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SENTENZA DEL CAUSA 39/82

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Academic year: 2022

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costituisce una tassa d'effetto equiva- lente ad un dazio doganale. Detta im- posta rientra infatti nel sistema co- mune dell`IVA, con cui è stato isti- tuito un congegno fiscale uniforme che colpisce sistematicamente e se- condo criteri obiettivi sia le opera- zioni effettuate all'interno degli Stati membri, sia le operazioni di importa- zione. Questo tributo va quindi consi- derato come parte integrante di un re- gime generale di tributi interni ai sensi dell'art. 95 del Trattato.

3. Il divieto sancito dall'art. 13 del Trat- tato va interpretato nel senso che esso colpisce la tassa postale per la presen- tazione in dogana di un pacco postale proveniente da un altro Stato membro e fatturato al destinatario nell'ambito dell'espletamento delle formalità rela- tive all'imposta sull'entrata, qualora detta tassa costituisca un onere pecu- niario unilateralmente imposto e non rappresenti il corrispettivo di un servi- zio effettivamente reso, d'importo proporzionato a tale servizio.

Nel procedimento 39/82,

avente ad oggetto la domanda di pronunzia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE, dal Kantonrechter dell'Aia, nella causa dinanzi ad esso pendente fra

ANDREAS MATTHIAS DONNER,

residente in Groningen,

e

REGNO DEI PAESI BASSI (Azienda statale delle Poste, dei Telegrafi e dei Tele- foni) in L'Aia,

domanda vertente sull'interpretazione dell'art. 13 del Trattato CEE,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta dai signori U. Everling, presidente di Sezione, Mackenzie Stuart e Y. Galmot, giudici,

avvocato generale: S. Rozès

cancelliere : J. A. Pompe, cancelliere aggiunto

ha pronunziato la seguente

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SENTENZA

In fatto

I fatti che hanno dato origine alla con- troversia, le varie fasi del procedimento e le osservazioni presentate dalle parti in forza dell'art. 20 dello Statuto della Corte di giustizia delle Comunità euro- pee si possono riassumere come segue:

I — Gli antefatti e il procedi- mento

II sig. Donner, attore nella causa princi- pale, ordinava numerosi libri presso al- cuni editori nella Repubblica federale di Germania ed altrove nel mercato co- mune. Questi gli venivano spediti per po- sta, in 16 pacchi, tra il 16 luglio 1979 e il

13 gennaio 1981 circa. Poiché il valore di ogni pacco era superiore a un determi- nato importo, all'atto dell'importazione era dovuta 1TVA. Il sig. Donner non pre- sentava personalmente la dichiarazione doganale; se ne incaricava l'Azienda sta- tale delle Poste, dei Telegrafi e dei Tele- foni (in prosieguo: «Azienda delle Po- ste»), o di propria iniziativa o dopo che il sig. Donner aveva restituito il modulo all'uopo predisposto sull'avviso di ricevi- mento del pacco postale, con richiesta alle Poste di presentare la dichiarazione.

Successivamente al Donner venivano chiesti non solo gli importi dell'IVA ver- sati dalla Poste al fisco, ma anche somme riscosse dalle Poste per loro conto come

«inklaringsrecht», vale a dire «diritto di sdoganamento» e «commissieloon» o commissione. Le suddette somme am- montano complessivamente a fiorini 85,30.

Ritenendo che la riscossione di tali somme da parte delle Poste olandesi fosse una misura equivalente ad un dazio doganale e trasgredisse quindi l'art. 13 del Trattato CEE, il Donner esperiva un'azione di ripetizione dell'indebito di- nanzi al Kantonrechter.

Con ordinanza 8 gennaio 1982, perve- nuta nella cancelleria della Corte il Io

febbraio 1982, il Kantonrechter, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE, ha so- speso il procedimento per sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudi- ziale:

«Se cadano sotto il divieto delle tasse di effetto equivalente ai dazi doganali, ai sensi dell'art. 13 del Trattato che istitui- sce la Comunità economica europea, i diritti riscossi dall'Azienda statale olan- dese delle Poste, dei Telegrafi e dei Tele- foni:

a) come "diritto di sdoganamento", che il destinatario di una spedizione di merci (libri) inviate per posta da un altro Stato membro al suo indirizzo nei Paesi Bassi deve pagare per la messa a disposizione delle merci ai fini del controllo doganale necessario per la riscossione dell'imposta sul va- lore aggiunto;

b) come "commissione", pagata dal de- stinatario per la presentazione, a sua richiesta o almeno per suo conto, della dichiarazione d'importazione delle merci alle autorità fiscali;

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tenuto conto che:

1) l'importazione nei Paesi Bassi di libri per un valore superiore ad un deter- minato importo è soggetta all'imposta olandese sul valore aggiunto che viene riscossa all'atto della dichiara- zione d'importazione;

2) le Poste agiscono in questi casi come un'impresa di trasporto, in forza di uno o più contratti di diritto privato;

3) le Poste non hanno il monopolio del trasporto delle merci di questo tipo, lo speditore straniero può pertanto scegliere un altro mezzo di trasporto nei Paesi Bassi, nel qual caso le Poste non riscuotono (ovviamente) alcun diritto;

4) il destinatario può, qualora lo preferi- sca, presentare egli stesso la dichiara- zione relativa ai prodotti a lui desti- nati; in tal caso le Poste non riscuo- tono né il "diritto di sdoganamento", né la "commissione";

5) qualora non sia dovuta l'imposta sul valore aggiunto, le Poste non riscuo- tono né il diritto di sdoganamento né la commissione;

6) in nessun caso le Poste possono co- stringere il destinatario a pagare con- tro la sua volontà il diritto di sdoga- namento o la commissione.

Salvo che nell'ipotesi indicata al punto 4), le Poste non consegnano le merci in caso di rifiuto».

L'ordinanza di rinvio è stata registrata nella cancelleria della Corte il Io feb- braio 1982.

Conformemente all'art. 20 del protocollo sullo Statuto della Corte di giustizia CEE, hanno presentato osservazioni scritte il sig. Donner, attore nella causa principale; il Regno dei Paesi Bassi con- venuto nella causa principale, rappresen- tato dall'aw. E. Droogleever Fortuijn, del foro dell'Aia; il Governo del Regno Unito, rappresentato dal sig. J. D. Howes del Treasury Solicitor's Department, e la Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. Thomas van Rijn, membro del suo ufficio legale.

