeva la devoluzione delle controversie societarie relative alle sole società per azioni ed in

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cooperative e mutue assicuratrici11, alle società per azioni europee12, alle società cooperative europee13, alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato delle società costituite all’estero e alle società che rispetto alle stesse esercitano o sono sottoposte a direzione e coordinamento, una serie di “cause” e “procedimenti”

analiticamente individuati, in larga parte coincidenti con quelli già sottoposti al(l’abrogato) rito societario di cui al d. lgs. n. 5/200314; e per finire, (d) le cause ed i procedimenti che presentano ragioni di connessione con le controversie appena indicate.

Da questo lungo elenco sono state espunte, in sede di conversione del d.l. n. 1/2012, le azioni di classe di cui all’art. 140-bis cod. consumo, originariamente assegnate alle sezioni specializzate, quasi a fugare i timori e le riserve che le imprese nutrono nei loro confronti. Di esse, dunque, continueranno ad occuparsi i tribunali ordinari specificamente individuati dal legislatore su base macro regionale (art. 140-bis, comma 4, cod. consumo). La ragione di questa esclusione non è esplicitata nella Relazione illustrativa, può tuttavia presumersi che re melius perpensa si sia ritenuto inopportuno devolvere ad un giudice che appare

“vicino” alle istanze delle imprese un’azione che, di norma, si rivolge “contro” le imprese15, tanto più se si considera che l’accesso a questo tipo di giudice passa per il versamento del contributo unificato in misura (oggi) raddoppiata (originariamente quadruplicata) rispetto alle altre tipologie di controversie, circostanza, questa, che potrebbe scoraggiare la domanda di giustizia e

accomandita per azioni ovvero alle società da queste controllate e che le controllano. Di esse si sarebbero dovute occupare le dodici sezioni specializzate della proprietà industriale riconvertite in sezioni specializzate in materia d’impresa. Da quanto è dato desumere dalla Relazione illustrativa, l’impossibilità di aumentare il numero dei giudici addetti a tali sezioni avrebbe indotto il legislatore a limitare l’intervento legislativo al solo contenzioso riguardante le società di medio- grandi dimensioni. In sede di conversione, però, deve aver fatto premio sul legislatore l’esigenza di evitare la moltiplicazione esponenziale delle questioni di competenza per territorio legate alla frammentazione della competenza in relazione alle dimensioni dell’impresa coinvolta, la cui insorgenza avrebbe rallentato la decisione di merito della lite, frustrando le finalità acceleratorie avute di mira.

11 Di cui al libro V, titolo V, capi V, VI, VII, e titolo VI del codice civile.

12 Di cui al Reg. (CE) n. 2157/2001 del Consiglio, dell’8 ottobre 2001.

13 Di cui al Reg. (CE) n. 1435/2003 del Consiglio, del 22 luglio 2003.

14 Art. 3, comma 2, lett. a), b), c), d), e) e f), d. lgs. n. 168/2003.

15 CASABURI,“Liberalizzazioni” e sezioni specializzate, cit., p. 19.

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conseguentemente porsi in contrasto con l’art. 24 Cost.

Questa eliminazione peraltro non fa venir meno le perplessità sulla funzionalità complessiva del sistema delineato dal legislatore rispetto agli scopi perseguiti.

Si corre il rischio, infatti, che l’assegnazione di una vasta serie materie riconducibili all’area del diritto commerciale istituzionalmente intesa, ma sicuramente disomogenee tra loro, assoggettate per di più a regole processuali diverse, e il carattere normalmente non seriale delle relative controversie, incidano negativamente sulla accelerazione dei relativi processi oltre che sulla specializzazione dei magistrati addetti alle sezioni.

Relativamente a quest’ultimo aspetto, merita senz’altro condivisione l’opinione di chi ritiene che l’elevato tecnicismo, la disomogeneità delle controversie affidate ai giudici delle sezioni specializzate e in generale l’ampliamento della competenza rischia di creare paradossalmente un deficit di specializzazione16. Il livello di specializzazione è infatti inversamente proporzionale all’estensione della competenza: tanto più è estesa la seconda, tanto minore è il grado di specializzazione dei magistrati addetti17, trattandosi di specializzazione “debole”, non garantita cioè da titoli di specializzazione acquisiti dai magistrati che vengono a far parte della sezione, ma acquisita sul campo, quale risultato della “frequentazione” della materia18.

