• Non ci sono risultati.

Gruppi telematici e comunità virtuali: potenzialità e rischi derivanti dall’utilizzo dei nuovi strumenti interattivi

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Gruppi telematici e comunità virtuali: potenzialità e rischi derivanti dall’utilizzo dei nuovi strumenti interattivi"

Copied!
17
0
0

Testo completo

(1)

gruppi nella clinica

Gruppi telematici e comunità virtuali:

potenzialità e rischi derivanti dall’utilizzo dei nuovi strumenti interattivi

GIOVANNI FERRARO

, MARIE DI BLASI

∗∗

Riassunto

Con l’odierna diffusione delle nuove tecnologie informatiche e della comuni- cazione, l’uso del computer diviene sempre più prioritario nell’ambito della comunicazione all’interno dei gruppi. L’utilizzo dell’interazione mediata da computer in molti contesti relazionali, formativi e professionali, ha incorag- giato gli studi volti alla conoscenza dei processi gruppali all’interno di tali am- biti. In termini psicoanalitici, il “Cyberspazio” si configura quale “spazio tran- sizionale”, interzona tra il sé e l’altro da sé in cui poter esprimere o ancora a- gire fantasie e frustrazioni, ansie e desideri. Sebbene la rete semplifichi note- volmente la vita di tutti i giorni, per alcuni soggetti, i cosiddetti “addicted”, ai benefici si accompagnerebbero alcuni effetti nocivi, tra cui, comportanti di fuga ed evasione dalla realtà, similmente a quanto accade nel caso di dipen- denza da alcol o sostanze psicoattive. Si configura pertanto il fenomeno di dipendenza dalla rete, che dà origine a sintomi di tolleranza, di astinenza e comportamentali, nonché compromissioni nella sfera affettiva, relazionale e socio-lavorativa. Internet rappresenta una risorsa individuale e sociale d’indiscutibile valenza, ma, proprio per questo, occorre conoscerne, insieme alle sue potenzialità, i rischi e i pericoli associati, affinché ciò possa contribui- re al potenziamento della capacità di controllo sulle innovazioni tecnologiche, impedendo in tal modo di esserne irrimediabilmente sommersi e oppressi.

Parole chiave: Internet; Cyberspazio; Pericoli.

Psicologo clinico e di comunità, Palermo.

∗∗ Professore Associato di Psicologia delle Tossicodipendenze - Università di Pa- lermo, Psicologo, Psicoterapeuta.

(2)

Telematic Groups and Virtual Communities: potenziality and risk de- riving from the use of new interactive instruments

Abstract

With the increasing spread of the new information and communication tech- nologies, more and more people are accessing various on-line resources each day. The use of computer-supported interaction has become a primary fea- ture of communication among group members. Because groups communi- cate via the use of computers in many personal, educational, and professional settings, it is important to continue and encourage the study of group proc- esses in such environments. In psychoanalytic terms, computers and cyber- space may become a type of "transitional space”, an intermediate zone be- tween self and other, that is part self and part other. Under less than optimal conditions, people use this psychological space to simply vent or act out their fantasies and the frustrations, anxieties, and desires Even though the net semplify our life, for some people ,the so-called addicted, these benefits are becoming detriments. In many case the Internet provides an escape from re- ality and everyday problems just like alcohol or drugs: the internet addiction is a disorder involving tolerance, withdrawal and abstinential symptoms, af- fective disturbances and interruption of social relationships and job’s activi- ties. Internet rappresents an enormous social and individual resource, but it’s important to know its dangers and limits as well as its potensialities to in- crease the capability of ruling the technological innovation without being overwhelmed by it.

Key words: Internet, Cyberspace, Dangers.

(3)

1. Introduzione

Le innovazioni tecnologiche in ambito comunicativo, oggi più che mai, stan- no modificando considerevolmente le modalità con le quali gli esseri umani entrano in contatto tra loro, interagiscono e scambiano informazioni di vario tipo.

L’incontrovertibile diffusione massiva delle nuove tecnologie mediatiche sembra rispondere al bisogno, più che mai condiviso, di controllo degli eventi fisici, alimentando sempre più l’innata necessità dell’uomo di scavalcare e/o annullare le distanze spazio temporali dettate dal reale.

Nuove abitudini e nuovi linguaggi sono stati introdotti dai considerevoli mu- tamenti tecnologici che stanno influenzando in maniera non indifferente le modalità attraverso le quali gli individui sperimentano la relazione interperso- nale.

Nell’ambito della rivoluzione elettronico-mediatica attualmente in crescita, l’esplosione di internet (oggi si contano quasi 23 milioni di utenti nel mondo) rappresenta il fenomeno più significativo in merito, soprattutto per le in- fluenze apportate sui codici comunicazionali, nonché affettivi e rappresenta- zionali.

Benché nata circa trent’anni fa, la rete ha avuto la sua massiva espansione e la sua consacrazione quale strumento mediatico a diffusione planetaria, solo in quest’ultimo decennio attraverso la nascita e la diffusione del WEB (World Wide Web), il sistema di comunicazione ipertestuale e ipermediale, che ha con- ferito ad internet caratteristiche di strumento di comunicazione di massa.

Proseguendo quello che è stato il cammino dei media che lo hanno precedu- to, e al contempo riprendendoli e sintetizzandoli tutti, il web oggi sta struttu- rando un nuovo sistema di aggregazione relazionale, nonché di organizzazio- ne mentale, sociale e rappresentazionale del mondo.

L’utilizzo di strumenti comunicativi sempre più all’avanguardia, come cellulari di ultima generazione e sistemi di reti iper-veloci, si configura come un pro- lungamento delle normali funzioni mentali umane: è a tal proposito che, col termine Psicotecnologia, De Kerckhove (1996) allude a quell’insieme di strumen- ti capaci di emulare e ampliare le potenzialità della psiche.