Su relazione del giudice relatore, sentito l'avvocato generale, con ordinanza 29 giugno 1982, la Corte ha deciso, ai sensi dell'art. 95 del regolamento di proce- dura, di rimettere la causa alla Terza Se- zione, e di passare alla fase orale senza procedere ad istruttoria.

La Corte ha tuttavia sottoposto alcuni quesiti al Governo olandese.

II — Le o s s e r v a z i o n i d e l l e p a r t i

Il sig. Donner osserva che l'Azienda delle Poste, la quale detiene il monopolio di Stato per il trasporto a pagamento della corrispondenza, nonché il diritto di tra- sportare i pacchi, non ha personalità giu- ridica propria. Le condizioni cui sono subordinati i suoi servizi sono discipli- nate dalla legge e dai regolamenti.

Il diritto di sdoganamento in questione viene fissato dal direttore generale delle Poste a norma del regio decreto 6 agosto 1959 che si richiama alle leggi che disci- plinano le Poste nonché alle convenzioni internazionali. Queste convenzioni auto- rizzano, ma non obbligano, gli Stati con-

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traenti a riscuotere un diritto di sdogana- mento o una commissione.

La circostanza, rilevata dal giudice a quo, che, a norma del diritto olandese, l'Azienda delle Poste agisca in forza di contratti di diritto privato, è irrilevante per risolvere la questione se si tratti di tasse ai sensi dell'art. 13 del Trattato CEE, le quali non possono variare a se- conda della classificazione dei diritti de- gli Stati membri. È invece rilevante il fatto che questi contratti fossero discipli- nati da un regolamento. L'Azienda delle Poste non agisce come un'impresa di tra- sporti di diritto privato, che riscuote una commissione anche qualora il diritto non sia dovuto, poiché l'esecuzione dell'inca- rico richiede in pratica lo stesso tempo. Il fatto che in questo caso l'Azienda delle Poste non riscuota alcuna tassa sta a dimostrare che la riscossione dei diritti controversi costituisce una mera conse- guenza dell'obbligo di pagare I W A .

Anche se il monopolio della distribu- zione della corrispondenza non si estende ai pacchi postali, il destinatario non può influire sul modo di spedizione.

Negli scambi internazionali, lo speditore si serve sempre della posta per il tra- sporto di pacchi di libri.

Esiste effettivamente la possibilità di ef- fettuare personalmente la dichiarazione, ma in pratica i pacchi vengono portati a domicilio accompagnati da una nota conforme al modello prodotto dal Donner (nota relativa alla tassa, ecc., dell'8. 3. 1982 — IVA: fiorini 4 — diritto di sdoganamento e commissione: fiorini 8,10).

Gli Stati membri possono ancora conser- vare in vigore ostacoli per gli scambi di merci nell'ambito del sistema fiscale nazionale, ma la conservazione di questi ostacoli è rigorosamente limitata ed è

vietato fatturare i costi delle attività am- ministrative che vi si riferiscono.

Nella fattispecie, i diritti controversi ven- gono riscossi dallo Stato in relazione al mantenimento in vigore dell'IVA. Le Poste agiscono piuttosto come ausiliari delle dogane che non nell'interesse del destinatario, e i diritti controversi costi- tuiscono un corrispettivo dell'attività am- ministrativa compiuta dallo Stato ai fini della riscossione dell'imposta sul valore aggiunto.

Il Donner suggerisce di considerare con il dovuto scetticismo la tesi secondo cui l'amministrazione delle Poste va equipa- rata ad un vettore privato. L'obbligo delle Poste di trasportare i pacchi e le ta- riffe nonché i diritti massimi si desumono dalle convenzioni internazionali nonché dal diritto nazionale, e le somme riscosse entrano a far parte del bilancio dello Stato.

La possibilità di far spedire i libri con al- tri mezzi e quella di effettuare personal- mente la dichiarazione non costituiscono alternative reali. Per i pacchi, le Poste di- spongono di un monopolio di fatto gra- zie alla loro rete di relazioni e alle loro tariffe.

Per quanto riguarda le operazioni doga- nali, le poste hanno elaborato una proce- dura fissa di concerto e in collaborazione con le dogane. Chi volesse discostarsi da questa procedura causerebbe stupore: vo- lendo seguire la propria strada, constate- rebbe che l'alternativa è molto compli- cata.

La tesi dell'Azienda delle Poste è che essa fornisce un servizio che merita un corrispettivo, ma, secondo l'attore nella causa principale, la controversia dev'es- sere esaminata sotto un altro profilo.

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Come consumatore ed operatore, egli deve rassegnarsi ad accettare l'ostacolo costituito dalla riscossione dell'imposta sul valore aggiunto, ma si oppone a che le spese relative siano poste a suo carico.

Lo Stato/Poste chiede infatti all'ammini- strato un'indennità per le spese causate dallo Stato/fisco, invece di ottenerne il rimborso tramite una compensazione con il fisco.

Il Donner conclude sostenendo che i pa- gamenti obbligatori, come le somme che l'Azienda delle Poste riscuote col nome di «diritto di sdoganamento» e «commis- sione», costituiscono, in quanto relativi ad un'operazione di trasporto fra Stati membri, tasse vietate dal diritto comuni- tario.

Il Governo olandese osserva anzitutto che l'Azienda delle Poste agisce come im- presa di traspòrto e che non si tratta, in questo caso, del monopolio del trasporto della corrispondenza. Nella fattispecie, si tratta del trasporto di pacchi, il quale è libero e viene effettuato da diversi tipi d'imprese di trasporto. Quando un pacco viene spedito dalla Repubblica federale di Germania nei Paesi Bassi, il trasporto avviene a richiesta dello speditore, che stipula con l'amministrazione delle Poste tedesche un contratto di trasporto. L'am- ministrazione delle Poste tedesche si in- carica di recapitare il pacco al destinata- rio. L'Azienda delle Poste adempie una parte degli obblighi dell'amministrazione delle Poste tedesche, in forza di accordi stipulati fra le amministrazioni delle Po- ste. L'operazione di trasporto non pre- suppone rapporti contrattuali con il de- stinatario. Il contratto di trasporto è un contratto di diritto privato.

Lo speditore non è assolutamente obbli- gato a stipulare un contratto di trasporto con l'amministrazione delle Poste, ma di- spone di altre possibilità per far giungere al destinatario il pacco. La scelta del tipo di trasporto spetta allo speditore, anche se questo opera generalmente con il con- senso del destinatario. Il compratore s'impegna a sostenere i costi del tra- sporto e le spese connesse. Questo av- viene tacitamente nel caso in cui l'acqui- rente lasci la scelta del mezzo di tra- sporto al venditore.

