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ATTILIO BARBIERI■■■ «Il Jobs Act è un’ottima rifor-ma strutturale per il mercato del la-voro italiano, destinata a incidere profondamente nella cultura e nei comportamenti delle imprese e dei lavoratori». Stefano Colli-Lanzi, amministratore delegato di Gi Group non ha dubbi: «La riforma è paragonabile all’introduzione del-lo Statuto dei lavoratori nel 1970 e all’abolizione della scala mobile del 1984».
Perché?
«Si è ridata centralità al contratto a tempo indeterminato, si è fatta pulizia dei contratti precarizzanti, indirizzato verso la somministra-zione di lavoro la gestione dell’esi-genza di flessibilità delle imprese, limitato il ricorso agli ammortizza-tori passivi in costanza del rappor-to di lavoro, indirizzarappor-to verso le po-litiche attive la gestione delle crisi aziendali strutturali. Come vede, la riforma del mercato del lavoro è profonda!».
Il contratto a tutele crescenti può davvero riportare al lavoro una parte consistente dello stock di un milione di disoccupa-ti prodotdisoccupa-ti dalla crisi?
«Beh, le buone norme e i buoni incentivi economici che lo stanno accompagnando, di per sé non ba-stano a generare occupazione ag-giuntiva, ma servono ad incidere sulla qualità delle tipologie contrat-tuali utilizzate. Come sta in effetti avvenendo, se consideriamo che nei primi 8 mesi dell’anno le assun-zioni con il contratto a tempo inde-terminato sono cresciute del 34,6% rispetto al 2014 e le stabilizzazioni dei contratti a termine del 17,4%. Anche nel settore della sommini-strazione di lavoro riscontriamo questi dati, a fronte di una crescita complessiva del comparto pari al 16,3%, la somministrazione a tem-po indeterminato, lo staff leasing, fa registrare dati più che doppi: a fine agosto siamo arrivati infatti al 35,4% di incremento sul 2014. Ma, per riassorbire lo stock del milione di disoccupati prodotto dalla crisi e, aggiungo, per creare gli ulteriori 2 milioni di posti di lavoro che ci occorrono per passare dal nostro tasso di occupazione del 56,3% a quello della media europea, pari al 66%, tutto questo non basta. Occor-re una cOccor-rescita economica di alme-no il 2% l’analme-no. Sennò se va bene galleggiamo, ma non usciamo dal-la recessione definitivamente».
Il 13% delle imprese intervista-te nella survey di Gi Group di-chiara di voler utlizzare la som-ministrazione per ampliare l'or-ganico. Sono poche o tante?
«Sono tante se consideriamo che il tasso di penetrazione della somministrazione in Italia si aggira intorno all'1,5% e se consideriamo che questa percentuale sale a oltre il 2% in Germania e al 4% nel Re-gno Unito. Il dato della nostra sur-vey ci conferma che i margini di crescita per la somministrazione sono molto ampi. Riscontriamo inoltre, sempre dalla nostra survey, che le imprese di medie e grandi dimensioni fanno più ricorso alla somministrazione rispetto a quelle
piccole, perché per cultura organiz-zativa hanno una maggior propen-sione ad avvalersi dei servizi che of-friamo. Penso che uno degli effetti che il Jobs Act produrrà sarà di favo-rire la crescita dimensionale delle imprese: questa evoluzione positi-va del nostro sistema imprendito-riale porterà con sé una diffusione sempre più ampia dei servizi pro-fessionali nel mercato del lavoro
of-ferti dalle Agenzie per il Lavoro, co-me vediamo accadere in giro per il mondo dove operiamo».
E cosa sarà della somministra-zione a tempo indeterminato, conosciuta anche come staff lea-sing? Finora non è mai decolla-ta...
«Oggi ci sono molte situazioni ai limiti della legalità, e oltre, con finti appalti di lavoro gestiti con
coope-rative spurie che si traducono in sfruttamento dei lavoratori: l'utiliz-zo dello staff leasing potrebbe sana-re queste situazioni. A ciò aggiun-giamo che la possibilità di poter as-sumere i lavoratori a tempo inde-terminato da parte delle agenzie per il lavoro rappresenta l’espres-sione più compiuta del concetto di
flexicurity: in tal modo i lavoratori
possono godere di un elevato
livel-lo di sicurezza e tutorship. Dall’al-tro lato le aziende possono usufrui-re di soluzioni personalizzate al bi-sogno di flessibilità, che rimane un’esigenza imprescindibile del si-stema produttivo».
Con il superamento dell'artico-lo 18 è venuto meno uno degli ostacoli storici che hanno contri-buito a tener fuori dall'Italia gli investitori esteri. Cosa succede-rà d'ora in poi?