In tal senso i media elettronici, oltre a costituire potenti sistemi capaci di tra- smettere determinate visioni della realtà, rappresentano una considerevole e- stensione di molte funzioni sensoriali e psicologico-rappresentazionali.

L’utilizzo, più o meno problematico, dei mezzi tecnologici interazionali, va

poi inserito e accostato al grande cambiamento che ha investito il contesto

mediatico-televisivo, che appare sempre più caratterizzato da aspetti che

sembrano tesi a voler soddisfare un intenso e comune “bisogno narcisistico di

protagonismo” (Ingrosso, 2003: 61-62); esempio eclatante è senza dubbio

rappresentato dal fenomeno mediatico “Big Brother (alias “Grande Fratello”), e

altri programmi inscrivibili all’interno della categoria televisiva del Reality

(4)

Show, così fortemente emulanti la quotidianità del vivere odierno, nella sua complessità e contraddittorietà.

Le interconnessioni tra tutti i terminali sparsi a livello planetario danno origi- ne a quello che lo scrittore William Gibson (1986), nel suo noto romanzo

“Neuromancer”, ha efficacemente definito “Cyberspazio”: un universo artificia- le condiviso e del tutto slegato dallo spazio fisico reale, una rete di contatti fortemente emulante la concretezza dello stare “in-sieme”, tipico delle rela- zioni umane.

Nel Cyberspazio, luogo suggestivo di scambio interculturale e di ridefinizione della propria identità, soggetti, gruppi e collettività si trovano in un costante e ripetitivo contatto virtuale-sincronico attraverso la condivisione di un comu- ne spazio invisibile, una particolare forma di “non luogo” (Augè, 1993: 73-74), un vero e proprio spazio transizionale winnicottiano, un’interzona esperenziale tra individuale e collettivo, dentro e fuori, mente e altro da sé.

In un’epoca contraddistinta sempre più dagli imperativi socio-culturali del successo, dell’iperattività e della corsa all’efficienza, risulta forte e condivisa la tendenza a sostituire progressivamente il reale con la dimensione virtuale, e ciò appare in maggior misura presente in quei soggetti che sentono il bisogno di ritrovare, all’interno del gruppo mediatico, quelli che Steiner (1996) ha de- finito “Rifugi della mente”: luoghi prescelti al fine di contenere ed elaborare problematiche esistenziali individuali, vissuti emozionali, spesso conflittuali o destabilizzanti.

L’incapacità di tollerare il vuoto, la frustrazione esperita nella scansione tem- porale del prima/dopo, la dilazione di tempo relativa al soddisfacimento dei bisogni, sembrano essere le caratteristiche di fondo che accomunano i sogget- ti maggiormente predisposti a sviluppare una qualche forma di dipendenza dalla rete, sempre più spesso con esiti conducibili a condotte compulsive di natura tossicofilica, o, nei casi più complessi, a carattere tossicomanico.

La ricerca compulsiva di “alcove artificiali” può allora essere interpretata come una manifestazione dissociativa, una difesa parassitaria e compensatoria ri- spetto a vissuti emotivi ed emozionali non sufficientemente elaborabili.

Il ricorso a tali rifugi della mente ci sembra possa configurarsi come, una sor- ta di “automedicazione dell’Io”, una strategia difensiva finalizzata al raggiun- gimento di una dimensione che conferisce evasione dalla realtà, e al contem- po, un efficace controllo nella gestione degli elementi che riguardano il reale.

L’uso non controllato dei mezzi di comunicazione di tipo informatico – interazionale, così come l’utilizzo più o meno massivo di sostanze psicoattive, può essere considerato in tal senso una forma di “protesi”, utilizzata per far fronte al peso, spesso insostenibile, delle difficoltà relazionali e prestazionali (Di Blasi, 2003: 167-168).

L’abuso tecnologico, quale comportamento messo in atto al fine di trovare

soluzioni in grado di contenere ansie e problematiche esistenziali, rientra tra

le cosiddette dipendenze non farmacologiche, ossia tra quelle forme di addic-

(5)

tion non prettamente derivanti dall’uso di sostanze psicoattive, ma che scatu- riscono da una serie di condotte ripetute per la loro piacevolezza e per i loro effetti, a scapito dell’equilibrio psico-fisico del soggetto.

Alcuni studi segnalano che l’interazione con lo strumento elettronico produ- ce, da un punto di vista organico, una vera e propria stimolazione endorfinica a livello dei neuromodulatori implicati nelle sensazioni di piacere/dispiacere;

tale dato confermerebbe l’assunto secondo cui la motivazione all’abuso tec- nologico sia inscrivibile nell’ambito del medesimo “sistema di gratificazione implicato nell’uso di sostanze psicoattive” (Bricolo, 1997: 38-44).

Gli studi di Griffiths (1995), ci consentono di individuare i sei elementi che accomunano le dipendenze tecnologiche a quelle derivanti dall’utilizzo pato- logico di sostanze psicoattive:

A) Dominanza: essa emerge quando il comportamento in questione diviene il più pregnante nella vita del soggetto, sovrastando letteralmente altri pensieri, sentimenti, comportamenti.

B) Alterazione dello stato dell’umore: gli individui che dipendono dagli strumenti interattivi di massa provano un senso rassicurante di fuga e di protezione derivante dall’utilizzo del mezzo tecnologico.

C) Tolleranza: per effetto di tale fenomeno è richiesto un aumento dell’attività in questione per ottenere gli stessi effetti iniziali.

D) Sintomi astinenziali: si tratta di stati di malessere psicofisico che si verifi- cano quando il comportamento compulsivo è interrotto o ridotto drasti- camente, e che si manifestano con sintomi quali scosse, irritazione e di- sforia.

E) Conflitto: questa componente si riferisce ai conflitti relativi all’attività mediatica in questione, e che subentrano tra soggetto dipendente e colo- ro che lo circondano (conflitto interpersonale), o internamente al sogget- to stesso (conflitti di natura intrapsichica).