Le condizioni alle quali l'Azienda delle Poste stipula il contratto sono stabilite dalla Convenzione postale universale di Ottawa (nella versione emendata dalla Convenzione postale universale di Lo- sanna), dalla legge che fissa i compiti dell'Azienda delle Poste, dalla legge che disciplina il servizio postale, dal decreto sul servizio postale internazionale e dalla decisione sul servizio postale internazio- nale. Nella fattispecie, la disposizioni ri- levanti sono gli artt. 5 e 7 del decreto sul servizio postale internazionale e gli artt.

13 e 25 della decisione sul servizio po- stale internazionale. Le norme contenute nelle suddette disposizioni sono condi- zioni generali che determinano il conte- nuto del contratto di trasporto, il che non toglie che il trasporto venga effet- tuato in forza di un accordo stipulato con lo speditore.

L'importazione di merci da uno Stato membro della Comunità europea nei Paesi Bassi non dà luogo alla riscossione di dazi d'importazione, ma a quella del- l'imposta sul valore aggiunto, con la stessa aliquota vigente per i contratti di compravendita stipulati nel territorio na- zionale, a norma del diritto comunitario vigente. L'IVA viene riscossa sulle merci importate secondo le modalità di riscos- sione dei dazi d'importazione. Le merci

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devono essere dichiarate. Questa dichia- razione dev'essere controllata. Il fisco stabilisce l'importo dell'IVA e lo riscuote all'atto dell'importazione. Questo com- pito è di competenza dell'amministra- zione delle dogane e delle imposte di consumo. La legge stabilisce che il dazio d'importazione è dovuto da colui che presenta la dichiarazione, che può essere l'importatore o il destinatario o anche l'impresa di trasporto.

Secondo il tipo di trasporto prescelto, l'amministrazione offre agli interessati varie possibilità circa la dichiarazione e il controllo, e cioè in un ufficio delle impo- ste (soprattutto per il trasporto stradale), nell'ufficio «dogana» di un'impresa pri- vata, designata e riconosciuta dal fisco, presso l'ufficio doganale delle ferrovie dello Stato olandesi, in un «deposito»

(ufficio dogana) dell'Azienda delle Poste o infine da doganieri in treno. L'ammini- strazione non pretende nulla per l'accet- tazione della dichiarazione, il controllo della stessa e la riscossione dell'IVA nel caso in cui questa sia dovuta, ma ciò non esclude tuttavia che l'impresa di tra- sporto prescelta possa pretendere un cor- rispettivo per il deposito e la presenta- zione della merce.

Dopo aver indicato le procedure usate per l'importazione di merci trasportate da uno spedizioniere (trasportatore inter- nazionale), dalle ferrovie dello Stato olandese, e da un privato che viaggia col treno, il Governo olandese illustra le for- malità di sdoganamento per le merci tra- sportate dall'Azienda delle Poste. Questa trasferisce le merci nel deposito della posta; si tratta di un ufficio di sdogana- mento che è gestito dall'Azienda stessa.

Questa custodisce ivi le merci fino a che la dogana non ne autorizzi l'importa- zione. L'Azienda delle Poste comunica al destinatario che è arrivato un pacco che

dev'essere dichiarato all'importazione.

L'avviso precisa che la dichiarazione può essere fatta in due modi:

a) dallo stesso destinatario;

b) chiedono all'Azienda delle Poste di effettuare la dichiarazione per suo conto.

Il destinatario, se vuole fare la dichiara- zione personalmente, deve recarsi all'uf- ficio incaricato della riscossione dei dazi d'importazione, dichiararvi la merce e pagare l'imposta dovuta. Una volta in possesso dei moduli rilasciati dall'esat- tore, deve recarsi all'ufficio sdogana- mento dell'Azienda delle Poste, ove la dogana controlla il pacco. Se tutto è re- golare, questo viene consegnato al desti- natario. In tal caso, l'Azienda non ri- scuote alcun diritto di sdoganamento né commissione. Non viene riscosso nulla nemmeno per l'attività dell'esattore delle imposte e della dogana.

Il destinatario, se chiede all'Azienda delle Poste di effettuare la dichiarazione, deve indicarlo sul modulo con il quale gli è stato comunicato l'arrivo del pacco, aggiungendo alcuni dati, tra cui il tipo di merce ed il valore. L'Azienda procede allora alla dichiarazione d'importazione, compilando l'apposito modulo e presen- tandolo all'impiegato delle dogane occu- pato presso l'ufficio sdoganamento. L'A- zienda delle Poste paga l'IVA. La do- gana controlla che le merci siano con- formi alla dichiarazione, operazione per la quale l'Azienda deve, se necessario, aprire il pacco e richiuderlo dopo il con- trollo, dopodiché questo, se tutto è rego- lare, può essere importato. L'Azienda

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delle Poste lo recapita al destinatario, ma glielo consegna soltanto contro paga- mento dell'IVA e delle spese. In tal caso, queste consistono nel diritto di sdogana- mento, cioè nel corrispettivo dovuto per il deposito delle merci ai fini del con- trollo doganale (attualmente fiorini 3,4 per pacco) e nella commissione, cioè nel corrispettivo per la dichiarazione (attual- mente fiorni 4 per pacco). Nulla è do- vuto per l'attività dell'esattore delle im- poste e della dogana. L'IVA riscossa dal- l'Azienda delle Poste viene versata al fisco mensilmente.

L'amministrazione delle dogane non trae alcun vantaggio dall'attività dell'Azienda delle Poste e neanche i diritti di sdoga- namento e le commissioni costituiscono oggetto di compensazione tra l'Azienda e l'amministrazione delle dogane. Questa non effettua mai la dichiarazione d'im- portazione; la riceve e la controlla. Essa facilita la presentazione della dichiara- zione aprendo degli uffici doganali nelle immediate vicinanze di quelli dell' Azienda delle Poste e delle Ferrovie.

Nemmeno questo modo di procedere consente di risparmiare sulle spese di ri- scossione dell'IVA.

Il fondamento giuridico della percezione del diritto di sdoganamento è costituito dal contratto di trasporto. Il trasporto in- ternazionale che lo speditore ha stipulato con l'Azienda delle Poste implica di per sé che le merci vanno tenute a disposi- zione per il controllo doganale. Le con- dizioni del contratto di trasporto stabili- scono che lo speditore paga le spese del trasporto all'atto della spedizione, ma che il diritto di sdoganamento viene ad- debitato dall'Azienda delle Poste al de- stinatario all'atto della consegna del pacco. Il destinatario non è parte del contratto di trasporto e non è quindi ob- bligato a pagare un determinato importo.

