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La prescrizione “costituzionale” del reato tra finalità rieducativa della pena e principio di legalità. D M A

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D

ARIO

M

ARTIRE

La prescrizione “costituzionale” del reato tra finalità rieducativa della pena

e principio di legalità.

Il lavoro analizza l’istituto della prescrizione del reato attraverso la lente del costituzionalista: si intra- prende così un percorso interpretativo basato su una diversa lettura delle norme e dei principi costitu- zionali connessi al meccanismo prescrizionale, con particolare attenzione alle potenzialità offerte dalla finalità rieducativa della pena prevista dall’art. 27 della Costituzione.

The "constitutional" statute of limitations of the offence between the re-educational purpose of punish- ment and the principle of legality.

The essay analyses the institute of the statute of limitations of the crime through a constitutional per- spective: it undertakes an interpretative path based on a different reading of the rules and constitutional principles related to the prescriptive mechanism, with particular attention to the potential of the re- educational purpose of the punishment provided by Article 27 of the Constitution.

SOMMARIO: 1. Premessa. - 2. Concezione soggettiva ed oggettiva della prescrizione del reato. - 3. Pre- scrizione del reato e finalità della pena. - 4. Il fondamento costituzionale della prescrizione del reato. La funzione rieducativa della pena ed il principio di legalità penale. - 5. Prescrizione del reato e giurispru- denza costituzionale. - 5.1. La querelle Taricco. - 5.2. La prescrizione del reato nell’ambito dell’emergenza pandemica. - 6. Prescrizione del reato e improcedibilità.

1. Premessa. La prescrizione del reato, disciplinata nel nostro ordinamento dal codice penale, determina l’estinzione dello stesso per il semplice trascor- rere di un determinato periodo di tempo dal momento della sua consuma- zione, incidendo sulla punibilità ed interrompendo definitivamente la corre- lazione tra la commissione di un fatto di reato e la conseguente applicazione della pena1.

Considerata dai compilatori del codice una «eccezione al rigido principio di giustizia in base al quale ad ogni delitto deve seguire una punizione»2, la dot- trina penalistica si è concentrata sul suo fondamento giustificativo, eviden- ziando, in particolare, il legame con le funzioni attribuite alla sanzione pena- le3.

La prassi, specialmente quella più recente, ha mostrato, peraltro, come la prescrizione del reato rappresenti oramai la conclusione della maggior parte dei procedimenti relativi a contravvenzioni o a delitti di minore allarme socia-

1 V. PADOVANI, Diritto penale, Milano, 2019, 436 ss.

2 Cfr. la Relazione al progetto definitivo per un nuovo codice penale, in Lavori preparatori del codice penale e di procedura penale, V, pt. I, Roma, 206.

3 Su tali aspetti torneremo più avanti.

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le (e non solo), producendo delle aporie contraddistinte dalla diversa funzio- ne che, in concreto, l’istituto ha assunto nel sistema4.

La consapevolezza delle problematiche dettate dalla eterogenesi dei fini dell’istituto prescrittivo ha prodotto, ciclicamente, una serie di dibattiti (non solo accademici) e di riforme5. Recentemente, la legge n. 103 del 2017 (c.d.

riforma Orlando6) ha infatti introdotto una nuova doppia causa sospensiva della prescrizione del reato, mentre la legge n. 3 del 2019 (c.d. “Spazzacorrot- ti” o riforma Bonafede), che ha sostituito quella appena citata, ha previsto, oltre al ripristino della cessazione della continuazione quale dies a quo per la decorrenza della prescrizione in caso di reato continuato, che il corso della prescrizione del reato rimanga sospeso dalla pronunzia della sentenza di pri- mo grado o del decreto di condanna fino alla data di esecutività della senten- za che definisce il giudizio o dell’irrevocabilità del decreto di condanna, im- pedendo in sostanza che si verifichi l’effetto estintivo del reato.

Da ultimo, con decreto del 16 marzo 2021, proprio al fine di modificare la normativa appena citata, l’attuale Ministro della giustizia (Prof.ssa Marta Car- tabia) ha costituito presso l’Ufficio legislativo del Ministero una Commissione per elaborare proposte di riforma in materia di processo e sistema sanziona- torio penale, nonché in materia di prescrizione del reato, attraverso la formu- lazione di emendamenti al Disegno di legge A.C. 2435, depositato in Parla- mento e recante “Delega al Governo per l’efficienza del processo penale e

4 Secondo i dati del Ministero della Giustizia, relativi al 2019 (gli ultimi prima dell’emergenza dovuta alla pandemia), i procedimenti definiti con la prescrizione del reato rappresentano il 9% di quelli avviati a livello nazionale. L’incidenza della prescrizione è di circa il 38% durante le indagini, del 32% nel giu- dizio di primo grado, del 26% nel giudizio d’appello; risulta invece irrilevante nel giudizio di legittimità (0,8%).

5 Noto alle cronache il dibattito scaturito da un articolo del Prof. Giorgio Marinucci del 1998 apparso su

“Il Sole-24 ore”, dal titolo “Bomba a orologeria da disinnescare”, nel quale si chiedeva, in estrema sin- tesi, di intervenire con effetti retroattivi per “salvare” i processi “tangentopoli” prossimi alla prescrizione del reato. Seguirono molti altri interventi (Nobili, Stortoni, Donini, Virgilio, Zanotti, Mazzacuva), nei quali si evidenziava la natura sostanziale della prescrizione ed i profili di garanzia ad essa sottesi. Cfr.

Prescrizione e irretroattività fra diritto e procedura penale, in Il Foro it., 1998, 319 ss.; per quanto ri- guarda le riforme meno recenti, è necessario fare riferimento alla legge 5 dicembre 2005, n. 251, cd. ex- Cirielli, che ha modificato in modo significativo la disciplina positiva originaria dell’istituto prevista dal codice penale.

6 Su cui v. GAMBARDELLA, La nuova prescrizione: prime prove di un modello “ibrido” (commi 10-15 l.

n. 103/2017), in La riforma della giustizia penale. Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento penitenziario (L. 103/2017), a cura di Marandola – Bene, Milano, 2017, 31 ss.

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disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari prendenti presso le corti di appello”.

Il d.d.l. richiamato era già stato presentato, in realtà, lo scorso 13 marzo 2020 dall’allora Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede con lo scopo di rifor- mare il processo penale, le cui fondamenta erano state toccate dal c.d. blocco della prescrizione del reato dopo il primo grado - realizzato appunto con leg- ge 9 gennaio 2019, n. 3 - in vista di una definizione celere, in particolare, dei giudizi di impugnazione.

Le note difficoltà politiche e istituzionali hanno impedito in un primo mo- mento l’approvazione del disegno di legge, che è rimasto per molto tempo all’esame della Camera dei deputati, salvo poi essere recentemente approvato da entrambi i rami del Parlamento con legge n. 134 del 20217.

Ulteriori fattori hanno peraltro inciso sulle scelte governative: il primo, rap- presentato dal cambio di Governo e dalla relativa maggioranza che lo sostie- ne; il secondo, invece, costituito dall’approvazione del c.d. PNRR, che ha imposto ai paesi destinatari dei fondi europei l’obiettivo della riduzione del 25% dei tempi del giudizio penale, soprattutto per quanto concerne i giudizi di impugnazione, privati, secondo quanto previsto dalla riforma c.d. Bonafe- de, dell’istituto della prescrizione del reato (sospesa, appunto, dalla sentenza di primo grado fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giu- dizio).