F) Ricaduta: si tratta della tipica tendenza al ripresentarsi della modalità e- strema di dipendenza, anche dopo molti anni di astinenza e controllo.

2. L’Internet Addiction Disorder (IAD)

Una delle più conclamate e diffuse forme di addiction derivanti dall’abuso di strumenti di comunicazione di massa è indubbiamente la Dipendenza da Internet, un disturbo comportamentale caratterizzato dal progressivo sostitui- re la realtà con le dimensioni esperibili all’interno della dimensione mediatica;

in principio il cyber-utente avvertirebbe la necessità di incrementare il tempo

trascorso in internet: successivamente subentrerebbe l’impossibilità di privar-

si, anche per breve tempo, del mezzo tecnologico, e della sensazione di con-

tenimento derivante dal rifugiarsi tra “le trame e i nodi” della Grande Rete.

(6)

Il fenomeno di tolleranza, caratterizzato dall’incremento della quantità di tempo trascorsa in rete, al fine di produrre ed evocare lo stesso grado di pia- cere e soddisfacimento esperito sin dai primi collegamenti, può essere ac- compagnato da sintomi psicofisici di natura astinenziale, disturbi affettivi (depressione, irritabilità), nonché da possibili interruzioni e compromissioni nella sfera delle relazioni interpersonali e socio-lavorative.

Il primo studioso ad utilizzare il termine Internet Addiction Disorder (IAD) fu lo psichiatra americano Ivan K. Goldberg della Columbia University, fon- datore del primo gruppo di supporto on-line per l’Internet-dipendenza (Internet Addiction Support Group), il quale nel 1995, in maniera piuttosto provo- catoria, fece girare in rete quelli che, a suo giudizio, erano i criteri per il rico- noscimento di un’ipotetica internet-dipendenza (Cantelmi, Talli, 1998: 4-11).

Goldberg avanzò la proposta di diagnosticare una tale forma di addiction qualora fossero individuati tra gli utenti della rete, nell’arco di un anno, alme- no tre chiari segni clinici di tolleranza e/o astinenza. Per lo studioso, i sintomi astinenziale osservabili, necessari per diagnosticare un’internet-dipendenza sarebbero stati: agitazione psicomotoria (tremore, brividi di freddo, nausea, cefalea), ansia e instabilità dell’umore, pensieri ossessivi centrati su quanto succede in rete, movimenti involontari di typing (scrittura digitale), accesso ad internet sempre più assiduo, craving, perseverazione nelle navigazioni smisura- te nonostante consapevolezza delle prime compromissioni della sfera psico- logica e socio-lavorativa.

Il fenomeno dell’internet–dipendenza, sin dalla scoperta dei primi casi clinici, ha suscitato un certo interesse da parte della comunità scientifica: uno dei primi significativi contributi alla conoscenza di questa forma di dipendenza è rappresentato dagli importanti studi condotti dalla ricercatrice statunitense Kimberly S. Young dell’Università di Pittsburg, la quale, fin dai suoi primis- simi contributi (1996), ha sottolineato come l’Internet Addiction debba essere considerata non una tossicodipendenza vera e propria, quanto, piuttosto, una forma di dipendenza comportamentale, alla stessa stregua di abitudini come il

“vizio” per le scommesse, la bulimia cronica, i comportamenti sessuali di tipo compulsivo e la visione ossessiva della televisione

Inoltre K.S. Young (1996) ha presentato i risultati relativi ad uno studio pilota condotto on-line su tali fenomeni avente come obiettivo quello di studiare le caratteristiche della dipendenza da web, utilizzando una versione adattata dei criteri diagnostici del gioco d’azzardo patologico definiti dal DSM IV (Dia- gnostic and Statistical Mental Disorder).

L’obiettivo di tale indagine era di distinguere le persone che avevano svilup-

pato un’internet-dipendenza, da quelle che potevano essere definite non di-

pendenti dalla rete.Quasi due terzi, dei circa seicento soggetti che risposero al

questionario, furono classificati come dipendenti. Questi ammettevano di tra-

scorrere, in media, 38,5 ore a settimana on-line, dedicandosi ad attività non

correlate allo studio o al lavoro.

(7)

Il tempo trascorso on-line dai soggetti classificati come dipendenti è risultato essere otto volte superiore rispetto al tempo utilizzato dai soggetti non- dipendenti, che era in media di 4,9 ore a settimana. Un’altra importante diffe- renza riscontrata tra i due gruppi, riguardava quali fossero le applicazioni della Rete maggiormente utilizzate. I soggetti dipendenti utilizzavano per lo più quelle attività della Rete che hanno una funzione prevalentemente sociale e relazionale, come la partecipazione ai Newsgroups (gruppi pubblici di discus- sione), a Chat-rooms, a MUDs ( giochi di ruolo interattivi ad ambientazione fantastica) ed invio di messaggi per E-mail (posta elettronica).

Il gruppo dei non-dipendenti, invece, utilizzava Internet essenzialmente per la ricerca di informazioni sul World Wide Web (WEB).

Lo studio evidenzia in tal modo l’esistenza di un rischio maggiore per lo svi- luppo di tale dipendenza, nell’uso di quelle applicazioni che si caratterizzano per un più elevato aspetto interattivo, sociale e relazionale.

E’ interessante notare che così come gli utenti che dipendono dal web sem- brano apprezzare in particolar modo quegli aspetti della rete che permettono loro di incontrare persone nuove culturalmente e geograficamente varie, di socializzare empaticamente con loro scambiando opinioni e condividendo informazioni, in recenti studi sul consumo di ecstasy tra le popolazioni giova- nili (Di Blasi, 2003: 181-188), l’uso problematico si connota come modalità di assunzione che convoglia esigenze e bisogni di tipo relazionale, sociale e psi- cologici, mentre l’uso non patologico o non problematico di ecstasy (come quello della rete) si caratterizza come un uso strumentale performativo, pun- tuale e finalizzato all’ottenimento di prestazioni specifiche.