Inoltre l’affidamento di competenze “a macchia di leopardo” e non per blocchi completi ed omogenei di materie lascia presumere l’insorgere di numerose questioni relative all’individuazione del giudice competente, che rappresentano il principale ostacolo al perseguimento dell’obiettivo di una giurisdizione sollecita ed

16 In termini, cfr. CASABURI,“Liberalizzazioni” e sezioni specializzate”, cit., p. 21.

17 Così SILVETTI,Nasce (male) il Tribunale delle imprese, in Fin. e merc. del 25 gennaio 2012.

18 Cfr., sul punto, FLORIDIA,Sulla “despecializzazione” delle Sezioni specializzate, in Dir.

ind., 2008, p. 294 s. Tanto si ricava anche dalla circolare “sulla formazione delle tabelle di organizzazione degli uffici giudicanti per il triennio 2012-2014 adottata con delibera del CSM 21 luglio 2011), ove al par. 41.3 si legge che nell’assegnazione dei magistrati alle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale si tiene conto della specifica esperienza nel settore del posto da ricoprire.

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efficiente19. Ciò soprattutto se si considera l’atteggiamento finora assunto dalla S.C. in ordine ai rapporti tra la sezione specializzata in materia di proprietà industriale ed intellettuale e quelle ordinarie del medesimo ufficio giudiziario.

Infatti, sebbene la giurisprudenza di merito prevalente, a fronte dell’erronea devoluzione di una determinata causa alla sezione specializzata o a quella ordinaria, ritenesse che non si fosse in presenza di una questione di competenza a norma dell’art. 38 c.p.c., bensì solo di una mera ripartizione degli affari all’interno del medesimo ufficio giudiziario20, la Cassazione, in sede di regolamento di competenza, ha ritenuto l’esatto contrario21. Ha affermato che, sebbene le sezioni specializzate per la proprietà industriale ed intellettuale siano organizzativamente e burocraticamente inserite nell’ufficio del tribunale o della corte d’appello di appartenenza, il legislatore ha attribuito loro una specifica “competenza” (per territorio e per materia) ed ha assegnato al Presidente delle rispettive sezioni specializzate le competenze normalmente riservate dalla legge al Presidente del tribunale e della corte d’appello, indici rivelatori, questi, di un’autonoma potestà giurisdizionale di dette sezioni, con la conseguenza che il rapporto tra sezione specializzata e sezioni ordinarie dello stesso Tribunale va inquadrato nella questione di competenza di cui all’art. 38 c.p.c.

Le argomentazioni utilizzate dalla Cassazione si attagliano senz’altro alle

19 In questi termini, cfr. il parere del CSM sul D.L. 24 gennaio 2012 n. 1: “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”, reso con delibera consiliare del 22 febbraio 2012, § 2, pag. 5.

20 In questi termini, v. Trib. Milano, 13 luglio 2006, in Dir. ind., 2006, p. 582; Trib. Torino 24 aprile 2008, in Foro it., 2009, I, c. 1285. In dottrina, a sostegno di questa tesi, si è osservato che qualora una causa devoluta alle sezioni specializzate sia proposta innanzi ad un ufficio giudiziario sede di sezione specializzata, ma venga erroneamente assegnata ad una sezione civile ordinaria (o viceversa), non si pone un problema di competenza, ma solo una questione di riparto interno delle attribuzioni tra le sezioni, senza conseguenze processuali rilevanti: così CASABURI, Il Giudice della proprietà industriale (ed intellettuale), in Riv. dir. ind., 2005, I, p. 201; contra, invece, PRADO, Sezione specializzata e assegnazione della causa, in Dir. ind., 2006, p. 585, spec. nt. 5, secondo cui il rapporto tra sezione specializzata e sezione ordinaria del medesimo ufficio è riconducibile alla competenza, in quanto il legislatore non si è limitato ad attribuire delle

“funzioni” ai tribunali ed alle corti d’appello, ma ha istituito presso gli stessi le sezioni specializzate, stabilendo la “composizione delle sezioni e degli organi giudicanti”, quindi determinando un ufficio con precise, specifiche, preordinate caratteristiche e con specifiche e distinte competenze, un giudice cioè cui non può negarsi la caratteristica di “organo giurisdizionale preposto per legge alla garanzia di determinati diritti ed interessi”.

21 Cfr. Cass. 25 settembre 2009, n. 20690, in Dir. ind., 2010, p. 50.

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nuove norme (cfr. il tenore invariato dell’art. 5, d.lgs. n. 168/2003), con conseguenze facilmente prevedibili in termini di dilatazione dei tempi processuali.