Il Governo ha quindi proposto una serie di emendamenti da inserire all’in- terno di tale disegno di legge delega (da attuarsi peraltro entro il termine di un anno): tra questi, alcuni hanno tuttavia un contenuto immediatamente pre- scrittivo e coinvolgono l’istituto della prescrizione del reato sia direttamente, attraverso disposizioni che ne modificano direttamente la disciplina, sia indi- rettamente, mediante disposizioni che invece introducono nuovi strumenti processuali finalizzati al contenimento dei tempi del processo.

7 Sulla riforma v. i contributi di LA ROCCA, Il modello di riforma “Cartabia”: ragioni e prospettive della Delega n. 134/2021, in Questa rivista, 3/2021, DONINI, Efficienza e princìpi della legge Cartabia. Il legislatore a scuola di realismo e cultura della discrezionalità, in Politica del diritto, 2021, 591 ss., FER- RUA, La singolare vicenda dell’improcedibilità, in Il penalista.it, MAZZA, A Midsummer Night's Dream:

la riforma Cartabia del processo penale (o della sola prescrizione?), in Questa rivista, 2/2021, 1 ss.;

PALAZZO, I profili di diritto sostanziale della riforma, in Sistema penale, 8 settembre 2021, 15 ss., PU- LITANÒ, Riforma della prescrizione. Giochi linguistici e sostanza normativa, in Sistema penale, 19 luglio 2021.

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Per quanto concerne il primo profilo, all’art. 2, comma 1, viene confermato quanto previsto dalla l. n. 3/2019, secondo la quale il corso della prescrizione del reato si blocca con la sentenza di primo grado, sia essa di assoluzione o di condanna. D’altra parte, la relativa disciplina, contenuta precedentemente nell’art. 159, co. 2 c.p. (dedicato alla sospensione del corso della prescrizio- ne), viene trasferita in un nuovo art. 161 bis c.p. (rubricato “Cessazione del corso della prescrizione”) così formulato: «Il corso della prescrizione cessa definitivamente con la pronuncia della sentenza di primo grado». Non si trat- terebbe più quindi di un’ipotesi di sospensione del corso della prescrizione, ma di una cessazione definitiva8.

Venendo al secondo profilo, all’art. 2, comma 2, viene introdotto, sempre mediante disposizioni immediatamente prescrittive, l’istituto della “Improce- dibilità per superamento dei termini di durata massima del giudizio di impu- gnazione”. Al fine di assicurare tempi certi e ragionevoli ai giudizi di impu- gnazione, si introduce nel codice di procedura penale, nella parte relativa alle condizioni di procedibilità, un nuovo art. 344-bis c.p.p. (rubricato “Improce- dibilità per superamento dei termini di durata massima del procedimento pe- nale”), secondo cui la mancata definizione del giudizio di appello entro il termine di due anni, e del giudizio di cassazione entro il termine di un anno, determina l’improcedibilità dell’azione penale9.

8 In realtà, come avremo modo di sostenere, la differenza appare più che altro nominalistica, considera- to che la precedente sospensione del corso della prescrizione già rappresentava, in una prospettiva so- stanzialistica, una cessazione definitiva della stessa. Per quanto concerne il decreto penale di condanna, che, come è noto, viene emesso al di fuori del contraddittorio delle parti, si propone di reinserirlo tra gli atti interruttivi della prescrizione del reato, nell’art. 160, co. 1 c.p.

9 I termini di durata previsti corrispondono a quelli di ragionevole durata disciplinati dalla legge Pinto per i rispettivi gradi di giudizio; nel caso di specie decorrono dal novantesimo giorno successivo alla scadenza del termine per il deposito della sentenza previsto dall’art. 544 c.p.p., eventualmente proroga- to ai sensi dell’art. 154 disp. att. c.p.p. Tali termini possono essere prorogati per un periodo non supe- riore a un anno nel giudizio di appello e a sei mesi nel giudizio di legittimità quando il giudizio di impu- gnazione è particolarmente complesso, in ragione del numero delle parti o delle imputazioni o del nu- mero o della complessità delle questioni di fatto o di diritto da trattare. La proroga è disposta con ordi- nanza del giudice procedente. Ulteriori proroghe possono essere disposte, per le ragioni e per la durata indicate nel periodo precedente, quando si procede per i delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni, per i delitti di cui agli articoli 270, terzo comma, 306, secondo comma, 416-bis, 416-ter, 609-bis, nelle ipotesi aggravate di cui all'articolo 609-ter, 609-quater e 609-octies del codice penale, nonché per i delitti aggravati ai sensi dell'articolo 416-bis.1, primo comma, del codice penale e per il delitto di cui all'articolo 74 del testo unico delle leggi in mate- ria di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi

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Alla base di tali riforme vi è la presa d’atto della realtà del processo italiano, contraddistinta dalla commistione tra lentezza del giudizio e prescrizione del reato, che incide, da un lato, sui diritti dell’imputato, e, dall’altro, sulla do- manda di giustizia delle vittime e delle persone offese dal reato, oltre che, in una prospettiva più generale, della società nel suo complesso.

Nella relazione della Commissione Lattanzi poc’anzi richiamata si afferma infatti che «la lentezza del processo, anzitutto, ne può comportare una irra- gionevole durata, in contrasto con l’art. 111 della Costituzione e con l’art. 6 della CEDU; un vulnus che si estende a ulteriori principi fondamentali, tra i quali l’immediatezza, il diritto di difesa e, in caso di condanna, il finalismo rieducativo della pena, che rischia di essere vanificato quando la pena viene eseguita a distanza di molti anni dal fatto nei confronti di una persona che, per il decorso del tempo, è ormai diversa»10.

Emerge, pertanto, a prima vista, una evidente connessione tra la durata dei processi penali (il c.d. tempo del processo) e l’effetto estintivo determinato dalla prescrizione del reato, che impone anzitutto una riflessione in ordine ai

stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309.

Nondimeno, quando si procede per i delitti aggravati ai sensi dell'articolo 416-bis.1, primo comma, del codice penale, i periodi di proroga non possono superare complessivamente tre anni nel giudizio di appello e un anno e sei mesi nel giudizio di cassazione.

I termini di durata massima del processo sono sospesi, con effetto per tutti gli imputati, negli stessi casi in cui è prevista la sospensione della prescrizione del reato (art. 159, co. 1 c.p.). Inoltre, nel giudizio d’appello è prevista la sospensione per il tempo necessario per la rinnovazione dell’istruttoria dibatti- mentale; in questo caso il periodo di sospensione tra un’udienza e l’altra non può comunque eccedere i sessanta giorni.

Si stabilisce inoltre, in continuità con quanto previsto per la prescrizione del reato, che la declaratoria di improcedibilità non abbia luogo quando l’imputato chiede la prosecuzione del processo. La disciplina richiamata non si applica ai delitti puniti con l’ergastolo, anche come effetto dell’applicazione di circo- stanze aggravanti. Infine si modifica l’art. 578 c.p.p.: in caso di condanna alle restituzioni o al risarci- mento del danno in favore della parte civile, seguita da una declaratoria di improcedibilità, il giudice d’appello e la Corte di cassazione, nel dichiarare improcedibile l’azione penale per il superamento dei termini di durata massima del giudizio di impugnazione, rinviano per la prosecuzione al giudice civile competente per valore in grado d’appello, che decide valutando le prove acquisite nel processo penale.