La costruzione e l’utilizzo su larga scala del questionario per la valutazione degli effetti psicologici indotti dall’abuso di internet, “Internet Addiction Test”, messo a punto da K.S.Young, (2000) ha consentito la rilevazione dei più fre- quenti modelli comportamentali riguardanti l’uso della rete, i comportamenti a rischio di tossicomania, le caratteristiche di personalità di una potenziale di- pendenza da web, nonché una valutazione del livello di depressione che ac- compagnerebbe tale forma di addiction.

L’introduzione del modello “ACE”, acronimo di Accessibilità, Controllo ed Eccitazione, da parte della Young (2000), sembra venire incontro alla necessi- tà di una comprensione del fenomeno dell’ IAD secondo un approccio epi- stemologico che tenga conto della sua complessità identificando i tre fattori facilitanti e/o predisponenti l’insorgere della net-addiction:

1. Accessibilità: la massiva diffusione della rete su scala planetaria ha ridotto

significativamente i tempi di accesso ai diversi servizi interattivi offerti nel

cyberspazio, contribuendo in tal modo alla restrizione delle attitudini de-

gli utenti di far fronte efficacemente alle frustrazioni, al dubbio e alle at-

tese, e invalidando sempre più progressivamente le potenzialità relative

alla risoluzione dei problemi e al soddisfacimento dei bisogni.

(8)

2. Controllo: l’incremento del senso di onnipotenza dei cyber-naviganti è attribuibile al dominio personale e relazionale che il soggetto esercita in rete e cui si adagia progressivamente.

3. Eccitazione: l’enorme quantità di input produce esperienze decisamente emozionanti: in particolare, i giochi identitari esperibili nelle chat-room o nei giochi di ruolo (MUD’s) raccolgono la massima adesione di quei sog- getti alla ricerca di dimensioni virtuali eccitanti.

Dagli studi di K.S. Young (2000) si evince come i soggetti più a rischio di svi- luppare una dipendenza dal web risultano essere compresi tra i 15 e i 40 anni, caratterizzati spesso da problemi familiari, di emarginazione e /o isolamento sociale e geografico.

Come è facilmente intuibile, l’utenza adolescenziale risulta essere quella più a rischio di insorgenza di un’IAD, in quanto implicata in un oneroso processo di ri-costruzione del sé e dell’identità; il cosiddetto periodo di ri-visitazione del processo di separazione-individuazione dal proprio nucleo familiare di appartenenza risulta reso ancora più gravoso dalle continue oscillazioni e so- vrapposizioni tra mondo reale e virtuale. Particolarmente esposte al rischio di una dipendenza dalla rete risultano essere anche i soggetti che presentano preesistenti difficoltà relazionali, tendenti al ritiro sociale o caratterizzati da marcati aspetti d’inibizione relazionale e vergogna nelle esposizioni interper- sonali

Più recentemente in Italia T. Cantelmi (2000) ha partecipato al coordinamen- to della prima ricerca sperimentale relativa alle condotte psicopatologiche on- line. Tale studio si proponeva di valutare quanto l’abuso di Internet potesse costituire un fattore di rischio psicopatologico, rintracciando elementi di con- tinuità tra uso sano e patologico del Web e cogliendone al contempo le diffe- renze più significative.

E’ stato riscontrato che, sebbene per l’instaurarsi della dipendenza, la variabi- le tempo di collegamento in Rete sia determinante, tuttavia essa non risulta essere sufficiente a definire interamente una IAD. Affinché si possa parlare di di- pendenza vera e propria, debbono intervenire nel quadro clinico altri fattori specifici, correlati a determinate modalità d’uso dello strumento telematico.

Cantelmi ha inoltre distinto attraverso l’analisi di un gruppo di pazienti esa-

minati off-line, nei quali si era manifestata una sofferenza conseguente

all’abuso di Internet, due tappe fondamentali del percorso virtuale che porte-

rebbero il navigatore ad una condizione di cyber-dipendenza: una prima fase

tossicofila, caratterizzata da una particolare attenzione al servizio di posta elet-

tronica e da uno spiccato interesse ad esplorare massivamente i più svariati

siti web, ed una successiva, definita tossicomanica, segnata dall’approdo massic-

cio alle chat-line spesso accompagnato dall’uso parallelo delle MUD (una

forma di gioco di ruolo virtuale basato sul testo di natura fantastica).

(9)

3. Potenzialità mediatica della rete e possibili rischi connessi

E’ interessante sottolineare come l’interattività tecnologica possa affiancare la relazione basata sulla concretezza e sulla fisicità, conferendo all’interlocutore caratteristiche di intangibilità e intercambiabilità al contempo. L’anonimato è forse l’aspetto del web che in maggior misura è imputabile all’agevolazione dell’espressione di natura pulsionale; la rete assumerebbe in tali casi la fun- zione di contenitore di elementi affettivo-emotivi non canalizzabili altrove, fungendo da filtro protettivo dagli urti delle relazioni interpersonali.

Con la scelta del proprio nick-name, gli utenti del web spesso assumerebbero comportamenti per lo più regressivi, contraddistinti da atteggiamenti tendenti alla disinibizione.

L’abbattimento delle distanze spazio–temporali offerto dal web, inoltre con- ferirebbe, insieme ad una non indifferente sensazione di onnipotenza, una sempre più cospicua insofferenza nei confronti delle dilazioni di tempo che s’interpongono al soddisfacimento dei bisogni individuali.

L’azzeramento delle distanze spazio–temporali, bisogno fortemente condivi- so nell’ambito della filosofia di vita contemporanea, dettato dalle complessità degli attuali sistemi sociali e dal derivante sentimento di generale disorienta- mento e smarrimento in cui si vive, alimenta continuamente il “bisogno di sicurezza e di controllo sull’altro” (Di Gregorio, 2003: 34-40).