Il fondamento giuridico della percezione della commissione è un mandato. L'A- zienda delle Poste presenta la dichiara- zione d'importazione e paga l'IVA a ri- chiesta del destinatario, contro paga- mento dell'indennità pattuita. Il destina- tario non è obbligato a chiedere all'A- zienda delle Poste di effettuare la dichia- razione. Può farlo lui stesso e pagare l'IVA.

Molto spesso, l'Azienda delle Poste non manda l'avviso di ricevimento al destina- tario, ma presenta direttamente la dichia- razione d'importazione. Pagando il di- ritto di sdoganamento e la commissione all'atto della consegna del pacco, il desti- natario ratifica il fatto che l'Azienda delle Poste ha effettuato la dichiarazione e con ciò conferma il mandato presunto dall'Azienda. Il destinatario non è tutta- via obbligato ad accettare questa proce- dura; può respingere il pacco all'atto della consegna ed in tal caso non deve nulla·.

Per il pacco destinato al sig. Donner, del 21 settembre 1979, l'Azienda delle Poste ha proceduto in questo modo. Per gli al- tri pacchi essa ha sempre inviato al Don- ner un avviso di ricevimento e questi le ha chiesto di effettuare la dichiarazione d'importazione.

Sarebbe errato concludere che i destina- tari sono praticamente obbligati a pagare il diritto di sdoganamento e la commis- sione. Si tratta della prestazione di un servizio, commercialmente vantaggiosa e cui si ricorre volentieri. L'Azienda delle Poste evita quindi al destinatario la pre- sentazione della dichiarazione d'importa- zione e il compimento delle formalità amministrative e, per questi servizi, chiede un corrispettivo minimo, che non

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copre i costi effettivi. Il destinatario non deve far altro che pagare al postino, al ricevimento del pacco, l'IVA e il sud- detto corrispettivo minimo. Le imprese spesso effettuano la dichiarazione diret- tamente.

Nell'esaminare la questione sottoposta alla Corte, lo Stato olandese osserva in primo luogo che la prestazione di servizi effettuata dall'Azienda delle Poste è strettamente connessa alla riscossione dell'IVA all'atto dell'importazione. Que- sta prestazione di servizi è conforme alla politica della Commissione europea.

Il Governo olandese cita la decisione dei rappresentanti dei Governi degli Stati membri del 18 dicembre 1978 (GU 6, 10. 1. 1979, pag. 26) di non più riscuo- tere, sulle merci esenti dall'IVA e dalle imposte di consumo all'atto dell'importa- zione, tasse per la presentazione in do- gana, il programma della Commissione relativo alla semplificazione delle proce- dure (GU C 244, 24. 9. 1981, pag. 4) e la direttiva del Consiglio n. 74/651, relativa alle franchigie fiscali (GU L 354, 30. 12. 1974, pag. 57). Queste disposi- zioni consentono di concludere che gli ostacoli provocati dalla riscossione del- l'IVA alla frontiere possono essere elimi- nati solo mediante l'armonizzazione delle legislazioni.

Per quanto riguarda le sentenze invocate dal Donner, i casi ivi trattati avevano in comune il fatto che l'importatore non poteva in alcun modo sottrarsi al paga- mento dei diritti, e che questi non costi- tuivano un'indennità (corrispettivo) per un servizio fornito specificamente all'im- portatore od all'esportatore.

Il diritto di sdoganamento e la commis- sione sono stati richiesti al Donner per la

prestazione di servizi molto specifici: la custodia dei libri a lui destinati in vista del controllo doganale e la dichiarazione d'importazione effettuata dall'Azienda delle Poste a sua richiesta. Il Donner non era affatto obbligato a pagare il diritto di sdoganamento e la Commissione all'A- zienda delle Poste; avrebbe potuto pat- tuire con i venditori dei libri l'uso di un altro tipo di trasporto. Sarebbe potuto andare a ritirare i libri personalmente, o farli trasportare da un amico. Avrebbe potuto effettuare lui stesso la dichiara- zione d'importazione.

Il presente caso è paragonabile a quello della sentenza della Corte 25 ottobre 1979, relativa agli spedizionieri doganali, in cui la Corte ha dichiarato che le di- sposizioni legislative italiane in materia d'intervento di spedizionieri doganali iscritti nell'albo professionale non costi- tuivano restrizioni quantitative all'impor- tazione in quanto i proprietari dispone- vano di varie possibilità di fare effettuare la dichiarazione da persone diverse dagli spedizionieri doganali, o potevano per- sino effettuarla personalmente.

Anche la Commissione ritiene che non contrasti col diritto comunitario la ri- scossione da parte dell'Amministrazione delle Poste di un corrispettivo per il compimento delle formalità d'importa- zione, come si desume dalle risposte che ha dato alle interrogazioni scritte di membri del Parlamento europeo.

Il Governo olandese conclude che la questione sollevata dal Kantonrechter dell'Aia va risolta in senso negativo.

Il Governo britannico sostiene che uno Stato membro ha diritto di esigere che le merci siano presentate per lo sdogana-

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mento, in quanto tale presentazione è necessaria a norma del diritto comunita- rio per attuare la decisione 21 aprile 1970 relativa alla sostituzione dei contri- buti finanziari degli Stati membri con ri- sorse proprie delle Comunità (GU L 94, 1970) Il destinatario di un pacco può, se lo ritiene opportuno, effettuare personal- mente lo sdoganamento nonché effet- tuare la dichiarazione fiscale, oppure può concludere un contratto con il trasporta- tore affinché questi se ne occupi, nel qual caso il trasportatore pretenderà di essere retribuito per le sue prestazioni.

L'art. 13 del Trattato CEE, il quale è privo di efficacia nei confronti dei sin- goli, non osta alla conclusione di un con- tratto del genere.

Le cause 84/71, Marimex, Race. 1972, pag. 89, e 8/70, Italia, Race. 1970, pag.

961, sono diverse dalla presente, in cui i servizi vengono forniti dal trasportatore, non già da un ufficio amministrativo dello Stato membro, nell'esclusivo inte- resse del destinatario.

La Corte ha stabilito che le tasse sono le- gittime se servono a coprire i costi di controlli espressamente contemplati dalla disciplina comunitaria (causa 46/76 ·—·

Bauhuis / Paesi Bassi, Race. 1977, pag.

5) o nell'ambito di una convenzione in- ternazionale intesa a favorire la libera importazione nel paese di destinazione, sempreché il loro importo non superi il costo dei controlli (causa 89/76 — Com- missione / Paesi Bassi, Race. 1977, pag.