Per quanto concerne, infine, la disciplina transitoria, si prevede che le disposizioni in materia di impro- cedibilità per superamento dei termini di durata massima, si applichino solo ai procedimenti di impu- gnazione che hanno ad oggetto reati commessi a far data dal 1° gennaio 2020. Se i procedimenti di cui al comma 3 sono già pervenuti al giudice d’appello o alla Corte di cassazione, i termini massimi di dura- ta del processo decorrono dalla data di entrata in vigore della legge che introduce la nuova ipotesi di improcedibilità.

10 La relazione è consultabile sul sito www.giurisprudenzapenale.com; le parole citate si trovano a pag.

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rapporti tra quest’ultima ed i diversi precetti costituzionali in gioco. Sembra infatti necessario - anche alla luce dell’ultima proposta di riforma, che intro- duce un diverso ed ulteriore strumento, legato invece al processo in senso stretto - intraprendere un percorso interpretativo finalizzato alla esatta indivi- duazione delle norme costituzionali connesse al meccanismo prescrizionale;

se cioè quest’ultimo costituisca il mezzo attraverso il quale realizzare il princi- pio della ragionevole durata del processo (secondo quanto prescritto dall’art.

111 Cost.) o, al contrario, uno strumento giuridico connesso ad altri e diversi principi costituzionali.

Nella sentenza n. 143 del 2014 la Corte costituzionale ha avuto modo di af- fermare che «sebbene possa proiettarsi anche sul piano processuale – concor- rendo, in specie, a realizzare la garanzia della ragionevole durata del processo (art. 111, secondo comma, Cost.) – la prescrizione costituisce, nell’attuale configurazione, un istituto di natura sostanziale (ex plurimis, sentenze n. 324 del 2008 e n. 393 del 2006), la cui ratio si collega preminentemente, da un lato, all’“interesse generale di non più perseguire i reati rispetto ai quali il lun- go tempo decorso dopo la loro commissione abbia fatto venir meno, o note- volmente attenuato […] l’allarme della coscienza comune” (sentenze n. 393 del 2006 e n. 202 del 1971, ordinanza n. 337 del 1999); dall’altro, “al “diritto all’oblio” dei cittadini, quando il reato non sia così grave da escludere tale tutela” (sentenza n. 23 del 2013)”»11.

La questione che si pone è allora, anzitutto, se la stessa possa, in un futuro più o meno prossimo, utilizzando le parole della Corte, “cambiare configura- zione”, possa cioè divenire da istituto di natura sostanziale, con tutto ciò che ne consegue in termini di garanzie, istituto di natura prettamente processuale, governato dal diverso principio del tempus regit actum. Ciò, evidentemente, anche alla luce delle recenti sentenze della Corte costituzionale in cui, a pare- re della dottrina maggioritaria, la Corte, nonostante la conferma (più che altro apparente) della sua precedente giurisprudenza orientata secondo una qualifi- cazione sostanziale della prescrizione del reato, ha segnato un passo indietro

11 Cfr. il punto 3 del Considerato in diritto, corsivi nostri. Con la nota sent. n. 393 del 2006 la Corte costituzionale si è occupata della complessa questione della retroattività delle norme penali. Sul tema cfr. GAMBARDELLA, Lex mitior e giustizia penale, Torino, 2013, 98 ss., PULITANÒ, Retroattività favore- vole e scrutinio di ragionevolezza, in Giur. cost., 2/2008, 946 ss., PINELLI, Retroattività della legge pena- le più favorevole fra CEDU e diritto nazionale, in Giur. cost., 4/2011, 3047 ss.

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nella applicazione dei principi costituzionali precedentemente enunciati12. Si ritiene, pertanto, necessario approfondire il tema in una prospettiva costitu- zionale, per capire se vi siano elementi da cui desumere la qualificazione so- stanziale della prescrizione del reato o se, al contrario, la Costituzione lasci più o meno ampi margini di discrezionalità al legislatore, con la possibilità, per quest’ultimo, di decidere, salvo evidentemente il limite delle scelte mani- festamente irragionevoli, se attribuirle natura sostanziale o processuale.

12 Sulle ultime decisioni della Corte costituzionale in tema di prescrizione del reato cfr. i lavori di AGO-

STINI, Sulla legittimità costituzionale della sospensione del corso della prescrizione del reato da Covid- 19: un quadro di sintesi del diritto vivente in attesa della Consulta, in giustiziainsieme.it, ANDÒ, La na- tura sostanziale della prescrizione e le intenzioni processuali della legislazione ai tempi dell’emergenza sanitaria: in dubbio la sospensione della prescrizione disposta dal Decreto ‘Cura Italia’, in giurispruden- zapenale.com, 6/2020, CUPELLI, La sospensione della prescrizione, tra regole dell’emergenza e principi costituzionali: i chiaroscuri della sentenza n. 278 del 2020, in Giur. cost., 6/2020, 3243 ss., DE GIOIA, Emergenza Covid: non fondate le questioni di legittimità costituzionale sulla sospensione della prescri- zione, in Rivista penale, 12/2020, FLICK, Emergenza e sospensione della prescrizione: una scelta pro- blematica della Corte costituzionale, in Cass. pen., 1/2021, 44 ss., GALLUCCIO, La garanzia dell’irretroattività penale nella sent. n. 278/2020: una concurring opinion, in Quad. cost., 2/2021, 407 ss., MADIA, Dubbi di costituzionalità in materia di sospensione della prescrizione prevista dalla legisla- zione anti Covid - 19. Commento - tra luci ed ombre anche sul ‘modus procedendi’ - alla sentenza della III sezione penale della Cassazione che ha dichiarato manifestamente infondata la questione, in giuri- sprudenzapenale.com, 7-8/2020, MAZZA, La legalità estinta (per prescrizione) e lo squilibrio dei valori costituzionali, in Questa rivista, 3/2020, MODUGNO, Sospensione della prescrizione e Covid-19: spunti per un ‘commodus discessus’ nel rispetto dell'art. 25, co. 2, Cost., in giurisprudenzapenale.com, 7- 8/2020, PELISSERO, Sospensione della prescrizione ed emergenza sanitaria: flessibilità della prescrizione o della legalità penale?, in Diritto penale e processo, 7/2021, 905 ss., PIERANTONI, Irretroattività penale e sospensione della prescrizione del reato: la Corte costituzionale salva la normativa Covid-19, in giur- cost.org, 2/2021, SANTALUCIA, La sospensione della prescrizione dei reati in tempi di pandemia. La Corte costituzionale promuove la legislazione dell’emergenza, in questionegiustizia.it, GATTA, Emer- genza Covid e sospensione della prescrizione del reato: la Consulta fa leva sull’art. 159 c.p. per esclude- re la violazione del principio di irretroattività ribadendo al contempo la natura sostanziale della prescri- zione, coperta dalla garanzia dell’art. 25, co. 2 Cost., nonché ID., “Lockdown” della giustizia penale, sospensione della prescrizione del reato e principio di irretroattività: un cortocircuito, e ID., Covid-19, sospensione del corso della prescrizione del reato e irretroattività: una prima discutibile decisione della Cassazione e due nuove ordinanze di merito che sollecitano una rilettura dell’art. 159 c.p., e ‘Tolleran- za tra principi’ e ‘principi intolleranti’. L’emergenza sanitaria da Covid-19 non legittima deroghe al prin- cipio di irretroattività in malam partem: note critiche a una sentenza della Cassazione sulla sospensione della prescrizione del reato ex art. 83, co. 4, d.l. n. 18/20, tutti in Sistema penale, rispettivamente 26 dicembre 2020, 4 maggio 2020, 6 luglio 2020 e 22 luglio 2020; sia inoltre consentito rinviare a MARTI-