Al fine di una comprensione in termini psicodinamici del fenomeno di ade- sione ai canali di intrattenimento offerti dal cyberspazio, che tenga conto del- la sua complessità, ci sembra utile analizzare la stretta interconnessione esi- stente tra le caratteristiche strutturali e funzionali della rete, e i bisogni, le ne- cessità che l’utente, mediante l’utilizzo dei diversi servizi che essa offre, cer- cherebbe di soddisfare.

Internet infatti sembra entusiasmare per la sua ricchezza di contenuti, per la qualità di informazioni che offre quotidianamente, e per l’opportunità di ef- fettuare scambi caratterizzati per la loro immediatezza e sincronicità.

Bisogna sottolineare come alcuni aspetti specifici del mondo di internet pos- sono esser vissuti davvero come suggestivi e irresistibili incredibilmente.

Come ha sottolineato K.S. Young (2000), gli utenti del cyberspazio preferi-

scono passare gran parte del loro tempo in ambienti di comunicazione virtua-

le, quali le Chat–room e i giochi MUD; tale dato illustra in modo efficace il fa-

scino irresistibile di questi spazi della rete e ci induce a riflettere su quanto ta-

le suggestività rappresenti forse il fattore di rischio maggiore nell’insorgenza

di forme di cyber-dipendenza, soprattutto in soggetti particolarmente predi-

sposti alla ricerca di emozioni, quelli che Zuckerman (1979) definisce Sensation

Seekers. In merito a tale fenomeno è utile citare un recente studio (Lin, Tsai,

2002: 411-426) che si propone di esaminare l’utilizzo massivo di internet

all’interno di un gruppo di adolescenti che frequentano le scuole superiori

taiwanesi. Lo studio valuta al contempo quanto l’abuso di internet sia correla-

to con la variabile già oggetto di analisi di Zuckerman (1979): il Sensation See-

(10)

king, ossia la ricerca di forti e svariate emozioni che differenzierebbe le moti- vazioni dei dipendenti dal web dagli utenti non dipendenti.

I due studiosi, avvalendosi di uno strumento testologico appositamente co- struito, l’Internet Addiction Scale for Taiwanese High Schoolers (IAST) hanno con- fermato come i soggetti che dipendono maggiormente dalla rete trascorrono più tempo on-line, presentando al contempo significative ripercussioni nella vita quotidiana, a livello prestazionale-scolastico, nonché nell’ambito delle re- lazioni familiari.

Per quanto concerne l’analisi del fenomeno Sensation Seeking i ricercatori hanno preso spunto dalla nota Sensation Seeking Scale (SSS) di Zuckerman (1979) da cui hanno derivato una nuova versione, evidenziando la presenza di tre dimensioni specifiche: Ricerca di Esperienze, Ricerca di emozioni e forti sensazio- ni, e Disinibizione: i soggetti maggiormente inclini allo sviluppo di una rete- dipendenza raggiungevano punteggi significativamente più alti per ciò che concerne la dimensione Disinibizione nonché rispetto al quadro generale e- mergente dalla S.S.S.

In questa direzione vanno studi precedenti (Lavin, 2000: 425-430), che evi- denziano una significativa correlazione tra alti punteggi relativi all’internet- dipendenza con punteggi più alti alla sub-scala Disinibizione, differenziandosi per quanto concerne un più basso punteggio generale alla SSS.

Una ricerca da noi recentemente condotta, confermerebbe l’esistenza di una correlazione tra alti punteggi all’internet-dipendenza, e le sub-scale Disinibizio- ne e Sensibilità alla noia del SSS (Conti, 2004: 74-79; Ferraro, Di Blasi, Conti 2004, in press).

4. Gruppi e comunità virtuali

All’interno delle comunità virtuali afferiscono, in maniera sempre più signifi- cativa, nuove aggregazioni di individui, aventi lo scopo di incontrarsi attraver- so l’utilizzo di strumenti mediatici, sulla base di interessi per lo più comuni. In questi contenitori, che Winnicott (1971) definirebbe transizionali, in quanto posti tra l’intrapsichico e l’interpersonale, le individualità trovano lo spazio potenziale per incrociarsi e discutere di argomenti affini.

Tali metamondi si configurano quali dimensioni-altre per la co-costruzione di nuovi significati utili alla rappresentazione della realtà. In questo senso il gruppo virtuale, che si nutre delle dimensioni dell’immaginario e del fantasti- co, si configura quale sistema rivoluzionario in cui la corporeità è quasi del tutto assente o al massimo mediata dalla tecnologia. E’ proprio l’assenza del corporeo che conferisce agli internauti abitudinari un significativo senso di ap- partenenza all’interno di uno spazio condiviso.

Canali comunicativi quali IRC, MUD, Mailing list e Newsgroup, non hanno

solo il merito di agevolare i processi comunicativi e socializzanti all’interno

(11)

del cyberspazio, ma, al contempo, evocano un non indifferente vissuto di contatto con l’altro da sé, attraverso la condivisione di atmosfere e situazioni suggestive che sembrano soddisfare pienamente l’odierna urgenza di socialità.

L’adesione ai gruppi virtuali sarebbe quindi mossa dall’impellente bisogno di condivisione emozionale all’insegna dell’istantaneità del contatto. L’adesione più o meno frequente a tali “agorà virtuali” consentirebbero pertanto la mes- sa in scena di parti del proprio sé più o meno integrate, usufruendo costan- temente dell’anonimato e dell’incorporeità (Ferraro, 2003: 1-4)

Le comunità virtuali, si configurano sempre più quali piazze di confronto so- ciale capaci di produrre notevoli processi significazionali.

La condivisione affettiva, derivante dal grado di interdipendenza esistente tra gli attori del web, risente dell’assenza della fisicità e delle dimensioni spazio- temporali, divenendo un vissuto meramente mentale.