«Ho la sensazione che gli stranie-ri torneranno a investire sull'Italia, a maggior ragione se il governo pro-cederà speditamente con l’azione volta a creare un ambiente favore-vole allo sviluppo delle imprese. Nel recente convegno che abbia-mo organizzato sul Jobs Act e la leg-ge di stabilità 2016 , con le relazioni del senatore Ichino e del vicemini-stro Morando, ho avuto parecchi riscontri positivi dalle molte impre-se straniere preimpre-senti circa la volon-tà di investire nel nostro Paese».
Parliamo del ruolo riservato alle agenzie per il lavoro dal Jobs Act. Come lo giudica?
«Nel complesso do una valuta-zione positiva. Si coglie la stima del governo e del legislatore verso il no-stro ruolo di attori chiave per l'im-plementazione della strategia euro-pea della flexicurity, che è l’orienta-mento di fondo del Jobs Act. Sia nel campo della gestione della buo-na flessibilità, con la valorizzazione della somministrazione a tempo determinato e indeterminato, sia in quello delle politiche attive, con l'assegno di ricollocazione spendi-bile con esse da parte dei lavoratori percettori della Naspi, dopo 4 mesi di permanenza nello stato di disoc-cupazione, per remunerarne, pre-valentemente a risultato, i servizi di assistenza intensiva nella ricerca di lavoro».
Alla neonata Agenzia naziona-le per naziona-le politiche attive è affida-to fra l'altro il ruolo di registrare, profilare e indirizzare i disoccu-pati nel loro percorso alla ricer-ca di un nuovo lavoro. Ce la fa-rà?
«Deve farcela. Questo è un obiet-tivo primario per la tenuta nel tem-po del nuovo contratto a temtem-po in-determinato a tutele crescenti. Si è tolta una protezione obsoleta, l’arti-colo 18, promettendone una più moderna in cambio: l’assistenza in-tensiva alla ricollocazione. Se ciò non accadesse, sarebbe un boome-rang fortissimo per l'impianto rifor-matorio del governo».
Se potesse farlo, cosa cambie-rebbe della riforma?
«Due cose: starei più allineato al-le direttive europee nella regola-mentazione dei contratti flessibili, laddove si dice di porre dei limiti agli abusi nei rinnovi dei contratti a termine, perché precarizzanti, e di liberalizzare la somministrazione di lavoro tramite agenzia, perché più flessicura. E renderei obbligato-rio, anziché facoltativo, la posibilità di richiedere l'assegno di ricolloca-zione da parte del disoccupato per-cettore della Naspi. Per rafforzarne il principio di condizionalità alla politica attiva del soggetto percetto-re della politica passiva da parte dello Stato».
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Cosa cambia con la riforma
«Siamo pronti a raccogliere la sfida del lavoro»
Colli-Lanzi: «Il Jobs Act valorizza il ruolo delle agenzie private, un’occasione che aspettavamo da tempo»
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Gli effetti della
riforma sono
paragonabili a quelli
prodotti dalla
introduzione dello
Statuto dei lavoratori
nel 1970 e
dall’abolizione della
scala mobile nel 1984
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Per riassorbire il
milione di disoccupati
prodotto dalla grande
crisi e creare gli altri 2
milioni di posti che ci
servono per passare
dall’attuale tasso di
occupazione
del 56,3% alla media
europea, pari al 66%,
è necessaria una
crescita del Pil di
almeno il 2% l’anno
STEFANO COLLI-LANZILA FONDAZIONE
Politiche attive promosse
dai consulenti del lavoro
RINNOVO POSSIBILE
Dopo i chimici l’alimentare
Stretta sul contratto di settore
Lavoro
mercato, tendenze e offerte email: lavoro@liberoquotidiano.it
Jobs Act promosso anche dai consulenti del lavoro. «Il nuovo scenario politico e normativo esalta il ruo-lo delle politiche attive per il lavoro colruo-locandole in una posizione di centralità nell’ambito delle strate-gie occupazionali». A dirlo la Fondazione Studi del lavoro che ha analizzato, con la circolare numero 22, l’impianto normativo del decreto legislativo 150, attuativo del Jobs Act. «Si tratta di un’inversione di tendenza - si legge nella nota - rispetto alla politica assistenzialista degli ammortizzatori sociali, a cui abbiamo assistito nell’ultimo decennio. Ora gli am-mortizzatori vengono vincolati a una condizionalità rispetto a un percorso attivo di ricerca di un nuovo impiego da parte del disoccupato». «L’attenzione -aggiungono i consulenti del lavoro - è rivolta ai disoc-cupati e ai soggetti fruitori di misure di sostegno al reddito che vengono presi in carica dai servizi accre-ditati, profilati e accompagnati in un percorso fina-lizzato alla ricerca di una nuova occupazione che passa anche attraverso azioni di orientamento for-mazione, riqualificazione e ricollocazione». «Il prov-vedimento - conclude la Fondazione - colloca la rete dei servizi per il lavoro, la nascente Agenzia naziona-le delnaziona-le politiche attive del lavoro, i centri per l’impie-go, le agenzie per il lavoro e gli altri operatori al cen-tro dello scenario».