RE -PISTONE, Tempo della punizione e garanzie costituzionali. La sospensione della prescrizione al vaglio della Consulta, in Questa rivista, 3/2020, 9, e ID., Sospensione della prescrizione, principio di legalità e bilanciamento sempre possibile. Considerazioni a margine della sentenza n. 278 del 2020 della Corte costituzionale, in Osservatorio Aic, 3/2021, 166 ss.

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La rilevanza delle questioni risulta confermata anche dalle numerose con- danne che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha riservato all’Italia, per violazione dell’art. 6 CEDU, nonché dagli indennizzi pagati dallo Stato italia- no a titolo di equa riparazione per l’irragionevole durata del processo ai sensi della cd. legge Pinto (l. 24 marzo 2001, n. 89). Condanne giunte proprio in ragione della mancata tutela di diritti fondamentali per processi definiti con la prescrizione del reato, in una prospettiva che tuttavia sottende una diversa qualificazione dell’istituto13.

D’altra parte, la nota questione Taricco ed il relativo contrasto con la Corte di Giustizia dell’Unione europea, in relazione alla ineffettività del contrasto alle frodi ai danni degli interessi finanziari dell’UE, ha mostrato come la diversa prospettiva del Giudice costituzionale si inserisca in un contesto di profonda crisi delle garanzie tradizionalmente riferite al principio del nullum crimen, il quale, anche per le trasformazioni della produzione legislativa e per il ruolo sempre più rilevante della giurisprudenza (anche comune), nonché per la oramai definitiva affermazione di un diritto penale europeo, ha subito un pro- fondo cambiamento rispetto all’originario modello tracciato dal Costituente.

Per effetto della giurisprudenza europea è mutato, infatti, anzitutto l’ambito di operatività del principio riconosciuto dall’art. 25, secondo comma, Cost., e, di converso, anche il relativo perimetro applicativo delle sottese garanzie costituzionali in materia penale.

Tale questione assume una rilevanza centrale nell’analisi della prescrizione del reato in una prospettiva costituzionalistica, ove diviene cruciale affrontare il tema del fondamento dell’istituto, tuttora dibattuto in dottrina in quanto legato a molteplici rationes, poste a tutela di interessi diversi e, soprattutto, finalizzate alla ricerca, condotta di volta in volta secondo un’ottica soggettivi- stica o, al contrario, oggettivistica, di un equilibrio tra due opposte esigenze: la punizione dei rei per i relativi delitti e, al tempo stesso, la necessità di preser-

13 Cfr. Corte EDU, Sez. II, 29 marzo 2011, Alikaj c. Italia, ove si legge che «La Cour remarque que les démarches entreprises en l'espèce par les autorités chargées de l’enquête préliminaire à la suite de la mort de Julian Alikaj et par les juges du fond pendant le procès ne prêtent pas à controverse. Cepen- dant, compte tenu de l'exigence de célérité et de diligence raisonnable, implicite dans le contexte des obligations positives en cause (voir, parmi d'autres, McKerr, précité, §§ 113-114, et, mutatis mutandis, Yaşa, précité, §§ 101-103), il suffit d'observer que l'application de la prescription relève sans conteste de la catégorie de ces «mesures» inadmissibles selon la jurisprudence de la Cour, puisqu'elle a eu pour effet d'empêcher une condamnation»; v. poi Corte EDU, Sez. II, 1° luglio 2014, Saba c. Italia, Corte EDU, Sez. IV, 7 aprile 2015, Cestaro c. Italia.

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vare i loro diritti fondamentali all’interno del sistema penale (non solo pro- cessuale).

2. Concezione soggettiva ed oggettiva della prescrizione del reato. La dottrina penalistica, una volta superate le concezioni c.d. assolute della pena, che riget- tavano l’istituto della prescrizione del reato per l’impossibilità di delimitare, sul piano cronologico, l’applicazione della sanzione penale, ha tentato di in- dagare il fondamento delle conseguenze del trascorrere del tempo oscillando tra ricostruzioni legate all’esperienza soggettiva e personale dell’ipotetico au- tore del reato ed altre legate, al contrario, ad una concezione impersonale ed oggettiva del tempo necessario a prescrivere14.

A questo proposito si è giustamente osservato che, «se il trascorrere del tem- po rimane, comunque, al centro di ogni speculazione dottrinale relativa al fenomeno prescrittivo (quale dato oggettivo ed incontrovertibile destinato ad alterare la vicenda penale), sarà il punto di vista di volta in volta privilegiato dai diversi autori – quello dello Stato, con la sua pretesa punitiva, oppure quello del singolo individuo (indagato, o imputato o condannato) con i suoi diritti incomprimibili – a suggerire posizioni e considerazioni differenti in me- rito all’istituto» con la conseguenza che la prescrizione del reato è divenuta terreno di confronto tra le due anime del diritto penale: quella di strumento di difesa sociale e di magna carta del reo15.

La dicotomia tra concezione soggettivistica ed oggettivistica si riflette anche nella (e, per taluni aspetti, si sovrappone alla) ulteriore suddivisione tra con- cezione sostanziale e concezione processuale dell’istituto. Nella sua primige- nia configurazione, che risale al diritto romano, la prescrizione assume infatti i connotati di una causa di decadenza dall’azione penale. In realtà, il termine praescriptio appare per la prima volta nel diritto civile, ove viene inteso quale

14 Cfr. PADOVANI, Diritto penale, cit., 436 ss.

15 SILVANI, Lineamenti per una storia della prescrizione penale. DallOttocento al codice Rocco, in Materiali per una storia della cultura giuridica, 2/2003, 432. In relazione alle due anime del diritto pena- le, cfr. PULITANÒ, Politica criminale, in MARINUCCI -DOLCINI, Diritto penale in trasformazione, Mila- no, 1985, 11 ss., nonché MARINUCCI, Il diritto penale messo in discussione, in Rivista italiana di diritto e procedura penale, 2002, 1040 ss.

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formula difensiva mediante cui il convenuto, nel processo civile, respinge la domanda di restituzione della cosa, eccependone il lungo possesso16.