1355).

Tutti gli Stati membri partecipano alla Convenzione postale universale sotto- scritta a Rio de Janeiro il 26 ottobre 1979. La spedizione di pacchi postali conformemente alle procedure concor- date a livello internazionale facilita gli

scambi intracomunitari invece di ostaco- larli. Il combinato disposto dell'art. 38 e dell'art. 24 della suddetta convenzione legittima la riscossione di una tassa spe- ciale nel caso in cui l'amministrazione delle Poste di uno Stato partecipante alla convenzione presenti una merce al con- trollo doganale nel paese di destinazione.

Secondo la giurisprudenza della Corte, uno Stato membro può pure riscuotere diritti, per servizi forniti all'importatore, di importo proporzionato al valore dei servizi stessi. E certo che gli oneri fiscali sono proporzionati nel caso in cui siano stati stabiliti a livello internazionale.

II Regno Unito propone di risolvere la questione in senso negativo.

La Commissione esamina anzitutto le di- scipline internazionali e il modo in cui queste sono state attuate nell'ordina- mento giuridico olandese.

All'epoca della riscossione dei diritti con- troversi, la disciplina in vigore era quella della Convenzione postale universale di Losanna del 5 luglio 1974, nonché l'ac- cordo riguardante i pacchi postali stipu- lato contemporaneamente. Queste norme contemplano la riscossione di un diritto di sdoganamento, di cui fissano gli im- porti massimi, per la spedizione di pacchi soggetti a controllo doganale nel paese di destinazione.

La Commissione esamina le disposizioni legislative vigenti nei Paesi Bassi circa le attribuzioni delle Poste, e cita il 2°

comma dell'art. 7 del decreto sul servizio postale internazionale, nonché i commi 2, 3 e 4 dell'art. 13 della decisione sul

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servizio postale internazionale adottata dal direttore generale delle Poste.

La Commissione esamina successiva- mente la situazione negli Stati membri.

La maggior parte di essi ha istituito un diritto di sdoganamento, pur distin- guendo la spedizione di lettere dai pac- chi postali. In tutti questi paesi si tratta di un diritto unico; non esiste la distin- zione, come nei Paesi Bassi, tra diritto di sdoganamento e commissione. In tutti gli Stati membri, il diritto viene riscosso solo se la spedizione o il pacco postale sono soggetti all'IVA.

In Germania, la riscossione di questo di- ritto è cessata il 1° luglio 1982. L'Irlanda non riscuote alcun diritto di questo tipo.

La Commissione non ha potuto ottenere informazioni sulla situazione esistente nel Lussemburgo o in Grecia.

La Commissione esamina la questione soffermandosi anzitutto sulla distinzione fatta dal giudice a quo tra diritto di sdo- ganamento e commissione, e si chiede poi se il diritto di sdoganamento e la commissione non debbano considerarsi come due elementi di uno stesso tributo.

La prima condizione da soddisfare affin- ché un tributo posa venir qualificato come tassa di effetto equivalente a. un dazio doganale consiste nel fatto di es- sere imposto unilateralmente dallo Stato o da un suo organo. È irrilevante che la riscossione del diritto di sdoganamento e della commissione si consideri fondata su un contratto di diritto privato o su un

atto di diritto pubblico. Per stabilire se un tributo sia una tassa di effetto equiva- lente, basta determinare se il diritto di ri- scuotere un importo determinato, in una situazione determinata, si basi su un atto di diritto pubblico. Se così non fosse, uno Stato potrebbe imporre tributi sugli scambi internazionali, istituendoli sotto forma di contratti di diritto privato.

Nella fattispecie esiste indiscutibilmente un fondamento giuridico di diritto pub- blico. Le Poste derivano il loro potere di riscuotere il diritto di sdoganamento e la commissione da un regio decreto basato su disposizioni legislative. Il diritto di sdoganamento costituisce oggetto di ac- cordi internazionali con cui gli Stati fir- matari si sono impegnati a non superare determinati massimi.

Si può ancora menzionare la decisione 18 dicembre 1978 dei rappresentanti dei Governi degli Stati membri riuniti in seno al Consiglio, con cui gli Stati mem- bri si sono impegnati a far sì che deter- minati diritti di presentazione in dogana non vengano più riscossi.

La tassa di effetto equivalente dev'essere imposta e costituisce quindi, per colui che vi è soggetto, un onere obbligatorio, al quale non ci si può sottrarre.

La Commissione non condivide l'argo- mento delle Poste secondo cui l'attore nella causa principale poteva evitare di pagare il diritto di sdoganamento e la commissione scegliendo un altro mezzo di trasporto. Una tassa può considerarsi di effetto equivalente se si applica solo alle importazioni effettuate con un tipo di trasporto determinato, come ad esem- pio il trasporto a mezzo posta, senza in- cidere sulle altre importazioni.

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Cionondimeno, è assodato che, di fatto, non vengono riscossi né il diritto di sdo- ganamento né la commissione nel caso in cui il destinatario di una lettera o di un pacco decida di effettuare lui stesso la dichiarazione d'importazione. La Com- missione ritiene perciò che la riscossione del diritto e della commissione da parte delle Poste non può considerarsi una tassa di effetto equivalente ad un dazio doganale.

La Commissione non condivide nem- meno la tesi dell'attore nella causa prin- cipale secondo cui raramente viene con- cessa al destinatario la scelta tra l'effet- tuare personalmente la dichiarazione d'importazione e l'incaricare le Poste e che quindi il diritto viene in pratica effet- tivamente imposto. Come ha esposto il convenuto, il destinatario non è costretto ad accettare questa situazione, ma può rifiutare che le Poste gli consegnino il pacco, ed in questo caso non è tenuto a pagare il diritto né la commissione. In tal caso può effettuare egli stesso la dichia- razione d'importazione.

Per il caso in cui la Corte non condivida questa opinione, la Commissione si chiede se i diritti possano essere conside- rati come corrispettivo dei servizi forniti.

La Corte ha applicato criteri particolar- mente restrittivi a questa nozione. È as- solutamente impossibile sfuggire al di- vieto qualora il corrispettivo venga chie- sto per un servizio che favorisce la vita economica nel suo complesso. La tassa deve invece costituire il corrispettivo di un vantaggio determinato ed effettivo per un importatore o per le merci impor- tate. Inoltre, il corrispettivo deve essere proporzionato al servizio, ma non deve necessariamente corrispondere alla spesa sostenuta dall'amministrazione.