3. Passando ora ad un esame più analitico delle disposizioni sulla competenza per materia, nessuna particolare criticità evidenzia il novellato art. 3, comma 1, lett. a) e b), d. lgs. n. 168/2003, laddove si riferisce alle controversie di cui all’art. 134 CPI e alle controversie in materia di diritto d’autore. Si tratta delle materie già devolute alla cognizione delle sezioni specializzate della proprietà industriale ed intellettuale, che come tali vengono oggi attribuite alle nuove sezioni specializzate, con richiamo espresso alle controversie in materia di diritto d’autore, per evitare ogni dubbio interpretativo al riguardo22. Peccato, però, che non si sia colta l’occasione per devolvere con pienezza le controversie in materia di concorrenza sleale23, anche quelle “che non interferiscono, neppure indirettamente, con l’esercizio dei diritti di proprietà industriale” (arg. ex art. 134, comma 1, CPI)24.

Un unico dubbio nasce dalla lettura dell’art. 134, comma 1, ultima parte, CPI e dell’art. 3, comma 3, d.lgs. n. 168/2003, nella parte in cui si riferiscono alle cause connesse.

Stando al tenore della prima delle richiamate disposizioni, rientrano nella cognizione delle sezioni specializzate della proprietà industriale ed intellettuale (tra gli altri) “i procedimenti giudiziari ... in materie che presentano ragioni di connessione, anche impropria, con quelle di competenza d[i] [tali] sezioni”.

A suo tempo, rispetto a tale norma, era stato segnalato il rischio di lasciare spazio ad un’eccessiva discrezionalità interpretativa potenzialmente foriera di un allargamento smisurato della competenza del giudice specializzato, a tutto

22 Si segnala, infatti, che il CPI taceva sulle controversie in materia di diritto d’autore e la competenza delle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale in materia era ricondotta all’art. 3, d. lgs. n. 168/2003, non abrogato implicitamente dal CPI: in argomento cfr. CASABURI,Il Giudice della proprietà industriale (ed intellettuale), cit., p. 213 s.

23 In questi termini, cfr.CASABURI,“Liberalizzazioni” e sezioni specializzate”, cit., p. 18.

24 Su tali aspetti, per il passato, si veda VISAGGIO,La competenza delle sezioni specializzate in materia di concorrenza sleale ai sensi del C.p.i., in Dir. ind., 2007, p. 251 ss.

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svantaggio della certezza del diritto e della efficacia della tutela giurisdizionale25. A ciò si aggiunga che, oggi, il novellato art. 3, comma 3, d. lgs. n. 168/2003, devolve alle sezioni specializzate in materia d’impresa “le cause ed i procedimenti che presentano ragioni di connessione con quelli di cui ai commi 1 e 2”. I procedimenti di cui al comma 1, come si è detto, sono quelli relativi alle controversie contemplate nell’art. 134 CPI e tale articolo già estende la competenza alle cause astrette da un vincolo di connessione, anche impropria.

Il rischio è che, sulla base del combinato disposto di tali articoli, la competenza per materia delle sezioni specializzate sia estesa alle cause connesse a quelle che, a loro volta, presentano ragioni di connessione con quelle di proprietà industriale di cui all’art. 134 CPI, con un aumento abnorme del contenzioso ad esse affidato ed evidenti ricadute negative sulle finalità acceleratorie perseguite dal legislatore.

4. Quanto alle controversie relative alla violazione della normativa antitrust nazionale e dell’Unione europea (art. 3, comma 1, lett. c) e d), d. lgs. n. 168/2003), la loro devoluzione alle sezioni specializzate per l’impresa soddisfa le istanze da più parti avanzate di riordino delle competenze giurisdizionali per l’applicazione del diritto antitrust nelle controversie tra privati.

In Italia, infatti, a causa del susseguirsi di interventi normativi non coordinati, la gestione del private enforcement delle norme antitrust risultava ripartita tra giudici diversi: a) l’accertamento e la repressione delle violazioni della disciplina antitrust nazionale era demandata, ai sensi dell’art. 33, comma 2, l. n. 287/199026, alla competenza esclusiva in unico grado della corte d’appello (decisione in composizione collegiale27); b) le violazioni della normativa antitrust dell’Unione

25 In questi termini, cfr. FERRARI,Note a prima lettura sulle norme processuali contenute nel codice della proprietà industriale, in Riv. dir. ind., 2005, I, p. 371.

26 Ai sensi di tale articolo “le azioni di nullità e di risarcimento del danno, nonché i ricorsi diretti ad ottenere provvedimenti d’urgenza in relazione alla violazione delle disposizioni di cui ai titoli dal I al IV sono promossi davanti alla corte d'appello competente per territorio”.

27 Fermo restando, peraltro, che la trattazione del procedimento è monocratica: in termini cfr. App. Milano 2 maggio 2003, in Dir. ind., 2003, p. 537; App. Catanzaro 10 marzo 1998, in Riv.

dir. comm., 2000, II, p. 30.