Nel diritto penale assume, dunque, sempre in un’ottica, potremmo dire, pri- vatistica, la natura di avvertimento (le c.d. ingiunzioni), attraverso cui l’accusa- tore viene messo al corrente del rischio di “decadere dall’accusa” in caso di mancato compimento di determinati atti entro i termini previsti, decorsi i qua- li, peraltro, l’accusato acquista un vero e proprio diritto a non essere proces- sato e, conseguentemente, condannato. Tale connotazione processualistica giunge sino all’Ottocento, quando compare, sia all’interno dei primi Codici, sia nell’elaborazione della dottrina, quale causa di estinzione dell’azione pe- nale (questa volta in una prospettiva più marcatamente pubblicistica), affianca- ta, per la prima volta, dalla prescrizione della condanna.

Coglie tuttavia nel segno quella dottrina che ridimensiona il collegamento tra causa di estinzione dell’azione penale e riconoscimento della natura proces- suale della prescrizione del reato. Durante l’Ottocento manca infatti quella elaborazione teorica (che sarà sviluppata nel secolo successivo) in grado di conferire una autonomia concettuale alla nozione di “azione”, la quale viene, invece, identificata con la stessa legge penale sostanziale «che, nei casi concre- ti, scendendo dal piano dei precetti astratti e generali, si attua (cioè, si traduce in atto processuale) per ottenere la punizione dei colpevoli»17.

In ogni caso, l’originaria funzione della praescriptio romana, quella cioè di incentivo al compimento degli atti necessari per impedirla, perde rilevanza nella ricerca delle rationes cui si faceva riferimento poc’anzi, in quanto, come anticipato, la dottrina dell’Ottocento comincia ad interrogarsi circa le finalità del diritto di punire e gli effetti che su di esse produce il decorso temporale, fluttuando tra diritto oggettivo e diritto soggettivo, nonché tra concezione so- stanziale e processuale dell’istituto.

Prima ancora, durante il XVIII secolo, autorevoli autori, fra cui Beccaria, evidenziano, in relazione al fondamento della prescrizione del reato, l’equili- brio tra il punire i rei di “delitti atroci” e la necessità di preservare anche all’interno del sistema penale i diritti individuali, privilegiando quest’ultimo profilo in caso di delitti c.d. minori, per consentire al reo di divenir migliore,

16 In particolare, in presenza dell’eccezione del convenuto, il pretore formulava una “condanna condi- zionata”, riassumibile nella frase «nisi de ea re agatur cuius longa possessio sit»; cfr. D’ANTONIO, (voce) Prescrizione (materia penale), in Dig. It., XIX, I, Torino, 1909-1912, 542.

17 ANTONINI, Contributo alla dogmatica delle cause estintive del reato e della pena, Milano, 1990, 21.

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in una prospettiva, quindi, prettamente garantistica18. Si afferma che non c’è

«niente di più difficile che difendersi da un’accusa, quando questa è di anni posteriore al delitto. Il tempo, che ha scancellata la memoria delle circostanze che l’accompagnano, toglie all’accusato i mezzi per giustificarsi ed offre al calunniatore avveduto un velo, col quale coprire le sue meditate menzogne»19. Nelle opere di Cesare Beccaria, Mario Pagano e Gaetano Filangieri, è possi- bile scorgere infatti una dicotomia che sarà poi replicata in tutte le riflessioni dell’Ottocento e del Novecento (e ripresa, seppur attraverso termini diversi, anche dalla Corte costituzionale): quella tra esigenze di sicurezza e di pubbli- ca tranquillità dei cittadini, da un lato, e di libertà e tutela dei diritti della per- sona, dall’altro20: potremmo dire, tra concezione oggettiva e soggettiva della prescrizione del reato. Se, tuttavia, nel pensiero illuminista la connotazione garantistica della prescrizione, anche per effetto della particolare attenzione alla funzione special-preventiva della pena, acquista certamente una valenza superiore, nelle speculazioni dei rappresentanti del c.d. classicismo penale, pur rimanendo presente, tende a perdere rilievo nella individuazione del fondamento dell’istituto.

La questione si sposta attorno alle considerazioni più strettamente relative all’opportunità (politica) di esercitare il diritto di punire trascorso un deter- minato periodo di tempo dalla realizzazione del fatto di reato, secondo una più attenta valutazione dell’interesse pubblico. La ratio della prescrizione vie- ne ancora ricondotta alle finalità stesse della sanzione, ma in una prospettiva tutta sbilanciata a favore di quella general-preventiva. È infatti la “cessazione del danno sociale prodotto dal delitto” ad assumere centralità nelle riflessioni teoriche: la reazione punitiva dello Stato, in quanto tardiva, non sarebbe infat- ti in grado di adempiere alle finalità che le sono assegnate dal legislatore21.

18 BECCARIA, Dei delitti e delle pene. Con una raccolta di lettere e documenti relativi alla nascita dellopera e alla sua fortuna nellEuropa del Settecento, a cura di Venturini, Torino, 1994.

19 FILANGIERI, Scienza della legislazione, Milano, 1817, 256; v. anche PAGANO, Principii del codice penale, Milano, 1998, 62.

20 Cfr. BECCARIA, Dei delitti e delle pene, cit., § XXX; cfr. poi DEZZA, Note su accusa e inquisizione nella dottrina settecentesca, in Saggi di storia del diritto penale moderno, Milano, 1992, 39 ss., PALOM-

BI, Mario Pagano. Alle origini della scienza penalistica del secolo XIX, Napoli, 1979, 88 ss.

21 Cfr. CARRARA, Programma del corso di diritto criminale: del delitto, della pena, rist. Bologna, 1993, 505. Cfr. SILVANI, Lineamenti per una storia della prescrizione penale. DallOttocento al codice Rocco, cit., 429 ss.

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È dunque «politica la giustificazione principale cui viene ricondotta l’efficacia estintiva del tempo nel diritto penale, giacché deriva dallo scopo politico asse- gnato alla sanzione; dal momento che questa si giustifica in quanto “forza mo- rale che si contrappone alla tendenza ad offendere” e, soprattutto, in quanto mezzo in grado di ristabilire l’ordine violato dal delitto, essa potrà dispiegare opportunamente i suoi effetti solo se prossima al fatto di reato. Il suo inter- vento tardivo non solo ne annulla l’efficacia, ma rischia altresì di produrre l’effetto paradossale di ingenerare pietà nei confronti del condannato sotto- posto ad una pena che, troppo lontana da un fatto del quale è ormai sbiadita la memoria, viene percepita come ingiusta»22.

Se, dunque, il principale fondamento razionale della prescrizione viene indi- viduato nell’attenuarsi delle esigenze sottostanti all’esercizio del potere puni- tivo, le rationes maggiormente ispirate alle istanze del garantismo penale ven- gono recuperate come ulteriori argomenti a supporto della necessità di disci- plinare (con legge) la prescrizione penale, per quanto attiene, in particolare, al computo dei termini prescrizionali ed alla determinazione della loro durata, nonché alla rilevabilità della compiuta prescrizione.

