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L arte del da Medioevo di Julius von Schlosser Storia dell arte Einaudi 1

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da

da L’arte del L’arte del Medioevo

Medioevo

di

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St to or ri ia a d de el ll l’ ’a ar rt te e E Ei in na au ud di i 1 1

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Edizione di riferimento:

Edizione di riferimento:

 Julius von Schlosser,

 Julius von Schlosser,

L’arte del medioevoL’arte del medioevo

, trad. it. di , trad. it. di Carlo Sgorlon, Einaudi, Torino 1961 e 1989

Carlo Sgorlon, Einaudi, Torino 1961 e 1989

Titolo originale:

Titolo originale:

Die Kunst des Mittelalters Die Kunst des Mittelalters

S

St to or ri ia a d de el ll l’ ’a ar rt te e E Ei in na au ud di i 2 2

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Edizione di riferimento:

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 Julius von Schlosser,

 Julius von Schlosser,

L’arte del medioevoL’arte del medioevo

, trad. it. di , trad. it. di Carlo Sgorlon, Einaudi, Torino 1961 e 1989

Carlo Sgorlon, Einaudi, Torino 1961 e 1989

Titolo originale:

Titolo originale:

Die Kunst des Mittelalters Die Kunst des Mittelalters

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Indice Indice

Storia dell’arte Einaudi

Storia dell’arte Einaudi 3 3

I

Innttrroodduuzziioonnee 44

I

I. . PPrreessuuppppoosstti i ffiilloossooffiicci i e e ccuullttuurraallii 1155

II

II. . FFoonntti i ddeelllla a ssttoorriia a mmeeddiieevvaallee 2255

III

III. . CCoonnttrriibbuutti i ddeei i ssiinnggoolli i ppooppoollii 3344

IV

IV. Origini e formazione del linguaggio. Origini e formazione del linguaggio a

arrttiissttiicco o mmeeddiieevvaallee 3399

V

V. Carattere e sviluppo del . Carattere e sviluppo del linguaggiolinguaggio a

arrttiissttiicco o mmeeddiieevvaallee 6688

(5)

Introduzione Introduzione

Queste pagine non pretendono di offrire un vero e Queste pagine non pretendono di offrire un vero e proprio compendio della storia dell’arte medievale, nem- proprio compendio della storia dell’arte medievale, nem- meno un compendio a volo d’uccello. Piuttosto esse meno un compendio a volo d’uccello. Piuttosto esse sono state pensate come una

sono state pensate come una introduzione al linguaggiointroduzione al linguaggio artistico del Medioevo, un linguaggio che, per necessità artistico del Medioevo, un linguaggio che, per necessità storica, ci è divenuto estraneo e lontano.

storica, ci è divenuto estraneo e lontano.

Se l’arte, secondo un detto di Hermann Hettner, è Se l’arte, secondo un detto di Hermann Hettner, è linguaggio, nient’altro che linguaggio (e che altro linguaggio, nient’altro che linguaggio (e che altro dovrebbe essere?) e uno spirito fine come Alexander dovrebbe essere?) e uno spirito fine come Alexander Conze occasionalmente la chiamò un «parlare in forma Conze occasionalmente la chiamò un «parlare in forma visibile», noi dobbiamo rigorosamente aderire alla

visibile», noi dobbiamo rigorosamente aderire alla siste-siste- mazione che Benedetto Croce ha sviluppato nella prima mazione che Benedetto Croce ha sviluppato nella prima parte della sua «filosofia dello spirito», alla concezione parte della sua «filosofia dello spirito», alla concezione dell’estetica come scienza generale del linguaggio, alla dell’estetica come scienza generale del linguaggio, alla teoria dell’espressione artistica come forma prima e teoria dell’espressione artistica come forma prima e aurorale dello spirito teoretico, completamente autono- aurorale dello spirito teoretico, completamente autono- ma rispetto all’attività logica, come rispetto a quella ma rispetto all’attività logica, come rispetto a quella pratica ed etico-economica.

pratica ed etico-economica.

Ogni arte, come ogni linguaggio, è però qualcosa di Ogni arte, come ogni linguaggio, è però qualcosa di individualment

individualmente determinato e e determinato e di irripetibile e la di irripetibile e la distin-distin- zione dell’espressione originale dall’opera dell’imitato- zione dell’espressione originale dall’opera dell’imitato- re o del non-artista, costituisce lo spinoso problema di re o del non-artista, costituisce lo spinoso problema di ogni storia dell’arte (come pure della storia della lette- ogni storia dell’arte (come pure della storia della lette- ratura). La storia dell’arte è, nella sua essenza, «storia ratura). La storia dell’arte è, nella sua essenza, «storia degli artisti», e non già nel senso

degli artisti», e non già nel senso sorpassato di storia bio-sorpassato di storia bio- grafico-aneddotica, alla maniera degli antichi, e ancor grafico-aneddotica, alla maniera degli antichi, e ancor

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meno nel senso di «storia della cultura», proprio dei tempi moderni. L’arte, come la lingua, si può conside- rare, per determinati scopi scientifico-pratici, da un punto di vista diverso da quello della creatività: per esempio, come è stato detto con un’espressione che è facile interpretare male, dal punto di vista dello «svi- luppo». Astraendo cioè da quello che v’è in essa, pro- priamente, di determinato, di creazione individuale, si può considerare l’arte come somma di tutto ciò che resta, e che in determinati periodi sembra essere comu- ne a tutte le opere di espressione, a quelle buone o mediocri come a quelle cattive, a quelle originali come a quelle di imitazione. È il cosiddetto «stile del tempo»:

non dobbiamo però dimenticare che si tratta di un’a- strazione, anche se non di un’astrazione scientifica, del tipo di quelle in uso nelle scienze naturali.