E’ così che i contatti ripetuti con la vita di gruppo del cyberpspazio si confi- gurano secondo modalità relazionali regressive che esaltano l’affettività di chi le agisce.

Se da un lato sono inconfutabili le opportunità e le capacità simbolopoietiche di tali registri comunicativi,come abbiamo gia sottolineato, occorre non sot- tovalutare il fatto che un uso non coscienzioso di tali risorse mediatiche può generare una scissione tra quanto appartiene al mondo reale e quanto attiene alla dimensione immaginaria, dando vita, nei casi più gravi, a veri e propri sta- ti dissociativi.

L’eccessiva adesione al villaggio globale può quindi accentuare condizioni di isolamento già preesistenti tra gli assidui frequentatori dei gruppi virtuali, de- terminando una compromettente chiusura al mondo delle relazioni quotidia- ne, fino a progredire, nei casi più gravi in veri e propri stati psicopatologici di alterazione della coscienza, quali depersonalizzazione e derealizzazione (Caretti, 2001: 126-129).

L’utente abitudinario della rete, privatosi progressivamente del raffronto con la concretezza del reale, può incorrere nel rischio di compromettere il senso di sé, la propria rappresentazione identitaria e l’abituale capacità progettuale.

5. Influenze dell’utilizzo delle chat-line sulla sfera affettiva e relazionale

Le Chat-line oggi si configurano quale esempio più significativo di gruppo mediatico insito nel vasto oceano del cyberspazio. In Italia circa tre milioni di persone aderiscono a svariate forme di gruppalità virtuale, e circa 20.000 fre- quentano assiduamente i portali che offrono servizi IRC (Internet Relay Chat).

Questo strumento oggi rappresenta un importante mezzo di contatto, attra-

verso il quale è possibile intessere relazioni amicali ed affettive; si sono molti-

plicati gli studi sull’argomento, portando ad una fiorente letteratura che fa ca-

po soprattutto agli studiosi della CMC, la Comunicazione Mediata dal Computer.

(12)

Quando si parla del canale comunicativo IRC, si vuole fare chiaro riferimento alla comunicazione sincrona, quella che avviene nell’hic et nunc della relazione, e che presuppone la presenza simultanea degli interlocutori. È innegabile co- me lo sviluppo di IRC, abbia portato a innovative forme di comunicazione e ad una rivoluzionaria forma di linguaggio. Il canale comunicativo IRC, basato sullo scambio relazionale in tempo reale, presenta forme comunicative carat- terizzate dalla presenza di frasi molto brevi, spesso accompagnate da abbre- viazioni e da una sorta di codice segreto condiviso dagli utenti. Le chat-line sono da considerare come una sorta di condominio virtuale, all’interno del quale i suoi abitanti chiacchierano su argomenti e temi condivisi, adottando un nick- name che li contraddistingue per i collegamenti futuri ma che al contempo ga- rantisce loro l’anonimato nei contatti.

Caratteristica singolare dei contatti mediati dallo strumento delle chat-line, così come per gli altri servizi interattivi quali MUD e Gambling on –line, è come accennato, l’incorporeità, ossia l’annullamento delle caratteristiche di fisicità nei contatti tra esseri umani e di tutte quegli elementi che caratterizzano la comunicazione, quali prosodia della voce, postura, espressioni facciali, gestua- lità etc.). E’ per far fronte alla quasi totale mancanza di elementi analogici del- la comunicazione, che i cybernauti utilizzano, in maniera più o meno accen- tuata, le icone testuali (emoticons), indispensabili per simulare le sfumature af- fettive insite nella comunicazione vis-à-vis. L’utilizzo dell’anonimato da parte dei cyber-utenti spingerebbe in maniera non indifferente a mettersi maggior- mente in gioco, agendo più spontaneamente e con un minore carico di re- sponsabilità.

La mancanza di concretezza fisica, di cui si è argomentato sopra, produce ne- gli interlocutori forti processi idealizzanti, che mantengono una rappresenta- zione di sé e dell’altro tendenzialmente aderente alle proprie aspettative e ai propri bisogni narcisistici.

La chat, quindi, per via delle notevoli capacità di amplificare le emozioni insi- te nella comunicazione sincrona tra utenti del cyberspazio, si configura quale potente “catalizzatore affettivo” (La Barbera, 2001, p. 62), capace di conferire una sensazione di reciproca condivisione emotiva e relazionale.

Sebbene la comunicazione via chat avvenga solitamente con l’ausilio di parole digitate, essa appare dotata di un forte potere evocativo, cosicché gli oggetti, le situazioni e le atmosfere create finiscono per essere percepite “per il sem- plice fatto di averle nominate” (Herz, 1999: 97-99).

Sentimenti e rappresentazioni di sé e del mondo, non gestibili e scarsamente tollerabili nella vita quotidiana off-line, vengono così immagazzinati in questa sorta di contenitore mediatico,luogo virtuale di proiezioni e introiezioni og- gettuali.

E’evidente nelle chat-line la costante ricerca di soddisfacimento del bisogno

narcisistico di protagonismo e rispecchiamento identitario attraverso l’altro: il

riconoscimento e il senso di accettazione che perviene dalla relazione con

(13)

l’altro, renderebbe gli utenti del web sempre più sensibili alle novità e sempre più inclini alla ricerca di forti sensazioni, spingendoli progressivamente alla ricerca compulsiva di relazioni virtuali istantanee e significanti; in taluni casi si assiste a vere e proprie forme di dipendenza relazionale da chat, che si confi- gura con l’incontrollabile bisogno di stabilire sempre più numerose situazioni di promiscuità relazione-affettiva. Inoltre, con il conseguente aggravarsi dello scarto esistente tra vita reale e vissuto virtuale, si assiste ad un serio decen- tramento del sé e un concomitante disinvestimento nella sfera relazionale quotidiana.