Tali istanze evidenziano ancora una volta la stretta connessione tra l’aspetto soggettivistico della prescrizione del reato ed il processo quale luogo ove farlo valere, nonché il riaffiorare di quell’umanitarismo di matrice illuministica poc’anzi richiamato: secondo Carmignani “un’accusa sollecita” è garanzia di

“sincerità” e non permette «che per un lungo lasso di tempo si disperdano i mezzi di prova, o della reità dell’accusato a danno del suo accusatore o della sua innocenza a suo danno»23, mentre per Cremani «quando al reo sono ve- nuti meno pel lasso del tempo i mezzi di difesa, e ciò non per fatto suo ma

22 SILVANI, Lineamenti per una storia della prescrizione penale. DallOttocento al codice Rocco, cit., 435. Cfr. CRIVELLARI, Il codice penale per il Regno dItalia, Torino, 1890-1898, IV, 516, CARMIGNANI, Elementi di diritto criminale, Milano, 1882, 243, CARRARA, Programma del corso di diritto criminale, cit., 507, BORSARI, Dellazione penale, Torino, 1866, 585, TUOZZI, Corso di diritto penale secondo il vigente codice dItalia, Napoli, 1899, 507, GIULIANI, Istituzioni di diritto criminale, Macerata, 1856, 267, le cui parole risultano particolarmente significative. Secondo l’Autore l’applicazione tardiva della pena, non solo diviene inutile, in quanto tendente «a risarcire il danno politico che il delitto impunito apporta alla Società, a ristabilire l’equilibrio nell’animo de ’cittadini atterriti dal misfatto, a reprimere la spinta criminosa de ’malvagi coll’aspetto del male che soffre il delinquente», con la conseguenza che

«quando il delitto è estinto nella memoria dei cittadini, non esiste più il danno politico da risarcirsi, l’animo de ’cittadini si è riposto in quiete», ma, inoltre, «la pena che si applicasse ecciterebbe piuttosto la compassione che il terrore».

23 CARMIGNANI, Elementi di diritto criminale, Milano, 1882, 243.

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per fatto del potere pubblico, che non lo ha prima soggettato all’imputazione, il pretendere di processarlo e punirlo è un usar violenza contro l’inerme, un esporsi a pericolo di straziarlo, tuttoché innocente, in una parola è ingiustizia e crudeltà ad un tempo»24.

Il principio di legalità, divenuto principio fondamentale in materia penale, si applica, pertanto, anche alla prescrizione del reato, la cui durata, come sarà d’altronde per il codice attuale, si lega alla minore o maggiore gravità del fat- to; peraltro, il relativo dies a quo viene individuato nel giorno della consuma- zione del reato, saldando in tal modo l’istituto prescrittivo al giorno del fatto di reato, interrompendo dunque il legame (che, a questo punto, diviene solo indiretto) con il relativo ed eventuale processo. Quest’ultimo elemento segna, ad avviso di chi scrive, il punto di partenza per configurare la prescrizione del reato quale istituto di natura sostanziale, considerato, quindi, come istituto finalizzato ad orientare l’individuo nella società, prima ancora che lo stesso possa assumere la qualifica di indagato o imputato. In altri termini, il legame del termine prescrizionale con il fatto di reato implica che la prescrizione sia intesa come istituto avente lo scopo di orientare il comportamento umano, nel senso di vietare, e quindi disincentivare, al pari delle altre norme incrimi- natrici, alcuni comportamenti rispetto ad altri; una qualificazione evidente- mente sostanziale, che si differenzia nettamente - in quanto ne prescinde - dai suoi risvolti processualistici.

La commistione tra il profilo prettamente sostanziale e quello processuale della prescrizione si riflette inoltre nel dibattito che coinvolge la dottrina pena- listica del tempo in merito alla interruzione della prescrizione dell’azione pe- nale, istituto di stampo processualistico, in grado tuttavia di posticipare il rela- tivo dies a quo.

Secondo parte della dottrina, maggiormente legata alle finalità general- preventive della sanzione penale, ogni atto del procedimento penale è idonea causa interruttiva, proprio perché in grado di tenere viva la memoria del reato ed il relativo allarme sociale25. Altra parte della dottrina, al contrario, orientata in senso garantistico a tutelare il singolo dal potenziale ed arbitrario dilatarsi all’infinito dei tempi del processo, ritiene la tesi sopra richiamata priva di qualsiasi fondamento giuridico e capace inoltre «di introdurre nella giustizia

24 CREMANI, De iure criminali. Libri Tres, Firenze, 1818, 193 ss.

25 In questo senso NICOLINI, Della procedura penale nel Regno delle due Sicilie, Livorno, 1843, 858.

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pratica la più abbominevole signoria dell’arbitrio» in quanto il magistrato in- quirente o il privato accusatore avrebbe la facoltà di «prolungare a talento suo indefinitivamente l’azione penale e farla durare anche sessanta anni, inter- rompendone il corso con successivi atti di procedura»26. Inoltre, in tal modo si arriverebbe persino a snaturare l’istituto della prescrizione, che dovrebbe operare oggettivamente per effetto del solo scorrere del tempo.

Le rationes politico-criminali sopra individuate si riflettono anche sui profili concernenti la rilevabilità della relativa estinzione: la conclusione, per certi versi obbligata, della rilevabilità d’ufficio prescinde infatti dal dissenso delle parti e si fonda sulla riconduzione della prescrizione a ragioni intrinseche al diritto di punire ed alla sua natura di istituto di interesse pubblico. Pertanto, diversamente da quanto accade oggi (e solo per effetto della sentenza della Corte costituzionale)27, la parte che beneficia della prescrizione non ha la pos- sibilità di rinunziarvi. Da questo punto di vista, il meccanismo prescrittivo as- sume certamente una natura oggettiva, che sovrasta i profili concernenti i di- ritti individuali di colui che è sottoposto alla potestà punitiva dello Stato.

Per i rappresentanti della Scuola positiva, invece, il meccanismo prescrittivo assume inevitabilmente la natura di fenomeno incompatibile con i principi a base del loro modello di diritto penale, incentrato sulle esigenze di difesa del- la società, la cui realizzazione impone esclusivamente l’annullamento della pericolosità sociale del reo. Per tali motivi la qualificazione giuridica del de- corso del tempo, tipica del fenomeno della prescrizione, non viene del tutto accantonata, ma, in continuità con i principi cardine, se ne introduce una va- riante, che, tuttavia, ne annulla completamente la ratio originaria.

Il sistema costituito dalla presunzione oggettiva del meccanismo prescrittivo, che si determina per il mero decorso del tempo, viene infatti sostituito con un

26 CARRARA, Prescrizione (Interruzione), in Opuscoli di diritto criminale, II, Prato, 1878, 74, secondo cui «Vi è una questione nella quale diciamo di non trovarci a fronte di una convinzione giuridica che meriti rispetto, ma il più sfrontato cinismo della prepotenza e dello arbitrio col quale non è possibile di transigere mai nella discussione degli argomenti penali. Questa è la tesi della non interruzione della prescrizione penale per atti di procedura che da taluno vorrebbesi impugnare; e che io chiamo tesi appositamente e non questione perché non vi trovo elementi di seria questionabilità». Ancora, in CAR-

RARA, Programma del corso di diritto criminale, cit., p. 509, l’Autore qualifica tale tesi come

«un’enormità insensata e crudele; caldeggiata soltanto da chi ama prostituire il giure punitivo col farne un’arme di partito politico».

Sul dibattito della dottrina del tempo v. per tutti SILVANI, Lineamenti per una storia della prescrizione penale. DallOttocento al codice Rocco, cit., 436 ss.