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europea, invece, dovevano essere conosciute dal tribunale o dal giudice di pace (decisione monocratica), a seconda del valore della controversia, e rispetto ad esse era possibile il doppio grado di giurisdizione; c) quanto poi agli “illeciti afferenti all’esercizio dei diritti di proprietà industriale” ai sensi della disciplina antitrust nazionale ed europea, a dirimere le relative controversie erano chiamate le sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale (decisione in composizione collegiale28) (art. 134, comma 1, lett. a) CPI); e infine, d) le azioni di classe ex art. 140-bis cod. consumo per le violazioni delle norme antitrust nazionali ed europee, volte alla tutela dei diritti (ieri identici, oggi) omogenei al ristoro del pregiudizio derivante ai consumatori ed utenti “da pratiche commerciali scorrette o da comportamenti anticoncorrenziali”, erano e continuano ad essere devolute al tribunale ordinario (competente su base macro regionale) del luogo in cui ha sede l’impresa (trattazione (e decisione) in composizione collegiale)29, a causa, come segnalato, della modifica apportata in sede di conversione del d.l. n. 1/2012.

Il legislatore, evidentemente persuaso che la ripartizione di competenze in capo a giudici diversi a seconda dell’estensione geografico/commerciale degli effetti pregiudizievoli sul mercato, dei destinatari e dei diritti coinvolti genera incertezza e discontinuità sia sotto il profilo delle garanzie giurisdizionali (riserva di collegialità/monocraticità, unico/doppio grado di giurisdizione) e dei rimedi nella gestione delle liti30, sia per lo spreco di tempi e di risorse nel contenzioso al fine di individuare il giudice competente31, ha posto in essere un intervento di riordino incentrato sulla tendenziale attribuzione alle sezioni specializzate per l’impresa istituite presso i tribunali e le corti d’appello (in quanto giudice specializzato nella materia della concorrenza sebbene solo “interferente”) dell’intera competenza per l’applicazione della disciplina antitrust, nazionale ed

28 Ai sensi dell’abrogato art. 2, d. lgs. n. 168/2003.

29 Su tali aspetti sia consentito il rinvio a SANTAGADA, Il processo di classe davanti ai tribunali macro regionali, in Giust. civ., 2010, p. 433 ss.

30 Secondo SCUFFI, Le sezioni specializzate in funzione di “giudice unico” della concorrenza, in Dir. ind., 2011, p. 273, a fronte di analoghe condotte materiali e pratiche anticoncorrenziali diverse solo per l’estensione geografica degli effetti, i rimedi sarebbero più ampi ed articolati in capo al tribunale rispetto a quelli riservati alla corte d’appello.

31 Così SCUFFI,Le sezioni specializzate in funzione di “giudice unico” della concorrenza, cit., p. 272.

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europea, nelle controversie tra privati, con previsione del doppio grado di giurisdizione32, ad esclusione delle sole violazioni della disciplina antitrust, che possono essere dedotte con l’azione di classe di cui all’art. 140-bis cod. consumo.

Con riguardo a quest’ultima tipologia di controversie, sull’esigenza di risolvere i problemi di coordinamento legati alla proposizione davanti a giudici diversi di azioni di classe e di azioni individuali da parte di consumatori ed utenti che alla prima non abbiano aderito (art. 140-bis, comma 14, cod. consumo)33, deve aver fatto premio l’esigenza “politica” di non devolvere ad un giudice istituito per favorire le imprese una tipologia di controversie istituzionalmente diretta contro le stesse.

Peraltro, rispetto allo schema del disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza per l’anno 2011, che pure prevedeva la concentrazione delle competenze in capo alle sezioni specializzate per la proprietà industriale ed intellettuale, l’intervento legislativo è stato di portata più ridotta. In quella sede era espressamente prevista la competenza del giudice specializzato in ordine ai “ricorsi intesi ad ottenere provvedimenti d’urgenza, anche inibitori”, per la violazione di disposizioni contenute nella normativa antitrust nazionale ed europea. Ciò per garantire l’esercizio del potere inibitorio-ripristinatorio da parte del giudice ordinario, talora negato34 in virtù della concorrenza con l’analogo potere spettante

32 V. infatti il testo novellato dell’art. 33, comma 2, l. n. 287/1990.

33 Per la segnalazione dei problemi di coordinamento, si veda SCUFFI, Tutela antitrust del consumatore e azione di classe, in Dir. ind., 2009, p. 352.