Per capire il linguaggio di un’opera d’arte, di qualsiasi arte, bisogna averlo imparato, e questo si fa attraverso la grammatica, con o senza trama storica, la quale non si volge all’individuale concreto ma al generale astratto, ricavato con procedimento convenzionale da quell’indi- viduale concreto.

A questa maniera di considerare l’arte, il Medioevo sembra prestarsi in maniera del tutto particolare, giac- ché, in conformità all’atteggiamento spirituale che gli fu proprio, in esso l’individuale occupa un posto molto secondario, è messo al bando, e per lunghi tratti alme- no il Medioevo ci appare anonimo e abiografico.

Già il suo nome suggerisce l’impressione di un’età intermedia, di passaggio, senza autonomia, inserita tra l’antichità e l’era nuova della «rinascita», un’età che comincia con la decadenza e lo sfacelo della prima e passa, attraverso decadenza e sfacelo, a preparare tempi nuovi e migliori. Alla fine di essa, si intravedono gli inizi del nostro linguaggio moderno, di quelle forme di cul- tura e di espressione, nelle quali noi stessi pensiamo, o

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meglio nelle quali siamo ancora abituati a pensare, ben- ché segni del loro decomporsi si facciano sempre piú evidenti, anzi fossero in atto già prima della guerra mon- diale, che di questo processo fu essa stessa un sintomo.

Come noi non siamo in grado di capire un testo in antico o medio tedesco, o un testo in antico francese o inglese, senza una speciale preparazione e introduzione grammaticale, benché si tratti del nostro passato nazio- nale, cosí non possiamo capire (o dobbiamo già dire: non lo potevamo fino a poco tempo fa?) il linguaggio arti- stico del Medioevo, la sua particolare essenza artistica, senza una tale propedeutica.

A questa propedeutica appartiene anche l’esame dei rapporti delle epoche successive con il Medioevo e la sua arte: cioè la storia della critica del Medioevo, come essa si è sviluppata fino ai nostri giorni, ed è salita di grado in grado a una comprensione sempre piú profonda. L’e- poca immediatamente successiva al Medioevo tiene nei riguardi di esso, specie in Italia, un atteggiamento che del resto non è infrequente nella vita: il rifiuto totale dell’antico ideale. La Rinascenza, incantata dall’imma- gine di una lontana, avita gloria nazionale, ha dimenti- cato la sua origine; da essa viene quel nome spregiativo di «gotico», che noi ancor oggi usiamo per il momento piú alto ed evoluto dell’arte medievale.

Per gli Italiani, i primogeniti (secondo l’espressione di Jacob Burckhardt) della moderna e oggi apparente- mente superata civiltà, l’epoca anteriore al 1300, alla loro «rinascenza», rappresentava il compendio di tutto ciò che si opponeva alla loro teoria dell’arte (ed essi erano i primi in Europa che ne avessero elaborata una su basi teoretiche e storiche), la somma di ogni cattivo gusto, una barbarie quale solo un popolo straniero, rozzo conquistatore, poteva portare in un paese di antica civiltà.

La caricatura che il Vasari ha abbozzato del Medioe-

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vo nella sua grande opera storica, presto divenuta esem- plare per tutta l’Europa, è disegnata con gli occhi del- l’odio che sovente vedono piú acutamente di quelli del- l’amore: quello che egli ha messo in rilievo, le forme mal- sicure, vacillanti, le figure che si muovono sulle punte dei piedi, prive di una modellazione razionale, fantocci piú che figure umane, dai movimenti bruschi e disarti- colati, dagli occhi spiritati come quelli dei pazzi: tutto ciò è visto bene dal punto di vista dell’antichità classi- ca, o da quello del Rinascimento, ma solo da quel punto di vista. Tale incomprensione durò per molto tempo, e doveva durare finché questa mentalità non fosse com- pletamente esaurita.

Lo sviluppo spirituale del Goethe offre, a questo pro- posito, un grande esempio del passaggio dialettico, in una singola vita, dalla esaltazione del sentimento propria del preromanticismo del secolo xviii, attraverso il clas- sicismo dello scorcio del secolo, al positivismo del seco- lo xix. L’erudito secolo xviii e l’illuminismo compirono un reale progresso nel correggere l’errore storico, ma la rettifica rimase limitata entro una ristretta cerchia di dotti, come accadde anche dei risultati dell’indagine antiquaria, che tentò, specialmente in Francia, la patria del gotico, di investigare il passato nazionale.