27 Cfr. la sentenza della Corte costituzionale n. 275 del 1990, su cui infra.

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accertamento in concreto da parte del giudice del venir meno della pericolosi- tà sociale del reo e delle relative esigenze di difesa sociale. Si comprende allo- ra come il tema della prescrizione non venga affrontato dagli esponenti della Scuola positiva, confluendo interamente nella diversa questione della sussi- stenza o meno della pericolosità sociale.

L’unico intervento esplicito è quello di Zerboglio, che afferma: «La legge non dovrà (…) fastidiarsi della possibilità ideologica che ha ciascun cittadino di tramutarsi in un briccone, ma sì della probabilità reale che la maggioranza, a vantaggio della quale debbono essere fatti i codici, ha di non abbisognare di essa legge che nel senso di tutelatrice (…) della difesa (…) dei più (…). Così, rispetto alla prescrizione dell’azione, la legge conviene si preoccupi, non degli inconvenienti potenzialmente derivabili dall’imputato dal non ammetterla, ma in modo principale dei danni derivabili alla società coll’ammetterla»28.

L’avversione per la prescrizione da parte della Scuola positiva svela in realtà la neutralità del passaggio da una concezione oggettiva del trascorrere del tempo ad una legata a profili evidentemente più soggettivi, quando questi sia- no connessi alla personalità del reo, ma sul presupposto che il reato costitui- sca un fatto umano sintomatico della pericolosità soggettiva del suo autore.

Come abbiamo visto, nel dibattito dell’Ottocento, non è tanto l’adozione di una concezione oggettiva o soggettiva del trascorrere del tempo a determinare conseguenze diverse ed opposte in ordine alla qualificazione della prescrizio- ne del reato. Nel corso del tempo la dottrina infatti elabora e sostiene tesi orientate e sbilanciate tanto sul versante della pretesa punitiva dello Stato, quanto, al contrario, su di uno maggiormente sensibile alla personalità del reo. Tuttavia, pur partendo da premesse diverse, ciò che accomuna le teorie è l’assenza di ogni riferimento al meccanismo prescrittivo come diritto del sin- golo individuo (indagato, imputato o condannato), con la conseguenza che la prescrizione del reato diviene esclusivamente strumento di difesa sociale o di protezione della comunità, sganciata da quel complesso di principi di matrice liberal-garantistica di stampo illuministico finalizzati alla tutela dell’individuo dal e nel sistema penale.

28 ZERBOGLIO, La prescrizione penale, Torino, 1893, 17. V. anche GAROFOLO, Criminologia, Torino, 1891, 448, secondo cui «si comprende la ragione di tale istituzione in materia civile» poiché «quando per un lungo tempo non ci siamo curati di far valere i nostri diritti, è da ammettersi una tacita rinuncia che non permetta, molto tempo dopo, di turbare il possessore di buona fede. Ma allorché si tratta di malfattori, è forse una buona ragione per non molestarli, quella ch’essi abbiano saputo per qualche tempo sfuggire alle ricerche della polizia?».

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Se, allora, è il passaggio dalle teorie assolute a quelle relative della pena a se- gnare l’ingresso, nel sistema penale, del meccanismo prescrittivo, tale ingresso rappresenta anche il risultato dell’abbandono di teorie fondate sulla trasfor- mazione dell’istituto in esame da meccanismo oggettivo e presuntivo a dispo- sitivo agganciato alla realtà e basato su un accertamento in concreto di un pro- filo diverso da quello concernente il mero rapporto tra il tempo e il fatto: un profilo legato alla personalità ed alla pericolosità dell’autore del reato, foriero, dunque, non di una vera e propria concezione soggettiva della prescrizione (che infatti non viene riconosciuta), bensì di caratteristiche soggettive utilizzate in vista dell’esercizio o meno dello ius puniendi da parte dello Stato.

Il passaggio (non più neutrale) da una concezione esclusivamente oggettiva del meccanismo prescrittivo ad una concezione - parziale in quanto comple- mentare, ma, in ogni caso, realmente - soggettiva si realizzerà, come vedremo, solamente dopo l’entrata in vigore della Costituzione repubblicana, ove, pe- raltro, faticherà ad affermarsi.

3. Prescrizione del reato e finalità della pena. Nel passaggio verso il ricono- scimento della prescrizione, è la stessa cultura retribuzionista, in una prospet- tiva più moderata e, d’altra parte, di carattere più marcatamente soggettiva, a legittimare sul piano teorico l’istituto. Il tempo successivo al verificarsi del rea- to, senza che sia intervenuto un accertamento definitivo di responsabilità - si sosteneva - implicherebbe già di per sé una forma di punizione per il suo au- tore, in quanto costretto in uno stato di sofferenza per l’attesa (inevitabile) del- la futura restrizione della propria libertà personale. Se il tempo ha una fun- zione espiativa, la prescrizione «si limita a ratificare il venir meno dello scopo retributivo della pena, che appare in qualche modo già scontata dal reo nell’attesa di una sentenza definitiva»29. Difatti «la società se si trova veramente di fronte ad un colpevole, non può non tener conto che la vita di costui, nel più o meno lungo periodo trascorso dal giorno del reato, è stata una vita orri- bilmente agitata da trepidazioni, da incertezze, da rimorsi, che gli han fatta temere la luce del giorno e la compagnia degli uomini, e gli han turbate nella notte le ore del riposto: sicché egli pel suo reato ha già sofferto tanto, quanto basta a surrogare la pena meritata»30.

29 PADOVANI, Diritto penale, cit., 437.

30 MASUCCI, Prescrizione, in Enciclopedia del diritto penale, III, a cura di Pessina, Milano, 1905, 316.

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Senonché, salvo qualche debole eco31, la teoria della prescrizione come ratifi- ca dell’avvenuta emenda del reo viene presto abbandonata, in quanto contra- ria, secondo la maggior parte della dottrina, all’esperienza comune e, peraltro, insuscettibile di verifica razionale ed oggettiva32. Peraltro, non trova mai ri- scontro in una disciplina positiva, mediante strumenti che condizionino l’estinzione della punibilità all’accertamento di tale ipotesi.

La teoria svolge, tuttavia, una duplice funzione: da un lato attribuisce una prima e completa giustificazione teorica al meccanismo prescrizionale;

dall’altro evidenzia profili di carattere realmente soggettivo della prescrizione, riportando al centro del dibattito il reo e la connessione del meccanismo pre- scrizionale al fatto di reato.

La tesi assume inoltre rilevanza poiché, nell’individuare il fondamento razio- nale della prescrizione in una condizione soggettiva dell’autore del reato, su- bisce un riadattamento, in quanto utilizzata, seppur con presupposti e scopi diversi, da altre teorie più recenti; parte della dottrina, infatti, torna, a distanza di tempo, ad assumere quella stessa prospettiva, ponendosi ancora sulla scia della rilevanza che il tempo prescrizionale assume per il reo.