34 Cfr. l’art. 24 dello schema di disegno di legge riportato da SCUFFI,Le sezioni specializzate in funzione di “giudice unico” della concorrenza, cit., p. 273. Secondo l’Autore in questione l’inserimento espresso, tra i provvedimenti d’urgenza, di quelli “inibitori” è il frutto dell’evoluzione giurisprudenziale in materia (p. 274). Egli segnala infatti il passaggio da una giurisprudenza basata su un’interpretazione restrittiva dell’art. 33, 2° comma, l. n. 287/1990, secondo cui le corti d’appello sarebbero destinatarie per legge delle sole azioni di nullità e di risarcimento del danno e dei provvedimenti d’urgenza strettamente inerenti all’oggetto implicato da quelle domande di merito, ad una giurisprudenza basata invece su una lettura più ampia della norma in questione, che ritiene sufficiente, sul piano cautelare, un nesso di pertinenza e funzionalità tra la misura ed il provvedimento definitivo tale da poter dimensionare la misura alla situazione in concreto da proteggere, adottando quella di volta in volta più confacente in vista della futura pronuncia di nullità e di risarcimento del danno, al fine di impedire l’ampliamento e/o l’aggravamento del danno nelle more del giudizio di merito. Peraltro, il riferimento espresso nello schema di disegno legislativo al potere inibitorio in funzione cautelare dovrebbe consentire un’interpretazione orientata a favore del suo esercizio anche si sede di merito, ove naturalmente il giudizio prosegua per il risarcimento del danno (p. 276).

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all’Autorità Garante della concorrenza e del mercato35.

Nulla di tutto ciò è stato riprodotto nel decreto-legge liberalizzazioni.

5. Venendo ora alla disamina delle competenze lato sensu “societarie”, individuate in base alle fonti ed alle materie, balza subito all’attenzione dell’interprete che la formulazione della norma reitera, con qualche aggiunta e qualche eliminazione, l’abrogato art. 1, comma 1, d. lgs. n. 5/2003, relativo all’ambito di applicazione del c.d. rito societario.

Essa opera innanzitutto una sorta di regolamento di confini, circoscrivendo l’ambito della devoluzione relativamente ad alcune tipologie di società. Prosegue, poi, con una dettagliata elencazione, dalle “sembianze più esemplificative che tassative”36, che vale a delimitare la competenza per materia delle sezioni specializzate in ordine a talune “cause” e taluni “procedimenti” “societari”.

La distinzione tra cause e procedimenti, frutto di un ripensamento del legislatore in itinere, intende eliminare ogni dubbio circa l’estensione della competenza anche ai procedimenti di volontaria giurisdizione, che spesso riguardano aspetti rilevantissimi nella vita della società e sono connessi con la materia oggetto del contenzioso devoluto alle nuove sezioni specializzate37.

Quanto alle “cause” e “procedimenti” elencati nell’art. 3, comma 2, lett. a),

35 Merita segnalare peraltro che, a tacer d’altro, le decisioni dell’Autorità Garante sono intrinsecamente diverse da quelle dell’AGO non solo nel contenuto ma anche sotto il profilo della loro azionabilità, esse infatti non costituiscono titolo esecutivo.

36 L’espressione di cui al testo, riferita all’art. 1, comma 1, lett. a), b) e c), d. lgs. n. 5/2003, è di DALMOTTO, sub Art. 1-24, in COTTINO, BONFANTE, CAGNASSO, MONTALENTI (a cura di), Il nuovo diritto societario, Bologna, 2004, p. 2775. Il carattere esemplificativo dell’elencazione induce a ritenere che alle controversie espressamente previste, se ne possono comunque aggiungere altre in via interpretativa, utilizzando anche le indicazioni contenute nella circolare del Ministero della giustizia del 2 agosto 2000, relativa alle varie voci delle iscrizioni a ruolo. Così, a mero titolo esemplificativo, si possono ritenere comprese la nomina del liquidatore, la convocazione dell’assemblea su richiesta dei soci, la nomina dell’esperto per la stima dei conferimenti o del patrimonio sociale, la denunzia ex art. 2409 c.c, la nomina del rappresentante comune degli obbligazionisti, il ricorso al giudice del registro: sul punto cfr. DALFINO,Commento sub art. 1, in COSTANTINO (a cura di), I procedimenti in materia commerciale, Padova, 2005, p.

18. 37 Cfr. parere del CSM sul D.L. 24 gennaio 2012 n. 1: “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”, reso con delibera consiliare del 22 febbraio 2012, § 2, pag. 4.