Alla luce di questa giurisprudenza, la Commissione dubita che il diritto di sdo- ganamento possa essere considerato di per sé come il corrispettivo di un servizio effettivamente fornito all'importatore. Il diritto è dovuto per le attività connesse alla disponibilità ai fini del controllo do- ganale: cioè, le Poste devono trasportare la merce in un deposito (magazzino do- ganale), custodirla fino al compimento delle formalità e aprire nonché richiu- dere il pacco alla presenza dell'impiegato delle dogane. Queste attività sono neces- sarie per la riscossione dell'IVA, nell'in- teresse dello Stato. Non recano alcun vantaggio reale all'importatore. Il diritto di esitare le merci in uno Stato membro non può essere considerato un vantaggio.

Il fatto che il diritto di sdoganamento non è riscosso tanto se l'interessato pre- ferisce effettuare egli stesso la dichiara- zione d'importazione, quanto se il pacco è esente dall'IVA, dimostra che è difficile sostenere che esso costituisce il corrispet- tivo di un servizio fornito. Per quale mo- tivo, per un servizio identico, il diritto sarebbe riscosso in un caso e non nell'al- tro?

La commissione viene riscossa per le operazioni effettuate dalle Poste, vale a dire la dichiarazione d'importazione nonché le altre formalità, in particolare il pagamento dell'IVA. La Commissione sostiene che queste operazioni possono considerarsi servizi effettivamente forniti all'importatore. Altrimenti questi do- vrebbe infatti recarsi personalmente al- l'ufficio delle imposte per compiere le

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formalità, indi al deposito delle Poste per ritirare il pacco. Nel caso in cui queste operazioni vengano effettuate dalle Po- ste, queste possono pretendere un corri- spettivo proporzionato al vantaggio per l'importatore.

Nonostante la distinzione fatta nei Paesi Bassi, ci si può tuttavia chiedere se il di- ritto di sdoganamento e la commissione non costituiscano in realtà una tassa unica. In tutti gli altri Stati membri, esi- ste una sola tassa che, secondo quanto disposto dalle norme internazionali, compensa tutte le operazioni connesse alla dichiarazione d'importazione delle merci.

Stando così le cose, è necessario accer- tare se l'importo complessivo del diritto di sdoganamento e della commissione sia proporzionato al vantaggio che l'impor- tatore ricava dal fatto che le Poste com- piono per conto suo le formalità fiscali.

La Commissione osserva che, a suo pa- rere, la commissione (o l'onere comples- sivo costituito dal diritto di sdogana- mento e dalla commissione) può conside- rarsi un corrispettivo per il servizio for- nito solo se devono essere effettivamente compiute formalità fiscali, vale a dire se la merce non è esente dall'IVA.

La Commissione propone alla Corte di risolvere le questioni come segue:

«Gli importi riscossi dall'Azienda statale olandese delle Poste, dei Telegrafi e dei Telefoni come diritto di sdoganamento e commissione a carico del destinatario di una spedizione di merci (libri), inviate per posta da un altro Stato membro al suo indirizzo nei Paesi Bassi, non ca- dono sotto il divieto di tasse di effetto equivalente ai dazi doganali ai sensi degli artt. 9, 12 e 13 del Trattato, qualora i

detti importi non siano dovuti nel caso che il destinatario effettui personalmente la dichiarazione d'importazione delle merci».

Risposta del Governo olandese ai quesiti della Corte

L'Azienda delle Poste dispone nella mag- gior parte dei casi di dati sufficienti per dichiarare un pacco di libri alla dogana senza che sia necessaria la presenza del destinatario, in quanto qualsiasi pacco di libri che varca una frontiera è provvisto di un modulo e di una dichiarazione doganale sui quali lo speditore indica il contenuto del pacco e il suo valore. In linea di massima, la fattura accompagna il pacco e l'Azienda delle Poste è auto- rizzata ad aprire il pacco. Se la fattura non è allegata, l'Azienda delle Poste può ciononostante dichiarare un valore for- fettario di fiorini 20 per chilogrammo lordo a norma di un decreto del ministro delle finanze.

Qualora l'Azienda non disponga dei dati necessari, l'avviso di ricevimento viene trasmesso al destinatario, il quale prov- vede a fornirli.

Il destinatario, se effettua egli stesso la dichiarazione doganale, deve recarsi al- l'ufficio delle dogane affinché un impie- gato proceda al controllo. L'impiegato, se constata che il contenuto e/o il valore non corrispondono alla dichiarazione, interroga il dichiarante-destinatario per stabilire le conseguenze dell'errata dichiarazione. Per questo motivo, si richiede la presenza del destinatario:

all'atto del controllo, l'Azienda non può fornire giustificazioni in sua vece.

Se l'Azienda delle Poste effettua la dichiarazione, e se, all'atto del controllo, risulta che la dichiarazione non è stata

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eseguita correttamente, vi è la presun- zione assoluta che l'Azienda delle Poste non sia in colpa, e l'unica conseguenza è un nuovo calcolo dell'IVA.

Non esistono casi in cui l'Azienda delle Poste pretenda il pagamento del diritto di sdoganamento senza pretendere il pa- gamento della commissione o viceversa.

III — La fase orale del procedi- mento

All'udienza del 7 ottobre 1982 la Com- missione, rappresentata dal sig. Thomas van Rijn, in qualità di agente, ha presen- tato alla Corte le proprie osservazioni orali.

Essa ha manifestato dubbi circa l'effettiva esistenza di una possibilità di scelta da parte del singolo, dato che le Poste con- segnano il pacco a domicilio senza in- viare previamente un avviso di ricevi- mento. In pratica, si dovrebbe parlare di tassa obbligatoria.

Inoltre, ci si potrebbe chiedere se sia ve- ramente indispensabile che il singolo il

quale intenda fre egli stesso la dichiara- zione sia tenuto a riempire moduli com- plicati, dal momento che tutti gli ele- menti necessari figurano già sul docu- mento doganale C 2/CP 3 intitolato «di- chiarazione in dogana». Per di più, la dichiarazione fatta dalle Poste è molto semplificata, poiché si riduce a una sola riga. In considerazione di questi ele- menti, non si può parlare di un servizio reso.

La presenza al momento dell'apertura e della chiusura dei pacchi è necessaria solo per il ristrettissimo numero di pacchi che vengono effettivamente sottoposti a controllo, mentre il deposito dei pacchi in attesa dell'adempimento delle forma- lità è solo un normale incidente del tra- sporto internazionale e non costituisce prestazione di servizi.