Per questa via, pur senza considerare la prescrizione come risvolto dell’avve- nuta emenda, si attribuisce importanza al decorso del tempo ed alla relativa funzione estintiva della pena, individuando il fondamento giustificativo in vir- tù della funzione special-preventiva (c.d. positiva) riconosciuta alla sanzione penale. Dal momento che il tempo incide sulla personalità dell’individuo, trasformandolo ed evolvendolo in qualcosa di diverso da ciò che era al mo-

31 PIGACHE, La prescription pénale. Instrument de politique criminelle, in Rev. sc. crim., 1983, 59 ss.

32 Secondo GIUNTA -MICHELETTI, Tempori cedere. Prescrizione del reato e funzioni della pena nello scenario della ragionevole durata del processo, Torino, 2003, 30-31, «sembra infatti assai dubbio che il tempo storico richiesto per la prescrizione venga vissuto dal reo sempre e necessariamente come attesa di una futura sofferenza, nell’inquietudine cioè che si compia il meritato destino punitivo. Quanto al secondo profilo, non è dato riscontrare nella disciplina positiva dell’istituto - tanto meno in quella at- tualmente vigente nel nostro ordinamento - elementi strutturali che confermino questa supposizione, subordinando l’estinzione della punibilità per decorso del tempo all’accertamento di una tale ipotizzata circostanza. È vero anzi che la prescrizione opera indipendentemente dallo stato spirituale che ha con- traddistinto la vita del reo nel periodo che intercorre tra il tempus commissi delicti ed il dies ad quem: motivo per cui non sembra corretto ravvisare l’ubi consistam della prescrizione in una condizione sog- gettiva non solo eventuale, ma - per quel che più rileva - del tutto assente nell’ordito legislativo. Non solo: a voler seguire questa tesi fino in fondo, si finirebbe per concludere che la stessa esistenza della prescrizione smentisce la ratio dell’istituto, giacché la consapevolezza che il decorso del tempo determi- nerà certamente l’estinzione della pena rende ancor meno probabile che il reo viva nel timore di una sofferenza che sa non essere ineluttabile, perché ad essa può sottrarsi».

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mento in cui ha compiuto il reato, la relativa sanzione da applicarsi a distanza di tempo potrebbe risultare inutile, in quanto «priva di un’effettiva funzione di specialprevenzione positiva rispetto ad un soggetto inevitabilimente “cambia- to” e reintegrato nei valori della società»33. Si osserva infatti che «non solo la natura fisica di una persona, ma anche quella psichica e morale è soggetta ad una continua evoluzione: sicché, ove non esistesse un meccanismo prescri- zionale, la pena finirebbe per colpire un individuo che, “nella sua essenza”, “è diventato altro da sé”»34.

Si tratta di una impostazione che si inserisce nella logica della prevenzione speciale e della tendenziale finalità rieducativa sancita dall’art. 27, comma 3, Cost. in relazione alla pena, che risulterebbe compromessa nel caso in cui la risposta sanzionatoria non fosse irrogata tempestivamente. Secondo tale tesi la pena, per effetto del passare del tempo dal giorno del fatto di reato, non sa- rebbe in grado di assolvere alla propria funzione, in quanto il destinatario non sarebbe nelle condizioni di comprenderne la ratio. La sanzione, in quanto irragionevolmente tardiva, finirebbe per incidere su un soggetto sostanzial- mente diverso dall’autore del fatto di reato, un individuo che potrebbe anche essere nuovamente e pienamente integrato nella società, producendo in tal modo «un effetto de-socializzante esattamente antitetico rispetto alle finalità cui la sanzione penale dovrebbe tendere per imperativo costituzionale»35. La capacità del decorso del tempo di spezzare la corrispondenza tra soggetto responsabile e soggetto punito determinerebbe, secondo tale dottrina, non solo il venir meno della funzione di rieducazione, ma anche la violazione del primo comma dell’art. 27 della Carta costituzionale. Il principio di personali- tà della responsabilità penale, infatti, «affermando la necessità di una stretta corrispondenza tra autore del fatto e soggetto penalmente responsabile non

33 PADOVANI, Diritto penale, cit., 437.

34 LAMMASCH, Gutachten über die Frage: soll zur Verjährung der Strafverfolgung der bloße Ablauf einer gesetzlich bestimmten Zeit seit Verübung der Straftat genügen oder soll diese Verjährung auch noch an andere Bedingungen geknüpft werden?, in Aa.Vv., Verhandlungen des 24. deutschen Juristentages, II, Berlin, 1897, 119, TARDE, La philosophie pénale, Lyon, Paris, 1905, 131, STORTONI, Profili costituzi- onali della non punibilità, in Riv. it. dir. proc. pen., 1984, 661 ss. e AA.VV., Prescrizione e irretroattività fra diritto e procedura penale, cit., 321 ss.; cfr. inoltre GIUNTA -MICHELETTI, Tempori cedere. Prescri- zione del reato e funzioni della pena nello scenario della ragionevole durata del processo, cit., 31 ss.

35 GIUNTA -MICHELETTI, Tempori cedere. Prescrizione del reato e funzioni della pena nello scenario della ragionevole durata del processo, cit., 32.

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può non comprendere e presupporre la stessa identità tra l’individuo autore del reato e quello punito»36.

Il merito di tale tesi è certamente quello di cogliere, in un’ottica prettamente soggettiva, gli effetti del tempo sull’individuo. D’altro canto, come abbiamo visto, a partire dagli studiosi illuministi, tra cui Beccaria, la prontezza della pena è sempre stata una sua caratteristica fondamentale. La prescrizione, fis- sando il termine massimo tollerabile tra fatto di reato e pena, costituirebbe allora un utile strumento per impedire tali possibili violazioni.

La tesi in esame non ha, tuttavia, mai trovato generale consenso in dottrina, la quale ha evidenziato che tale lettura specialpreventiva non è in grado, in fon- do, di cogliere l’autentica ratio normativa della prescrizione, poiché «altro, infatti, è sostenere che il tempo modifica l’uomo, il che pare assolutamente incontestabile; altro è ritenere che la prescrizione sia stata concepita proprio come limite massimo temporale oltre il quale la pena non può più assolvere la propria funzione specialpreventiva»37. Nonostante la tesi risulti più solida sul piano teoretico, rispetto a quella c.d. retribuzionista moderata sopra men- zionata, ogni approccio teorico basato sul reo è stato ritenuto «incoerente con i caratteri strutturali della prescrizione del reato secondo la disciplina positi- va», ove si prescinde dal previo accertamento da parte del giudice in ordine al fatto che «il tempo storico trascorso dal momento della consumazione del reato abbia effettivamente espletato nei confronti dell’ipotetico autore del rea- to le funzioni positive che si pretendono di attribuirgli» con la conseguenza che la prescrizione «prescinde dal significato soggettivo che il tempo assume nell’esperienza individuale»38.

La mancata conferma nella struttura normativa dell’istituto ha rappresentato il fattore maggiormente in contrasto con l’impostazione in esame; operando come automatico meccanismo presuntivo, che prescinde quindi da una verifi- ca in concreto in ordine alla utilità o meno delle proprietà risocializzative of- ferte dalla sanzione penale, la dottrina ha posto l’attenzione sul carattere im- personale ed oggettivo del tempo necessario a prescrivere, confermato peral- tro dalla capacità della prescrizione di incidere anche nei confronti di soggetti sottoposti a procedimento penale che risultino tuttavia estranei al fatto conte-

36 STORTONI, Profili costituzionali della non punibilità, cit., 661.

37 GIUNTA -MICHELETTI, Tempori cedere. Prescrizione del reato e funzioni della pena nello scenario della ragionevole durata del processo, cit., 33.

38 PADOVANI, Diritto penale, cit., 437-438.

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