Isolato e incompreso, come era rimasto in vita Giam- battista Vico, cosí rimase anche il suo principio di rico- noscere al Medioevo una sua barbarica grandezza, e di paragonarlo alle antiche età omeriche. L’incomprensio- ne per l’arte medievale continuò: dominò ancora per lungo tempo il canone del classicismo, affermato dagli Italiani, sviluppato dai Francesi, e portato al suo ultimo compimento dai Tedeschi. Ma il preromanticismo del secolo xviii ritrovò la strada che conduceva al Medioe- vo, sia pure dall’esterno e per via indiretta; si trattava però di una strada viva, non di morta erudizione: l’e- saltazione dell’antichità nazionale. Il neogotico del seco-

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lo xviii, apparso dapprima in Inghilterra, ne è una mani- festazione appariscente. Un intimo avvicinamento fu determinato anche dal poderoso processo di assi- milazione tra nord e sud operato dal linguaggio, comu- ne a tutta l’Europa, del barocco: su questo avvicina- mento negli ultimi tempi si è fin troppo spesso insistito (e magari con scarsa cautela) perché sia qui il caso di entrare a fondo nell’argomento.

Pure ha un profondo significato il fatto che anche questo periodo, il barocco, entri nella storia con un nome spregiativo, proprio come il gotico, e che solo da poco tempo il bando che pesava su di esso abbia comin- ciato a scomparire. L’analoga (e spesso poco chiara) posi- zione sentimentale del romanticismo tedesco non offre in fondo nessun tratto nuovo. Quanto poco esso abbia penetrato l’essenza dell’arte medievale, nonostante i suoi trasporti d’entusiasmo, lo mostra la sua puerile mania di restaurazione e di purismo. L’elemento inso- stituibile di quell’arte (e non solo dal tempo del depre- cato barocco) fu sacrificato. Ancora alla fine del roman- ticismo le brillanti policromie della scultura gotica furo- no – per cosiddette ragioni di gusto – rovinate con gri- gie verniciature ad olio, che dovevano restaurare la monocromia «classica»!

Il secolo xix, storico e positivo, spregiudicato spesso fino alla insensibilità, ha posto (e per questo noi gli dob- biamo eterna gratitudine) le fondamenta per la com- prensione vera e propria dell’arte medievale; ma in verità solo le fondamenta. È impossibile ripercorrere qui in modo particolareggiato l’opera compiuta specialmen- te dagli archeologi e antiquari francesi (le due denomi- nazioni sono usuali ancor oggi in Francia, e indicative), da Caumont e Didron fino a Courajod e a Emile Mâle;

e dagli storici dell’arte tedeschi, da O. F. von Rumohr (questi soprattutto per il Medioevo italiano), dai Kugler, gli Schnaase, i Lübke, e poi lo Springer, il Kraus e molti

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altri piú recenti. Si trattò del ritrovamento, del vaglio e della provvisoria sistemazione di un materiale immenso (culminato in Germania nel lavoro collegiale della Deut-  scher Verein für Kunstwissenschaft ), della decifrazione del contenuto spesso oscuro, o interpretato in maniera mol- teplice, arbitraria e romantica, delle opere d’arte medie- vali, della piú precisa individuazione formale per mezzo della divisione in scuole e in officine. Queste indagini e molte altre certamente favorirono una maggior appros- simazione all’intima essenza di quest’arte divenuta a noi estranea: ma nella sostanza tutto ciò rimase ancora erudizione, filologia, lavoro preparatorio, sia pure indi- spensabile. Soltanto a datare dall’ultimo decennio del secolo xix uno spirito nuovo comincia a farsi strada nella considerazione delle opere d’arte: esso si imperso- na nei due principali rappresentanti della cosiddetta Scuola viennese, Franz Wickhoff e Alois Riegl.

Ma come già nella loro stessa espressione letteraria i due uomini si rivelano spiriti antitetici, tradendo la loro diversa origine e il loro diverso orientamento spiritua- le, cosí anche nel loro rapporto con l’opera d’arte essi mostrano atteggiamenti assai distanti. Il Wickhoff, che era stato lungamente incerto se dedicarsi alle scienze naturali, restò sempre legato alla tradizione positivisti- ca ed empirica della metà del secolo, contraria ad ogni speculazione filosofica, ma mantenne sempre un com- mercio diretto con le opere d’arte, sia l’arte del passato che quella del suo tempo, l’impressionismo, connesso esso pure con le estreme conseguenze della filosofia naturalistica. Appunto in virtú di questo rapporto imme- diato con l’arte a lui contemporanea, egli poté com- prendere con tanta penetrazione l’«illusionismo» del- l’arte romana: è quello che è avvenuto nel suo libro maggiore, il quale, prendendo le mosse da un mano- scritto miniato della tarda antichità, la Genesi di Vien- na1, tratta appunto dell’arte romana, lungamente dimen-

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