La Commissione ha chiesto alla Corte di pronunciarsi tenendo conto della situa- zione esistente nei Paesi Bassi, da un lato, e negli altri Stati membri, dall'altro.

L'avvocato generale ha presentato le sue conclusioni nell'udienza dell'11 novem- bre 1982.

In diritto

1 Con ordinanza 8 gennaio 1982, pervenuta in cancelleria il I

o

febbraio 1982, il Kantonrechter dell'Aia ha sottoposto a questa Corte, in forza dell'art. 177 del Trattato CEE, una questione pregiudiziale vertente sull'interpretazione dell'art. 13 dello stesso Trattato, onde essere posto in grado di valutare la compatibilità con quest'ultimo della riscossione, da parte dell'Azienda statale olandese delle Poste, dei Telegrafi e dei Telefoni, di «diritti di sdogana- mento» e di «commissioni» all'importazione di libri da un altro Stato mem- bro.

2 Detta questione è stata sollevata nell'ambito di una controversia fra un pri- vato, attore nella causa principale, e l'Azienda delle Poste dei Paesi Bassi.

Avendo l'attore nella causa principale ordinato vari pacchi di libri presso certi

(14)

fornitori stabiliti in altri Stati membri, egli era debitore dell'imposta sulla ci- fra d'affari (IVA) su dette merci. L'Azienda delle Poste aveva effettuato la dichiarazione delle merci e il pagamento delle somme dovute a titolo di IVA, sia d'ufficio, sia dopo aver inviato al destinatario un avviso di ricevimento, chiedendogli se voleva che l'Azienda stessa procedesse a tali formalità o se intendeva compierle di persona. Al momento della consegna dei pacchi al suo domicilio, l'attore nella causa principale doveva pagare all'agente delle Poste non solo le somme versate al fisco a titolo di IVA, ma anche talune somme che l'Azienda delle Poste riscuoteva per proprio conto, a titolo di diritti di sdoganamento e di commissioni.

3 L'attore nella causa principale, il quale contesta la legittimità della riscossione da parte dell'Azienda delle Poste di queste ultime somme, ch'egli considera costituire una tassa di effetto equivalente a un dazio doganale contrastante con l'art. 13 del Trattato CEE, esperiva un'azione di ripetizione d'indebito dinanzi al Kantorechter dell'Aia. A suo avviso, benché gli Stati membri pos- sano ancora mantenere in vigore gli ostacoli per gli scambi di merci nell'am- bito del sistema tributario nazionale, il mantenimento di detti ostacoli è sot- toposto a limiti· rigorosi, ed è vietato fatturare il costo delle attività ammini- strative che vi si ricollegano. Nella fattispecie, i diritti controversi vengono in realtà percepiti dallo Stato in connessione col mantenimento in vigore del- l'IVA. L'Azienda delle Poste, che dipende dallo Stato e non ha personalità giuridica propria, ed i cui rapporti col pubblico sono disciplinati dalla legge e da disposizioni di carattere regolamentare, agisce piuttosto come ausiliario delle dogane che non nell'interesse del destinatario e i diritti controversi co- stituiscono un corrispettivo dell'attività amministrativa compiuta dallo Stato ai fini della riscossione dell'imposta sul valore aggiunto.

4 Secondo l'Azienda delle Poste, il diritto di sdoganamento e la commissione non costituiscono tasse di effetto equivalente a un dazio doganale. Per il trasporto di pacchi, non le sarebbe riservato il monopolio e lo speditore e il destinatario di merci potrebbero mettersi d'accordo su un diverso modo di trasporto. Anche nel caso che il pacco venisse spedito per posta, il destinata- rio potrebbe compiere egli stesso le formalità d'importazione e, in tal caso, l'Azienda non potrebbe imporre alcun onere.

5 In tale contesto, il Kantonrechter è stato indotto a sottoporre alla Corte la

seguente questione pregiudiziale:

(15)

«Se cadano sotto il divieto delle tasse di effetto equivalente ai dazi doganali, ai sensi dell'art. 13 del Trattato che istituisce la Comunità economica euro- pea, i diritti riscossi dall'Azienda statale olandese delle Poste, dei Telegrafi e dei Telefoni :

a) come "diritto di sdoganamento", che il destinatario di una spedizione di merci (libri) inviate per posta da un altro Stato membro al suo indirizzo nei Paesi Bassi deve pagare per la messa a disposizione delle merci ai fini del controllo doganale necessario per la riscossione dell'imposta sul valore aggiunto;

b) come "commissione", pagata dal destinatario per la presentazione, a sua richiesta o almeno per suo conto, della dichiarazione d'importazione delle merci alle autorità fiscali».

6 Secondo le informazioni fornite dall'Azienda delle Poste, non esistono casi in cui il diritto di sdoganamento venga fatturato separatamente dalla com- missione e, negli altri Stati membri in cui l'Amministrazione postale esige analoghi pagamenti, si tratta di un onere unico, denominato «tassa di presen- tazione in dogana». Le due parti della questione formulata dal Kantonrechter vanno quindi esaminate congiuntamente.

7 Come la Corte ha ripetutamente affermato, in particolare nelle sentenze 25 gennaio 1977(causa 46/76, Bauhuis, Race. pag. 5) e 28 giugno 1978 (causa 70/77, Simmenthal, Racc. pag. 1453), qualsiasi onere pecuniario im- posto unilateralmente, a prescindere dalla sua denominazione e dalla sua struttura, che colpisca le merci in ragione del fatto ch'esse varcano la fron- tiera, se non è un dazio doganale vero e proprio, costituisce una tassa di effetto equivalente ai sensi degli artt. 12 e segg. del Trattato, a meno che faccia parte di un sistema generale di tributi interni gravanti sistematica- mente, secondo gli stessi criteri e nella stessa fase di distribuzione, sulle merci nazionali e su quelle importate, nel qual caso esso è compreso nel campo d'applicazione dell'art. 95 del Trattato. Tuttavia, un siffatto onere non po- trebbe qualificarsi tassa d'effetto equivalente qualora costituisse il corrispet- tivo di un servizio effettivamente reso all'importatore o all'esportatore e il suo importo fosse proporzionato al valore di tale servizio.

8 L'imposta sulla cifra d'affari percepita nella fattispecie non costituisce una

tassa d'effetto equivalente a dazi doganali. Come la Corte ha già affermato

(16)

nella sentenza 5 maggio 1982 (causa 15/81, Schul, Race. pag. 1409), un tri- buto del genere fa parte del sistema comune dell'IVA, e cioè di un sistema fiscale uniforme, che colpisce sistematicamente e secondo criteri obiettivi sia le operazioni effettuate all'interno degli Stati membri, sia le operazioni al- l'importazione. Detto tributo va quindi considerato parte integrante di un regime generale di tributi interni ai sensi dell'art. 95 del Trattato.