Il gruppo di ricerca di Cantelmi (2000) ha potuto constatare come esista una vasta casistica su tali forme di addiction relazionale: si tratterebbe di soggetti costantemente impegnati nella ricerca di attenzioni da parte di altri utenti pre- senti nelle chat, prevalentemente insoddisfatti da un punto di vista affettivo- relazionale.

Le chat rappresentano in tal modo uno dei servizi on-line con maggior indice di assuefazione, attribuibile prevalentemente alle situazioni di isolamento cui sono esposti i cybernauti più assidui, nonché alle caratteristiche di insofferenza per l’abitudine e la noia del quotidiano da essi accusati.

Altri elementi che si ritengono significativamente predittivi rispetto alla ricer- ca compulsiva di incontri via chat, sembrano essere la condizione di non oc- cupabilità lavorativa, la scarsa stima di sé, una rappresentazione distorta della propria corporeità con connessa non accettazione, i vissuti insostenibili e in- contenibili di tedio e insoddisfazione, tipici di relazioni quotidiane appiattite o stagnanti

L’uso delle chat rappresenta quindi il disperato tentativo di colmare lacune non più sostenibili, soprattutto per ciò che concerne le capacità di coping nella risoluzione di compiti quotidiani: tali deficit relazionali-comportamentali ver- rebbero compensati dallo strumento chat, il quale nella presa in carico di tali dif- ficoltà, funge da contenitore transizionale di parti scisse del proprio sé, ripro- ducendone una qualche vana forma di significazione: l’IRC finisce così per compromettere seriamente il grado di progettualità relazionale e affettiva, so- prattutto di quei soggetti che dipendono dalla rete per via di un preesistente disagio interiore, di insoddisfazione e scarsa autostima.

Le chat sembrano adempiere la duplice necessità, di evadere dai propri vissuti legati al reale, nonché di controllo della realtà e dell’altro, attraverso i continui e assidui contatti mediatici.

Il sentimento di dominio sull’altro finisce per conferire al soggetto un conso- latorio vissuto compensatorio rispetto all’esperienza insostenibile della man- canza e della separazione dall’altro da sé, permettendo di veicolare la comuni- cazione secondo schemi prefissati e controllati.

L’utilizzo compulsivo delle chat può in ultima analisi essere letto quale difesa

nei confronti del rischio relativo al distacco e alla perdita affettiva dell’altro: la

coazione all’uso di strumenti tecnologici come la rete o il cellulare sembra po-

(14)

ter contenere il timore di non esser in grado di trattenere in se stessi le espe- rienze affettive vissute (Di Gregorio, 2003: 95-99).

Alla stessa stregua del paziente dipendente da sostanze psicoattive, caratteriz- zato dall’impossibilità di far fronte adeguatamente a vissuti frustranti, quali incertezza, dubbio e attesa, (Di Blasi, 2003: 170-176.) il soggetto che presenta un’addiction da cyber-relazioni agirebbe il disagio relativo alla noia e all’attesa mediante la ricerca compulsiva di forti stimoli, suggestivi per il loro potere e la loro pregnanza.

Conclusioni

Alla luce delle considerazioni fin qui fatte, sorge spontaneo chiedersi quale sia la strada più indicata da percorrere per rendere il progresso tecnologico- comunicativo un’ occasione di crescita individuale e collettiva. Occorre infatti tenere sempre in considerazione il fattore potenziale di empowerment che un uso intelligente dei mezzi tecnologici interattivi può costituire non sottovalu- tando, al contempo, le possibili implicazioni a livello socio-relazionale.

Di fronte ai bisogni relativi al superamento dei vincoli spazio-temporali detta- ti dal reale, e alla continua ricerca di dimensioni quasi trascendenti offerte dal- la rete capaci di conferire significazioni “altre” rispetto alla complessità del reale, risulterebbe davvero utile adottare atteggiamenti sempre meno demo- nizzanti rispetto all’adesione a modalità aggreganti di natura ludico-ricreativa.

Sostenere un processo che migliori sempre più la qualità della relazione esi- stente all’interno dei nuovi canali comunicativi coinvolgenti gli individui, i gruppi e le comunità, risulterà particolarmente vantaggioso al fine di un au- tentico sviluppo di empowerment e della qualità di vita. Solo così lo scambio virtuale non rischia di degenerare verso forme di dipendenza dalle conse- guenze destabilizzanti.

In linea con un’ottica di promozione del benessere, risulterà particolarmente

vantaggioso favorire un processo di appropriazione consapevole delle tecno-

logie mediatiche.Ciò può contribuire a salvaguardare significativamente la ca-

pacità critica dei fruitori del cyberspazio, ingrediente essenziale per

un’adeguata ri-appropriazione delle capacità progettuali dell’individuo e delle

collettività L’odierna trasformazione multimediale ci induce sempre più a ri-

flettere sulle nuove forme di relazione esperibili all’interno dei più disparati

ambienti virtuali, nonché ad interrogarci sulla profonda rivoluzione socio-

culturale rappresentata dalle comunità virtuali, nicchie oramai indispensabili

per l’organizzazione della socializzazione, dell’incontro e della condivisione

empatizzante e produttrice di senso.

(15)

Bibliografia

Augè M. (1993). Non luoghi. Introduzione ad un’antropologia della sub-modernità. Mi- lano: Editrice A Coop. Sezione Elèuthera.

Bricolo F. et al. (1997). Internet Addiction Disorder: una nuova dipendenza?

Studio di un campione di giovani utenti. Società italiana di Psichiatria, Bollettino Scientifico e di informazione n.1-2, anno IV, marzo-luglio, 38-44.

Cantelmi T. et al. (2000). La mente in internet. Padova: Piccin.

Cantelmi T. ,Talli M. (1998). Internet Addiction Disorder. Psicologia Contempo- ranea, 150, 4-11.

Caretti V. (2001). Realtà virtuali e psicopatologia del sé nell’adolescenza. In Caretti V., La Barbera D. Psicopatologia delle realtà virtuali. Milano: Masson.