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d. lgs. n. 168/2003, coincidenti con quelli già ricompresi nell’art. 1, comma 1, lett. a), d. lgs. n. 5/2003, si segnala, sulla scorta dei pregressi risultati interpretativi, che la locuzione “rapporti societari” indica i soli rapporti interni alla società, le materie attinenti all’organizzazione interna della società, cioè i c.d. “rapporti societari diretti”, quelli che traggono origine e fondamento dal rapporto di società, con esclusione dei rapporti che la società intrattiene con i terzi38.

In questo ambito rientrano senz’altro le impugnazioni delle deliberazioni assembleari o del consiglio di amministrazione, le controversie tra socio e singoli organi societari (ad es. la richiesta del socio di convocazione dell’assemblea ex art.

2367 c.c.) e tra organi societari e società, incidenti direttamente sull’organizzazione sociale (es. revoca dell’amministratore (art. 2383, comma 3, c.c.) o di un componente del collegio sindacale (art. 2400, comma 2, c.c.)39.

La precisazione che nell’ambito dei rapporti societari sono da ritenere inclusi

“quelli concernenti l’accertamento, la costituzione, la modificazione o l’estinzione di un rapporto societario” impone di ritenere contemplate le vicende che concernono l’acquisto e la perdita della qualità di socio per recesso o esclusione, la modificazione del titolo o della misura della sua partecipazione e possibili contestazioni in merito a tali vicende40.

Circa le azioni di responsabilità, si riproduce pedissequamente il richiamato art. 1, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 5/2003, con l’aggiunta, peraltro, dell’azione di responsabilità “contro il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari” (art. 2434 c.c.), figura, questa, obbligatoria per le società emittenti quotate aventi l’Italia come Stato membro di origine, facoltativa per le altre, introdotta nell’art. 154-bis TUF ad opera della l. 28 dicembre 2005, n. 262 (c.d.

legge sul risparmio), successivamente quindi al citato d. lgs. n. 5/2003.

L’ultima parte dell’art. 3, comma 2, d. lgs. n. 168/2003, rispetto alla norma assunta come archetipo, implementa il novero delle azioni nominate con le

38 DALFINO,Commento sub art. 1, cit., p. 18.

39 MONTANARO,Commento sub art. 1, in ARIETA-DE SANTIS (a cura di), Commentario dei processi societari, Torino, 2007, p. 15.

40 MONTANARO,Commento sub art. 1, cit., p. 21 s.

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opposizioni dei creditori sociali alla deliberazione di riduzione del capitale sociale della società per azioni e della responsabilità limitata (artt. 2445, comma 3, e 2482, comma 2, c.c.), alla deliberazione di costituzione del patrimonio destinato (art.

2447-quater, comma 2, c.c.), alla deliberazione di revoca dello stato di liquidazione della società (art. 2487-ter, comma 2, c.c.), alla deliberazione di fusione (art. 2503, comma 2, c.c.) e di scissione (art. 2506-ter, comma 5, c.c.) e con le opposizioni degli obbligazionisti alle deliberazioni anzidette di fusione e scissione (artt. 2503- bis, comma 1, e 2506-ter, comma 5, c.c.), al fine di evitare dubbi interpretativi, potenzialmente generatori di questioni di competenza tra la sezione specializzata e la sezione ordinaria.

Le successive lett. b) e c) dell’art. 3, comma 2, d. lgs. n. 168/2003, sono sostanzialmente la trasposizione pedissequa di quanto già previsto dal d. lgs.

n. 5/2003 - controversie relative “al trasferimento delle partecipazioni sociali o ad ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali o i diritti inerenti” e

“in materia di patti parasociali, anche diversi da quelli regolati dall’art. 2341-bis del codice civile”.

In ordine alle prime, ci si limita a segnalare il singolare utilizzo della locuzione “negozio”, ritenuta forse inclusiva, rispetto alla categoria giuridica del contratto, delle controversie aventi ad oggetto trasferimenti mortis causa di partecipazioni sociali o di diritti inerenti, cioè quelli realizzati mediante testamento o legato41.

Quanto alle seconde, la versione originaria della norma, contenuta nel d.l. n.

1/2012, si riferiva genericamente ai patti parasociali. In sede di conversione si è adottata invece la formulazione più completa di cui all’art. 1, comma 1, lett. c), d.

lgs. n. 5/2003 - “patti parasociali, anche diversi da quelli regolati dall’art. 2341- bis del codice civile” - senza però menzionare gli “accordi di collaborazione” di cui all’art. 2341-bis, ultimo comma, c.c., ivi previsti.