9 Tuttavia, la riscossione da parte dello Stato dell'imposta sulla cifra d'affari comporta, in mancanza di una armonizzazione completa del sistema del- l'IVA nella Comunità, talune formalità all'atto dell'importazione di merci soggette a detta imposta. Stando così le cose, la questione pregiudiziale va intesa nel senso ch'essa mira a stabilire se l'onere pecuniario imposto dall'A- zienda delle Poste per il compimento di dette formalità per conto del destina- tario costituisca una tassa d'effetto equivalente a dazi doganali all'importa- zione, ai sensi dell'art. 13 del Trattato. Al riguardo, si deve anzitutto accer- tare se detto onere sia imposto unilateralmente.

10 L'Azienda delle Poste ha fatto valere in primo luogo che lo speditore e il destinatario avrebbero potuto scegliere un diverso modo di trasporto per dette merci, negli scambi intracomunitari. Quest'argomento non può essere accolto. La posizione dominante detenuta dalle amministrazioni postali in tutti gli Stati membri, la loro stretta collaborazione reciproca nell'ambito di accordi internazionali e le agevolazioni che ne derivano nello svolgimento del servizio escludono la possibilità di considerare il ricorso ai diversi tipi di trasporto come una vera alternativa economica nel caso di una spedizione isolata di merci di modesto valore ad un privato.

1 1 In secondo luogo, l'Azienda delle Poste ha ricordato la possibilità, per il

privato, di compiere egli stesso le necessarie formalità postali. In effetti, una

siffatta possibilità sarebbe atta ad escludere l'esistenza di una tassa d'effetto

equivalente, in quanto costituisca una reale alternativa per l'utente. In propo-

sito, si deve ritenere che l'argomento dell'Azienda delle Poste secondo cui il

privato potrebbe rifiutare l'accettazione, mandar via il postino con il pacco e

procedere egli stesso ad una dichiarazione che comporterebbe l'annullamento

di una dichiarazione già fatta dall'Azienda delle Poste sembra ignorare la

realtà della vita quotidiana. Spetta quindi al giudice nazionale accertare se

l'Azienda delle Poste non metta il destinatario del pacco dinanzi al fatto

compiuto procedendo d'ufficio all'espletamento delle suddette formalità

prima di inviargli un avviso di ricevimento.

(17)

12 Qualora pervenga alla conclusione che il tributo controverso costituisce un onere unilateralmente imposto dall'Azienda delle Poste, il giudice nazionale dovrà inoltre stabilire se detto onere possa essere considerato come il corri- spettivo di un servizio reso al destinatario e se il suo importo sia proporzio- nato a detto servizio. A tal fine, egli potrà tener conto delle difficoltà, per il singolo, di compiere le necessarie formalità, dell'attività svolta dall'ammini- strazione postale e del fatto che detto tributo costituisca o meno oggetto di un accordo stipulato dalle amministrazioni postali nazionali sul piano inter- nazionale.

1 3 La questione formulata dal Kantonrechter dell'Aia dev'essere quindi risolta dichiarando che il divieto sancito dall'art. 13 del Trattato CEE va interpre- tato nel senso ch'esso riguarda l'onere riscosso dall'amministrazione postale per la presentazione in dogana di un pacco postale proveniente da un altro Stato membro e fatturato a carico del destinatario nell'ambito dell'espleta- mento delle formalità relative all'imposta sulla cifra d'affari qualora detto tributo costituisca un onere pecuniario unilateralmente imposto e non costi- tuisca il corrispettivo di un servizio effettivamente reso, d'importo proporzio- nato a tale servizio.

Sulle spese

1 4 Le spese sostenute dalla Commissione delle Comunità europee e dal Governo britannico, che hanno sottoposto osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale, il presente procedimento ha il carattere di un incidente sollevato dinanzi al giudice na- zionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Per questi motivi,

LA CORTE (Terza Sezione),

pronunciandosi sulla questione sottopostale dal Kantonrechter dell'Aia con ordinanza 8 gennaio 1982, dichiara:

Il divieto sancito dall'art. 13 del Trattato CEE va interpretato nel senso ch'esso riguarda l'onere riscosso dall'amministrazione postale per la pre-

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seriazione in dogana di un pacco postale proveniente da un altro Stato membro e fatturato a carico del destinatario nell'ambito dell'espleta- mento delle formalità relative all'imposta sulla cifra d'affari qualora detto tributo costituisca un onere pecuniario unilateralmente imposto e non co- stituisca il corrispettivo di un servizio effettivamente reso, d'importo pro- porzionato a tale servizio.

Everling Mackenzie Stuart Galmot

Così deciso e pronunziato a Lussemburgo, il 12 gennaio 1983.

Il cancelliere

P. Heim

Il presidente della Terza Sezione

U. Everling

CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE SIMONE ROZÈS DELL'11 NOVEMBRE 1982 1

Signor Presidente, signori Giudici,

La domanda di pronunzia pregiudiziale di cui dovete occuparvi vi è stata sotto- posta dal Kantonrechter (giudice di pace) dell'Aja e verte sull'interpretazione dell'art. 13 del Trattato CEE.

I — I fatti sono i seguenti:

Il prof. Donner, residente nei Paesi Bassi, si era fatto spedire per posta, da vari Stati membri, pacchi di libri. Prima di poter dispone al proprio domicilio della merce inviatagli, egli doveva pagare all'Azienda olandese delle Poste, dei Te- legrafi e dei Telefoni, oltre all'imposta sulla cifra d'affari (imposta sul valore ag-

giunto), una certa somma pretesa a titolo di «diritto di sdoganamento» e di «com- missione».

Ritenendo che tale pagamento fosse in- compatibile con gli artt. 9 e segg. del Trattato, i quali vietano la riscossione di dazi doganali all'importazione e all'e- sportazione e di qualsiasi tassa d'effetto equivalente negli scambi di merci fra Stati membri, l'interessato proponeva ri- corso dinanzi alla sezione del conten- zioso del consiglio di Stato dei Paesi Bassi contro il tacito rifiuto di modificare gli avvisi di accertamento emessi dall'A- zienda nazionale delle Poste.

II giudice adito dichiarava, il 25 novem- bre 1980, che il ricorso sottopostogli era irricevibile,

1 — Traduzione dal francese.

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