Conti F. (2004). Persi nelle Chat. Prigionieri reali in mondi virtuali. Tesi di Laurea, Dipartimento di Psicologia, Università degli Studi di Palermo, 74-79 (in press).

De Kerckhove D. (1996). La pelle della cultura, un’indagine sulla nuova realtà elet- tronica. Genova: Costa e Nolan.

Di Blasi M. (a cura di) (2003). Sud-Ecstasy, un contributo alla comprensione dei nuovi stili di consumo giovanile. Milano: Franco Angeli

Di Blasi M., Ferraro G., Conti F. (2004). Internet Addiction e Sensation See- king: quali relazioni (in press).

Di Gregorio F. (2003). Psicopatologia del cellulare; dipendenza e possesso del telefonino.

Milano: Franco Angeli.

Ferraro G. (2003). Nuove tecnologie mediatica: la suggestività dei rifugi men- tali. Psychomedia; Sezione: Memoria e (tele)comunicazione; Area Mass-Media, 1-4.

Gibson W. (1986). Neuromante. Milano: Editrice Nord.

Griffiths M. D. (2000). Esiste la dipendenza da internet e da computer? In Cantelmi et al. La mente in internet. Padova: Piccin.

Herz J.C. (1999). I surfisti di internet. Milano: Feltrinelli.

(16)

Ingrosso M. (2003). Pluralizzazione delle droghe e immaginario iperprestativo.In Di Blasi (a cura di). Sud-Ecstasy. Un contributo alla comprensione dei nuovi stili di consu- mo. Milano: Franco Angeli.

La Barbera D. (2001). Infonauti alla deriva: il Tech-Abuse di internet e dei mondi virtuali. In Di Maria, Cannizzaro. Reti Telematiche e trame psicologiche. Mi- lano: Franco Angeli.

Lavin M. (2000). Sensation Seeking and collegiate vulnerabilità to Internet Dipendence. Cyberpsychology and behavior, 2(5), 425-430.

Lin S. S.J., Tsai C.C. (2002). Sensation Seeking and Internet dependence of Taiwanese high scool adolescents. Computers in Human behavior, 18, 411-426.

Steiner S. (1996). I rifugi della mente. Torino: Boringhieri.

Winnicott D. (1971). Playing and reality. London Tavistock Pubblication [tr.it.

Gioco e realtà. Roma: Armondo, 1981].

Young K. S.(1996). Addictive use of the internet: a case that breaks the stereotype. Psychological Report. 79, 899-902.

Young K.S. (2000). Presi nella rete, intossicazione e dipendenza da Internet. Bologna:

Calderini.

Zuckermann M. (1979). Sensation Seeking and Its Biological Correlates. Psy- chological Bulletin, 88, 187-214.

Bibliografia generale sull’argomento

Bion W.R. (1971). Experience in the groups and other Papers. London: Tavistock Publications [tr.it. Esperienze nei gruppi. Roma: Armando, 1996].

Cardaci M. (2001). Cyber-Psicologia. Esplorazioni cognitive di internet.Roma: Carocci Editore.

Crispi M., Mangia E. (2000). Il disagio giovanile contemporaneo, immagini di

un’adolescenza tradita. Palermo: La Palma Editore.

(17)

Di Maria F., Cannizzaro S. (2001). Reti telematiche e trame psicologiche. Milano:

Franco Angeli.

Freud S. (1921). Psicologia delle masse e analisi dell’Io. [tr.it in “Opere”, Vol. X, Torino: Boringhieri, 1977].

Gibson J. J. (1999). Un Approccio ecologico alla percezione visiva. Bologna: Il Muli- no

La Barbera D. (2000). La rete che connette, la rete che cattura, metafore dell’esperienza di internet. In Cantelmi e coll. La mente in Internet. Padova: Piccin.

La Barbera D. (2001). L’innamoramento mediatico: un modello emblematico della psico(pato)logia della Computer Mediated Communication (CMC). Re- lazione al convegno tenutosi a Palermo dal titolo “@Bit of life, Psicologia e Psicopatologia:

Sentieri Digitali”.

Pratkanis A., Aronson E. (1996). Psicologia delle comunicazioni di massa. Bologna:

Il Mulino.

Ravenna M. (1993). Psicologia delle tossicodipendenze. Bologna: Il Mulino.

Turkle S. (1997). La vita sullo schermo. Milano: Apogeo.

Wallace W. (2000). La psicologia di Internet. Milano: Cortina.

Zuckerman M.(1979). Sensation Seeking :beyound the optimal level of arousal. New

York: Wiley.

Riferimenti

Documenti correlati

Progetto finanziato nell’ambito del bando di Ateneo per iniziative di public engagement 2019 La partecipazione al convegno è gratuita, previa registrazione obbligatoria inviando mail

- Le azioni previste riguardano, tra le altre, il potenziamento delle USCA, dell’assistenza domici- liare, anche attraverso l’assunzione di infermieri, assistenti sociali, psicologi. -

a) che le società collegate e controllate del gruppo, come individuate ai sensi dell’art. 113/2012, indicate nell’allegato 1, hanno delegato lo svolgimento degli adempimenti in

Ma dopo anni di crescente sviluppo del Diesel in Europa e specialmente in Italia , ora i motori a gasolio sono sempre più imputati come la causa principale dell’inquinamento

Alla descrizione dello “stato dell’arte” nella gestione del rischio, affidata a relatori di calibro nazionale e regionale, in programma nella parte mattutina, seguiranno, nella

Complessivamente, quindi, le pagine del Diario scritte da Licari, non sono altro rispet- to ad una tradizione di sperimentazione narrativa propria dell’antropologia, ma anzi, nella

[r]

In una classe di 25 alunni, 7 studenti praticano la pallacanestro, 13 il calcio, 9 nessuna delle due attività sportive.. Quanti alunni praticano sia la pallacanestro sia