A fronte di una vocazione potenzialmente omnicomprensiva della norma previgente - come testimonia il riferimento ai patti parasociali “atipici”, frutto

41 MONTANARO,Commento sub art. 1, cit., p. 32.

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dell’autonomia privata e non disciplinati dall’art. 2341-bis c.c. - non si comprende la ragione sottesa alla mancata riproduzione degli accordi di collaborazione, né essa risulta esplicitata nella Relazione illustrativa. Si può avanzare l’ipotesi che il legislatore non abbia inteso reiterare la formulazione inesatta della norma previgente, che più propriamente avrebbe dovuto riferirsi ai “patti strumentali ad accordi di collaborazione”. La disposizione del codice civile richiamata discorre, infatti, di “patti strumentali ad accordi di collaborazione nella produzione e nello scambio di beni o servizi e relativi a società interamente possedute dai partecipanti all’accordo”.

Peraltro, come rilevato da autorevole dottrina, trattandosi di “clausole e patti ... ancillari ad accordi di joint venture, ritenuti utili anche per non creare situazioni di sfavore per le società italiane in concorrenza con quelle straniere, ... potrebbero avere rilevanza anticoncorrenziale e quindi ricadere nella normativa antitrust”42, conseguentemente le controversie ad essi inerenti potrebbero comunque essere conosciute dalle sezioni specializzate, allorché sia dedotta una violazione della disciplina antitrust (art. 3, comma 1, lett. c) e d), d. lgs. n. 168/2003).

Proseguendo nella disamina delle competenze, ci si imbatte nelle controversie

“aventi ad oggetto azioni di responsabilità promosse dai creditori delle società controllate contro le società che le controllano” (art. 3, comma 2, lett. d), d. lgs. n.

168/2003). Si tratta evidentemente dell’azione di responsabilità di cui all’art. 2497, comma 3, c.c. proponibile dal socio o dal creditore sociale “contro la società o l’ente che esercita l’attività di direzione e coordinamento, solo se non sono stati soddisfatti dalla società soggetta alla attività di direzione e coordinamento”.

A parte il riferimento alle società controllanti e controllate, qualificabile come refuso, in quanto la formulazione originaria dell’art. 3, comma 2, ultimo alinea, menzionava società “controllate” e controllanti in luogo di società che (rispetto alle altre espressamente menzionate) “esercitano o sono sottoposte a direzione e coordinamento”, colpisce il fatto che l’azione di responsabilità di cui possono conoscere le sezioni specializzate sia solo quella proposta dai creditori sociali, non

42 In questi termini, cfr. GAMBINO-SANTOSUOSSO, Società di capitali, II, Torino, 2010, p. 36.

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anche quella proposta dai soci, che verosimilmente sarà proponibile dinanzi alle sezioni ordinarie. Di tale divaricazione di competenze non è dato comprendere la ragione.

Sempre nell’orbita delle attività di direzione e coordinamento si collocano le controversie (i) in materia di società che sono sotto influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa (2359, comma 1, n. 3), (ii) in materia di società o ente che, fuori dalle ipotesi di controllo cui all'articolo 2497-sexies, esercita attività di direzione e coordinamento di società sulla base di un contratto con le società medesime o di clausole dei loro statuti (art. 2497-septies c.c.), nonché (iii) quelle relative al contratto con cui più cooperative appartenenti anche a categorie diverse regolano, anche in forma consortile, la direzione e il coordinamento delle rispettive imprese (art. 2545-septies c.c.), il che rende evidente quanto sia dilatato l’ambito della competenza per materia delle neo-istituite sezioni specializzate (art. 3, comma 2, lett. e), d. lgs. n. 168/2003).

Per finire, particolare attenzione merita la previsione di cui all’art. 3, comma 2, lett. f), d. lgs. n. 168/2003, concernente le controversie relative “a contratti pubblici di appalto di lavori, servizi o forniture di rilevanza comunitaria dei quali sia parte una società ... [rientrante in una delle tipologie previste dal medesimo articolo], ovvero quando una delle stesse partecipa al consorzio o al raggruppamento temporaneo cui i contratti sono stati affidati, ove comunque sussista la giurisdizione del giudice ordinario”.

L’affidamento delle controversie in materia di appalti pubblici alle vecchie sezioni specializzate per la proprietà industriale era stato già “preconizzata”

dall’art. 15, d.l. 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla l. 28 febbraio 2008, n. 31, che, disponendo una proroga dei termini “al fine di consentire la devoluzione della competenza alle sezioni specializzate”, implicitamente devolveva a dette sezioni le controversie in materia di contratti pubblici di appalto, non più arbitrabili a seguito dell’introduzione del divieto di stipulazione di clausole compromissorie e compromessi relativi ad essi43. Tale previsione è rimasta tuttavia

43 CASABURI,“Liberalizzazioni” e sezioni specializzate”, cit., p. 17 s.

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lettera morta, a causa dei rilievi critici in ordine alla “despecializzazione” delle sezioni della proprietà industriale ed intellettuale e alla subdola elusione dell’intervento del Ministero della Giustizia e del CSM, peraltro necessario, attesa l’incidenza della modifica sull’ordinamento giudiziario44.

Il legislatore, ora, nel porre mano ad un intervento con finalità dichiaratamente acceleratorie del processo, in vista di una riduzione dei tempi di definizione delle controversie e, di riflesso, di una maggiore competitività delle imprese sul mercato, fermo restando il riparto di giurisdizione tra giudice amministrativo e giudice ordinario quale risultante dall’art. 133, comma 1, lett. e), cod. proc. amm., ha ritenuto di affidare alle sezioni specializzate per l’impresa le controversie relative a contratti pubblici di appalto di lavori, servizi o forniture di rilevanza comunitaria (quando di essi sia parte una delle società destinatarie delle norme in questione) rientranti nella giurisdizione del giudice ordinario.

L’impressione è che abbia voluto realizzare una sorta di “bilanciamento” rispetto agli interventi in chiave acceleratoria dei processi riguardanti gli appalti pubblici che si svolgono davanti al giudice amministrativo (in quanto rientranti nella sua giurisdizione esclusiva) operati dal d. lgs. 20 marzo 2010, n. 53, prima, in attuazione della II direttiva ricorsi 2007/66/CE, e dal d. lgs. 2 luglio 2010, n. 104, recante il codice del processo amministrativo, poi, mediante la riduzione dei termini processuali e pre-processuali.

Se è vero che, in questa materia, l’area della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo è ben più estesa rispetto all’area spettante al giudice ordinario45 - le controversie relative al rapporto contrattuale che s’instaura con la stipulazione del contratto d’appalto, nonché quelle relative ad atti di autotutela privatistica (cd. interna), che incidono direttamente sul contratto, quali il recesso e la risoluzione contrattuale - cionondimeno è facile pronosticare che il numero delle controversie devolute alle sezioni specializzate non sarà esiguo.

44 Cfr. FLORIDIA,Sulla “despecializzazione” delle Sezioni specializzate, cit., p. 295.

45 PROIETTI,Riparto di giurisdizione e di competenze legislative in tema di appalti: stipula del contratto e revoca dell’aggiudicazione, in Urb. e app., 2011, p. 424 ss.

(19)

6. Le misure introdotte saranno veramente in grado di accrescere la competitività delle imprese sul mercato?

Se si considera che la riforma avverrà a “costo zero”, senza incremento dell’organico dei magistrati e del personale amministrativo, e che ai giudici delle sezioni specializzate per l’impresa potrà essere assegnata anche la trattazione di processi diversi, purché ciò non comporti ritardo nella trattazione e decisione dei giudizi in materia d’impresa46, si può sin d’ora presagire, senza voler essere una Cassandra, la vanificazione degli obiettivi di celerità e qualità delle decisioni avuti di mira.

Si aggiunga poi che, sebbene sia devoluta al giudice specializzato un’enorme fetta di contenzioso, il fatto che esulino le controversie relative alle società di persone, quelle in materia di contratti commerciali, le procedure legate all’insolvenza civile, nonché le controversie volte a consentire alle imprese il recupero dei loro crediti, pochi, se non nulli saranno i riflessi benefici in termini di competitività delle imprese.

Infine, al di là della congruità delle misure rispetto alle finalità da perseguire, il sistema messo a punto evidenzia alcune criticità non irrilevanti.

Innanzitutto v’è il rischio che attraverso il potenziamento della specializzazione dei giudici si metta in discussione il principio dell’equiordinazione dei magistrati (che si distinguono solo per le funzioni esercitate), strumentale all’effettività della garanzia di accesso paritario alla giustizia da parte di tutti i cittadini47.

Per non dire poi della creazione di un doppio binario, una giustizia di serie A per le imprese che possono “pagare” per avere un servizio giustizia migliore, e una giustizia di rango inferiore per i meno possidenti.

FILOMENA SANTAGADA

46 Art. 2, comma 2, d. lgs. n. 168/2003.

47 V. parere del CSM sul D.L. 24 gennaio 2012 n. 1: “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”, reso con delibera consiliare del 22 febbraio 2012, § 1, pag. 2, ove si segnala il temperamento, nell’ambito della normazione secondaria, dell’obiettivo della specializzazione delle competenze negli uffici giudiziari con la regola della cd. decennalità, al fine di realizzare una specializzazione dell’ufficio e non del singolo giudice.

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